Reg. ord. n. 144 del 2024 pubbl. su G.U. del 14/08/2024 n. 33

Ordinanza del Tribunale di Teramo  del 16/05/2024

Tra: R. D.Z.

Oggetto:

Reati e pene – Furto in abitazione – Divieto di equivalenza o di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente, di cui all’art. 89 cod. pen., allorché essa concorra con la circostanza aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose di cui all’art. 625, primo comma, numero 2), prima parte, cod. pen. - Irragionevole disparità di trattamento rispetto a quello riservato all'attenuante della minore età di cui all'art. 98 cod. pen. 

Norme impugnate:

codice penale  del  Num.  Art. 624  Co. 4



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. BUSCEMA


Testo dell'ordinanza

                        N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2024

Ordinanza del 16 maggio 2024 del Tribunale di Teramo nel procedimento
penale a carico di R. D.Z.. 
 
Reati e pene - Furto in abitazione -  Divieto  di  equivalenza  o  di
  prevalenza della  circostanza  attenuante  del  vizio  parziale  di
  mente, di cui all'art. 89 cod. pen., allorche' essa concorra con la
  circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma, numero 2),
  prima parte, cod. pen. 
- Codice penale, art. 624-bis, quarto comma. 


(GU n. 33 del 14-08-2024)

 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TERAMO 
 
    Il Tribunale ordinario  di  Teramo  in  composizione  monocratica
nella persona del giudice dott. Emanuele Ursini, 
    visti gli atti del procedimento penale in atto nei confronti di: 
      D Z R , nato ad ( ) il , libero, non comparso,  gia'  presente,
difeso di fiducia dall' avv.  Emanuele  Iezzi  del  foro  di  Chieti,
imputato dei seguenti reati: 
        a) p. e p. dagli artt. 624 e 625 n. 2 e  7  C.P.  perche'  al
fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver forzato  il  vetro
della portiera  anteriore  sinistra,  si  introduceva  nell'abitacolo
dell'autovettura , targata , di proprieta' di S S , da dove asportava
un telefono cellulare, marca «  »  modello  «  »  di  proprieta'  del
medesimo. 
        Con le aggravanti di aver  commesso  il  fatto  con  violenza
sulle cose, consistita nel forzare il vetro dell'autovettura, nonche'
su cose esposte, per destinazione, alla pubblica fede. 
        Fatti commessi in in data . 
        b) p. e p. dagli art. 624-bis e 625 n. 2 C.P. perche' al fine
di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver  forzato  la  porta  di
ingresso, ed essersi introdotto all'interno dell'abitazione di P G  ,
si impossessava di un televisore, marca « » da e  di  un  portamonete
contenente la somma contante di euro. 
        Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle
cose, consistita nel forzare la porta di ingresso dell'abitazione. 
        Fatto commesso in in data . 
        Con   recidiva    specifica,    reiterata,    pluriaggravata,
infra-quinquennale, ex art. 99 C.P. 
    All'esito dell'udienza del  16  maggio  2024  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza. 
    Il giudice dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.
624-bis ultimo comma, codice penale nella parte in cui  non  consente
di  ritenere  prevalente  o  equivalente  la  circostanza  attenuante
prevista dall'art. 89 codice penale, allorche' la stessa concorra con
la circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, numero 2)
prima parte codice penale. 
    Si ritiene che la questione sia rilevante  e  non  manifestamente
infondata. 
    1) Lo svolgimento del processo 
    In data , D Z R veniva tratto in arresto in flagranza  dei  reati
di cui agli artt. 624/625 n. 2 e 7 e 624-bis/625 n. 2 codice  penale.
Alla udienza di convalida del , il  giudice,  dopo  aver  convalidato
l'arresto in quanto legittimamente eseguito da parte dei  Carabinieri
di , disponeva nei confronti del prevenuto la misura cautelare  degli
arresti domiciliari con  applicazione  del  braccialetto  elettronico
(misura revocata in data ). 
    Alla    convalida    dell'arresto,    faceva    quindi    seguito
l'instaurazione del giudizio direttissimo,  nel  quale  il  difensore
dell'imputato chiedeva la concessione di un termine  a  difesa.  Alla
stessa  udienza  il  giudice,  su  richiesta  del   P.M.,   disponeva
procedersi a perizia volta  ad  accertare,  tra  le  altre  cose,  la
capacita' di intendere e di volere  dell'imputato  al  momento  della
commissione del fatto. Dopo il conferimento dell'incarico al dott.  G
C all'udienza del  ,  lo  stesso  depositava  la  propria  Relazione,
acquisita all'udienza del con il consenso delle parti. 
    Alla successiva udienza del il difensore  dell'imputato  chiedeva
la  definizione  del  giudizio  nelle  forme  del   rito   abbreviato
condizionato alla produzione di un elaborato peritale  relativo  alla
capacita'  di  stare  in  giudizio  dell'imputato   reso   in   altro
procedimento penale. 
    Il giudice disponeva in conformita'. 
    Dopo una serie di rinvii, all'udienza del il Tribunale,  ritenuto
assolutamente necessario al fine del decidere, acquisiva la relazione
peritale del dott. C resa  nel  proc.  pen.  n.  R.G.  tribunale;  n.
R.G.N.R. nei confronti del medesimo imputato odierno. 
    Quindi, all'udienza  del  ,  le  parti  rassegnavano  le  proprie
conclusioni (il P.M. chiedeva la  condanna  dell'imputato  alla  pena
finale di anni due e mesi quattro di reclusione  ed  euro  600,00  di
multa;  mentre  il  difensore  dell'imputato   sollecitava   in   via
principale una sentenza di non doversi procedere ai  sensi  dell'art.
72-bis codice di procedura penale; in subordine assoluzione ai  sensi
dell'art. 530 codice di procedura penale). 
    2) La ricostruzione del fatto 
    In via preliminare, attese le ragioni che  meglio  si  esporranno
nel proseguo,  appare  sufficiente  ricostruire  lo  svolgimento  dei
fatti, per  come  compendiati  attraverso  gli  atti  acquisiti,  con
riferimento al solo reato di cui al capo b) dell'editto  accusatorio,
relativo al reato di furto in  abitazione  aggravato  dalla  violenza
sulle cose. 
    In data i Carabinieri di venivano informati dalla  loro  centrale
operativa di una denuncia orale di furto in abitazione da parte di  P
G .  Quest'ultimo,  successivamente,  presentava  presso  gli  stessi
operanti  una  querela  orale  per  i  fatti  ivi  rappresentati.  In
quell'atto, legittimamente utilizzabile ai fini  della  decisione  in
ragione della scelta processuale dell'imputato di  procedere  con  il
rito  contratto,  e'  possibile  leggere  che  la   persona   offesa,
appartenente alla  Polizia  Penitenziaria  di  ,  mentre  si  trovava
insieme alla propria madre S  M  al  piano  superiore  della  propria
abitazione sita in ( ), via , n. ,  intorno  alle  ore  ,  udiva  dei
rumori provenienti dalla  taverna  dell'abitazione,  posta  al  piano
terra dello stesso stabile. Sceso sul posto, si avvedeva che la porta
di ingresso era aperta e che dal mobile mancava un televisore marca «
», P quindi, usciva fuori dalla casa e in strada vedeva  allontanarsi
di corsa l'odierno imputato, da  lui  ben  conosciuto  in  quanto  in
passato era stato ristretto presso la Casa Circondariale nella  quale
la persona offesa prestava la propria attivita'  lavorativa,  con  in
mano il suo televisore. P , quindi,  decideva  di  seguirlo,  fino  a
notare che D Z faceva ingresso nella propria abitazione sita  in  via
n. in . Nel mentre, la persona offesa  allertava  telefonicamente  il
locale comando dei Carabinieri. 
    Precisava, altresi', P che, da un  controllo  successivo,  poteva
constatare che nella porta di ingresso della taverna, da  lui  chiusa
non a chiave, erano presenti leggeri segni di  effrazioni.  Accertava
inoltre che dallo stesso locale mancava anche un portafogli da  donna
di proprieta' della madre, con all'interno la somma di denaro di euro
, oltre al telecomando del televisore asportato. 
    I Carabinieri di , quindi, giunti nei pressi dell'abitazione  del
D Z , procedevano alla relativa perquisizione domiciliare,  all'esito
della quale veniva rinvenuto il televisore marca « », successivamente
riconosciuto e riconsegnato a  P  G  (veniva  altresi'  rinvenuto  il
telefono cellulare per il quale si procede in relazione  al  capo  a)
dell'imputazione).  Non  veniva  invece  trovato  il  portamonete  di
proprieta' di S M . 
    I militari, successivamente all'arresto in flagranza di reato del
D Z , si portavano nei  pressi  dell'abitazione  del  P  al  fine  di
procedere al sopralluogo dello stabile nel quale era stato poco prima
realizzato il furto. Li' constatavano che la porta di ingresso  della
taverna  sita  al  piano  terra   dell'immobile   riportava   leggere
effrazioni, procedendo altresi' a realizzare  alcune  fotografie  del
luogo (cfr. verbale di arresto del e allegato  fascicolo  fotografico
relativa all'abitazione di P G ). 
    3) La qualificazione giuridica del fatto 
    Ritiene il Tribunale che la qualificazione  giuridica  del  fatto
contestato al capo  b)  dell'imputazione  sia  corretta.  La  persona
offesa P G , infatti, ha descritto i fatti  avvenuti  presso  la  sua
abitazione in maniera chiara e precisa, scevra da qualunque  elemento
che possa far ritenere sussistente un  suo  intento  calunniatorio  a
danno dell'odierno imputato. Peraltro,  il  suo  narrato  ha  trovato
pieno  riscontro  nel  successivo  intervento  dei  militari   presso
l'abitazione della persona che lo stesso P aveva riconosciuto fuggire
con in mano la  refurtiva,  all'esito  del  quale  e'  stato  infatti
recuperato il televisore di proprieta'  della  persona  offesa.  Deve
soggiungersi, inoltre, che lo stesso imputato, in sede di udienza  di
convalida, ha candidamente ammesso di essere l'autore delle  condotte
che gli vengono contestate. 
    Corretta e' la qualificazione giuridica del fatto contestato  nel
reato di furto in abitazione, in quanto  l'ingresso  del  D  Z  nella
taverna del P e' avvenuto senza  il  consenso,  nemmeno  tacito,  del
proprietario e li' e' stata asportata la refurtiva. E' appena il caso
di  ricordare  come  la  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione
affermi, con un orientamento costante e condivisibile,  che  «integra
il reato previsto dall'art. 624-bis codice penale la condotta di  chi
si impossessa di beni mobili introducendosi all'interno di un  garage
mediante la forzatura della porta d'ingresso,  trattandosi  di  luogo
che  costituisce  pertinenza  dell'abitazione,  ove  si  compiono  in
maniera non occasionale  atti  della  vita  privata,  e  che  non  e'
accessibile senza il consenso del titolare» (ex multis,  Cass.  pen.,
n. 5789/2019). 
    Corretta e' anche la contestazione dell'aggravante della violenza
sulle cose. 
    Come noto, l'art. 625, comma 1, n. 2) prima parte  codice  penale
prevede un aggravamento di pena per il  reato  in  questione  ove  la
sottrazione avvenga quando «il colpevole usa  violenza  sulle  cose».
Secondo   l'interpretazione   univoca   della    giurisprudenza    di
legittimita', e' sussistente l'aggravante in parola  allorquando  «il
soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo  posta
a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad
assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attivita'  di
ripristino» (Cass. pen., n. 11720/2019). Si e' inoltre sostenuto  che
«in tema di furto, sussiste l'aggravante della  violenza  sulle  cose
anche qualora l'energia fisica sia rivolta  dal  soggetto  non  sulla
"res" oggetto dell'azione predatoria, ma verso lo strumento  posto  a
sua protezione, purche' sia stata prodotta una qualche conseguenze su
di esso, provocando la rottura,  il  guasto,  il  danneggiamento,  la
trasformazione della cosa altrui o  determinandone  il  mutamento  di
destinazione» (Cass. pen., n. 20476/2018). Nel  caso  di  specie,  le
emergenze probatorie lasciano desumere che D Z abbia  danneggiato  la
porta di ingresso della taverna del P , graffiandola nei pressi della
serratura,  tanto  dunque   da   danneggiarla,   come   adeguatamente
riscontrato dai militari giunti sul posto attraverso la  visione  del
luogo e la riproduzione fotografica di esso;  ne'  appare  dubitabile
come  tale  porta  rappresentasse  lo   strumento   predisposto   dal
proprietario del luogo  affinche'  terze  persone  non  vi  facessero
ingresso senza il suo consenso. 
    4) La ridotta capacita' di intendere e di volere dell'imputato al
momento della commissione del fatto 
    In seno  al  presente  procedimento  penale,  e'  stata  disposta
perizia sulla capacita' di intendere e di volere dell'imputato. Nella
Relazione scritta depositata, dopo aver raccolto le note amamnestiche
e la storia clinica dell'imputato, in  particolare  relative  al  suo
stato di tossicodipendente e di alcoldipendente da  lungo  tempo,  e'
possibile leggere che «il quadro sintomatologico mostrato dal sig.  D
Z indirizza verso la diagnosi di Disturbo di personalita' antisociale
(...). Sostanzialmente l'ENB-2 conferma che il sig. D Z  presenta  un
decadimento cognitivo con compromissione della comprensione  verbale,
della memoria a lungo termine e dei meccanismi di pianificazione  per
la strutturazione delle informazioni, di attenzione selettiva,  delle
abilita' di accesso e di recupero lessicale, di  abilita'  esecutive,
delle abilita' costruttive, della capacita' di  percepire,  agire  ed
operare utilizzando coordinate spaziali,  delle  abilita'  prassiche,
della   capacita'   di   astrazione,   memoria   visiva,    capacita'
programmatorie (...). Le  azioni  del  sig.  D  Z  rappresentano  una
condotta,  inscritta  in  un  modo  di  essere  di  cui  fanno  parte
impulsivita' e disforia, manifestazioni di problematicita',  che  pur
non  eliminandola,  tuttavia  scemano  grandemente  la  capacita'  di
intendere  il  disvalore  delle  azioni  e  di   scegliere   condotte
alternative,   alla   quale   e'    attribuibile    un    significato
psicopatologico, nella sua  accezione  di  infermita'  rilevante  sul
piano forense». Concludendo, quindi, coerentemente  con  lo  scenario
tratteggiato con la considerazione che «il sig. D Z  al  momento  dei
fatti  (e  tuttora)  era   affetto   da   Disturbo   antisociale   di
personalita',   Ritardo   mentale   lieve,   decadimento    cognitivo
conseguente a cronica  intossicazione  da  alcol  e  stupefacenti  in
soggetto con epatite HCV/HBV correlata, infezione da HIV,  infermita'
tali  da  scemare  grandemente  senza  escluderle,  le  capacita'  di
intendere e di volere». 
    Nella stessa direzione, ovvero verso la parziale  incapacita'  di
intendere e di volere dell'imputato al momento del  fatto,  depongono
le ulteriori relazioni peritali redatte in altri procedimenti  penali
ed acquisite al presente, tra le quali quelle del dott. C  per  fatti
commessi  dall'imputato  nel  e  del  dott.  C  per  fatti   commessi
dall'imputato nel . 
    Appare, quindi, ampiamente comprovato che l'odierno imputato,  al
momento del fatto, era affetto da una ridotta capacita' di  intendere
e di volere, con la conseguenza che ad esso, per  il  fatto  oggi  in
giudizio, e' possibile applicare la  circostanza  attenuante  di  cui
all'art. 89 codice penale. 
    Anticipando in  parte  le  considerazioni  che  di  qui  a  breve
verranno sviluppate in ordine  alla  rilevanza  della  questione  nel
presente giudizio, e' appena il caso di evidenziare come, a parere di
questo Tribunale, non sia possibile procedere ad una sentenza ex art.
72-bis codice di procedura penale. 
    Sul punto, infatti, la relazione del dott. C , resa nel  presente
procedimento, a differenza delle altre  relazioni  acquisite,  depone
nel senso della capacita' dell'imputato di partecipare coscientemente
al processo, conclusione che questo Tribunale ritiene di far propria.
Si  tratta,  infatti,  della  perizia   psichiatrica   piu'   recente
effettuata nei confronti del D Z , mentre le altre, redatte in  epoca
antecedente, avevano escluso la capacita'  processuale  dell'imputato
pur ritenendo  che  tale  situazione  «e'  da  intendersi  nel  tempo
reversibile»; la medesima Relazione  del  dott.  C  fornisce  inoltre
adeguata   motivazione   circa   l'attuale   capacita'    processuale
dell'imputato, evidenziando a tal riguardo che «e' probabile  che  la
sintomatologia psicotica sia ascrivibile  ad  un  disturbo  psicotico
indotto da  sostanze  che  e'  un'affezione  transitoria  tipicamente
autolimitantesi, spesso di breve  durata,  risolvendosi  generalmente
poco dopo che la sostanza causale viene eliminata  (...)  oltre  che,
naturalmente, ne e' sempre possibile il controllo farmacologico». 
    5) La rilevanza della Questione 
    Orbene, chiarito quindi che nel presente processo  l'imputato  e'
accusato del reato di furto  in  abitazione,  aggravato  da  violenza
sulle cose e che risulta sussistente l'attenuante di cui all'art.  89
codice penale, ritiene il Tribunale, in primo  luogo,  che  l'ipotesi
accusatoria appaia tutt'altro che smentita e vi sia, di  conseguenza,
la concreta possibilita'  che,  all'esito  del  giudizio,  l'imputato
possa essere condannato per il  reato  a  lui  ascritto  al  capo  b)
dell'imputazione. 
    Deve altresi' evidenziarsi  che,  in  un  ipotetico  giudizio  di
bilanciamento tra  l'aggravante  in  parola  e  l'attenuante  di  cui
all'art. 89 codice  penale,  debba  attribuirsi  netta  prevalenza  a
quest'ultima.  La  grave  condizione  psicopatologica  dell'imputato,
infatti, per come documentata e descritta  dai  periti,  delinea  uno
scenario nel quale la commissione del fatto di reato a lui attribuito
appare fortemente, se non unicamente, indotta dal suo stato  mentale,
tale quindi da ridurne sensibilmente la sua capacita' di cogliere  il
significato sociale della propria condotta antigiuridica, nonche'  di
scegliere in maniera orientata tra  i  vari  impulsi  dell'agire.  Di
talche',  la  rimproverabilita'  soggettiva  del   reato   attribuito
all'imputato  appare  ampiamente  ridotta  in  forza  della  parziale
incapacita' di intendere  e  di  volere  dalla  quale  lo  stesso  e'
risultato affetto al momento della commissione del  fatto;  tale  per
cui l'attenuante di cui all'art. 89  codice  penale  assume  un  peso
preponderante nel concreto disvalore penale della  condotta  rispetto
all'aggravante della violenza sulle  cose,  anche  in  considerazione
dello scarso valore economico del bene attinto dalla vis  (ovvero  di
una  porta  interna  dell'abitazione),  nonche'  per  il  presumibile
ridotto danno patrimoniale  cagionato  alla  persona  offesa  (si  e'
trattato, come detto, di alcuni graffi). 
    Senonche', per il reato di furto in abitazione,  l'art.  624-bis,
ultimo  comma,  codice  penale,  preclude  il  normale  giudizio   di
bilanciamento tra circostanze eterogenee di cui  all'art.  69  codice
penale,  disponendo  testualmente  che  «le  circostanze  attenuanti,
diverse da quelle previste dagli articoli 98 e  625-bis,  concorrenti
con una o piu' delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625,  non
possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste  e
le diminuzioni di  pena  si  operano  sulla  quantita'  della  stessa
risultante  dall'aumento  conseguente   alle   predette   circostanze
aggravanti». Conseguentemente, la chiara formulazione letterale della
norma  consentirebbe  nel  caso   di   specie   di   dare   rilevanza
all'attenuante della seminfermita' di mente soltanto dopo che la pena
base  e'  stata  aumentata  in  virtu'  dell'applicazione  della  cd.
aggravante privilegiata e cio'  anche  ove  la  prima  dovesse,  come
appare  verosimile,  essere  ritenuta  prevalente   (o   anche   solo
equivalente) rispetto alla contestata recidiva di  cui  all'art.  99,
comma quarto, codice penale, (giudizio di prevalenza oggi  consentito
in virtu' della sentenza della Corte  costituzionale  n.  73  del  24
aprile 2020) in forza  del  meccanismo  di  calcolo  tra  circostanze
aggravanti  e  attenuanti  bilanciabili  e   circostanze   aggravanti
«privilegiate», in quanto anche in tal caso  quest'ultima  resterebbe
sottratta alla regola di cui all'art. 69 codice penale (si  veda,  in
questo senso, Cassazione SS.UU., sentenza  n.  42414  del  29  aprile
2021). 
    E' proprio in riferimento alla norma  di  cui  all'art.  624-bis,
ultimo  comma,  codice  penale,  e  per  gli  effetti  che   la   sua
applicazione determinerebbe nel caso di specie, che  si  appuntano  i
profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale prospettata, che verranno di seguito indicati. 
    6) La non manifesta infondatezza 
    L'art. 624-bis codice penale e' stato introdotto nell'ordinamento
dall'art. 2 legge 26 marzo 2001, n. 128; trattasi della norma che  ha
anche abrogato le aggravanti, di identico contenuto,  precedentemente
previste dall'art. 625, comma 1, n. 1) e n. 4) codice penale.  Si  e'
cosi' venuta a  creare  una  nuova  fattispecie  autonoma  di  reato,
costruita mediante l'inclusione delle condotte  prima  previste  come
semplici aggravanti del furto e in tal modo inibendo il  giudizio  di
bilanciamento prima consentito  (ex  multis,  Cassazione  SS.UU.,  n.
46625/2015). 
    Con  la  legge  n.  103/2017,  oltre   ad   aumentare   la   pena
originariamente  prevista  per  la  fattispecie-base  e  per   quella
aggravata di cui al comma terzo  (pene  poi  ulteriormente  aumentate
dalla legge n. 36/2019), si e' introdotto un  ulteriore  comma  nella
parte  finale  del  testo,  in  forza  del  quale   «le   circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98  e  625-bis,
concorrenti con una  o  piu'  delle  circostanze  aggravanti  di  cui
all'art. 625, non possono essere ritenute  equivalenti  o  prevalenti
rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita'
della  stessa  risultante  dall'aumento  conseguente  alle   predette
circostanze aggravanti». 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  trova
giustificazione, in particolare, in un recente  arresto  della  Corte
costituzionale, con il quale  e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 628, quinto comma, codice penale nella parte
in  cui  non  consente  di  ritenere  prevalente  o  equivalente   la
circostanza attenuante prevista dall'art. 89 codice penale, allorche'
concorra con l'aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis,  dello
stesso art. 628 (sentenza n. 217 del  22  novembre  2023,  dep.  l'11
dicembre 2023). 
    Orbene, nella pronuncia citata  la  Corte  e'  stata  chiamata  a
confrontarsi  con  la  tenuta  costituzionale  dell'art.  628,  comma
quinto, codice penale, che testualmente cosi' recita: «le circostanze
attenuanti, diverse da quelle previste dall'art. 98, concorrenti  con
le aggravanti di cui  al  terzo  comma,  numeri  3,  3-bis,  3-ter  e
3-quater,  non  possono  essere  ritenute  equivalenti  o  prevalenti
rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita'
della  stessa  risultante  dall'aumento  conseguente  alle   predette
aggravanti».  Come  evidente,   infatti,   la   citata   disposizione
normativa, oggetto  della  declaratoria  di  incostituzionalita',  e'
strutturata in maniera del tutto simile a quella oggetto del presente
giudizio, relativa al reato di furto in  abitazione.  In  ambedue  le
norme, dunque, il legislatore ha previsto un meccanismo in forza  del
quale al ricorrere di talune aggravanti (nel caso dell'art.  624-bis,
quelle di cui all'art. 625; nel caso della rapina quelle  di  cui  al
terzo comma dell'art.  628  nn.  3,  3-bis,  3-ter  e  3-quater),  le
circostanze attenuanti concorrenti non  sono  soggette  all'ordinario
giudizio di bilanciamento, prevedendosi che la  diminuzione  di  pena
per queste ultime venga operato soltanto dopo che alla pena  base  si
sia applicato l'aumento per la circostanza aggravante. 
    In entrambe le norme, inoltre, il legislatore  eccettua  da  tale
regola l'attenuante di cui all'art.  98  codice  penale  (oltre  che,
quanto all'art. 624-bis, quella di cui all'art. 625-bis). 
    Trattandosi  quindi  di  disposizioni  normative  strutturate  in
maniera  similare,  appare  opportuno  ripercorrere,  brevemente,  il
percorso  argomentativo  adottato  dalla  Corte  costituzionale   per
addivenire alla sentenza di incostituzionalita' dell'art. 628,  comma
quinto, codice penale. 
    In  quella  pronuncia,  infatti,  il  Giudice  della   Leggi   ha
evidenziato  come  «il  legislatore,  nell'esercizio  della   propria
discrezionalita', ha previsto una specifica eccezione  alla  generale
operativita' del divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti
rispetto alle aggravanti menzionate dalla disposizione censurata,  in
favore soltanto della circostanza della minore eta' di  cui  all'art.
98  codice  penale  Occorre,  pertanto,  stabilire  se  sussista  una
"medesima ratio derogandi" tale da rendere contraria al principio  di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. la  mancata  estensione  di  tale
eccezione anche all'attenuante, che qui viene in considerazione,  del
vizio parziale di mente di cui all'art. 89 codice penale» (punto  3.1
del considerato in diritto). Si e' proseguito, poi, evidenziando come
«dal momento che lo scopo  sotteso  al  quinto  comma  dell'art.  628
codice penale ora all'esame e' evidentemente quello di  assicurare  a
talune  ipotesi  di  rapina  aggravata  -  ritenute  dal  legislatore
produttive di particolare allarme sociale - una pena piu'  severa  di
quella cui condurrebbe, nella generalita'  dei  casi,  l'applicazione
dello stesso art. 69 codice penale, la  ratio  della  deroga  a  tale
disciplina in favore dei condannati minorenni non puo' che sottendere
la valutazione,  da  parte  del  legislatore,  di  una  piu'  ridotta
meritevolezza di pena di chi abbia commesso il fatto  essendo  ancora
minorenne, per quanto gia' giudicato imputabile dal  giudice»  (punto
3.2 del considerato in diritto). Purtuttavia, «una  tale  diminuzione
della colpevolezza per il fatto di reato non puo', pero', non  essere
affermata anche con riferimento a chi abbia agito trovandosi in "tale
stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita'
di intendere e di volere", come recita l'art. 89  codice  penale»  in
quanto «identica e',  dunque,  la  conseguenza  sulla  commisurazione
della sanzione che due disposizioni parallele - gli  arti.  89  e  98
codice penale -, collocate  nel  medesimo  capo  del  codice  penale,
ricollegano alle situazioni  qui  oggetto  di  raffronto  e  identica
appare la ratio delle due diminuenti» (punto 3.4 del  considerato  in
diritto). 
    Da cio', quindi, la Corte  ne  ricava  la  conclusione  che  «non
superi lo scrutinio di legittimita' costituzionale al metro dell'art.
3 Cost la scelta del  legislatore  di  non  estendere  al  condannato
affetto da vizio parziale  di  mente  la  stessa  regola  derogatoria
prevista per il condannato minorenne.  Una  volta,  insomma,  che  il
legislatore  abbia  ritenuto  di  prevedere  una   specifica   deroga
all'applicazione del meccanismo di computo delle circostanze previsto
dall'art. 628, quinto comma, codice penale in favore  dei  minorenni,
un imperativo di coerenza, per linee interne al  sistema,  esige  che
tale deroga si estenda anche alla posizione, del tutto analoga  sotto
il profilo che qui rileva, degli imputati affetti da  vizio  parziale
di   mente.   Rispetto   a   questi   ultimi,   anzi,   le    ragioni
dell'attenuazione di pena valgono a  fortiori,  dal  momento  che  la
notevole riduzione della capacita' di intendere  e  di  volere  della
persona e' in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso
da parte del giudice, di solito in esito a una  perizia  psichiatrica
disposta d'ufficio; mentre  nel  caso  del  minorenne  e'  lo  stesso
legislatore che presume in via generale la sua  minore  colpevolezza,
una volta che ne sia accertata una  maturita'  sufficiente  a  fargli
comprendere il disvalore del fatto e a dominare i propri impulsi -  e
cio'  anche  nell'ipotesi  limite  di  un  ragazzo  alla  soglia  del
diciottesimo anno, psichicamente del tutto  maturo»  (punto  3.5  del
considerato in diritto). 
    Le motivazioni utilizzate dalla Corte per giungere alla  sentenza
di  illegittimita'   costituzionale   della   disposizione,   dunque,
attengono in  particolare  alla  disparita'  di  trattamento  che  si
determina tra le due circostanze attenuanti (ovvero, lo si ribadisce,
tra quella della cd. minore eta' rispetto  a  quella  del  cd.  vizio
parziale di mente), nonostante sia identica  la  ratio  sottesa  alla
loro previsione,  tale  dunque  da  determinare,  secondo  la  Corte,
un'insanabile  frizione  con  la   previsione   dell'art.   3   della
Costituzione. 
    Cio' detto, ritiene il Tribunale come tali argomentazioni ben  si
adattino anche  alla  norma  oggetto  del  presente  giudizio.  Anche
nell'art.  624-bis,  ultimo  comma,  codice  penale,  infatti,  viene
esclusa dal novero delle  circostanze  attenuanti  assoggettate  alla
regola ivi prevista quella di cui all'art. 98 codice  penale,  mentre
risulta ingiustificatamente non compresa in esso quella del cd. vizio
parziale di mente, nonostante, come detto, tra le due ipotesi vi  sia
una comune ragione che ne giustifica la loro previsione, vale a  dire
quella di attenuare il trattamento sanzionatorio allorquando il fatto
di reato sia commesso da un soggetto con un  grado  di  capacita'  di
intendere e di volere limitato. 
    A  parere  di  questo  Tribunale,   dunque,   non   si   scorgono
significative diversita' strutturali tra le due norme, di talche'  le
motivazioni utilizzate dalla Corte per giungere alla declaratoria  di
incostituzionalita' dell'art. 628, comma quinto, codice penale ben si
attagliano anche al caso di specie. 
    Similmente, non si rinvengono differenze  rilevanti  tra  le  due
fattispecie   di   reato,   tale   per   cui   la   declaratoria   di
incostituzionalita' del reato di  rapina,  nella  parte  in  cui  non
consente  di  ritenere  prevalente  o  equivalente   la   circostanza
attenuante dell'art. 89 codice penale ancorche'  concorra  con  altre
circostanze aggravanti,  non  possa  scorgersi  anche  rispetto  alla
fattispecie di reato di furto in abitazione.  Trattasi,  infatti,  di
norme collocate tra i delitti contro il patrimonio, nel  Capo  I  dei
delitti contro il patrimonio  mediante  violenza  alle  cose  o  alle
persone. Entrambe le norme incriminatrici, inoltre, sono  strutturate
nella forma  del  cd.  reato  complesso  e  ambedue  prevedono  quale
fattispecie base il reato di furto. Tutte e due  le  norme,  inoltre,
sono articolate nella forma di reato di danno e  a  forma  vincolata.
Tanto la rapina quanto il furto in abitazione,  inoltre,  sono  reati
posti a tutela di plurimi beni giuridici, tutelando non  soltanto  il
patrimonio, ma anche, il primo, l'integrita' fisica della vittima,  e
il secondo la sicurezza individuale  e  piu'  in  generale  la  sfera
personale di inviolabilita' e riservatezza della persona. 
    In  una  prospettiva  eminentemente   fenomenica,   inoltre,   la
severita' del trattamento sanzionatorio per  il  reato  di  furto  in
abitazione  sembra  trovare  giustificazione   anche   in   un'ottica
general-preventiva, potendosi ritenere che il legislatore, attraverso
tale incriminazione, intenda prevenire che l'ingresso di un  soggetto
all'interno di un luogo di privata dimora possa comportare,  in  caso
di presenza in loco di un'altra persona, che il fatto di furto  possa
trasmodare in atti di violenza tali  da  far  mutare  quel  reato  in
quello piu' grave di rapina. 
    Anche sotto tale profilo, quindi, non e' dato rinvenire a  parere
di codesto Tribunale alcun elemento di sensibile  diversita'  tra  le
due   norme   incriminatrici   in   forza    del    quale    ritenere
costituzionalmente legittima l'espunzione dell'attenuante  del  vizio
di mente da quelle per le quali non si applica lo speciale sistema di
computo delle circostanze eterogenee, al pari di quanto espressamente
previsto dal legislatore per l'attenuante della minore eta' nel reato
di rapina. 
    Al contrario, la circostanza che  la  Corte  abbia  ritenuto  che
nella rapina, punita in maniera sensibilmente piu' severa rispetto  a
quella  di  furto  in  abitazione,  non  possa  tollerarsi  ai  sensi
dell'art. 3 della  Costituzione  la  disparita'  di  trattamento  tra
l'attenuante della minore eta' e quella del  vizio  di  mente,  porta
questo Tribunale a ritenere che, nonostante la  particolare  gravita'
del fatto di chi, per commettere il  furto,  entri  in  un'abitazione
altrui,  ovvero  in  altro  luogo  di  privata  dimora  o  nelle  sue
pertinenze, e della  speciale  pericolosita'  soggettiva  manifestata
dall'autore di un simile reato (Corte Cost., sentenza  n.  216/2019),
tale forma di ingiustificata differenziazione  di  trattamento  debba
essere censurata a fortiori nella meno grave  ipotesi  del  furto  in
abitazione. 
    Non ignora questo Tribunale che rispetto all'art. 624-bis, ultimo
comma, codice penale si e' recentemente  occupato  il  Giudice  delle
Leggi con la sentenza n. 117 del 12 maggio  2021,  con  la  quale  ha
dichiarato non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
della norma in riferimento agli artt.  3  e  27  della  Costituzione.
Tuttavia, si ritiene che la prospettazione  della  questione  odierna
muti sensibilmente rispetto a quella sottoposta al vaglio della Corte
in quella circostanza. In quel caso, infatti, tra le altre  cose,  il
giudice   rimettente   aveva   manifestato   i    suoi    dubbi    di
costituzionalita' dell'art.  624-bis,  ultimo  comma,  codice  penale
soltanto con riferimento  al  divieto  di  prevalenza  o  equivalenza
dell'attenuante di cui all'art. 62, primo  comma,  numero  4)  codice
penale,  nonche'  con   riferimento   alle   circostanze   attenuanti
generiche. Testualmente:  «sebbene  formulata  in  termini  generali,
l'odierna  censura  deve  intendersi  quindi   riferita   alle   sole
circostanze effettivamente  ricorrenti  nella  fattispecie  concreta,
cioe' - secondo quanto espone lo stesso giudice a quo - al divieto di
equivalenza o prevalenza dell'attenuante del  danno  patrimoniale  di
speciale tenuita' ex art. 62, primo comma,  numero  4),  cod  pen.  e
delle  attenuanti  generiche  ex  art.  62-bis  codice  penale  nella
comparazione con l'aggravante della violenza sulle cose ex art.  625,
primo comma, numero 2), codice penale, quest'ultima elevata dall'art.
624-bis,  quarto  comma,  codice  penale  al  rango  di   circostanza
"privilegiata" (punto 9 del considerato in diritto)». 
    Nel caso di  specie,  il  petitum  della  presente  questione  di
legittimita' costituzionale si ritiene non sovrapponibile  a  quello,
in quanto con questa ordinanza si sottopone alla Corte  la  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  624-bis,  ultimo  comma,
codice penale nella parte in cui non consente di ritenere  prevalente
o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89  codice
penale. 
    7) La questione di legittimita' costituzionale 
    In  conclusione,   il   Tribunale   ritiene   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
relativa  al  contrasto  con  l'art.  3  della   Costituzione   della
previsione dell'art. 624-bis, ultimo comma, codice penale,  in  forza
del quale la diminuzione di pena prevista dall'art. 89 codice  penale
possa operare solo sulla quantita' di  pena  risultante  dall'aumento
conseguente alla aggravante privilegiata. 
    Tale contrasto non  appare  risolvibile  attraverso  una  lettura
costituzionalmente  orientata  della  disposizione,  atteso  il   suo
inequivoco tenore letterale. 
    Alla luce delle precedenti ragioni, il  Tribunale,  dovendo  fare
applicazione  di  una  pena  alla   cui   determinazione   concorrono
l'aggravante privilegiata (art. 625,  comma  1,  n.  2)  prima  parte
codice penale) e l'attenuante dell'art. 89 codice penale, essendo  la
questione rilevante nel giudizio a quo,  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione prospettata nella parte in cui non consente di
ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante  prevista
dall'art. 89 codice penale, allorche' concorra  con  l'aggravante  di
cui all'art. 625, comma primo, n. 2) prima parte codice penale. 
    Per tale ragione, il processo deve  essere  sospeso  e  gli  atti
trasmessi alla Corte costituzionale. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione,  23  e  ss.  legge  11
marzo 1953 n. 87. 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
all'art.  3  della  Costituzione,  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 624-bis, ultimo comma,  del  codice  penale,
nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o  equivalente
la  circostanza  attenuante  prevista  dall'art.  89  codice   penale
allorche' essa concorra con la circostanza aggravante di cui all'art.
625, comma primo, numero 2) prima parte codice penale. 
    Sospende il processo e i termini di prescrizione del  reato  sino
all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
sigg.ri Presidenti del Senato della Repubblica  e  della  Camera  dei
deputati. 
    Comunicato alle parti mediante lettura della  presente  ordinanza
in udienza ai sensi dell'art.  148,  comma  2,  codice  di  procedura
penale. 
    Dispone che la cancelleria trasmetta  alla  Corte  costituzionale
gli  atti  del  presente  giudizio,  con  la  prova  delle   avvenute
notificazioni e comunicazioni. 
      Teramo, 16 maggio 2024 
 
                         Il Giudice: Ursini