Reg. Ric. n. 5 del 2025
pubbl. su G.U. del 09/07/2025 n. 28
Ricorrente:Regione autonoma della Sardegna
Resistenti: Presidente del Consiglio dei ministri Tribunale di Cagliari Ministro della Giustizia
Oggetto:
Elezioni – Elezioni regionali – Spese elettorali – Sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848, emessa a conclusione del giudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla dott.ssa Alessandra Todde, Presidente della Regione autonoma Sardegna, avverso l’ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025, nella parte in cui stabilisce che “l’accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali” compiuto nella predetta sentenza “rimane insindacabile dal Consiglio regionale, [quando] quest’ultimo assumerà le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede” – Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti promosso dalla Regione autonoma Sardegna.
Norme impugnate:
Sentenza del 28/05/2025 Num. 848
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 24 Co. 2
Costituzione Art. 97 Co. 2
Costituzione Art. 97 Co. 3
Costituzione Art. 102 Co. 1
Costituzione Art. 104 Co. 1
Costituzione Art. 111 Co. 1
Costituzione Art. 111 Co. 2
Costituzione Art. 113 Co. 3
Costituzione Art. 116 Co. 3
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 118 Co. 1
Costituzione Art. 122 Co. 1
Statuto speciale per la Sardegna Art. 6 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 15 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 19 Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
decreto del Presidente della Repubblica Art. 6 Co.
Legge statutaria della Regione autonoma della Sardegna Art. 1 Co.
Legge statutaria della Regione autonoma della Sardegna Art. 22 Co.
codice civile Art. 2909 Co.
Regolamento del Consiglio regionale della Sardegna Art. 17 Co.
Udienza Pubblica del 24/09/2025 rel. SAN GIORGIO
Testo del conflitto
N. 5 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 27 giugno 2027 Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti depositato in cancelleria il 27 giugno 2025 (della Regione autonoma della Sardegna).. Elezioni - Elezioni regionali - Spese elettorali - Sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848, emessa a conclusione del giudizio R.G. n. 477/2025 promosso dalla dott.ssa Alessandra Todde, Presidente della Regione autonoma Sardegna, avverso l'ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025, nella parte in cui stabilisce che «l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali», compiuto nella predetta sentenza, «rimane insindacabile dal Consiglio regionale, [quando] quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede». - Sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848 (R.G. n. 477/2025). (GU n. 28 del 09-07-2025) Ricorso per conflitto di attribuzioni contro lo Stato ex art. 134 Cost. per la Regione autonoma della Sardegna, (C.F. 80002870923), con sede legale in Cagliari, viale Trento n. 69, in persona del vice-Presidente pro-tempore, Giuseppe Meloni, legale rappresentante della regione giusto decreto della Presidente della regione 9 aprile 2024, n. 18, prot. n. 6417 (all. 1), autorizzato ad agire in giudizio con deliberazione della giunta regionale n. 34/12 del 26 giugno 2025 (all. 2), rappresentato e difeso, giusto mandato speciale allegato al presente atto, congiuntamente e disgiuntamente, dal Prof. Avv. Omar Chessa (c.f.: CHSMRO70E30I452L, fax: 0706062418, PEC: ochessa@pec.it), dal prof. avv. Antonio Saitta (c.f.: STTNTN63M13F158C; fax: 0706062418, PEC: antonio.saitta@certmail-cnf.it), del libero Foro, dall'Avv. Mattia Pani (c.f.: PNAMTT74P02B354J; fax 0706062418; PEC: mapani@pec.regione.sardegna.it) e dall'avv. Alessandra Putzu (c.f.: PTZLSN73B41F979D; fax: 070/6062418; PEC: aputzu@pec.regione.sardegna.it) dell'Avvocatura dell'ente, elettivamente domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Sardegna in Roma, via Lucullo n. 24 e presso gli indirizzi PEC dei nominati difensori, ricorrente, contro: lo Stato e per esso contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, e il Tribunale di Cagliari, in persona del Presidente pro-tempore, ai sensi dell'art. 27, comma 2, delle norme integrative della Corte costituzionale del 22 luglio 2021, e il Ministero della giustizia, nella persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, ai sensi dell'art. 27, comma 2, delle norme integrative della Corte costituzionale del 22 luglio 2021, per la dichiarazione che, ai sensi degli articoli 24, secondo comma, 97 secondo e terzo comma, 102 primo comma, 104 primo comma, 111 primo e secondo comma, 113 ultimo comma, 116 primo comma, 118, primo comma, 122 primo comma, nonche' art. 6 C.E.D.U. in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., e degli articoli 6 e 15 dello Statuto di autonomia della Regione Sardegna, anche in combinato disposto con gli articoli 1 e 22 della legge statutaria regionale 12 novembre 2013, n. 1, dell'art. 19 dello Statuto speciale e dell'art. 17 del regolamento del consiglio regionale sardo, nonche' dell'art. 6 del decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale, decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, non spetta allo Stato, e per esso al Tribunale di Cagliari stabilire con sentenza 28 maggio 2025, n. 848 (all. 3), emessa a conclusione del giudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla sig.ra Alessandra Todde, Presidente della Regione autonoma Sardegna, avverso l'ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025 che «l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali» compiuto nella predetta sentenza «rimane insindacabile dal consiglio regionale, [quando] quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede». e per l'effetto annullare in parte qua, la sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848. Fatto 1. In esito alle elezioni per il rinnovo degli organi elettivi della Regione autonoma della Sardegna del 24-25 febbraio 2024, e' risultata eletta alla carica di Presidente della regione la dott.ssa Alessandra Todde, giusto atto di proclamazione del 20 marzo successivo. 2. Il 3 gennaio 2025, il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Cagliari ha notificato al Presidente del consiglio regionale della Sardegna un'«ordinanza/ingiunzione in ordine all'adozione del provvedimento di decadenza» dell'ing. Alessandra Todde dalla carica di Presidente della Regione Sardegna (all. 4). Nella suddetta «ordinanza/ingiunzione», a seguito della verifica della dichiarazione e del rendiconto depositati dalla candidata Alessandra Todde, "esaminati gli atti prodotti, vista la delibera adottata nella seduta del 12 novembre 2024 e considerata la decisione adottata dalla maggioranza del Collegio, nel corso della seduta del 16 novembre 2024 - secondo la quale il candidato alla presidenza della regione non sarebbe sottoposto ad alcun limite di spesa per la propria campagna elettorale in virtu' dell'insussistenza di una norma che lo preveda - si e' proceduto alla notifica delle contestazioni ... formulate come di seguito riportate: 1) la depositata dichiarazione di spesa e di rendiconto non e' conforme a quanto sancito dall'art. 7, comma 6, della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994 ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 6, legge n. 515/93, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/94; 2) non risulta essere stato nominato il mandatario, la cui nomina deve ritenersi obbligatoria ai sensi dell'art. 7, comma 3 della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 3, legge n. 515/93, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/94; 3) non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato esclusivamente alla raccolta dei fondi ai sensi dell'art. 7, comma 4, della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1, della legge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 4, legge 515/93, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994; 4) non risulta l'assegnazione e la sottoscrizione del rendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato ai sensi dell'art. 7, commi 4 e 6 della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge Regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, commi 4 e 6, legge n. 515/1993, come richiamati dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/94; 5) non e' stato prodotto l'estratto del conto corrente bancario o postale, come previsto dall'art. 7, comma 6, della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 6, legge n. 515/93, come richiamato dall'art. 5, comma 3 della legge regionale Sardegna n. 1/94; 6) non risultano dalla lista movimenti bancari i nominativi dei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna elettorale come previsto dall'art. 7, comma 6, della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 6, della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994 e qualora i finanziamenti dovessero risultare da societa', anche l'art. 4, comma 3, della legge n. 659/1981 in combinato disposto con l'art. 7, comma 2, della legge n. 195/1974; 7) non risulta su quale conto corrente siano confluite le somme indicate nell'elenco operazioni Paypal prodotto dalla candidata, ai sensi dell'art. 7, commi 3 e 4 della legge n. 515/1993, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/1994: ... - si e' contestata la violazione dell'art. 7, comma 4, legge n. 515/93, come richiamato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale Sardegna n. 1/94; Rilevato che la candidata Todde Alessandra, a seguito delle contestazioni effettuate, ha proceduto al deposito di una memoria ex art. 14 comma IV legge regionale n. 515/93, con relativi allegati, ... con la quale ha formalizzato le proprie osservazioni in relazione appunto, alle varie contestazioni formulate nei suoi confronti; ...". Il collegio ha osservato, altresi', che «non e' stato affatto contestato alla Todde il mancato deposito della dichiarazione di spesa e rendiconto - come previsto dall'art. 15, comma 8, della legge richiamata (diffida e termine di 15 giorni, come specificatamente richiesto dalla norma) - ma l'anomalia derivante dalla non conformita' della dichiarazione di spesa e rendiconto da lei stessa presentata» (cfr. settima riga dell'ultimo capoverso della pag. 5 dell'ordinanza ingiunzione). Premesso quanto sopra, il collegio ha concluso, per quanto di interesse nel presente giudizio, che «alla luce delle rilevate irregolarita' e violazioni delle norme penali inerenti il deposito di dichiarazioni contrastanti e delle anomalie rilevate - come suesposto - si impone la trasmissione di copia degli atti succitati alla Procura della Repubblica in sede per quanto di eventuale competenza, nonche' la comminazione delle sanzioni amministrative e, infine, stante l'accertata violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale, la decadenza dalla carica del candidato eletto e trasmissione del provvedimento al Presidente del Consiglio Regionale per la procedura di competenza come previsto dall'art. 15, comma 7, legge 515/93» (pag. 5, ultimo capoverso). Inoltre, sulla base delle riportate contestazioni, il Collegio di garanzia elettorale ha comminato a carico della Presidente Todde la sanzione amministrativa di 40.000,00 euro e «tenuto conto delle violazioni della normativa, cosi' come suindicate dispone la trasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al Presidente del consiglio regionale per quanto di sua competenza in ordine all'adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla carica di Presidente della Regione Sardegna ...». 3. Alla luce di tale provvedimento - che, per quanto di interesse, «impone» al consiglio regionale sardo di adottare il provvedimento di decadenza della dott.ssa Todde dalla carica di Presidente della regione - la regione ha proposto dinanzi a codesta ecc.ma Corte ricorso per conflitto di attribuzioni tra enti (R.G. n. 2/2025) che sara' chiamato per la discussione nell'udienza del 9 luglio p.v. 4. Frattanto, la dott.ssa Todde ha proposto dinanzi al Tribunale di Cagliari un ricorso ai sensi dell'art. 281-decies c.p.c., dell'art. 22, decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 e della legge 24 novembre 1981, n. 689, con il quale ha chiesto di dichiarare «nullo, annullabile e/o comunque nessuna giuridica efficacia e per l'effetto revocare il provvedimento emesso dal Collegio regionale di garanzia elettorale in data 20 dicembre 2024, notificato il successivo 3 gennaio 2025, per le richiamate violazioni di legge, nonche' per difetto di attribuzione, e in ogni caso in quanto contraddittoriamente motivato con riguardo alla prospettata decadenza del Presidente Alessandra Todde, sia in relazione alla sanzione pecuniaria di euro 40.000 disposta nei confronti della stessa da ricondurre, in via di mero subordine, al minimo edittale previsto dal comma 11 dell'art. 15 della legge 515/1993». In tale giudizio, sia la Regione Sardegna che il consiglio regionale sono rimasti del tutto estranei perche' non intimati ne' hanno svolto alcuna forma di intervento. 5. Con sentenza 28 maggio 2025, n. 848, il Tribunale, in apertura della parte motivazionale della pronuncia, ha affermato che «il perimetro della [sua, n.d.r.] cognizione e' definito dalle domande della stessa ricorrente e consiste nell'accertamento negativo della sussistenza delle violazioni comportanti la decadenza e l'irrogazione della sanzione pecuniaria, comprendendo non solo l'atto amministrativo in se', ma tutto il rapporto sottostante», sicche' «la cognizione del Tribunale [...] estendendosi all'intero rapporto, dovra' necessariamente riguardare anche il tema della mancata o meno presentazione del rendiconto da parte della ricorrente» (pag. 42). In esito al giudizio, il Tribunale ha ritenuto, quanto alle sanzioni pecuniarie applicate dal Collegio regionale di garanzia elettorale, che «le violazioni contestate alla ricorrente con il provvedimento impugnato, sono risultate tutte sussistenti», confermandone l'importo. Per quanto concerne la sanzione della decadenza, invece, ha osservato e dichiarato quanto segue: «al riguardo, preliminarmente, si rileva che il provvedimento contestato non ha disposto la decadenza, ma, ritenendo che le violazioni accertate comportassero detta conseguenza, ha disposto la trasmissione degli atti al Presidente del consiglio regionale. Deve confermarsi in questa sede che non rientra nella competenza del Collegio di garanzia ne' in quella del Tribunale adito per l'impugnazione dell'ordinanza-ingiunzione, pronunciare l'eventuale decadenza della ricorrente. La competenza e' rimessa dalla legge al consiglio regionale. All'organo amministrativo di controllo e poi a quello giurisdizionale, che non intende esondare dall'alveo delle proprie competenze, e' rimesso esclusivamente l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali. Effettuato detto vaglio, che rimane insindacabile dal consiglio regionale, quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede. Null'altro si deve quindi dire sul punto» (enfasi aggiunta) 6. E' evidente che con tale decisione il Tribunale di Cagliari, e quindi lo Stato, nella parte in cui ha affermato che «l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali» effettuato in sentenza «rimane insindacabile dal consiglio regionale» e che quest'ultimo assumera' le sue decisioni sulla decadenza della Presidente Todde «tenendo fermo quanto accertato in questa sede» determina un'inaccettabile invasione delle competenze costituzionalmente proprie della Regione Sardegna, e per essa esercitate dal consiglio regionale, sicche' non resta che proporre il presente ricorso per conflitto di attribuzioni ex art. 134 Cost. e art. 39, legge 11 marzo 1953, n. 87, per i seguenti Motivi a) Premessa sull'oggetto del presente giudizio. Occorre premettere all'illustrazione dei singoli motivi di impugnazione che in questa sede non si intende censurare nel merito la decisione del Tribunale cagliaritano in ordine alla fondatezza o meno delle doglianze dedotte in quella sede dall'attrice. Non e' questa, ovviamente la sede, ne' la Regione Sardegna ha interesse a farlo. Qui occorre semplicemente contestare la sentenza in parola nella parte in cui, pur riconoscendo la competenza del consiglio regionale sardo a delibare la sussistenza di ipotesi di decadenza a carico della dott.ssa Todde dalla carica di Presidente della regione, ha statuito che per l'organo rappresentativo della comunita' «rimane insindacabile» quanto stabilito in materia dal medesimo Tribunale nel giudizio de quo e che il Consiglio dovra' assumere le proprie «determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede». Dinanzi a codesta ecc.ma Corte rileva soltanto questa palese invasione di attribuzioni della sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita alla regione ricorrente compiuta dallo Stato, ad opera del Tribunale di Cagliari. b) Il quadro normativo di riferimento. Premessa la condizione di speciale autonomia della Regione Sardegna a norma dell'art. 116, primo comma, Cost., l'art. 122, primo comma. Cost. stabilisce che «il sistema d'elezione e i casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' del Presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonche' dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi». L'art. 15 dello Statuto di autonomia speciale della Regione Sardegna dispone che «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con l'osservanza di quanto disposto dal presente titolo, la legge regionale, approvata dal consiglio regionale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, determina [...] i casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le predette cariche [di Presidente, assessore e consigliere regionale, n.d.r.]. L'art. 19 dello Statuto prevede, altresi' che il consiglio regionale si dota di un proprio regolamento interno approvato a maggioranza assoluta dei suoi membri. Tale regolamento (all. 5) disciplina le competenze consiliari in ordine all'«esame delle cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', comprese quelle sopravvenute nel corso della legislatura», contribuendo a dare attuazione, in relazione alle attivita' consiliari, alla competenza della regione sull'ineleggibilita' dei consiglieri regionali e assegnando alla giunta delle elezioni la competenza a formulare dinanzi all'assemblea le eventuali proposte di decadenza dei consiglieri (art. 17, comma). Secondo l'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, il consiglio regionale dichiara la decadenza dei «membri della giunta regionale che vengano a trovarsi in una delle condizioni di incompatibilita' previste dallo statuto speciale per la Sardegna relativamente alla funzione di consigliere regionale». L'art. 5 della legge regionale 27 gennaio 1994, n. 1, dispone che «alle altre violazioni delle norme recate dalla presente legge si applicano le corrispondenti sanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell'art. 15 della legge n. 515 del 1993. La comunicazione di cui al comma 10 dell'art. 15 della legge n. 515 del 1993 e' indirizzata al Presidente del consiglio regionale, che pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». c) Sulla natura amministrativa della competenza consiliare di accertare le cause di ineleggibilita' e decadenza dei consiglieri regionali. La competenza del consiglio regionale in ordine all'accertamento delle cause di ineleggibilita' (e di incompatibilita') a carico dei consiglieri regionali e, quindi, di dichiararne la decadenza ha natura sicuramente amministrativa. Codesta ecc.ma Corte, sin dalla sentenza n. 66 del 1964, ha affermato, nonche' confermato «nella sentenza n. 115 del 1972, e ribadito nella sentenza n. 113 del 1993, che le norme legislative e dei regolamenti interni le quali parlano di un "giudizio definitivo" delle assemblee elettive regionali sulla verifica dei poteri e sulle contestazioni e i reclami elettorali vanno intese, conformemente alla Costituzione, come riferite alla fase "amministrativa" del contenzioso elettorale» (C. cost., sentenza n. 29 del 2003, proprio in riferimento alla Regione Sardegna; nello stesso senso, per la Regione Siciliana, gia' Corte costituzionale n. 115 del 1972). Pertanto, poiche' la Regione Sardegna e' dotata di competenza legislativa in materia, ne consegue la relativa potesta' amministrativa in ordine all'accertamento delle cause di ineleggibilita' e incompatibilita' delle quali ha il Governo normativo. Per pacifica giurisprudenza costituzionale, infatti, soprattutto in riferimento alle regioni ad autonomia speciale vige il principio del parallelismo tra attribuzioni legislative e amministrative (cfr. Corte costituzionale sentenze numeri 236 del 2004, 175 del 2006, 238 del 2007, 9 del 2013, 215 del 2019), sicche' la competenza a delibare le cause di ineleggibilita', incompatibilita' e decadenza prevista dalla legge (in primis ex, art. 15 dello Statuto) e' sicuramente regionale per specifica attribuzione costituzionale e statutaria. d) Sulla portata lesiva della sentenza del Tribunale di Cagliari, n. 848 del 2025. Violazione delle competenze amministrative della Regione Sardegna. Sul «cattivo esercizio» del potere giudiziario da parte della sentenza n. 848/2025 e il «tono costituzionale» del conflitto. d.1. La pronuncia del giudice cagliaritano, pur riconoscendo la competenza del consiglio regionale sardo a delibare la decadenza della Presidente Todde, pretende di vincolarne le future attivita' quanto ad accertamento dei fatti rilevanti ai fini delle contestazioni mosse e alla loro qualificazione giuridica, determinando cosi' un'evidente interferenza sulle attribuzioni amministrative del consiglio regionale e, percio', sulla sfera costituzionale di competenza della regione ricorrente. E' opportuno richiamare il principio enunciato nella sentenza di codesta ecc.ma Corte n. 110 del 1970 e concordemente seguito in successive pronunce (cfr. sentenze numeri 211 del 1972, 178 del 1973, 289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981, 70 del 1985, 285 del 1990), secondo cui «nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine da un atto giurisdizionale, se ed in quanto si deduca derivarne una invasione della competenza costituzionalmente garantita alla regione: la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto». Preliminarmente e onde evitare equivoci, va chiarito che qui non si vuole certo sostenere che i casi di ineleggibilita' e decadenza dei consiglieri regionali siano una materia sottratta alla cognizione degli organi giurisdizionali dello Stato, per essere affidati in via definitiva alle deliberazioni del consiglio regionale. Sul punto non lascia adito a dubbi la sentenza n. 29 del 2003, resa in occasione di un conflitto di attribuzioni tra enti che ha riguardato proprio la Regione Sardegna e il consiglio regionale sardo in particolare: in questa pronuncia si afferma con nettezza che «non sussiste alcuna norma o principio costituzionale da cui possa ricavarsi l'attribuzione ai Consigli regionali, anche di regioni a statuto speciale, del giudizio definitivo sui titoli di ammissione dei loro componenti e sulle cause sopraggiunte di ineleggibilita' e di incompatibilita', cosi' da sottrarre tale materia alla sfera della giurisdizione». Non pare dunque dubbio che eventuali determinazioni future del consiglio regionale in ordine alle ipotesi di ineleggibilita' e decadenza di Alessandra Todde siano sottoponibili a sindacato giudiziale, se impugnate dinanzi ad un'autorita' giurisdizionale. Sarebbe invece improprio che il sindacato consiliare fosse condizionato dalle decisioni preventivamente assunte da un organo giurisdizionale come nel caso di specie. Il Tribunale cagliaritano, infatti, non ha ripercorso l'iter logico-giuridico di una deliberazione consiliare, rilevandone i vizi dopo aver sentito nel contraddittorio processuale le ragioni della difesa consiliare. Il suo intervento non si e' prodotto «a valle» di un'attivita' consiliare e avendo avuto come oggetto di giudizio proprio quest'attivita'. Al contrario, si colloca «a monte», prima che il consiglio operi il proprio vaglio: avanza, infatti, la pretesa di indirizzare, con una sentenza resa in un processo civile inter alios, l'attivita' amministrativa futura dell'assemblea rappresentativa regionale, vincolandola previamente a quanto gia' accertato nella sentenza e con cio' coartando sul nascere l'attivita' consiliare futura di accertamento e qualificazione giuridica dei fatti. Peraltro, il ragionamento svolto in sentenza e' palesemente contraddittorio - e lesivo delle attribuzioni consiliari ֫- laddove afferma che la competenza a dichiarare l'eventuale decadenza della Pres. Todde e' del consiglio regionale («deve confermarsi in questa sede che non rientra nella competenza del Collegio di garanzia ne' in quella del Tribunale adito per l'impugnazione dell'ordinanza ingiunzione, pronunciare l'eventuale decadenza della ricorrente. La competenza e' rimessa dalla legge al consiglio regionale»: pag. 65), per poi, subito dopo, negare al consiglio stesso il potere di accertare i fatti e di attribuire loro la corretta qualificazione giuridica («all'organo amministrativo di controllo e poi a quello giurisdizionale, che non intende esondare dall'alveo delle proprie competenze, e' rimesso esclusivamente l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali. Effettuato detto vaglio, che rimane insindacabile dal consiglio regionale, quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede»: pag. 65 della sentenza). Infatti, se il consiglio regionale ha (come sicuramente ha) il potere-dovere di deliberare sulla decadenza del Presidente della Regione, allo stesso organo non si puo' negare la plena cognitio in ordine all'accertamento dei fatti e alla loro qualificazione, senza subire alcun vincolo o condizionamento dall'esterno, tanto piu' se derivante da una sentenza pronunciata inter alios a conclusione di un processo rispetto al quale la regione e' rimasta del tutto estranea. d.2. Quanto al «tono costituzionale» del conflitto, con la sentenza n. 848 del Tribunale di Cagliari si e' realizzato un tipico caso di «cattivo esercizio» o «sviamento del potere», che ha indebitamente interferito nella «sfera di competenza costituzionale» della Regione Sardegna, realizzando con cio' la fattispecie di cui all'art. 39, comma 1, della legge statale n. 87 del 1953, a mente del quale puo' produrre ricorso davanti alla Corte costituzionale la «Regione la cui sfera di competenza costituzionale sia invasa da un atto dello Stato». Infatti, con la sentenza in discussione al consiglio regionale e' indebitamente imposto di basare la verifica dei titoli di accesso della Pres. Todde alla carica di consigliere (pur se da tale ultima carica se ne differenzia come rappresentato nel prosieguo del ricorso) su quanto accertato dall'atto giurisdizionale statale in oggetto, con la volonta' di predeterminare l'esito del giudizio del consiglio sin dalla fase istruttoria. Merita considerare al riguardo che la sentenza n. 332 del 2011 di codesta ecc.ma Corte ricorda che per costante giurisprudenza «costituisce atto idoneo ad innescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione qualsiasi comportamento significante, imputabile allo Stato o alla Regione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna e che - anche se preparatorio o non definitivo - sia comunque diretto "ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio della medesima"» (ex plurimis, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e n. 771 del 1988). Cio' premesso, non pare dubbio che la decisione del giudice cagliaritano, manifestando la volonta' che il consiglio regionale si attenga a quanto da esso stabilito in riferimento a un giudizio del quale il consiglio non era parte, esprime, per usare le parole di questa ecc.ma Corte, «in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio della medesima». In altre parole, la pronuncia del Tribunale cagliaritano, pur non potendo avere la competenza di vincolare le future determinazioni consiliari, muove evidentemente dal convincimento di poter esercitare detto potere, con cio' pretendendo di guidare l'esercizio della competenza consiliare senza averne titolo. Vale la pena di riportare un passo di autorevole dottrina, la quale ha efficacemente spiegato che «si ha materia di conflitto costituzionale non quando si denuncia un tipo qualsiasi di vizio del contenuto d'un atto, ma solo quando il vizio dell'atto, in se' e per se' e indipendentemente dal contenuto, costituisce una lesione della posizione costituzionale del ricorrente». In particolare, «si deve sottolineare l'espressione in se' e di per se'. Per aprire la via al conflitto non basta, anzi non rileva, che l'atto sia per qualunque motivo invalido; e' necessario, e sufficiente, ch'esso esprima la pretesa (illegittima) d'un'intromissione in un campo che non spetta a chi l'ha posto in essere. In ipotesi, dal contenuto dell'atto potrebbe anche non derivare alcun effetto concreto e negativo per chi lo subisce. Il conflitto si giustifica comunque in quanto l'atto che ne da' motivo esprime la pretesa d'istituire un rapporto indebito di soggezione o, comunque, di condizionamento tra poteri» (G. Zagrebelsky, V. Marceno', Giustizia costituzionale, II, Bologna, 2007, 284). Cio' attesta il sicuro «tono costituzionale» della menomazione lamentata perche' «per conferire tono costituzionale a un conflitto serve essenzialmente prospettare l'esercizio effettivo di un potere, non avente base legale, in concreto incidente sulle prerogative costituzionali della ricorrente» (sentenze n. 259 del 2019, n. 260 e n. 104 del 2016). Non pare dubbio che nel caso di specie ricorra la menomazione della sfera di attribuzioni regionali per come definita da norme di rango costituzionale. Come precisato dal giudice costituzionale, vanno «distinti i casi in cui la lesione derivi da un atto meramente illegittimo, da quelli in cui l'atto e' viziato per contrasto con le norme attributive di competenza costituzionale» (sentenza n. 10 del 2017). Nel caso di specie, pertanto, l'atto del Tribunale di Cagliari non e' solo invalido in se', in quanto difforme dalle disposizioni legislative vigenti e in contrasto con norme di rango costituzionale, ma lo e' anche per se', poiche' esprime, per l'appunto, la volonta' e la pretesa di imporre al consiglio regionale di adottare il provvedimento decadenziale secondo le linee predeterminate nella sentenza, cosi' interferendo nella sfera di competenza riservata al consiglio regionale sulla delibazione delle cause di ineleggibilita' e incompatibilita' (cfr. quanto dedotto al superiore punto c) in violazione di non pochi parametri costituzionali, come si illustrera' nei paragrafi successivi. A. Non spettanza allo Stato del potere di vincolare le decisioni del consiglio regionale della Regione Sardegna in materia di decadenza della dott.ssa Alessandra Todde, Presidente e componente del consiglio regionale a quanto deciso dal Tribunale di Cagliari con la sentenza n. 848 del 2025. Preliminarmente occorre contestare la pretesa dello Stato, manifestata in modo inequivoco con la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 848 del 2025, di vincolare il consiglio regionale della Sardegna al «vaglio, che rimane insindacabile dal consiglio regionale [quando] quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede». A.1 Sulla violazione degli articoli 24 secondo comma e 111, primo e secondo comma, della Costituzione e dell'art. 2909 c.c., nonche' dell'art. 6 della C.E.D.U., in riferimento all'art. 117, primo comma Cost. Il Tribunale di Cagliari ha affermato un vincolo a carico del consiglio regionale sardo nell'esercizio delle attribuzioni di quest'ultimo, vincolo discendente dal contenuto dalla sentenza n. 848 emessa a conclusione di un giudizio al quale la Regione Sardegna (e il consiglio regionale) sono rimasti del tutto estranei. L'art. 111, della Costituzione dispone, nei primi due commi, che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita' davanti a giudice terzo e imparziale», sancendo cosi' il principio costituzionale fondamentale del contraddittorio processuale quale elemento essenziale del «giusto processo». Inoltre, a norma dell'art. 6 della C.E.D.U. da valere quale parametro in quanto richiamato dall'art. 117, primo comma, Cost., «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile» Tali principi, a loro volta, trovano fondamento nel diritto di difesa ex art. 24 Cost. e svolgimento nell'art. 2909 c.c., il quale nel disporre che «l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa», non enuncia soltanto il principio della res iudicata, ma sancisce altresi' che la sentenza non dispiega i suoi effetti nei confronti dei terzi (res inter alios iudicata tertio neque nocet neque prodest). In altre parole, poiche' l'accertamento disposto dalla sentenza «fa stato tra le parti», vincolando soltanto le parti del processo, ne segue che non puo' sortire effetti nei confronti di soggetti che non abbiano partecipato al giudizio. E' un principio elementare di civilta' giuridica che chi non ha potuto far valere le proprie ragioni nel contraddittorio processuale non puo' essere riguardato da una pronuncia giurisdizionale. Orbene, nel caso di specie va rimarcato che ne' il consiglio regionale sardo ne' qualsiasi altro organo regionale era parte del giudizio svoltosi dinanzi al tribunale cagliaritano, sicche' deve escludersi che il c.d. «vaglio insindacabile» operato dalla detta pronuncia possa intimare alcunche' al consiglio. La contraria statuizione contenuta in sentenza viola, pertanto, le prerogative garantite della Regione Sardegna nell'esercizio delle proprie funzioni costituzionalmente attribuite e garantire. A.2 Sulla violazione del principio costituzionale di separazione tra funzione giurisdizionale e funzione amministrativa quale risulta dal combinato disposto degli articoli 24, secondo comma, 97, primo e secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, e 113, ultimo comma, della Costituzione. Va anche ribadito che le attivita' consiliari di accertamento e qualificazione giuridica dei fatti dal cui verificarsi dipendono effetti quali l'ineleggibilita', l'incompatibilita' e la decadenza dei consiglieri regionali, hanno natura propriamente amministrativa, avendo carattere esecutivo di norme legislative, statali e regionali, nonche' di norme regolamentari interne (cfr. Corte costituzionale n. 66 del 1964, n. 115 del 1972, n. 113 del 1993, n. 29 del 2003). Come sopra accennato, il novero delle fonti che attribuiscono questa funzione ai consigli regionali e', percio' ampio. Viene anzitutto in rilievo l'art. 5, comma terzo, della legge regionale 27 gennaio 1994, n. 1, il quale dispone che «la comunicazione di cui al comma 10 dell'articolo 15 della legge n. 515 del 1993 e' indirizzata al Presidente del consiglio regionale, che pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». Puo' eccepirsi che tale disposizione e l'intera legge n. 1/1994 siano abrogati dall'art. 22, comma secondo, della legge statutaria elettorale n. 1 del 2013, secondo cui «in materia di ineleggibilita' e incompatibilita', fino all'approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali». Ma in tal caso troverebbe comunque applicazione l'art. 15, comma dieci, della legge statale 10 dicembre 1993, n. 515, a mente del quale «al termine della dichiarazione di decadenza, il Collegio regionale di garanzia elettorale da' comunicazione dell'accertamento definitivo delle violazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al Presidente della Camera di appartenenza del parlamentare, la quale pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». Tale disposizione deve leggersi in combinato disposto con l'art. 4, lettera g), della legge statale 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario), che rinvia allo stesso art. 15, comma 10, della legge n. 515/1993, con la variazione pero' che deve intendersi «sostituito al Presidente della Camera di appartenenza il Presidente del consiglio regionale». A tutto cio' deve aggiungersi l'art. 6 del decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale, decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, il quale con riguardo ai consiglieri regionali dispone che «la decadenza e' pronunziata dal consiglio». Sul punto, insomma, non possono esserci dubbi. Del resto, lo stesso Tribunale civile di Cagliari muove dal presupposto che al consiglio regionale sardo sia attribuito dal legislatore il compito amministrativo di pronunziarsi sulla decadenza dei consiglieri regionali. Cio' premesso e trattandosi di attivita' amministrativa, seppure svolta dal Consiglio anziche' dall'esecutivo regionale, rimane fermo che essa ricada nell'orbita di applicazione degli articoli 24, secondo comma, 97, secondo e terzo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, e 113, ultimo comma, della Costituzione, dalla cui considerazione combinata emergono due distinti profili del principio che regola il rapporto tra attivita' amministrativa e giurisdizionale. Per il primo profilo, le funzioni amministrative sono certamente soggette al controllo del potere giudiziario indipendente, quale esplicazione del piu' generale principio dello «Stato di diritto». Per il secondo profilo, invece, le due attivita' pubbliche, amministrativa e giurisdizionali, debbono svolgersi in regime di separatezza, in modo tale che la funzione amministrativa non ridondi in funzione giurisdizionale e, quel che piu' conta ai fini del caso di specie, la funzione giurisdizionale non invada l'ambito riservato alla funzione amministrativa. Orbene, per costante orientamento di codesta ecc.ma Corte il detto principio costituzionale di separazione e' sicuramente un parametro invocabile nella sede del conflitto di attribuzione tra enti. Uno dei leading cases in materia e' la sentenza n. 70 del 1985, la quale afferma recisamente che deve essere contestata «in radice la spettanza ad organi giudiziari del potere di [...] di porre in essere una interferenza nelle attivita' amministrative di spettanza regionale, mediante interventi di stimolo, partecipazione e codeterminazione dei relativi procedimenti». Sottolineando in modo netto la parametricita' del suddetto «principio di separazione» anche in occasione dei giudizi per conflitto di attribuzione (sia tra poteri che tra enti), la sentenza n. 70 del 1985 aggiunge inoltre che «e' indubbio che, nel sistema costituzionale, funzione amministrativa e funzione giurisdizionale sono concepite e devono svolgersi in posizione di reciproca separazione (artt. 97, primo e secondo comma [oggi, art. 97, secondo e terzo comma, n.d.r.], 102, primo comma, 104, primo comma, 113, ultimo comma)», sicche' e' escluso che le autorita' giudiziarie ordinarie «possano contrapporsi o sovrapporsi alle autorita' amministrative». Ma quel che piu' rileva ai fini del caso oggetto di questo ricorso e' che per l'orientamento manifestato da codesta ecc.ma Corte, sempre con la sentenza n. 70/1985, «deve negarsi che spetti ad organi giudiziari dettare le linee dell'indirizzo amministrativo regionale, in cio' sostituendosi agli organi regionali competenti nella determinazione sia degli strumenti di intervento che dei tempi e modi di attuazione di tale indirizzo ed addirittura prescrivendo gli atti specifici che si ritiene debbano essere adottati. Determinazioni di tal genere esulano certamente dall'ambito di legittimo esercizio dei poteri giurisdizionali, atteso che l'ordinamento non attribuisce ad organi giudiziari poteri di stimolo dell'azione amministrativa o di partecipazione o codeterminazione dell'indirizzo amministrativo; ed esse sono suscettibili di invalidazione, oltre che con gli appositi strumenti processuali, anche con quello del conflitto di attribuzione. La carenza di potere giurisdizionale si traduce infatti, qui, in un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa di esercitare poteri siffatti comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla regione». La pronuncia di codesta ecc.ma Corte appena ricordata (la sentenza n. 70 del 1985) non e' un precedente isolato, essendo preceduto dalle sentenze numeri 150/1981 e 69/1985, per trovare poi ulteriore conferma specialmente nelle sentenze n. 283/1986, 99/1991. Nell'ultima, in particolare, si precisa che sia nei conflitti interorganici che in quelli intersoggettivi, ossia «per entrambi i tipi di conflitto, la giurisprudenza di questa Corte, la quale, decidendo su conflitti sollevati contro provvedimenti del giudice ordinario sia dal Presidente del Consiglio dei ministri (numeri 150 del 1981 e 283 del 1986) che dalle regioni (n. 70 del 1985), ha avuto cura di sottolineare come con i conflitti si assumesse, e fondatamente, che il giudice aveva preteso, di volta in volta, esercitare un potere regolamentare del Governo o di un Ministro (n. 150 del 1981), o una funzione di indirizzo della legislazione o dell'amministrazione regionale (n. 70 del 1985), o un potere di ordinanza di necessita' (n. 283 del 1986), vale a dire un potere o una funzione non riconducibile all'esercizio della giurisdizione come funzione di tutela giurisdizionale»; e che «l'atto o il comportamento invasivo denunciabile con l'uno o l'altro tipo di conflitto [...] deve concretare mediante atti non consentiti ad alcun giudice una interferenza nell'azione amministrativa idonea a condizionare l'attribuzione che in quell'azione si esprime e si svolge». E' di tutta evidenza che le affermazioni contenute nella sentenza del Tribunale di Cagliari n. 848 del 2025, oggetto dell'odierno ricorso, ricadano nella suddetta regola di divieto enucleata da codesta ecc.ma Corte alla luce degli articoli 24, secondo comma, 97, primo e secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, e 113, ultimo comma, della Costituzione i quali fondano la distinzione e l'autonomia tra l'esercizio della funzione amministrativa e quella giurisdizionale come puntualmente illustrato da codesta ecc.ma Corte con la richiamata sentenza n. 70 del 1985. Difatti, la pretesa del giudice cagliaritano che il suo vaglio sia tenuto «insindacabile» dal Consiglio, che pertanto, secondo il monito del Tribunale di Cagliari, «assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede» (cioe', nella sentenza n. 848/2025), nega il suddetto principio costituzionale di separazione tra amministrazione e giurisdizione, poiche' esprime - per usare le chiare parole di codesta ecc.ma Corte (sent. n. 70/1985) - la volonta' di «dettare le linee dell'indirizzo amministrativo regionale», palesando «una interferenza nelle attivita' amministrative di spettanza regionale», con «un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze, posto che la pretesa di esercitare poteri siffatti comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla regione». A.3. Sulla violazione dell'art. 15 dello Statuto speciale della Sardegna. Il tono costituzionale di questo conflitto si evince altresi' dall'evocazione di altri parametri costituzionali. Infatti, e' violato pure l'art. 15 dello Statuto speciale sardo, nella parte in cui riserva al legislatore regionale la disciplina dei casi d'ineleggibilita'. Avanzando la pretesa di indirizzare e vincolare preventivamente il consiglio regionale ad attivita' di accertamento giudiziale svoltesi prima della deliberazione consiliare sul caso d'ineleggibilita' e senza che sia percio' intervenuta l'impugnazione di alcun atto consiliare, la sentenza oggetto del ricorso ha evidentemente stravolto l'ordine procedimentale e dei rapporti tra poteri per come disciplinato dal legislatore regionale riservatario, in attuazione dell'art. 15 dello Statuto, ovvero (nel caso si ritenesse non piu' vigente la legislazione sarda sul punto) per come disciplinato dal legislatore statale cui il legislatore regionale riservatario fa rinvio (si veda l'art. 22, comma secondo, della legge statutaria n. 1/2013 e quanto gia' illustrato sopra). A.4. Sulla violazione dell'art. 19 dello Statuto speciale della Sardegna. Nel caso alla mano e' indirettamente violato anche l'art. 19 dello Statuto, che riserva al consiglio la competenza ad adottare il proprio Regolamento interno. Tale regolamento disciplina, tra l'altro, le competenze consiliari in ordine all'«esame delle cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', comprese quelle sopravvenute nel corso della legislatura» (art. 17 del regolamento consiliare), contribuendo a dare attuazione, in relazione alle attivita' consiliari, alla competenza della Regione sull'ineleggibilita' dei consiglieri regionali e assegnando alla giunta delle elezioni la competenza a formulare dinanzi all'assemblea le eventuali proposte di decadenza dei consiglieri (art. 17, comma 3). Ebbene, dalla suddetta disposizione si evince chiaramente che le attivita' giuntali e assembleari di esame e proposta debbono svolgersi in maniera «libera», ossia procedendo ad autonome valutazioni dei fatti e della loro qualificazione giuridica, pur nel rispetto doveroso della legge, sicche' costituisce una chiara lesione di tali prerogative (fondate direttamente nel regolamento interno e indirettamente nello Statuto) la pretesa di condizionarne lo svolgimento e predeterminarne l'esito. A.5. Sulla violazione dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250 (decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale sardo). Deve altresi' considerarsi che, come ribadito dalla sentenza n. 263 del 2005 di codesta ecc.ma Corte, anche le norme di attuazione degli Statuti speciali possono essere invocate a fondamento del conflitto: «la consolidata giurisprudenza di questa Corte [...] ha ritenuto che, al pari delle norme statutarie, anche le norme di attuazione dello statuto speciale [...] possono essere utilizzate come parametro del giudizio di costituzionalita' (cfr. sentenze n. 36, n. 356 e n. 366 del 1992, n. 165 del 1994, n. 458 del 1995, n. 520 del 2000, n. 334 e n. 419 del 2001 e n. 28 e n. 267 del 2003)». Nel caso di specie viene in particolare rilievo il primo decreto legislativo di attuazione dello Statuto speciale sardo, cioe' il decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, il cui art. 6 dispone che «decadono dalla carica i membri della giunta regionale che vengano a trovarsi in una delle condizioni di incompatibilita' previste dallo statuto speciale della Sardegna relativamente alla funzione di Consigliere regionale» e che «la decadenza e' pronunziata dal consiglio». Tale disposizione, pur formulata espressamente con riguardo ai casi di incompatibilita' del consigliere regionale che fosse anche membro della giunta (come e' certamente il caso del Presidente di regione nell'assetto vigente), e' espressivo e confermativo della competenza consiliare in materia di ineleggibilita' e incompatibilita' e, quindi, trova altresi' applicazione in tutti i casi di ineleggibilita', tenuto conto che "il piu' contiene il meno» e che sarebbe quantomeno assurdo che la norma di attuazione attribuisse al consiglio regionale il compito (amministrativo) di accertare e sanzionare soltanto i casi d'incompatibilita', lasciando i piu' gravi casi di ineleggibilita' e incandidabilita' senza alcun rimedio attivabile in sede consiliare. E' vero che la sentenza n. 848/2025 del giudice cagliaritano riconosce formalmente la suddetta competenza consiliare in ordine alla decadenza dei consiglieri. E tuttavia, non sembra riconoscerla sostanzialmente laddove qualifica il proprio vaglio come insindacabile dal consiglio e laddove asserisce che le determinazioni consiliari dovranno tenere fermo quanto in essa accertato. B. Non spettanza allo Stato, sotto un diverso profilo, del potere di vincolare le decisioni del consiglio regionale della Regione Sardegna in materia di decadenza della dott.ssa Alessandra Todde, Presidente e componente del consiglio regionale a quanto deciso dal Tribunale di Cagliari con la sentenza n. 848 del 2025. B.1. Senza recesso dalla precedente assorbente censura, per mero scrupolo di completezza difensiva - e senza che cio' possa configurare una surrettizia impugnazione della contestata sentenza del Tribunale cagliaritano n. 848 del 2025 - occorre dedurre anche la seguente ulteriore doglianza sul merito del vincolo giuridico che il Tribunale ha ritenuto di dover imporre a carico del consiglio regionale sardo. Si tratta, pertanto, di una censura da valere in via subordinata al mancato accoglimento di quella dedotta al precedente punto A. B.2. Il Tribunale ha affermato di essere giudice non dell'atto (l'ordinanza del Collegio regionale di garanzia del 3 gennaio 2025) bensi' del rapporto (il perimetro della cognizione «consiste nell'accertamento negativo della sussistenza delle violazioni comportanti la decadenza e l'irrogazione della sanzione pecuniaria, comprendendo non solo l'atto amministrativo in se', ma tutto il rapporto sottostante», pag. 42; «come gia' detto, il presente giudizio si caratterizza quale giudizio sul rapporto e, in quanto tale, coinvolge ed attinge direttamente ai presupposti sostanziali per l'irrogazione delle sanzioni», pag. 57). Pertanto, al capo 12 della sentenza (pagg. 57 ss.) ha ritenuto nel senso che la dott.ssa Todde avrebbe omesso del tutto di presentare la dichiarazione ex art. 7, comma 6, legge n. 515 e art. 2, primo comma, n. 3 della legge 5 luglio 1982, n. 441. Da tale assunto, invero non contestato dal Collegio regionale di garanzia, ha dedotto che troverebbe applicazione a carico dell'interessata il comma 8 dell'art. 15, della legge n. 515 del 1993, il quale prevede la sanzione della decadenza. In questa sede non interessa se tale capo di sentenza sia stato pronunciato ultra petita perche' cio' costituira' oggetto dell'eventuale impugnazione proposta da chi di interesse nella sede propria. Cio' che rileva dinanzi a codesta ecc.ma Corte e' che, secondo quanto affermato dal Tribunale, quando il consiglio regionale dovra' delibare l'eventuale decadenza della Presidente Todde dalla carica, dovra' «tener fermo quanto accertato in questa sede» che, peraltro, «rimane insindacabile dal consiglio» (pag. 65 della sentenza). Tuttavia, anche il contenuto dell'accertamento compiuto dal Tribunale e' intrinsecamente lesivo delle competenze costituzionalmente attribuite alla regione quanto a determinazione delle cause di ineleggibilita' e incompatibilita' (ex art. 15 dello Statuto). Doveroso, pertanto, censurare il cattivo Governo che il Tribunale ha fatto del proprio potere giurisdizionale, vincolando il consiglio regionale ad applicare statuizioni in contrasto con la legge e con norme di rango costituzionale, cosi' ledendo le competenze costituzionalmente garantite della regione ricorrente. B.2. Lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione Sardegna per l'erroneita' del presupposto interpretativo secondo cui la legge regionale n. 1 del 1994 si riferisce, oltre che ai consiglieri regionali elettivi, pure al Presidente di regione ricorrente eletto a suffragio universale e diretto. B.2.1. Deve, infatti, escludersi la legittima possibilita' che la disciplina dei rendiconti elettorali prevista dalla legge n. 515 del 1993, richiamata dalla legge regionale n. 1 del 1994, sia correttamente interpretabile come se si riferisse anche al Presidente di regione. Va primariamente ricordato che all'epoca di entrata in vigore della legge regionale n. 1 del 1994, il previgente art. 36, comma primo, dello Statuto speciale della Sardegna, cioe' nella formulazione precedente la novella introdotta con la legge costituzionale n. 2 del 2001, disponeva che «il Presidente della giunta regionale [fosse] eletto dal consiglio regionale fra i suoi componenti subito dopo la nomina del Presidente del Consiglio e dell'Ufficio di Presidenza». La disciplina del 1994, pertanto, non contemplava ne' poteva evidentemente contemplare l'ipotesi che il Presidente di regione fosse una carica direttamente, anziche' indirettamente, elettiva con tutto quel che avrebbe dovuto conseguirne in ordine alla disciplina delle rendicontazioni elettorali. In secondo luogo, va tenuto presente che, a seguito della novita' costituita dall'elezione diretta del Presidente di regione, quale risulta dalla disciplina transitoriamente stabilita dall'art. 3, comma secondo, della legge costituzionale n. 2 del 2001 (disciplina, com'e' noto, ancora vigente), la posizione e lo status presidenziale si differenziano non poco da quello dei «comuni» consiglieri regionali. Difatti, va rimarcato che il Presidente non e' consigliere regionale elettivo, cioe' un consigliere che tale diventa in virtu' dell'elezione consiliare in una delle diverse circoscrizioni territoriali della Sardegna in cui si articola la competizione elettorale per l'attribuzione ordinaria" dei seggi, essendo infatti Consigliere regionale di diritto perche' eletto in capo ad altro organo, e cioe' in capo all'organo monocratico denominato «Presidente della regione» che concorre su una circoscrizione unica comprensiva dell'intero territorio regionale in competizione con gli altri candidati alla medesima carica di Presidente. E', pertanto, consigliere di diritto in forza dell'art. 3, comma 3, della legge costituzionale n. 2 del 2001, il quale dispone che «il Presidente della Regione fa parte del consiglio regionale». In terzo luogo, e quale conseguenza del rilievo precedente, va sottolineato che per il Presidente vige un sistema di elezione che e', evidentemente, diverso da quello dei consiglieri regionali sotto diversi profili: dalle modalita' di espressione del voto, alla delimitazione dell'ambito spaziale della candidatura (che infatti coincide con l'intero territorio regionale e non con circoscrizioni, cioe' con porzioni limitate del territorio regionale), dall'assenza del voto di preferenza individuale a proprio favore in competizione con gli altri (comuni) candidati al consiglio regionale e dalla diversita' dello stesso modulo di accettazione della candidatura che, peraltro, espressamente prevede di dichiarare «di non essersi presentato quale candidato alla carica di consigliere regionale» (all. 6). Cio' avvalora l'interpretazione secondo cui la disciplina regionale sulla rendicontazione delle spese elettorali, risalente al 1994 e pensata con riguardo ai consiglieri elettivi (categoria della quale faceva parte anche il Presidente di regione nella forma di Governo a tendenza assembleare allora vigente), non possa ritenersi applicabile pure al caso del Presidente elettivo (nella forma di Governo vigente oggi), perlomeno nella parte in cui assegna al Collegio di garanzia elettorale il potere di comminare al Presidente la sanzione della decadenza. B.2.2. Peraltro, e contrariamente a quanto erroneamente ritenuto dal Tribunale di Cagliari, la legge regionale n. 1/1994 non puo' trovare applicazione al candidato eletto alla Presidenza della regione anche per espresso disposto dell'art. 22 della legge statutaria n. 1 del 12 novembre 2013. Infatti, l'art. 15 dello Statuto per la Regione Sardegna rinvia all'emanazione di una legge statutaria rinforzata la determinazione dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le cariche di Presidente, Consigliere e componente della giunta. Sulle menzionate materie, l'art. 22 della legge Statutaria n. 1/2013 dispone che «in materia di ineleggibilita' e incompatibilita', fino all'approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali». E' evidente che, se, fino all'approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale (con cio' intendendosi una legge regionale futura), i casi di ineleggibilita' sono demandati e rimessi alle sole leggi statali, al sistema elettorale delineato dalla legge statutaria n. 1/2013 non si applica la (pregressa) legge regionale n. 1/1994. Invero, la legge statale n. 515/1993, ove pure ritenuta astrattamente applicabile alla Regione Sardegna, all'art. 20, dispone che «per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo e per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto ordinario e, in quanto compatibili, delle regioni a statuto speciale e ... si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 6 e le relative sanzioni previste nell'art. 15 e le disposizioni di cui agli articoli 17, 18 e 19 della presente legge». Ne discende, con ogni evidenza, che l'art. 7, comma 6, della medesima legge 515/1993, la cui violazione e' stata contestata dal Tribunale con la sentenza in discussione al candidato eletto alla carica di Presidente della regione, e le conseguenti sanzioni previste dall'art. 15, comma VIII, decadenza inclusa, non possono essere riferiti applicabili al sistema elettorale della Regione Sardegna perche' non menzionato dall'art. 20 tra quelle applicabili alle regioni speciali. Di conseguenza, diversamente da quanto disposto in sentenza dal Tribunale cagliaritano, per espressa previsione degli articoli 15 e 35 dello Statuto, nonche' dell'art. 1 e, soprattutto, 22 della legge statutaria n. 1 del 12 novembre 2013, al candidato alla carica di Presidente della regione non si applicano gli articoli 3 [«1. Si applicano nelle elezioni per il consiglio regionale le norme in materia di pubblicita' e controllo delle spese elettorali recate dai commi 2, 3, 4, 6 e 7 dell'art. 7 e dagli articoli 8, 11, 12 e 14 della legge n. 515 del 1993»] e 5 [«3. Alle altre violazioni delle norme recate dalla presente legge si applicano le corrispondenti sanzioni previste dai commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell'art. 15 della legge n. 515 del 1993. La comunicazione di cui al comma 10 dell'art. 15 della legge n. 515 del 1993 e' indirizzata al Presidente del consiglio regionale, che pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento»] della legge regionale n. 1/1994 e, in generale, non si applica l'intera legge regionale. B.2.3. Il Tribunale si pone il tema dell'applicabilita' della legge n. 515 alle elezioni regionali sarde dopo la novella statutaria apportata dalla legge cost. n. 2 del 2001 e conclude per la piena e integrale applicabilita' della legge statale perche' l'art. 22, comma 2, della legge statutaria n. 1 del 2013, nell'affermare che «in materia di ineleggibilita' e incompatibilita', fino all'approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali» non «richiama un previo giudizio di compatibilita' per l'applicazione della disciplina statale in materia di ineleggibilita' e incompatibilita'; giudizio invece espressamente previsto dal comma precedente con esclusivo riguardo alla "organizzazione amministrativa del procedimento e delle votazioni per l'elezione del Presidente della Regione e del consiglio regionale"» (pag. 44 s.). L'assunto e' errato perche' non puo' esserci dubbio che sia sempre doveroso operare un preliminare giudizio di compatibilita' per individuare quali siano le norme effettivamente vigenti a seguito della successione nel tempo di altre norme presupposte alle prime (nel caso alla mano discutendosi, addirittura, della permanente applicabilita' di norma legislative, statali e regionali, previgenti rispetto ad una radicale riforma statutaria, ivi inclusi la forma di Governo regionale e il sistema elettorale). Come dimostrato sopra al punto B.2.2., a seguito della novella dello Statuto e dell'emanazione della legge statutaria n. 1 del 2013, e' mutato l'intero quadro normativo in materia. Il Tribunale, invece, afferma anche la piena compatibilita' del combinato tra la legge n. 515 del 1993 e la legge regionale n. 1 del 1994, pur a seguito delle riforme statutarie, della forma di Governo del 2001, della legge statuaria nonche' della legge elettorale, in riferimento specifico a chi si candida alla carica di Presidente (e solo, ope legis a quella di consigliere regionale) (cap. 8.2., pagg. 47 ss.), intendendo vincolare il consiglio regionale a tali conclusioni interpretative. Il ragionamento del Tribunale e' errato anche su questo punto perche' non tiene conto della specificita' del sistema elettorale e, quindi, della candidatura alla Presidenza della regione per la quale l'elezione in consiglio regionale (al pari di quella del secondo candidato piu' votato nella corsa alla Presidenza) e' un mero effetto di diritto, segue regole del tutto diverse rispetto ai (comuni, verrebbe da dire) candidati all'organo consiliare: basti osservare, che il candidato Presidente non e' tenuto ad acquisire voti di preferenza personali ed e' candidato di diritto in un Collegio unico regionale e in riferimento a tutte le liste della coalizione a suo sostegno a differenza del singolo candidato a consigliere che puo' competere in una sola delle otto circoscrizioni in cui e' suddiviso il territorio regionale; e senza dimenticare quanto gia' in precedenza anticipato ossia la radicale diversita' del modulo di adesione alla candidatura (con annessa formula dichiarativa per il candidato Presidente «di non essersi presentato quale candidato alla carica di consigliere regionale»). Pertanto, a questa figura non si possono applicare norme (a partire dalla legge n. 515 del 1993) pensate e strutturate sulla figura astratta di un soggetto candidato in un solo collegio (e non nell'intera regione), interessato all'acquisizione di voti di preferenza personali, inserito in una lista di partito (e non a capo di una coalizione). Infine, prendendo in esame i caratteri della vigente forma di Governo della Regione Sardegna, si rivela ancor piu' chiaramente la ragione per cui occorre interpretare la legge regionale n. 1/1994 come se non si riferisse al Presidente di regione elettivo e perche' una diversa interpretazione (quale quella che fa da presupposto alla pronuncia del giudice cagliaritano) implicherebbe necessariamente la lesione della «sfera di competenza costituzionale» degli organi regionali di Governo, come s'illustrera' dappresso. La forma di Governo sarda, come e' noto, si basa sul meccanismo del simul stabunt simul cadent disciplinato dagli articoli 15 e 35 dello Statuto speciale, per come novellati dall'art. 3 della legge costituzionale n. 2 del 2001. In particolare, l'art. 15 dello Statuto sardo dispone che «le dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il consiglio regionale comportano lo scioglimento del Consiglio stesso e l'elezione contestuale del nuovo Consiglio e del Presidente della regione se eletto a suffragio universale». A seguire, l'art. 35, comma secondo, dello Statuto prevede che «l'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della regione eletto a suffragio universale e diretto, nonche' la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni dello stesso comportano le dimissioni della giunta e lo scioglimento del consiglio regionale». Come risulta palese, l'elezione e la dissoluzione dei due organi, il Presidente e il Consiglio, e' sempre contestuale: o stanno assieme o cadono assieme, appunto. Di conseguenza, le vicende che determinano l'interruzione del mandato di un organo producono automaticamente il venir meno pure dell'altro. In particolare, le ipotesi dissolutorie, espressamente tipizzate da disposizioni di rango costituzionale, sono le seguenti: sfiducia consiliare, morte, impedimento permanente, dimissioni e rimozione del Presidente. A questo elenco, come si e' detto, deve aggiungersi l'ipotesi delle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il consiglio regionale (art. 15 St. Sardegna). Cio' premesso, appare da escludere che il Tribunale di Cagliari abbia il potere, in questa sede e in queste forme, di comminare la sanzione della decadenza a carico del Presidente di regione elettivo e di determinare con cio' l'automatico scioglimento del consiglio regionale, ponendo un vincolo interpretativo della legge a carico del consiglio regionale. Poiche' le ipotesi di dissoluzione degli organi regionali di direzione politica sono tassativamente stabilite da norme costituzionali e poiche' implicano deroghe al principio democratico di sovranita' popolare, esse sono di stretta interpretazione, sicche' il legislatore non potrebbe legittimamente introdurre nuove ipotesi in assenza di esplicita autorizzazione costituzionale. Ne segue l'ulteriore conseguenza che la legge regionale n. 1 del 1994, in virtu' del canone di interpretazione costituzionalmente conforme (su cui si veda il dictum della sentenza n. 356 del 1996 di codesta ecc.ma Corte, secondo cui «le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perche' e' impossibile darne interpretazioni costituzionali»), deve armonizzarsi col sistema costituzionale e non puo' interpretarsi come se attribuisse al Tribunale cagliaritano il potere di azionare il dispositivo del simul stabunt simul cadent, che sta alla base della forma di Governo regionale. Se ne deve dunque concludere che il Tribunale di Cagliari non puo' accertare, ingiungere, imporre o anche solo proporre la decadenza del Presidente di regione elettivo, con cio' disponendo indirettamente l'automatica dissoluzione del Consiglio. La sua competenza deve ritenersi circoscritta alle cause di decadenza che colpiscono i soli consiglieri regionali elettivi, con esclusione del Presidente di regione/consigliere di diritto. P.Q.M. Per tutte le suddette ragioni, appare evidente che il Tribunale di Cagliari, nel dichiarare che il proprio «vaglio» delle violazioni di legge contestate alla Pres. Todde «rimane insindacabile» per il consiglio regionale sardo e che «quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede» interferisce gravemente nell'esercizio delle funzioni amministrative costituzionalmente garantite al consiglio regionale in materia di verifica della sussistenza di ipotesi di ineleggibilita' e di decadenza dei consiglieri regionali, direttamente attribuite alla regione sarda dalle norme sopra richiamate. Quanto sopra premesso e ritenuto, Si chiede: che codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso voglia dichiarare che non spetta allo Stato e per esso al Tribunale di Cagliari stabilire con sentenza 28 maggio 2025, n. 848, emessa a conclusione del giudizio R.G. n. 477/2025, promosso dalla dott.ssa Alessandra Todde, Presidente della Regione autonoma Sardegna, avverso l'ordinanza-ingiunzione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d'appello di Cagliari adottata il 20 dicembre 2024 e notificata il 3 gennaio 2025 che l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali» compiuto nella predetta sentenza «rimane insindacabile dal consiglio regionale, [quando] quest'ultimo assumera' le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede» e per l'effetto annullare in parte qua, la sentenza del Tribunale di Cagliari 28 maggio 2025, n. 848. Cagliari-Roma, 26 giugno 2025 Gli avvocati: prof. Chessa - prof. Saitta - Pani - Putzu