Reg. Ric. n. 5 del 2025
pubbl. su G.U. del 09/07/2025 n. 28

Ricorrente:Regione autonoma della Sardegna

Resistenti: Presidente del Consiglio dei ministri Tribunale di Cagliari Ministro della Giustizia



Oggetto:

Elezioni – Elezioni regionali – Spese elettorali – Sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848, emessa a conclusione del giudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla dott.ssa Alessandra Todde, Presidente della Regione autonoma Sardegna, avverso l’ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025, nella parte in cui stabilisce che “l’accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali” compiuto nella predetta sentenza “rimane insindacabile dal Consiglio regionale, [quando] quest’ultimo assumerà le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede” – Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti promosso dalla Regione autonoma Sardegna.

Norme impugnate:

Sentenza  del 28/05/2025  Num. 848



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 24   Co.

Costituzione  Art. 97   Co.

Costituzione  Art. 97   Co.

Costituzione  Art. 102   Co.

Costituzione  Art. 104   Co.

Costituzione  Art. 111   Co.

Costituzione  Art. 111   Co.

Costituzione  Art. 113   Co.

Costituzione  Art. 116   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 118   Co.

Costituzione  Art. 122   Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art. 15   Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art. 19   Co.  

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

decreto del Presidente della Repubblica  Art.  Co.  

Legge statutaria della Regione autonoma della Sardegna  Art.  Co.  

Legge statutaria della Regione autonoma della Sardegna  Art. 22   Co.  

codice civile  Art. 2909   Co.  

Regolamento del Consiglio regionale della Sardegna  Art. 17   Co.  



Udienza Pubblica del 24/09/2025 rel. SAN GIORGIO


Testo del conflitto

                        N. 5 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 giugno 2027

Ricorso  per  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  depositato   in
cancelleria  il  27  giugno  2025  (della  Regione   autonoma   della
Sardegna).. 
 
Elezioni - Elezioni regionali  -  Spese  elettorali  -  Sentenza  del
  Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848, emessa a  conclusione
  del giudizio R.G. n. 477/2025 promosso  dalla  dott.ssa  Alessandra
  Todde,  Presidente  della  Regione   autonoma   Sardegna,   avverso
  l'ordinanza-ingiunzione  del   Collegio   regionale   di   garanzia
  elettorale presso la Corte d'appello di  Cagliari  adottata  il  20
  dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025, nella  parte  in  cui
  stabilisce che «l'accertamento  della  violazione  delle  norme  in
  materia di spese elettorali»,  compiuto  nella  predetta  sentenza,
  «rimane   insindacabile   dal   Consiglio    regionale,    [quando]
  quest'ultimo  assumera'  le  sue  determinazioni  sulla  decadenza,
  tenendo fermo quanto accertato in questa sede». 
- Sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848 (R.G.  n.
  477/2025). 


(GU n. 28 del 09-07-2025)

    Ricorso per conflitto di attribuzioni contro lo Stato ex art. 134
Cost. per la Regione autonoma della Sardegna, (C.F. 80002870923), con
sede  legale  in  Cagliari,  viale  Trento  n.  69,  in  persona  del
vice-Presidente pro-tempore, Giuseppe Meloni,  legale  rappresentante
della regione giusto decreto della Presidente della regione 9  aprile
2024, n. 18, prot. n. 6417 (all. 1), autorizzato ad agire in giudizio
con deliberazione della giunta regionale n. 34/12 del 26 giugno  2025
(all. 2), rappresentato e difeso, giusto mandato speciale allegato al
presente atto, congiuntamente e disgiuntamente, dal Prof.  Avv.  Omar
Chessa    (c.f.:    CHSMRO70E30I452L,    fax:    0706062418,     PEC:
ochessa@pec.it),   dal   prof.    avv.    Antonio    Saitta    (c.f.:
STTNTN63M13F158C;           fax:           0706062418,           PEC:
antonio.saitta@certmail-cnf.it), del libero  Foro,  dall'Avv.  Mattia
Pani    (c.f.:     PNAMTT74P02B354J;     fax     0706062418;     PEC:
mapani@pec.regione.sardegna.it) e dall'avv. Alessandra  Putzu  (c.f.:
PTZLSN73B41F979D;          fax:           070/6062418;           PEC:
aputzu@pec.regione.sardegna.it)      dell'Avvocatura       dell'ente,
elettivamente domiciliata presso l'Ufficio  di  rappresentanza  della
Regione Sardegna in Roma, via Lucullo n. 24 e  presso  gli  indirizzi
PEC dei nominati difensori, ricorrente, 
    contro: 
        lo Stato e per esso contro la Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri,  in  persona  del  Presidente  del  Consiglio  pro-tempore,
rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, 
        e  il  Tribunale  di  Cagliari,  in  persona  del  Presidente
pro-tempore, ai sensi dell'art. 27, comma 2, delle norme  integrative
della Corte costituzionale del 22 luglio 2021, 
        e il Ministero della giustizia, nella  persona  del  Ministro
pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura  generale
dello Stato, ai sensi dell'art. 27, comma 2, delle norme  integrative
della Corte costituzionale del 22 luglio 2021, 
    per la dichiarazione che, ai sensi  degli  articoli  24,  secondo
comma, 97 secondo e terzo comma, 102 primo comma,  104  primo  comma,
111 primo e secondo comma, 113 ultimo comma, 116  primo  comma,  118,
primo comma, 122 primo comma, nonche' art. 6 C.E.D.U. in  riferimento
all'art. 117, primo comma, Cost., e  degli  articoli  6  e  15  dello
Statuto di autonomia  della  Regione  Sardegna,  anche  in  combinato
disposto con gli articoli 1 e 22 della legge statutaria regionale  12
novembre 2013, n. 1, dell'art. 19 dello Statuto speciale e  dell'art.
17 del regolamento del consiglio regionale sardo, nonche' dell'art. 6
del decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale, decreto
del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n.  250,  non  spetta
allo Stato, e  per  esso  al  Tribunale  di  Cagliari  stabilire  con
sentenza 28 maggio 2025, n. 848 (all. 3), emessa  a  conclusione  del
giudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla  sig.ra  Alessandra  Todde,
Presidente    della    Regione     autonoma     Sardegna,     avverso
l'ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale
presso la Corte d'appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024  e
notificata il 3 gennaio 2025  che  «l'accertamento  della  violazione
delle norme in materia di spese elettorali» compiuto  nella  predetta
sentenza «rimane  insindacabile  dal  consiglio  regionale,  [quando]
quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo
fermo quanto accertato in questa sede». 
    e per l'effetto annullare in parte qua, la sentenza del Tribunale
di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848. 
 
                                Fatto 
 
    1. In esito alle elezioni per il rinnovo  degli  organi  elettivi
della Regione autonoma della Sardegna del  24-25  febbraio  2024,  e'
risultata eletta alla carica di Presidente della regione la  dott.ssa
Alessandra  Todde,  giusto  atto  di  proclamazione  del   20   marzo
successivo. 
    2.  Il  3  gennaio  2025,  il  Collegio  regionale  di   garanzia
elettorale presso la Corte d'appello di  Cagliari  ha  notificato  al
Presidente     del     consiglio     regionale     della     Sardegna
un'«ordinanza/ingiunzione in ordine all'adozione del provvedimento di
decadenza» dell'ing. Alessandra  Todde  dalla  carica  di  Presidente
della Regione Sardegna (all. 4). 
    Nella suddetta «ordinanza/ingiunzione», a seguito della  verifica
della dichiarazione  e  del  rendiconto  depositati  dalla  candidata
Alessandra Todde, "esaminati gli atti  prodotti,  vista  la  delibera
adottata nella seduta del 12 novembre 2024 e considerata la decisione
adottata dalla maggioranza del Collegio, nel corso della  seduta  del
16 novembre 2024 - secondo la  quale  il  candidato  alla  presidenza
della regione non sarebbe sottoposto ad alcun limite di spesa per  la
propria campagna elettorale in virtu' dell'insussistenza di una norma
che lo preveda - si e' proceduto alla  notifica  delle  contestazioni
... formulate come di seguito riportate: 
        1) la depositata dichiarazione di spesa e di  rendiconto  non
e' conforme a quanto sancito dall'art. 7, comma  6,  della  legge  n.
515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge  regionale
Sardegna n. 1/1994 ... - si e' contestata la violazione dell'art.  7,
comma 6, legge n. 515/93, come richiamato dall'art. 3, comma 1  della
legge regionale Sardegna n. 1/94; 
        2) non risulta essere stato nominato il  mandatario,  la  cui
nomina deve ritenersi obbligatoria ai  sensi  dell'art.  7,  comma  3
della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma  1  della
legge regionale Sardegna  n.  1/1994:  ...  -  si  e'  contestata  la
violazione dell'art. 7, comma 3, legge  n.  515/93,  come  richiamato
dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/94; 
        3) non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato
esclusivamente alla raccolta dei fondi ai sensi dell'art. 7, comma 4,
della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1,  della
legge regionale Sardegna  n.  1/1994:  ...  -  si  e'  contestata  la
violazione dell'art.  7,  comma  4,  legge  515/93,  come  richiamato
dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; 
        4)  non  risulta  l'assegnazione  e  la  sottoscrizione   del
rendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato
ai sensi dell'art. 7, commi 4 e  6  della  legge  n.  515/1993,  come
richiamato dall'art. 3, comma 1 della  legge  Regionale  Sardegna  n.
1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, commi  4  e
6, legge n. 515/1993, come richiamati  dall'art.  3,  comma  1  della
legge regionale Sardegna n. 1/94; 
        5) non  e'  stato  prodotto  l'estratto  del  conto  corrente
bancario o postale, come previsto dall'art. 7, comma 6,  della  legge
n. 515/1993,  come  richiamato  dall'art.  3,  comma  1  della  legge
regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e'  contestata  la  violazione
dell'art. 7, comma 6, legge n. 515/93, come richiamato  dall'art.  5,
comma 3 della legge regionale Sardegna n. 1/94; 
        6) non risultano dalla lista movimenti bancari  i  nominativi
dei soggetti che  hanno  erogato  i  finanziamenti  per  la  campagna
elettorale come  previsto  dall'art.  7,  comma  6,  della  legge  n.
515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge  regionale
Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7,
comma 6, della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3,  comma
1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994 e qualora i  finanziamenti
dovessero risultare da societa', anche l'art. 4, comma 3, della legge
n. 659/1981 in combinato disposto con l'art. 7, comma 2, della  legge
n. 195/1974; 
        7) non risulta su quale conto  corrente  siano  confluite  le
somme  indicate  nell'elenco   operazioni   Paypal   prodotto   dalla
candidata, ai sensi dell'art. 7, commi 3 e 4 della legge n. 515/1993,
come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge  regionale  Sardegna
n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 4,
legge n. 515/93, come richiamato dall'art. 3,  comma  1  della  legge
regionale Sardegna n. 1/94; 
    Rilevato che la  candidata  Todde  Alessandra,  a  seguito  delle
contestazioni effettuate, ha proceduto al deposito di una memoria  ex
art. 14 comma IV legge regionale n. 515/93,  con  relativi  allegati,
... con la quale ha formalizzato le proprie osservazioni in relazione
appunto, alle varie contestazioni formulate nei suoi confronti; ...". 
    Il collegio ha osservato, altresi', che  «non  e'  stato  affatto
contestato alla Todde il  mancato  deposito  della  dichiarazione  di
spesa e rendiconto - come previsto dall'art. 15, comma 8, della legge
richiamata (diffida e termine di  15  giorni,  come  specificatamente
richiesto  dalla  norma)  -  ma  l'anomalia   derivante   dalla   non
conformita' della dichiarazione di spesa e rendiconto da  lei  stessa
presentata» (cfr. settima riga dell'ultimo  capoverso  della  pag.  5
dell'ordinanza ingiunzione). 
    Premesso quanto sopra, il collegio ha  concluso,  per  quanto  di
interesse nel  presente  giudizio,  che  «alla  luce  delle  rilevate
irregolarita' e violazioni delle norme penali inerenti il deposito di
dichiarazioni contrastanti e delle anomalie rilevate - come suesposto
- si impone la  trasmissione  di  copia  degli  atti  succitati  alla
Procura della Repubblica in sede per quanto di eventuale  competenza,
nonche' la comminazione  delle  sanzioni  amministrative  e,  infine,
stante  l'accertata  violazione  delle  norme  che  disciplinano   la
campagna elettorale, la decadenza dalla carica del candidato eletto e
trasmissione del provvedimento al Presidente del Consiglio  Regionale
per la procedura di competenza come previsto dall'art. 15,  comma  7,
legge 515/93» (pag. 5, ultimo capoverso). 
    Inoltre, sulla base delle riportate contestazioni, il Collegio di
garanzia elettorale ha comminato a carico della Presidente  Todde  la
sanzione amministrativa di  40.000,00  euro  e  «tenuto  conto  delle
violazioni  della  normativa,  cosi'  come  suindicate   dispone   la
trasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al  Presidente  del
consiglio  regionale  per  quanto  di  sua   competenza   in   ordine
all'adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla
carica di Presidente della Regione Sardegna ...». 
    3.  Alla  luce  di  tale  provvedimento  -  che,  per  quanto  di
interesse, «impone» al  consiglio  regionale  sardo  di  adottare  il
provvedimento di decadenza  della  dott.ssa  Todde  dalla  carica  di
Presidente della regione - la regione ha proposto dinanzi  a  codesta
ecc.ma Corte ricorso per conflitto di attribuzioni tra enti (R.G.  n.
2/2025) che sara' chiamato per  la  discussione  nell'udienza  del  9
luglio p.v. 
    4. Frattanto, la dott.ssa Todde ha proposto dinanzi al  Tribunale
di  Cagliari  un  ricorso  ai  sensi  dell'art.  281-decies   c.p.c.,
dell'art. 22, decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150  e  della
legge 24 novembre 1981, n. 689, con il quale ha chiesto di dichiarare
«nullo, annullabile e/o comunque nessuna giuridica  efficacia  e  per
l'effetto revocare il provvedimento emesso dal Collegio regionale  di
garanzia  elettorale  in  data  20  dicembre  2024,   notificato   il
successivo 3 gennaio 2025, per le  richiamate  violazioni  di  legge,
nonche' per difetto  di  attribuzione,  e  in  ogni  caso  in  quanto
contraddittoriamente motivato con riguardo alla prospettata decadenza
del Presidente Alessandra  Todde,  sia  in  relazione  alla  sanzione
pecuniaria di euro 40.000 disposta  nei  confronti  della  stessa  da
ricondurre, in via di mero subordine, al minimo edittale previsto dal
comma 11 dell'art. 15 della legge 515/1993». In tale giudizio, sia la
Regione Sardegna che il consiglio regionale sono  rimasti  del  tutto
estranei perche' non  intimati  ne'  hanno  svolto  alcuna  forma  di
intervento. 
    5. Con sentenza 28 maggio 2025, n. 848, il Tribunale, in apertura
della parte motivazionale  della  pronuncia,  ha  affermato  che  «il
perimetro della [sua, n.d.r.] cognizione e'  definito  dalle  domande
della stessa ricorrente e consiste nell'accertamento  negativo  della
sussistenza delle violazioni comportanti la decadenza e l'irrogazione
della   sanzione   pecuniaria,   comprendendo   non    solo    l'atto
amministrativo in se', ma tutto il rapporto sottostante», sicche' «la
cognizione del  Tribunale  [...]  estendendosi  all'intero  rapporto,
dovra' necessariamente riguardare anche il tema della mancata o  meno
presentazione del rendiconto da parte della ricorrente» (pag. 42). 
    In esito al giudizio,  il  Tribunale  ha  ritenuto,  quanto  alle
sanzioni pecuniarie applicate  dal  Collegio  regionale  di  garanzia
elettorale, che «le violazioni  contestate  alla  ricorrente  con  il
provvedimento   impugnato,   sono   risultate   tutte   sussistenti»,
confermandone  l'importo.  Per  quanto  concerne  la  sanzione  della
decadenza, invece,  ha  osservato  e  dichiarato  quanto  segue:  «al
riguardo, preliminarmente, si rileva che il provvedimento  contestato
non ha  disposto  la  decadenza,  ma,  ritenendo  che  le  violazioni
accertate   comportassero   detta   conseguenza,   ha   disposto   la
trasmissione degli atti al Presidente del consiglio regionale. 
    Deve confermarsi in questa sede che non rientra nella  competenza
del Collegio di garanzia  ne'  in  quella  del  Tribunale  adito  per
l'impugnazione  dell'ordinanza-ingiunzione,  pronunciare  l'eventuale
decadenza della ricorrente. 
    La competenza e' rimessa dalla legge al consiglio regionale. 
    All'organo  amministrativo  di   controllo   e   poi   a   quello
giurisdizionale, che non intende esondare  dall'alveo  delle  proprie
competenze, e' rimesso esclusivamente l'accertamento della violazione
delle norme in materia di spese elettorali. 
    Effettuato detto vaglio, che rimane insindacabile  dal  consiglio
regionale,  quest'ultimo  assumera'  le  sue   determinazioni   sulla
decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede. 
    Null'altro si deve quindi dire sul punto» (enfasi aggiunta) 
    6. E' evidente che con tale decisione il Tribunale di Cagliari, e
quindi lo Stato, nella parte in cui ha affermato che  «l'accertamento
della  violazione  delle  norme  in  materia  di  spese   elettorali»
effettuato in sentenza «rimane insindacabile dal consiglio regionale»
e che quest'ultimo assumera' le sue decisioni sulla  decadenza  della
Presidente Todde «tenendo fermo  quanto  accertato  in  questa  sede»
determina     un'inaccettabile     invasione     delle     competenze
costituzionalmente  proprie  della  Regione  Sardegna,  e  per   essa
esercitate dal consiglio regionale, sicche' non resta che proporre il
presente ricorso per conflitto di attribuzioni ex art.  134  Cost.  e
art. 39, legge 11 marzo 1953, n. 87, per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
a) Premessa sull'oggetto del presente giudizio. 
    Occorre  premettere  all'illustrazione  dei  singoli  motivi   di
impugnazione che in questa sede non si intende censurare  nel  merito
la decisione del Tribunale cagliaritano in ordine alla  fondatezza  o
meno delle doglianze dedotte in  quella  sede  dall'attrice.  Non  e'
questa, ovviamente la sede, ne' la Regione Sardegna  ha  interesse  a
farlo. Qui occorre semplicemente contestare  la  sentenza  in  parola
nella parte in cui, pur  riconoscendo  la  competenza  del  consiglio
regionale sardo a delibare la sussistenza di ipotesi di  decadenza  a
carico della dott.ssa Todde dalla carica di Presidente della regione,
ha statuito che per l'organo rappresentativo della comunita'  «rimane
insindacabile» quanto stabilito in materia dal medesimo Tribunale nel
giudizio de quo  e  che  il  Consiglio  dovra'  assumere  le  proprie
«determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo  quanto  accertato  in
questa sede». 
    Dinanzi a codesta ecc.ma  Corte  rileva  soltanto  questa  palese
invasione   di   attribuzioni    della    sfera    di    attribuzioni
costituzionalmente garantita alla regione ricorrente  compiuta  dallo
Stato, ad opera del Tribunale di Cagliari. 
b) Il quadro normativo di riferimento. 
    Premessa  la  condizione  di  speciale  autonomia  della  Regione
Sardegna a norma dell'art. 116, primo comma, Cost., l'art. 122, primo
comma. Cost. stabilisce che  «il  sistema  d'elezione  e  i  casi  di
ineleggibilita' e di incompatibilita' del Presidente  e  degli  altri
componenti della giunta regionale nonche' dei  consiglieri  regionali
sono disciplinati con legge della regione  nei  limiti  dei  principi
fondamentali stabiliti con legge  della  Repubblica,  che  stabilisce
anche la durata degli organi elettivi». 
    L'art. 15 dello  Statuto  di  autonomia  speciale  della  Regione
Sardegna dispone che «in armonia con la  Costituzione  e  i  principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica  e  con  l'osservanza  di
quanto disposto dal presente titolo, la  legge  regionale,  approvata
dal  consiglio  regionale  con  la  maggioranza  assoluta  dei   suoi
componenti,  determina  [...]  i  casi  di   ineleggibilita'   e   di
incompatibilita' con le predette cariche [di Presidente, assessore  e
consigliere regionale, n.d.r.]. 
    L'art. 19  dello  Statuto  prevede,  altresi'  che  il  consiglio
regionale si dota di  un  proprio  regolamento  interno  approvato  a
maggioranza assoluta dei  suoi  membri.  Tale  regolamento  (all.  5)
disciplina le competenze consiliari in ordine all'«esame delle  cause
di   ineleggibilita'   e   di   incompatibilita',   comprese   quelle
sopravvenute  nel  corso  della  legislatura»,  contribuendo  a  dare
attuazione, in relazione alle attivita' consiliari,  alla  competenza
della  regione  sull'ineleggibilita'  dei  consiglieri  regionali   e
assegnando alla giunta  delle  elezioni  la  competenza  a  formulare
dinanzi  all'assemblea  le  eventuali  proposte  di   decadenza   dei
consiglieri (art. 17, comma). 
    Secondo l'art. 6 del decreto del Presidente della  Repubblica  19
maggio 1949, n. 250, il consiglio regionale dichiara la decadenza dei
«membri della giunta regionale che vengano a trovarsi  in  una  delle
condizioni di incompatibilita' previste dallo statuto speciale per la
Sardegna relativamente alla funzione di consigliere regionale». 
    L'art. 5 della legge regionale 27 gennaio 1994, n. 1, dispone che
«alle altre violazioni delle norme recate  dalla  presente  legge  si
applicano le corrispondenti sanzioni previste dai commi 5, 7,  8,  9,
10, 11, 12, 14 e 15 dell'art. 15 della legge  n.  515  del  1993.  La
comunicazione di cui al comma 10 dell'art. 15 della legge n. 515  del
1993 e'  indirizzata  al  Presidente  del  consiglio  regionale,  che
pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». 
c)  Sulla  natura  amministrativa  della  competenza  consiliare   di
accertare le cause di ineleggibilita'  e  decadenza  dei  consiglieri
regionali. 
    La competenza del consiglio regionale in ordine  all'accertamento
delle cause di ineleggibilita' (e di incompatibilita') a  carico  dei
consiglieri regionali e,  quindi,  di  dichiararne  la  decadenza  ha
natura sicuramente amministrativa. 
    Codesta ecc.ma Corte, sin dalla  sentenza  n.  66  del  1964,  ha
affermato, nonche' confermato «nella sentenza  n.  115  del  1972,  e
ribadito nella sentenza n. 113 del 1993, che le norme  legislative  e
dei regolamenti interni le quali parlano di un "giudizio  definitivo"
delle assemblee elettive regionali sulla verifica dei poteri e  sulle
contestazioni e i reclami elettorali vanno intese, conformemente alla
Costituzione,  come   riferite   alla   fase   "amministrativa"   del
contenzioso elettorale» (C. cost., sentenza n. 29 del  2003,  proprio
in riferimento alla Regione Sardegna;  nello  stesso  senso,  per  la
Regione Siciliana, gia' Corte costituzionale n. 115 del 1972). 
    Pertanto, poiche' la Regione Sardegna  e'  dotata  di  competenza
legislativa  in   materia,   ne   consegue   la   relativa   potesta'
amministrativa   in   ordine   all'accertamento   delle   cause    di
ineleggibilita'  e  incompatibilita'  delle  quali  ha   il   Governo
normativo.  Per  pacifica  giurisprudenza  costituzionale,   infatti,
soprattutto in riferimento alle regioni ad autonomia speciale vige il
principio   del   parallelismo   tra   attribuzioni   legislative   e
amministrative (cfr. Corte costituzionale  sentenze  numeri  236  del
2004, 175 del 2006, 238 del 2007, 9 del 2013, 215 del 2019),  sicche'
la   competenza   a   delibare   le   cause    di    ineleggibilita',
incompatibilita' e decadenza prevista dalla legge (in primis ex, art.
15 dello Statuto) e' sicuramente regionale per specifica attribuzione
costituzionale e statutaria. 
d) Sulla portata lesiva della sentenza del Tribunale di Cagliari,  n.
848  del  2025.  Violazione  delle  competenze  amministrative  della
Regione Sardegna. Sul «cattivo esercizio» del potere  giudiziario  da
parte della sentenza n.  848/2025  e  il  «tono  costituzionale»  del
conflitto. 
    d.1. La pronuncia del giudice cagliaritano, pur  riconoscendo  la
competenza del consiglio regionale  sardo  a  delibare  la  decadenza
della Presidente Todde, pretende di vincolarne  le  future  attivita'
quanto  ad  accertamento  dei   fatti   rilevanti   ai   fini   delle
contestazioni   mosse   e   alla   loro   qualificazione   giuridica,
determinando  cosi'  un'evidente  interferenza   sulle   attribuzioni
amministrative  del  consiglio  regionale  e,  percio',  sulla  sfera
costituzionale di competenza della regione ricorrente. 
    E' opportuno richiamare il principio enunciato nella sentenza  di
codesta ecc.ma Corte n. 110  del  1970  e  concordemente  seguito  in
successive pronunce (cfr. sentenze numeri 211 del 1972, 178 del 1973,
289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981, 70 del 1985, 285 del  1990),
secondo cui «nulla vieta che  un  conflitto  di  attribuzione  tragga
origine da un  atto  giurisdizionale,  se  ed  in  quanto  si  deduca
derivarne una invasione della competenza costituzionalmente garantita
alla  regione:  la  figura  dei  conflitti  di  attribuzione  non  si
restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del
medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per
se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo
esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di
attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto». 
    Preliminarmente e onde evitare equivoci, va chiarito che qui  non
si vuole certo sostenere che i casi di  ineleggibilita'  e  decadenza
dei consiglieri regionali siano una materia sottratta alla cognizione
degli organi giurisdizionali dello Stato, per essere affidati in  via
definitiva alle deliberazioni del consiglio regionale. Sul punto  non
lascia adito a dubbi la sentenza n. 29 del 2003, resa in occasione di
un conflitto di attribuzioni tra enti che ha  riguardato  proprio  la
Regione Sardegna e il consiglio regionale sardo  in  particolare:  in
questa pronuncia si afferma con nettezza  che  «non  sussiste  alcuna
norma   o   principio   costituzionale   da   cui   possa   ricavarsi
l'attribuzione ai Consigli regionali,  anche  di  regioni  a  statuto
speciale, del giudizio definitivo sui titoli di ammissione  dei  loro
componenti  e  sulle  cause  sopraggiunte  di  ineleggibilita'  e  di
incompatibilita', cosi' da sottrarre tale materia  alla  sfera  della
giurisdizione». Non pare dunque dubbio che  eventuali  determinazioni
future  del  consiglio  regionale   in   ordine   alle   ipotesi   di
ineleggibilita' e decadenza di Alessandra Todde siano sottoponibili a
sindacato  giudiziale,   se   impugnate   dinanzi   ad   un'autorita'
giurisdizionale. 
    Sarebbe  invece  improprio  che  il  sindacato  consiliare  fosse
condizionato dalle decisioni preventivamente  assunte  da  un  organo
giurisdizionale come nel caso di specie. Il  Tribunale  cagliaritano,
infatti,  non  ha   ripercorso   l'iter   logico-giuridico   di   una
deliberazione consiliare, rilevandone i vizi dopo  aver  sentito  nel
contraddittorio processuale le ragioni della  difesa  consiliare.  Il
suo  intervento  non  si  e'  prodotto  «a  valle»  di   un'attivita'
consiliare  e  avendo  avuto  come  oggetto   di   giudizio   proprio
quest'attivita'. Al contrario, si colloca «a  monte»,  prima  che  il
consiglio operi il proprio vaglio: avanza,  infatti,  la  pretesa  di
indirizzare, con una sentenza resa in un processo civile inter alios,
l'attivita'  amministrativa  futura  dell'assemblea   rappresentativa
regionale, vincolandola previamente a  quanto  gia'  accertato  nella
sentenza e con cio'  coartando  sul  nascere  l'attivita'  consiliare
futura di accertamento e qualificazione giuridica dei fatti. 
    Peraltro, il  ragionamento  svolto  in  sentenza  e'  palesemente
contraddittorio - e lesivo delle attribuzioni consiliari  ֫-  laddove
afferma che la competenza a dichiarare  l'eventuale  decadenza  della
Pres. Todde e' del consiglio regionale («deve confermarsi  in  questa
sede che non rientra nella competenza del Collegio di garanzia ne' in
quella  del  Tribunale  adito   per   l'impugnazione   dell'ordinanza
ingiunzione, pronunciare l'eventuale decadenza della  ricorrente.  La
competenza e' rimessa dalla legge al consiglio regionale»: pag.  65),
per poi, subito  dopo,  negare  al  consiglio  stesso  il  potere  di
accertare i fatti e di attribuire  loro  la  corretta  qualificazione
giuridica («all'organo amministrativo di controllo  e  poi  a  quello
giurisdizionale, che non intende esondare  dall'alveo  delle  proprie
competenze, e' rimesso esclusivamente l'accertamento della violazione
delle norme in materia di spese elettorali. Effettuato detto  vaglio,
che  rimane  insindacabile  dal  consiglio  regionale,   quest'ultimo
assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto
accertato in questa sede»: pag. 65 della sentenza). 
    Infatti, se il consiglio regionale ha (come  sicuramente  ha)  il
potere-dovere di deliberare  sulla  decadenza  del  Presidente  della
Regione, allo stesso organo non si puo' negare la plena  cognitio  in
ordine all'accertamento dei fatti e alla loro  qualificazione,  senza
subire alcun vincolo o condizionamento dall'esterno,  tanto  piu'  se
derivante da una sentenza pronunciata inter alios a conclusione di un
processo rispetto al quale la regione e' rimasta del tutto estranea. 
    d.2. Quanto  al  «tono  costituzionale»  del  conflitto,  con  la
sentenza n. 848 del Tribunale di Cagliari si e' realizzato un  tipico
caso  di  «cattivo  esercizio»  o  «sviamento  del  potere»,  che  ha
indebitamente interferito nella «sfera di competenza  costituzionale»
della Regione Sardegna, realizzando con cio' la  fattispecie  di  cui
all'art. 39, comma 1, della legge statale n. 87 del 1953, a mente del
quale puo' produrre ricorso  davanti  alla  Corte  costituzionale  la
«Regione la cui sfera di competenza costituzionale sia invasa  da  un
atto dello Stato». 
    Infatti, con la sentenza in discussione al consiglio regionale e'
indebitamente imposto di basare la verifica  dei  titoli  di  accesso
della Pres. Todde alla carica di consigliere (pur se da  tale  ultima
carica  se  ne  differenzia  come  rappresentato  nel  prosieguo  del
ricorso) su quanto accertato  dall'atto  giurisdizionale  statale  in
oggetto, con la volonta' di predeterminare l'esito del  giudizio  del
consiglio sin dalla fase istruttoria. 
    Merita considerare al riguardo che la sentenza n. 332 del 2011 di
codesta  ecc.ma  Corte  ricorda  che  per   costante   giurisprudenza
«costituisce atto idoneo ad innescare un conflitto intersoggettivo di
attribuzione qualsiasi comportamento  significante,  imputabile  allo
Stato o alla Regione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna
e che - anche se preparatorio o non definitivo - sia comunque diretto
"ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa  di  esercitare
una  data  competenza,  il  cui  svolgimento  possa  determinare  una
invasione  nella  altrui  sfera  di  attribuzioni  o,  comunque,  una
menomazione altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio della
medesima"» (ex plurimis, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994  e
n. 771 del 1988). 
    Cio' premesso, non pare  dubbio  che  la  decisione  del  giudice
cagliaritano, manifestando la volonta' che il consiglio regionale  si
attenga a quanto da esso stabilito in riferimento a un  giudizio  del
quale il consiglio non era parte, esprime, per  usare  le  parole  di
questa ecc.ma Corte, «in modo chiaro  ed  inequivoco  la  pretesa  di
esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa  determinare
una invasione nella altrui sfera di  attribuzioni  o,  comunque,  una
menomazione altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio della
medesima». In altre parole, la pronuncia del Tribunale  cagliaritano,
pur  non  potendo  avere  la  competenza  di  vincolare   le   future
determinazioni consiliari, muove evidentemente dal  convincimento  di
poter esercitare  detto  potere,  con  cio'  pretendendo  di  guidare
l'esercizio della competenza consiliare senza averne titolo. 
    Vale la pena di riportare un passo  di  autorevole  dottrina,  la
quale ha efficacemente spiegato  che  «si  ha  materia  di  conflitto
costituzionale non quando si denuncia un tipo qualsiasi di vizio  del
contenuto d'un atto, ma solo quando il vizio dell'atto, in se' e  per
se' e indipendentemente dal contenuto, costituisce una lesione  della
posizione costituzionale del ricorrente». In  particolare,  «si  deve
sottolineare l'espressione in se' e di per se'. Per aprire la via  al
conflitto non basta, anzi non rileva, che l'atto  sia  per  qualunque
motivo invalido; e' necessario, e  sufficiente,  ch'esso  esprima  la
pretesa (illegittima) d'un'intromissione in un campo che non spetta a
chi l'ha  posto  in  essere.  In  ipotesi,  dal  contenuto  dell'atto
potrebbe anche non derivare alcun effetto concreto e negativo per chi
lo subisce. Il conflitto si giustifica comunque in quanto l'atto  che
ne da' motivo esprime la pretesa d'istituire un rapporto indebito  di
soggezione  o,  comunque,  di   condizionamento   tra   poteri»   (G.
Zagrebelsky, V.  Marceno',  Giustizia  costituzionale,  II,  Bologna,
2007, 284). 
    Cio' attesta il sicuro «tono  costituzionale»  della  menomazione
lamentata perche' «per conferire tono costituzionale a  un  conflitto
serve essenzialmente prospettare l'esercizio effettivo di un  potere,
non avente base  legale,  in  concreto  incidente  sulle  prerogative
costituzionali della ricorrente» (sentenze n. 259 del 2019, n. 260  e
n. 104 del 2016). Non pare dubbio che nel caso di specie  ricorra  la
menomazione della sfera di attribuzioni regionali per  come  definita
da norme di rango costituzionale. 
    Come precisato dal giudice costituzionale, vanno «distinti i casi
in cui la lesione derivi da un atto meramente illegittimo, da  quelli
in cui l'atto e' viziato per contrasto con le  norme  attributive  di
competenza costituzionale» (sentenza n. 10 del 2017). 
    Nel caso di specie, pertanto, l'atto del  Tribunale  di  Cagliari
non e' solo invalido in se', in quanto  difforme  dalle  disposizioni
legislative vigenti e in contrasto con norme di rango costituzionale,
ma lo e' anche per se', poiche' esprime, per l'appunto, la volonta' e
la  pretesa  di  imporre  al  consiglio  regionale  di  adottare   il
provvedimento decadenziale  secondo  le  linee  predeterminate  nella
sentenza, cosi' interferendo nella sfera di competenza  riservata  al
consiglio regionale sulla delibazione delle cause di  ineleggibilita'
e incompatibilita' (cfr. quanto dedotto  al  superiore  punto  c)  in
violazione di non pochi parametri costituzionali, come si illustrera'
nei paragrafi successivi. 
A. Non spettanza allo Stato del potere di vincolare le decisioni  del
consiglio regionale della Regione Sardegna in  materia  di  decadenza
della  dott.ssa  Alessandra  Todde,  Presidente  e   componente   del
consiglio regionale a quanto deciso dal Tribunale di Cagliari con  la
sentenza n. 848 del 2025. 
    Preliminarmente  occorre  contestare  la  pretesa  dello   Stato,
manifestata in modo inequivoco  con  la  sentenza  del  Tribunale  di
Cagliari n. 848 del 2025, di vincolare il consiglio  regionale  della
Sardegna al «vaglio, che rimane insindacabile dal consiglio regionale
[quando]  quest'ultimo  assumera'   le   sue   determinazioni   sulla
decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede». 
    A.1 Sulla violazione degli articoli 24 secondo comma e 111, primo
e secondo comma, della Costituzione e dell'art.  2909  c.c.,  nonche'
dell'art. 6 della C.E.D.U., in riferimento all'art. 117, primo  comma
Cost. 
    Il Tribunale di Cagliari ha affermato un  vincolo  a  carico  del
consiglio  regionale  sardo  nell'esercizio  delle  attribuzioni   di
quest'ultimo, vincolo discendente dal contenuto dalla sentenza n. 848
emessa a conclusione di un giudizio al quale la Regione  Sardegna  (e
il consiglio regionale) sono rimasti del tutto estranei. 
    L'art. 111, della Costituzione dispone, nei primi due commi,  che
«la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla
legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le  parti,  in
condizioni di parita' davanti a giudice terzo e imparziale», sancendo
cosi' il principio costituzionale  fondamentale  del  contraddittorio
processuale quale elemento essenziale del «giusto processo». 
    Inoltre, a norma dell'art.  6  della  C.E.D.U.  da  valere  quale
parametro in quanto richiamato dall'art.  117,  primo  comma,  Cost.,
«ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata  equamente,
pubblicamente  ed  entro  un  termine  ragionevole  da  un  tribunale
indipendente  e  imparziale,  costituito  per  legge,  il  quale  sia
chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e  doveri
di carattere civile» 
    Tali principi, a loro volta, trovano fondamento  nel  diritto  di
difesa ex art. 24 Cost. e svolgimento nell'art. 2909 c.c.,  il  quale
nel disporre che «l'accertamento contenuto nella sentenza passata  in
giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi
causa», non enuncia soltanto il  principio  della  res  iudicata,  ma
sancisce altresi' che la sentenza non dispiega  i  suoi  effetti  nei
confronti dei terzi (res inter  alios  iudicata  tertio  neque  nocet
neque prodest). In  altre  parole,  poiche'  l'accertamento  disposto
dalla sentenza «fa stato tra le parti», vincolando soltanto le  parti
del processo, ne segue che non puo' sortire effetti nei confronti  di
soggetti che non abbiano partecipato al  giudizio.  E'  un  principio
elementare di civilta' giuridica che chi non ha potuto far valere  le
proprie ragioni  nel  contraddittorio  processuale  non  puo'  essere
riguardato da una pronuncia giurisdizionale. 
    Orbene, nel caso di specie va  rimarcato  che  ne'  il  consiglio
regionale sardo ne' qualsiasi altro organo regionale  era  parte  del
giudizio svoltosi dinanzi al  tribunale  cagliaritano,  sicche'  deve
escludersi che il c.d. «vaglio  insindacabile»  operato  dalla  detta
pronuncia  possa  intimare  alcunche'  al  consiglio.  La   contraria
statuizione contenuta in sentenza  viola,  pertanto,  le  prerogative
garantite  della  Regione  Sardegna  nell'esercizio   delle   proprie
funzioni costituzionalmente attribuite e garantire. 
    A.2 Sulla violazione del principio costituzionale di  separazione
tra funzione giurisdizionale e funzione amministrativa quale  risulta
dal combinato disposto degli articoli 24, secondo comma, 97, primo  e
secondo comma, 102, primo comma, 104,  primo  comma,  e  113,  ultimo
comma, della Costituzione. 
    Va anche ribadito che le attivita' consiliari di  accertamento  e
qualificazione giuridica dei  fatti  dal  cui  verificarsi  dipendono
effetti quali l'ineleggibilita', l'incompatibilita'  e  la  decadenza
dei consiglieri regionali, hanno natura propriamente  amministrativa,
avendo carattere esecutivo di norme legislative, statali e regionali,
nonche' di norme regolamentari interne (cfr. Corte costituzionale  n.
66 del 1964, n. 115 del 1972, n. 113 del 1993, n. 29 del 2003). 
    Come sopra accennato, il novero  delle  fonti  che  attribuiscono
questa funzione ai consigli regionali e', percio' ampio. 
    Viene anzitutto in rilievo l'art. 5,  comma  terzo,  della  legge
regionale  27  gennaio  1994,  n.  1,  il  quale  dispone   che   «la
comunicazione di cui al comma 10 dell'articolo 15 della legge n.  515
del 1993 e' indirizzata al Presidente del  consiglio  regionale,  che
pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». 
    Puo' eccepirsi che tale disposizione e l'intera legge  n.  1/1994
siano abrogati dall'art. 22, comma secondo,  della  legge  statutaria
elettorale n. 1 del 2013, secondo cui «in materia di  ineleggibilita'
e incompatibilita', fino all'approvazione di una disciplina regionale
ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a
quanto previsto dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali».
Ma in tal caso troverebbe  comunque  applicazione  l'art.  15,  comma
dieci, della legge statale 10 dicembre 1993,  n.  515,  a  mente  del
quale «al termine  della  dichiarazione  di  decadenza,  il  Collegio
regionale di garanzia elettorale da' comunicazione  dell'accertamento
definitivo delle violazioni di cui ai commi 7, 8 e  9  al  Presidente
della Camera di appartenenza del parlamentare, la quale pronuncia  la
decadenza ai sensi del proprio regolamento». Tale  disposizione  deve
leggersi in combinato disposto con l'art. 4, lettera g), della  legge
statale 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove  norme  per  la  elezione  dei
consigli delle regioni a statuto ordinario), che rinvia  allo  stesso
art. 15, comma 10, della legge n. 515/1993, con la  variazione  pero'
che  deve  intendersi  «sostituito  al  Presidente  della  Camera  di
appartenenza il Presidente del consiglio regionale». 
    A tutto cio' deve aggiungersi l'art. 6 del decreto legislativo di
attuazione dello  Statuto  speciale,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  19  maggio  1949,  n.  250,  il  quale  con  riguardo  ai
consiglieri regionali dispone che «la decadenza  e'  pronunziata  dal
consiglio». Sul punto, insomma, non possono esserci dubbi. Del resto,
lo stesso Tribunale civile di Cagliari muove dal presupposto  che  al
consiglio regionale sardo sia attribuito dal legislatore  il  compito
amministrativo  di  pronunziarsi  sulla  decadenza  dei   consiglieri
regionali. 
    Cio' premesso e trattandosi di attivita' amministrativa,  seppure
svolta dal Consiglio anziche' dall'esecutivo regionale, rimane  fermo
che essa  ricada  nell'orbita  di  applicazione  degli  articoli  24,
secondo comma, 97, secondo e terzo  comma,  102,  primo  comma,  104,
primo comma, e 113,  ultimo  comma,  della  Costituzione,  dalla  cui
considerazione combinata emergono due distinti profili del  principio
che   regola   il   rapporto   tra   attivita'    amministrativa    e
giurisdizionale. Per il primo  profilo,  le  funzioni  amministrative
sono  certamente  soggette  al  controllo  del   potere   giudiziario
indipendente, quale esplicazione del piu'  generale  principio  dello
«Stato di diritto». Per il secondo profilo, invece, le due  attivita'
pubbliche, amministrativa e  giurisdizionali,  debbono  svolgersi  in
regime di separatezza, in modo tale che  la  funzione  amministrativa
non ridondi in funzione giurisdizionale e, quel  che  piu'  conta  ai
fini del caso di  specie,  la  funzione  giurisdizionale  non  invada
l'ambito riservato alla funzione amministrativa. Orbene, per costante
orientamento   di   codesta   ecc.ma   Corte   il   detto   principio
costituzionale di separazione e' sicuramente un parametro  invocabile
nella sede del conflitto di attribuzione tra enti. 
    Uno dei leading cases in materia e' la sentenza n. 70  del  1985,
la quale afferma recisamente che deve essere contestata «in radice la
spettanza ad organi giudiziari del potere di [...] di porre in essere
una  interferenza  nelle  attivita'   amministrative   di   spettanza
regionale,  mediante  interventi   di   stimolo,   partecipazione   e
codeterminazione dei relativi procedimenti».  Sottolineando  in  modo
netto la parametricita' del suddetto «principio di separazione» anche
in occasione dei giudizi  per  conflitto  di  attribuzione  (sia  tra
poteri che tra enti), la sentenza n. 70 del 1985 aggiunge inoltre che
«e' indubbio che, nel sistema costituzionale, funzione amministrativa
e funzione giurisdizionale  sono  concepite  e  devono  svolgersi  in
posizione di reciproca separazione (artt. 97, primo e  secondo  comma
[oggi, art. 97, secondo e terzo comma,  n.d.r.],  102,  primo  comma,
104, primo comma, 113, ultimo comma)»,  sicche'  e'  escluso  che  le
autorita' giudiziarie ordinarie «possano contrapporsi  o  sovrapporsi
alle autorita' amministrative». 
    Ma quel che piu' rileva  ai  fini  del  caso  oggetto  di  questo
ricorso e' che  per  l'orientamento  manifestato  da  codesta  ecc.ma
Corte, sempre con la sentenza n. 70/1985, «deve negarsi che spetti ad
organi giudiziari  dettare  le  linee  dell'indirizzo  amministrativo
regionale, in cio' sostituendosi  agli  organi  regionali  competenti
nella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei  tempi
e modi di attuazione di tale indirizzo  ed  addirittura  prescrivendo
gli  atti  specifici  che  si  ritiene   debbano   essere   adottati.
Determinazioni  di  tal  genere  esulano  certamente  dall'ambito  di
legittimo  esercizio   dei   poteri   giurisdizionali,   atteso   che
l'ordinamento non attribuisce ad organi giudiziari poteri di  stimolo
dell'azione amministrativa o  di  partecipazione  o  codeterminazione
dell'indirizzo  amministrativo;  ed   esse   sono   suscettibili   di
invalidazione, oltre che  con  gli  appositi  strumenti  processuali,
anche con quello del conflitto di attribuzione. La carenza di  potere
giurisdizionale  si   traduce   infatti,   qui,   in   un'alterazione
dell'ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa  di
esercitare  poteri  siffatti  comporta  l'invasione  della  sfera  di
autonomia costituzionalmente riservata alla regione». 
    La  pronuncia  di  codesta  ecc.ma  Corte  appena  ricordata  (la
sentenza n. 70 del  1985)  non  e'  un  precedente  isolato,  essendo
preceduto dalle sentenze numeri 150/1981 e 69/1985, per  trovare  poi
ulteriore conferma specialmente nelle sentenze n. 283/1986,  99/1991.
Nell'ultima,  in  particolare,  si  precisa  che  sia  nei  conflitti
interorganici che in quelli intersoggettivi, ossia  «per  entrambi  i
tipi di conflitto, la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  quale,
decidendo su conflitti sollevati  contro  provvedimenti  del  giudice
ordinario sia dal Presidente del Consiglio dei ministri  (numeri  150
del 1981 e 283 del 1986) che dalle regioni (n. 70 del 1985), ha avuto
cura  di  sottolineare  come  con  i  conflitti   si   assumesse,   e
fondatamente, che il  giudice  aveva  preteso,  di  volta  in  volta,
esercitare un potere regolamentare del Governo o di un  Ministro  (n.
150 del 1981), o una  funzione  di  indirizzo  della  legislazione  o
dell'amministrazione regionale (n. 70  del  1985),  o  un  potere  di
ordinanza di necessita' (n. 283 del 1986), vale a dire  un  potere  o
una funzione non riconducibile all'esercizio della giurisdizione come
funzione di tutela giurisdizionale»; e che «l'atto o il comportamento
invasivo denunciabile con l'uno o l'altro  tipo  di  conflitto  [...]
deve concretare mediante atti non consentiti  ad  alcun  giudice  una
interferenza  nell'azione  amministrativa   idonea   a   condizionare
l'attribuzione che in quell'azione si esprime e si svolge». 
    E' di tutta evidenza che le affermazioni contenute nella sentenza
del Tribunale di Cagliari  n.  848  del  2025,  oggetto  dell'odierno
ricorso, ricadano nella  suddetta  regola  di  divieto  enucleata  da
codesta ecc.ma Corte alla luce degli articoli 24, secondo comma,  97,
primo e secondo comma, 102, primo comma, 104,  primo  comma,  e  113,
ultimo comma, della Costituzione i quali  fondano  la  distinzione  e
l'autonomia tra l'esercizio della funzione  amministrativa  e  quella
giurisdizionale come puntualmente illustrato da codesta ecc.ma  Corte
con la richiamata sentenza n. 70 del 1985. Difatti,  la  pretesa  del
giudice cagliaritano che il suo vaglio sia tenuto «insindacabile» dal
Consiglio, che pertanto, secondo il monito del Tribunale di Cagliari,
«assumera' le  sue  determinazioni  sulla  decadenza,  tenendo  fermo
quanto accertato in questa sede» (cioe', nella sentenza n. 848/2025),
nega  il  suddetto  principio  costituzionale  di   separazione   tra
amministrazione e giurisdizione,  poiche'  esprime  -  per  usare  le
chiare parole di  codesta  ecc.ma  Corte  (sent.  n.  70/1985)  -  la
volonta'  di  «dettare   le   linee   dell'indirizzo   amministrativo
regionale»,   palesando    «una    interferenza    nelle    attivita'
amministrative   di   spettanza   regionale»,   con   «un'alterazione
dell'ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa  di
esercitare  poteri  siffatti  comporta  l'invasione  della  sfera  di
autonomia costituzionalmente riservata alla regione». 
    A.3. Sulla violazione dell'art. 15 dello Statuto  speciale  della
Sardegna. 
    Il tono costituzionale di questo  conflitto  si  evince  altresi'
dall'evocazione di altri parametri costituzionali. 
    Infatti, e' violato pure l'art. 15 dello Statuto speciale  sardo,
nella parte in cui riserva al legislatore regionale la disciplina dei
casi  d'ineleggibilita'.  Avanzando  la  pretesa  di  indirizzare   e
vincolare preventivamente il  consiglio  regionale  ad  attivita'  di
accertamento giudiziale svoltesi prima della deliberazione consiliare
sul caso  d'ineleggibilita'  e  senza  che  sia  percio'  intervenuta
l'impugnazione di alcun atto  consiliare,  la  sentenza  oggetto  del
ricorso ha evidentemente  stravolto  l'ordine  procedimentale  e  dei
rapporti tra poteri per come disciplinato dal  legislatore  regionale
riservatario, in attuazione dell'art. 15 dello Statuto,  ovvero  (nel
caso si ritenesse non piu' vigente la legislazione sarda  sul  punto)
per come disciplinato dal  legislatore  statale  cui  il  legislatore
regionale riservatario fa rinvio (si veda l'art. 22,  comma  secondo,
della legge statutaria n. 1/2013 e quanto gia' illustrato sopra). 
    A.4. Sulla violazione dell'art. 19 dello Statuto  speciale  della
Sardegna. 
    Nel caso alla mano e'  indirettamente  violato  anche  l'art.  19
dello Statuto, che riserva al consiglio la competenza ad adottare  il
proprio  Regolamento  interno.  Tale  regolamento   disciplina,   tra
l'altro, le competenze consiliari in ordine all'«esame delle cause di
ineleggibilita' e di incompatibilita', comprese  quelle  sopravvenute
nel corso della legislatura» (art. 17  del  regolamento  consiliare),
contribuendo  a  dare  attuazione,  in   relazione   alle   attivita'
consiliari, alla competenza della  Regione  sull'ineleggibilita'  dei
consiglieri regionali e assegnando  alla  giunta  delle  elezioni  la
competenza a formulare dinanzi all'assemblea le eventuali proposte di
decadenza dei consiglieri (art. 17, comma 3). 
    Ebbene, dalla suddetta disposizione si evince chiaramente che  le
attivita'  giuntali  e  assembleari  di  esame  e  proposta   debbono
svolgersi  in  maniera  «libera»,  ossia   procedendo   ad   autonome
valutazioni dei fatti e della loro qualificazione giuridica, pur  nel
rispetto doveroso della legge, sicche' costituisce una chiara lesione
di tali prerogative (fondate direttamente nel regolamento  interno  e
indirettamente  nello  Statuto)  la  pretesa  di   condizionarne   lo
svolgimento e predeterminarne l'esito. 
    A.5. Sulla violazione dell'art.  6  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 19 maggio  1949,  n.  250  (decreto  legislativo  di
attuazione dello Statuto speciale sardo). 
    Deve altresi' considerarsi che, come ribadito dalla  sentenza  n.
263 del 2005 di codesta ecc.ma Corte, anche le  norme  di  attuazione
degli Statuti speciali  possono  essere  invocate  a  fondamento  del
conflitto: «la consolidata giurisprudenza di questa  Corte  [...]  ha
ritenuto che, al pari delle  norme  statutarie,  anche  le  norme  di
attuazione dello statuto speciale  [...]  possono  essere  utilizzate
come parametro del giudizio di costituzionalita'  (cfr.  sentenze  n.
36, n. 356 e n. 366 del 1992, n. 165 del 1994, n. 458  del  1995,  n.
520 del 2000, n. 334 e n. 419 del 2001 e n. 28 e n. 267 del 2003)». 
    Nel caso di specie viene in particolare rilievo il primo  decreto
legislativo di attuazione dello  Statuto  speciale  sardo,  cioe'  il
decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949,  n.  250,  il
cui art. 6 dispone che «decadono dalla carica i membri  della  giunta
regionale  che  vengano  a  trovarsi  in  una  delle  condizioni   di
incompatibilita'  previste  dallo  statuto  speciale  della  Sardegna
relativamente alla funzione  di  Consigliere  regionale»  e  che  «la
decadenza e'  pronunziata  dal  consiglio».  Tale  disposizione,  pur
formulata espressamente con riguardo ai casi di incompatibilita'  del
consigliere regionale che fosse anche membro della  giunta  (come  e'
certamente il caso del Presidente di regione  nell'assetto  vigente),
e' espressivo e confermativo della competenza consiliare  in  materia
di ineleggibilita'  e  incompatibilita'  e,  quindi,  trova  altresi'
applicazione in tutti i casi di ineleggibilita', tenuto conto che "il
piu' contiene il meno» e che sarebbe quantomeno assurdo che la  norma
di  attuazione  attribuisse  al  consiglio   regionale   il   compito
(amministrativo)  di  accertare  e   sanzionare   soltanto   i   casi
d'incompatibilita', lasciando i piu' gravi casi di ineleggibilita'  e
incandidabilita' senza alcun rimedio attivabile in sede consiliare. 
    E' vero che la sentenza  n.  848/2025  del  giudice  cagliaritano
riconosce formalmente la suddetta  competenza  consiliare  in  ordine
alla decadenza dei consiglieri. E tuttavia, non  sembra  riconoscerla
sostanzialmente   laddove   qualifica   il   proprio   vaglio    come
insindacabile dal consiglio e laddove asserisce che le determinazioni
consiliari dovranno tenere fermo quanto in essa accertato. 
B. Non spettanza allo Stato, sotto un diverso profilo, del potere  di
vincolare le decisioni del consiglio regionale della Regione Sardegna
in materia di decadenza della dott.ssa Alessandra Todde, Presidente e
componente del consiglio regionale a quanto deciso dal  Tribunale  di
Cagliari con la sentenza n. 848 del 2025. 
    B.1. Senza recesso dalla precedente assorbente censura, per  mero
scrupolo  di  completezza  difensiva  -  e  senza  che   cio'   possa
configurare una surrettizia impugnazione  della  contestata  sentenza
del Tribunale cagliaritano n. 848 del 2025 - occorre dedurre anche la
seguente ulteriore doglianza sul merito del vincolo giuridico che  il
Tribunale ha  ritenuto  di  dover  imporre  a  carico  del  consiglio
regionale sardo. Si tratta, pertanto, di una censura da valere in via
subordinata al mancato accoglimento di quella dedotta  al  precedente
punto A. 
    B.2. Il Tribunale ha affermato di essere  giudice  non  dell'atto
(l'ordinanza del Collegio regionale di garanzia del 3  gennaio  2025)
bensi'  del  rapporto  (il  perimetro  della   cognizione   «consiste
nell'accertamento  negativo  della   sussistenza   delle   violazioni
comportanti la decadenza e l'irrogazione della  sanzione  pecuniaria,
comprendendo non solo l'atto  amministrativo  in  se',  ma  tutto  il
rapporto  sottostante»,  pag.  42;  «come  gia'  detto,  il  presente
giudizio si caratterizza quale giudizio sul  rapporto  e,  in  quanto
tale, coinvolge ed attinge direttamente  ai  presupposti  sostanziali
per l'irrogazione delle sanzioni», pag. 57). 
    Pertanto, al capo 12 della sentenza (pagg. 57  ss.)  ha  ritenuto
nel  senso  che  la  dott.ssa  Todde  avrebbe  omesso  del  tutto  di
presentare la dichiarazione ex art. 7, comma 6, legge n. 515  e  art.
2, primo comma, n. 3 della legge 5  luglio  1982,  n.  441.  Da  tale
assunto, invero non contestato dal Collegio regionale di garanzia, ha
dedotto che troverebbe  applicazione  a  carico  dell'interessata  il
comma 8 dell'art. 15, della legge n. 515 del 1993, il  quale  prevede
la sanzione della decadenza. 
    In questa sede non interessa se tale capo di sentenza  sia  stato
pronunciato   ultra   petita   perche'   cio'   costituira'   oggetto
dell'eventuale impugnazione proposta da chi di interesse  nella  sede
propria. Cio' che rileva dinanzi  a  codesta  ecc.ma  Corte  e'  che,
secondo quanto affermato dal Tribunale, quando il consiglio regionale
dovra' delibare l'eventuale decadenza della  Presidente  Todde  dalla
carica, dovra' «tener fermo quanto accertato  in  questa  sede»  che,
peraltro,  «rimane  insindacabile  dal  consiglio»  (pag.  65   della
sentenza). Tuttavia, anche il  contenuto  dell'accertamento  compiuto
dal   Tribunale   e'   intrinsecamente   lesivo   delle    competenze
costituzionalmente attribuite alla regione  quanto  a  determinazione
delle cause di ineleggibilita' e incompatibilita' (ex art.  15  dello
Statuto). 
    Doveroso, pertanto, censurare il cattivo Governo che il Tribunale
ha fatto del proprio potere giurisdizionale, vincolando il  consiglio
regionale ad applicare statuizioni in contrasto con la  legge  e  con
norme  di  rango  costituzionale,   cosi'   ledendo   le   competenze
costituzionalmente garantite della regione ricorrente. 
    B.2. Lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla
Regione Sardegna  per  l'erroneita'  del  presupposto  interpretativo
secondo cui la legge regionale n. 1 del 1994 si riferisce, oltre  che
ai consiglieri regionali elettivi,  pure  al  Presidente  di  regione
ricorrente eletto a suffragio universale e diretto. 
    B.2.1. Deve, infatti, escludersi la legittima possibilita' che la
disciplina dei rendiconti elettorali prevista dalla legge n. 515  del
1993,  richiamata  dalla  legge  regionale  n.  1   del   1994,   sia
correttamente interpretabile come se si riferisse anche al Presidente
di regione. 
    Va primariamente ricordato che all'epoca  di  entrata  in  vigore
della legge regionale n. 1 del 1994, il  previgente  art.  36,  comma
primo,  dello  Statuto   speciale   della   Sardegna,   cioe'   nella
formulazione  precedente  la  novella   introdotta   con   la   legge
costituzionale n. 2 del 2001,  disponeva  che  «il  Presidente  della
giunta regionale [fosse] eletto dal consiglio regionale  fra  i  suoi
componenti subito dopo la  nomina  del  Presidente  del  Consiglio  e
dell'Ufficio di Presidenza». La disciplina del  1994,  pertanto,  non
contemplava ne' poteva evidentemente  contemplare  l'ipotesi  che  il
Presidente  di  regione  fosse  una  carica  direttamente,   anziche'
indirettamente,  elettiva  con  tutto   quel   che   avrebbe   dovuto
conseguirne  in  ordine   alla   disciplina   delle   rendicontazioni
elettorali. 
    In secondo luogo, va tenuto presente che, a seguito della novita'
costituita dall'elezione diretta del  Presidente  di  regione,  quale
risulta dalla  disciplina  transitoriamente  stabilita  dall'art.  3,
comma secondo, della legge costituzionale n. 2 del 2001  (disciplina,
com'e' noto, ancora vigente), la posizione e lo status  presidenziale
si  differenziano  non  poco  da  quello  dei  «comuni»   consiglieri
regionali. Difatti, va rimarcato che il Presidente non e' consigliere
regionale elettivo, cioe' un consigliere che tale diventa  in  virtu'
dell'elezione  consiliare  in  una   delle   diverse   circoscrizioni
territoriali della  Sardegna  in  cui  si  articola  la  competizione
elettorale per l'attribuzione ordinaria" dei seggi,  essendo  infatti
Consigliere regionale di diritto perche'  eletto  in  capo  ad  altro
organo, e cioe' in capo all'organo monocratico denominato «Presidente
della regione» che concorre su una circoscrizione  unica  comprensiva
dell'intero  territorio  regionale  in  competizione  con  gli  altri
candidati  alla  medesima  carica  di   Presidente.   E',   pertanto,
consigliere di diritto in forza dell'art. 3,  comma  3,  della  legge
costituzionale n. 2 del 2001, il quale  dispone  che  «il  Presidente
della Regione fa parte del consiglio regionale». 
    In terzo luogo, e quale conseguenza del  rilievo  precedente,  va
sottolineato che per il Presidente vige un sistema  di  elezione  che
e', evidentemente, diverso da quello dei consiglieri regionali  sotto
diversi profili:  dalle  modalita'  di  espressione  del  voto,  alla
delimitazione dell'ambito spaziale  della  candidatura  (che  infatti
coincide con l'intero territorio regionale e non con  circoscrizioni,
cioe' con porzioni limitate del territorio  regionale),  dall'assenza
del voto di preferenza individuale a proprio favore  in  competizione
con gli altri (comuni)  candidati  al  consiglio  regionale  e  dalla
diversita' dello stesso modulo di accettazione della candidatura che,
peraltro,  espressamente  prevede  di  dichiarare  «di  non   essersi
presentato quale candidato  alla  carica  di  consigliere  regionale»
(all. 6). 
    Cio'  avvalora  l'interpretazione  secondo  cui   la   disciplina
regionale sulla rendicontazione delle spese elettorali, risalente  al
1994 e pensata con riguardo ai consiglieri elettivi (categoria  della
quale faceva parte anche il Presidente  di  regione  nella  forma  di
Governo a tendenza assembleare allora vigente), non  possa  ritenersi
applicabile pure al caso del  Presidente  elettivo  (nella  forma  di
Governo vigente oggi),  perlomeno  nella  parte  in  cui  assegna  al
Collegio di garanzia elettorale il potere di comminare al  Presidente
la sanzione della decadenza. 
    B.2.2. Peraltro, e contrariamente a quanto erroneamente  ritenuto
dal Tribunale di Cagliari, la legge  regionale  n.  1/1994  non  puo'
trovare  applicazione  al  candidato  eletto  alla  Presidenza  della
regione  anche  per  espresso  disposto  dell'art.  22  della   legge
statutaria n. 1 del 12 novembre 2013. 
    Infatti, l'art. 15 dello Statuto per la Regione  Sardegna  rinvia
all'emanazione di una legge statutaria rinforzata  la  determinazione
dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le  cariche  di
Presidente, Consigliere e componente della giunta. 
    Sulle menzionate materie, l'art. 22  della  legge  Statutaria  n.
1/2013 dispone che «in materia di ineleggibilita' e incompatibilita',
fino all'approvazione di una disciplina regionale ai sensi  dell'art.
15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre  a  quanto  previsto
dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali». 
    E' evidente che, se,  fino  all'approvazione  di  una  disciplina
regionale ai sensi dell'art. 15  dello  Statuto  speciale  (con  cio'
intendendosi una legge regionale futura), i casi  di  ineleggibilita'
sono  demandati  e  rimessi  alle  sole  leggi  statali,  al  sistema
elettorale delineato dalla legge statutaria n. 1/2013 non si  applica
la (pregressa) legge regionale n. 1/1994. 
    Invero,  la  legge  statale  n.  515/1993,  ove   pure   ritenuta
astrattamente applicabile alla Regione Sardegna, all'art. 20, dispone
che «per  le  elezioni  dei  rappresentanti  italiani  al  Parlamento
europeo e per le  elezioni  dei  consigli  delle  regioni  a  statuto
ordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto  speciale
e ... si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 e le
relative sanzioni previste nell'art. 15 e le disposizioni di cui agli
articoli 17, 18 e 19 della presente legge». 
    Ne discende, con ogni evidenza, che  l'art.  7,  comma  6,  della
medesima legge 515/1993, la cui violazione e'  stata  contestata  dal
Tribunale con la sentenza in discussione  al  candidato  eletto  alla
carica  di  Presidente  della  regione,  e  le  conseguenti  sanzioni
previste dall'art. 15, comma VIII,  decadenza  inclusa,  non  possono
essere riferiti  applicabili  al  sistema  elettorale  della  Regione
Sardegna perche' non menzionato dall'art. 20 tra  quelle  applicabili
alle regioni speciali. 
    Di conseguenza, diversamente da quanto disposto in  sentenza  dal
Tribunale cagliaritano, per espressa previsione degli articoli  15  e
35 dello Statuto, nonche' dell'art. 1 e, soprattutto, 22 della  legge
statutaria n. 1 del 12 novembre 2013, al  candidato  alla  carica  di
Presidente della regione non si applicano  gli  articoli  3  [«1.  Si
applicano nelle elezioni per  il  consiglio  regionale  le  norme  in
materia di pubblicita' e controllo delle spese elettorali recate  dai
commi 2, 3, 4, 6 e 7 dell'art. 7 e dagli articoli  8,  11,  12  e  14
della legge n. 515 del 1993»] e 5 [«3. Alle  altre  violazioni  delle
norme recate dalla presente  legge  si  applicano  le  corrispondenti
sanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell'art.
15 della legge n. 515 del 1993. La comunicazione di cui al  comma  10
dell'art. 15 della legge n. 515 del 1993 e' indirizzata al Presidente
del consiglio regionale, che pronuncia  la  decadenza  ai  sensi  del
proprio regolamento»] della legge regionale n. 1/1994 e, in generale,
non si applica l'intera legge regionale. 
    B.2.3. Il Tribunale si pone  il  tema  dell'applicabilita'  della
legge n. 515 alle elezioni regionali sarde dopo la novella statutaria
apportata dalla legge cost. n. 2 del 2001 e conclude per la  piena  e
integrale applicabilita' della legge statale perche' l'art. 22, comma
2, della legge statutaria n.  1  del  2013,  nell'affermare  che  «in
materia di ineleggibilita' e incompatibilita', fino  all'approvazione
di una disciplina regionale  ai  sensi  dell'art.  15  dello  Statuto
speciale per la  Sardegna,  oltre  a  quanto  previsto  dallo  stesso
Statuto, si applicano le  leggi  statali»  non  «richiama  un  previo
giudizio  di  compatibilita'  per  l'applicazione  della   disciplina
statale in materia di ineleggibilita'  e  incompatibilita';  giudizio
invece espressamente previsto  dal  comma  precedente  con  esclusivo
riguardo alla "organizzazione amministrativa del procedimento e delle
votazioni per l'elezione del Presidente della Regione e del consiglio
regionale"» (pag. 44 s.). 
    L'assunto e' errato perche'  non  puo'  esserci  dubbio  che  sia
sempre doveroso operare un preliminare giudizio di compatibilita' per
individuare quali siano le norme  effettivamente  vigenti  a  seguito
della successione nel tempo di altre  norme  presupposte  alle  prime
(nel caso  alla  mano  discutendosi,  addirittura,  della  permanente
applicabilita' di norma legislative, statali e regionali,  previgenti
rispetto ad una radicale riforma statutaria, ivi inclusi la forma  di
Governo regionale e il sistema elettorale). Come dimostrato sopra  al
punto B.2.2., a seguito della novella dello Statuto e dell'emanazione
della legge statutaria n. 1  del  2013,  e'  mutato  l'intero  quadro
normativo in materia. 
    Il Tribunale, invece, afferma anche la piena  compatibilita'  del
combinato tra la legge n. 515 del 1993 e la legge regionale n. 1  del
1994, pur a seguito delle riforme statutarie, della forma di  Governo
del 2001, della legge statuaria nonche' della  legge  elettorale,  in
riferimento specifico a chi si candida alla carica di  Presidente  (e
solo, ope legis a quella di consigliere regionale) (cap. 8.2.,  pagg.
47  ss.),  intendendo  vincolare  il  consiglio  regionale   a   tali
conclusioni interpretative. 
    Il ragionamento del Tribunale e' errato  anche  su  questo  punto
perche' non tiene conto della specificita' del sistema elettorale  e,
quindi, della candidatura alla Presidenza della regione per la  quale
l'elezione in consiglio regionale (al  pari  di  quella  del  secondo
candidato piu' votato nella corsa alla Presidenza) e' un mero effetto
di diritto, segue regole  del  tutto  diverse  rispetto  ai  (comuni,
verrebbe da dire) candidati all'organo consiliare:  basti  osservare,
che il candidato Presidente  non  e'  tenuto  ad  acquisire  voti  di
preferenza personali ed e' candidato di diritto in un Collegio  unico
regionale e in riferimento a tutte le liste della  coalizione  a  suo
sostegno a differenza del singolo candidato a  consigliere  che  puo'
competere in una sola delle otto circoscrizioni in cui  e'  suddiviso
il  territorio  regionale;  e  senza  dimenticare  quanto   gia'   in
precedenza anticipato ossia la  radicale  diversita'  del  modulo  di
adesione alla candidatura (con annessa formula  dichiarativa  per  il
candidato Presidente «di non essersi presentato quale candidato  alla
carica di consigliere regionale»). 
    Pertanto, a questa figura  non  si  possono  applicare  norme  (a
partire dalla legge n. 515 del  1993)  pensate  e  strutturate  sulla
figura astratta di un soggetto candidato in un solo collegio  (e  non
nell'intera  regione),  interessato  all'acquisizione  di   voti   di
preferenza personali, inserito in una lista di partito (e non a  capo
di una coalizione). 
    Infine, prendendo in esame i caratteri  della  vigente  forma  di
Governo della Regione Sardegna, si rivela ancor piu'  chiaramente  la
ragione per cui occorre interpretare la  legge  regionale  n.  1/1994
come se non si riferisse al Presidente di regione elettivo e  perche'
una diversa interpretazione (quale quella che fa da presupposto  alla
pronuncia del giudice cagliaritano) implicherebbe necessariamente  la
lesione della  «sfera  di  competenza  costituzionale»  degli  organi
regionali di Governo, come s'illustrera' dappresso. 
    La forma di Governo sarda, come e' noto, si basa  sul  meccanismo
del simul stabunt simul cadent disciplinato dagli articoli  15  e  35
dello Statuto speciale, per come novellati dall'art.  3  della  legge
costituzionale n. 2 del 2001. In particolare, l'art. 15 dello Statuto
sardo dispone che «le dimissioni contestuali  della  maggioranza  dei
componenti il consiglio  regionale  comportano  lo  scioglimento  del
Consiglio stesso e l'elezione contestuale del nuovo Consiglio  e  del
Presidente  della  regione  se  eletto  a  suffragio  universale».  A
seguire,  l'art.  35,  comma  secondo,  dello  Statuto  prevede   che
«l'approvazione  della  mozione  di  sfiducia   nei   confronti   del
Presidente della regione eletto a  suffragio  universale  e  diretto,
nonche'  la  rimozione,  l'impedimento  permanente,  la  morte  o  le
dimissioni dello stesso comportano le dimissioni della  giunta  e  lo
scioglimento  del  consiglio   regionale».   Come   risulta   palese,
l'elezione e la dissoluzione dei  due  organi,  il  Presidente  e  il
Consiglio, e' sempre contestuale: o stanno assieme o cadono  assieme,
appunto. Di conseguenza, le vicende  che  determinano  l'interruzione
del mandato di un organo producono automaticamente il venir meno pure
dell'altro. In particolare, le  ipotesi  dissolutorie,  espressamente
tipizzate da disposizioni di rango costituzionale, sono le  seguenti:
sfiducia consiliare,  morte,  impedimento  permanente,  dimissioni  e
rimozione del Presidente. A questo elenco, come  si  e'  detto,  deve
aggiungersi l'ipotesi delle dimissioni contestuali della  maggioranza
dei componenti il consiglio regionale (art. 15 St. Sardegna). 
    Cio' premesso, appare da escludere che il Tribunale  di  Cagliari
abbia il potere, in questa sede e in queste forme,  di  comminare  la
sanzione della decadenza a carico del Presidente di regione  elettivo
e di determinare con cio'  l'automatico  scioglimento  del  consiglio
regionale, ponendo un vincolo interpretativo della legge a carico del
consiglio regionale. Poiche' le ipotesi di dissoluzione degli  organi
regionali di direzione  politica  sono  tassativamente  stabilite  da
norme  costituzionali  e  poiche'  implicano  deroghe  al   principio
democratico  di   sovranita'   popolare,   esse   sono   di   stretta
interpretazione, sicche' il legislatore non  potrebbe  legittimamente
introdurre nuove  ipotesi  in  assenza  di  esplicita  autorizzazione
costituzionale.  Ne  segue  l'ulteriore  conseguenza  che  la   legge
regionale n. 1 del 1994, in  virtu'  del  canone  di  interpretazione
costituzionalmente conforme (su cui si veda il dictum della  sentenza
n. 356 del 1996 di codesta ecc.ma Corte, secondo cui «le leggi non si
dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile  darne
interpretazioni  incostituzionali  (e  qualche  giudice  ritenga   di
darne),   ma   perche'   e'   impossibile    darne    interpretazioni
costituzionali»), deve armonizzarsi col sistema costituzionale e  non
puo' interpretarsi come se attribuisse al Tribunale  cagliaritano  il
potere di azionare il dispositivo del simul stabunt simul cadent, che
sta alla base della forma di Governo regionale.  Se  ne  deve  dunque
concludere  che  il  Tribunale  di  Cagliari  non   puo'   accertare,
ingiungere, imporre o anche solo proporre la decadenza del Presidente
di regione elettivo, con cio' disponendo indirettamente  l'automatica
dissoluzione  del  Consiglio.  La  sua  competenza   deve   ritenersi
circoscritta  alle  cause  di  decadenza  che   colpiscono   i   soli
consiglieri regionali elettivi,  con  esclusione  del  Presidente  di
regione/consigliere di diritto. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Per tutte le suddette ragioni, appare evidente che  il  Tribunale
di Cagliari, nel dichiarare che il proprio «vaglio» delle  violazioni
di legge contestate alla Pres. Todde «rimane  insindacabile»  per  il
consiglio regionale  sardo  e  che  «quest'ultimo  assumera'  le  sue
determinazioni sulla decadenza, tenendo  fermo  quanto  accertato  in
questa sede» interferisce gravemente  nell'esercizio  delle  funzioni
amministrative costituzionalmente garantite al consiglio regionale in
materia di verifica della sussistenza di ipotesi di ineleggibilita' e
di decadenza dei consiglieri regionali, direttamente attribuite  alla
regione sarda dalle norme sopra richiamate. 
    Quanto sopra premesso e ritenuto, 
    Si chiede: 
        che  codesta  ecc.ma  Corte,  in  accoglimento  del  presente
ricorso voglia dichiarare che non spetta allo Stato  e  per  esso  al
Tribunale di Cagliari stabilire con sentenza 28 maggio 2025, n.  848,
emessa a conclusione del giudizio R.G. n.  477/2025,  promosso  dalla
dott.ssa  Alessandra  Todde,  Presidente   della   Regione   autonoma
Sardegna, avverso l'ordinanza-ingiunzione del Collegio  regionale  di
garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Cagliari adottata il
20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio  2025  che  l'accertamento
della violazione delle norme in materia di spese elettorali» compiuto
nella  predetta  sentenza   «rimane   insindacabile   dal   consiglio
regionale, [quando]  quest'ultimo  assumera'  le  sue  determinazioni
sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede» e per
l'effetto annullare in  parte  qua,  la  sentenza  del  Tribunale  di
Cagliari 28 maggio 2025, n. 848. 
          Cagliari-Roma, 26 giugno 2025 
 
      Gli avvocati: prof. Chessa - prof. Saitta - Pani - Putzu