Reg. ord. n. 186 del 2024 pubbl. su G.U. del 16/10/2024 n. 42
Ordinanza del Tribunale di Como del 13/09/2024
Tra: M. P. C/ M. B.
Oggetto:
Procreazione medicalmente assistita (PMA) – Accesso alle tecniche – Divieto per le coppie composte da persone dello stesso sesso – Sanzioni – Applicazione del divieto e delle sanzioni anche nel caso di ricorso alle tecniche da parte di una coppia formata da componenti dello stesso sesso allo scopo di consentire la fecondazione omologa tra il gamete maschile di uno di loro (crioconservato anteriormente alla rettificazione di attribuzione di sesso, quando la coppia era formata da componenti di sesso diverso) e il gamete femminile dell’altro componente della coppia – Preclusione del diritto alla genitorialità e all’identità di genere – Violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo della discriminazione di una coppia omosessuale, che abbia fatto ricorso alla fecondazione omologa, rispetto alla paragonabile situazione di coppia eterosessuale, e sotto il profilo della discriminazione della scelta di uno dei componenti della coppia di procedere alla rettificazione di attribuzione di sesso riconoscendo valore determinante al momento di tale scelta rispetto a quello di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita – Lesione della protezione dell’infanzia e del diritto dei figli alla bigenitorialità – Lesione del diritto alla salute – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, con particolare riguardo al divieto di discriminazione e al diritto al rispetto della vita privata e familiare, nonché al diritto del minore alla stabilità dei legami e delle relazioni.
Norme impugnate:
legge del 19/02/2004 Num. 40 Art. 5
legge del 19/02/2004 Num. 40 Art. 12 Co. 2
legge del 19/02/2004 Num. 40 Art. 12 Co. 9
legge del 19/02/2004 Num. 40 Art. 12 Co. 10
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 31 Co. 2
Costituzione Art. 32 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 8 Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 14 Co.
Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York Art. 2 Co.
legge Art. Co.
Convenzione di New York sui diritti del fanciullo Art. 2 Co.
Convenzione di New York sui diritti del fanciullo Art. 3 Co.
Convenzione di New York sui diritti del fanciullo Art. 9 Co.
legge Art. Co.
Udienza Pubblica del 8 luglio 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 186 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 settembre 2024 Ordinanza del 13 settembre 2024 del Tribunale di Como nel procedimento civile vertente tra M. P. e M. B. e altri. Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Accesso alle tecniche - Divieto per le coppie composte da persone dello stesso sesso - Sanzioni - Applicazione del divieto e delle sanzioni anche nel caso di ricorso alle tecniche da parte di una coppia formata da componenti dello stesso sesso allo scopo di consentire la fecondazione omologa tra il gamete maschile di uno di loro (crioconservato anteriormente alla rettificazione di attribuzione di sesso, quando la coppia era formata da componenti di sesso diverso) e il gamete femminile dell'altro componente della coppia. - Legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10. (GU n. 42 del 16-10-2024) TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO Prima Sezione civile Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott.ssa Barbara Cao, Presidente; dott.ssa Nicoletta Sommazzi, giudice; dott. Lorenzo Azzi, giudice relatore; riunito in Camera di consiglio; ritenuto necessario sollevare d'ufficio una questione di legittimita' costituzionale, non potendo il giudizio essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione; emette la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di una questione di legittimita' costituzionale ex articoli 1, legge costituzionale n. 1/1948 e 23, legge n. 87/1953 nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G. 4923/2021 promossa da M. P., nata a . . . il . . . (codice fiscale . . . ), in proprio e nella sua qualita' di genitore esercente la responsabilita' genitoriale sulle minori V. P., nata a . . . il . . . (codice fiscale . . . ), e B. P., nata a . . . il . . . (codice fiscale . . . ), assistita, rappresentata e difesa dalle avv.te Valentina Pontillo del Foro di Milano e Maria Grazia Sangalli del Foro di Bergamo con domicilio digitale eletto ai rispettivi indirizzi P.E.C.: valentina.pontillo@milano.pecavvocati.it - avv.mgsangalli@bergamo.pecavvocati.it - attrice; contro M. B. (C.F.: . . . ), nata a . . . il . . . , assistita e difesa dall'avv.ta Susanna Lollini del Foro di Roma, presso il cui studio e' elettivamente domiciliata a Roma in via Ulpiano, 29 fax n. 06 3203756 - PEC: susannalollini@ordineavvocatiroma.org - convenuta - e V. P., nata a . . . il . . . (codice fiscale. . . ), e B. P., nata a . . . il . . . (codice fiscale ...), rappresentate dalla curatrice speciale delle minori avv. Federica Benzi con l'intervento del pubblico ministero in sede; Oggetto Dichiarazione giudiziale di paternita'/maternita' naturale di minorenne. Conclusioni Per parti attrice e convenuta: «In via principale: - accertare e dichiarare la genitorialita' genetica in capo alla sig.ra B. M. di V. P. nata a . . . il . . . e di B. P. nata a . . . il . . . , con ogni conseguenza di legge, cosicche' V. e B. vengano indicate quali figlie della sig.ra M. P. e della sig.ra M. B. Con ogni conseguenza relativa all'annotazione della sig.ra B. come madre delle due bambine o in subordine genitore - se necessario sollevando sul punto questione di legittimita' costituzionale dell'art. 250 del codice civile rispetto agli articoli 2, 3, 30, 32, 117 della Costituzione, come meglio precisato in parte motiva - e in ordine al cognome che si chiede sia indicato come P. B. In via istruttoria: nel caso in cui venisse ritenuta insufficiente, ai fini della decisione invocata, la documentazione sanitaria prodotta, disporre una consulenza di natura genetica sul legame esistente tra le bambine V. e B. P. e la sig.ra M. B.». Per la curatrice speciale delle minori: previe le declaratorie di legge e del caso e - qualora ritenuto necessario - sollevando sul punto questione di legittimita' costituzionale dell'art. 250 del codice civile rispetto agli articoli 2, 3, 30, 32, 117 della Costituzione - accertare e dichiarare la genitorialita' genetica in capo alla signora B. M. di V. P. nata a . . . il . . . e di B. P. nata a . . . il . . . ; conseguentemente statuire che V. e B. vengano indicate quali figlie della sig.ra M. P. e della sig.ra M. B. Ordinare conseguentemente l'annotazione della sig.ra B. come madre o comunque come genitore delle due bambine o, in via subordinata, come padre (cfr. verbale d'udienza del 18 luglio 2024). In via istruttoria: in caso non si dovesse ritenere gia' raggiunta la prova della genitorialita' genetica della convenuta, disporre consulenza genetica e di compatibilita' biologica tra le minori V. P. e B. P. e la sig.ra M. B., portatrice del patrimonio genetico maschile. Per il pubblico ministero (cfr. verbale d'udienza del 18 luglio 2024): «- si ritiene che la via corretta sia adire la Corte costituzionale, perche' non e' accettabile che non sia possibile ottenere il riconoscimento della genitorialita' biologica in un caso come questo, in cui non c'e' un genitore solo intenzionale; - c'e' un problema di trattamento disuguale tra chi intraprende il percorso di rettificazione di sesso prima della nascita del figlio e chi lo intraprende dopo; - il faro deve essere l'interesse del minore; - non si manifesta contrarieta' all'annotazione del nome della convenuta, donna, come genitore con la precisazione che ha rettificato il proprio sesso». 1) Lo svolgimento del processo Con l'atto di citazione introduttivo della presente causa, M. P., in proprio e quale madre esercente la responsabilita' genitoriale su V. e B. P., rappresentato che: nel corso del . . . , l'attrice aveva intrapreso una relazione con l'allora M. B.; nel . . . , quest'ultimo aveva intrapreso un percorso per la rettificazione dell'attribuzione di sesso, sfociato, prima, nella sentenza del 10 giugno 2015 di autorizzazione all'adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili mediante trattamento medico-chirurgico (doc. 8), poi, nell'intervento di orchiectomia bilaterale del . . . e, infine, nella sentenza del 13 ottobre 2016 di rettificazione dell'attribuzione di sesso (in femminile) e nome (in M. B.) (doc. 9); in data . . . , era nata, a . . . , V. P. (doc. 1), previo consenso informato prestato tanto da M. P. quanto da M. B. (doc. 3), mediante fecondazione medicalmente assistita con utilizzo del liquido seminale appartenente a M. B. e crioconservato sotto il nome «M. B.» (docc. 6-7-10); in data . . . , la convenuta era stata designata tutrice di V. (doc. 12) e il ... le parti avevano costituito un'unione civile (doc. 5); in data . . . , il Tribunale di Como aveva rigettato l'impugnazione ex art. 95 decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000 del rifiuto opposto dall'ufficiale dello stato civile di procedere al riconoscimento di paternita', da parte di M. B., della minore V. P. (doc. 11); in data . . . , era nata, a . . . , B. P. (doc. 2), previo consenso informato prestato tanto da M. P. quanto da M. B. (doc. 4), sempre mediante fecondazione medicalmente assistita con utilizzo del liquido seminale appartenente a M. B. e crioconservato sotto il nome «M. B.» (doc. 13); ha chiesto accertarsi e dichiararsi la genitorialita' genetica in capo a M. B. di V. e B. P., con ogni conseguenza di legge, cosicche' V. e B. vengano indicate quali figlie della sig.ra M. P. e della sig.ra M. B., e con ogni conseguenza relativa all'annotazione della sig.ra B. come madre delle due bambine o, in subordine, genitore - se necessario, sollevando sul punto questione di legittimita' costituzionale dell'art. 250 del codice civile rispetto agli articoli 2, 3, 30, 32, 117 della Costituzione - nonche' con indicazione del cognome come «P. B.» M. B. si e' costituita in giudizio aderendo alle domande attoree. All'udienza del 20 luglio 2022, sentite parti e difensori, il giudice istruttore ha immediatamente rimesso la causa al collegio, il quale, con provvedimento del 22/07-01/08/2022, ha assegnato un termine alle parti per motivare sulle ragioni che giustificherebbero l'assunzione di una decisione diversa dal precedente del 2021 (specificando se fosse stato impugnato), analizzare i profili della questione di legittimita' costituzionale ed esprimersi sulla necessita' di nominare un curatore speciale. Dopo il deposito congiunto di una memoria di parte su tali profili, all'udienza del 10 febbraio 2023, il giudice istruttore ha rimesso la causa al collegio per la decisione senza assegnazione dei termini ex art. 190 del codice di procedura civile, stante la rinuncia delle parti. Con ordinanza collegiale del 24/03-03/04/2023, la causa e' stata rimessa in istruttoria per la nomina di un curatore speciale delle minori e l'assegnazione di un termine all'Ufficio di procura per il deposito di una memoria. All'udienza del 18 luglio 2024, il procuratore capo ha concluso come indicato sopra, la curatrice speciale ha formulato domanda subordinata di iscrizione della convenuta come padre e la causa e' stata nuovamente rimessa al collegio per la decisione senza assegnazione dei termini ex art. 190 del codice di procedura civile. 2) L'azione esperita M. P. ha intrapreso un'azione di stato e, nello specifico, ha chiesto la dichiarazione giudiziale di paternita', in capo a M. B., delle figlie V. P. e B. P. Occorre, pertanto, richiamare: l'art. 269 del codice civile, che prevede che «La paternita' e la maternita' possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento e' ammesso. La prova della paternita' e della maternita' puo' essere data con ogni mezzo. La maternita' e' dimostrata provando la identita' di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre. La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternita'»; l'art. 250 del codice civile, che dispone che «Il figlio nato fuori del matrimonio puo' essere riconosciuto, nei modi previsti dall'art. 254, dal padre e dalla madre, anche se gia' uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento puo' avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente. (...)». 3) I casi gia' sottoposti al vaglio dell'autorita' giudiziaria e cio' che li distingue dalla fattispecie in esame 3.1) Il caso della madre «solo» intenzionale La Corte costituzionale - ritenuta costituzionalmente legittima la scelta del legislatore di escludere dalla procreazione medicalmente assistita (PMA) le coppie formate da due genitori dello stesso sesso (n. 221/2019 e n. 237/2019) - si e' pronunciata, in merito alla pretesa, da parte della donna componente la coppia omosessuale non partoriente ne' geneticamente legata al figlio nato a seguito dell'accesso a tale tecnica, di riconoscerlo, enunciando i seguenti principi: sebbene la genitorialita' del nato a seguito del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) sia legata anche al «consenso» prestato e alla «responsabilita'» conseguentemente assunta da entrambi i soggetti che hanno deciso di accedere a una tale tecnica procreativa, occorre, pur sempre, che quelle coinvolte nel progetto di genitorialita' cosi' condiviso siano coppie di sesso diverso, atteso che le coppie dello stesso sesso non possono accedere, in Italia, alle tecniche di PMA, come espressamente disposto dall'art. 5 della legge n. 40 del 2004. I parametri costituzionali, europei e convenzionali evocati, cosi' come non consentono l'interpretazione adeguatrice della normativa censurata, allo stesso modo neppure, pero', ne autorizzano la reductio ad legitimitatem, nel senso dell'auspicato riconoscimento delle donne omosessuali civilmente unite quali genitori del nato da fecondazione eterologa praticata dall'una con il consenso dell'altra, stante la scelta del legislatore di non riferire le norme relative al rapporto di filiazione alle coppie dello stesso sesso; scelta costituzionalmente legittima perche' l'aspirazione della madre intenzionale a essere genitore non assurge a livello di diritto fondamentale della persona (Corte costituzionale n. 230/2020); si rende impellente un intervento del legislatore in direzione di piu' penetranti ed estesi contenuti giuridici del rapporto del minore con la «madre intenzionale», vista l'insufficienza del ricorso all'adozione in casi particolari, per come attualmente regolata (Corte costituzionale n.32/2021). Anche la Suprema Corte di cassazione ha preso posizione sul caso del minore concepito mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e nato in Italia, affermando l'inaccoglibilita' della domanda di rettificazione dell'atto di nascita volta a ottenere l'indicazione, in qualita' di madre del bambino, accanto a quella che l'ha partorito, anche della donna a costei legata in unione civile, poiche' in contrasto con l'art. 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004, che esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentite, al di fuori dei casi previsti dalla legge, forme di genitorialita' svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto (Cassazione nn. 7668/2020, 8029/2020, 23321/2021, 7413/2022, 22179/2022). 3.1.1) Le differenze rispetto alla fattispecie in esame Nel caso oggetto dell'odierno scrutinio, non essendo la convenuta «solo» una madre intenzionale, i surrichiamati principi espressi dal giudice delle leggi e dal giudice di legittimita' non recano argomenti a sostegno del rigetto della domanda attorea: Corte costituzionale n. 230/2020, infatti, da un lato, si e' trovata ad affrontare un caso (quello del nato da fecondazione eterologa praticata da una donna omosessuale con il consenso dell'altra cui e' civilmente unita) dissimile da quello oggetto dell'odierno scrutinio e, dall'altro, ha riconosciuto la scelta di riservare alle coppie di sesso diverso le tecniche di PMA e di escludere, dal rinvio che il comma 20 (1) dell'art. 1 della legge n. 76/2016 opera alle disposizioni sul matrimonio, quelle che regolano la paternita', la maternita' e l'adozione legittimante come costituzionalmente legittime «perche' l'aspirazione della madre intenzionale a essere genitore non assurge a livello di diritto fondamentale della persona». Nella vicenda in esame, viceversa, l'interesse da tutelare e' quello del padre biologico (ossia, del genitore che ha fornito il gamete maschile necessario alla procreazione: cfr. infra) a riconoscere il proprio figlio, che certamente assurge a livello di diritto fondamentale della persona; Corte costituzionale n. 32/2021, poi, che ha affrontato lo stesso caso della precedente pronuncia n. 230/2020, ha, perfino, sollecitato il legislatore (rilevata «una preoccupante lacuna dell'ordinamento nel garantire tutela ai minori e ai loro migliori interessi, a fronte di quanto in forte sintonia affermato dalla giurisprudenza delle due corti europee, oltre che dalla giurisprudenza costituzionale, come necessaria permanenza dei legami affettivi e familiari, anche se non biologici, e riconoscimento giuridico degli stessi, al fine di conferire certezza nella costruzione dell'identita' personale») a porre impellente rimedio alla condizione deteriore in cui versano i nati a seguito di PMA eterologa praticata da due donne - quindi, ancora una volta, in un'ipotesi in cui il soggetto che chiede il riconoscimento quale genitore non ha alcun legame biologico con il nato - rispetto a quella di tutti gli altri nati solo in ragione dell'orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo; Cassazione n. 8029/2020 (e le altre conformi), infine, ha concluso, anch'essa, per il rigetto della domanda volta a ottenere la formazione di un atto di nascita recante quale genitore del bambino, nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale proprio perche', per l'appunto, «solo» intenzionale e, pertanto, protagonista di quelle, ben diverse da quella in esame, «forme di genitorialita' svincolate da un rapporto biologico ... non consentite al di fuori dei casi previsti dalla legge». 3.2) Il caso della madre partoriente e della madre donatrice di ovulo La sola Suprema Corte di cassazione ha affrontato anche l'ipotesi in cui, all'interno della coppia omosessuale femminile che ricorre alla procreazione medicalmente assistita, l'una abbia donato l'ovulo e l'altra abbia condotto a termine la gravidanza con utilizzo di un gamete maschile di un terzo ignoto, affermando i seguenti principi: il riconoscimento e la trascrizione, nel registro dello stato civile in Italia, di un atto straniero, validamente formato, nel quale risulti la nascita di un figlio da due donne a seguito di procedura assimilabile alla fecondazione eterologa, per aver la prima donato l'ovulo e la seconda condotto a termine la gravidanza con utilizzo di un gamete maschile di un terzo ignoto, non contrastano con l'ordine pubblico per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano, dovendosi avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, del superiore interesse del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla conservazione dello status filiationis, validamente acquisito all'estero. La procedura di maternita' assistita tra due donne legate da un rapporto di coppia, con donazione dell'ovocita da parte della prima e conduzione a termine della gravidanza a opera della seconda con utilizzo di un gamete maschile di un terzo ignoto, non costituisce una fattispecie di maternita' surrogata o di surrogazione di maternita', ma integra un'ipotesi di genitorialita' realizzata all'interno della coppia, assimilabile alla fecondazione eterologa, dalla quale si distingue per essere il feto legato biologicamente a entrambe le donne. La regola secondo cui e' madre colei che ha partorito, giusta l'art. 269, comma 3, del codice civile, non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, sicche' e' riconoscibile in Italia l'atto di nascita straniero, validamente formato, dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, e' figlio di due madri (una che l'ha partorito e l'altra che ha donato l'ovulo), non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola (Cassazione n. 19599/2016); nel caso di minore concepita mediante l'impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e nata in Italia, non e' accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto di nascita volta a ottenere l'indicazione in qualita' di madre della bambina, accanto a quella che l'ha partorita, anche della donna cui e' appartenuto l'ovulo poi impiantato nella partoriente, poiche' in contrasto con l'art. 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004, che esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, anche in presenza di un legame genetico tra il nato e la donna sentimentalmente legata a colei che ha partorito (nel caso di specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto da una coppia di donne di procedere alla rettifica dell'atto di nascita della minore concepita con tecniche di procreazione medicalmente assistita all'estero e nata in Italia, con il consenso della donna non partoriente cui apparteneva l'ovulo che, fecondato, era stato impiantato nell'utero della partoriente) (Cassazione n. 6383/2022; conf. Cassazione 10844/2022 e Tribunale Arezzo 10 novembre 2022). 3.2. 1) Le differenze rispetto alla fattispecie in esame Nel caso oggetto dell'odierno scrutinio, l'apporto della convenuta non si e' «limitato» alla donazione del gamete femminile (ovulo) necessario, ma non sufficiente, per la procreazione, rendendo cosi' pur sempre necessario ricorrere alla fecondazione eterologa con apporto del gamete maschile da parte di un soggetto terzo estraneo alla coppia: e' M. B. stessa, infatti, che ha fornito il gamete maschile (spermatozoo) che, fecondato, pur mediante una pratica medicalmente assistita, con l'ovulo di M. P., ha consentito la procreazione. In altri termini, la genitorialita' biologica e' frutto di un progetto procreativo cui i componenti della coppia hanno contribuito con i propri rispettivi autosufficienti contributi genetici. In ogni caso, poi, Cassazione n. 6383/2022 e' giunta alla conclusione sopra riportata richiamando, nella succinta motivazione, l'ulteriore ostacolo che sarebbe rappresentato dall'«essenziale rilievo secondo cui la legge nazionale si contiene nel senso che una sola e' la persona che puo' essere menzionata come madre in un atto di nascita». Neppure tale ostacolo, tuttavia, ricorre nel caso di specie, per le ragioni che si espliciteranno sub 4). 3.3) Il caso del padre premorto fornitore del gamete maschile La Suprema Corte di cassazione n. 13000/2019 ha, infine, avuto modo di affrontare, in un'unica occasione, la fattispecie del ricorso alla fecondazione omologa post mortem avvenuta mediante utilizzo del seme crioconservato di colui che, dopo aver prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso all'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 40 del 2004 e senza che ne risulti la sua successiva revoca, sia poi deceduto prima della formazione dell'embrione avendo altresi' autorizzato, per dopo la propria morte, la moglie o la convivente all'utilizzo suddetto, concludendo nel senso della riferibilita' di tale ipotesi all'art. 8 (2) della legge n. 40 del 2004. Nell'affermare cio', ha rilevato che «Qualsivoglia considerazione riguardante la valutazione in termini di illiceita'/illegittimita', in Italia, della tecnica di P.M.A. non potrebbe certamente riflettersi, in negativo, sul nato e sull'intero complesso dei diritti a lui riconoscibili. In altre parole, la circostanza che si sia fatto ricorso all'estero a P.M.A. non espressamente disciplinata (o addirittura non consentita) nel nostro ordinamento non esclude, ma anzi impone, nel preminente interesse dal nato, l'applicazione di tutte le disposizioni che riguardano lo stato del figlio venuto al mondo all'esito di tale percorso, come, peraltro, affermato, con chiarezza, dalla Corte EDU nelle due sentenze "gemelle" Mennesson c. Francia (26 giugno 2014, ric. n. 65192/11) e Labassee c. Francia (26 giugno 2014, ric. n. 65941/11), oltre che sancito anche dalla Corte costituzionale fin dalla sentenza n. 347 del 1998, che (ancor prima del sopravvenire della legge n. 40 del 2004) sottolineo' la necessita' di distinguere tra la disciplina di accesso alle tecniche di P.M.A. e la doverosa, e preminente, tutela giuridica del nato, significativamente collegata alla dignita' dello stesso. (...) Sostanzialmente nel medesimo senso, del resto, si e' gia' esplicitamente pronunciata anche questa Suprema Corte nella fondamentale sentenza n. 19599 del 30 settembre 2016 (benche' resa in vicenda affatto diversa da quella oggi in esame), secondo cui "le conseguenze della violazione delle prescrizioni e dei divieti posti dalla legge n. 40 del 2004 imputabile agli adulti che hanno fatto ricorso ad una pratica fecondativa illegale in Italia non possono ricadere su chi e' nato", di cio' essendosi mostrato consapevole lo stesso legislatore, il quale, all'art. 9, comma 1, ha previsto che, in caso di ricorso a tecniche (allora vietate) di procreazione medicalmente assistita addirittura di tipo eterologo (nel caso di specie, invece, si e' in presenza, pacificamente, di una fecondazione omologa, sebbene post mortem), il coniuge o convivente consenziente non possa esercitare l'azione di disconoscimento della paternita', ne' impugnare il riconoscimento per difetto di veridicita' (cfr., sostanzialmente nel medesimo senso, anche la successiva Cassazione n. 14878 del 2017)». 3.3. 1) Le differenze rispetto alla fattispecie in esame Nel caso oggetto dell'odierno scrutinio, a ricorrere alla fecondazione omologa mediante procreazione medicalmente assistita non e' stata una coppia eterosessuale. Cio' determina, come si vedra' in seguito, un contrasto con la disposizione di legge qui censurata (art. 5, legge n. 40/2004) e pone l'interrogativo se questa sola differenza - a fronte della complementarita' biologica dei componenti della coppia - giustifichi un trattamento diverso e, nello specifico, deteriore della coppia omosessuale rispetto alla coppia eterosessuale o, piuttosto, non lo giustifichi, non potendo impedire, al genitore che ha fornito l'indispensabile contributo biologico maschile alla procreazione - a prescindere dall'irrilevante circostanza di quale sia il suo attuale sesso (cfr. infra) -, di riconoscere il nuovo nato. Ed e' la stessa Cassazione n. 13000/2019 a fornire argomenti a sostegno della seconda scelta interpretativa, che «si fonda sulla rilevanza che assume la discendenza biologica ... tra l'uomo che ha comunque espresso un consenso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, altresi' autorizzando l'utilizzazione del proprio seme precedentemente prelevato e crioconservato, e il nato, e prescinde, pertanto, da ogni considerazione del tempo in cui sono avvenuti il concepimento (se lecitamente, o meno, non interessa nella concreta fattispecie, non potendosi riflettere sul nato eventuali responsabilita' dei genitori e/o dei medici che hanno assecondato i loro progetto) e la nascita (...) l'interesse del nato, nella specie, e' quello di acquisire rapidamente la certezza della propria discendenza bi-genitoriale, elemento di primaria rilevanza nella costruzione della propria identita'». 4) L'inquadramento del caso in esame e i tentativi di interpretazione costituzionalmente conforme Si legge, nel gia' citato decreto del 3 marzo 2021 pronunciato da questo ufficio giudiziario, che «Ad oggi l'art. 250 del codice civile ..., nell'individuare le modalita' con cui possono essere riconosciuti i figli nati fuori dal matrimonio, fa espresso riferimento ai termini madre e padre, presupponendo una diversita' di genere dei due soggetti ed una corrispondenza tra il sesso femminile di colei che si dichiara essere madre e il sesso maschile di colui che si dichiara essere padre del minore. Allo stato, dunque, non e' consentito dal nostro ordinamento che un soggetto di sesso femminile possa essere indicato quale padre all'interno di un atto di nascita». Si tratta di osservazione che questo collegio ritiene di dover meglio circoscrivere. E' vero, da un punto di vista normativo, che gli articoli 250 (Riconoscimento) e 269 (Dichiarazione giudiziale di paternita' e maternita') del codice civile fanno esplicito riferimento alla madre e al padre e che si rinvengono riferimenti alla madre nell'art. 30, decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000 (Dichiarazione di nascita) (3) e un riferimento al padre nell'art. 44, decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000 (Riconoscimento del nascituro). E', altresi', vero, da un punto di vista biologico, che, al momento del concepimento, non puo' non esservi corrispondenza tra la madre e il genere sessuale femminile, da una parte, e tra il padre e il genere sessuale maschile, dall'altra: - quanto alla madre, perche' si assume esserlo la donna che ha partorito (art. 269, comma 3, del codice civile); - quanto al padre, perche' e' il genitore che fornisce il gamete maschile. Sotto questa prospettiva, il caso in esame non presenta particolarita', nel senso che non rappresenta un'eccezione alla derivazione biologica della genitorialita': - l'attrice e' indiscutibilmente madre, in quanto ha partorito le proprie figlie; - la convenuta chiede sia dichiarata giudizialmente la propria genitorialita', in quanto ha fornito il gamete maschile necessario alla procreazione. Cio' che occorre chiedersi, allora, e' se vi sia un qualche indice normativo che impone che tale corrispondenza debba permanere anche al momento del riconoscimento, cosi' impedendo al genitore che ha fornito il proprio apporto maschile alla nascita del figlio di ottenere il riconoscimento della propria paternita' per il solo fatto di avere ottenuto la rettificazione di sesso da maschile a femminile; in altri termini, se l'impianto legislativo vieti che sia dichiarata giudizialmente la paternita' di un genitore solo perche' (divenuta) di sesso femminile. La risposta che questo collegio ritiene di dare a tale interrogativo e' negativa, non rinvenendosi alcun indice normativo da cui ricavare, implicitamente o esplicitamente, tale divieto. Le norme citate, d'altro canto, disciplinano le condizioni per il riconoscimento dei figli (nati fuori del matrimonio) e, pertanto, non hanno la funzione di connotare il genere sessuale di appartenenza dei genitori. Funzione che non assume neppure l'atto di nascita, tant'e' che l'art. 29, decreto del Presidente della Repubblica n. 496/2000 (Atto di nascita), che si esprime con il piu' neutro termine di genitori, prevede che riporti, dei genitori, solamente le generalita', la cittadinanza e la residenza, ma non il sesso, elemento essenziale solo rispetto al bambino. Quanto sin qui argomentato permette di pervenire a una prima coppia di conclusioni: la convenuta non puo' assumere la qualifica di madre, poiche' non e' (ne') il genitore che ha partorito le figlie (ne' il genitore che ha donato il gamete femminile); non v'e' alcuna contraddizione logica - e, va da se', tantomeno un dato normativo ostativo o una violazione dell'identita' di genere o dell'art. 5, legge n. 164/1982 (4) - nell'iscrivere la convenuta M. B. quale padre delle figlie, poiche' tale definizione si limita a rappresentarla quale genitore che ha fornito il contributo maschile necessario alla procreazione. E, d'altro canto, questa - che, tra l'altro, esclude che si ponga l'ostacolo costituito dalla «attuale impossibilita' di indicare due madri unite civilmente nell'atto di nascita formato in Italia» (Corte costituzionale n. 230/2020) - e' l'unica interpretazione costituzionalmente orientata che puo' darsi alla normativa sulla formazione degli atti dello stato civile e a quella codicistica in materia di riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio, pena l'impossibilita' di tutelare il diritto del genitore biologico di riconoscere il proprio figlio e, soprattutto, il diritto del figlio alla bi-genitorialita'. Tale prima coppia di conclusioni, tuttavia, non permette di accogliere la domanda di dichiarazione giudiziale di paternita', in capo a M. B., di V. e B. P. Osta, infatti, a tale soluzione, in primo luogo, l'impossibilita' - gia' ripetutamente segnalata dalla Corte costituzionale (n. 221/2019 (5) , n. 237/2019 (6) e n. 230/2020 (7) ) - di operare un'interpretazione adeguatrice anche dell'art. 5, legge n. 40/2004 (Requisiti soggettivi) tale da permettere pure alle coppie omosessuali (quale gia' era, quando ha fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita, quella composta da attrice e convenuta) l'accesso alle tecniche ivi disciplinate, stante l'inequivocita' del suo tenore letterale («Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in eta' potenzialmente fertile, entrambi viventi»). Ne' puo' soccorrere l'istituto dell'adozione in casi particolari ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d), della legge n. 184 del 1983. E, infatti: non e' possibile ricorrervi nel caso in esame, poiche' sia la Suprema Corte di cassazione (8) sia la Corte costituzionale (9) ne hanno affermato l'applicabilita' alle sole ipotesi, ancora una volta, di madre meramente intenzionale, allo scopo di riconoscere il legame di fatto con il partner del genitore genetico, opzione interpretativa necessitata dal disposto dell'art. 293 del codice civile («I figli non possono essere adottati dai loro genitori»), con la conseguenza che, nel caso in esame, non solo l'ordinamento non sarebbe in grado di soddisfare la legittima aspirazione della convenuta a riconoscere le figlie di cui e' genitore biologico, ma ne comprometterebbe irrimediabilmente ogni aspettativa di instaurare con esse un rapporto giuridicamente tutelato; anche qualora la Corte costituzionale ritenesse possibile ricorrervi (10) , va richiamata la condivisibile opinione dalla stessa gia' espressa secondo cui tale istituto - che prevede, comunque, la necessita' dell'assenso da parte del genitore biologico/legale - risulta insufficiente, persino nei casi in cui non vi sia un legame genetico che lega adottante e adottando, a scongiurare la circostanza che i nati a seguito di PMA, persino eterologa, praticata da due donne «versano in una condizione deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati, solo in ragione dell'orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo» (Corte costituzionale n. 32/2021). 5) La rilevanza della questione Si e' spiegato, al punto precedente, perche' si ritiene infondata la domanda - formulata in via principale dall'attrice e cui hanno aderito la convenuta e la curatrice speciale dei minori - di dichiarazione giudiziale di maternita' in favore della convenuta. Rientra, tuttavia, nel thema decidendum anche la domanda di dichiarazione giudiziale di paternita' in favore della convenuta, per le seguenti ragioni: a) perche' l'attrice (e, allo stesso modo, la convenuta e la curatrice speciale) ha chiesto, in via subordinata, il riconoscimento della convenuta come genitore e - premesso che la dichiarazione giudiziale deve essere, per il chiaro dettato normativo, di maternita' o di paternita' - la decisione su quale status attribuire alla convenuta attiene a una questione di qualificazione giuridica spettante al giudice (cfr., ex multis, Cassazione n. 10402/2024), a prescindere dalle «preferenze» espresse dalle parti (cfr. verbale d'udienza del 18 luglio 2024); b) perche' la curatrice speciale l'ha espressamente e tempestivamente (11) formulata nel corso dell'ultima udienza. Ebbene, la questione che si sottopone alla Corte e' rilevante nel presente giudizio perche' l'attuale formulazione dell'art. 5, legge n. 40/2004 - per come interpretata dal diritto vivente (Cassazione n. 6383/2022) -, impedendo a (tutte) le coppie omosessuali di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, osta al riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio da parte del componente della coppia che ha fornito il proprio contributo genetico maschile alla procreazione (12) , complementare a quello della madre, e, pertanto, conseguentemente, all'accoglimento della domanda attorea di dichiarazione giudiziale della genitorialita', possibile solo «nei casi in cui il riconoscimento e' ammesso» (art. 269, comma 1, del codice civile.). Considerato che la norma censurata deve (ancora) essere applicata per la soluzione della controversia e che un'eventuale pronuncia di accoglimento della Corte influirebbe sul giudizio, deve, pertanto, concludersi che questo non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione. 6) Le disposizioni della legge viziate da illegittimita' costituzionale (oggetto), le disposizioni della Costituzione che si assumono violate (parametro) e il petitum Gli articoli 5 (13) e 12 (14) , commi 2, 9 e 10, della legge n. 40/2004 - nella parte in cui, limitando l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle sole «coppie [...] di sesso diverso», impediscono che vi possa ricorrere una coppia formata da componenti dello stesso sesso allo scopo di consentire la fecondazione omologa tra il gamete maschile di uno di essi (crioconservato prima della rettificazione dell'attribuzione di sesso, quando la coppia era formata da componenti di sesso diverso) e il gamete femminile dell'altro e sanzionano, di riflesso, chiunque applichi tali tecniche «a coppie [...] composte da soggetti dello stesso sesso» - vanno dichiarate costituzionalmente illegittime perche' violano le seguenti disposizioni costituzionali: a) art. 2 («La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale»), poiche' non garantiscono ne' il diritto fondamentale dell'individuo alla genitorialita', essendo indubitabile che l'aspirazione del genitore biologico a essere riconosciuto come tale assurge a livello di diritto fondamentale della persona (cfr., a contrario, Corte costituzionale n. 230/2020), ne' il diritto fondamentale dell'individuo all'identita' di genere (cfr. Corte costituzionale nn. 161/1985, 561/1987 e 180/2017), discriminandolo per la scelta operata (cfr. b) ii)); b) art. 3 («Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»), per due motivi: i) perche' discriminano una coppia omosessuale che abbia fatto ricorso alla fecondazione omologa rispetto alla paragonabile situazione di una coppia eterosessuale (cfr. 3.3. 1) e, a contrario, Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 15 marzo 2012, Gas e Dubois contro Francia); ii) perche' discriminano la scelta del convenuto di procedere alla rettificazione dell'attribuzione di sesso, per di piu' attribuendo valore determinante al momento in cui tale scelta e' stata presa (se, infatti, il convenuto avesse ottenuto la rettifica dopo la nascita delle figlie, la sua originaria qualifica di padre, riconosciuta dall'ordinamento, non potrebbe essere in alcun modo rimessa in discussione a seguito della mutata attribuzione di sesso); c) art. 31, secondo comma («La Repubblica (...) Protegge (...) l'infanzia (...), favorendo gli istituti necessari a tale scopo»), poiche' la tutela della filiazione e il conseguente diritto dei figli alla bi-genitorialita' sarebbero irrimediabilmente pregiudicati dal rigetto della pretesa del loro unico padre biologico di riconoscerli, lasciandoli, cosi', esposti a una situazione di incertezza giuridica nelle relazioni sociali quanto alla loro identita' personale; d) art. 32, primo comma («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettivita', e garantisce cure gratuite agli indigenti. (...)»), poiche' l'impossibilita' di formare una famiglia con figli assieme al proprio partner, nonostante la complementarita' biologica dei rispettivi apporti procreativi, e' in grado di nuocere alla salute psicofisica della coppia, oltreche' dei figli; e) art. 117, primo comma («La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato (...) nel rispetto (...) dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (...)»), e i seguenti parametri interposti: articoli 8 (15) e 14 (16) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), per le ragioni gia' indicate sub a), b) e c), considerato che «La Corte EDU ha ripetutamente ricondotto all'art. 8 CEDU la garanzia di legami affettivi stabili con chi, indipendentemente dal vincolo biologico, abbia in concreto svolto una funzione genitoriale, prendendosi cura del minore per un lasso di tempo sufficientemente ampio (Corte EDU, sezione prima, sentenza del 16 luglio 2015, Nazarenko contro Russia, paragrafo 66). Ha inoltre assimilato al rapporto di filiazione il legame esistente tra la madre d'intenzione e la figlia nata per procreazione assistita, cui si era sottoposta l'allora partner (legame che "tient donc, de facto, du lien parent-enfant"), coerentemente con la nozione di "vita familiare" di cui al medesimo art. 8 CEDU (Corte EDU, sezione quinta, sentenza 12 novembre 2020, Honner contro Francia, paragrafo 51). La considerazione che la tutela del preminente interesse del minore comprende la garanzia del suo diritto all'identita' affettiva, relazionale, sociale, fondato sulla stabilita' dei rapporti familiari e di cura e sul loro riconoscimento giuridico e', inoltre, al centro delle stesse pronunce "gemelle" (Corte EDU, sezione quinta, sentenze 26 giugno 2014, Mennesson contro Francia e Labassee contro Francia), richiamate dall'odierno rimettente. In esse la Corte EDU ha ravvisato la violazione del diritto alla vita privata del minore nel mancato riconoscimento del legame di filiazione tra lo stesso, concepito all'estero ricorrendo alla specifica tecnica della surrogazione di maternita', e i genitori intenzionali, proprio in considerazione dell'incidenza del rapporto di filiazione sulla costruzione dell'identita' personale (Corte EDU, sezione quinta, sentenze 26 giugno 2014, Mennesson contro Francia, paragrafo 96, e Labassee contro Francia, paragrafo 75). Tale indirizzo - confermato da successive pronunce (fra le altre, Corte EDU, sezione quinta, sentenza 16 luglio 2020, D. contro Francia) che hanno richiamato il parere consultivo reso, ai sensi del protocollo n. 16, dalla Corte EDU, grande camera, il 10 aprile 2019, relativo al riconoscimento nel diritto interno di un rapporto di filiazione tra un minore nato da una gestazione per altri effettuata all'estero e la madre intenzionale, richiesto dalla Corte di cassazione francese - fonda proprio nell'art. 8 CEDU l'obbligo degli Stati di prevedere il riconoscimento legale del legame di filiazione tra il minore e i genitori intenzionali» (Corte costituzionale n. 32/2021). Se, dunque, tali principi sono stati affermati dalla Corte EDU (17) persino con riguardo al caso del genitore «solo» intenzionale (cfr. 3.1)), non possono che valere a fortiori nella fattispecie oggetto dell'odierno scrutinio; articoli 2 (18) , paragrafo 1, 17 (19) , 23 (20) e 26 (21) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, in tema di divieto di discriminazione e diritto al rispetto della vita privata e familiare, per gli stessi motivi; articoli 2 (22) , 3 (23) e 9 (24) della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, che impone agli Stati aderenti l'obbligo di rendere effettivi tali diritti e di garantire la stabilita' dei legami e delle relazioni del minore in riferimento a tutte le persone con cui quest'ultimo abbia instaurato un rapporto personale stretto, persino in assenza di un legame biologico. 7) Le conseguenze dell'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale Resta solo da osservare come, dall'accoglimento della presente questione di legittimita' costituzionale, che appare tutt'altro che manifestamente infondata per le ragioni sinora enunciate, non deriverebbero quelle conseguenze particolarmente dirompenti gia' ritenute dal giudice delle leggi - nell'analizzare i diversi casi di madre solo intenzionale di cui gia' s'e' detto - come riservate alla discrezionalita' di cui il legislatore fruisce in subiecta materia e, in particolare: non si estenderebbe «la fecondazione eterologa (...) anche all'"infertilita' sociale", o "relazionale", fisiologicamente propria della coppia omosessuale femminile, conseguente alla non complementarita' biologica delle loro componenti» (Corte costituzionale n. 221/2019), poiche', nel caso in esame, la fecondazione praticata e' omologa e i componenti della coppia, per quanto a oggi appartenenti al medesimo genere sessuale, risultano, grazie alla crioconservazione del gamete maschile, biologicamente complementari; non si renderebbe la PMA «una modalita' di realizzazione del "desiderio di genitorialita'" alternativa ed equivalente al concepimento naturale, lasciata alla libera autodeterminazione degli interessati» (Corte costituzionale n. 221/2019), ma ci si limiterebbe a permettere a una coppia, in origine eterosessuale, di realizzare l'originario progetto di genitorialita' reso impraticabile, senza quella tecnica, in ragione della scelta - libera e legittima - di uno dei suoi componenti di ottenere la rettificazione dell'attribuzione di sesso; non si determinerebbe, per la sua limitata portata, come gia' chiarita, «la diretta sconfessione, sul piano della tenuta costituzionale, di entrambe le idee guida sottese al sistema delineato dal legislatore del 2004, con potenziali effetti di ricaduta sull'intera platea delle ulteriori posizioni soggettive attualmente escluse dalle pratiche riproduttive» ne' si porrebbero «interrogativi particolarmente delicati quanto alla sorte delle coppie omosessuali maschili, la cui omologazione alle femminili - in punto di diritto alla genitorialita' - richiederebbe, come gia' accennato, che venga meno, almeno a certe condizioni, il divieto di maternita' surrogata)» (Corte costituzionale n. 221/2019); non si implementerebbero, infine, «integrazioni alla disciplina vigente (...) protese a colmare un vuoto di tutela in una materia caratterizzata da ampia discrezionalita' del legislatore» (Corte costituzionale n. 32/2021), non potendo rientrare in tale discrezionalita' la scelta di negare (tanto al figlio quanto al genitore) il riconoscimento di una genitorialita' biologica frutto di un progetto procreativo cui i componenti della coppia hanno contribuito con i propri rispettivi autosufficienti contributi genetici, in quanto arbitraria e irragionevole, poiche' fondata esclusivamente sulla sopravvenuta rettificazione dell'attribuzione di sesso da parte di uno dei suoi componenti (istituto tutelato dal legislatore (25) ai sensi della legge n. 164/1982) e sulla sua conseguente appartenenza al medesimo genere sessuale dell'altro. In altri termini, e in conclusione, non si chiede alla Corte costituzionale, come nei precedenti citati, di sconfessare l'opzione legislativa secondo cui madre puo' essere solo uno dei due genitori e, nello specifico, quello che ha partorito il figlio, bensi' di dichiarare costituzionalmente illegittima l'impossibilita', per il genitore che ha fornito il contributo maschile alla procreazione, di essere riconosciuto come padre, pur essendo nel frattempo divenuto donna come consentitogli dall'ordinamento, in ragione del ricorso, insieme all'altro partner di una coppia (divenuta) omosessuale, a una fecondazione omologa mediante procreazione medicalmente assistita. Non l'adozione di una pronuncia c.d. manipolativa di sistema, dunque, ma l'affermazione dell'unica soluzione costituzionalmente obbligata. (1) «Al solo fine di assicurare l'effettivita' della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole "coniuge", "coniugi" o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonche' negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonche' alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti». (2) «I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volonta' di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'art. 6». (3) Ai soli fini della volonta' di non essere nominata (primo comma) e alla determinazione del comune presso cui rendere la dichiarazione di nascita (settimo e ottavo comma). (4) «Le attestazioni di stato civile riferite a persona della quale sia stata giudizialmente rettificata l'attribuzione di sesso sono rilasciate con la sola indicazione del nuovo sesso e nome». (5) «Entrambi i giudici rimettenti escludono la praticabilita' di una interpretazione conforme a Costituzione delle disposizioni censurate, ritenendo che una simile operazione ermeneutica trovi un insormontabile ostacolo nell'univoco tenore letterale dell'enunciato normativo. L'affermazione appare corretta. Stabilendo che alle tecniche di PMA possano accedere solo coppie formate da persone "di sesso diverso" (art. 5) e prevedendo sanzioni amministrative a carico di chi le applica a coppie "composte da soggetti dello stesso sesso"(art. 12, comma 2), la legge n. 40 del 2004 nega in modo puntuale e inequivocabile alle coppie omosessuali la fruizione delle tecniche considerate. Cio', peraltro, in piena sintonia con l'ispirazione di fondo della legge stessa, sulla quale si portera' presto l'attenzione. Opera, dunque, il principio - ripetutamente affermato da questa Corte - secondo il quale l'onere di interpretazione conforme viene meno, lasciando il passo all'incidente di costituzionalita', allorche' il tenore letterale della disposizione non consenta tale interpretazione (ex plurimis, sentenze n. 141 del 2019, n. 268 e n. 83 del 2017, n. 241 e n. 36 del 2016; ordinanza n. 207 del 2018)». (6) «Per quanto espressamente disposto dall'art. 5 della predetta legge n. 40 del 2004, le coppie dello stesso sesso non possono accedere alle tecniche di PMA. (...) Ad opposte conclusioni neppure puo' poi condurre la successiva legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), che - pur riconoscendo la dignita' sociale e giuridica delle coppie formate da persone dello stesso sesso - non consente, comunque, la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita, in loro favore. Dal rinvio che il comma 20 dell'art. 1 di detta legge opera alle disposizioni sul matrimonio (cosiddetta clausola di salvaguardia) restano, infatti, escluse, perche' non richiamate, quelle, appunto, che regolano la paternita', la maternita' e l'adozione legittimante». (7) «(...) occorre pur sempre che quelle coinvolte nel progetto di genitorialita' cosi' condiviso siano coppie "di sesso diverso", atteso che le coppie dello stesso sesso non possono accedere, in Italia, alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Tanto e' espressamente disposto dall'art. 5 della citata legge n. 40 del 2004: norma della quale non e' possibile l'interpretazione adeguatrice pretesa dalle ricorrenti medesime». (8) Cassazione n. 22179/2022 e Cassazione SS.UU. 38162/2022: «Il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternita' ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione; tale esigenza e' garantita attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d) della legge n. 184 del 1983 che, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo "status" di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il "partner" del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita»; Cassazione n. 25436/2023: «L'adozione in casi particolari, ex art. 44, comma 1, lettera d) della legge n. 184 del 1983, rappresenta lo strumento che consente al minore, nato in Italia, a seguito di procreazione medicalmente assistita compiuta all'estero da coppia omoaffettiva, di conseguire lo "status" di figlio e di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il genitore d'intenzione; ne consegue che il dissenso del genitore biologico all'adozione da parte del genitore sociale deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformita' all'interesse del minore, con particolare riferimento al progetto genitoriale comune, alla cura e all'accudimento svolto in comune dalla coppia, per un congruo periodo». (9) Corte costituzionale n. 230/2020: «(...) la giurisprudenza ha gia' preso in considerazione l'interesse in questione, ammettendo l'adozione cosiddetta non legittimante in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia). In questa chiave, "si esclude che una valutazione negativa circa la sussistenza del requisito dell'interesse del minore possa fondarsi esclusivamente sull'orientamento sessuale del richiedente l'adozione e del suo partner, non incidendo l'orientamento sessuale della coppia sull'idoneita' dell'individuo all'assunzione della responsabilita' genitoriale (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 22 giugno 2016, n. 12962)" (sentenza n. 221 del 2019). Una diversa tutela del miglior interesse del minore, in direzione di piu' penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto con la "madre intenzionale", che ne attenui il divario tra realta' fattuale e realta' legale, e' ben possibile, ma le forme per attuarla attengono, ancora una volta, al piano delle opzioni rimesse alla discrezionalita' del legislatore»; Corte costituzionale 32/2021 (cfr. infra). (10) Come affermato, sinora, da Cassazione 6383/2022 e da Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 22 giugno 2023, ... ed altri c. Italia, ma in casi significativamente diversi dall'odierno: quello affrontato dalla Corte di cassazione, analogo al caso analizzato sub 3.2); quello affrontato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, analogo al caso analizzato sub 3.1). (11) Ex art. 183, comma 5, del codice di procedura civile., stante che per la curatrice speciale quella rappresentava la prima udienza successiva alla sua costituzione. (12) Circostanza che puo' dirsi provata sulla base dei documenti prodotti dall'attrice sub 6-7-10-13, senza che si renda necessario l'espletamento di una CTU genetica. (13) «Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in eta' potenzialmente fertile, entrambi viventi». (14) «(...) 2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell'art. 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro. (...) 9. E' disposta la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 7. 10. L'autorizzazione concessa ai sensi dell'art. 10 alla struttura al cui interno e' eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo e' sospesa per un anno. Nell'ipotesi di piu' violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l'autorizzazione puo' essere revocata». (15) Diritto al rispetto della vita privata e familiare: «1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non puo' esservi ingerenza di una autorita' pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una societa' democratica, e' necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui». (16) Divieto di discriminazione: «Il godimento dei diritti e delle liberta' riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l'origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione». (17) Cfr. anche Corte EDU, sentenza 22 giugno 2023, Bonzano ed altri c. Italia. (18) «Ciascuno degli Stati parti del presente Patto si impegna a rispettare ed a garantire a tutti gli individui che si trovino sul suo territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel presente Patto, senza distinzione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o qualsiasi altra opinione, l'origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione». (19) «1. Nessuno puo' essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa o nella sua corrispondenza, ne' a illegittime offese al suo onore e alla sua reputazione. 2. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze od offese». (20) «1. La famiglia e' il nucleo naturale e fondamentale della societa' e ha diritto ad essere protetta dalla societa' e dallo Stato. 2. Il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia e' riconosciuto agli uomini e alle donne che abbiano l'eta' per contrarre matrimonio. 3. Il matrimonio non puo' essere celebrato senza il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 4. Gli Stati parti del presente Patto devono prendere misure idonee a garantire la parita' di diritti e di responsabilita' dei coniugi riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e al momento del suo scioglimento. In caso di scioglimento, deve essere assicurata ai figli la protezione necessaria». (21) «Tutti gli individui sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. A questo riguardo, la legge deve proibire qualsiasi discriminazione e garantire a tutti gli individui una tutela eguale ed effettiva contro ogni discriminazione, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o qualsiasi altra opinione, l'origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione». (22) «Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacita', dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinche' il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attivita', opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari». (23) «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorita' amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilita' legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati. (...)». (24) «Gli Stati parti vigilano affinche' il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volonta' a meno che le autorita' competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione e' necessaria nell'interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso puo' essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo. (...) Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che cio' non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo. (...)». (25) Cosi' come e' lo stesso legislatore della legge n. 40/2004 (art. 9) a riconoscere l'interesse a mantenere il legame genitoriale acquisito, anche eventualmente in contrasto con la verita' biologica della procreazione (Corte costituzionale n. 127/2020). P.Q.M. Visto l'art. 23, legge n. 87/1953: dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; sospende il giudizio in corso; ordina la notifica, a cura della cancelleria, della presente ordinanza alle parti, alla curatrice speciale, al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Como, nella Camera di consiglio del 24 luglio 2024 La Presidente: Cao Il Giudice estensore: Azzi