Reg. ord. n. 161 del 2024 pubbl. su G.U. del 11/09/2024 n. 37
Ordinanza del Tribunale di Macerata del 04/07/2024
Tra: M. S.
Oggetto:
Processo penale – Incompatibilità del giudice – Mancata previsione dell’incompatibilità a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l’imputato alla messa alla prova, in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando l'ipotesi originariamente contestata in un diverso titolo di reato – Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 2022.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 34
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 111
Co.
Camera di Consiglio del 6 ottobre 2025 rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 luglio 2024
Ordinanza del 4 luglio 2024 del Tribunale di Macerata nel
procedimento penale a carico di M. S..
Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Mancata previsione
dell'incompatibilita' a decidere in sede di giudizio abbreviato del
giudice che abbia in precedenza ammesso l'imputato alla messa alla
prova, in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla
qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando l'ipotesi
originariamente contestata in un diverso titolo di reato.
- Codice di procedura penale, art. 34.
(GU n. 37 del 11-09-2024)
TRIBUNALE DI MACERATA
Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale
Proc. n. 3198/23 RGNR
2450/23 RGGIP
Il tribunale penale di Macerata, ufficio GIP-GUP, nella
persona del dott. Giovanni M. Manzoni.
Premesso che
In data 22 novembre 2023 il GIP emetteva decreto di giudizio
immediato nei confronti di S M in relazione al reato di cui all'art.
73, comma I e IV del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, per aver l'imputato detenuto al di fuori della abitazione a
fini di spaccio 126.9 gr di hashish e 2.2 gr di cocaina.
A seguito della notifica del decreto di giudizio immediato la
difesa chiedeva ammissione della messa alla prova del proprio
assistito previa riqualificazione del fatto (sub art. 73, comma V del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990) e, in subordine,
definizione del processo con rito abbreviato.
Alla udienza del 6 marzo 2024 questo giudice, «ritenuto che i
fatti possano ricondursi sub art. 73, comma V del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990» (e pertanto riqualificati i
fatti sotto differente titolo di reato) ammetteva l'imputato alla
messa alla prova.
Alla udienza del 19 giugno 2024, preso atto che il S aveva
dichiarato all'UEPE di non essere piu' interessato allo svolgimento
della messa alla prova, questo GIP revocava la messa alla prova e la
difesa insisteva per la definizione del processo con rito abbreviato
(possibilita' processualmente ritenuta ammissibile da questo giudice,
alla luce del favore del sistema per la definizione del processo con
riti alternativi; cfr. anche Corte di cassazione 13747/21).
In data 19 giugno 2024 questo giudice avanzava istanza di
astensione, avendo in precedenza ritenuto in sede di MAP la
riconducibilita' dei fatti sub art. 73, comma V del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990.
Tale istanza era rigettata con provvedimento 25 giugno 2024
«trattandosi di decisione avanzata nella stessa fase processuale e
che non implica comunque una approfondita valutazione sul merito
della accusa ma unicamente una delibazione sulla insussistenza di
causa di proscioglimento ex art. 129 del codice di procedura penale».
Che con nota 29 giugno 2024 questo GIP invitava il Presidente di
sezione delegato a rivalutare la propria decisione, in quanto si
trattava di fasi diverse e non si era fatta solo valutazione di
insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 del codice di
procedura penale quella, ben piu' pregnante, di riconducibilita'
delle condotte sub art. 73, comma V del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990.
Che con provvedimento 2 luglio 2024 il Presidente di sezione
delegato «conferma(va) il provvedimento adottato».
Tanto premesso questo giudice,
Osserva
Ritiene questo GUP la possibile incostituzionalita' dell'art. 34
del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la
incompatibilita' a decidere in sede di giudizio abbreviato del
giudice che abbia in precedenza ammesso l'imputato alla messa alla
prova in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla
qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando la ipotesi
originariamente contestata.
L'art. 34, comma 2 del codice di procedura penale non contempla
infatti l'ipotesi considerata tra i casi di incompatibilita' del
giudice, ne' essa potrebbe neppure costituire motivo di ricusazione a
norma dell'art. 37, comma 1, lettera b) del codice di procedura
penale, non trattandosi di una manifestazione indebita del
convincimento del giudice sui fatti oggetto dell'imputazione.
Nemmeno, d'altra parte d'altra parte, risulta appagante il
ricorso all'istituto dell'astensione per «gravi ragioni di
convenienza» (art. 36, comma 1, lettera h) del codice di procedura
penale), non potendo essere rimessa alla discrezionalita' del singolo
magistrato la autovalutazione della propria capacita' professionale
di non lasciarsi influenzare da giudizi gia' espressi ritualmente
(peraltro nel caso di specie istanza di astensione e' stata
ritualmente avanzata, riproposta e iteratamente rigettata).
Sovviene pertanto, la motivazione della pronuncia 16/22 della
Corte adita che ha ritenuto che «Per costante giurisprudenza di
questa Corte, le norme sulla incompatibilita' del giudice, derivante
da atti compiuti nel procedimento, sono poste a tutela dei valori
della terzieta' e della imparzialita' della giurisdizione, presidiati
dagli articoli 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma della
Costituzione, risultando finalizzate ad evitare che la decisione sul
merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla forza
della prevenzione - ossia dalla naturale tendenza a confermare una
decisione gia' presa o mantenere un atteggiamento gia' assunto -
scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente
chiamato in ordine alla medesima res iudicanda (ex plurimis, sentenze
n. 183 del 2013, n. 153 del 2012, n. 177 del 2010 e n. 224 del 2001).
L'imparzialita' del giudice richiede, in specie, che "la funzione
del giudicare sia assegnata a un soggetto 'terzo', non solo scevro di
interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del
diritto ma anche sgombro da convinzioni precostituite in ordine alla
materia da decidere, formatesi in diverse fasi del giudizio in
occasione di funzioni decisorie ch'egli sia stato chiamato a svolgere
in precedenza" (sentenza n. 155 del 1996).
In quest'ottica, l'art. 34 del codice di procedura penale - dopo
aver regolato, al comma 1, la cosiddetta incompatibilita'
"verticale", determinata dall'articolazione e dalla consecutio dei
diversi gradi di giudizio - si occupa, al comma 2 (oggi censurato),
della cosiddetta incompatibilita' "orizzontale", attinente alla
relazione tra la fase del giudizio e quella che immediatamente la
precede.
La disposizione, costruita secondo la tecnica della casistica
tassativa ("[n]on puo' partecipare al giudizio il giudice che ha
emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o ha
disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna
o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a
procedere"), e' stata oggetto, nel corso del tempo, di numerose
declaratorie di illegittimita' costituzionale di tipo additivo, che
hanno significativamente ampliato l'elenco delle ipotesi di
operativita' dell'istituto.
4.2.- In linea generale, l'incompatibilita' presuppone una
relazione tra due termini: una "fonte di pregiudizio" (ossia
un'attivita' giurisdizionale atta a generare la forza della
prevenzione) e una "sede pregiudicata" (vale a dire un compito
decisorio, al quale il giudice, che abbia posto in essere l'attivita'
pregiudicante, non risulta piu' idoneo).
4.2.1. - Per quanto attiene alla "sede pregiudicata" - che l'art.
34, comma 2 del codice di procedura penale individua nella
"partecipa[zione] al giudizio" - questa Corte, fin dalle sue prime
pronunce in materia, ha posto in evidenza come per "giudizio" debba
intendersi ogni processo che in base a un esame delle prove pervenga
a una decisione di merito (sentenze n. 155 e n. 131 del 1996, n. 453
del 1994, n. 439 del 1993, n. 261, n. 186 e n. 124 del 1992).
La nozione comprende, pertanto, non soltanto il giudizio
dibattimentale, ma anche il giudizio abbreviato (sentenza n. 401 del
1991), l'applicazione della pena su richiesta delle parti (ordinanza
n. 151 del 2004), e, per quanto qui interessa, l'udienza preliminare
(almeno nell'attuale configurazione, sentenza n. 224 del 2001) ...
4.2.2.- Quanto, invece, all'"attivita' pregiudicante", questa
Corte ha da tempo precisato le condizioni in presenza delle quali la
previsione dell'incompatibilita' del giudice deve ritenersi
costituzionalmente necessaria.
In primo luogo, presupposto di ogni incompatibilita'
endoprocessuale e' la preesistenza di valutazioni che cadono sulla
medesima res iudicanda. In secondo luogo - benche' l'architettura del
nuovo rito penale richieda, in linea di principio, che le conoscenze
probatorie del giudice si formino nella fase del dibattimento - non
basta a generare l'incompatibilita' la semplice conoscenza di atti
anteriormente compiuti, ma occorre che il giudice sia stato chiamato
a compiere una valutazione di essi, strumentale all'assunzione di una
decisione. In terzo luogo, tale decisione deve avere natura non
"formale", ma "di contenuto": essa deve comportare, cioe',
valutazioni che attengono al merito dell'ipotesi dell'accusa, e non
gia' al mero svolgimento del processo. Da ultimo, affinche' insorga
l'incompatibilita', e' necessario che la precedente valutazione si
collochi in una diversa fase del procedimento, essendo del tutto
ragionevole che, all'interno di ciascuna delle fasi, resti preservata
"l'esigenza di continuita' e di globalita'": prospettiva nella quale
il giudice chiamato al giudizio di merito non incorre in
incompatibilita' allorche' compia valutazioni preliminari, anche di
merito, destinate a sfociare in quella conclusiva, venendosi
altrimenti a determinare una "assurda frammentazione" del
procedimento, che implicherebbe la necessita' di disporre, per la
medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli
atti da compiere (sentenze n. 153 del 2012 e n. 131 del 1996)».
Ad avviso di questo GUP, tenuto conto delle indicazioni di cui
sopra, deve rilevarsi che:
questo GIP sarebbe ora chiamato univocamente a una funzione
di giudizio (decisione del processo con rito abbreviato), in sede che
si ritiene sarebbe pregiudicata dalle precedenti determinazioni gia'
assunte;
vi sono preesistenti valutazioni che cadono sulla medesima
res iudicanda (la qualificazione dei fatti contestati, sub art. 73,
comma I e IV o 73, comma V del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990);
questo giudice gia' in precedenza e' stato chiamato a
compiere una valutazione in ordine alla ipotesi di accusa
(qualificazione dei fatti sub art. 73, comma I e IV o 73, comma V del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990), strumentale
all'assunzione di una decisione (ammissibilita' o meno della messa
alla prova, non applicabile in caso di permanenza della originaria
imputazione);
tale decisione ha avuto natura non "formale", ma "di
contenuto," con valutazioni che attengono al merito dell'ipotesi
dell'accusa, e non gia' al mero svolgimento del processo, essendosi
proceduto a vaglio di merito della qualificazione giuridica del fatto
contestato, derubricando la stessa rispetto a quella originariamente
formulata;
la precedente valutazione si e' collocata in una diversa fase
del procedimento, atteso che (non configurabile unitarieta' di fase
per il sol fatto che genericamente si sia post emissione di decreto
di giudizio immediato, con richiesta di riti alternativi) una prima
fase e' stata relativa al rito della messa alla prova (fase
conclusasi con la revoca della stessa), mentre ora si passa ad altra
fase del tutto autonoma e separata dalla prima (trattazione del
processo con rito abbreviato).
La questione appare poi evidentemente rilevante, dovendosi
decidere se questo giudice possa/debba o meno trattare e decidere il
giudizio abbreviato richiesto dalla difesa a seguito della revoca
della messa alla prova, rigettata (in assenza di espressa previsione
di incompatibilita' in ordine al caso che oggi occupa) la richiesta
di astensione gia' avanzata.
P.Q.M.
Letti gli articoli 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87.
Promuove di ufficio, per violazione degli articoli 3 e 111 della
Costituzione della Costituzione, ,questione di legittimita'
costituzionale costituzionalita' dell'art. 34 del codice di procedura
penale nella parte in cui non prevede la incompatibilita' a decidere
in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza
ammesso l'imputato alla messa alla prova, in tale sede esprimendosi
espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e
riqualificando la ipotesi originariamente contestata in diverso
titolo di reato.
Ordina che a cura della cancelleria la ordinanza sia notificata
alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri
nonche' comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della
Camera dei deputati e all'esito sia trasmessa alla Corte
costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle
avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni.
Macerata, 3 luglio 2024
Il GIP: Manzoni
Oggetto:
Processo penale – Incompatibilità del giudice – Mancata previsione dell’incompatibilità a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l’imputato alla messa alla prova, in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando l'ipotesi originariamente contestata in un diverso titolo di reato – Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 2022.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 34
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Camera di Consiglio del 6 ottobre 2025 rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 luglio 2024 Ordinanza del 4 luglio 2024 del Tribunale di Macerata nel procedimento penale a carico di M. S.. Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Mancata previsione dell'incompatibilita' a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l'imputato alla messa alla prova, in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando l'ipotesi originariamente contestata in un diverso titolo di reato. - Codice di procedura penale, art. 34. (GU n. 37 del 11-09-2024) TRIBUNALE DI MACERATA Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale Proc. n. 3198/23 RGNR 2450/23 RGGIP Il tribunale penale di Macerata, ufficio GIP-GUP, nella persona del dott. Giovanni M. Manzoni. Premesso che In data 22 novembre 2023 il GIP emetteva decreto di giudizio immediato nei confronti di S M in relazione al reato di cui all'art. 73, comma I e IV del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, per aver l'imputato detenuto al di fuori della abitazione a fini di spaccio 126.9 gr di hashish e 2.2 gr di cocaina. A seguito della notifica del decreto di giudizio immediato la difesa chiedeva ammissione della messa alla prova del proprio assistito previa riqualificazione del fatto (sub art. 73, comma V del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990) e, in subordine, definizione del processo con rito abbreviato. Alla udienza del 6 marzo 2024 questo giudice, «ritenuto che i fatti possano ricondursi sub art. 73, comma V del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990» (e pertanto riqualificati i fatti sotto differente titolo di reato) ammetteva l'imputato alla messa alla prova. Alla udienza del 19 giugno 2024, preso atto che il S aveva dichiarato all'UEPE di non essere piu' interessato allo svolgimento della messa alla prova, questo GIP revocava la messa alla prova e la difesa insisteva per la definizione del processo con rito abbreviato (possibilita' processualmente ritenuta ammissibile da questo giudice, alla luce del favore del sistema per la definizione del processo con riti alternativi; cfr. anche Corte di cassazione 13747/21). In data 19 giugno 2024 questo giudice avanzava istanza di astensione, avendo in precedenza ritenuto in sede di MAP la riconducibilita' dei fatti sub art. 73, comma V del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Tale istanza era rigettata con provvedimento 25 giugno 2024 «trattandosi di decisione avanzata nella stessa fase processuale e che non implica comunque una approfondita valutazione sul merito della accusa ma unicamente una delibazione sulla insussistenza di causa di proscioglimento ex art. 129 del codice di procedura penale». Che con nota 29 giugno 2024 questo GIP invitava il Presidente di sezione delegato a rivalutare la propria decisione, in quanto si trattava di fasi diverse e non si era fatta solo valutazione di insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 del codice di procedura penale quella, ben piu' pregnante, di riconducibilita' delle condotte sub art. 73, comma V del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Che con provvedimento 2 luglio 2024 il Presidente di sezione delegato «conferma(va) il provvedimento adottato». Tanto premesso questo giudice, Osserva Ritiene questo GUP la possibile incostituzionalita' dell'art. 34 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la incompatibilita' a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l'imputato alla messa alla prova in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando la ipotesi originariamente contestata. L'art. 34, comma 2 del codice di procedura penale non contempla infatti l'ipotesi considerata tra i casi di incompatibilita' del giudice, ne' essa potrebbe neppure costituire motivo di ricusazione a norma dell'art. 37, comma 1, lettera b) del codice di procedura penale, non trattandosi di una manifestazione indebita del convincimento del giudice sui fatti oggetto dell'imputazione. Nemmeno, d'altra parte d'altra parte, risulta appagante il ricorso all'istituto dell'astensione per «gravi ragioni di convenienza» (art. 36, comma 1, lettera h) del codice di procedura penale), non potendo essere rimessa alla discrezionalita' del singolo magistrato la autovalutazione della propria capacita' professionale di non lasciarsi influenzare da giudizi gia' espressi ritualmente (peraltro nel caso di specie istanza di astensione e' stata ritualmente avanzata, riproposta e iteratamente rigettata). Sovviene pertanto, la motivazione della pronuncia 16/22 della Corte adita che ha ritenuto che «Per costante giurisprudenza di questa Corte, le norme sulla incompatibilita' del giudice, derivante da atti compiuti nel procedimento, sono poste a tutela dei valori della terzieta' e della imparzialita' della giurisdizione, presidiati dagli articoli 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma della Costituzione, risultando finalizzate ad evitare che la decisione sul merito della causa possa essere o apparire condizionata dalla forza della prevenzione - ossia dalla naturale tendenza a confermare una decisione gia' presa o mantenere un atteggiamento gia' assunto - scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda (ex plurimis, sentenze n. 183 del 2013, n. 153 del 2012, n. 177 del 2010 e n. 224 del 2001). L'imparzialita' del giudice richiede, in specie, che "la funzione del giudicare sia assegnata a un soggetto 'terzo', non solo scevro di interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del diritto ma anche sgombro da convinzioni precostituite in ordine alla materia da decidere, formatesi in diverse fasi del giudizio in occasione di funzioni decisorie ch'egli sia stato chiamato a svolgere in precedenza" (sentenza n. 155 del 1996). In quest'ottica, l'art. 34 del codice di procedura penale - dopo aver regolato, al comma 1, la cosiddetta incompatibilita' "verticale", determinata dall'articolazione e dalla consecutio dei diversi gradi di giudizio - si occupa, al comma 2 (oggi censurato), della cosiddetta incompatibilita' "orizzontale", attinente alla relazione tra la fase del giudizio e quella che immediatamente la precede. La disposizione, costruita secondo la tecnica della casistica tassativa ("[n]on puo' partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere"), e' stata oggetto, nel corso del tempo, di numerose declaratorie di illegittimita' costituzionale di tipo additivo, che hanno significativamente ampliato l'elenco delle ipotesi di operativita' dell'istituto. 4.2.- In linea generale, l'incompatibilita' presuppone una relazione tra due termini: una "fonte di pregiudizio" (ossia un'attivita' giurisdizionale atta a generare la forza della prevenzione) e una "sede pregiudicata" (vale a dire un compito decisorio, al quale il giudice, che abbia posto in essere l'attivita' pregiudicante, non risulta piu' idoneo). 4.2.1. - Per quanto attiene alla "sede pregiudicata" - che l'art. 34, comma 2 del codice di procedura penale individua nella "partecipa[zione] al giudizio" - questa Corte, fin dalle sue prime pronunce in materia, ha posto in evidenza come per "giudizio" debba intendersi ogni processo che in base a un esame delle prove pervenga a una decisione di merito (sentenze n. 155 e n. 131 del 1996, n. 453 del 1994, n. 439 del 1993, n. 261, n. 186 e n. 124 del 1992). La nozione comprende, pertanto, non soltanto il giudizio dibattimentale, ma anche il giudizio abbreviato (sentenza n. 401 del 1991), l'applicazione della pena su richiesta delle parti (ordinanza n. 151 del 2004), e, per quanto qui interessa, l'udienza preliminare (almeno nell'attuale configurazione, sentenza n. 224 del 2001) ... 4.2.2.- Quanto, invece, all'"attivita' pregiudicante", questa Corte ha da tempo precisato le condizioni in presenza delle quali la previsione dell'incompatibilita' del giudice deve ritenersi costituzionalmente necessaria. In primo luogo, presupposto di ogni incompatibilita' endoprocessuale e' la preesistenza di valutazioni che cadono sulla medesima res iudicanda. In secondo luogo - benche' l'architettura del nuovo rito penale richieda, in linea di principio, che le conoscenze probatorie del giudice si formino nella fase del dibattimento - non basta a generare l'incompatibilita' la semplice conoscenza di atti anteriormente compiuti, ma occorre che il giudice sia stato chiamato a compiere una valutazione di essi, strumentale all'assunzione di una decisione. In terzo luogo, tale decisione deve avere natura non "formale", ma "di contenuto": essa deve comportare, cioe', valutazioni che attengono al merito dell'ipotesi dell'accusa, e non gia' al mero svolgimento del processo. Da ultimo, affinche' insorga l'incompatibilita', e' necessario che la precedente valutazione si collochi in una diversa fase del procedimento, essendo del tutto ragionevole che, all'interno di ciascuna delle fasi, resti preservata "l'esigenza di continuita' e di globalita'": prospettiva nella quale il giudice chiamato al giudizio di merito non incorre in incompatibilita' allorche' compia valutazioni preliminari, anche di merito, destinate a sfociare in quella conclusiva, venendosi altrimenti a determinare una "assurda frammentazione" del procedimento, che implicherebbe la necessita' di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere (sentenze n. 153 del 2012 e n. 131 del 1996)». Ad avviso di questo GUP, tenuto conto delle indicazioni di cui sopra, deve rilevarsi che: questo GIP sarebbe ora chiamato univocamente a una funzione di giudizio (decisione del processo con rito abbreviato), in sede che si ritiene sarebbe pregiudicata dalle precedenti determinazioni gia' assunte; vi sono preesistenti valutazioni che cadono sulla medesima res iudicanda (la qualificazione dei fatti contestati, sub art. 73, comma I e IV o 73, comma V del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990); questo giudice gia' in precedenza e' stato chiamato a compiere una valutazione in ordine alla ipotesi di accusa (qualificazione dei fatti sub art. 73, comma I e IV o 73, comma V del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990), strumentale all'assunzione di una decisione (ammissibilita' o meno della messa alla prova, non applicabile in caso di permanenza della originaria imputazione); tale decisione ha avuto natura non "formale", ma "di contenuto," con valutazioni che attengono al merito dell'ipotesi dell'accusa, e non gia' al mero svolgimento del processo, essendosi proceduto a vaglio di merito della qualificazione giuridica del fatto contestato, derubricando la stessa rispetto a quella originariamente formulata; la precedente valutazione si e' collocata in una diversa fase del procedimento, atteso che (non configurabile unitarieta' di fase per il sol fatto che genericamente si sia post emissione di decreto di giudizio immediato, con richiesta di riti alternativi) una prima fase e' stata relativa al rito della messa alla prova (fase conclusasi con la revoca della stessa), mentre ora si passa ad altra fase del tutto autonoma e separata dalla prima (trattazione del processo con rito abbreviato). La questione appare poi evidentemente rilevante, dovendosi decidere se questo giudice possa/debba o meno trattare e decidere il giudizio abbreviato richiesto dalla difesa a seguito della revoca della messa alla prova, rigettata (in assenza di espressa previsione di incompatibilita' in ordine al caso che oggi occupa) la richiesta di astensione gia' avanzata. P.Q.M. Letti gli articoli 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Promuove di ufficio, per violazione degli articoli 3 e 111 della Costituzione della Costituzione, ,questione di legittimita' costituzionale costituzionalita' dell'art. 34 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la incompatibilita' a decidere in sede di giudizio abbreviato del giudice che abbia in precedenza ammesso l'imputato alla messa alla prova, in tale sede esprimendosi espressamente in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti e riqualificando la ipotesi originariamente contestata in diverso titolo di reato. Ordina che a cura della cancelleria la ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati e all'esito sia trasmessa alla Corte costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. Macerata, 3 luglio 2024 Il GIP: Manzoni