Reg. ord. n. 203 del 2024 pubbl. su G.U. del 13/11/2024 n. 46

Ordinanza del Tribunale di Firenze  del 30/09/2024

Tra: A. E.

Oggetto:

Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca - Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito - Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità ) – In subordine: Mancata limitazione del proprio ambito applicativo all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, secondo periodo (“quando la condotta assume caratteri di non occasionalità”) - Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).

- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159.

- Costituzione, artt. 3 e 42.

In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito - Confisca cosiddetta allargata - Denunciata previsione che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, anziché prevedere che il giudice possa disporre tale confisca – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73). 

- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con l’art. 240-bis del codice penale.

- Costituzione, artt. 3 e 42.

Norme impugnate:

decreto del Presidente della Repubblica  del 09/10/1990  Num. 309  Art. 85

decreto-legge  del 15/09/2023  Num. 123  Art. 4  Co. 3

legge  del 13/11/2023  Num. 159

decreto del Presidente della Repubblica  del 09/10/1990  Num. 309  Art. 85

decreto-legge  del 15/09/2023  Num. 123  Art. 4  Co. 3

legge  del 13/11/2023  Num. 159

codice penale  del  Num.  Art. 240



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 42   Co.  



Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. VIGANÒ


Testo dell'ordinanza

                        N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2024

Ordinanza  del  30  settembre  2024  del  Tribunale  di  Firenze  nel
procedimento penale a carico di A. E.. 
 
Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del  1990
  - Ipotesi particolari di confisca  -  Previsione  dell'applicazione
  dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di  applicazione
  della pena su richiesta -  Omessa  esclusione  dal  proprio  ambito
  applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della  pena
  su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5 -
  In subordine: Mancata limitazione del  proprio  ambito  applicativo
  all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo  periodo  ("quando
  la condotta assume caratteri di non occasionalita'"). 
- Decreto del Presidente della Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
  (Testo  unico  delle  leggi  in   materia   di   disciplina   degli
  stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza),  art.
  85-bis. 
In via ulteriormente subordinata: Reati  e  pene  -  Delitti  di  cui
  all'art. 73, comma  5,  del  d.P.R.  n.  309  del  1990  -  Ipotesi
  particolari  di  confisca  -  Confisca   cosiddetta   allargata   -
  Denunciata previsione  che  e'  sempre  disposta  la  confisca  del
  denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui  il  condannato  non
  puo' giustificare la provenienza e di  cui,  anche  per  interposta
  persona fisica o giuridica, risulta  essere  titolare  o  avere  la
  disponibilita' a  qualsiasi  titolo  in  valore  sproporzionato  al
  proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte  sul  reddito,  o
  alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice
  possa disporre tale confisca. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
  (Testo  unico  delle  leggi  in   materia   di   disciplina   degli
  stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza),  art.
  85-bis, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale. 


(GU n. 46 del 13-11-2024)

 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima Sezione Penale 
 
    Il Giudice, dr Franco Attina', nel procedimento sopra indicato  a
carico di E A  ,  nato  in  l'  ,  sedicente,  identificato  a  mezzo
fotosegnalamento ( ), 
        elettiv. domiciliato presso l'avv. Samuele Zucchini del  Foro
di Firenze (elezione all'udienza di convalida del 5 dicembre 2023); 
        difeso di fiducia dall'avv.  Samuele  Zucchini  del  Foro  di
Firenze (nomina a seguito dell'arresto in data 4 dicembre 2023); 
        libero gia' presente; 
    imputato: 
        del reato  p.  e  p.  dall'art.  73,  comma  5,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/90, per aver detenuto  complessivi
gr. di gr. 57,72 di sostanza stupefacente di tipo hashish, al fine di
successiva cessione verso terzi, tenuto conto della  suddivisione  in
15 dosi; 
    Accertato in , il 
    sentite le parti; 
    premesso che: 
        E A era tratto in arresto in data per il reato di  detenzione
di stupefacente a scopo di spaccio; 
        il Pm con decreto  del  disponeva  la  presentazione  diretta
dell'arrestato  per  la  convalida  dell'arresto  ed  il   successivo
giudizio direttissimo per il citato reato; 
        all'udienza del il giudice convalidava  l'arresto,  rigettava
la  richiesta  di  applicazione  di  misura  cautelare  e   disponeva
procedersi con il rito direttissimo; era poi  chiesto  un  termine  a
difesa; 
        all'esito del rinvio, il giudizio si e' svolto  con  il  rito
abbreviato. In sede di conclusioni, il PM ha chiesto la condanna alla
pena di mesi 10 di reclusione ed euro 400 di multa; il  difensore  ha
chiesto l'assoluzione  ex  art.  131-bis  del  codice  penale  e,  in
subordine,    l'applicazione    delle    attenuanti    generiche    e
dell'attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale,  il  contenimento
della pena nel minimo edittale, la concessione dei doppi benefici  di
legge e la restituzione del denaro in sequestro. 
        all'udienza odierna, fissata per eventuali repliche, le parti
vi rinunciavano; 
    rilevato che: 
        A) In  base  agli  atti  d'indagine,  nel  pomeriggio  del  i
Carabinieri del Nucleo Radiomobile di , nell'ambito  di  un  servizio
volto alla prevenzione dello spaccio di stupefacenti,  accedevano  ad
una fabbrica abbandonata in cui  avevano  trovato  rifugio  abitativo
diverse persone:  vi  erano  varie  «stanze»,  con  letti,  comodini,
attrezzi per la cucina, ecc. 
        In una di tali camere erano presenti due  persone,  l'attuale
imputato e altro soggetto (tale M B ); i  Carabinieri  chiedevano  ai
suddetti  se  nella  stanza  vi  fosse  dello  stupefacente   e,   su
indicazione di E , rinvenivano nell'intercapedine di una  poltrona  -
oltre ad una dose di cocaina del peso di gr.  0,20  -  sei  pezzi  di
hashish del peso totale  di  gr.  57  circa  (piu'  precisamente,  un
frammento del peso di gr. 0,7; un frammento del peso di gr. 24,7;  un
frammento del peso di gr. 14,2; un frammento del peso di gr. 12,l; un
frammento del peso di gr. 5,2; un frammento del peso di gr. 0,6). 
        La perquisizione  della  camera  consentiva  ai  militari  di
rinvenire  e  quindi   sequestrare   altresi'   numerose   banconote,
dell'importo totale di euro 3.050, un coltello  a  serramanico,  vari
rotoli di scotch e di cellophane, due bilancini di precisione. 
        B) Il prevenuto in sede  d'interrogatorio  ha  confermato  di
vivere nella stanza in questione. Ha inoltre dichiarato che  soltanto
una parte dell'hashish rinvenuto - per circa 25 grammi - sarebbe sua,
mentre la  restante  parte  sarebbe  di  due  suoi  connazionali  che
vivrebbero parimenti in quel luogo. Analogamente,  quanto  al  denaro
sequestrato, solo 1.650 euro sarebbero suoi, mentre i restanti  1.400
euro sarebbero di un altro soggetto. 
        C) Alla luce di quanto precede si deve  ritenere  provata  la
responsabilita' dell'imputato rispetto al reato ascritto. 
        Il prevenuto era in possesso di un quantitativo significativo
di stupefacente. Una parte pari a 25  grammi  e'  stata  riconosciuta
come propria dallo stesso E . Quanto alla parte ulteriore non  vi  e'
alcun elemento per ritenere che  appartenesse  in  via  esclusiva  ad
altri: nella stanza al momento del controllo vi erano  solo  E  e  un
terzo (M ),  che  secondo  lo  stesso  prevenuto  sarebbe  del  tutto
estraneo ai fatti;  inoltre,  i  vari  pezzi  di  stupefacente  erano
occultati tutti nello stesso posto  (intercapedine  della  poltrona),
per cui -  quand'anche  vi  fosse  poi,  in  ipotesi,  una  sorta  di
ripartizione interna - si deve ritenere  che  E  detenesse  tutto  lo
stupefacente (eventualmente in comune con altri soggetti). 
        L'hashish rinvenuto - sia che si  consideri  il  quantitativo
totale di 57 grammi,  sia  che  si  consideri  il  solo  quantitativo
parziale riconosciuto come proprio dal  prevenuto  -  era  in  misura
senz'altro eccedente le eventuali esigenze di consumo immediato di  E
; il predetto non  aveva  alcuna  necessita'  di  precostituirsi  una
simile  scorta  per  l'eventuale  consumo  personale;  nello   stesso
ambiente sono stati rinvenuti due bilancini di precisione e materiale
per il confezionamento. Si deve dunque ritenere che  lo  stupefacente
in questione fosse detenuto (quanto meno anche) a fini di spaccio. 
        Tenuto  conto  del  quantitativo  e  della  tipologia   della
sostanza  (la  contestazione  concerne  il  solo   hashish,   essendo
plausibile che la detenzione della singola dose di cocaina fosse  per
uso  personale),  nonche'  delle  modalita'  e  del  contesto   della
detenzione, risulta corretta la qualificazione  del  fatto  ai  sensi
dell'art. 73, comma 5, decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 in ragione della lieve entita' del fatto. 
        D) Non puo' trovare  applicazione  l'invocata  causa  di  non
punibilita' ex art. 131-bis del codice penale:  pur  considerando  il
comportamento collaborativo  tenuto  in  sede  di  perquisizione  dal
prevenuto,   che   consentiva   il   rinvenimento   della    sostanza
nell'intercapedine   di   una   poltrona,   in   considerazione   del
quantitativo di stupefacente detenuto,  la  gravita'  dell'offesa  al
bene giuridico tutelato non risulta di particolare tenuita'; 
        E) Quanto all'applicazione in sede di condanna della norma di
cui all'art. 85-bis,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, per poter  addivenire  ad  una  corretta  decisione  appare
necessario il pronunciamento della  Corte  Costituzionale  in  ordine
alla legittimita' costituzionale di detta norma nella  parte  in  cui
non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di  condanna  o
di applicazione della pena su richiesta delle parti per il  reato  di
cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990; in subordine, nella parte in cui, con riguardo al reato  di
cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990, non limita il proprio ambito applicativo all'ipotesi di cui
all'art. 73, comma 5, secondo periodo, decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 («quando la condotta assume caratteri  di  non
occasionalita'»); in via ulteriormente subordinata, si  dubita  della
legittimita' del combinato disposto degli artt. 85-bis,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del  codice  penale
nella parte in  cui,  con  riguardo  all'ipotesi  di  condanna  o  di
applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma  5,  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  prevede  che  e'  sempre
disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre  utilita'  di
cui il condannato non puo' giustificare  la  provenienza  e  di  cui,
anche per interposta  persona  fisica  o  giuridica,  risulta  essere
titolare o avere la  disponibilita'  a  qualsiasi  titolo  in  valore
sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini  delle  imposte
sul reddito, o alla propria attivita' economica,  anziche'  prevedere
cbe il giudice possa disporre la confisca in questione; 
    cio' premesso, 
 
                               Osserva 
 
1. Rilevanza della questione 
    1.1 L'imputato deve essere condannato per il reato  contestatogli
di cui all'art. 73, comma 5, primo periodo,  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990. 
    Non  e'  contestata   la   circostanza   aggravante   della   non
occasionalita' della condotta di cui all'art. 73,  comma  5,  secondo
periodo, decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990,  come
introdotta dall'art. 4, comma  3,  decreto-legge  n.  123/2023,  come
convertito dalla legge n.  159/2023  (in  relazione  alla  natura  di
circostanza  aggravante  e  non  di  reato  autonomo  di  tale  nuova
fattispecie si veda Cassazione Sez. Un. n. 27727/2024,  punto  5  del
considerato in diritto), per cui detta ipotesi  certamente  non  puo'
trovare applicazione  nel  caso  di  specie;  in  ogni  caso  non  ne
sussisterebbero i presupposti, non sussistendo elementi per  ritenere
provato  che  l'imputato  abbia  posto  in  essere  analoghi  episodi
delittuosi e che quindi la condotta non sia occasionale. 
    1.2 Ai sensi  dell'art.  85-bis,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis  del
decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n.  159/2023),
dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l'art.  240-bis  del
codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del
denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche  per  interposta  persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo  in  valore  sproporzionato  al  proprio  reddito,
dichiarato  ai  fini  delle  imposte  sul  reddito,  o  alla  propria
attivita' economica». 
    1.3 Il citato art. 4, comma 3-bis del decreto-legge  n.  123/2023
(come convertito) ha infatti modificato l'art.  85-bis,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 sopprimendo l'inciso «esclusa
la fattispecie di cui al comma 5», per effetto del quale la norma  di
cui all'art. 240-bis del codice penale  precedentemente  non  trovava
applicazione nei casi di condanna o di applicazione pena per il reato
di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della  Repubblica
n. 309/1990. 
    Per effetto di tale modifica quindi il reato oggetto del presente
procedimento ricade  nell'ambito  applicativo  della  norma  ex  art.
85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    1.4 Il fatto di reato in esame e' stato commesso il , e quindi in
data successiva alla citata modifica normativa. In ogni caso, secondo
la giurisprudenza di legittimita', venendo in rilievo una  misura  di
sicurezza patrimoniale avente natura non sanzionatoria, «il  disposto
di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica  9
ottobre  1990,  n.  309,  novellato  dall'art.  4,  comma  3-bis  del
decreto-legge  n.  15  settembre  2023,  n.  123,   convertito,   con
modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha  incluso  il
delitto di cui all'art. 73, comma 5,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  309  del  1990  nel  novero  di  quelli   costituenti
presupposto della confisca per sproporzione ex art.  240-bis,  codice
penale, si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art.
200, comma primo, codice penale, sicche',  per  l'individuazione  del
regime applicabile,  deve  aversi  riguardo  alla  legge  vigente  al
momento in cui e' stata emessa la sentenza  di  primo  grado»  (cosi'
Cassazione  Sez.  4,  Sentenza  n.  14095  del  20  marzo  2024   Rv.
286103-01). 
    1.5 Ricorrono gli ulteriori requisiti dell'istituto in questione,
posto che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione  circa  la
provenienza  della  somma  di  euro  3.050  rinvenuta  in   sede   di
perquisizione (salvo affermare che una parte - pari ad euro  1.400  -
sarebbe  di  un  altro  soggetto);  detta   somma   inoltre   risulta
sproporzionata rispetto  al  reddito  del  prevenuto,  posto  che  lo
stesso, irregolare sul territorio italiano, risulta del  tutto  privo
di occupazione lavorativa o comunque di attivita' economiche  (da  un
anno in base alle sue stesse dichiarazioni, ai  sensi  dell'art.  121
disp. att. codice di procedura penale, precedute dagli avvisi ex art.
63-64 del codice di procedura penale); infine,  il  denaro  e'  stato
trovato in possesso dell'imputato nel momento in cui era commesso  il
reato in esame e non e' stato  dedotto  ne'  tanto  meno  sono  stati
forniti elementi per  ritenere  che  detto  denaro  fosse  stato  dal
medesimo acquisito in un periodo eccessivamente antecedente  rispetto
alla citata data (requisito c.d. della ragionevolezza temporale). 
    La Corte di Cassazione ha ritenuto che  l'entita'  modesta  della
somma di denaro rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del  reato
non sia di per se' ostativa all'operativita'  della  confisca,  fatta
salva  la  necessita'  di  una  motivazione  piu'  stringente  (nella
sentenza Sez. 4, n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254 - 01 la  Corte
di Cassazione riteneva congrua la motivazione rispetto alla  confisca
di 240 euro). 
    1.6 Nella sentenza n. 33 del  2018  la  Corte  Costituzionale  ha
inoltre svolto un'ulteriore considerazione: «Nella medesima ottica di
valorizzazione della ratio legis, puo'  ritenersi,  peraltro,  che  -
quando si discuta di reati che, per loro  natura,  non  implicano  un
programma criminoso dilatato nel tempo (com'e' per la ricettazione) e
che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in  un  ambito  di
criminalita' organizzata - il giudice  conservi  la  possibilita'  di
verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla
personalita' del suo autore - le quali  valgano,  in  particolare,  a
connotare  la  vicenda  criminosa  come  del   tutto   episodica   ed
occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per  cui
e' intervenuta condanna esuli in modo  manifesto  dal  "modello"  che
vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di  ricchezza
da parte del condannato». 
    Nel caso di specie non e' data tale situazione. Dalle circostanze
del caso concreto non emergono elementi che valgano  a  connotare  la
vicenda criminosa in esame come del tutto episodica e occasionale  ed
esulante dal modello che vale a fondare la  presunzione  di  illecita
accumulazione.  In  considerazione  del  rinvenimento  in   sede   di
perquisizione di due bilancini di precisione e di  materiale  per  il
confezionamento,  e'  anzi  plausibile  che  il  prevenuto  gia'   in
precedenza avesse posto in  essere  altri  reati  simili  (si  tratta
d'altro canto di una mera plausibilita', che - se da un lato pare non
giustificare la non applicazione dell'istituto  in  questione,  posto
che trattasi di confisca obbligatoria - dall'altro  non  implica  ne'
che si ritenga l'intera  somma  rinvenuta  proveniente  da  pregresse
attivita' delittuose ne', in generale,  che  si  ritenga  ragionevole
l'inclusione del reato ex art. 73, comma 5,  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 tra i reati presupposto). 
    1.7 Ai sensi degli art.  85-bis,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del  codice  penale  questo  giudice
dovrebbe quindi disporre la confisca della somma  di  euro  3.050  in
sequestro. 
    Diversamente -  ove  la  norma  qui  censurata  fosse  dichiarata
costituzionalmente illegittima, come prospettato in via principale  o
nella questione sollevata nella prima subordinata questo giudice  non
potrebbe  disporre  la  citata  confisca  e  dovrebbe   disporre   la
restituzione della somma di denaro in sequestro. 
    A tal riguardo occorre rilevare che,  in  base  alla  consolidata
giurisprudenza di legittimita', non potrebbe disporsi la confisca  ai
sensi dell'art. 240 del codice penale e dell'art.  73,  comma  7-bis,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,  posto  che  non
sussiste un nesso di pertinenzialita', in termini di strumentalita' o
di derivazione (prodotto, profitto o prezzo), della somma  di  denaro
in questione rispetto alla  specifica  condotta  illecita  contestata
(cfr., tra le altre, Cassazione Sez. 6,  Sentenza  n.  55852  del  17
ottobre 2017 Rv. 272204-01, Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 20130  del
19/04/2022 Rv. 283248-01 e Cassazione Sez. 4, Sentenza n.  14095  del
20 marzo 2024 Rv. 286103-01 in motivazione). 
    Quanto   alla   questione   sollevata   in   via   di   ulteriore
subordinazione, nel caso in cui  l'applicazione  dell'istituto  della
confisca allargata fosse facoltativa in caso di condanna per il reato
di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della  Repubblica
n. 309/1990, nel caso in esame  tale  confisca  non  potrebbe  essere
disposta,  posto  che  dalle  circostanze   concrete   non   emergono
sufficienti elementi per ritenere  che  la  somma  rinvenuta  sia  il
frutto dell'accumulo dei proventi di precedenti delitti. 
2. Non manifesta infondatezza 
    2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 85-bis,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis del  decreto-legge
n. 123/2023 (come convertito in legge), nella parte  in  cui  prevede
l'applicazione anche con riguardo al reato di cui all'art. 73,  comma
5, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  dell'art.
240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta  la
confisca del denaro, dei beni  o  delle  altre  utilita'  di  cui  il
condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui,  anche  per
interposta persona fisica o  giuridica,  risulta  essere  titolare  o
avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in  valore  sproporzionato
al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul  reddito,  o
alla propria attivita' economica». 
    Mentre prima della riforma del 2023 il reato di cui all'art.  73,
comma 5, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  era
espressamente  escluso  dall'ambito  applicativo  dell'art.   85-bis,
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  e   quindi
dell'art.  240-bis  del  codice  penale,  ora  -  per  effetto  della
soppressione nell'art. 85-bis dell'inciso «esclusa la fattispecie  di
cui al comma 5» - anche nelle ipotesi di condanna o  di  applicazione
pena per i fatti di lieve entita' di cui all'art. 73,  comma  5  deve
essere disposta la citata confisca c.d. allargata. 
    2.2  Quanto  alla  natura  dell'istituto  della   confisca   c.d.
allargata, ai requisiti dello stesso e alle  ragioni  storiche  della
relativa introduzione nell'ordinamento, appare utile riportare quanto
affermato dalla Corte Costituzionale nella gia' citata sentenza n. 33
del 2018: «La misura patrimoniale prevista dalla norma  censurata  si
colloca nell'alveo delle forme "moderne" di confisca alle quali, gia'
da tempo, plurimi Stati europei hanno fatto ricorso  per  superare  i
limiti di efficacia della confisca penale "classica":  limiti  legati
all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in
termini di strumentalita' o di derivazione - tra i beni da confiscare
e il singolo reato per cui e' pronunciata  condanna.  [...]  Di  qui,
dunque, la diffusa  tendenza  ad  introdurre  speciali  tipologie  di
confisca, caratterizzate sia da  un  allentamento  del  rapporto  tra
l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da  un
affievolimento degli oneri  probatori  gravanti  sull'accusa.  Tra  i
diversi modelli di intervento in tale direzione, il piu' diffuso  nel
panorama europeo e' quello della  cosiddetta  confisca  dei  beni  di
sospetta origine illecita: modello al quale e' riconducibile anche la
confisca "allargata" [...].  Esso  poggia,  nella  sostanza,  su  una
presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai  soggetti
condannati per taluni reati, per lo piu' (ma non sempre)  connessi  a
forme  di  criminalita'  organizzata:  in  presenza  di   determinate
condizioni, si presume, cioe', che il condannato abbia  commesso  non
solo il delitto che ha dato  luogo  alla  condanna,  ma  anche  altri
reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero  i  beni
di cui egli dispone. [...] Nella cornice  del  generale  processo  di
valorizzazione   degli   strumenti   patrimoniali   di   lotta   alla
criminalita' organizzata, da tempo in  atto  a  livello  dell'Unione,
dapprima la decisione quadro 24 febbraio 2005,  n.  2005/212/GAI  del
Consiglio [...] e indi la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE  del
Parlamento europeo e del Consiglio [...] hanno, infatti, specialmente
richiesto agli Stati membri di riconoscere all'autorita'  giudiziaria
poteri di "confisca estesa"  [...].  L'art.  5.  paragrafo  1,  della
citata direttiva stabilisce, in particolare,  che  gli  Stati  membri
devono adottare  "le  misure  necessarie  per  poter  procedere  alla
confisca, totale o parziale. dei beni che appartengono a una  persona
condannata per un reato  suscettibile  di  produrre,  direttamente  o
indirettamente,   un   vantaggio   economico,   laddove   l'autorita'
giudiziaria, in base alle circostanze  del  caso,  compresi  i  fatti
specifici e gli elementi di prova disponibili, come il fatto  che  il
valore dei beni e' sproporzionato rispetto al reddito Legittimo della
persona condannata, sia convinta che i beni in questione derivino  da
attivita'   criminose".   Diversamente   dalla    decisione    quadro
2005/212/GAI, la direttiva non limita l'applicazione  della  confisca
estesa ai soli reati  di  criminalita'  organizzata  o  collegati  al
terrorismo, ma la richiede anche in relazione ad una serie  di  altri
reati  previsti  da  strumenti  normativi  dell'Unione,  benche'  non
commessi nel quadro di organizzazioni criminali. 7. Per  quanto  piu'
specialmente attiene alla misura  prevista  dall'art.  12-sexies  del
decreto-legge n.  306  del  1992,  essa  e'  nata  storicamente  come
«sostituto» del delitto di «possesso ingiustificato di valori».  gia'
previsto dall'art. 12-quinquies, comma 2, del medesimo decreto-legge.
[...] La norma incriminatrice fu  dichiarata  illegittima  da  questa
Corte. dopo un breve periodo di vigenza, con la sentenza  n.  48  del
1994, per violazione della presunzione di  non  colpevolezza  sancita
all'art. 27, secondo comma,  Costituzione  [...]  A  fronte  di  tale
declaratoria, il legislatore introdusse [...] una speciale ipotesi di
confisca, disciplinata in un articolo aggiunto [...] (il  12-sexies).
La formulazione della norma fu motivata con la necessita'  di  creare
un nuovo strumento che fosse in grado, per un verso, di realizzare le
medesime finalita' che si volevano raggiungere  con  /a  disposizione
dichiarata illegittimita' [...]; per  altro  verso,  di  recepire  le
indicazioni offerte da questa Corte con la citata sentenza n. 48  del
1994 [...]. In tale ottica, la norma prevedeva [...] che, in caso  di
condanna o di applicazione della pena su richiesta  delle  parti  per
taluno dei delitti in essa indicali, e' "sempre disposta" (si tratta,
dunque, di confisca speciale obbligatoria) "la confisca  del  denaro,
dei beni o delle  altre  utilita'  di  cui  il  condannato  non  puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche  per  interposta  persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo  in  valore  sproporzionato  al  proprio  reddito,
dichiarato  ai  fini  delle  imposte  sul  reddito,  o  alla  propria
attivita' economica". la norma denunciata riconnette, dunque,  a  due
elementi - la qualita' di  condannato  per  determinati  reati  e  la
sproporzione del patrimonio  di  cui  il  condannato  dispone,  anche
indirei/amen/e,  rispetto  al  suo  reddito  o  alla  sua   attivita'
economica -  la  presunzione  che  il  patrimonio  stesso  derivi  da
attivita'  criminose  che   non   e'   stato   possibile   accertare:
presunzione, peraltro, solo relativa, potendo il condannato  vincerla
giustificando  la  provenienza  dei  beni.  la  confisca  "allargata"
italiana si caratterizza, quindi, rispetto  al  modello  di  confisca
"estesa" prefigurato dalla direttiva 2014/42/UE (la quale si  limita,
peraltro, a stabilire  «norme  minime»,  senza  impedire  agli  Stati
membri di adottare soluzioni piu' rigorose), per il  diverso  e  piu'
ridotto standard probatorio. La sproporzione tra il valore dei beni e
i redditi legittimi del condannato - che in  base  all'art.  5  della
direttiva costituisce uno dei "fatti specifici" e degli "elementi  di
prova" dai quali il giudice puo' trarre la convinzione che i beni  da
confiscare "derivino da condotte criminose" - vale, invece, da sola a
fondare la misura ablativa in  esame,  allorche'  il  condannato  non
giustifichi  la  provenienza  dei  beni,  senza  che  occorra  alcuna
ulteriore  dimostrazione  della  loro  origine  delittuosa.   8.   Al
riguardo, costituisce, in  effetti,  approdo  ermeneutico  ampiamente
consolidato  nella  giurisprudenza  di  legittimita'  [...]  che,  in
presenza delle condizioni indicate dalla norma, il giudice non  debba
ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni  confiscabili  ed  il
reato per cui e' stata pronunciata condanna, e neppure tra i medesimi
beni e una piu' generica attivita' criminosa del condannato. [...] Di
qui la conclusione per cui la  confiscabilita'  non  e'  esclusa  dal
fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva
al reato per cui si e' proceduto, o che  il  loro  valore  superi  il
provento di tale reato. In questa prospettiva [...]  la  disposizione
in esame si presenta espressiva di una "scelta di politica  criminale
del legislatore, operata con  l'individuare  delitti  particolarmente
allarmanti, idonei a creare una accumulazione economica, a sua  volta
possibile strumento di ulteriori delitti, e  quindi  col  trarne  una
presunzione,  iuris  tantum,  di  origine  illecita  del   patrimonio
"sproporzionato" a disposizione del  condannato  per  tali  delitti»:
presunzione  che  trova  «base  nella  nota  capacita'  dei   delitti
individuati dal legislatore [...] ad essere perpetrari in forma quasi
professionale e a porsi quali fonti  di  illecita  ricchezza".  [...]
secondo un indirizzo della giurisprudenza di  legittimita'  [...]  la
presunzione di illegittima acquisizione dei beni oggetto della misura
resta  circoscritta,  comunque  sia,  in  un  ambito  di   cosiddetta
«ragionevolezza temporale". Il momento di acquisizione del  bene  non
dovrebbe   risultare,   cioe',   talmente   lontano   dall'epoca   di
realizzazione del "reato spia" da rendere ictu oculi irragionevole la
presunzione di derivazione del bene stesso da una attivita' illecita,
sia pure diversa  e  complementare  rispetto  a  quella  per  cui  e'
intervenuta condanna. [...] la ricordata tesi  della  "ragionevolezza
temporale" risponde, in effetti, all'esigenza di evitare una  abnorme
dilatazione della sfera di operativita' dell'istituto della  confisca
"allargata", il quale legittimerebbe  altrimenti  -  anche  a  fronte
della condanna per  un  singolo  reato  compreso  nella  lista  -  un
monitoraggio patrimoniale esteso  all'intiera  vita  del  condannato.
[...] Nella medesima ottica di valorizzazione della ratio legis, puo'
ritenersi, peraltro, che - quando si discuta di reati che,  per  loro
natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel  tempo[...]
e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito  di
criminalita' organizzata - il giudice  conservi  la  possibilita'  di
verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla
personalita' del suo autore - le quali  valgano,  in  particolare,  a
connotare  la  vicenda  criminosa  come  del   tutto   episodica   ed
occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per  cui
e' intervenuta condanna esuli in modo  manifesto  dal  "modello"  che
vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di  ricchezza
da parte del condannato.» 
    2.3 A fronte del progressivo e  alluvionale  accrescimento  della
compagine dei reati cui e' annessa la misura  ablativa  speciale,  la
Corte concludeva peraltro la citata sentenza  formulando  «l'auspicio
che la selezione dei  "delitti  matrice"  da  parte  del  legislatore
avvenga, fin tanto che l'istituto conservi la sua attuale fisionomia,
secondo criteri ad essa strettamente coesi e, dunque, ragionevolmente
restrittivi. Ad evitare, infatti, evidenti tensioni sul  piano  delle
garanzie  che  devono  assistere  misure  tanfo  invasive  sul  piano
patrimoniale, non puo' non sottolinearsi l'esigenza che  la  rassegna
dei reati presupposto si fondi su tipologie e modalita' di  fatti  in
se' sintomatiche di un illecito arricchimento del  loro  autore,  che
trascenda la singola vicenda giudizialmente accertala, cosi' da poter
veramente annettere il patrimonio "sproporzionato" e "ingiustificato"
di cui l'agente dispone ad una ulteriore attivita' criminosa  rimasta
"sommersa"». 
    2.4 Nonostante tale auspicio, in seguito il legislatore ha esteso
l'ambito applicativo della confisca allargata (la cui  disciplina  e'
ora sostanzialmente confluita nell'art. 240-bis del codice penale)  a
diversi altri reati, tra cui - per quanto qui rileva - quello di  cui
all'art. 73, comma 5, decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990. 
    In tal caso pare violato il principio di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, oltre al diritto di proprieta' di  cui
all'art. 42 della Costituzione. 
    Nella sentenza  n.  223  del  2022  la  Corte  Costituzionale  ha
affermato che «i fatti di piccolo spaccio» di cui all'art. 73,  comma
5,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica   n.   309/1990   «si
caratterizzano per un'offensivita' contenuta per  essere  modesto  il
quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di  cessione.  Di  qui,
non e' ragionevole presumere  che  la  «redditivita'»  dell'attivita'
delittuosa sia stola tale da determinare il superamento da parte  del
reo dei limiti di reddito contemplati dall'art. 76  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per ottenere l'ammissione
al beneficio del patrocinio a spese dello Stato». La Corte dopo avere
sottolineato l'eterogeneita' del reato di cui all'art. 73,  comma  5,
decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  rispetto  agli
altri delitti cui si applicava la norma allora censurata, ha  inoltre
sottolineato che il reato in questione «e' privo dell'idoneita' ex se
a far presumere un livello di reddito superiore  alla  (peraltro  non
esigua)  soglia  minima  dell'art.  76,  comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (id est un reddito  IRPEF
di circa mille euro al  mese),  in  ragione  dei  proventi  derivanti
dall'attivita' criminosa. E' anzi vero il contrario: si tratta spesso
di  manovalanza   utilizzata   dalla   criminalita'   organizzata   e
proveniente dalle fasce marginali dei «non abbienti», ossia di quelli
che sono sprovvisti dei «mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni
giurisdizione» (art. 24, terzo comma, Costituzione)». 
    La Corte  ha  quindi  ritenuto  manifestamente  irragionevole  la
presunzione  (pur  relativa)  operata  dal  legislatore   quanto   al
superamento  della  soglia  fissata  per  l'ammissione  al   Gratuito
Patrocinio da parte di coloro che fossero  stati  condannati  per  il
reato ex art 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990. Detto in altri termini, la condanna per il reato ex art 73,
comma 5, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  non
legittima la presunzione (anche solo  relativa)  di  un  accumulo  di
ricchezza da parte del suo autore. 
    Nel caso in esame la  finalita'  della  presunzione  relativa  e'
diversa (la confisca allargata delle somme e dei beni disponibili che
siano  sproporzionate  rispetto  al  reddito  e  di   cui   non   sia
giustificata la provenienza), ma il presupposto da cui  ha  mosso  il
legislatore e' sempre lo stesso, e cioe' il fatto  che  il  reato  in
questione sarebbe idoneo a creare una accumulazione  economica,  tale
da giustificare, da un lato, la presunzione (relativa) di un  livello
di reddito superiore alla soglia minima dell'art.  76,  comma  1  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, dall'altro. la
presunzione (relativa) di origine delittuosa del denaro  e  dei  beni
sproporzionati al reddito di cui il prevenuto non abbia  giustificato
la provenienza. 
    Trattasi pero' di presupposto non confacente alla  realta'.  Come
sottolineato nella citata sentenza n. 223 del  2022,  il  delitto  ex
art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
non e' connotato dalla particolare redditivita' che  giustificherebbe
la citala presunzione, essendo viceversa  spesso  reato  commesso  da
«bassa manovalanza» priva di significativi mezzi economici. 
    La ridotta offensivita' del reato ex art. 73,  comma  5,  decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' stata  ribadita  dalla
Corte Costituzionale anche nella sentenza n.  43  del  2024  e  nella
sentenza  n.  88  del  2023,  nelle  quali  e'  stata  censurata   la
presunzione assoluta di pericolosita' sociale del soggetto condannato
per detto reato ai  fini  delle  procedure  di  regolarizzazione  del
rapporto di lavoro e di rinnovo del permesso di soggiorno. 
    2.5  E'  si'  vero  che  l'istituto  della   confisca   allargata
presuppone l'effettivo rinvenimento  di  somme  di  denaro  (o  altre
utilita') sproporzionate al reddito, cio' che potrebbe  far  apparire
ragionevole la presunzione. E nel caso  di  specie,  ad  esempio,  il
prevenuto e' stato trovato in possesso di circa 3.000 euro  a  fronte
di un reddito nullo. 
    Tuttavia, il mero possesso  non  giustificato  di  una  somma  di
denaro (peraltro non elevata. per quanto sproporzionata  al  reddito)
non rende ragionevole la presunzione nella misura in cui la tipologia
di delitto (per cui  vi  e'  condanna),  pur  postulando  o  comunque
essendo accompagnata abitualmente da un fine di lucro, non e' di  per
se' idonea a determinare  un  significativo  accumulo  di  ricchezza.
Possesso  di  somme  di  denaro  (o   altre   utilita')   in   misura
sproporzionata al reddito e mancata  giustificazione  della  relativa
provenienza non legittimano cioe' di per se' la presunzione, ma  solo
a condizione che il reato per cui vi e' condanna sia connotato da una
significativa redditivita' e  quindi  sia  idoneo  a  determinare  un
accumulo di ricchezza (cosicche' le  somme/utilita'  rinvenute  -  in
misura  sproporzionata  al  reddito  e  senza  giustificazione  della
relativa provenienza - possano  ragionevolmente  attribuirsi  ad  una
pregressa analoga attivita' delittuosa). 
    Diversamente  opinando,  del  resto,  si  dovrebbe  ritenere  che
qualunque delitto determinato - in astratto o anche solo in  concreto
- da fine di lucro possa giustificare analoga  presunzione  a  fronte
del rinvenimento di somme di denaro  (o  altre  utilita')  che  siano
sproporzionate rispetto al reddito  e  la  cui  provenienza  non  sia
giustificata:  anche  un  piccolo  furto   al   supermercato   o   la
ricettazione di beni di valore modesto  o  la  vendita  ambulante  di
prodotti con  marchi  falsi,  reati  che,  per  quanto  eventualmente
commessi in modo non  occasionale,  non  sono  connotati  da  elevata
redditivita'. Ne risulterebbero chiaramente sacrificate le  «garanzie
che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale». 
    Viceversa, lo stesso legislatore,  con  riguardo  al  delitto  di
ricettazione, ha escluso che l'istituto della confisca  allargata  si
applichi in caso di condanna per fatti di particolare tenuita'. 
    D'altro  canto,  i   soggetti   che   realizzano   simili   reati
appartengono spesso a «fasce marginali» di non abbienti, che  operano
al di fuori dei canali abituali e comunque  ufficiali,  e  quindi  in
modo non tracciabile, anche ove non commettano delitti. 
    Ad esempio, nel caso di specie l'imputato e' soggetto  irregolare
sul territorio italiano, quindi privo di  iscrizione  anagrafica,  di
attivita' lavorativa regolare, di conti correnti  o  altri  strumenti
finanziari di accesso al credito bancario. Se e' vero che per  andare
esente da confisca  allargata  egli  non  ha  l'onere  di  dimostrare
compiutamente l'origine  lecita  del  denaro  rinvenuto,  venendo  in
rilievo «un semplice onere di allegazione  di  elementi  che  rendano
credibile la provenienza lecita dei beni», si deve pero' rilevare che
nel citato contesto, da un lato, ogni somma o utilita' sarebbe sempre
sproporzionata (posto che il reddito ufficiale e'  sempre  nullo)  e.
dall'altro, ogni deduzione sarebbe necessariamente priva non solo  di
riscontri, ma anche di ogni possibile specificazione  in  termini  di
importi  precisi,  soggetti  coinvolti,  date,  ecc.  (la  Corte   di
Cassazione nella sentenza Sez. 4, Sentenza n. 18608 del 22 marzo 2024
Rv.  286254-01  ha  sottolineato  che  l'imputato  puo'  superare  la
presunzione sulla base di specifiche e verificate allegazioni). 
    2.6 Anche la disamina della genesi della norma qui censurata  non
fornisce elementi utili alla luce dei quali la stessa possa ritenersi
ragionevole. 
    La versione  attuale  della  disposizione  dell'art.  85-bis  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e'  il  risultato
della modifica apportata dall'art. 4, comma 3-bis  del  decreto-legge
n. 123/2023, come modificato in sede di conversione in  legge  (legge
n. 159/2023). 
    Piu' precisamente, la versione originaria dell'art. 4 del  citato
decreto-legge - dopo avere previsto alcune novita' in materia di armi
e  oggetti  atti  ad  offendere  -  al  terzo  comma   prevedeva   un
innalzamento (da quattro a cinque  anni)  del  massimo  edittale  del
reato di cui all'art. 73,  comma  5,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990. 
    Nel corso dei lavori preparatori del Senato per la conversione in
legge del decreto, in Commissione in sede referente nella seduta  del
25 ottobre 2023 erano approvati due emendamenti, il 4 novembre e il 4
dicembre (terza versione), che  modificavano  l'art.  4  del  decreto
rispettivamente prevedendo la soppressione nell'art. 85-bis,  decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990 delle parole «esclusa  la
fattispecie di cui al comma  5»  (cosi',  in  definitiva,  prevedendo
anche per il delitto ex art. 73,  comma  5,  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  n.  309/1990  l'operativita'  obbligatoria   della
confisca allargata) e configurando nell'ambito del  delitto  ex  art.
73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990  una
nuova ipotesi speciale («quando la condotta assume caratteri  di  non
occasionalita'»), sanzionata con la pena della reclusione da diciotto
mesi a cinque anni e della multa da  euro  2.500  a  euro  10.329  (e
dunque con un minimo edittale decisamente piu' alto rispetto a quello
previsto per l'ipotesi ordinaria dall'art. 73, comma 5,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990). 
    Il testo dell'art. 4, decreto-legge n. 123/2023  nella  parte  in
questione sarebbe poi rimasto immutato nel corso  della  disamina  in
assemblea e poi alla Camera dei Deputati. 
    Nell'ambito di un intervento tanto articolato  (il  decreto-legge
n. 123/2023 e la legge  di  conversione  investivano  numerose  altre
materie) non pare che il singolo  profilo  ora  in  esame  sia  stato
oggetto di particolare approfondimento. 
    Una disamina (probabilmente non esaustiva) dei lavori preparatori
non ha consentito a questo giudice di rinvenire l'esplicitazione  dei
motivi per  cui  -  a  fronte  dell'auspicio  formulato  dalla  Corte
Costituzionale nella sentenza 33 del 2018 e delle osservazioni svolte
dalla stessa Corte nella sentenza  223  del  2022  circa  la  modesta
redditivita' del delitto ex art. 75, comma 5, decreto del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 - si sia proceduto ad estendere anche  a
tale  delitto  l'operativita'  della  confisca  allargata.   Non   si
rinvengono  considerazioni  (ne'  tanto  meno  riferimenti  a   studi
accademici o a rilevazioni statistiche) circa gli  aspetti  economici
del fenomeno, quali i prezzi  di  vendita  sul  mercato  delle  varie
sostanze e i margini di guadagno per gli autori del  reato,  o  circa
l'entita' del reimpiego dei proventi del delitto. 
    La  ragione  di  un  simile  intervento  e'   allora   forse   da
rintracciare  nella  volonta'  del   legislatore   di   punire   piu'
severamente lo spaccio di stupefacenti anche  ove  il  singolo  fatto
risulti di lieve entita'; in tal senso,  pare  significativo  che  la
novella si accompagni all'incremento  del  massimo  edittale  e  alla
previsione di una nuova fattispecie  (aggravata)  in  cui  il  minimo
edittale e' sensibilmente aumentato. 
    Un tale impiego in funzione punitiva dell'istituto pare pero' non
coerente con la  natura  e  il  presupposto  dello  stesso:  trattasi
infatti  di  misura  di  sicurezza  patrimoniale  a   carattere   non
sanzionatorio che presuppone l'idoneita' dei delitti matrice a creare
una accumulazione economica,  a  sua  volta  possibile  strumento  di
ulteriori delitti. 
    2.7 L'art. 3 della Costituzione pare violato anche  con  riguardo
al principio di uguaglianza. 
    In particolare, pare costituire un idoneo  tertium  comparationis
il delitto di cui all'art. 74, comma 6, decreto del Presidente  della
Repubblica n. 309/1990: l'applicabilita' della confisca allargata  ai
fatti di lieve entita' pare irragionevole nella misura in  cui  detto
istituto non puo' viceversa  trovare  applicazione  con  riguardo  al
delitto  associativo  di  cui  all'art.  74,  comma  6,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    Come e' noto, «l'associazione [...] costituita per  commettere  i
fatti descritti dal  comma  5  dell'articolo  73»  integra  un  reato
autonomo, e non una mera circostanza attenuante indipendente dei piu'
gravi delitti di cui all'art. 74, comma 1 e 2, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990, posto che il rinvio all'art. 416, comma
l e 2 del codice penale - contenuto nel  citato  art.  74,  comma  6,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 -  e'  un  rinvio
quoad factum e non un mero rinvio quoad poenam  (Cassazione  Sez.  U,
Sentenza n. 34475 del 23 giugno 2011 Rv. 250352 - 01, Cassazione Sez.
3 - Sentenza n. 44837 del 6 febbraio 2018 Rv. 274696 - 01). 
    In ragione di tale natura autonoma del delitto ex art. 74,  comma
6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, la  Corte  di
Cassazione (Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 27770 dell'11 giugno  2015
Rv. 267226 - 01 e Cassazione  Sez.  6  -  Sentenza  n.  6247  dell'11
gennaio 2024 Rv. 286083 -  01)  ha  affermato  che  l'istituto  della
confisca allargata - applicabile ai delitti ex art. 74, comma 1 e  2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prima in ragione
della previsione diretta da parte dell'art. 12-sexies,  comma  1  del
decreto-legge n. 306/1992, ora  in  ragione  del  combinato  disposto
degli artt. 240-bis del codice penale e 51, comma 3-bis del codice di
procedura penale - non si applica nel caso di condanna per  il  reato
di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di  fatti
di lieve entita' di cui all'art. 74, comma 6, decreto del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990. 
    Conseguentemente,  mentre  chi  si  associ  per  commettere   una
pluralita' di delitti ex art. 73, comma  5,  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990 in caso di condanna non e'  di  per  se'
passibile di confisca  allargata  (salvo  sia  condannato  anche  per
qualche reato fine), colui che sia condannato per un singolo reato ex
art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
(eventualmente, come nel caso di specie, anche  solo  di  detenzione)
potra' essere soggetto a confisca allargata. 
    La disparita' di trattamento risulta irragionevole, posto  che  -
se il presupposto della confisca allargata e' l'idoneita' del delitto
accertato a determinare un accumulo  di  ricchezza,  con  conseguente
pericolo di «utilizzazione delle  risorse  per  il  finanziamento  di
ulteriori   delitti   o   del    loro    reimpiego    nel    circuito
economico-finanziario»   -   cio'   vale   sicuramente    piu'    per
l'associazione (costituita per realizzare una serie indeterminata  di
reati e normalmente connotata da un riutilizzo dei proventi del reato
per commettere nuove attivita' delittuose) che  non  per  il  singolo
reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990,  eventualmente  commesso  in  modo  occasionale   o   dalla
«manovalanza utilizzala dalla criminalita' organizzata». 
    Il paradosso e' tanto piu' evidente ove si consideri che non sono
passibili      di      confisca       allargata       neppure       i
promotori/fondatori/organizzatori dell'associazione ex art. 74, comma
6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, vale a dire i
soggetti che normalmente traggono maggior profitto  dai  traffici  di
stupefacenti e che maggiormente sono in grado di destinare  denaro  e
beni alla realizzazione di nuovi  reati;  per  gli  stessi,  inoltre,
talora/spesso  non  e'  possibile  l'accertamento  del  concorso  nei
singoli reati fine (e quindi la condanna per gli  stessi),  cosicche'
non e' possibile neppure a tale titolo la confisca allargata. 
    2.8 In via subordinata, si chiede alla  Corte  Costituzionale  di
dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma di cui ex art.
85-bis, decreto del Presidente della  Repubblica  n.  309/1990  nella
parte in cui, con riguardo al reato di  cui  all'art.  73,  comma  5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,  non  limita  il
proprio ambito applicativo all'ipotesi  in  cui  la  condotta  assuma
caratteri di non occasionalita'. 
    In  tale  ipotesi  circostanziale,  infatti,  ferma  restando  la
criticita' legata alla modesta redditivita' del  reato  ex  art.  73,
comma  5,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,
l'accertamento  con  i  crismi  del   processo   penale   della   non
occasionalita' della condotta fornisce quanto meno una garanzia circa
la precedente commissione di delitti dello stesso tipo, laddove -  in
difetto  -  tale  precedente  commissione  ai  fini  della   confisca
allargata e' solo presunta. 
    In sostanza, ove della questione subordinata venisse accolta  per
l'operativita' della confisca  allargata  sarebbe  necessario  quanto
meno  l'accertamento  (contestuale  o   nell'ambito   di   precedenti
sentenze) della commissione di  ulteriori  reati  analoghi,  che  non
sarebbe oggetto di  presunzione;  permarrebbe  viceversa  l'ulteriore
profilo di presunzione, relativo cioe' al fatto che  il  denaro  e  i
beni  trovati  nella  disponibilita'  del  soggetto   (sproporzionati
rispetto al reddito e di cui non  sia  giustificata  la  provenienza)
derivino da tali ulteriori delitti. 
    In tale ipotesi, pur essendo minima la redditivita' del reato,  a
fronte di una pluralita' di reati analoghi (ad una distanza temporale
non  elevata  l'uno  dall'altro)  sarebbe   meno   irragionevole   la
presunzione di illecita accumulazione della ricchezza. 
    2.9 In  via  ulteriormente  subordinata,  si  chiede  alla  Corte
Costituzionale  di  rendere   facoltativa,   anziche'   obbligatoria,
l'operativita' della confisca allargata con riguardo  al  delitto  ex
art.  73,  comma  5,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990. 
    Nella  citata  sentenza  33   del   2018   la   Corte,   in   via
interpretativa, ha gia' riconosciuto al  giudice  la  possibilita'  -
«quando si discuta di reati che, per loro natura,  non  implicano  un
programma criminoso dilatato nel tempo  [...]  e  che  non  risultino
altresi'  commessi,  comunque  sia,  in  un  ambito  di  criminalita'
organizzata» - di «verificare se, in relazione alle  circostanze  del
caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali  valgano,
in particolare, a connotare  la  vicenda  criminosa  come  del  tutto
episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento  -  il
fatto per cui e' intervenuta condanna esuli  in  modo  manifesto  dal
"modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione
di  ricchezza  da  parte  del  condannalo.»  In  presenza   di   tali
condizioni, che renderebbero evidente I insussistenza  di  un  quadro
complessivo  conforme  alla  ratio  giustificatrice  della   confisca
allargata, il giudice potrebbe astenersi dal disporre la confisca. Si
richiede quindi che il fatto «esuli in modo manifesto dal modello». 
    Qualora la Corte non ritenga che gia' in via generale e  astratta
il reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990 esuli dal modello per  le  ragioni  gia'  esplicitate,  e
quindi non accolga le questioni gia' sopra illustrate, si chiede  che
riconosca al giudice un maggiore margine di  apprezzamento,  che  non
consista  solo  nel  verificare  l'eventuale  dissonanza  del   fatto
concreto rispetto al modello - circostanza che  dovrebbe  essere  del
tutto eccezionale  -  ma  nel  verificare,  alla  luce  di  tutte  le
circostanze concrete (quantitativo e tipologia di sostanze, modalita'
della  detenzione,  eventuale  profitto  conseguito,  stile  di  vita
dell'imputato, eventuali precedenti, entita'  dei  valori  rinvenuti,
ecc.), se la presunzione sottostante  all'istituto  sia  giustificata
nel singolo caso concreto. 
    A fronte di reati commessi in ambito di criminalita'  organizzata
o  comunque  connotati  da  un'elevata  redditivita'  si   giustifica
l'obbligatorieta' della confisca allargata  (fatta  salva  l'evidente
estraneita' del fatto concreto rispetto  al  modello,  per  l'elevata
distanza temporale dell'acquisizione del cespite patrimoniale  o  per
altra ragione), in quanto la presunzione di illecita accumulazione di
ricchezza da parte del  condannato  risponde  all'id  quod  plerumque
accidit. Rispetto ad un reato - quale quello ex  art.  73,  comma  5,
decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  -  normalmente
connotato da una redditivita' modesta e  in  relazione  al  quale  e'
dunque agevole formulare ipotesi in cui la presunzione di  legge  non
si   giustifichi,   l'obbligatorieta'    della    confisca    risulta
irragionevole. Si ritiene  viceversa  piu'  ragionevole  affidare  al
prudente apprezzamento del giudice, sulla base di tutte le  evenienze
del caso concreto, la disposizione o meno della confisca. 
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione. 
    Piu'  precisamente,  quanto  alla  questione  sollevata  in   via
principale e alla  prima  subordinata  il  dato  letterale  dell'art.
85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990  risulta
chiaro e univoco nel prevedere l'applicabilita' dell'art. 240-bis del
codice penale - e quindi dell'istituto della confisca allargata -  in
tutti i casi di condanna o applicazione pena per uno dei  delitti  di
cui all'art. 73, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,
quindi anche per  il  delitto  ex  art.  73,  comma  5,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    Rispetto  alla   questione   sollevata   in   via   ulteriormente
subordinata, la Corte Costituzionale nella  citata  sentenza  33  del
2018 ha gia'  riconosciuto  al  giudice  un  certo  margine  in  sede
interpretativa,  affinche'   verifichi   «se,   in   relazione   alle
circostanze del caso concreto e  alla  personalita'  del  suo  autore
[...] il  fatto  per  cui  e'  intervenuta  condanna  esuli  in  modo
manifesto dal «modello» che vale a fondare la presunzione di illecita
accumulazione  di  ricchezza   da   parte   del   condannato».   Tale
interpretazione adeguatrice postula pero' una palese estraneita'  del
fatto concreto rispetto al modello, laddove nella  soluzione  che  si
ritiene di  dover  suggerire  l'applicazione  sarebbe  facoltativa  e
presupporrebbe cioe' la constatazione in  positivo  di  elementi  che
giustifichino la presunzione di accumulo illecito di ricchezza, e non
semplicemente che non sia evidente il contrario. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli  134  Costituzione,  23  ss.  della  legge  n.
87/1953; 
    ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; 
    solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale -  per
violazione degli articoli 3 e 42 Costituzione - della  norma  di  cui
all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990
nella parte in cui non esclude  dal  proprio  ambito  applicativo  le
ipotesi di condanna o di applicazione della pena su  richiesta  delle
parti per il reato di cui  all'art.  73,  comma  5  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990; 
    in subordine, della norma di cui all'art. 85-bis del decreto  del
Presidente della Repubblica n.  309/1990  nella  parte  in  cui,  con
riguardo al reato di  cui  all'art.  73,  comma  5  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, non limita il proprio ambito
applicativo all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo,
decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  («quando  la
condotta assume caratteri di non occasionalita'»); 
    in via ulteriormente subordinata, del  combinato  disposto  degli
articoli 85-bis  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 e 240-bis del codice penale nella parte in cui, con riguardo
all'ipotesi di condanna o di applicazione pena per il delitto di  cui
all'art. 73, comma 5 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.
309/1990, prevede che e' sempre disposta la confisca del denaro,  dei
beni  o  delle  altre  utilita'  di  cui  il  condannato   non   puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche  per  interposta  persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo  in  valore  sproporzionato  al  proprio  reddito,
dichiarato  ai  fini  delle  imposte  sul  reddito,  o  alla  propria
attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre
la confisca in questione; 
    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte Costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  Cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte Costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4  della  legge
n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata  letta  in  udienza  e
che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro  che  sono  o
devono considerarsi presenti, ex art. 148,  comma  5  del  codice  di
procedura penale. 
      Firenze, 30 settembre 2024 
 
                         Il Giudice: Attina'