Reg. ord. n. 144 del 2024 pubbl. su G.U. del 14/08/2024 n. 33
Ordinanza del Tribunale di Teramo del 16/05/2024
Tra: R. D.Z.
Oggetto:
Reati e pene – Furto in abitazione – Divieto di equivalenza o di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente, di cui all’art. 89 cod. pen., allorché essa concorra con la circostanza aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose di cui all’art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen. - Irragionevole disparità di trattamento rispetto a quello riservato all'attenuante della minore età di cui all'art. 98 cod. pen.
Norme impugnate:
codice penale
del
Num.
Art. 624
Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. BUSCEMA
Testo dell'ordinanza
N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2024
Ordinanza del 16 maggio 2024 del Tribunale di Teramo nel procedimento
penale a carico di R. D.Z..
Reati e pene - Furto in abitazione - Divieto di equivalenza o di
prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di
mente, di cui all'art. 89 cod. pen., allorche' essa concorra con la
circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma, numero 2),
prima parte, cod. pen.
- Codice penale, art. 624-bis, quarto comma.
(GU n. 33 del 14-08-2024)
TRIBUNALE ORDINARIO DI TERAMO
Il Tribunale ordinario di Teramo in composizione monocratica
nella persona del giudice dott. Emanuele Ursini,
visti gli atti del procedimento penale in atto nei confronti di:
D Z R , nato ad ( ) il , libero, non comparso, gia' presente,
difeso di fiducia dall' avv. Emanuele Iezzi del foro di Chieti,
imputato dei seguenti reati:
a) p. e p. dagli artt. 624 e 625 n. 2 e 7 C.P. perche' al
fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver forzato il vetro
della portiera anteriore sinistra, si introduceva nell'abitacolo
dell'autovettura , targata , di proprieta' di S S , da dove asportava
un telefono cellulare, marca « » modello « » di proprieta' del
medesimo.
Con le aggravanti di aver commesso il fatto con violenza
sulle cose, consistita nel forzare il vetro dell'autovettura, nonche'
su cose esposte, per destinazione, alla pubblica fede.
Fatti commessi in in data .
b) p. e p. dagli art. 624-bis e 625 n. 2 C.P. perche' al fine
di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver forzato la porta di
ingresso, ed essersi introdotto all'interno dell'abitazione di P G ,
si impossessava di un televisore, marca « » da e di un portamonete
contenente la somma contante di euro.
Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle
cose, consistita nel forzare la porta di ingresso dell'abitazione.
Fatto commesso in in data .
Con recidiva specifica, reiterata, pluriaggravata,
infra-quinquennale, ex art. 99 C.P.
All'esito dell'udienza del 16 maggio 2024 ha pronunciato la
seguente ordinanza.
Il giudice dubita della legittimita' costituzionale dell'art.
624-bis ultimo comma, codice penale nella parte in cui non consente
di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante
prevista dall'art. 89 codice penale, allorche' la stessa concorra con
la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, numero 2)
prima parte codice penale.
Si ritiene che la questione sia rilevante e non manifestamente
infondata.
1) Lo svolgimento del processo
In data , D Z R veniva tratto in arresto in flagranza dei reati
di cui agli artt. 624/625 n. 2 e 7 e 624-bis/625 n. 2 codice penale.
Alla udienza di convalida del , il giudice, dopo aver convalidato
l'arresto in quanto legittimamente eseguito da parte dei Carabinieri
di , disponeva nei confronti del prevenuto la misura cautelare degli
arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico
(misura revocata in data ).
Alla convalida dell'arresto, faceva quindi seguito
l'instaurazione del giudizio direttissimo, nel quale il difensore
dell'imputato chiedeva la concessione di un termine a difesa. Alla
stessa udienza il giudice, su richiesta del P.M., disponeva
procedersi a perizia volta ad accertare, tra le altre cose, la
capacita' di intendere e di volere dell'imputato al momento della
commissione del fatto. Dopo il conferimento dell'incarico al dott. G
C all'udienza del , lo stesso depositava la propria Relazione,
acquisita all'udienza del con il consenso delle parti.
Alla successiva udienza del il difensore dell'imputato chiedeva
la definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato
condizionato alla produzione di un elaborato peritale relativo alla
capacita' di stare in giudizio dell'imputato reso in altro
procedimento penale.
Il giudice disponeva in conformita'.
Dopo una serie di rinvii, all'udienza del il Tribunale, ritenuto
assolutamente necessario al fine del decidere, acquisiva la relazione
peritale del dott. C resa nel proc. pen. n. R.G. tribunale; n.
R.G.N.R. nei confronti del medesimo imputato odierno.
Quindi, all'udienza del , le parti rassegnavano le proprie
conclusioni (il P.M. chiedeva la condanna dell'imputato alla pena
finale di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 600,00 di
multa; mentre il difensore dell'imputato sollecitava in via
principale una sentenza di non doversi procedere ai sensi dell'art.
72-bis codice di procedura penale; in subordine assoluzione ai sensi
dell'art. 530 codice di procedura penale).
2) La ricostruzione del fatto
In via preliminare, attese le ragioni che meglio si esporranno
nel proseguo, appare sufficiente ricostruire lo svolgimento dei
fatti, per come compendiati attraverso gli atti acquisiti, con
riferimento al solo reato di cui al capo b) dell'editto accusatorio,
relativo al reato di furto in abitazione aggravato dalla violenza
sulle cose.
In data i Carabinieri di venivano informati dalla loro centrale
operativa di una denuncia orale di furto in abitazione da parte di P
G . Quest'ultimo, successivamente, presentava presso gli stessi
operanti una querela orale per i fatti ivi rappresentati. In
quell'atto, legittimamente utilizzabile ai fini della decisione in
ragione della scelta processuale dell'imputato di procedere con il
rito contratto, e' possibile leggere che la persona offesa,
appartenente alla Polizia Penitenziaria di , mentre si trovava
insieme alla propria madre S M al piano superiore della propria
abitazione sita in ( ), via , n. , intorno alle ore , udiva dei
rumori provenienti dalla taverna dell'abitazione, posta al piano
terra dello stesso stabile. Sceso sul posto, si avvedeva che la porta
di ingresso era aperta e che dal mobile mancava un televisore marca «
», P quindi, usciva fuori dalla casa e in strada vedeva allontanarsi
di corsa l'odierno imputato, da lui ben conosciuto in quanto in
passato era stato ristretto presso la Casa Circondariale nella quale
la persona offesa prestava la propria attivita' lavorativa, con in
mano il suo televisore. P , quindi, decideva di seguirlo, fino a
notare che D Z faceva ingresso nella propria abitazione sita in via
n. in . Nel mentre, la persona offesa allertava telefonicamente il
locale comando dei Carabinieri.
Precisava, altresi', P che, da un controllo successivo, poteva
constatare che nella porta di ingresso della taverna, da lui chiusa
non a chiave, erano presenti leggeri segni di effrazioni. Accertava
inoltre che dallo stesso locale mancava anche un portafogli da donna
di proprieta' della madre, con all'interno la somma di denaro di euro
, oltre al telecomando del televisore asportato.
I Carabinieri di , quindi, giunti nei pressi dell'abitazione del
D Z , procedevano alla relativa perquisizione domiciliare, all'esito
della quale veniva rinvenuto il televisore marca « », successivamente
riconosciuto e riconsegnato a P G (veniva altresi' rinvenuto il
telefono cellulare per il quale si procede in relazione al capo a)
dell'imputazione). Non veniva invece trovato il portamonete di
proprieta' di S M .
I militari, successivamente all'arresto in flagranza di reato del
D Z , si portavano nei pressi dell'abitazione del P al fine di
procedere al sopralluogo dello stabile nel quale era stato poco prima
realizzato il furto. Li' constatavano che la porta di ingresso della
taverna sita al piano terra dell'immobile riportava leggere
effrazioni, procedendo altresi' a realizzare alcune fotografie del
luogo (cfr. verbale di arresto del e allegato fascicolo fotografico
relativa all'abitazione di P G ).
3) La qualificazione giuridica del fatto
Ritiene il Tribunale che la qualificazione giuridica del fatto
contestato al capo b) dell'imputazione sia corretta. La persona
offesa P G , infatti, ha descritto i fatti avvenuti presso la sua
abitazione in maniera chiara e precisa, scevra da qualunque elemento
che possa far ritenere sussistente un suo intento calunniatorio a
danno dell'odierno imputato. Peraltro, il suo narrato ha trovato
pieno riscontro nel successivo intervento dei militari presso
l'abitazione della persona che lo stesso P aveva riconosciuto fuggire
con in mano la refurtiva, all'esito del quale e' stato infatti
recuperato il televisore di proprieta' della persona offesa. Deve
soggiungersi, inoltre, che lo stesso imputato, in sede di udienza di
convalida, ha candidamente ammesso di essere l'autore delle condotte
che gli vengono contestate.
Corretta e' la qualificazione giuridica del fatto contestato nel
reato di furto in abitazione, in quanto l'ingresso del D Z nella
taverna del P e' avvenuto senza il consenso, nemmeno tacito, del
proprietario e li' e' stata asportata la refurtiva. E' appena il caso
di ricordare come la giurisprudenza della Corte di cassazione
affermi, con un orientamento costante e condivisibile, che «integra
il reato previsto dall'art. 624-bis codice penale la condotta di chi
si impossessa di beni mobili introducendosi all'interno di un garage
mediante la forzatura della porta d'ingresso, trattandosi di luogo
che costituisce pertinenza dell'abitazione, ove si compiono in
maniera non occasionale atti della vita privata, e che non e'
accessibile senza il consenso del titolare» (ex multis, Cass. pen.,
n. 5789/2019).
Corretta e' anche la contestazione dell'aggravante della violenza
sulle cose.
Come noto, l'art. 625, comma 1, n. 2) prima parte codice penale
prevede un aggravamento di pena per il reato in questione ove la
sottrazione avvenga quando «il colpevole usa violenza sulle cose».
Secondo l'interpretazione univoca della giurisprudenza di
legittimita', e' sussistente l'aggravante in parola allorquando «il
soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta
a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad
assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attivita' di
ripristino» (Cass. pen., n. 11720/2019). Si e' inoltre sostenuto che
«in tema di furto, sussiste l'aggravante della violenza sulle cose
anche qualora l'energia fisica sia rivolta dal soggetto non sulla
"res" oggetto dell'azione predatoria, ma verso lo strumento posto a
sua protezione, purche' sia stata prodotta una qualche conseguenze su
di esso, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la
trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di
destinazione» (Cass. pen., n. 20476/2018). Nel caso di specie, le
emergenze probatorie lasciano desumere che D Z abbia danneggiato la
porta di ingresso della taverna del P , graffiandola nei pressi della
serratura, tanto dunque da danneggiarla, come adeguatamente
riscontrato dai militari giunti sul posto attraverso la visione del
luogo e la riproduzione fotografica di esso; ne' appare dubitabile
come tale porta rappresentasse lo strumento predisposto dal
proprietario del luogo affinche' terze persone non vi facessero
ingresso senza il suo consenso.
4) La ridotta capacita' di intendere e di volere dell'imputato al
momento della commissione del fatto
In seno al presente procedimento penale, e' stata disposta
perizia sulla capacita' di intendere e di volere dell'imputato. Nella
Relazione scritta depositata, dopo aver raccolto le note amamnestiche
e la storia clinica dell'imputato, in particolare relative al suo
stato di tossicodipendente e di alcoldipendente da lungo tempo, e'
possibile leggere che «il quadro sintomatologico mostrato dal sig. D
Z indirizza verso la diagnosi di Disturbo di personalita' antisociale
(...). Sostanzialmente l'ENB-2 conferma che il sig. D Z presenta un
decadimento cognitivo con compromissione della comprensione verbale,
della memoria a lungo termine e dei meccanismi di pianificazione per
la strutturazione delle informazioni, di attenzione selettiva, delle
abilita' di accesso e di recupero lessicale, di abilita' esecutive,
delle abilita' costruttive, della capacita' di percepire, agire ed
operare utilizzando coordinate spaziali, delle abilita' prassiche,
della capacita' di astrazione, memoria visiva, capacita'
programmatorie (...). Le azioni del sig. D Z rappresentano una
condotta, inscritta in un modo di essere di cui fanno parte
impulsivita' e disforia, manifestazioni di problematicita', che pur
non eliminandola, tuttavia scemano grandemente la capacita' di
intendere il disvalore delle azioni e di scegliere condotte
alternative, alla quale e' attribuibile un significato
psicopatologico, nella sua accezione di infermita' rilevante sul
piano forense». Concludendo, quindi, coerentemente con lo scenario
tratteggiato con la considerazione che «il sig. D Z al momento dei
fatti (e tuttora) era affetto da Disturbo antisociale di
personalita', Ritardo mentale lieve, decadimento cognitivo
conseguente a cronica intossicazione da alcol e stupefacenti in
soggetto con epatite HCV/HBV correlata, infezione da HIV, infermita'
tali da scemare grandemente senza escluderle, le capacita' di
intendere e di volere».
Nella stessa direzione, ovvero verso la parziale incapacita' di
intendere e di volere dell'imputato al momento del fatto, depongono
le ulteriori relazioni peritali redatte in altri procedimenti penali
ed acquisite al presente, tra le quali quelle del dott. C per fatti
commessi dall'imputato nel e del dott. C per fatti commessi
dall'imputato nel .
Appare, quindi, ampiamente comprovato che l'odierno imputato, al
momento del fatto, era affetto da una ridotta capacita' di intendere
e di volere, con la conseguenza che ad esso, per il fatto oggi in
giudizio, e' possibile applicare la circostanza attenuante di cui
all'art. 89 codice penale.
Anticipando in parte le considerazioni che di qui a breve
verranno sviluppate in ordine alla rilevanza della questione nel
presente giudizio, e' appena il caso di evidenziare come, a parere di
questo Tribunale, non sia possibile procedere ad una sentenza ex art.
72-bis codice di procedura penale.
Sul punto, infatti, la relazione del dott. C , resa nel presente
procedimento, a differenza delle altre relazioni acquisite, depone
nel senso della capacita' dell'imputato di partecipare coscientemente
al processo, conclusione che questo Tribunale ritiene di far propria.
Si tratta, infatti, della perizia psichiatrica piu' recente
effettuata nei confronti del D Z , mentre le altre, redatte in epoca
antecedente, avevano escluso la capacita' processuale dell'imputato
pur ritenendo che tale situazione «e' da intendersi nel tempo
reversibile»; la medesima Relazione del dott. C fornisce inoltre
adeguata motivazione circa l'attuale capacita' processuale
dell'imputato, evidenziando a tal riguardo che «e' probabile che la
sintomatologia psicotica sia ascrivibile ad un disturbo psicotico
indotto da sostanze che e' un'affezione transitoria tipicamente
autolimitantesi, spesso di breve durata, risolvendosi generalmente
poco dopo che la sostanza causale viene eliminata (...) oltre che,
naturalmente, ne e' sempre possibile il controllo farmacologico».
5) La rilevanza della Questione
Orbene, chiarito quindi che nel presente processo l'imputato e'
accusato del reato di furto in abitazione, aggravato da violenza
sulle cose e che risulta sussistente l'attenuante di cui all'art. 89
codice penale, ritiene il Tribunale, in primo luogo, che l'ipotesi
accusatoria appaia tutt'altro che smentita e vi sia, di conseguenza,
la concreta possibilita' che, all'esito del giudizio, l'imputato
possa essere condannato per il reato a lui ascritto al capo b)
dell'imputazione.
Deve altresi' evidenziarsi che, in un ipotetico giudizio di
bilanciamento tra l'aggravante in parola e l'attenuante di cui
all'art. 89 codice penale, debba attribuirsi netta prevalenza a
quest'ultima. La grave condizione psicopatologica dell'imputato,
infatti, per come documentata e descritta dai periti, delinea uno
scenario nel quale la commissione del fatto di reato a lui attribuito
appare fortemente, se non unicamente, indotta dal suo stato mentale,
tale quindi da ridurne sensibilmente la sua capacita' di cogliere il
significato sociale della propria condotta antigiuridica, nonche' di
scegliere in maniera orientata tra i vari impulsi dell'agire. Di
talche', la rimproverabilita' soggettiva del reato attribuito
all'imputato appare ampiamente ridotta in forza della parziale
incapacita' di intendere e di volere dalla quale lo stesso e'
risultato affetto al momento della commissione del fatto; tale per
cui l'attenuante di cui all'art. 89 codice penale assume un peso
preponderante nel concreto disvalore penale della condotta rispetto
all'aggravante della violenza sulle cose, anche in considerazione
dello scarso valore economico del bene attinto dalla vis (ovvero di
una porta interna dell'abitazione), nonche' per il presumibile
ridotto danno patrimoniale cagionato alla persona offesa (si e'
trattato, come detto, di alcuni graffi).
Senonche', per il reato di furto in abitazione, l'art. 624-bis,
ultimo comma, codice penale, preclude il normale giudizio di
bilanciamento tra circostanze eterogenee di cui all'art. 69 codice
penale, disponendo testualmente che «le circostanze attenuanti,
diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti
con una o piu' delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625, non
possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e
le diminuzioni di pena si operano sulla quantita' della stessa
risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze
aggravanti». Conseguentemente, la chiara formulazione letterale della
norma consentirebbe nel caso di specie di dare rilevanza
all'attenuante della seminfermita' di mente soltanto dopo che la pena
base e' stata aumentata in virtu' dell'applicazione della cd.
aggravante privilegiata e cio' anche ove la prima dovesse, come
appare verosimile, essere ritenuta prevalente (o anche solo
equivalente) rispetto alla contestata recidiva di cui all'art. 99,
comma quarto, codice penale, (giudizio di prevalenza oggi consentito
in virtu' della sentenza della Corte costituzionale n. 73 del 24
aprile 2020) in forza del meccanismo di calcolo tra circostanze
aggravanti e attenuanti bilanciabili e circostanze aggravanti
«privilegiate», in quanto anche in tal caso quest'ultima resterebbe
sottratta alla regola di cui all'art. 69 codice penale (si veda, in
questo senso, Cassazione SS.UU., sentenza n. 42414 del 29 aprile
2021).
E' proprio in riferimento alla norma di cui all'art. 624-bis,
ultimo comma, codice penale, e per gli effetti che la sua
applicazione determinerebbe nel caso di specie, che si appuntano i
profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale prospettata, che verranno di seguito indicati.
6) La non manifesta infondatezza
L'art. 624-bis codice penale e' stato introdotto nell'ordinamento
dall'art. 2 legge 26 marzo 2001, n. 128; trattasi della norma che ha
anche abrogato le aggravanti, di identico contenuto, precedentemente
previste dall'art. 625, comma 1, n. 1) e n. 4) codice penale. Si e'
cosi' venuta a creare una nuova fattispecie autonoma di reato,
costruita mediante l'inclusione delle condotte prima previste come
semplici aggravanti del furto e in tal modo inibendo il giudizio di
bilanciamento prima consentito (ex multis, Cassazione SS.UU., n.
46625/2015).
Con la legge n. 103/2017, oltre ad aumentare la pena
originariamente prevista per la fattispecie-base e per quella
aggravata di cui al comma terzo (pene poi ulteriormente aumentate
dalla legge n. 36/2019), si e' introdotto un ulteriore comma nella
parte finale del testo, in forza del quale «le circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis,
concorrenti con una o piu' delle circostanze aggravanti di cui
all'art. 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti
rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita'
della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette
circostanze aggravanti».
La questione di legittimita' costituzionale sollevata trova
giustificazione, in particolare, in un recente arresto della Corte
costituzionale, con il quale e' stata dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 628, quinto comma, codice penale nella parte
in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la
circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale, allorche'
concorra con l'aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis, dello
stesso art. 628 (sentenza n. 217 del 22 novembre 2023, dep. l'11
dicembre 2023).
Orbene, nella pronuncia citata la Corte e' stata chiamata a
confrontarsi con la tenuta costituzionale dell'art. 628, comma
quinto, codice penale, che testualmente cosi' recita: «le circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dall'art. 98, concorrenti con
le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3, 3-bis, 3-ter e
3-quater, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti
rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita'
della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette
aggravanti». Come evidente, infatti, la citata disposizione
normativa, oggetto della declaratoria di incostituzionalita', e'
strutturata in maniera del tutto simile a quella oggetto del presente
giudizio, relativa al reato di furto in abitazione. In ambedue le
norme, dunque, il legislatore ha previsto un meccanismo in forza del
quale al ricorrere di talune aggravanti (nel caso dell'art. 624-bis,
quelle di cui all'art. 625; nel caso della rapina quelle di cui al
terzo comma dell'art. 628 nn. 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater), le
circostanze attenuanti concorrenti non sono soggette all'ordinario
giudizio di bilanciamento, prevedendosi che la diminuzione di pena
per queste ultime venga operato soltanto dopo che alla pena base si
sia applicato l'aumento per la circostanza aggravante.
In entrambe le norme, inoltre, il legislatore eccettua da tale
regola l'attenuante di cui all'art. 98 codice penale (oltre che,
quanto all'art. 624-bis, quella di cui all'art. 625-bis).
Trattandosi quindi di disposizioni normative strutturate in
maniera similare, appare opportuno ripercorrere, brevemente, il
percorso argomentativo adottato dalla Corte costituzionale per
addivenire alla sentenza di incostituzionalita' dell'art. 628, comma
quinto, codice penale.
In quella pronuncia, infatti, il Giudice della Leggi ha
evidenziato come «il legislatore, nell'esercizio della propria
discrezionalita', ha previsto una specifica eccezione alla generale
operativita' del divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti
rispetto alle aggravanti menzionate dalla disposizione censurata, in
favore soltanto della circostanza della minore eta' di cui all'art.
98 codice penale Occorre, pertanto, stabilire se sussista una
"medesima ratio derogandi" tale da rendere contraria al principio di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. la mancata estensione di tale
eccezione anche all'attenuante, che qui viene in considerazione, del
vizio parziale di mente di cui all'art. 89 codice penale» (punto 3.1
del considerato in diritto). Si e' proseguito, poi, evidenziando come
«dal momento che lo scopo sotteso al quinto comma dell'art. 628
codice penale ora all'esame e' evidentemente quello di assicurare a
talune ipotesi di rapina aggravata - ritenute dal legislatore
produttive di particolare allarme sociale - una pena piu' severa di
quella cui condurrebbe, nella generalita' dei casi, l'applicazione
dello stesso art. 69 codice penale, la ratio della deroga a tale
disciplina in favore dei condannati minorenni non puo' che sottendere
la valutazione, da parte del legislatore, di una piu' ridotta
meritevolezza di pena di chi abbia commesso il fatto essendo ancora
minorenne, per quanto gia' giudicato imputabile dal giudice» (punto
3.2 del considerato in diritto). Purtuttavia, «una tale diminuzione
della colpevolezza per il fatto di reato non puo', pero', non essere
affermata anche con riferimento a chi abbia agito trovandosi in "tale
stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita'
di intendere e di volere", come recita l'art. 89 codice penale» in
quanto «identica e', dunque, la conseguenza sulla commisurazione
della sanzione che due disposizioni parallele - gli arti. 89 e 98
codice penale -, collocate nel medesimo capo del codice penale,
ricollegano alle situazioni qui oggetto di raffronto e identica
appare la ratio delle due diminuenti» (punto 3.4 del considerato in
diritto).
Da cio', quindi, la Corte ne ricava la conclusione che «non
superi lo scrutinio di legittimita' costituzionale al metro dell'art.
3 Cost la scelta del legislatore di non estendere al condannato
affetto da vizio parziale di mente la stessa regola derogatoria
prevista per il condannato minorenne. Una volta, insomma, che il
legislatore abbia ritenuto di prevedere una specifica deroga
all'applicazione del meccanismo di computo delle circostanze previsto
dall'art. 628, quinto comma, codice penale in favore dei minorenni,
un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema, esige che
tale deroga si estenda anche alla posizione, del tutto analoga sotto
il profilo che qui rileva, degli imputati affetti da vizio parziale
di mente. Rispetto a questi ultimi, anzi, le ragioni
dell'attenuazione di pena valgono a fortiori, dal momento che la
notevole riduzione della capacita' di intendere e di volere della
persona e' in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso
da parte del giudice, di solito in esito a una perizia psichiatrica
disposta d'ufficio; mentre nel caso del minorenne e' lo stesso
legislatore che presume in via generale la sua minore colpevolezza,
una volta che ne sia accertata una maturita' sufficiente a fargli
comprendere il disvalore del fatto e a dominare i propri impulsi - e
cio' anche nell'ipotesi limite di un ragazzo alla soglia del
diciottesimo anno, psichicamente del tutto maturo» (punto 3.5 del
considerato in diritto).
Le motivazioni utilizzate dalla Corte per giungere alla sentenza
di illegittimita' costituzionale della disposizione, dunque,
attengono in particolare alla disparita' di trattamento che si
determina tra le due circostanze attenuanti (ovvero, lo si ribadisce,
tra quella della cd. minore eta' rispetto a quella del cd. vizio
parziale di mente), nonostante sia identica la ratio sottesa alla
loro previsione, tale dunque da determinare, secondo la Corte,
un'insanabile frizione con la previsione dell'art. 3 della
Costituzione.
Cio' detto, ritiene il Tribunale come tali argomentazioni ben si
adattino anche alla norma oggetto del presente giudizio. Anche
nell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale, infatti, viene
esclusa dal novero delle circostanze attenuanti assoggettate alla
regola ivi prevista quella di cui all'art. 98 codice penale, mentre
risulta ingiustificatamente non compresa in esso quella del cd. vizio
parziale di mente, nonostante, come detto, tra le due ipotesi vi sia
una comune ragione che ne giustifica la loro previsione, vale a dire
quella di attenuare il trattamento sanzionatorio allorquando il fatto
di reato sia commesso da un soggetto con un grado di capacita' di
intendere e di volere limitato.
A parere di questo Tribunale, dunque, non si scorgono
significative diversita' strutturali tra le due norme, di talche' le
motivazioni utilizzate dalla Corte per giungere alla declaratoria di
incostituzionalita' dell'art. 628, comma quinto, codice penale ben si
attagliano anche al caso di specie.
Similmente, non si rinvengono differenze rilevanti tra le due
fattispecie di reato, tale per cui la declaratoria di
incostituzionalita' del reato di rapina, nella parte in cui non
consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza
attenuante dell'art. 89 codice penale ancorche' concorra con altre
circostanze aggravanti, non possa scorgersi anche rispetto alla
fattispecie di reato di furto in abitazione. Trattasi, infatti, di
norme collocate tra i delitti contro il patrimonio, nel Capo I dei
delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle
persone. Entrambe le norme incriminatrici, inoltre, sono strutturate
nella forma del cd. reato complesso e ambedue prevedono quale
fattispecie base il reato di furto. Tutte e due le norme, inoltre,
sono articolate nella forma di reato di danno e a forma vincolata.
Tanto la rapina quanto il furto in abitazione, inoltre, sono reati
posti a tutela di plurimi beni giuridici, tutelando non soltanto il
patrimonio, ma anche, il primo, l'integrita' fisica della vittima, e
il secondo la sicurezza individuale e piu' in generale la sfera
personale di inviolabilita' e riservatezza della persona.
In una prospettiva eminentemente fenomenica, inoltre, la
severita' del trattamento sanzionatorio per il reato di furto in
abitazione sembra trovare giustificazione anche in un'ottica
general-preventiva, potendosi ritenere che il legislatore, attraverso
tale incriminazione, intenda prevenire che l'ingresso di un soggetto
all'interno di un luogo di privata dimora possa comportare, in caso
di presenza in loco di un'altra persona, che il fatto di furto possa
trasmodare in atti di violenza tali da far mutare quel reato in
quello piu' grave di rapina.
Anche sotto tale profilo, quindi, non e' dato rinvenire a parere
di codesto Tribunale alcun elemento di sensibile diversita' tra le
due norme incriminatrici in forza del quale ritenere
costituzionalmente legittima l'espunzione dell'attenuante del vizio
di mente da quelle per le quali non si applica lo speciale sistema di
computo delle circostanze eterogenee, al pari di quanto espressamente
previsto dal legislatore per l'attenuante della minore eta' nel reato
di rapina.
Al contrario, la circostanza che la Corte abbia ritenuto che
nella rapina, punita in maniera sensibilmente piu' severa rispetto a
quella di furto in abitazione, non possa tollerarsi ai sensi
dell'art. 3 della Costituzione la disparita' di trattamento tra
l'attenuante della minore eta' e quella del vizio di mente, porta
questo Tribunale a ritenere che, nonostante la particolare gravita'
del fatto di chi, per commettere il furto, entri in un'abitazione
altrui, ovvero in altro luogo di privata dimora o nelle sue
pertinenze, e della speciale pericolosita' soggettiva manifestata
dall'autore di un simile reato (Corte Cost., sentenza n. 216/2019),
tale forma di ingiustificata differenziazione di trattamento debba
essere censurata a fortiori nella meno grave ipotesi del furto in
abitazione.
Non ignora questo Tribunale che rispetto all'art. 624-bis, ultimo
comma, codice penale si e' recentemente occupato il Giudice delle
Leggi con la sentenza n. 117 del 12 maggio 2021, con la quale ha
dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale
della norma in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.
Tuttavia, si ritiene che la prospettazione della questione odierna
muti sensibilmente rispetto a quella sottoposta al vaglio della Corte
in quella circostanza. In quel caso, infatti, tra le altre cose, il
giudice rimettente aveva manifestato i suoi dubbi di
costituzionalita' dell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale
soltanto con riferimento al divieto di prevalenza o equivalenza
dell'attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 4) codice
penale, nonche' con riferimento alle circostanze attenuanti
generiche. Testualmente: «sebbene formulata in termini generali,
l'odierna censura deve intendersi quindi riferita alle sole
circostanze effettivamente ricorrenti nella fattispecie concreta,
cioe' - secondo quanto espone lo stesso giudice a quo - al divieto di
equivalenza o prevalenza dell'attenuante del danno patrimoniale di
speciale tenuita' ex art. 62, primo comma, numero 4), cod pen. e
delle attenuanti generiche ex art. 62-bis codice penale nella
comparazione con l'aggravante della violenza sulle cose ex art. 625,
primo comma, numero 2), codice penale, quest'ultima elevata dall'art.
624-bis, quarto comma, codice penale al rango di circostanza
"privilegiata" (punto 9 del considerato in diritto)».
Nel caso di specie, il petitum della presente questione di
legittimita' costituzionale si ritiene non sovrapponibile a quello,
in quanto con questa ordinanza si sottopone alla Corte la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 624-bis, ultimo comma,
codice penale nella parte in cui non consente di ritenere prevalente
o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice
penale.
7) La questione di legittimita' costituzionale
In conclusione, il Tribunale ritiene rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
relativa al contrasto con l'art. 3 della Costituzione della
previsione dell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale, in forza
del quale la diminuzione di pena prevista dall'art. 89 codice penale
possa operare solo sulla quantita' di pena risultante dall'aumento
conseguente alla aggravante privilegiata.
Tale contrasto non appare risolvibile attraverso una lettura
costituzionalmente orientata della disposizione, atteso il suo
inequivoco tenore letterale.
Alla luce delle precedenti ragioni, il Tribunale, dovendo fare
applicazione di una pena alla cui determinazione concorrono
l'aggravante privilegiata (art. 625, comma 1, n. 2) prima parte
codice penale) e l'attenuante dell'art. 89 codice penale, essendo la
questione rilevante nel giudizio a quo, ritiene non manifestamente
infondata la questione prospettata nella parte in cui non consente di
ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista
dall'art. 89 codice penale, allorche' concorra con l'aggravante di
cui all'art. 625, comma primo, n. 2) prima parte codice penale.
Per tale ragione, il processo deve essere sospeso e gli atti
trasmessi alla Corte costituzionale.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e ss. legge 11
marzo 1953 n. 87.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione
all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 624-bis, ultimo comma, del codice penale,
nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente
la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale
allorche' essa concorra con la circostanza aggravante di cui all'art.
625, comma primo, numero 2) prima parte codice penale.
Sospende il processo e i termini di prescrizione del reato sino
all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
sigg.ri Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei
deputati.
Comunicato alle parti mediante lettura della presente ordinanza
in udienza ai sensi dell'art. 148, comma 2, codice di procedura
penale.
Dispone che la cancelleria trasmetta alla Corte costituzionale
gli atti del presente giudizio, con la prova delle avvenute
notificazioni e comunicazioni.
Teramo, 16 maggio 2024
Il Giudice: Ursini
Oggetto:
Reati e pene – Furto in abitazione – Divieto di equivalenza o di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente, di cui all’art. 89 cod. pen., allorché essa concorra con la circostanza aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose di cui all’art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen. - Irragionevole disparità di trattamento rispetto a quello riservato all'attenuante della minore età di cui all'art. 98 cod. pen.
Norme impugnate:
codice penale del Num. Art. 624 Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. BUSCEMA
Testo dell'ordinanza
N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2024 Ordinanza del 16 maggio 2024 del Tribunale di Teramo nel procedimento penale a carico di R. D.Z.. Reati e pene - Furto in abitazione - Divieto di equivalenza o di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente, di cui all'art. 89 cod. pen., allorche' essa concorra con la circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen. - Codice penale, art. 624-bis, quarto comma. (GU n. 33 del 14-08-2024) TRIBUNALE ORDINARIO DI TERAMO Il Tribunale ordinario di Teramo in composizione monocratica nella persona del giudice dott. Emanuele Ursini, visti gli atti del procedimento penale in atto nei confronti di: D Z R , nato ad ( ) il , libero, non comparso, gia' presente, difeso di fiducia dall' avv. Emanuele Iezzi del foro di Chieti, imputato dei seguenti reati: a) p. e p. dagli artt. 624 e 625 n. 2 e 7 C.P. perche' al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver forzato il vetro della portiera anteriore sinistra, si introduceva nell'abitacolo dell'autovettura , targata , di proprieta' di S S , da dove asportava un telefono cellulare, marca « » modello « » di proprieta' del medesimo. Con le aggravanti di aver commesso il fatto con violenza sulle cose, consistita nel forzare il vetro dell'autovettura, nonche' su cose esposte, per destinazione, alla pubblica fede. Fatti commessi in in data . b) p. e p. dagli art. 624-bis e 625 n. 2 C.P. perche' al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver forzato la porta di ingresso, ed essersi introdotto all'interno dell'abitazione di P G , si impossessava di un televisore, marca « » da e di un portamonete contenente la somma contante di euro. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose, consistita nel forzare la porta di ingresso dell'abitazione. Fatto commesso in in data . Con recidiva specifica, reiterata, pluriaggravata, infra-quinquennale, ex art. 99 C.P. All'esito dell'udienza del 16 maggio 2024 ha pronunciato la seguente ordinanza. Il giudice dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 624-bis ultimo comma, codice penale nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale, allorche' la stessa concorra con la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, numero 2) prima parte codice penale. Si ritiene che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata. 1) Lo svolgimento del processo In data , D Z R veniva tratto in arresto in flagranza dei reati di cui agli artt. 624/625 n. 2 e 7 e 624-bis/625 n. 2 codice penale. Alla udienza di convalida del , il giudice, dopo aver convalidato l'arresto in quanto legittimamente eseguito da parte dei Carabinieri di , disponeva nei confronti del prevenuto la misura cautelare degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico (misura revocata in data ). Alla convalida dell'arresto, faceva quindi seguito l'instaurazione del giudizio direttissimo, nel quale il difensore dell'imputato chiedeva la concessione di un termine a difesa. Alla stessa udienza il giudice, su richiesta del P.M., disponeva procedersi a perizia volta ad accertare, tra le altre cose, la capacita' di intendere e di volere dell'imputato al momento della commissione del fatto. Dopo il conferimento dell'incarico al dott. G C all'udienza del , lo stesso depositava la propria Relazione, acquisita all'udienza del con il consenso delle parti. Alla successiva udienza del il difensore dell'imputato chiedeva la definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato condizionato alla produzione di un elaborato peritale relativo alla capacita' di stare in giudizio dell'imputato reso in altro procedimento penale. Il giudice disponeva in conformita'. Dopo una serie di rinvii, all'udienza del il Tribunale, ritenuto assolutamente necessario al fine del decidere, acquisiva la relazione peritale del dott. C resa nel proc. pen. n. R.G. tribunale; n. R.G.N.R. nei confronti del medesimo imputato odierno. Quindi, all'udienza del , le parti rassegnavano le proprie conclusioni (il P.M. chiedeva la condanna dell'imputato alla pena finale di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 600,00 di multa; mentre il difensore dell'imputato sollecitava in via principale una sentenza di non doversi procedere ai sensi dell'art. 72-bis codice di procedura penale; in subordine assoluzione ai sensi dell'art. 530 codice di procedura penale). 2) La ricostruzione del fatto In via preliminare, attese le ragioni che meglio si esporranno nel proseguo, appare sufficiente ricostruire lo svolgimento dei fatti, per come compendiati attraverso gli atti acquisiti, con riferimento al solo reato di cui al capo b) dell'editto accusatorio, relativo al reato di furto in abitazione aggravato dalla violenza sulle cose. In data i Carabinieri di venivano informati dalla loro centrale operativa di una denuncia orale di furto in abitazione da parte di P G . Quest'ultimo, successivamente, presentava presso gli stessi operanti una querela orale per i fatti ivi rappresentati. In quell'atto, legittimamente utilizzabile ai fini della decisione in ragione della scelta processuale dell'imputato di procedere con il rito contratto, e' possibile leggere che la persona offesa, appartenente alla Polizia Penitenziaria di , mentre si trovava insieme alla propria madre S M al piano superiore della propria abitazione sita in ( ), via , n. , intorno alle ore , udiva dei rumori provenienti dalla taverna dell'abitazione, posta al piano terra dello stesso stabile. Sceso sul posto, si avvedeva che la porta di ingresso era aperta e che dal mobile mancava un televisore marca « », P quindi, usciva fuori dalla casa e in strada vedeva allontanarsi di corsa l'odierno imputato, da lui ben conosciuto in quanto in passato era stato ristretto presso la Casa Circondariale nella quale la persona offesa prestava la propria attivita' lavorativa, con in mano il suo televisore. P , quindi, decideva di seguirlo, fino a notare che D Z faceva ingresso nella propria abitazione sita in via n. in . Nel mentre, la persona offesa allertava telefonicamente il locale comando dei Carabinieri. Precisava, altresi', P che, da un controllo successivo, poteva constatare che nella porta di ingresso della taverna, da lui chiusa non a chiave, erano presenti leggeri segni di effrazioni. Accertava inoltre che dallo stesso locale mancava anche un portafogli da donna di proprieta' della madre, con all'interno la somma di denaro di euro , oltre al telecomando del televisore asportato. I Carabinieri di , quindi, giunti nei pressi dell'abitazione del D Z , procedevano alla relativa perquisizione domiciliare, all'esito della quale veniva rinvenuto il televisore marca « », successivamente riconosciuto e riconsegnato a P G (veniva altresi' rinvenuto il telefono cellulare per il quale si procede in relazione al capo a) dell'imputazione). Non veniva invece trovato il portamonete di proprieta' di S M . I militari, successivamente all'arresto in flagranza di reato del D Z , si portavano nei pressi dell'abitazione del P al fine di procedere al sopralluogo dello stabile nel quale era stato poco prima realizzato il furto. Li' constatavano che la porta di ingresso della taverna sita al piano terra dell'immobile riportava leggere effrazioni, procedendo altresi' a realizzare alcune fotografie del luogo (cfr. verbale di arresto del e allegato fascicolo fotografico relativa all'abitazione di P G ). 3) La qualificazione giuridica del fatto Ritiene il Tribunale che la qualificazione giuridica del fatto contestato al capo b) dell'imputazione sia corretta. La persona offesa P G , infatti, ha descritto i fatti avvenuti presso la sua abitazione in maniera chiara e precisa, scevra da qualunque elemento che possa far ritenere sussistente un suo intento calunniatorio a danno dell'odierno imputato. Peraltro, il suo narrato ha trovato pieno riscontro nel successivo intervento dei militari presso l'abitazione della persona che lo stesso P aveva riconosciuto fuggire con in mano la refurtiva, all'esito del quale e' stato infatti recuperato il televisore di proprieta' della persona offesa. Deve soggiungersi, inoltre, che lo stesso imputato, in sede di udienza di convalida, ha candidamente ammesso di essere l'autore delle condotte che gli vengono contestate. Corretta e' la qualificazione giuridica del fatto contestato nel reato di furto in abitazione, in quanto l'ingresso del D Z nella taverna del P e' avvenuto senza il consenso, nemmeno tacito, del proprietario e li' e' stata asportata la refurtiva. E' appena il caso di ricordare come la giurisprudenza della Corte di cassazione affermi, con un orientamento costante e condivisibile, che «integra il reato previsto dall'art. 624-bis codice penale la condotta di chi si impossessa di beni mobili introducendosi all'interno di un garage mediante la forzatura della porta d'ingresso, trattandosi di luogo che costituisce pertinenza dell'abitazione, ove si compiono in maniera non occasionale atti della vita privata, e che non e' accessibile senza il consenso del titolare» (ex multis, Cass. pen., n. 5789/2019). Corretta e' anche la contestazione dell'aggravante della violenza sulle cose. Come noto, l'art. 625, comma 1, n. 2) prima parte codice penale prevede un aggravamento di pena per il reato in questione ove la sottrazione avvenga quando «il colpevole usa violenza sulle cose». Secondo l'interpretazione univoca della giurisprudenza di legittimita', e' sussistente l'aggravante in parola allorquando «il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attivita' di ripristino» (Cass. pen., n. 11720/2019). Si e' inoltre sostenuto che «in tema di furto, sussiste l'aggravante della violenza sulle cose anche qualora l'energia fisica sia rivolta dal soggetto non sulla "res" oggetto dell'azione predatoria, ma verso lo strumento posto a sua protezione, purche' sia stata prodotta una qualche conseguenze su di esso, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento di destinazione» (Cass. pen., n. 20476/2018). Nel caso di specie, le emergenze probatorie lasciano desumere che D Z abbia danneggiato la porta di ingresso della taverna del P , graffiandola nei pressi della serratura, tanto dunque da danneggiarla, come adeguatamente riscontrato dai militari giunti sul posto attraverso la visione del luogo e la riproduzione fotografica di esso; ne' appare dubitabile come tale porta rappresentasse lo strumento predisposto dal proprietario del luogo affinche' terze persone non vi facessero ingresso senza il suo consenso. 4) La ridotta capacita' di intendere e di volere dell'imputato al momento della commissione del fatto In seno al presente procedimento penale, e' stata disposta perizia sulla capacita' di intendere e di volere dell'imputato. Nella Relazione scritta depositata, dopo aver raccolto le note amamnestiche e la storia clinica dell'imputato, in particolare relative al suo stato di tossicodipendente e di alcoldipendente da lungo tempo, e' possibile leggere che «il quadro sintomatologico mostrato dal sig. D Z indirizza verso la diagnosi di Disturbo di personalita' antisociale (...). Sostanzialmente l'ENB-2 conferma che il sig. D Z presenta un decadimento cognitivo con compromissione della comprensione verbale, della memoria a lungo termine e dei meccanismi di pianificazione per la strutturazione delle informazioni, di attenzione selettiva, delle abilita' di accesso e di recupero lessicale, di abilita' esecutive, delle abilita' costruttive, della capacita' di percepire, agire ed operare utilizzando coordinate spaziali, delle abilita' prassiche, della capacita' di astrazione, memoria visiva, capacita' programmatorie (...). Le azioni del sig. D Z rappresentano una condotta, inscritta in un modo di essere di cui fanno parte impulsivita' e disforia, manifestazioni di problematicita', che pur non eliminandola, tuttavia scemano grandemente la capacita' di intendere il disvalore delle azioni e di scegliere condotte alternative, alla quale e' attribuibile un significato psicopatologico, nella sua accezione di infermita' rilevante sul piano forense». Concludendo, quindi, coerentemente con lo scenario tratteggiato con la considerazione che «il sig. D Z al momento dei fatti (e tuttora) era affetto da Disturbo antisociale di personalita', Ritardo mentale lieve, decadimento cognitivo conseguente a cronica intossicazione da alcol e stupefacenti in soggetto con epatite HCV/HBV correlata, infezione da HIV, infermita' tali da scemare grandemente senza escluderle, le capacita' di intendere e di volere». Nella stessa direzione, ovvero verso la parziale incapacita' di intendere e di volere dell'imputato al momento del fatto, depongono le ulteriori relazioni peritali redatte in altri procedimenti penali ed acquisite al presente, tra le quali quelle del dott. C per fatti commessi dall'imputato nel e del dott. C per fatti commessi dall'imputato nel . Appare, quindi, ampiamente comprovato che l'odierno imputato, al momento del fatto, era affetto da una ridotta capacita' di intendere e di volere, con la conseguenza che ad esso, per il fatto oggi in giudizio, e' possibile applicare la circostanza attenuante di cui all'art. 89 codice penale. Anticipando in parte le considerazioni che di qui a breve verranno sviluppate in ordine alla rilevanza della questione nel presente giudizio, e' appena il caso di evidenziare come, a parere di questo Tribunale, non sia possibile procedere ad una sentenza ex art. 72-bis codice di procedura penale. Sul punto, infatti, la relazione del dott. C , resa nel presente procedimento, a differenza delle altre relazioni acquisite, depone nel senso della capacita' dell'imputato di partecipare coscientemente al processo, conclusione che questo Tribunale ritiene di far propria. Si tratta, infatti, della perizia psichiatrica piu' recente effettuata nei confronti del D Z , mentre le altre, redatte in epoca antecedente, avevano escluso la capacita' processuale dell'imputato pur ritenendo che tale situazione «e' da intendersi nel tempo reversibile»; la medesima Relazione del dott. C fornisce inoltre adeguata motivazione circa l'attuale capacita' processuale dell'imputato, evidenziando a tal riguardo che «e' probabile che la sintomatologia psicotica sia ascrivibile ad un disturbo psicotico indotto da sostanze che e' un'affezione transitoria tipicamente autolimitantesi, spesso di breve durata, risolvendosi generalmente poco dopo che la sostanza causale viene eliminata (...) oltre che, naturalmente, ne e' sempre possibile il controllo farmacologico». 5) La rilevanza della Questione Orbene, chiarito quindi che nel presente processo l'imputato e' accusato del reato di furto in abitazione, aggravato da violenza sulle cose e che risulta sussistente l'attenuante di cui all'art. 89 codice penale, ritiene il Tribunale, in primo luogo, che l'ipotesi accusatoria appaia tutt'altro che smentita e vi sia, di conseguenza, la concreta possibilita' che, all'esito del giudizio, l'imputato possa essere condannato per il reato a lui ascritto al capo b) dell'imputazione. Deve altresi' evidenziarsi che, in un ipotetico giudizio di bilanciamento tra l'aggravante in parola e l'attenuante di cui all'art. 89 codice penale, debba attribuirsi netta prevalenza a quest'ultima. La grave condizione psicopatologica dell'imputato, infatti, per come documentata e descritta dai periti, delinea uno scenario nel quale la commissione del fatto di reato a lui attribuito appare fortemente, se non unicamente, indotta dal suo stato mentale, tale quindi da ridurne sensibilmente la sua capacita' di cogliere il significato sociale della propria condotta antigiuridica, nonche' di scegliere in maniera orientata tra i vari impulsi dell'agire. Di talche', la rimproverabilita' soggettiva del reato attribuito all'imputato appare ampiamente ridotta in forza della parziale incapacita' di intendere e di volere dalla quale lo stesso e' risultato affetto al momento della commissione del fatto; tale per cui l'attenuante di cui all'art. 89 codice penale assume un peso preponderante nel concreto disvalore penale della condotta rispetto all'aggravante della violenza sulle cose, anche in considerazione dello scarso valore economico del bene attinto dalla vis (ovvero di una porta interna dell'abitazione), nonche' per il presumibile ridotto danno patrimoniale cagionato alla persona offesa (si e' trattato, come detto, di alcuni graffi). Senonche', per il reato di furto in abitazione, l'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale, preclude il normale giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee di cui all'art. 69 codice penale, disponendo testualmente che «le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o piu' delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita' della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti». Conseguentemente, la chiara formulazione letterale della norma consentirebbe nel caso di specie di dare rilevanza all'attenuante della seminfermita' di mente soltanto dopo che la pena base e' stata aumentata in virtu' dell'applicazione della cd. aggravante privilegiata e cio' anche ove la prima dovesse, come appare verosimile, essere ritenuta prevalente (o anche solo equivalente) rispetto alla contestata recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, codice penale, (giudizio di prevalenza oggi consentito in virtu' della sentenza della Corte costituzionale n. 73 del 24 aprile 2020) in forza del meccanismo di calcolo tra circostanze aggravanti e attenuanti bilanciabili e circostanze aggravanti «privilegiate», in quanto anche in tal caso quest'ultima resterebbe sottratta alla regola di cui all'art. 69 codice penale (si veda, in questo senso, Cassazione SS.UU., sentenza n. 42414 del 29 aprile 2021). E' proprio in riferimento alla norma di cui all'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale, e per gli effetti che la sua applicazione determinerebbe nel caso di specie, che si appuntano i profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale prospettata, che verranno di seguito indicati. 6) La non manifesta infondatezza L'art. 624-bis codice penale e' stato introdotto nell'ordinamento dall'art. 2 legge 26 marzo 2001, n. 128; trattasi della norma che ha anche abrogato le aggravanti, di identico contenuto, precedentemente previste dall'art. 625, comma 1, n. 1) e n. 4) codice penale. Si e' cosi' venuta a creare una nuova fattispecie autonoma di reato, costruita mediante l'inclusione delle condotte prima previste come semplici aggravanti del furto e in tal modo inibendo il giudizio di bilanciamento prima consentito (ex multis, Cassazione SS.UU., n. 46625/2015). Con la legge n. 103/2017, oltre ad aumentare la pena originariamente prevista per la fattispecie-base e per quella aggravata di cui al comma terzo (pene poi ulteriormente aumentate dalla legge n. 36/2019), si e' introdotto un ulteriore comma nella parte finale del testo, in forza del quale «le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o piu' delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita' della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti». La questione di legittimita' costituzionale sollevata trova giustificazione, in particolare, in un recente arresto della Corte costituzionale, con il quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 628, quinto comma, codice penale nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale, allorche' concorra con l'aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis, dello stesso art. 628 (sentenza n. 217 del 22 novembre 2023, dep. l'11 dicembre 2023). Orbene, nella pronuncia citata la Corte e' stata chiamata a confrontarsi con la tenuta costituzionale dell'art. 628, comma quinto, codice penale, che testualmente cosi' recita: «le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dall'art. 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita' della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti». Come evidente, infatti, la citata disposizione normativa, oggetto della declaratoria di incostituzionalita', e' strutturata in maniera del tutto simile a quella oggetto del presente giudizio, relativa al reato di furto in abitazione. In ambedue le norme, dunque, il legislatore ha previsto un meccanismo in forza del quale al ricorrere di talune aggravanti (nel caso dell'art. 624-bis, quelle di cui all'art. 625; nel caso della rapina quelle di cui al terzo comma dell'art. 628 nn. 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater), le circostanze attenuanti concorrenti non sono soggette all'ordinario giudizio di bilanciamento, prevedendosi che la diminuzione di pena per queste ultime venga operato soltanto dopo che alla pena base si sia applicato l'aumento per la circostanza aggravante. In entrambe le norme, inoltre, il legislatore eccettua da tale regola l'attenuante di cui all'art. 98 codice penale (oltre che, quanto all'art. 624-bis, quella di cui all'art. 625-bis). Trattandosi quindi di disposizioni normative strutturate in maniera similare, appare opportuno ripercorrere, brevemente, il percorso argomentativo adottato dalla Corte costituzionale per addivenire alla sentenza di incostituzionalita' dell'art. 628, comma quinto, codice penale. In quella pronuncia, infatti, il Giudice della Leggi ha evidenziato come «il legislatore, nell'esercizio della propria discrezionalita', ha previsto una specifica eccezione alla generale operativita' del divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti menzionate dalla disposizione censurata, in favore soltanto della circostanza della minore eta' di cui all'art. 98 codice penale Occorre, pertanto, stabilire se sussista una "medesima ratio derogandi" tale da rendere contraria al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. la mancata estensione di tale eccezione anche all'attenuante, che qui viene in considerazione, del vizio parziale di mente di cui all'art. 89 codice penale» (punto 3.1 del considerato in diritto). Si e' proseguito, poi, evidenziando come «dal momento che lo scopo sotteso al quinto comma dell'art. 628 codice penale ora all'esame e' evidentemente quello di assicurare a talune ipotesi di rapina aggravata - ritenute dal legislatore produttive di particolare allarme sociale - una pena piu' severa di quella cui condurrebbe, nella generalita' dei casi, l'applicazione dello stesso art. 69 codice penale, la ratio della deroga a tale disciplina in favore dei condannati minorenni non puo' che sottendere la valutazione, da parte del legislatore, di una piu' ridotta meritevolezza di pena di chi abbia commesso il fatto essendo ancora minorenne, per quanto gia' giudicato imputabile dal giudice» (punto 3.2 del considerato in diritto). Purtuttavia, «una tale diminuzione della colpevolezza per il fatto di reato non puo', pero', non essere affermata anche con riferimento a chi abbia agito trovandosi in "tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita' di intendere e di volere", come recita l'art. 89 codice penale» in quanto «identica e', dunque, la conseguenza sulla commisurazione della sanzione che due disposizioni parallele - gli arti. 89 e 98 codice penale -, collocate nel medesimo capo del codice penale, ricollegano alle situazioni qui oggetto di raffronto e identica appare la ratio delle due diminuenti» (punto 3.4 del considerato in diritto). Da cio', quindi, la Corte ne ricava la conclusione che «non superi lo scrutinio di legittimita' costituzionale al metro dell'art. 3 Cost la scelta del legislatore di non estendere al condannato affetto da vizio parziale di mente la stessa regola derogatoria prevista per il condannato minorenne. Una volta, insomma, che il legislatore abbia ritenuto di prevedere una specifica deroga all'applicazione del meccanismo di computo delle circostanze previsto dall'art. 628, quinto comma, codice penale in favore dei minorenni, un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema, esige che tale deroga si estenda anche alla posizione, del tutto analoga sotto il profilo che qui rileva, degli imputati affetti da vizio parziale di mente. Rispetto a questi ultimi, anzi, le ragioni dell'attenuazione di pena valgono a fortiori, dal momento che la notevole riduzione della capacita' di intendere e di volere della persona e' in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso da parte del giudice, di solito in esito a una perizia psichiatrica disposta d'ufficio; mentre nel caso del minorenne e' lo stesso legislatore che presume in via generale la sua minore colpevolezza, una volta che ne sia accertata una maturita' sufficiente a fargli comprendere il disvalore del fatto e a dominare i propri impulsi - e cio' anche nell'ipotesi limite di un ragazzo alla soglia del diciottesimo anno, psichicamente del tutto maturo» (punto 3.5 del considerato in diritto). Le motivazioni utilizzate dalla Corte per giungere alla sentenza di illegittimita' costituzionale della disposizione, dunque, attengono in particolare alla disparita' di trattamento che si determina tra le due circostanze attenuanti (ovvero, lo si ribadisce, tra quella della cd. minore eta' rispetto a quella del cd. vizio parziale di mente), nonostante sia identica la ratio sottesa alla loro previsione, tale dunque da determinare, secondo la Corte, un'insanabile frizione con la previsione dell'art. 3 della Costituzione. Cio' detto, ritiene il Tribunale come tali argomentazioni ben si adattino anche alla norma oggetto del presente giudizio. Anche nell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale, infatti, viene esclusa dal novero delle circostanze attenuanti assoggettate alla regola ivi prevista quella di cui all'art. 98 codice penale, mentre risulta ingiustificatamente non compresa in esso quella del cd. vizio parziale di mente, nonostante, come detto, tra le due ipotesi vi sia una comune ragione che ne giustifica la loro previsione, vale a dire quella di attenuare il trattamento sanzionatorio allorquando il fatto di reato sia commesso da un soggetto con un grado di capacita' di intendere e di volere limitato. A parere di questo Tribunale, dunque, non si scorgono significative diversita' strutturali tra le due norme, di talche' le motivazioni utilizzate dalla Corte per giungere alla declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 628, comma quinto, codice penale ben si attagliano anche al caso di specie. Similmente, non si rinvengono differenze rilevanti tra le due fattispecie di reato, tale per cui la declaratoria di incostituzionalita' del reato di rapina, nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante dell'art. 89 codice penale ancorche' concorra con altre circostanze aggravanti, non possa scorgersi anche rispetto alla fattispecie di reato di furto in abitazione. Trattasi, infatti, di norme collocate tra i delitti contro il patrimonio, nel Capo I dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone. Entrambe le norme incriminatrici, inoltre, sono strutturate nella forma del cd. reato complesso e ambedue prevedono quale fattispecie base il reato di furto. Tutte e due le norme, inoltre, sono articolate nella forma di reato di danno e a forma vincolata. Tanto la rapina quanto il furto in abitazione, inoltre, sono reati posti a tutela di plurimi beni giuridici, tutelando non soltanto il patrimonio, ma anche, il primo, l'integrita' fisica della vittima, e il secondo la sicurezza individuale e piu' in generale la sfera personale di inviolabilita' e riservatezza della persona. In una prospettiva eminentemente fenomenica, inoltre, la severita' del trattamento sanzionatorio per il reato di furto in abitazione sembra trovare giustificazione anche in un'ottica general-preventiva, potendosi ritenere che il legislatore, attraverso tale incriminazione, intenda prevenire che l'ingresso di un soggetto all'interno di un luogo di privata dimora possa comportare, in caso di presenza in loco di un'altra persona, che il fatto di furto possa trasmodare in atti di violenza tali da far mutare quel reato in quello piu' grave di rapina. Anche sotto tale profilo, quindi, non e' dato rinvenire a parere di codesto Tribunale alcun elemento di sensibile diversita' tra le due norme incriminatrici in forza del quale ritenere costituzionalmente legittima l'espunzione dell'attenuante del vizio di mente da quelle per le quali non si applica lo speciale sistema di computo delle circostanze eterogenee, al pari di quanto espressamente previsto dal legislatore per l'attenuante della minore eta' nel reato di rapina. Al contrario, la circostanza che la Corte abbia ritenuto che nella rapina, punita in maniera sensibilmente piu' severa rispetto a quella di furto in abitazione, non possa tollerarsi ai sensi dell'art. 3 della Costituzione la disparita' di trattamento tra l'attenuante della minore eta' e quella del vizio di mente, porta questo Tribunale a ritenere che, nonostante la particolare gravita' del fatto di chi, per commettere il furto, entri in un'abitazione altrui, ovvero in altro luogo di privata dimora o nelle sue pertinenze, e della speciale pericolosita' soggettiva manifestata dall'autore di un simile reato (Corte Cost., sentenza n. 216/2019), tale forma di ingiustificata differenziazione di trattamento debba essere censurata a fortiori nella meno grave ipotesi del furto in abitazione. Non ignora questo Tribunale che rispetto all'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale si e' recentemente occupato il Giudice delle Leggi con la sentenza n. 117 del 12 maggio 2021, con la quale ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale della norma in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione. Tuttavia, si ritiene che la prospettazione della questione odierna muti sensibilmente rispetto a quella sottoposta al vaglio della Corte in quella circostanza. In quel caso, infatti, tra le altre cose, il giudice rimettente aveva manifestato i suoi dubbi di costituzionalita' dell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale soltanto con riferimento al divieto di prevalenza o equivalenza dell'attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 4) codice penale, nonche' con riferimento alle circostanze attenuanti generiche. Testualmente: «sebbene formulata in termini generali, l'odierna censura deve intendersi quindi riferita alle sole circostanze effettivamente ricorrenti nella fattispecie concreta, cioe' - secondo quanto espone lo stesso giudice a quo - al divieto di equivalenza o prevalenza dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita' ex art. 62, primo comma, numero 4), cod pen. e delle attenuanti generiche ex art. 62-bis codice penale nella comparazione con l'aggravante della violenza sulle cose ex art. 625, primo comma, numero 2), codice penale, quest'ultima elevata dall'art. 624-bis, quarto comma, codice penale al rango di circostanza "privilegiata" (punto 9 del considerato in diritto)». Nel caso di specie, il petitum della presente questione di legittimita' costituzionale si ritiene non sovrapponibile a quello, in quanto con questa ordinanza si sottopone alla Corte la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale. 7) La questione di legittimita' costituzionale In conclusione, il Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale relativa al contrasto con l'art. 3 della Costituzione della previsione dell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale, in forza del quale la diminuzione di pena prevista dall'art. 89 codice penale possa operare solo sulla quantita' di pena risultante dall'aumento conseguente alla aggravante privilegiata. Tale contrasto non appare risolvibile attraverso una lettura costituzionalmente orientata della disposizione, atteso il suo inequivoco tenore letterale. Alla luce delle precedenti ragioni, il Tribunale, dovendo fare applicazione di una pena alla cui determinazione concorrono l'aggravante privilegiata (art. 625, comma 1, n. 2) prima parte codice penale) e l'attenuante dell'art. 89 codice penale, essendo la questione rilevante nel giudizio a quo, ritiene non manifestamente infondata la questione prospettata nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale, allorche' concorra con l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 2) prima parte codice penale. Per tale ragione, il processo deve essere sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale. P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e ss. legge 11 marzo 1953 n. 87. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 624-bis, ultimo comma, del codice penale, nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale allorche' essa concorra con la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, numero 2) prima parte codice penale. Sospende il processo e i termini di prescrizione del reato sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai sigg.ri Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Comunicato alle parti mediante lettura della presente ordinanza in udienza ai sensi dell'art. 148, comma 2, codice di procedura penale. Dispone che la cancelleria trasmetta alla Corte costituzionale gli atti del presente giudizio, con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni. Teramo, 16 maggio 2024 Il Giudice: Ursini