Reg. ord. n. 186 del 2024 pubbl. su G.U. del 16/10/2024 n. 42

Ordinanza del Tribunale di Como  del 13/09/2024

Tra: M. P.  C/ M. B.



Oggetto:

Procreazione medicalmente assistita (PMA) – Accesso alle tecniche – Divieto per le coppie composte da persone dello stesso sesso – Sanzioni – Applicazione del divieto e delle sanzioni anche nel caso di ricorso alle tecniche da parte di una coppia formata da componenti dello stesso sesso allo scopo di consentire la fecondazione omologa tra il gamete maschile di uno di loro (crioconservato anteriormente alla rettificazione di attribuzione di sesso, quando la coppia era formata da componenti di sesso diverso) e il gamete femminile dell’altro componente della coppia – Preclusione del diritto alla genitorialità e all’identità di genere – Violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo della discriminazione di una coppia omosessuale, che abbia fatto ricorso alla fecondazione omologa, rispetto alla paragonabile situazione di coppia eterosessuale, e sotto il profilo della discriminazione della scelta di uno dei componenti della coppia di procedere alla rettificazione di attribuzione di sesso riconoscendo valore determinante al momento di tale scelta rispetto a quello di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita – Lesione della protezione dell’infanzia e del diritto dei figli alla bigenitorialità – Lesione del diritto alla salute – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, con particolare riguardo al divieto di discriminazione e al diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché al diritto del minore alla stabilità dei legami e delle relazioni.

Norme impugnate:

legge  del 19/02/2004  Num. 40  Art. 5

legge  del 19/02/2004  Num. 40  Art. 12  Co. 2

legge  del 19/02/2004  Num. 40  Art. 12  Co. 9

legge  del 19/02/2004  Num. 40  Art. 12  Co. 10



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 31   Co.

Costituzione  Art. 32   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art. 14   Co.  

Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York  Art.  Co.  

legge  Art.    Co.  

Convenzione di New York sui diritti del fanciullo  Art.  Co.  

Convenzione di New York sui diritti del fanciullo  Art.  Co.  

Convenzione di New York sui diritti del fanciullo  Art.  Co.  

legge  Art.    Co.  



Udienza Pubblica del 8 luglio 2025 rel. PATRONI GRIFFI


Testo dell'ordinanza

                        N. 186 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 settembre 2024

Ordinanza  del  13  settembre  2024  del  Tribunale   di   Como   nel
procedimento civile vertente tra M. P. e M. B. e altri. 
 
Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Accesso alle  tecniche  -
  Divieto per le coppie composte da  persone  dello  stesso  sesso  -
  Sanzioni - Applicazione del divieto e delle sanzioni anche nel caso
  di ricorso  alle  tecniche  da  parte  di  una  coppia  formata  da
  componenti  dello  stesso  sesso  allo  scopo  di   consentire   la
  fecondazione  omologa  tra  il  gamete  maschile  di  uno  di  loro
  (crioconservato anteriormente alla rettificazione  di  attribuzione
  di sesso, quando la coppia  era  formata  da  componenti  di  sesso
  diverso) e il gamete femminile dell'altro componente della coppia. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme  in  materia  di  procreazione
  medicalmente assistita), artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10. 


(GU n. 42 del 16-10-2024)

 
                     TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO 
                        Prima Sezione civile 
 
    Il  Tribunale,  in  composizione  collegiale  nelle  persone  dei
seguenti magistrati: 
        dott.ssa Barbara Cao, Presidente; 
        dott.ssa Nicoletta Sommazzi, giudice; 
        dott. Lorenzo Azzi, giudice relatore; 
        riunito in Camera di consiglio; 
    ritenuto  necessario  sollevare  d'ufficio   una   questione   di
legittimita' costituzionale, non potendo il giudizio essere  definito
indipendentemente dalla sua risoluzione; 
     emette  la  seguente  ordinanza   di   rimessione   alla   Corte
costituzionale di una questione  di  legittimita'  costituzionale  ex
articoli 1, legge costituzionale n. 1/1948 e  23,  legge  n.  87/1953
nella causa civile di primo  grado  iscritta  al  n.  R.G.  4923/2021
promossa da M. P., nata a . . .  il . . .  (codice fiscale . .  .  ),
in  proprio  e  nella  sua  qualita'   di   genitore   esercente   la
responsabilita' genitoriale sulle minori V. P., nata a . . .  il .  .
.  (codice fiscale . . . ), e B. P., nata a . . . il .  .  .  (codice
fiscale . . . ),  assistita,  rappresentata  e  difesa  dalle  avv.te
Valentina Pontillo del Foro di Milano e  Maria  Grazia  Sangalli  del
Foro di Bergamo con domicilio digitale eletto ai rispettivi indirizzi
P.E.C.:          valentina.pontillo@milano.pecavvocati.it           -
avv.mgsangalli@bergamo.pecavvocati.it - attrice; 
    contro M. B. (C.F.: . . . ), nata a . . .  il . . . , assistita e
difesa dall'avv.ta Susanna Lollini del Foro di Roma,  presso  il  cui
studio e' elettivamente domiciliata a Roma in via Ulpiano, 29 fax  n.
06 3203756 - PEC: susannalollini@ordineavvocatiroma.org - convenuta -
e V. P., nata a . . .  il . . .  (codice fiscale. . .  ),  e  B.  P.,
nata a . . .  il . . .  (codice  fiscale  ...),  rappresentate  dalla
curatrice speciale delle minori avv. Federica Benzi con  l'intervento
del pubblico ministero in sede; 
 
                               Oggetto 
 
    Dichiarazione giudiziale  di  paternita'/maternita'  naturale  di
minorenne. 
 
                             Conclusioni 
 
    Per parti attrice e convenuta: «In via principale: - accertare  e
dichiarare la genitorialita' genetica in capo alla sig.ra B. M. di V.
P. nata a . . .  il . . .  e di B. P. nata a . . .  il . .  .  ,  con
ogni conseguenza di legge, cosicche' V. e B. vengano  indicate  quali
figlie della sig.ra M. P. e della sig.ra M. B. 
    Con ogni conseguenza relativa  all'annotazione  della  sig.ra  B.
come madre delle due bambine o in subordine genitore - se  necessario
sollevando  sul  punto  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 250 del codice civile rispetto agli articoli 2, 3, 30,  32,
117 della Costituzione, come meglio precisato in parte motiva - e  in
ordine al cognome che si chiede  sia  indicato  come  P.  B.  In  via
istruttoria: nel caso in cui venisse ritenuta insufficiente, ai  fini
della  decisione  invocata,  la  documentazione  sanitaria  prodotta,
disporre una consulenza di natura genetica sul legame  esistente  tra
le bambine V. e B. P. e la sig.ra M. B.». 
    Per la curatrice speciale delle minori: previe le declaratorie di
legge e del caso e - qualora  ritenuto  necessario -  sollevando  sul
punto questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  250  del
codice civile  rispetto  agli  articoli  2,  3,  30,  32,  117  della
Costituzione - accertare e dichiarare la genitorialita'  genetica  in
capo alla signora B. M. di V. P. nata a . . .  il . . .  e di  B.  P.
nata a . . .  il . . .  ;  conseguentemente  statuire  che  V.  e  B.
vengano indicate quali figlie della sig.ra M. P. e della sig.ra M. B.
Ordinare conseguentemente l'annotazione della sig.ra B. come madre  o
comunque come genitore delle due bambine o, in via subordinata,  come
padre  (cfr.  verbale  d'udienza  del  18  luglio   2024).   In   via
istruttoria: in caso non si dovesse ritenere gia' raggiunta la  prova
della genitorialita' genetica della  convenuta,  disporre  consulenza
genetica e di compatibilita' biologica tra le minori V. P. e B. P.  e
la sig.ra M. B., portatrice del patrimonio genetico maschile. 
    Per il pubblico ministero (cfr. verbale d'udienza del  18  luglio
2024): «-  si  ritiene  che  la  via  corretta  sia  adire  la  Corte
costituzionale, perche' non e'  accettabile  che  non  sia  possibile
ottenere il riconoscimento della genitorialita' biologica in un  caso
come questo, in cui non c'e' un genitore solo intenzionale; - c'e' un
problema di trattamento disuguale tra chi intraprende il percorso  di
rettificazione di sesso prima della  nascita  del  figlio  e  chi  lo
intraprende dopo; - il faro deve essere l'interesse del minore; - non
si manifesta contrarieta' all'annotazione del nome  della  convenuta,
donna, come genitore  con  la  precisazione  che  ha  rettificato  il
proprio sesso». 
1) Lo svolgimento del processo 
    Con l'atto di citazione introduttivo della presente causa, M. P.,
in proprio e quale madre esercente la responsabilita' genitoriale  su
V. e B. P., rappresentato che: 
        nel corso  del  .  .  .  ,  l'attrice  aveva  intrapreso  una
relazione con l'allora M. B.; 
        nel . . . , quest'ultimo aveva intrapreso un percorso per  la
rettificazione dell'attribuzione di  sesso,  sfociato,  prima,  nella
sentenza del 10 giugno 2015  di  autorizzazione  all'adeguamento  dei
caratteri sessuali  da  maschili  a  femminili  mediante  trattamento
medico-chirurgico (doc.  8),  poi,  nell'intervento  di  orchiectomia
bilaterale del . . . e, infine, nella sentenza del 13 ottobre 2016 di
rettificazione dell'attribuzione di sesso (in femminile) e  nome  (in
M. B.) (doc. 9); 
        in data . . . , era nata, a . . . , V. P.  (doc.  1),  previo
consenso informato prestato tanto da M. P. quanto da M. B. (doc.  3),
mediante fecondazione medicalmente assistita con utilizzo del liquido
seminale appartenente a M. B. e crioconservato sotto il nome «M.  B.»
(docc. 6-7-10); 
        in data . . . , la convenuta era stata designata  tutrice  di
V. (doc. 12) e il ... le parti avevano  costituito  un'unione  civile
(doc. 5); 
        in data .  .  .  ,  il  Tribunale  di  Como  aveva  rigettato
l'impugnazione ex art. 95 decreto del Presidente della Repubblica  n.
396/2000 del rifiuto opposto dall'ufficiale  dello  stato  civile  di
procedere al riconoscimento di paternita', da parte di M.  B.,  della
minore V. P. (doc. 11); 
        in data . . . , era nata, a . . . , B. P.  (doc.  2),  previo
consenso informato prestato tanto da M. P. quanto da M. B. (doc.  4),
sempre mediante fecondazione medicalmente assistita con utilizzo  del
liquido seminale appartenente a M. B. e crioconservato sotto il  nome
«M. B.» (doc. 13); 
    ha chiesto accertarsi e dichiararsi la genitorialita' genetica in
capo a M. B. di V. e B. P., con ogni conseguenza di legge,  cosicche'
V. e B. vengano indicate quali figlie della  sig.ra  M.  P.  e  della
sig.ra M. B., e con ogni conseguenza relativa  all'annotazione  della
sig.ra B. come madre delle due bambine o, in subordine, genitore - se
necessario,  sollevando   sul   punto   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 250 del codice civile rispetto agli articoli
2, 3, 30, 32, 117 della Costituzione - nonche'  con  indicazione  del
cognome come «P. B.» M. B. si e' costituita in giudizio aderendo alle
domande attoree. 
    All'udienza del 20 luglio 2022, sentite  parti  e  difensori,  il
giudice istruttore ha immediatamente rimesso la causa al collegio, il
quale,  con  provvedimento  del  22/07-01/08/2022,  ha  assegnato  un
termine alle parti per motivare sulle ragioni che  giustificherebbero
l'assunzione  di  una  decisione  diversa  dal  precedente  del  2021
(specificando se fosse stato impugnato), analizzare i  profili  della
questione  di  legittimita'  costituzionale   ed   esprimersi   sulla
necessita' di nominare un curatore speciale. 
    Dopo il deposito congiunto  di  una  memoria  di  parte  su  tali
profili, all'udienza del 10 febbraio 2023, il giudice  istruttore  ha
rimesso la causa al collegio per la decisione senza assegnazione  dei
termini ex art.  190  del  codice  di  procedura  civile,  stante  la
rinuncia delle parti. 
    Con ordinanza collegiale del 24/03-03/04/2023, la causa e'  stata
rimessa in istruttoria per la nomina di un  curatore  speciale  delle
minori e l'assegnazione di un termine all'Ufficio di procura  per  il
deposito di una memoria. 
    All'udienza del 18 luglio 2024, il procuratore capo  ha  concluso
come indicato sopra,  la  curatrice  speciale  ha  formulato  domanda
subordinata di iscrizione della convenuta come padre e  la  causa  e'
stata  nuovamente  rimessa  al  collegio  per  la   decisione   senza
assegnazione dei termini ex art. 190 del codice di procedura civile. 
2) L'azione esperita 
    M. P. ha intrapreso un'azione di stato  e,  nello  specifico,  ha
chiesto la dichiarazione giudiziale di paternita', in capo a  M.  B.,
delle figlie V. P. e B. P. 
    Occorre, pertanto, richiamare: 
        l'art. 269 del codice civile, che prevede che «La  paternita'
e la maternita' possono essere giudizialmente dichiarate nei casi  in
cui il riconoscimento e' ammesso. La prova della paternita'  e  della
maternita'  puo'  essere  data  con  ogni  mezzo.  La  maternita'  e'
dimostrata provando la identita' di  colui  che  si  pretende  essere
figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la  quale  si  assume
essere madre. La sola dichiarazione della madre e la  sola  esistenza
di  rapporti  tra  la  madre  e  il  preteso  padre   all'epoca   del
concepimento non costituiscono prova della paternita'»; 
        l'art. 250 del codice civile, che dispone che «Il figlio nato
fuori del matrimonio puo'  essere  riconosciuto,  nei  modi  previsti
dall'art. 254, dal padre e  dalla  madre,  anche  se  gia'  uniti  in
matrimonio  con  altra  persona  all'epoca   del   concepimento.   Il
riconoscimento   puo'   avvenire    tanto    congiuntamente    quanto
separatamente. (...)». 
3) I casi gia' sottoposti al vaglio dell'autorita' giudiziaria e cio'
che li distingue dalla fattispecie in esame 
  3.1) Il caso della madre «solo» intenzionale 
    La Corte costituzionale - ritenuta  costituzionalmente  legittima
la  scelta  del   legislatore   di   escludere   dalla   procreazione
medicalmente assistita (PMA) le coppie formate da due genitori  dello
stesso sesso (n. 221/2019 e n.  237/2019) -  si  e'  pronunciata,  in
merito alla pretesa,  da  parte  della  donna  componente  la  coppia
omosessuale non partoriente ne' geneticamente legata al figlio nato a
seguito dell'accesso a tale tecnica, di  riconoscerlo,  enunciando  i
seguenti principi: 
        sebbene la genitorialita' del nato a seguito  del  ricorso  a
tecniche di procreazione  medicalmente  assistita  (PMA)  sia  legata
anche   al   «consenso»    prestato    e    alla    «responsabilita'»
conseguentemente assunta da entrambi i soggetti che hanno  deciso  di
accedere a una tale tecnica procreativa,  occorre,  pur  sempre,  che
quelle coinvolte nel progetto di genitorialita' cosi' condiviso siano
coppie di sesso diverso, atteso che le coppie dello stesso sesso  non
possono accedere, in Italia, alle tecniche di PMA, come espressamente
disposto dall'art.  5  della  legge  n.  40  del  2004.  I  parametri
costituzionali, europei  e  convenzionali  evocati,  cosi'  come  non
consentono l'interpretazione adeguatrice della  normativa  censurata,
allo stesso modo  neppure,  pero',  ne  autorizzano  la  reductio  ad
legitimitatem, nel senso dell'auspicato  riconoscimento  delle  donne
omosessuali civilmente unite quali genitori del nato da  fecondazione
eterologa praticata dall'una con il consenso  dell'altra,  stante  la
scelta del legislatore di non riferire le norme relative al  rapporto
di   filiazione   alle   coppie   dello    stesso    sesso;    scelta
costituzionalmente  legittima  perche'  l'aspirazione   della   madre
intenzionale a essere genitore  non  assurge  a  livello  di  diritto
fondamentale della persona (Corte costituzionale n. 230/2020); 
        si  rende  impellente  un  intervento  del   legislatore   in
direzione di  piu'  penetranti  ed  estesi  contenuti  giuridici  del
rapporto   del   minore   con   la   «madre   intenzionale»,    vista
l'insufficienza del ricorso all'adozione  in  casi  particolari,  per
come attualmente regolata (Corte costituzionale n.32/2021). 
    Anche la Suprema Corte di cassazione ha preso posizione sul  caso
del minore concepito mediante l'impiego di tecniche  di  procreazione
medicalmente assistita di tipo eterologo e nato in Italia, affermando
l'inaccoglibilita'  della  domanda  di  rettificazione  dell'atto  di
nascita volta a ottenere l'indicazione,  in  qualita'  di  madre  del
bambino, accanto a quella che l'ha partorito,  anche  della  donna  a
costei legata in unione civile, poiche' in contrasto  con  l'art.  4,
comma 3, della legge n. 40 del 2004,  che  esclude  il  ricorso  alle
predette tecniche da parte  delle  coppie  omosessuali,  non  essendo
consentite, al di fuori dei  casi  previsti  dalla  legge,  forme  di
genitorialita'  svincolate  da  un  rapporto  biologico  mediante   i
medesimi  strumenti  giuridici  previsti  per  il  minore  nato   nel
matrimonio  o  riconosciuto  (Cassazione  nn. 7668/2020,   8029/2020,
23321/2021, 7413/2022, 22179/2022). 
  3.1.1) Le differenze rispetto alla fattispecie in esame 
    Nel caso oggetto dell'odierno scrutinio, non essendo la convenuta
«solo» una madre intenzionale, i surrichiamati principi espressi  dal
giudice  delle  leggi  e  dal  giudice  di  legittimita'  non  recano
argomenti a sostegno del rigetto della domanda attorea: 
        Corte costituzionale n. 230/2020, infatti, da un lato, si  e'
trovata ad affrontare  un  caso  (quello  del  nato  da  fecondazione
eterologa  praticata  da  una  donna  omosessuale  con  il   consenso
dell'altra cui e'  civilmente  unita)  dissimile  da  quello  oggetto
dell'odierno scrutinio e, dall'altro, ha riconosciuto  la  scelta  di
riservare alle coppie di sesso  diverso  le  tecniche  di  PMA  e  di
escludere, dal rinvio che il comma 20 (1) dell'art. 1 della legge  n.
76/2016 opera alle disposizioni sul matrimonio, quelle  che  regolano
la  paternita',  la  maternita'  e   l'adozione   legittimante   come
costituzionalmente  legittime  «perche'  l'aspirazione  della   madre
intenzionale a essere genitore  non  assurge  a  livello  di  diritto
fondamentale della  persona».  Nella  vicenda  in  esame,  viceversa,
l'interesse da tutelare e' quello del  padre  biologico  (ossia,  del
genitore  che  ha  fornito  il  gamete   maschile   necessario   alla
procreazione: cfr.  infra)  a  riconoscere  il  proprio  figlio,  che
certamente assurge a livello di diritto fondamentale della persona; 
        Corte costituzionale n. 32/2021, poi, che  ha  affrontato  lo
stesso caso della precedente  pronuncia  n.  230/2020,  ha,  perfino,
sollecitato  il  legislatore  (rilevata  «una   preoccupante   lacuna
dell'ordinamento nel garantire tutela ai minori e  ai  loro  migliori
interessi, a fronte di  quanto  in  forte  sintonia  affermato  dalla
giurisprudenza   delle   due   corti   europee,   oltre   che   dalla
giurisprudenza costituzionale, come necessaria permanenza dei  legami
affettivi e familiari,  anche  se  non  biologici,  e  riconoscimento
giuridico  degli  stessi,  al  fine  di  conferire   certezza   nella
costruzione dell'identita' personale»)  a  porre  impellente  rimedio
alla condizione deteriore in cui versano i  nati  a  seguito  di  PMA
eterologa praticata da due donne  -  quindi,  ancora  una  volta,  in
un'ipotesi in cui il soggetto  che  chiede  il  riconoscimento  quale
genitore non ha alcun legame  biologico  con  il  nato -  rispetto  a
quella di tutti gli altri  nati  solo  in  ragione  dell'orientamento
sessuale  delle  persone  che  hanno  posto  in  essere  il  progetto
procreativo; 
        Cassazione n. 8029/2020 (e le  altre  conformi),  infine,  ha
concluso, anch'essa, per il rigetto della domanda volta a ottenere la
formazione di un atto di nascita recante quale genitore del  bambino,
nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale proprio  perche',
per l'appunto,  «solo»  intenzionale  e,  pertanto,  protagonista  di
quelle, ben diverse da quella  in  esame,  «forme  di  genitorialita'
svincolate da un rapporto biologico ... non consentite  al  di  fuori
dei casi previsti dalla legge». 
  3.2) Il caso della madre partoriente e  della  madre  donatrice  di
ovulo 
    La sola Suprema Corte di cassazione ha affrontato anche l'ipotesi
in cui, all'interno della coppia omosessuale  femminile  che  ricorre
alla procreazione medicalmente assistita, l'una abbia donato  l'ovulo
e l'altra abbia condotto a termine la gravidanza con utilizzo  di  un
gamete maschile di un terzo ignoto, affermando i seguenti principi: 
        il riconoscimento e la trascrizione, nel registro dello stato
civile in Italia, di un  atto  straniero,  validamente  formato,  nel
quale risulti la nascita di un figlio  da  due  donne  a  seguito  di
procedura assimilabile alla fecondazione eterologa, per aver la prima
donato l'ovulo e la seconda condotto  a  termine  la  gravidanza  con
utilizzo di un gamete maschile di un terzo  ignoto,  non  contrastano
con l'ordine pubblico per il solo fatto che il legislatore  nazionale
non preveda o vieti il verificarsi  di  una  simile  fattispecie  sul
territorio  italiano,  dovendosi  avere  riguardo  al  principio,  di
rilevanza  costituzionale  primaria,  del  superiore  interesse   del
minore, che si sostanzia nel suo  diritto  alla  conservazione  dello
status filiationis, validamente acquisito all'estero. La procedura di
maternita' assistita tra due donne legate da un rapporto  di  coppia,
con donazione dell'ovocita  da  parte  della  prima  e  conduzione  a
termine della gravidanza a opera della seconda  con  utilizzo  di  un
gamete maschile di un terzo ignoto, non costituisce  una  fattispecie
di maternita' surrogata o di surrogazione di maternita',  ma  integra
un'ipotesi di genitorialita'  realizzata  all'interno  della  coppia,
assimilabile alla fecondazione eterologa, dalla  quale  si  distingue
per essere il feto legato biologicamente  a  entrambe  le  donne.  La
regola secondo cui e' madre colei che  ha  partorito,  giusta  l'art.
269, comma  3,  del  codice  civile,  non  costituisce  un  principio
fondamentale di rango costituzionale,  sicche'  e'  riconoscibile  in
Italia l'atto di nascita straniero, validamente  formato,  dal  quale
risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, e'
figlio di due madri (una che l'ha partorito e l'altra che  ha  donato
l'ovulo), non essendo opponibile  un  principio  di  ordine  pubblico
desumibile dalla suddetta regola (Cassazione n. 19599/2016); 
        nel caso di minore concepita mediante l'impiego  di  tecniche
di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo  e  nata  in
Italia, non e' accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto  di
nascita volta a ottenere l'indicazione in  qualita'  di  madre  della
bambina, accanto a quella che l'ha partorita, anche della  donna  cui
e' appartenuto l'ovulo poi impiantato nella partoriente,  poiche'  in
contrasto con l'art. 4, comma 3, della legge  n.  40  del  2004,  che
esclude il ricorso alle  predette  tecniche  da  parte  delle  coppie
omosessuali, anche in presenza di un legame genetico tra il nato e la
donna sentimentalmente legata a colei che ha partorito (nel  caso  di
specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto  da  una  coppia  di
donne di procedere alla rettifica dell'atto di nascita  della  minore
concepita  con  tecniche  di  procreazione   medicalmente   assistita
all'estero e  nata  in  Italia,  con  il  consenso  della  donna  non
partoriente  cui  apparteneva  l'ovulo  che,  fecondato,  era   stato
impiantato nell'utero della  partoriente)  (Cassazione  n. 6383/2022;
conf. Cassazione 10844/2022 e Tribunale Arezzo 10 novembre 2022). 
  3.2. 1) Le differenze rispetto alla fattispecie in esame 
    Nel  caso  oggetto  dell'odierno   scrutinio,   l'apporto   della
convenuta non si e' «limitato» alla donazione  del  gamete  femminile
(ovulo) necessario, ma non sufficiente, per la procreazione, rendendo
cosi' pur sempre necessario ricorrere alla fecondazione eterologa con
apporto del gamete maschile da parte di un  soggetto  terzo  estraneo
alla coppia: e' M. B. stessa,  infatti,  che  ha  fornito  il  gamete
maschile (spermatozoo)  che,  fecondato,  pur  mediante  una  pratica
medicalmente assistita, con  l'ovulo  di  M.  P.,  ha  consentito  la
procreazione. In altri termini, la genitorialita' biologica e' frutto
di un progetto  procreativo  cui  i  componenti  della  coppia  hanno
contribuito  con  i  propri  rispettivi  autosufficienti   contributi
genetici. 
    In ogni  caso,  poi,  Cassazione  n.  6383/2022  e'  giunta  alla
conclusione sopra riportata richiamando, nella succinta  motivazione,
l'ulteriore  ostacolo  che  sarebbe  rappresentato   dall'«essenziale
rilievo secondo cui la legge nazionale si contiene nel senso che  una
sola e' la persona che puo' essere menzionata come madre in  un  atto
di nascita». Neppure tale ostacolo, tuttavia,  ricorre  nel  caso  di
specie, per le ragioni che si espliciteranno sub 4). 
  3.3) Il caso del padre premorto fornitore del gamete maschile 
    La Suprema Corte di cassazione n. 13000/2019  ha,  infine,  avuto
modo di affrontare, in un'unica occasione, la fattispecie del ricorso
alla fecondazione omologa post mortem avvenuta mediante utilizzo  del
seme crioconservato di colui che, dopo aver prestato,  congiuntamente
alla moglie o alla convivente, il consenso all'accesso alle  tecniche
di procreazione medicalmente assistita, ai sensi  dell'art.  6  della
legge n. 40 del 2004 e senza che ne risulti la sua successiva revoca,
sia poi deceduto prima della formazione dell'embrione avendo altresi'
autorizzato, per dopo la propria morte, la  moglie  o  la  convivente
all'utilizzo suddetto, concludendo nel senso della  riferibilita'  di
tale  ipotesi  all'art.  8  (2)  della  legge   n.   40   del   2004.
Nell'affermare cio', ha  rilevato  che  «Qualsivoglia  considerazione
riguardante la valutazione in termini  di  illiceita'/illegittimita',
in  Italia,  della  tecnica  di  P.M.A.   non   potrebbe   certamente
riflettersi, in  negativo,  sul  nato  e  sull'intero  complesso  dei
diritti a lui riconoscibili. In altre parole, la circostanza  che  si
sia fatto ricorso all'estero a P.M.A. non espressamente  disciplinata
(o addirittura non consentita) nel nostro ordinamento non esclude, ma
anzi impone, nel preminente interesse  dal  nato,  l'applicazione  di
tutte le disposizioni che riguardano lo stato del  figlio  venuto  al
mondo all'esito di tale  percorso,  come,  peraltro,  affermato,  con
chiarezza, dalla Corte EDU nelle due sentenze "gemelle" Mennesson  c.
Francia (26 giugno 2014, ric. n. 65192/11) e Labassee c. Francia  (26
giugno 2014, ric. n. 65941/11), oltre che sancito anche  dalla  Corte
costituzionale fin dalla sentenza n. 347 del 1998, che  (ancor  prima
del  sopravvenire  della  legge  n.  40  del  2004)  sottolineo'   la
necessita' di distinguere tra la disciplina di accesso alle  tecniche
di P.M.A. e la doverosa, e preminente,  tutela  giuridica  del  nato,
significativamente  collegata  alla  dignita'  dello  stesso.   (...)
Sostanzialmente  nel  medesimo  senso,  del   resto,   si   e'   gia'
esplicitamente  pronunciata  anche   questa   Suprema   Corte   nella
fondamentale sentenza n. 19599 del 30 settembre 2016 (benche' resa in
vicenda affatto diversa da quella oggi in  esame),  secondo  cui  "le
conseguenze della violazione delle prescrizioni e dei  divieti  posti
dalla legge n. 40 del 2004 imputabile agli  adulti  che  hanno  fatto
ricorso ad una pratica fecondativa illegale  in  Italia  non  possono
ricadere su chi e' nato", di cio' essendosi mostrato  consapevole  lo
stesso legislatore, il quale, all'art. 9, comma 1, ha  previsto  che,
in caso di  ricorso  a  tecniche  (allora  vietate)  di  procreazione
medicalmente assistita addirittura di tipo  eterologo  (nel  caso  di
specie, invece, si e' in presenza, pacificamente, di una fecondazione
omologa, sebbene post mortem), il coniuge o  convivente  consenziente
non possa esercitare l'azione di  disconoscimento  della  paternita',
ne' impugnare il riconoscimento per  difetto  di  veridicita'  (cfr.,
sostanzialmente nel medesimo senso, anche la successiva Cassazione n.
14878 del 2017)». 
  3.3. 1) Le differenze rispetto alla fattispecie in esame 
    Nel  caso  oggetto  dell'odierno  scrutinio,  a  ricorrere   alla
fecondazione omologa mediante procreazione medicalmente assistita non
e' stata una coppia eterosessuale. 
    Cio' determina, come si vedra' in seguito, un  contrasto  con  la
disposizione di legge qui censurata (art. 5, legge n. 40/2004) e pone
l'interrogativo  se  questa  sola   differenza -   a   fronte   della
complementarita' biologica dei componenti della coppia -  giustifichi
un trattamento diverso e, nello  specifico,  deteriore  della  coppia
omosessuale rispetto alla coppia eterosessuale o, piuttosto,  non  lo
giustifichi,  non  potendo  impedire,  al  genitore  che  ha  fornito
l'indispensabile contributo biologico maschile alla procreazione -  a
prescindere dall'irrilevante circostanza di quale sia il suo  attuale
sesso (cfr. infra) -, di riconoscere il nuovo nato. 
    Ed e' la stessa Cassazione n. 13000/2019 a  fornire  argomenti  a
sostegno della seconda scelta interpretativa,  che  «si  fonda  sulla
rilevanza che assume la discendenza biologica ... tra l'uomo  che  ha
comunque  espresso  un  consenso  alle   tecniche   di   procreazione
medicalmente assistita,  altresi'  autorizzando  l'utilizzazione  del
proprio seme precedentemente prelevato e crioconservato, e il nato, e
prescinde, pertanto, da ogni considerazione del  tempo  in  cui  sono
avvenuti il concepimento (se lecitamente, o meno, non interessa nella
concreta fattispecie, non potendosi  riflettere  sul  nato  eventuali
responsabilita' dei genitori e/o dei medici che hanno  assecondato  i
loro progetto) e la nascita (...) l'interesse del nato, nella specie,
e'  quello  di  acquisire  rapidamente  la  certezza  della   propria
discendenza bi-genitoriale,  elemento  di  primaria  rilevanza  nella
costruzione della propria identita'». 
4) L'inquadramento del caso in esame e i tentativi di interpretazione
costituzionalmente conforme 
    Si legge, nel gia' citato decreto del 3 marzo 2021 pronunciato da
questo ufficio giudiziario, che «Ad oggi l'art. 250 del codice civile
...,  nell'individuare  le   modalita'   con   cui   possono   essere
riconosciuti  i  figli  nati  fuori  dal  matrimonio,   fa   espresso
riferimento ai termini madre e padre, presupponendo una diversita' di
genere dei due soggetti ed una corrispondenza tra il sesso  femminile
di colei che si dichiara essere madre e il sesso  maschile  di  colui
che si dichiara essere padre del minore. Allo stato, dunque,  non  e'
consentito dal nostro ordinamento che un soggetto di sesso  femminile
possa essere indicato quale padre all'interno di un atto di nascita». 
    Si tratta di osservazione che questo collegio  ritiene  di  dover
meglio circoscrivere. 
    E' vero, da un punto di vista normativo,  che  gli  articoli  250
(Riconoscimento) e 269  (Dichiarazione  giudiziale  di  paternita'  e
maternita') del codice civile fanno esplicito riferimento alla  madre
e al padre e che si rinvengono riferimenti alla madre  nell'art.  30,
decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000 (Dichiarazione di
nascita)  (3) e un riferimento al padre  nell'art.  44,  decreto  del
Presidente  della  Repubblica   n.   396/2000   (Riconoscimento   del
nascituro). 
    E', altresi', vero, da un  punto  di  vista  biologico,  che,  al
momento del concepimento, non puo' non esservi corrispondenza tra  la
madre e il genere sessuale femminile, da una parte, e tra il padre  e
il genere sessuale maschile, dall'altra: - quanto alla madre, perche'
si assume esserlo la donna che ha partorito (art. 269, comma  3,  del
codice civile); -  quanto  al  padre,  perche'  e'  il  genitore  che
fornisce il gamete maschile. 
    Sotto  questa  prospettiva,  il  caso  in  esame   non   presenta
particolarita', nel  senso  che  non  rappresenta  un'eccezione  alla
derivazione  biologica   della   genitorialita':   -   l'attrice   e'
indiscutibilmente madre, in quanto ha partorito le proprie figlie;  -
la  convenuta  chiede  sia  dichiarata  giudizialmente   la   propria
genitorialita', in quanto ha fornito il  gamete  maschile  necessario
alla procreazione. 
    Cio' che occorre chiedersi, allora,  e'  se  vi  sia  un  qualche
indice normativo che impone che tale corrispondenza  debba  permanere
anche al momento del riconoscimento, cosi' impedendo al genitore  che
ha fornito il proprio apporto maschile alla  nascita  del  figlio  di
ottenere il riconoscimento della propria paternita' per il solo fatto
di avere ottenuto la rettificazione di sesso da maschile a femminile;
in altri termini, se l'impianto legislativo vieti che sia  dichiarata
giudizialmente la paternita' di un genitore solo  perche'  (divenuta)
di sesso femminile. 
    La  risposta  che  questo  collegio  ritiene  di  dare   a   tale
interrogativo e' negativa, non rinvenendosi alcun indice normativo da
cui ricavare, implicitamente o esplicitamente, tale divieto. 
    Le norme citate, d'altro canto, disciplinano le condizioni per il
riconoscimento dei figli (nati fuori del matrimonio) e, pertanto, non
hanno la funzione di connotare il genere sessuale di appartenenza dei
genitori. Funzione che non assume neppure l'atto di nascita,  tant'e'
che l'art. 29, decreto del Presidente della  Repubblica  n.  496/2000
(Atto di nascita), che si esprime  con  il  piu'  neutro  termine  di
genitori,  prevede  che   riporti,   dei   genitori,   solamente   le
generalita', la  cittadinanza  e  la  residenza,  ma  non  il  sesso,
elemento essenziale solo rispetto al bambino. 
    Quanto sin qui argomentato permette  di  pervenire  a  una  prima
coppia di conclusioni: 
        la convenuta non puo' assumere la qualifica di madre, poiche'
non e' (ne') il genitore che ha partorito le figlie (ne' il  genitore
che ha donato il gamete femminile); 
        non  v'e'  alcuna  contraddizione  logica -  e,  va  da  se',
tantomeno un dato normativo ostativo o una violazione  dell'identita'
di genere o dell'art. 5, legge n. 164/1982 (4)  -  nell'iscrivere  la
convenuta M. B. quale padre delle figlie, poiche' tale definizione si
limita a rappresentarla quale genitore che ha fornito  il  contributo
maschile necessario alla procreazione.  E,  d'altro  canto,  questa -
che, tra l'altro, esclude che si ponga  l'ostacolo  costituito  dalla
«attuale  impossibilita'  di  indicare  due  madri  unite  civilmente
nell'atto di nascita formato  in  Italia»  (Corte  costituzionale  n.
230/2020) - e' l'unica interpretazione  costituzionalmente  orientata
che puo' darsi alla normativa sulla formazione degli atti dello stato
civile e a quella codicistica in materia di riconoscimento dei  figli
nati fuori dal  matrimonio,  pena  l'impossibilita'  di  tutelare  il
diritto del genitore biologico di riconoscere il  proprio  figlio  e,
soprattutto, il diritto del figlio alla bi-genitorialita'. 
    Tale prima coppia  di  conclusioni,  tuttavia,  non  permette  di
accogliere la domanda di dichiarazione giudiziale di  paternita',  in
capo a M. B., di V. e B. P. 
    Osta,   infatti,   a   tale   soluzione,    in    primo    luogo,
l'impossibilita' -   gia'   ripetutamente   segnalata   dalla   Corte
costituzionale (n. 221/2019 (5) , n. 237/2019 (6) e n.  230/2020  (7)
) - di operare  un'interpretazione  adeguatrice  anche  dell'art.  5,
legge n. 40/2004 (Requisiti soggettivi) tale da permettere pure  alle
coppie omosessuali (quale gia' era,  quando  ha  fatto  ricorso  alla
procreazione medicalmente assistita, quella  composta  da  attrice  e
convenuta)  l'accesso  alle   tecniche   ivi   disciplinate,   stante
l'inequivocita' del suo  tenore  letterale  («Fermo  restando  quanto
stabilito dall'art. 4, comma 1, possono  accedere  alle  tecniche  di
procreazione medicalmente assistita coppie di  maggiorenni  di  sesso
diverso, coniugate o  conviventi,  in  eta'  potenzialmente  fertile,
entrambi viventi»). 
    Ne' puo' soccorrere l'istituto dell'adozione in casi  particolari
ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d), della legge  n.  184  del
1983. E, infatti: 
        non e' possibile ricorrervi nel caso in esame, poiche' sia la
Suprema Corte di cassazione (8) sia la Corte  costituzionale  (9)  ne
hanno affermato l'applicabilita' alle sole ipotesi, ancora una volta,
di madre meramente intenzionale, allo scopo di riconoscere il  legame
di fatto con il partner del genitore genetico, opzione interpretativa
necessitata dal disposto dell'art. 293 del codice  civile  («I  figli
non possono essere adottati dai loro genitori»), con  la  conseguenza
che, nel caso in esame, non solo l'ordinamento non sarebbe  in  grado
di soddisfare la legittima aspirazione della convenuta a  riconoscere
le figlie di  cui  e'  genitore  biologico,  ma  ne  comprometterebbe
irrimediabilmente ogni aspettativa di instaurare con esse un rapporto
giuridicamente tutelato; 
        anche qualora la  Corte  costituzionale  ritenesse  possibile
ricorrervi (10) ,  va  richiamata  la  condivisibile  opinione  dalla
stessa  gia'  espressa  secondo  cui  tale  istituto -  che  prevede,
comunque,  la  necessita'  dell'assenso   da   parte   del   genitore
biologico/legale - risulta insufficiente, persino nei casi in cui non
vi  sia  un  legame  genetico  che  lega  adottante  e  adottando,  a
scongiurare la circostanza che i  nati  a  seguito  di  PMA,  persino
eterologa,  praticata  da  due  donne  «versano  in  una   condizione
deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati, solo in  ragione
dell'orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il
progetto procreativo» (Corte costituzionale n. 32/2021). 
5) La rilevanza della questione 
    Si e' spiegato, al punto precedente, perche' si ritiene infondata
la domanda - formulata in via principale  dall'attrice  e  cui  hanno
aderito  la  convenuta  e  la  curatrice  speciale  dei  minori -  di
dichiarazione giudiziale di maternita' in favore della convenuta. 
    Rientra, tuttavia, nel  thema  decidendum  anche  la  domanda  di
dichiarazione giudiziale di paternita' in favore della convenuta, per
le seguenti ragioni: a) perche' l'attrice (e, allo  stesso  modo,  la
convenuta e la curatrice speciale) ha chiesto, in via subordinata, il
riconoscimento della convenuta come  genitore  e -  premesso  che  la
dichiarazione  giudiziale  deve  essere,  per   il   chiaro   dettato
normativo, di maternita' o di  paternita' -  la  decisione  su  quale
status  attribuire  alla  convenuta  attiene  a  una   questione   di
qualificazione giuridica  spettante  al  giudice  (cfr.,  ex  multis,
Cassazione n. 10402/2024), a prescindere dalle «preferenze»  espresse
dalle parti (cfr. verbale d'udienza del 18 luglio 2024);  b)  perche'
la curatrice  speciale  l'ha  espressamente  e  tempestivamente  (11)
formulata nel corso dell'ultima udienza. 
    Ebbene, la questione che si sottopone alla Corte e' rilevante nel
presente giudizio perche' l'attuale formulazione dell'art.  5,  legge
n. 40/2004 - per come interpretata dal diritto vivente (Cassazione n.
6383/2022) -, impedendo a (tutte) le coppie omosessuali  di  accedere
alle  tecniche  di  procreazione  medicalmente  assistita,  osta   al
riconoscimento del figlio nato fuori  dal  matrimonio  da  parte  del
componente della coppia che ha fornito il proprio contributo genetico
maschile alla procreazione (12) , complementare a quello della madre,
e, pertanto, conseguentemente, all'accoglimento della domanda attorea
di dichiarazione giudiziale della genitorialita', possibile solo «nei
casi in cui il riconoscimento e' ammesso» (art.  269,  comma  1,  del
codice civile.). 
    Considerato che la norma censurata deve (ancora) essere applicata
per la soluzione della controversia e che un'eventuale  pronuncia  di
accoglimento della Corte influirebbe sul  giudizio,  deve,  pertanto,
concludersi che questo non  puo'  essere  definito  indipendentemente
dalla risoluzione della questione. 
6)  Le   disposizioni   della   legge   viziate   da   illegittimita'
costituzionale (oggetto), le disposizioni della Costituzione  che  si
assumono violate (parametro) e il petitum 
    Gli articoli 5 (13) e 12 (14) , commi 2, 9 e 10, della  legge  n.
40/2004 - nella parte in cui, limitando l'accesso  alle  tecniche  di
procreazione medicalmente assistita alle sole «coppie [...] di  sesso
diverso», impediscono che vi possa ricorrere una  coppia  formata  da
componenti  dello  stesso  sesso  allo   scopo   di   consentire   la
fecondazione  omologa  tra  il  gamete  maschile  di  uno   di   essi
(crioconservato  prima  della  rettificazione  dell'attribuzione   di
sesso, quando la coppia era formata da componenti di sesso diverso) e
il gamete femminile dell'altro e sanzionano,  di  riflesso,  chiunque
applichi tali tecniche «a coppie [...]  composte  da  soggetti  dello
stesso  sesso» -  vanno  dichiarate  costituzionalmente   illegittime
perche' violano le seguenti disposizioni costituzionali: 
          a) art. 2 («La Repubblica riconosce e garantisce i  diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la  sua  personalita',  e  richiede  l'adempimento  dei
doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e  sociale»),
poiche' non garantiscono ne' il diritto  fondamentale  dell'individuo
alla  genitorialita',  essendo  indubitabile  che  l'aspirazione  del
genitore biologico a essere riconosciuto come tale assurge a  livello
di diritto fondamentale  della  persona  (cfr.,  a  contrario,  Corte
costituzionale   n.   230/2020),   ne'   il   diritto    fondamentale
dell'individuo all'identita' di genere (cfr. Corte costituzionale nn.
161/1985, 561/1987 e 180/2017), discriminandolo per la scelta operata
(cfr. b) ii)); 
        b) art. 3 («Tutti i cittadini hanno pari dignita'  sociale  e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di  lingua,  di  religione,  di  opinioni  politiche,  di  condizioni
personali e  sociali.  E'  compito  della  Repubblica  rimuovere  gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando  di  fatto  la
liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della  persona  umana  e  l'effettiva  partecipazione  di   tutti   i
lavoratori  all'organizzazione  politica,  economica  e  sociale  del
Paese»),  per  due  motivi:  i)  perche'  discriminano   una   coppia
omosessuale  che  abbia  fatto  ricorso  alla  fecondazione   omologa
rispetto alla paragonabile situazione  di  una  coppia  eterosessuale
(cfr. 3.3. 1) e, a contrario, Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,
sentenza 15 marzo 2012, Gas e Dubois  contro  Francia);  ii)  perche'
discriminano la scelta del convenuto di procedere alla rettificazione
dell'attribuzione  di  sesso,  per   di   piu'   attribuendo   valore
determinante al momento in  cui  tale  scelta  e'  stata  presa  (se,
infatti, il convenuto avesse ottenuto la rettifica  dopo  la  nascita
delle figlie, la sua  originaria  qualifica  di  padre,  riconosciuta
dall'ordinamento, non  potrebbe  essere  in  alcun  modo  rimessa  in
discussione a seguito della mutata attribuzione di sesso); 
        c) art. 31, secondo  comma  («La  Repubblica  (...)  Protegge
(...) l'infanzia (...),  favorendo  gli  istituti  necessari  a  tale
scopo»), poiche' la tutela della filiazione e il conseguente  diritto
dei  figli   alla   bi-genitorialita'   sarebbero   irrimediabilmente
pregiudicati dal rigetto della pretesa del loro unico padre biologico
di riconoscerli, lasciandoli, cosi',  esposti  a  una  situazione  di
incertezza  giuridica  nelle  relazioni  sociali  quanto  alla   loro
identita' personale; 
        d) art. 32, primo comma («La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della  collettivita',
e  garantisce  cure  gratuite  agli   indigenti.   (...)»),   poiche'
l'impossibilita' di formare una famiglia con figli assieme al proprio
partner, nonostante  la  complementarita'  biologica  dei  rispettivi
apporti procreativi, e' in grado di nuocere alla  salute  psicofisica
della coppia, oltreche' dei figli; 
        e)  art.  117,  primo  comma  («La  potesta'  legislativa  e'
esercitata dallo Stato (...) nel rispetto (...) dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (...)»),
e i seguenti parametri interposti: 
          articoli 8  (15)  e  14   (16)  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), per le ragioni gia' indicate sub a), b) e c), considerato che
«La Corte EDU ha ripetutamente ricondotto all'art. 8 CEDU la garanzia
di legami affettivi stabili con chi,  indipendentemente  dal  vincolo
biologico,  abbia  in  concreto  svolto  una  funzione   genitoriale,
prendendosi cura del minore per un lasso  di  tempo  sufficientemente
ampio (Corte  EDU,  sezione  prima,  sentenza  del  16  luglio  2015,
Nazarenko contro Russia, paragrafo  66).  Ha  inoltre  assimilato  al
rapporto di filiazione il legame esistente tra la madre  d'intenzione
e la figlia nata per procreazione assistita, cui  si  era  sottoposta
l'allora  partner  (legame  che  "tient  donc,  de  facto,  du   lien
parent-enfant"), coerentemente con la nozione di "vita familiare"  di
cui al medesimo art. 8 CEDU (Corte EDU, sezione quinta,  sentenza  12
novembre   2020,   Honner   contro   Francia,   paragrafo   51).   La
considerazione che la tutela  del  preminente  interesse  del  minore
comprende  la  garanzia  del  suo  diritto  all'identita'  affettiva,
relazionale, sociale, fondato sulla stabilita' dei rapporti familiari
e di cura e sul loro riconoscimento giuridico e', inoltre, al  centro
delle stesse pronunce "gemelle" (Corte EDU, sezione quinta,  sentenze
26 giugno 2014, Mennesson contro Francia e Labassee contro  Francia),
richiamate dall'odierno rimettente. In esse la Corte EDU ha ravvisato
la violazione del diritto alla vita privata del  minore  nel  mancato
riconoscimento del legame di  filiazione  tra  lo  stesso,  concepito
all'estero ricorrendo alla specifica tecnica  della  surrogazione  di
maternita', e i  genitori  intenzionali,  proprio  in  considerazione
dell'incidenza  del  rapporto   di   filiazione   sulla   costruzione
dell'identita' personale (Corte  EDU,  sezione  quinta,  sentenze  26
giugno 2014, Mennesson  contro  Francia,  paragrafo  96,  e  Labassee
contro  Francia,  paragrafo  75).  Tale  indirizzo -  confermato   da
successive  pronunce  (fra  le  altre,  Corte  EDU,  sezione  quinta,
sentenza 16 luglio 2020, D. contro Francia) che hanno  richiamato  il
parere consultivo reso, ai sensi del protocollo n.  16,  dalla  Corte
EDU, grande camera, il 10 aprile 2019, relativo al riconoscimento nel
diritto interno di un rapporto di filiazione tra un  minore  nato  da
una  gestazione  per  altri  effettuata   all'estero   e   la   madre
intenzionale, richiesto dalla Corte di  cassazione  francese -  fonda
proprio nell'art. 8  CEDU  l'obbligo  degli  Stati  di  prevedere  il
riconoscimento legale del legame di filiazione  tra  il  minore  e  i
genitori intenzionali» (Corte costituzionale n. 32/2021). Se, dunque,
tali principi sono stati affermati dalla Corte EDU (17)  persino  con
riguardo al caso del genitore «solo» intenzionale  (cfr.  3.1)),  non
possono che valere a fortiori nella fattispecie oggetto  dell'odierno
scrutinio; 
          articoli 2 (18) , paragrafo 1, 17 (19) , 23 (20) e 26  (21)
del Patto internazionale relativo ai diritti civili  e  politici,  in
tema di divieto di discriminazione e diritto al rispetto  della  vita
privata e familiare, per gli stessi motivi; 
          articoli 2 (22) , 3 (23) e 9  (24)  della  Convenzione  sui
diritti del fanciullo, firmata  a  New  York  il  20  novembre  1989,
ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio  1991,  n.  176,  che
impone agli  Stati  aderenti  l'obbligo  di  rendere  effettivi  tali
diritti e di garantire la stabilita' dei legami e delle relazioni del
minore in riferimento a tutte le persone con cui  quest'ultimo  abbia
instaurato un rapporto personale stretto, persino in  assenza  di  un
legame biologico. 
7) Le conseguenze dell'accoglimento della questione  di  legittimita'
costituzionale 
    Resta solo da osservare come,  dall'accoglimento  della  presente
questione di legittimita' costituzionale, che appare  tutt'altro  che
manifestamente  infondata  per  le  ragioni  sinora  enunciate,   non
deriverebbero  quelle  conseguenze  particolarmente  dirompenti  gia'
ritenute dal giudice delle leggi - nell'analizzare i diversi casi  di
madre solo intenzionale di cui gia' s'e' detto - come riservate  alla
discrezionalita' di cui il legislatore fruisce in subiecta materia e,
in particolare: 
        non si estenderebbe «la fecondazione  eterologa  (...)  anche
all'"infertilita' sociale", o "relazionale", fisiologicamente propria
della   coppia   omosessuale   femminile,   conseguente   alla    non
complementarita'   biologica   delle    loro    componenti»    (Corte
costituzionale  n.  221/2019),  poiche',  nel  caso  in   esame,   la
fecondazione praticata e' omologa e i componenti  della  coppia,  per
quanto a oggi appartenenti al medesimo  genere  sessuale,  risultano,
grazie alla crioconservazione  del  gamete  maschile,  biologicamente
complementari; 
        non si renderebbe la PMA «una modalita' di realizzazione  del
"desiderio  di  genitorialita'"   alternativa   ed   equivalente   al
concepimento naturale, lasciata alla libera autodeterminazione  degli
interessati» (Corte costituzionale n. 221/2019), ma ci si limiterebbe
a permettere a una coppia, in origine  eterosessuale,  di  realizzare
l'originario progetto di  genitorialita'  reso  impraticabile,  senza
quella tecnica, in ragione della scelta - libera e legittima - di uno
dei suoi componenti di ottenere la  rettificazione  dell'attribuzione
di sesso; 
        non si determinerebbe, per la sua limitata portata, come gia'
chiarita,  «la  diretta  sconfessione,   sul   piano   della   tenuta
costituzionale,  di  entrambe  le  idee  guida  sottese  al   sistema
delineato  dal  legislatore  del  2004,  con  potenziali  effetti  di
ricaduta sull'intera  platea  delle  ulteriori  posizioni  soggettive
attualmente escluse dalle pratiche riproduttive»  ne'  si  porrebbero
«interrogativi  particolarmente  delicati  quanto  alla  sorte  delle
coppie omosessuali maschili, la cui omologazione alle femminili -  in
punto di  diritto  alla  genitorialita' -  richiederebbe,  come  gia'
accennato, che venga meno, almeno a certe condizioni, il  divieto  di
maternita' surrogata)» (Corte costituzionale n. 221/2019); 
        non  si   implementerebbero,   infine,   «integrazioni   alla
disciplina vigente (...) protese a colmare un vuoto di tutela in  una
materia caratterizzata da  ampia  discrezionalita'  del  legislatore»
(Corte costituzionale n. 32/2021),  non  potendo  rientrare  in  tale
discrezionalita' la scelta di  negare  (tanto  al  figlio  quanto  al
genitore) il riconoscimento di una genitorialita' biologica frutto di
un  progetto  procreativo  cui  i  componenti  della   coppia   hanno
contribuito  con  i  propri  rispettivi  autosufficienti   contributi
genetici, in  quanto  arbitraria  e  irragionevole,  poiche'  fondata
esclusivamente sulla sopravvenuta rettificazione dell'attribuzione di
sesso da parte di uno dei  suoi  componenti  (istituto  tutelato  dal
legislatore (25) ai sensi  della  legge  n.  164/1982)  e  sulla  sua
conseguente appartenenza al medesimo genere sessuale dell'altro. 
    In altri termini, e in conclusione,  non  si  chiede  alla  Corte
costituzionale, come nei precedenti citati, di sconfessare  l'opzione
legislativa secondo cui madre puo' essere solo uno dei  due  genitori
e, nello specifico, quello che ha  partorito  il  figlio,  bensi'  di
dichiarare costituzionalmente illegittima  l'impossibilita',  per  il
genitore che ha fornito il contributo maschile alla procreazione,  di
essere riconosciuto come padre, pur essendo  nel  frattempo  divenuto
donna come consentitogli dall'ordinamento, in  ragione  del  ricorso,
insieme all'altro partner di una coppia (divenuta) omosessuale, a una
fecondazione omologa mediante  procreazione  medicalmente  assistita.
Non l'adozione di una pronuncia c.d. manipolativa di sistema, dunque,
ma l'affermazione dell'unica soluzione costituzionalmente obbligata. 

(1) «Al solo fine  di  assicurare  l'effettivita'  della  tutela  dei
    diritti  e  il  pieno  adempimento   degli   obblighi   derivanti
    dall'unione  civile  tra   persone   dello   stesso   sesso,   le
    disposizioni che si riferiscono al matrimonio e  le  disposizioni
    contenenti le parole "coniuge", "coniugi" o termini  equivalenti,
    ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di  legge,
    nei regolamenti nonche' negli atti amministrativi e nei contratti
    collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti  dell'unione
    civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui  al
    periodo precedente non si applica alle norme  del  codice  civile
    non richiamate espressamente nella presente legge,  nonche'  alle
    disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo
    quanto previsto e consentito in materia di adozione  dalle  norme
    vigenti». 

(2) «I  nati  a   seguito   dell'applicazione   delle   tecniche   di
    procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli o  di
    figli riconosciuti della coppia che ha espresso  la  volonta'  di
    ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'art. 6». 

(3) Ai soli fini della volonta' di non essere nominata (primo  comma)
    e  alla  determinazione  del  comune  presso   cui   rendere   la
    dichiarazione di nascita (settimo e ottavo comma). 

(4) «Le attestazioni di stato civile riferite a persona  della  quale
    sia stata giudizialmente rettificata l'attribuzione di sesso sono
    rilasciate con la sola indicazione del nuovo sesso e nome».  

(5) «Entrambi i giudici rimettenti escludono la praticabilita' di una
    interpretazione  conforme  a  Costituzione   delle   disposizioni
    censurate, ritenendo che una simile operazione ermeneutica  trovi
    un  insormontabile   ostacolo   nell'univoco   tenore   letterale
    dell'enunciato   normativo.   L'affermazione   appare   corretta.
    Stabilendo che alle tecniche di PMA possano accedere solo  coppie
    formate da persone "di  sesso  diverso"  (art.  5)  e  prevedendo
    sanzioni amministrative a carico  di  chi  le  applica  a  coppie
    "composte da soggetti dello stesso sesso"(art. 12, comma  2),  la
    legge n. 40 del 2004 nega in modo puntuale e inequivocabile  alle
    coppie omosessuali la fruizione delle tecniche considerate. Cio',
    peraltro, in piena sintonia  con  l'ispirazione  di  fondo  della
    legge stessa, sulla quale si portera' presto l'attenzione. Opera,
    dunque, il principio - ripetutamente affermato da questa  Corte -
    secondo il quale l'onere di interpretazione conforme viene  meno,
    lasciando il passo all'incidente di costituzionalita',  allorche'
    il  tenore  letterale  della  disposizione  non   consenta   tale
    interpretazione (ex plurimis, sentenze n. 141 del 2019, n. 268  e
    n. 83 del 2017, n. 241 e n. 36 del 2016;  ordinanza  n.  207  del
    2018)». 

(6) «Per quanto espressamente disposto  dall'art.  5  della  predetta
    legge n. 40 del 2004, le coppie dello stesso  sesso  non  possono
    accedere alle tecniche  di  PMA.  (...)  Ad  opposte  conclusioni
    neppure puo' poi condurre la successiva legge 20 maggio 2016,  n.
    76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso
    sesso e disciplina delle convivenze), che - pur  riconoscendo  la
    dignita' sociale e giuridica  delle  coppie  formate  da  persone
    dello stesso sesso - non consente, comunque, la  filiazione,  sia
    adottiva che per fecondazione  assistita,  in  loro  favore.  Dal
    rinvio che il comma 20 dell'art. 1  di  detta  legge  opera  alle
    disposizioni sul matrimonio (cosiddetta clausola di salvaguardia)
    restano,  infatti,  escluse,  perche'  non  richiamate,   quelle,
    appunto, che regolano la paternita', la maternita'  e  l'adozione
    legittimante». 

(7) «(...) occorre pur sempre che quelle coinvolte  nel  progetto  di
    genitorialita' cosi' condiviso siano coppie "di  sesso  diverso",
    atteso che le coppie dello stesso sesso non possono accedere,  in
    Italia, alle tecniche  di  procreazione  medicalmente  assistita.
    Tanto e' espressamente disposto dall'art. 5 della citata legge n.
    40 del 2004: norma della quale non e' possibile l'interpretazione
    adeguatrice pretesa dalle ricorrenti medesime». 

(8) Cassazione n. 22179/2022  e  Cassazione  SS.UU.  38162/2022:  «Il
    minore nato all'estero mediante il ricorso alla  surrogazione  di
    maternita' ha un diritto fondamentale  al  riconoscimento,  anche
    giuridico, del legame  sorto  in  forza  del  rapporto  affettivo
    instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione; tale  esigenza
    e'  garantita  attraverso  l'istituto   dell'adozione   in   casi
    particolari, ai sensi dell'art. 44, comma  1,  lettera  d)  della
    legge  n.  184  del  1983   che,   allo   stato   dell'evoluzione
    dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che  consente,  da  un
    lato, di conseguire lo  "status"  di  figlio  e,  dall'altro,  di
    riconoscere giuridicamente il legame di fatto  con  il  "partner"
    del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno  procreativo
    concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita»;
    Cassazione n. 25436/2023: «L'adozione  in  casi  particolari,  ex
    art. 44, comma 1,  lettera  d)  della  legge  n.  184  del  1983,
    rappresenta lo strumento che consente al minore, nato in  Italia,
    a  seguito  di  procreazione  medicalmente   assistita   compiuta
    all'estero da coppia omoaffettiva, di conseguire lo  "status"  di
    figlio e di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con  il
    genitore d'intenzione; ne consegue che il dissenso  del  genitore
    biologico all'adozione da parte del genitore sociale deve  essere
    valutato  esclusivamente  sotto  il  profilo  della   conformita'
    all'interesse del minore, con particolare riferimento al progetto
    genitoriale comune, alla cura e all'accudimento svolto in  comune
    dalla coppia, per un congruo periodo». 

(9) Corte costituzionale n. 230/2020:  «(...)  la  giurisprudenza  ha
    gia' preso in considerazione l'interesse in questione, ammettendo
    l'adozione cosiddetta non  legittimante  in  favore  del  partner
    dello stesso sesso del genitore biologico del  minore,  ai  sensi
    dell'art. 44, comma 1, lettera d), della legge 4 maggio 1983,  n.
    184 (Diritto del minore ad una famiglia). In questa  chiave,  "si
    esclude che una valutazione negativa  circa  la  sussistenza  del
    requisito dell'interesse del minore possa fondarsi esclusivamente
    sull'orientamento sessuale del richiedente l'adozione e  del  suo
    partner,  non  incidendo  l'orientamento  sessuale  della  coppia
    sull'idoneita'      dell'individuo      all'assunzione      della
    responsabilita' genitoriale (Corte di cassazione,  sezione  prima
    civile, sentenza 22 giugno 2016, n. 12962)" (sentenza n. 221  del
    2019). Una diversa tutela del miglior interesse  del  minore,  in
    direzione di piu' penetranti ed estesi  contenuti  giuridici  del
    suo rapporto con la  "madre  intenzionale",  che  ne  attenui  il
    divario tra realta' fattuale e realta' legale, e' ben  possibile,
    ma le forme per attuarla attengono, ancora una  volta,  al  piano
    delle opzioni rimesse  alla  discrezionalita'  del  legislatore»;
    Corte costituzionale 32/2021 (cfr. infra). 

(10) Come affermato, sinora,  da  Cassazione  6383/2022  e  da  Corte
     europea dei diritti dell'uomo, sentenza 22 giugno 2023,  ...  ed
     altri  c.  Italia,  ma  in   casi   significativamente   diversi
     dall'odierno:  quello  affrontato  dalla  Corte  di  cassazione,
     analogo al caso analizzato sub  3.2);  quello  affrontato  dalla
     Corte europea dei diritti dell'uomo, analogo al caso  analizzato
     sub 3.1). 

(11) Ex art. 183, comma 5, del codice di  procedura  civile.,  stante
     che per la curatrice  speciale  quella  rappresentava  la  prima
     udienza successiva alla sua costituzione. 

(12) Circostanza che puo' dirsi  provata  sulla  base  dei  documenti
     prodotti  dall'attrice  sub  6-7-10-13,  senza  che   si   renda
     necessario l'espletamento di una CTU genetica. 

(13) «Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, comma  1,  possono
     accedere alle tecniche di  procreazione  medicalmente  assistita
     coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o  conviventi,
     in eta' potenzialmente fertile, entrambi viventi». 

(14) «(...) 2. Chiunque a qualsiasi titolo, in  violazione  dell'art.
     5, applica tecniche di  procreazione  medicalmente  assistita  a
     coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui
     componenti sia minorenne ovvero che siano composte  da  soggetti
     dello stesso sesso o non coniugati o non  conviventi  e'  punito
     con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000  a  400.000
     euro. (...) 9. E' disposta la sospensione  da  uno  a  tre  anni
     dall'esercizio professionale nei  confronti  dell'esercente  una
     professione sanitaria condannato per uno degli illeciti  di  cui
     al presente articolo, salvo quanto previsto  dal  comma  7.  10.
     L'autorizzazione concessa ai sensi dell'art. 10  alla  struttura
     al cui interno e' eseguita una delle pratiche vietate  ai  sensi
     del presente articolo e' sospesa per un  anno.  Nell'ipotesi  di
     piu' violazioni dei divieti di cui al  presente  articolo  o  di
     recidiva l'autorizzazione puo' essere revocata». 

(15) Diritto al rispetto della vita privata  e  familiare:  «1.  Ogni
     persona ha diritto al rispetto  della  propria  vita  privata  e
     familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
     2.  Non  puo'  esservi  ingerenza  di  una  autorita'   pubblica
     nell'esercizio di tale diritto a meno  che  tale  ingerenza  sia
     prevista dalla legge  e  costituisca  una  misura  che,  in  una
     societa' democratica, e' necessaria  alla  sicurezza  nazionale,
     alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese,  alla
     difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione
     della salute o della morale, o alla  protezione  dei  diritti  e
     delle liberta' altrui». 

(16) Divieto di discriminazione: «Il godimento dei  diritti  e  delle
     liberta' riconosciuti nella  presente  Convenzione  deve  essere
     assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare  quelle
     fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione,
     le opinioni  politiche  o  quelle  di  altro  genere,  l'origine
     nazionale o sociale, l'appartenenza a una  minoranza  nazionale,
     la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione». 

(17) Cfr. anche Corte EDU, sentenza 22 giugno 2023, Bonzano ed  altri
     c. Italia. 

(18) «Ciascuno degli Stati parti del  presente  Patto  si  impegna  a
     rispettare ed a garantire a tutti gli individui che  si  trovino
     sul suo territorio e siano sottoposti alla sua  giurisdizione  i
     diritti  riconosciuti  nel  presente  Patto,  senza  distinzione
     alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore,  il  sesso,  la
     lingua, la religione,  l'opinione  politica  o  qualsiasi  altra
     opinione,  l'origine  nazionale   o   sociale,   la   condizione
     economica, la nascita o qualsiasi altra condizione». 

(19) «1. Nessuno puo' essere sottoposto ad interferenze arbitrarie  o
     illegittime nella sua vita privata, nella  sua  famiglia,  nella
     sua casa o nella sua corrispondenza, ne' a illegittime offese al
     suo onore e alla sua reputazione. 2. Ogni individuo  ha  diritto
     ad essere tutelato  dalla  legge  contro  tali  interferenze  od
     offese». 

(20) «1. La famiglia e'  il  nucleo  naturale  e  fondamentale  della
     societa' e ha diritto ad essere protetta dalla societa' e  dallo
     Stato. 2. Il diritto di sposarsi e di fondare  una  famiglia  e'
     riconosciuto agli uomini e alle donne  che  abbiano  l'eta'  per
     contrarre matrimonio. 3. Il matrimonio non puo' essere celebrato
     senza il libero e pieno consenso  dei  futuri  coniugi.  4.  Gli
     Stati parti del presente Patto devono prendere misure  idonee  a
     garantire la parita' di diritti e di responsabilita' dei coniugi
     riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e al  momento  del
     suo  scioglimento.  In  caso  di   scioglimento,   deve   essere
     assicurata ai figli la protezione necessaria». 

(21) «Tutti gli individui sono eguali  dinanzi  alla  legge  e  hanno
     diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale  tutela  da
     parte della legge. A questo riguardo,  la  legge  deve  proibire
     qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui  una
     tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa
     fondata  sulla  razza,  il  colore,  il  sesso,  la  lingua,  la
     religione,  l'opinione  politica  o  qualsiasi  altra  opinione,
     l'origine nazionale  o  sociale,  la  condizione  economica,  la
     nascita o qualsiasi altra condizione». 

(22) «Gli Stati parti si impegnano a rispettare i  diritti  enunciati
     nella presente Convenzione e a garantirli a ogni  fanciullo  che
     dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a
     prescindere da ogni  considerazione  di  razza,  di  colore,  di
     sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del
     fanciullo o dei suoi genitori  o  rappresentanti  legali,  dalla
     loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro  situazione
     finanziaria, dalla loro incapacita', dalla  loro  nascita  o  da
     ogni  altra  circostanza.  Gli  Stati  parti  adottano  tutti  i
     provvedimenti   appropriati   affinche'   il    fanciullo    sia
     effettivamente tutelato contro ogni forma di  discriminazione  o
     di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle  attivita',
     opinioni professate o convinzioni dei suoi  genitori,  dei  suoi
     rappresentanti legali o dei suoi familiari». 

(23) «In tutte le decisioni  relative  ai  fanciulli,  di  competenza
     delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei
     tribunali,  delle  autorita'  amministrative  o   degli   organi
     legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una
     considerazione preminente.  Gli  Stati  parti  si  impegnano  ad
     assicurare al fanciullo la protezione e le  cure  necessarie  al
     suo benessere, in considerazione dei diritti e  dei  doveri  dei
     suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che  hanno  la
     sua responsabilita' legale, e a tal fine essi adottano  tutti  i
     provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati. (...)». 

(24) «Gli  Stati  parti  vigilano  affinche'  il  fanciullo  non  sia
     separato dai suoi genitori contro la loro volonta' a meno che le
     autorita' competenti non decidano, sotto  riserva  di  revisione
     giudiziaria  e  conformemente  con   le   leggi   di   procedura
     applicabili, che questa separazione e' necessaria nell'interesse
     preminente del fanciullo. Una decisione  in  questo  senso  puo'
     essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio  quando
     i genitori maltrattino o  trascurino  il  fanciullo,  oppure  se
     vivano separati e una decisione debba essere presa  riguardo  al
     luogo  di  residenza  del  fanciullo.  (...)  Gli  Stati   parti
     rispettano il diritto  del  fanciullo  separato  da  entrambi  i
     genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente  rapporti
     personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che
     cio' non sia contrario all'interesse preminente  del  fanciullo.
     (...)». 

(25) Cosi' come e' lo stesso legislatore della legge n. 40/2004 (art.
     9) a riconoscere l'interesse a mantenere il  legame  genitoriale
     acquisito, anche  eventualmente  in  contrasto  con  la  verita'
     biologica della procreazione (Corte costituzionale n. 127/2020). 

 
                                P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953: 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale; 
        sospende il giudizio in corso; 
        ordina la notifica, a cura della cancelleria, della  presente
ordinanza alle parti, alla curatrice speciale, al pubblico ministero,
al Presidente del Consiglio dei ministri e ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
          Cosi' deciso in Como, nella  Camera  di  consiglio  del  24
luglio 2024 
 
                         La Presidente: Cao 
 
 
                                           Il Giudice estensore: Azzi