Reg. ord. n. 203 del 2024 pubbl. su G.U. del 13/11/2024 n. 46
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 30/09/2024
Tra: A. E.
Oggetto:
Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca - Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito - Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità ) – In subordine: Mancata limitazione del proprio ambito applicativo all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, secondo periodo (“quando la condotta assume caratteri di non occasionalità”) - Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito - Confisca cosiddetta allargata - Denunciata previsione che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, anziché prevedere che il giudice possa disporre tale confisca – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con l’art. 240-bis del codice penale.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
Norme impugnate:
decreto del Presidente della Repubblica
del 09/10/1990
Num. 309
Art. 85
decreto-legge
del 15/09/2023
Num. 123
Art. 4
Co. 3
legge
del 13/11/2023
Num. 159
decreto del Presidente della Repubblica
del 09/10/1990
Num. 309
Art. 85
decreto-legge
del 15/09/2023
Num. 123
Art. 4
Co. 3
legge
del 13/11/2023
Num. 159
codice penale
del
Num.
Art. 240
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 42
Co.
Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2024
Ordinanza del 30 settembre 2024 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di A. E..
Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990
- Ipotesi particolari di confisca - Previsione dell'applicazione
dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di applicazione
della pena su richiesta - Omessa esclusione dal proprio ambito
applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena
su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5 -
In subordine: Mancata limitazione del proprio ambito applicativo
all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo ("quando
la condotta assume caratteri di non occasionalita'").
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art.
85-bis.
In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui
all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi
particolari di confisca - Confisca cosiddetta allargata -
Denunciata previsione che e' sempre disposta la confisca del
denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non
puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta
persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la
disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al
proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o
alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice
possa disporre tale confisca.
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art.
85-bis, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale.
(GU n. 46 del 13-11-2024)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima Sezione Penale
Il Giudice, dr Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a
carico di E A , nato in l' , sedicente, identificato a mezzo
fotosegnalamento ( ),
elettiv. domiciliato presso l'avv. Samuele Zucchini del Foro
di Firenze (elezione all'udienza di convalida del 5 dicembre 2023);
difeso di fiducia dall'avv. Samuele Zucchini del Foro di
Firenze (nomina a seguito dell'arresto in data 4 dicembre 2023);
libero gia' presente;
imputato:
del reato p. e p. dall'art. 73, comma 5, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/90, per aver detenuto complessivi
gr. di gr. 57,72 di sostanza stupefacente di tipo hashish, al fine di
successiva cessione verso terzi, tenuto conto della suddivisione in
15 dosi;
Accertato in , il
sentite le parti;
premesso che:
E A era tratto in arresto in data per il reato di detenzione
di stupefacente a scopo di spaccio;
il Pm con decreto del disponeva la presentazione diretta
dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo
giudizio direttissimo per il citato reato;
all'udienza del il giudice convalidava l'arresto, rigettava
la richiesta di applicazione di misura cautelare e disponeva
procedersi con il rito direttissimo; era poi chiesto un termine a
difesa;
all'esito del rinvio, il giudizio si e' svolto con il rito
abbreviato. In sede di conclusioni, il PM ha chiesto la condanna alla
pena di mesi 10 di reclusione ed euro 400 di multa; il difensore ha
chiesto l'assoluzione ex art. 131-bis del codice penale e, in
subordine, l'applicazione delle attenuanti generiche e
dell'attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale, il contenimento
della pena nel minimo edittale, la concessione dei doppi benefici di
legge e la restituzione del denaro in sequestro.
all'udienza odierna, fissata per eventuali repliche, le parti
vi rinunciavano;
rilevato che:
A) In base agli atti d'indagine, nel pomeriggio del i
Carabinieri del Nucleo Radiomobile di , nell'ambito di un servizio
volto alla prevenzione dello spaccio di stupefacenti, accedevano ad
una fabbrica abbandonata in cui avevano trovato rifugio abitativo
diverse persone: vi erano varie «stanze», con letti, comodini,
attrezzi per la cucina, ecc.
In una di tali camere erano presenti due persone, l'attuale
imputato e altro soggetto (tale M B ); i Carabinieri chiedevano ai
suddetti se nella stanza vi fosse dello stupefacente e, su
indicazione di E , rinvenivano nell'intercapedine di una poltrona -
oltre ad una dose di cocaina del peso di gr. 0,20 - sei pezzi di
hashish del peso totale di gr. 57 circa (piu' precisamente, un
frammento del peso di gr. 0,7; un frammento del peso di gr. 24,7; un
frammento del peso di gr. 14,2; un frammento del peso di gr. 12,l; un
frammento del peso di gr. 5,2; un frammento del peso di gr. 0,6).
La perquisizione della camera consentiva ai militari di
rinvenire e quindi sequestrare altresi' numerose banconote,
dell'importo totale di euro 3.050, un coltello a serramanico, vari
rotoli di scotch e di cellophane, due bilancini di precisione.
B) Il prevenuto in sede d'interrogatorio ha confermato di
vivere nella stanza in questione. Ha inoltre dichiarato che soltanto
una parte dell'hashish rinvenuto - per circa 25 grammi - sarebbe sua,
mentre la restante parte sarebbe di due suoi connazionali che
vivrebbero parimenti in quel luogo. Analogamente, quanto al denaro
sequestrato, solo 1.650 euro sarebbero suoi, mentre i restanti 1.400
euro sarebbero di un altro soggetto.
C) Alla luce di quanto precede si deve ritenere provata la
responsabilita' dell'imputato rispetto al reato ascritto.
Il prevenuto era in possesso di un quantitativo significativo
di stupefacente. Una parte pari a 25 grammi e' stata riconosciuta
come propria dallo stesso E . Quanto alla parte ulteriore non vi e'
alcun elemento per ritenere che appartenesse in via esclusiva ad
altri: nella stanza al momento del controllo vi erano solo E e un
terzo (M ), che secondo lo stesso prevenuto sarebbe del tutto
estraneo ai fatti; inoltre, i vari pezzi di stupefacente erano
occultati tutti nello stesso posto (intercapedine della poltrona),
per cui - quand'anche vi fosse poi, in ipotesi, una sorta di
ripartizione interna - si deve ritenere che E detenesse tutto lo
stupefacente (eventualmente in comune con altri soggetti).
L'hashish rinvenuto - sia che si consideri il quantitativo
totale di 57 grammi, sia che si consideri il solo quantitativo
parziale riconosciuto come proprio dal prevenuto - era in misura
senz'altro eccedente le eventuali esigenze di consumo immediato di E
; il predetto non aveva alcuna necessita' di precostituirsi una
simile scorta per l'eventuale consumo personale; nello stesso
ambiente sono stati rinvenuti due bilancini di precisione e materiale
per il confezionamento. Si deve dunque ritenere che lo stupefacente
in questione fosse detenuto (quanto meno anche) a fini di spaccio.
Tenuto conto del quantitativo e della tipologia della
sostanza (la contestazione concerne il solo hashish, essendo
plausibile che la detenzione della singola dose di cocaina fosse per
uso personale), nonche' delle modalita' e del contesto della
detenzione, risulta corretta la qualificazione del fatto ai sensi
dell'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 in ragione della lieve entita' del fatto.
D) Non puo' trovare applicazione l'invocata causa di non
punibilita' ex art. 131-bis del codice penale: pur considerando il
comportamento collaborativo tenuto in sede di perquisizione dal
prevenuto, che consentiva il rinvenimento della sostanza
nell'intercapedine di una poltrona, in considerazione del
quantitativo di stupefacente detenuto, la gravita' dell'offesa al
bene giuridico tutelato non risulta di particolare tenuita';
E) Quanto all'applicazione in sede di condanna della norma di
cui all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, per poter addivenire ad una corretta decisione appare
necessario il pronunciamento della Corte Costituzionale in ordine
alla legittimita' costituzionale di detta norma nella parte in cui
non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di condanna o
di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di
cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990; in subordine, nella parte in cui, con riguardo al reato di
cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, non limita il proprio ambito applicativo all'ipotesi di cui
all'art. 73, comma 5, secondo periodo, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 («quando la condotta assume caratteri di non
occasionalita'»); in via ulteriormente subordinata, si dubita della
legittimita' del combinato disposto degli artt. 85-bis, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale
nella parte in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di
applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma 5, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 prevede che e' sempre
disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di
cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui,
anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere
titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore
sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte
sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere
cbe il giudice possa disporre la confisca in questione;
cio' premesso,
Osserva
1. Rilevanza della questione
1.1 L'imputato deve essere condannato per il reato contestatogli
di cui all'art. 73, comma 5, primo periodo, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990.
Non e' contestata la circostanza aggravante della non
occasionalita' della condotta di cui all'art. 73, comma 5, secondo
periodo, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come
introdotta dall'art. 4, comma 3, decreto-legge n. 123/2023, come
convertito dalla legge n. 159/2023 (in relazione alla natura di
circostanza aggravante e non di reato autonomo di tale nuova
fattispecie si veda Cassazione Sez. Un. n. 27727/2024, punto 5 del
considerato in diritto), per cui detta ipotesi certamente non puo'
trovare applicazione nel caso di specie; in ogni caso non ne
sussisterebbero i presupposti, non sussistendo elementi per ritenere
provato che l'imputato abbia posto in essere analoghi episodi
delittuosi e che quindi la condotta non sia occasionale.
1.2 Ai sensi dell'art. 85-bis, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis del
decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023),
dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l'art. 240-bis del
codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del
denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito,
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria
attivita' economica».
1.3 Il citato art. 4, comma 3-bis del decreto-legge n. 123/2023
(come convertito) ha infatti modificato l'art. 85-bis, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 sopprimendo l'inciso «esclusa
la fattispecie di cui al comma 5», per effetto del quale la norma di
cui all'art. 240-bis del codice penale precedentemente non trovava
applicazione nei casi di condanna o di applicazione pena per il reato
di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990.
Per effetto di tale modifica quindi il reato oggetto del presente
procedimento ricade nell'ambito applicativo della norma ex art.
85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990.
1.4 Il fatto di reato in esame e' stato commesso il , e quindi in
data successiva alla citata modifica normativa. In ogni caso, secondo
la giurisprudenza di legittimita', venendo in rilievo una misura di
sicurezza patrimoniale avente natura non sanzionatoria, «il disposto
di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica 9
ottobre 1990, n. 309, novellato dall'art. 4, comma 3-bis del
decreto-legge n. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con
modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il
delitto di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309 del 1990 nel novero di quelli costituenti
presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis, codice
penale, si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art.
200, comma primo, codice penale, sicche', per l'individuazione del
regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al
momento in cui e' stata emessa la sentenza di primo grado» (cosi'
Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv.
286103-01).
1.5 Ricorrono gli ulteriori requisiti dell'istituto in questione,
posto che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione circa la
provenienza della somma di euro 3.050 rinvenuta in sede di
perquisizione (salvo affermare che una parte - pari ad euro 1.400 -
sarebbe di un altro soggetto); detta somma inoltre risulta
sproporzionata rispetto al reddito del prevenuto, posto che lo
stesso, irregolare sul territorio italiano, risulta del tutto privo
di occupazione lavorativa o comunque di attivita' economiche (da un
anno in base alle sue stesse dichiarazioni, ai sensi dell'art. 121
disp. att. codice di procedura penale, precedute dagli avvisi ex art.
63-64 del codice di procedura penale); infine, il denaro e' stato
trovato in possesso dell'imputato nel momento in cui era commesso il
reato in esame e non e' stato dedotto ne' tanto meno sono stati
forniti elementi per ritenere che detto denaro fosse stato dal
medesimo acquisito in un periodo eccessivamente antecedente rispetto
alla citata data (requisito c.d. della ragionevolezza temporale).
La Corte di Cassazione ha ritenuto che l'entita' modesta della
somma di denaro rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del reato
non sia di per se' ostativa all'operativita' della confisca, fatta
salva la necessita' di una motivazione piu' stringente (nella
sentenza Sez. 4, n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254 - 01 la Corte
di Cassazione riteneva congrua la motivazione rispetto alla confisca
di 240 euro).
1.6 Nella sentenza n. 33 del 2018 la Corte Costituzionale ha
inoltre svolto un'ulteriore considerazione: «Nella medesima ottica di
valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che -
quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un
programma criminoso dilatato nel tempo (com'e' per la ricettazione) e
che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di
criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di
verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla
personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a
connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed
occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui
e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che
vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza
da parte del condannato».
Nel caso di specie non e' data tale situazione. Dalle circostanze
del caso concreto non emergono elementi che valgano a connotare la
vicenda criminosa in esame come del tutto episodica e occasionale ed
esulante dal modello che vale a fondare la presunzione di illecita
accumulazione. In considerazione del rinvenimento in sede di
perquisizione di due bilancini di precisione e di materiale per il
confezionamento, e' anzi plausibile che il prevenuto gia' in
precedenza avesse posto in essere altri reati simili (si tratta
d'altro canto di una mera plausibilita', che - se da un lato pare non
giustificare la non applicazione dell'istituto in questione, posto
che trattasi di confisca obbligatoria - dall'altro non implica ne'
che si ritenga l'intera somma rinvenuta proveniente da pregresse
attivita' delittuose ne', in generale, che si ritenga ragionevole
l'inclusione del reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990 tra i reati presupposto).
1.7 Ai sensi degli art. 85-bis, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale questo giudice
dovrebbe quindi disporre la confisca della somma di euro 3.050 in
sequestro.
Diversamente - ove la norma qui censurata fosse dichiarata
costituzionalmente illegittima, come prospettato in via principale o
nella questione sollevata nella prima subordinata questo giudice non
potrebbe disporre la citata confisca e dovrebbe disporre la
restituzione della somma di denaro in sequestro.
A tal riguardo occorre rilevare che, in base alla consolidata
giurisprudenza di legittimita', non potrebbe disporsi la confisca ai
sensi dell'art. 240 del codice penale e dell'art. 73, comma 7-bis,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che non
sussiste un nesso di pertinenzialita', in termini di strumentalita' o
di derivazione (prodotto, profitto o prezzo), della somma di denaro
in questione rispetto alla specifica condotta illecita contestata
(cfr., tra le altre, Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 55852 del 17
ottobre 2017 Rv. 272204-01, Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 20130 del
19/04/2022 Rv. 283248-01 e Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 14095 del
20 marzo 2024 Rv. 286103-01 in motivazione).
Quanto alla questione sollevata in via di ulteriore
subordinazione, nel caso in cui l'applicazione dell'istituto della
confisca allargata fosse facoltativa in caso di condanna per il reato
di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990, nel caso in esame tale confisca non potrebbe essere
disposta, posto che dalle circostanze concrete non emergono
sufficienti elementi per ritenere che la somma rinvenuta sia il
frutto dell'accumulo dei proventi di precedenti delitti.
2. Non manifesta infondatezza
2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di
cui all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis del decreto-legge
n. 123/2023 (come convertito in legge), nella parte in cui prevede
l'applicazione anche con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma
5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 dell'art.
240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la
confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il
condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per
interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o
avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato
al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o
alla propria attivita' economica».
Mentre prima della riforma del 2023 il reato di cui all'art. 73,
comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 era
espressamente escluso dall'ambito applicativo dell'art. 85-bis,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quindi
dell'art. 240-bis del codice penale, ora - per effetto della
soppressione nell'art. 85-bis dell'inciso «esclusa la fattispecie di
cui al comma 5» - anche nelle ipotesi di condanna o di applicazione
pena per i fatti di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5 deve
essere disposta la citata confisca c.d. allargata.
2.2 Quanto alla natura dell'istituto della confisca c.d.
allargata, ai requisiti dello stesso e alle ragioni storiche della
relativa introduzione nell'ordinamento, appare utile riportare quanto
affermato dalla Corte Costituzionale nella gia' citata sentenza n. 33
del 2018: «La misura patrimoniale prevista dalla norma censurata si
colloca nell'alveo delle forme "moderne" di confisca alle quali, gia'
da tempo, plurimi Stati europei hanno fatto ricorso per superare i
limiti di efficacia della confisca penale "classica": limiti legati
all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in
termini di strumentalita' o di derivazione - tra i beni da confiscare
e il singolo reato per cui e' pronunciata condanna. [...] Di qui,
dunque, la diffusa tendenza ad introdurre speciali tipologie di
confisca, caratterizzate sia da un allentamento del rapporto tra
l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da un
affievolimento degli oneri probatori gravanti sull'accusa. Tra i
diversi modelli di intervento in tale direzione, il piu' diffuso nel
panorama europeo e' quello della cosiddetta confisca dei beni di
sospetta origine illecita: modello al quale e' riconducibile anche la
confisca "allargata" [...]. Esso poggia, nella sostanza, su una
presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai soggetti
condannati per taluni reati, per lo piu' (ma non sempre) connessi a
forme di criminalita' organizzata: in presenza di determinate
condizioni, si presume, cioe', che il condannato abbia commesso non
solo il delitto che ha dato luogo alla condanna, ma anche altri
reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero i beni
di cui egli dispone. [...] Nella cornice del generale processo di
valorizzazione degli strumenti patrimoniali di lotta alla
criminalita' organizzata, da tempo in atto a livello dell'Unione,
dapprima la decisione quadro 24 febbraio 2005, n. 2005/212/GAI del
Consiglio [...] e indi la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio [...] hanno, infatti, specialmente
richiesto agli Stati membri di riconoscere all'autorita' giudiziaria
poteri di "confisca estesa" [...]. L'art. 5. paragrafo 1, della
citata direttiva stabilisce, in particolare, che gli Stati membri
devono adottare "le misure necessarie per poter procedere alla
confisca, totale o parziale. dei beni che appartengono a una persona
condannata per un reato suscettibile di produrre, direttamente o
indirettamente, un vantaggio economico, laddove l'autorita'
giudiziaria, in base alle circostanze del caso, compresi i fatti
specifici e gli elementi di prova disponibili, come il fatto che il
valore dei beni e' sproporzionato rispetto al reddito Legittimo della
persona condannata, sia convinta che i beni in questione derivino da
attivita' criminose". Diversamente dalla decisione quadro
2005/212/GAI, la direttiva non limita l'applicazione della confisca
estesa ai soli reati di criminalita' organizzata o collegati al
terrorismo, ma la richiede anche in relazione ad una serie di altri
reati previsti da strumenti normativi dell'Unione, benche' non
commessi nel quadro di organizzazioni criminali. 7. Per quanto piu'
specialmente attiene alla misura prevista dall'art. 12-sexies del
decreto-legge n. 306 del 1992, essa e' nata storicamente come
«sostituto» del delitto di «possesso ingiustificato di valori». gia'
previsto dall'art. 12-quinquies, comma 2, del medesimo decreto-legge.
[...] La norma incriminatrice fu dichiarata illegittima da questa
Corte. dopo un breve periodo di vigenza, con la sentenza n. 48 del
1994, per violazione della presunzione di non colpevolezza sancita
all'art. 27, secondo comma, Costituzione [...] A fronte di tale
declaratoria, il legislatore introdusse [...] una speciale ipotesi di
confisca, disciplinata in un articolo aggiunto [...] (il 12-sexies).
La formulazione della norma fu motivata con la necessita' di creare
un nuovo strumento che fosse in grado, per un verso, di realizzare le
medesime finalita' che si volevano raggiungere con /a disposizione
dichiarata illegittimita' [...]; per altro verso, di recepire le
indicazioni offerte da questa Corte con la citata sentenza n. 48 del
1994 [...]. In tale ottica, la norma prevedeva [...] che, in caso di
condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per
taluno dei delitti in essa indicali, e' "sempre disposta" (si tratta,
dunque, di confisca speciale obbligatoria) "la confisca del denaro,
dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito,
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria
attivita' economica". la norma denunciata riconnette, dunque, a due
elementi - la qualita' di condannato per determinati reati e la
sproporzione del patrimonio di cui il condannato dispone, anche
indirei/amen/e, rispetto al suo reddito o alla sua attivita'
economica - la presunzione che il patrimonio stesso derivi da
attivita' criminose che non e' stato possibile accertare:
presunzione, peraltro, solo relativa, potendo il condannato vincerla
giustificando la provenienza dei beni. la confisca "allargata"
italiana si caratterizza, quindi, rispetto al modello di confisca
"estesa" prefigurato dalla direttiva 2014/42/UE (la quale si limita,
peraltro, a stabilire «norme minime», senza impedire agli Stati
membri di adottare soluzioni piu' rigorose), per il diverso e piu'
ridotto standard probatorio. La sproporzione tra il valore dei beni e
i redditi legittimi del condannato - che in base all'art. 5 della
direttiva costituisce uno dei "fatti specifici" e degli "elementi di
prova" dai quali il giudice puo' trarre la convinzione che i beni da
confiscare "derivino da condotte criminose" - vale, invece, da sola a
fondare la misura ablativa in esame, allorche' il condannato non
giustifichi la provenienza dei beni, senza che occorra alcuna
ulteriore dimostrazione della loro origine delittuosa. 8. Al
riguardo, costituisce, in effetti, approdo ermeneutico ampiamente
consolidato nella giurisprudenza di legittimita' [...] che, in
presenza delle condizioni indicate dalla norma, il giudice non debba
ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili ed il
reato per cui e' stata pronunciata condanna, e neppure tra i medesimi
beni e una piu' generica attivita' criminosa del condannato. [...] Di
qui la conclusione per cui la confiscabilita' non e' esclusa dal
fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva
al reato per cui si e' proceduto, o che il loro valore superi il
provento di tale reato. In questa prospettiva [...] la disposizione
in esame si presenta espressiva di una "scelta di politica criminale
del legislatore, operata con l'individuare delitti particolarmente
allarmanti, idonei a creare una accumulazione economica, a sua volta
possibile strumento di ulteriori delitti, e quindi col trarne una
presunzione, iuris tantum, di origine illecita del patrimonio
"sproporzionato" a disposizione del condannato per tali delitti»:
presunzione che trova «base nella nota capacita' dei delitti
individuati dal legislatore [...] ad essere perpetrari in forma quasi
professionale e a porsi quali fonti di illecita ricchezza". [...]
secondo un indirizzo della giurisprudenza di legittimita' [...] la
presunzione di illegittima acquisizione dei beni oggetto della misura
resta circoscritta, comunque sia, in un ambito di cosiddetta
«ragionevolezza temporale". Il momento di acquisizione del bene non
dovrebbe risultare, cioe', talmente lontano dall'epoca di
realizzazione del "reato spia" da rendere ictu oculi irragionevole la
presunzione di derivazione del bene stesso da una attivita' illecita,
sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui e'
intervenuta condanna. [...] la ricordata tesi della "ragionevolezza
temporale" risponde, in effetti, all'esigenza di evitare una abnorme
dilatazione della sfera di operativita' dell'istituto della confisca
"allargata", il quale legittimerebbe altrimenti - anche a fronte
della condanna per un singolo reato compreso nella lista - un
monitoraggio patrimoniale esteso all'intiera vita del condannato.
[...] Nella medesima ottica di valorizzazione della ratio legis, puo'
ritenersi, peraltro, che - quando si discuta di reati che, per loro
natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo[...]
e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di
criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di
verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla
personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a
connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed
occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui
e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che
vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza
da parte del condannato.»
2.3 A fronte del progressivo e alluvionale accrescimento della
compagine dei reati cui e' annessa la misura ablativa speciale, la
Corte concludeva peraltro la citata sentenza formulando «l'auspicio
che la selezione dei "delitti matrice" da parte del legislatore
avvenga, fin tanto che l'istituto conservi la sua attuale fisionomia,
secondo criteri ad essa strettamente coesi e, dunque, ragionevolmente
restrittivi. Ad evitare, infatti, evidenti tensioni sul piano delle
garanzie che devono assistere misure tanfo invasive sul piano
patrimoniale, non puo' non sottolinearsi l'esigenza che la rassegna
dei reati presupposto si fondi su tipologie e modalita' di fatti in
se' sintomatiche di un illecito arricchimento del loro autore, che
trascenda la singola vicenda giudizialmente accertala, cosi' da poter
veramente annettere il patrimonio "sproporzionato" e "ingiustificato"
di cui l'agente dispone ad una ulteriore attivita' criminosa rimasta
"sommersa"».
2.4 Nonostante tale auspicio, in seguito il legislatore ha esteso
l'ambito applicativo della confisca allargata (la cui disciplina e'
ora sostanzialmente confluita nell'art. 240-bis del codice penale) a
diversi altri reati, tra cui - per quanto qui rileva - quello di cui
all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990.
In tal caso pare violato il principio di ragionevolezza di cui
all'art. 3 della Costituzione, oltre al diritto di proprieta' di cui
all'art. 42 della Costituzione.
Nella sentenza n. 223 del 2022 la Corte Costituzionale ha
affermato che «i fatti di piccolo spaccio» di cui all'art. 73, comma
5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 «si
caratterizzano per un'offensivita' contenuta per essere modesto il
quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di cessione. Di qui,
non e' ragionevole presumere che la «redditivita'» dell'attivita'
delittuosa sia stola tale da determinare il superamento da parte del
reo dei limiti di reddito contemplati dall'art. 76 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per ottenere l'ammissione
al beneficio del patrocinio a spese dello Stato». La Corte dopo avere
sottolineato l'eterogeneita' del reato di cui all'art. 73, comma 5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 rispetto agli
altri delitti cui si applicava la norma allora censurata, ha inoltre
sottolineato che il reato in questione «e' privo dell'idoneita' ex se
a far presumere un livello di reddito superiore alla (peraltro non
esigua) soglia minima dell'art. 76, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (id est un reddito IRPEF
di circa mille euro al mese), in ragione dei proventi derivanti
dall'attivita' criminosa. E' anzi vero il contrario: si tratta spesso
di manovalanza utilizzata dalla criminalita' organizzata e
proveniente dalle fasce marginali dei «non abbienti», ossia di quelli
che sono sprovvisti dei «mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni
giurisdizione» (art. 24, terzo comma, Costituzione)».
La Corte ha quindi ritenuto manifestamente irragionevole la
presunzione (pur relativa) operata dal legislatore quanto al
superamento della soglia fissata per l'ammissione al Gratuito
Patrocinio da parte di coloro che fossero stati condannati per il
reato ex art 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990. Detto in altri termini, la condanna per il reato ex art 73,
comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 non
legittima la presunzione (anche solo relativa) di un accumulo di
ricchezza da parte del suo autore.
Nel caso in esame la finalita' della presunzione relativa e'
diversa (la confisca allargata delle somme e dei beni disponibili che
siano sproporzionate rispetto al reddito e di cui non sia
giustificata la provenienza), ma il presupposto da cui ha mosso il
legislatore e' sempre lo stesso, e cioe' il fatto che il reato in
questione sarebbe idoneo a creare una accumulazione economica, tale
da giustificare, da un lato, la presunzione (relativa) di un livello
di reddito superiore alla soglia minima dell'art. 76, comma 1 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, dall'altro. la
presunzione (relativa) di origine delittuosa del denaro e dei beni
sproporzionati al reddito di cui il prevenuto non abbia giustificato
la provenienza.
Trattasi pero' di presupposto non confacente alla realta'. Come
sottolineato nella citata sentenza n. 223 del 2022, il delitto ex
art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
non e' connotato dalla particolare redditivita' che giustificherebbe
la citala presunzione, essendo viceversa spesso reato commesso da
«bassa manovalanza» priva di significativi mezzi economici.
La ridotta offensivita' del reato ex art. 73, comma 5, decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' stata ribadita dalla
Corte Costituzionale anche nella sentenza n. 43 del 2024 e nella
sentenza n. 88 del 2023, nelle quali e' stata censurata la
presunzione assoluta di pericolosita' sociale del soggetto condannato
per detto reato ai fini delle procedure di regolarizzazione del
rapporto di lavoro e di rinnovo del permesso di soggiorno.
2.5 E' si' vero che l'istituto della confisca allargata
presuppone l'effettivo rinvenimento di somme di denaro (o altre
utilita') sproporzionate al reddito, cio' che potrebbe far apparire
ragionevole la presunzione. E nel caso di specie, ad esempio, il
prevenuto e' stato trovato in possesso di circa 3.000 euro a fronte
di un reddito nullo.
Tuttavia, il mero possesso non giustificato di una somma di
denaro (peraltro non elevata. per quanto sproporzionata al reddito)
non rende ragionevole la presunzione nella misura in cui la tipologia
di delitto (per cui vi e' condanna), pur postulando o comunque
essendo accompagnata abitualmente da un fine di lucro, non e' di per
se' idonea a determinare un significativo accumulo di ricchezza.
Possesso di somme di denaro (o altre utilita') in misura
sproporzionata al reddito e mancata giustificazione della relativa
provenienza non legittimano cioe' di per se' la presunzione, ma solo
a condizione che il reato per cui vi e' condanna sia connotato da una
significativa redditivita' e quindi sia idoneo a determinare un
accumulo di ricchezza (cosicche' le somme/utilita' rinvenute - in
misura sproporzionata al reddito e senza giustificazione della
relativa provenienza - possano ragionevolmente attribuirsi ad una
pregressa analoga attivita' delittuosa).
Diversamente opinando, del resto, si dovrebbe ritenere che
qualunque delitto determinato - in astratto o anche solo in concreto
- da fine di lucro possa giustificare analoga presunzione a fronte
del rinvenimento di somme di denaro (o altre utilita') che siano
sproporzionate rispetto al reddito e la cui provenienza non sia
giustificata: anche un piccolo furto al supermercato o la
ricettazione di beni di valore modesto o la vendita ambulante di
prodotti con marchi falsi, reati che, per quanto eventualmente
commessi in modo non occasionale, non sono connotati da elevata
redditivita'. Ne risulterebbero chiaramente sacrificate le «garanzie
che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale».
Viceversa, lo stesso legislatore, con riguardo al delitto di
ricettazione, ha escluso che l'istituto della confisca allargata si
applichi in caso di condanna per fatti di particolare tenuita'.
D'altro canto, i soggetti che realizzano simili reati
appartengono spesso a «fasce marginali» di non abbienti, che operano
al di fuori dei canali abituali e comunque ufficiali, e quindi in
modo non tracciabile, anche ove non commettano delitti.
Ad esempio, nel caso di specie l'imputato e' soggetto irregolare
sul territorio italiano, quindi privo di iscrizione anagrafica, di
attivita' lavorativa regolare, di conti correnti o altri strumenti
finanziari di accesso al credito bancario. Se e' vero che per andare
esente da confisca allargata egli non ha l'onere di dimostrare
compiutamente l'origine lecita del denaro rinvenuto, venendo in
rilievo «un semplice onere di allegazione di elementi che rendano
credibile la provenienza lecita dei beni», si deve pero' rilevare che
nel citato contesto, da un lato, ogni somma o utilita' sarebbe sempre
sproporzionata (posto che il reddito ufficiale e' sempre nullo) e.
dall'altro, ogni deduzione sarebbe necessariamente priva non solo di
riscontri, ma anche di ogni possibile specificazione in termini di
importi precisi, soggetti coinvolti, date, ecc. (la Corte di
Cassazione nella sentenza Sez. 4, Sentenza n. 18608 del 22 marzo 2024
Rv. 286254-01 ha sottolineato che l'imputato puo' superare la
presunzione sulla base di specifiche e verificate allegazioni).
2.6 Anche la disamina della genesi della norma qui censurata non
fornisce elementi utili alla luce dei quali la stessa possa ritenersi
ragionevole.
La versione attuale della disposizione dell'art. 85-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e' il risultato
della modifica apportata dall'art. 4, comma 3-bis del decreto-legge
n. 123/2023, come modificato in sede di conversione in legge (legge
n. 159/2023).
Piu' precisamente, la versione originaria dell'art. 4 del citato
decreto-legge - dopo avere previsto alcune novita' in materia di armi
e oggetti atti ad offendere - al terzo comma prevedeva un
innalzamento (da quattro a cinque anni) del massimo edittale del
reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990.
Nel corso dei lavori preparatori del Senato per la conversione in
legge del decreto, in Commissione in sede referente nella seduta del
25 ottobre 2023 erano approvati due emendamenti, il 4 novembre e il 4
dicembre (terza versione), che modificavano l'art. 4 del decreto
rispettivamente prevedendo la soppressione nell'art. 85-bis, decreto
del Presidente della Repubblica n. 309/1990 delle parole «esclusa la
fattispecie di cui al comma 5» (cosi', in definitiva, prevedendo
anche per il delitto ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990 l'operativita' obbligatoria della
confisca allargata) e configurando nell'ambito del delitto ex art.
73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 una
nuova ipotesi speciale («quando la condotta assume caratteri di non
occasionalita'»), sanzionata con la pena della reclusione da diciotto
mesi a cinque anni e della multa da euro 2.500 a euro 10.329 (e
dunque con un minimo edittale decisamente piu' alto rispetto a quello
previsto per l'ipotesi ordinaria dall'art. 73, comma 5, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990).
Il testo dell'art. 4, decreto-legge n. 123/2023 nella parte in
questione sarebbe poi rimasto immutato nel corso della disamina in
assemblea e poi alla Camera dei Deputati.
Nell'ambito di un intervento tanto articolato (il decreto-legge
n. 123/2023 e la legge di conversione investivano numerose altre
materie) non pare che il singolo profilo ora in esame sia stato
oggetto di particolare approfondimento.
Una disamina (probabilmente non esaustiva) dei lavori preparatori
non ha consentito a questo giudice di rinvenire l'esplicitazione dei
motivi per cui - a fronte dell'auspicio formulato dalla Corte
Costituzionale nella sentenza 33 del 2018 e delle osservazioni svolte
dalla stessa Corte nella sentenza 223 del 2022 circa la modesta
redditivita' del delitto ex art. 75, comma 5, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990 - si sia proceduto ad estendere anche a
tale delitto l'operativita' della confisca allargata. Non si
rinvengono considerazioni (ne' tanto meno riferimenti a studi
accademici o a rilevazioni statistiche) circa gli aspetti economici
del fenomeno, quali i prezzi di vendita sul mercato delle varie
sostanze e i margini di guadagno per gli autori del reato, o circa
l'entita' del reimpiego dei proventi del delitto.
La ragione di un simile intervento e' allora forse da
rintracciare nella volonta' del legislatore di punire piu'
severamente lo spaccio di stupefacenti anche ove il singolo fatto
risulti di lieve entita'; in tal senso, pare significativo che la
novella si accompagni all'incremento del massimo edittale e alla
previsione di una nuova fattispecie (aggravata) in cui il minimo
edittale e' sensibilmente aumentato.
Un tale impiego in funzione punitiva dell'istituto pare pero' non
coerente con la natura e il presupposto dello stesso: trattasi
infatti di misura di sicurezza patrimoniale a carattere non
sanzionatorio che presuppone l'idoneita' dei delitti matrice a creare
una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di
ulteriori delitti.
2.7 L'art. 3 della Costituzione pare violato anche con riguardo
al principio di uguaglianza.
In particolare, pare costituire un idoneo tertium comparationis
il delitto di cui all'art. 74, comma 6, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990: l'applicabilita' della confisca allargata ai
fatti di lieve entita' pare irragionevole nella misura in cui detto
istituto non puo' viceversa trovare applicazione con riguardo al
delitto associativo di cui all'art. 74, comma 6, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990.
Come e' noto, «l'associazione [...] costituita per commettere i
fatti descritti dal comma 5 dell'articolo 73» integra un reato
autonomo, e non una mera circostanza attenuante indipendente dei piu'
gravi delitti di cui all'art. 74, comma 1 e 2, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990, posto che il rinvio all'art. 416, comma
l e 2 del codice penale - contenuto nel citato art. 74, comma 6,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - e' un rinvio
quoad factum e non un mero rinvio quoad poenam (Cassazione Sez. U,
Sentenza n. 34475 del 23 giugno 2011 Rv. 250352 - 01, Cassazione Sez.
3 - Sentenza n. 44837 del 6 febbraio 2018 Rv. 274696 - 01).
In ragione di tale natura autonoma del delitto ex art. 74, comma
6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, la Corte di
Cassazione (Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 27770 dell'11 giugno 2015
Rv. 267226 - 01 e Cassazione Sez. 6 - Sentenza n. 6247 dell'11
gennaio 2024 Rv. 286083 - 01) ha affermato che l'istituto della
confisca allargata - applicabile ai delitti ex art. 74, comma 1 e 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prima in ragione
della previsione diretta da parte dell'art. 12-sexies, comma 1 del
decreto-legge n. 306/1992, ora in ragione del combinato disposto
degli artt. 240-bis del codice penale e 51, comma 3-bis del codice di
procedura penale - non si applica nel caso di condanna per il reato
di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti
di lieve entita' di cui all'art. 74, comma 6, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990.
Conseguentemente, mentre chi si associ per commettere una
pluralita' di delitti ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990 in caso di condanna non e' di per se'
passibile di confisca allargata (salvo sia condannato anche per
qualche reato fine), colui che sia condannato per un singolo reato ex
art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
(eventualmente, come nel caso di specie, anche solo di detenzione)
potra' essere soggetto a confisca allargata.
La disparita' di trattamento risulta irragionevole, posto che -
se il presupposto della confisca allargata e' l'idoneita' del delitto
accertato a determinare un accumulo di ricchezza, con conseguente
pericolo di «utilizzazione delle risorse per il finanziamento di
ulteriori delitti o del loro reimpiego nel circuito
economico-finanziario» - cio' vale sicuramente piu' per
l'associazione (costituita per realizzare una serie indeterminata di
reati e normalmente connotata da un riutilizzo dei proventi del reato
per commettere nuove attivita' delittuose) che non per il singolo
reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, eventualmente commesso in modo occasionale o dalla
«manovalanza utilizzala dalla criminalita' organizzata».
Il paradosso e' tanto piu' evidente ove si consideri che non sono
passibili di confisca allargata neppure i
promotori/fondatori/organizzatori dell'associazione ex art. 74, comma
6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, vale a dire i
soggetti che normalmente traggono maggior profitto dai traffici di
stupefacenti e che maggiormente sono in grado di destinare denaro e
beni alla realizzazione di nuovi reati; per gli stessi, inoltre,
talora/spesso non e' possibile l'accertamento del concorso nei
singoli reati fine (e quindi la condanna per gli stessi), cosicche'
non e' possibile neppure a tale titolo la confisca allargata.
2.8 In via subordinata, si chiede alla Corte Costituzionale di
dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma di cui ex art.
85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella
parte in cui, con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, non limita il
proprio ambito applicativo all'ipotesi in cui la condotta assuma
caratteri di non occasionalita'.
In tale ipotesi circostanziale, infatti, ferma restando la
criticita' legata alla modesta redditivita' del reato ex art. 73,
comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,
l'accertamento con i crismi del processo penale della non
occasionalita' della condotta fornisce quanto meno una garanzia circa
la precedente commissione di delitti dello stesso tipo, laddove - in
difetto - tale precedente commissione ai fini della confisca
allargata e' solo presunta.
In sostanza, ove della questione subordinata venisse accolta per
l'operativita' della confisca allargata sarebbe necessario quanto
meno l'accertamento (contestuale o nell'ambito di precedenti
sentenze) della commissione di ulteriori reati analoghi, che non
sarebbe oggetto di presunzione; permarrebbe viceversa l'ulteriore
profilo di presunzione, relativo cioe' al fatto che il denaro e i
beni trovati nella disponibilita' del soggetto (sproporzionati
rispetto al reddito e di cui non sia giustificata la provenienza)
derivino da tali ulteriori delitti.
In tale ipotesi, pur essendo minima la redditivita' del reato, a
fronte di una pluralita' di reati analoghi (ad una distanza temporale
non elevata l'uno dall'altro) sarebbe meno irragionevole la
presunzione di illecita accumulazione della ricchezza.
2.9 In via ulteriormente subordinata, si chiede alla Corte
Costituzionale di rendere facoltativa, anziche' obbligatoria,
l'operativita' della confisca allargata con riguardo al delitto ex
art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990.
Nella citata sentenza 33 del 2018 la Corte, in via
interpretativa, ha gia' riconosciuto al giudice la possibilita' -
«quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un
programma criminoso dilatato nel tempo [...] e che non risultino
altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita'
organizzata» - di «verificare se, in relazione alle circostanze del
caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano,
in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto
episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il
fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal
"modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione
di ricchezza da parte del condannalo.» In presenza di tali
condizioni, che renderebbero evidente I insussistenza di un quadro
complessivo conforme alla ratio giustificatrice della confisca
allargata, il giudice potrebbe astenersi dal disporre la confisca. Si
richiede quindi che il fatto «esuli in modo manifesto dal modello».
Qualora la Corte non ritenga che gia' in via generale e astratta
il reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990 esuli dal modello per le ragioni gia' esplicitate, e
quindi non accolga le questioni gia' sopra illustrate, si chiede che
riconosca al giudice un maggiore margine di apprezzamento, che non
consista solo nel verificare l'eventuale dissonanza del fatto
concreto rispetto al modello - circostanza che dovrebbe essere del
tutto eccezionale - ma nel verificare, alla luce di tutte le
circostanze concrete (quantitativo e tipologia di sostanze, modalita'
della detenzione, eventuale profitto conseguito, stile di vita
dell'imputato, eventuali precedenti, entita' dei valori rinvenuti,
ecc.), se la presunzione sottostante all'istituto sia giustificata
nel singolo caso concreto.
A fronte di reati commessi in ambito di criminalita' organizzata
o comunque connotati da un'elevata redditivita' si giustifica
l'obbligatorieta' della confisca allargata (fatta salva l'evidente
estraneita' del fatto concreto rispetto al modello, per l'elevata
distanza temporale dell'acquisizione del cespite patrimoniale o per
altra ragione), in quanto la presunzione di illecita accumulazione di
ricchezza da parte del condannato risponde all'id quod plerumque
accidit. Rispetto ad un reato - quale quello ex art. 73, comma 5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - normalmente
connotato da una redditivita' modesta e in relazione al quale e'
dunque agevole formulare ipotesi in cui la presunzione di legge non
si giustifichi, l'obbligatorieta' della confisca risulta
irragionevole. Si ritiene viceversa piu' ragionevole affidare al
prudente apprezzamento del giudice, sulla base di tutte le evenienze
del caso concreto, la disposizione o meno della confisca.
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione.
Piu' precisamente, quanto alla questione sollevata in via
principale e alla prima subordinata il dato letterale dell'art.
85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 risulta
chiaro e univoco nel prevedere l'applicabilita' dell'art. 240-bis del
codice penale - e quindi dell'istituto della confisca allargata - in
tutti i casi di condanna o applicazione pena per uno dei delitti di
cui all'art. 73, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,
quindi anche per il delitto ex art. 73, comma 5, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990.
Rispetto alla questione sollevata in via ulteriormente
subordinata, la Corte Costituzionale nella citata sentenza 33 del
2018 ha gia' riconosciuto al giudice un certo margine in sede
interpretativa, affinche' verifichi «se, in relazione alle
circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore
[...] il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo
manifesto dal «modello» che vale a fondare la presunzione di illecita
accumulazione di ricchezza da parte del condannato». Tale
interpretazione adeguatrice postula pero' una palese estraneita' del
fatto concreto rispetto al modello, laddove nella soluzione che si
ritiene di dover suggerire l'applicazione sarebbe facoltativa e
presupporrebbe cioe' la constatazione in positivo di elementi che
giustifichino la presunzione di accumulo illecito di ricchezza, e non
semplicemente che non sia evidente il contrario.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 Costituzione, 23 ss. della legge n.
87/1953;
ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata;
solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli articoli 3 e 42 Costituzione - della norma di cui
all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
nella parte in cui non esclude dal proprio ambito applicativo le
ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle
parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990;
in subordine, della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui, con
riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990, non limita il proprio ambito
applicativo all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 («quando la
condotta assume caratteri di non occasionalita'»);
in via ulteriormente subordinata, del combinato disposto degli
articoli 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 e 240-bis del codice penale nella parte in cui, con riguardo
all'ipotesi di condanna o di applicazione pena per il delitto di cui
all'art. 73, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, prevede che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei
beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito,
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria
attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre
la confisca in questione;
Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte Costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla Cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte Costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4 della legge
n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e
che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o
devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di
procedura penale.
Firenze, 30 settembre 2024
Il Giudice: Attina'
Oggetto:
Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca - Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito - Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità ) – In subordine: Mancata limitazione del proprio ambito applicativo all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, secondo periodo (“quando la condotta assume caratteri di non occasionalità”) - Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito - Confisca cosiddetta allargata - Denunciata previsione che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, anziché prevedere che il giudice possa disporre tale confisca – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con l’art. 240-bis del codice penale.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
Norme impugnate:
decreto del Presidente della Repubblica del 09/10/1990 Num. 309 Art. 85
decreto-legge del 15/09/2023 Num. 123 Art. 4 Co. 3
legge del 13/11/2023 Num. 159
decreto del Presidente della Repubblica del 09/10/1990 Num. 309 Art. 85
decreto-legge del 15/09/2023 Num. 123 Art. 4 Co. 3
legge del 13/11/2023 Num. 159
codice penale del Num. Art. 240
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 42 Co.
Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2024 Ordinanza del 30 settembre 2024 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di A. E.. Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi particolari di confisca - Previsione dell'applicazione dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta - Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5 - In subordine: Mancata limitazione del proprio ambito applicativo all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo ("quando la condotta assume caratteri di non occasionalita'"). - Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art. 85-bis. In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi particolari di confisca - Confisca cosiddetta allargata - Denunciata previsione che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre tale confisca. - Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art. 85-bis, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale. (GU n. 46 del 13-11-2024) TRIBUNALE DI FIRENZE Prima Sezione Penale Il Giudice, dr Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di E A , nato in l' , sedicente, identificato a mezzo fotosegnalamento ( ), elettiv. domiciliato presso l'avv. Samuele Zucchini del Foro di Firenze (elezione all'udienza di convalida del 5 dicembre 2023); difeso di fiducia dall'avv. Samuele Zucchini del Foro di Firenze (nomina a seguito dell'arresto in data 4 dicembre 2023); libero gia' presente; imputato: del reato p. e p. dall'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, per aver detenuto complessivi gr. di gr. 57,72 di sostanza stupefacente di tipo hashish, al fine di successiva cessione verso terzi, tenuto conto della suddivisione in 15 dosi; Accertato in , il sentite le parti; premesso che: E A era tratto in arresto in data per il reato di detenzione di stupefacente a scopo di spaccio; il Pm con decreto del disponeva la presentazione diretta dell'arrestato per la convalida dell'arresto ed il successivo giudizio direttissimo per il citato reato; all'udienza del il giudice convalidava l'arresto, rigettava la richiesta di applicazione di misura cautelare e disponeva procedersi con il rito direttissimo; era poi chiesto un termine a difesa; all'esito del rinvio, il giudizio si e' svolto con il rito abbreviato. In sede di conclusioni, il PM ha chiesto la condanna alla pena di mesi 10 di reclusione ed euro 400 di multa; il difensore ha chiesto l'assoluzione ex art. 131-bis del codice penale e, in subordine, l'applicazione delle attenuanti generiche e dell'attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale, il contenimento della pena nel minimo edittale, la concessione dei doppi benefici di legge e la restituzione del denaro in sequestro. all'udienza odierna, fissata per eventuali repliche, le parti vi rinunciavano; rilevato che: A) In base agli atti d'indagine, nel pomeriggio del i Carabinieri del Nucleo Radiomobile di , nell'ambito di un servizio volto alla prevenzione dello spaccio di stupefacenti, accedevano ad una fabbrica abbandonata in cui avevano trovato rifugio abitativo diverse persone: vi erano varie «stanze», con letti, comodini, attrezzi per la cucina, ecc. In una di tali camere erano presenti due persone, l'attuale imputato e altro soggetto (tale M B ); i Carabinieri chiedevano ai suddetti se nella stanza vi fosse dello stupefacente e, su indicazione di E , rinvenivano nell'intercapedine di una poltrona - oltre ad una dose di cocaina del peso di gr. 0,20 - sei pezzi di hashish del peso totale di gr. 57 circa (piu' precisamente, un frammento del peso di gr. 0,7; un frammento del peso di gr. 24,7; un frammento del peso di gr. 14,2; un frammento del peso di gr. 12,l; un frammento del peso di gr. 5,2; un frammento del peso di gr. 0,6). La perquisizione della camera consentiva ai militari di rinvenire e quindi sequestrare altresi' numerose banconote, dell'importo totale di euro 3.050, un coltello a serramanico, vari rotoli di scotch e di cellophane, due bilancini di precisione. B) Il prevenuto in sede d'interrogatorio ha confermato di vivere nella stanza in questione. Ha inoltre dichiarato che soltanto una parte dell'hashish rinvenuto - per circa 25 grammi - sarebbe sua, mentre la restante parte sarebbe di due suoi connazionali che vivrebbero parimenti in quel luogo. Analogamente, quanto al denaro sequestrato, solo 1.650 euro sarebbero suoi, mentre i restanti 1.400 euro sarebbero di un altro soggetto. C) Alla luce di quanto precede si deve ritenere provata la responsabilita' dell'imputato rispetto al reato ascritto. Il prevenuto era in possesso di un quantitativo significativo di stupefacente. Una parte pari a 25 grammi e' stata riconosciuta come propria dallo stesso E . Quanto alla parte ulteriore non vi e' alcun elemento per ritenere che appartenesse in via esclusiva ad altri: nella stanza al momento del controllo vi erano solo E e un terzo (M ), che secondo lo stesso prevenuto sarebbe del tutto estraneo ai fatti; inoltre, i vari pezzi di stupefacente erano occultati tutti nello stesso posto (intercapedine della poltrona), per cui - quand'anche vi fosse poi, in ipotesi, una sorta di ripartizione interna - si deve ritenere che E detenesse tutto lo stupefacente (eventualmente in comune con altri soggetti). L'hashish rinvenuto - sia che si consideri il quantitativo totale di 57 grammi, sia che si consideri il solo quantitativo parziale riconosciuto come proprio dal prevenuto - era in misura senz'altro eccedente le eventuali esigenze di consumo immediato di E ; il predetto non aveva alcuna necessita' di precostituirsi una simile scorta per l'eventuale consumo personale; nello stesso ambiente sono stati rinvenuti due bilancini di precisione e materiale per il confezionamento. Si deve dunque ritenere che lo stupefacente in questione fosse detenuto (quanto meno anche) a fini di spaccio. Tenuto conto del quantitativo e della tipologia della sostanza (la contestazione concerne il solo hashish, essendo plausibile che la detenzione della singola dose di cocaina fosse per uso personale), nonche' delle modalita' e del contesto della detenzione, risulta corretta la qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in ragione della lieve entita' del fatto. D) Non puo' trovare applicazione l'invocata causa di non punibilita' ex art. 131-bis del codice penale: pur considerando il comportamento collaborativo tenuto in sede di perquisizione dal prevenuto, che consentiva il rinvenimento della sostanza nell'intercapedine di una poltrona, in considerazione del quantitativo di stupefacente detenuto, la gravita' dell'offesa al bene giuridico tutelato non risulta di particolare tenuita'; E) Quanto all'applicazione in sede di condanna della norma di cui all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, per poter addivenire ad una corretta decisione appare necessario il pronunciamento della Corte Costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale di detta norma nella parte in cui non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; in subordine, nella parte in cui, con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, non limita il proprio ambito applicativo all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 («quando la condotta assume caratteri di non occasionalita'»); in via ulteriormente subordinata, si dubita della legittimita' del combinato disposto degli artt. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale nella parte in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 prevede che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere cbe il giudice possa disporre la confisca in questione; cio' premesso, Osserva 1. Rilevanza della questione 1.1 L'imputato deve essere condannato per il reato contestatogli di cui all'art. 73, comma 5, primo periodo, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Non e' contestata la circostanza aggravante della non occasionalita' della condotta di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come introdotta dall'art. 4, comma 3, decreto-legge n. 123/2023, come convertito dalla legge n. 159/2023 (in relazione alla natura di circostanza aggravante e non di reato autonomo di tale nuova fattispecie si veda Cassazione Sez. Un. n. 27727/2024, punto 5 del considerato in diritto), per cui detta ipotesi certamente non puo' trovare applicazione nel caso di specie; in ogni caso non ne sussisterebbero i presupposti, non sussistendo elementi per ritenere provato che l'imputato abbia posto in essere analoghi episodi delittuosi e che quindi la condotta non sia occasionale. 1.2 Ai sensi dell'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023), dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l'art. 240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica». 1.3 Il citato art. 4, comma 3-bis del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito) ha infatti modificato l'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sopprimendo l'inciso «esclusa la fattispecie di cui al comma 5», per effetto del quale la norma di cui all'art. 240-bis del codice penale precedentemente non trovava applicazione nei casi di condanna o di applicazione pena per il reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Per effetto di tale modifica quindi il reato oggetto del presente procedimento ricade nell'ambito applicativo della norma ex art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 1.4 Il fatto di reato in esame e' stato commesso il , e quindi in data successiva alla citata modifica normativa. In ogni caso, secondo la giurisprudenza di legittimita', venendo in rilievo una misura di sicurezza patrimoniale avente natura non sanzionatoria, «il disposto di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall'art. 4, comma 3-bis del decreto-legge n. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis, codice penale, si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art. 200, comma primo, codice penale, sicche', per l'individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui e' stata emessa la sentenza di primo grado» (cosi' Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103-01). 1.5 Ricorrono gli ulteriori requisiti dell'istituto in questione, posto che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione circa la provenienza della somma di euro 3.050 rinvenuta in sede di perquisizione (salvo affermare che una parte - pari ad euro 1.400 - sarebbe di un altro soggetto); detta somma inoltre risulta sproporzionata rispetto al reddito del prevenuto, posto che lo stesso, irregolare sul territorio italiano, risulta del tutto privo di occupazione lavorativa o comunque di attivita' economiche (da un anno in base alle sue stesse dichiarazioni, ai sensi dell'art. 121 disp. att. codice di procedura penale, precedute dagli avvisi ex art. 63-64 del codice di procedura penale); infine, il denaro e' stato trovato in possesso dell'imputato nel momento in cui era commesso il reato in esame e non e' stato dedotto ne' tanto meno sono stati forniti elementi per ritenere che detto denaro fosse stato dal medesimo acquisito in un periodo eccessivamente antecedente rispetto alla citata data (requisito c.d. della ragionevolezza temporale). La Corte di Cassazione ha ritenuto che l'entita' modesta della somma di denaro rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del reato non sia di per se' ostativa all'operativita' della confisca, fatta salva la necessita' di una motivazione piu' stringente (nella sentenza Sez. 4, n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254 - 01 la Corte di Cassazione riteneva congrua la motivazione rispetto alla confisca di 240 euro). 1.6 Nella sentenza n. 33 del 2018 la Corte Costituzionale ha inoltre svolto un'ulteriore considerazione: «Nella medesima ottica di valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che - quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo (com'e' per la ricettazione) e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato». Nel caso di specie non e' data tale situazione. Dalle circostanze del caso concreto non emergono elementi che valgano a connotare la vicenda criminosa in esame come del tutto episodica e occasionale ed esulante dal modello che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione. In considerazione del rinvenimento in sede di perquisizione di due bilancini di precisione e di materiale per il confezionamento, e' anzi plausibile che il prevenuto gia' in precedenza avesse posto in essere altri reati simili (si tratta d'altro canto di una mera plausibilita', che - se da un lato pare non giustificare la non applicazione dell'istituto in questione, posto che trattasi di confisca obbligatoria - dall'altro non implica ne' che si ritenga l'intera somma rinvenuta proveniente da pregresse attivita' delittuose ne', in generale, che si ritenga ragionevole l'inclusione del reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 tra i reati presupposto). 1.7 Ai sensi degli art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale questo giudice dovrebbe quindi disporre la confisca della somma di euro 3.050 in sequestro. Diversamente - ove la norma qui censurata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, come prospettato in via principale o nella questione sollevata nella prima subordinata questo giudice non potrebbe disporre la citata confisca e dovrebbe disporre la restituzione della somma di denaro in sequestro. A tal riguardo occorre rilevare che, in base alla consolidata giurisprudenza di legittimita', non potrebbe disporsi la confisca ai sensi dell'art. 240 del codice penale e dell'art. 73, comma 7-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che non sussiste un nesso di pertinenzialita', in termini di strumentalita' o di derivazione (prodotto, profitto o prezzo), della somma di denaro in questione rispetto alla specifica condotta illecita contestata (cfr., tra le altre, Cassazione Sez. 6, Sentenza n. 55852 del 17 ottobre 2017 Rv. 272204-01, Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 20130 del 19/04/2022 Rv. 283248-01 e Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103-01 in motivazione). Quanto alla questione sollevata in via di ulteriore subordinazione, nel caso in cui l'applicazione dell'istituto della confisca allargata fosse facoltativa in caso di condanna per il reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, nel caso in esame tale confisca non potrebbe essere disposta, posto che dalle circostanze concrete non emergono sufficienti elementi per ritenere che la somma rinvenuta sia il frutto dell'accumulo dei proventi di precedenti delitti. 2. Non manifesta infondatezza 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito in legge), nella parte in cui prevede l'applicazione anche con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 dell'art. 240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica». Mentre prima della riforma del 2023 il reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 era espressamente escluso dall'ambito applicativo dell'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quindi dell'art. 240-bis del codice penale, ora - per effetto della soppressione nell'art. 85-bis dell'inciso «esclusa la fattispecie di cui al comma 5» - anche nelle ipotesi di condanna o di applicazione pena per i fatti di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5 deve essere disposta la citata confisca c.d. allargata. 2.2 Quanto alla natura dell'istituto della confisca c.d. allargata, ai requisiti dello stesso e alle ragioni storiche della relativa introduzione nell'ordinamento, appare utile riportare quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella gia' citata sentenza n. 33 del 2018: «La misura patrimoniale prevista dalla norma censurata si colloca nell'alveo delle forme "moderne" di confisca alle quali, gia' da tempo, plurimi Stati europei hanno fatto ricorso per superare i limiti di efficacia della confisca penale "classica": limiti legati all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in termini di strumentalita' o di derivazione - tra i beni da confiscare e il singolo reato per cui e' pronunciata condanna. [...] Di qui, dunque, la diffusa tendenza ad introdurre speciali tipologie di confisca, caratterizzate sia da un allentamento del rapporto tra l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da un affievolimento degli oneri probatori gravanti sull'accusa. Tra i diversi modelli di intervento in tale direzione, il piu' diffuso nel panorama europeo e' quello della cosiddetta confisca dei beni di sospetta origine illecita: modello al quale e' riconducibile anche la confisca "allargata" [...]. Esso poggia, nella sostanza, su una presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai soggetti condannati per taluni reati, per lo piu' (ma non sempre) connessi a forme di criminalita' organizzata: in presenza di determinate condizioni, si presume, cioe', che il condannato abbia commesso non solo il delitto che ha dato luogo alla condanna, ma anche altri reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero i beni di cui egli dispone. [...] Nella cornice del generale processo di valorizzazione degli strumenti patrimoniali di lotta alla criminalita' organizzata, da tempo in atto a livello dell'Unione, dapprima la decisione quadro 24 febbraio 2005, n. 2005/212/GAI del Consiglio [...] e indi la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [...] hanno, infatti, specialmente richiesto agli Stati membri di riconoscere all'autorita' giudiziaria poteri di "confisca estesa" [...]. L'art. 5. paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce, in particolare, che gli Stati membri devono adottare "le misure necessarie per poter procedere alla confisca, totale o parziale. dei beni che appartengono a una persona condannata per un reato suscettibile di produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico, laddove l'autorita' giudiziaria, in base alle circostanze del caso, compresi i fatti specifici e gli elementi di prova disponibili, come il fatto che il valore dei beni e' sproporzionato rispetto al reddito Legittimo della persona condannata, sia convinta che i beni in questione derivino da attivita' criminose". Diversamente dalla decisione quadro 2005/212/GAI, la direttiva non limita l'applicazione della confisca estesa ai soli reati di criminalita' organizzata o collegati al terrorismo, ma la richiede anche in relazione ad una serie di altri reati previsti da strumenti normativi dell'Unione, benche' non commessi nel quadro di organizzazioni criminali. 7. Per quanto piu' specialmente attiene alla misura prevista dall'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, essa e' nata storicamente come «sostituto» del delitto di «possesso ingiustificato di valori». gia' previsto dall'art. 12-quinquies, comma 2, del medesimo decreto-legge. [...] La norma incriminatrice fu dichiarata illegittima da questa Corte. dopo un breve periodo di vigenza, con la sentenza n. 48 del 1994, per violazione della presunzione di non colpevolezza sancita all'art. 27, secondo comma, Costituzione [...] A fronte di tale declaratoria, il legislatore introdusse [...] una speciale ipotesi di confisca, disciplinata in un articolo aggiunto [...] (il 12-sexies). La formulazione della norma fu motivata con la necessita' di creare un nuovo strumento che fosse in grado, per un verso, di realizzare le medesime finalita' che si volevano raggiungere con /a disposizione dichiarata illegittimita' [...]; per altro verso, di recepire le indicazioni offerte da questa Corte con la citata sentenza n. 48 del 1994 [...]. In tale ottica, la norma prevedeva [...] che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per taluno dei delitti in essa indicali, e' "sempre disposta" (si tratta, dunque, di confisca speciale obbligatoria) "la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica". la norma denunciata riconnette, dunque, a due elementi - la qualita' di condannato per determinati reati e la sproporzione del patrimonio di cui il condannato dispone, anche indirei/amen/e, rispetto al suo reddito o alla sua attivita' economica - la presunzione che il patrimonio stesso derivi da attivita' criminose che non e' stato possibile accertare: presunzione, peraltro, solo relativa, potendo il condannato vincerla giustificando la provenienza dei beni. la confisca "allargata" italiana si caratterizza, quindi, rispetto al modello di confisca "estesa" prefigurato dalla direttiva 2014/42/UE (la quale si limita, peraltro, a stabilire «norme minime», senza impedire agli Stati membri di adottare soluzioni piu' rigorose), per il diverso e piu' ridotto standard probatorio. La sproporzione tra il valore dei beni e i redditi legittimi del condannato - che in base all'art. 5 della direttiva costituisce uno dei "fatti specifici" e degli "elementi di prova" dai quali il giudice puo' trarre la convinzione che i beni da confiscare "derivino da condotte criminose" - vale, invece, da sola a fondare la misura ablativa in esame, allorche' il condannato non giustifichi la provenienza dei beni, senza che occorra alcuna ulteriore dimostrazione della loro origine delittuosa. 8. Al riguardo, costituisce, in effetti, approdo ermeneutico ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimita' [...] che, in presenza delle condizioni indicate dalla norma, il giudice non debba ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili ed il reato per cui e' stata pronunciata condanna, e neppure tra i medesimi beni e una piu' generica attivita' criminosa del condannato. [...] Di qui la conclusione per cui la confiscabilita' non e' esclusa dal fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si e' proceduto, o che il loro valore superi il provento di tale reato. In questa prospettiva [...] la disposizione in esame si presenta espressiva di una "scelta di politica criminale del legislatore, operata con l'individuare delitti particolarmente allarmanti, idonei a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti, e quindi col trarne una presunzione, iuris tantum, di origine illecita del patrimonio "sproporzionato" a disposizione del condannato per tali delitti»: presunzione che trova «base nella nota capacita' dei delitti individuati dal legislatore [...] ad essere perpetrari in forma quasi professionale e a porsi quali fonti di illecita ricchezza". [...] secondo un indirizzo della giurisprudenza di legittimita' [...] la presunzione di illegittima acquisizione dei beni oggetto della misura resta circoscritta, comunque sia, in un ambito di cosiddetta «ragionevolezza temporale". Il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare, cioe', talmente lontano dall'epoca di realizzazione del "reato spia" da rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attivita' illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui e' intervenuta condanna. [...] la ricordata tesi della "ragionevolezza temporale" risponde, in effetti, all'esigenza di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operativita' dell'istituto della confisca "allargata", il quale legittimerebbe altrimenti - anche a fronte della condanna per un singolo reato compreso nella lista - un monitoraggio patrimoniale esteso all'intiera vita del condannato. [...] Nella medesima ottica di valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che - quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo[...] e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato.» 2.3 A fronte del progressivo e alluvionale accrescimento della compagine dei reati cui e' annessa la misura ablativa speciale, la Corte concludeva peraltro la citata sentenza formulando «l'auspicio che la selezione dei "delitti matrice" da parte del legislatore avvenga, fin tanto che l'istituto conservi la sua attuale fisionomia, secondo criteri ad essa strettamente coesi e, dunque, ragionevolmente restrittivi. Ad evitare, infatti, evidenti tensioni sul piano delle garanzie che devono assistere misure tanfo invasive sul piano patrimoniale, non puo' non sottolinearsi l'esigenza che la rassegna dei reati presupposto si fondi su tipologie e modalita' di fatti in se' sintomatiche di un illecito arricchimento del loro autore, che trascenda la singola vicenda giudizialmente accertala, cosi' da poter veramente annettere il patrimonio "sproporzionato" e "ingiustificato" di cui l'agente dispone ad una ulteriore attivita' criminosa rimasta "sommersa"». 2.4 Nonostante tale auspicio, in seguito il legislatore ha esteso l'ambito applicativo della confisca allargata (la cui disciplina e' ora sostanzialmente confluita nell'art. 240-bis del codice penale) a diversi altri reati, tra cui - per quanto qui rileva - quello di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. In tal caso pare violato il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, oltre al diritto di proprieta' di cui all'art. 42 della Costituzione. Nella sentenza n. 223 del 2022 la Corte Costituzionale ha affermato che «i fatti di piccolo spaccio» di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 «si caratterizzano per un'offensivita' contenuta per essere modesto il quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di cessione. Di qui, non e' ragionevole presumere che la «redditivita'» dell'attivita' delittuosa sia stola tale da determinare il superamento da parte del reo dei limiti di reddito contemplati dall'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per ottenere l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato». La Corte dopo avere sottolineato l'eterogeneita' del reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 rispetto agli altri delitti cui si applicava la norma allora censurata, ha inoltre sottolineato che il reato in questione «e' privo dell'idoneita' ex se a far presumere un livello di reddito superiore alla (peraltro non esigua) soglia minima dell'art. 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (id est un reddito IRPEF di circa mille euro al mese), in ragione dei proventi derivanti dall'attivita' criminosa. E' anzi vero il contrario: si tratta spesso di manovalanza utilizzata dalla criminalita' organizzata e proveniente dalle fasce marginali dei «non abbienti», ossia di quelli che sono sprovvisti dei «mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione» (art. 24, terzo comma, Costituzione)». La Corte ha quindi ritenuto manifestamente irragionevole la presunzione (pur relativa) operata dal legislatore quanto al superamento della soglia fissata per l'ammissione al Gratuito Patrocinio da parte di coloro che fossero stati condannati per il reato ex art 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Detto in altri termini, la condanna per il reato ex art 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 non legittima la presunzione (anche solo relativa) di un accumulo di ricchezza da parte del suo autore. Nel caso in esame la finalita' della presunzione relativa e' diversa (la confisca allargata delle somme e dei beni disponibili che siano sproporzionate rispetto al reddito e di cui non sia giustificata la provenienza), ma il presupposto da cui ha mosso il legislatore e' sempre lo stesso, e cioe' il fatto che il reato in questione sarebbe idoneo a creare una accumulazione economica, tale da giustificare, da un lato, la presunzione (relativa) di un livello di reddito superiore alla soglia minima dell'art. 76, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, dall'altro. la presunzione (relativa) di origine delittuosa del denaro e dei beni sproporzionati al reddito di cui il prevenuto non abbia giustificato la provenienza. Trattasi pero' di presupposto non confacente alla realta'. Come sottolineato nella citata sentenza n. 223 del 2022, il delitto ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 non e' connotato dalla particolare redditivita' che giustificherebbe la citala presunzione, essendo viceversa spesso reato commesso da «bassa manovalanza» priva di significativi mezzi economici. La ridotta offensivita' del reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' stata ribadita dalla Corte Costituzionale anche nella sentenza n. 43 del 2024 e nella sentenza n. 88 del 2023, nelle quali e' stata censurata la presunzione assoluta di pericolosita' sociale del soggetto condannato per detto reato ai fini delle procedure di regolarizzazione del rapporto di lavoro e di rinnovo del permesso di soggiorno. 2.5 E' si' vero che l'istituto della confisca allargata presuppone l'effettivo rinvenimento di somme di denaro (o altre utilita') sproporzionate al reddito, cio' che potrebbe far apparire ragionevole la presunzione. E nel caso di specie, ad esempio, il prevenuto e' stato trovato in possesso di circa 3.000 euro a fronte di un reddito nullo. Tuttavia, il mero possesso non giustificato di una somma di denaro (peraltro non elevata. per quanto sproporzionata al reddito) non rende ragionevole la presunzione nella misura in cui la tipologia di delitto (per cui vi e' condanna), pur postulando o comunque essendo accompagnata abitualmente da un fine di lucro, non e' di per se' idonea a determinare un significativo accumulo di ricchezza. Possesso di somme di denaro (o altre utilita') in misura sproporzionata al reddito e mancata giustificazione della relativa provenienza non legittimano cioe' di per se' la presunzione, ma solo a condizione che il reato per cui vi e' condanna sia connotato da una significativa redditivita' e quindi sia idoneo a determinare un accumulo di ricchezza (cosicche' le somme/utilita' rinvenute - in misura sproporzionata al reddito e senza giustificazione della relativa provenienza - possano ragionevolmente attribuirsi ad una pregressa analoga attivita' delittuosa). Diversamente opinando, del resto, si dovrebbe ritenere che qualunque delitto determinato - in astratto o anche solo in concreto - da fine di lucro possa giustificare analoga presunzione a fronte del rinvenimento di somme di denaro (o altre utilita') che siano sproporzionate rispetto al reddito e la cui provenienza non sia giustificata: anche un piccolo furto al supermercato o la ricettazione di beni di valore modesto o la vendita ambulante di prodotti con marchi falsi, reati che, per quanto eventualmente commessi in modo non occasionale, non sono connotati da elevata redditivita'. Ne risulterebbero chiaramente sacrificate le «garanzie che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale». Viceversa, lo stesso legislatore, con riguardo al delitto di ricettazione, ha escluso che l'istituto della confisca allargata si applichi in caso di condanna per fatti di particolare tenuita'. D'altro canto, i soggetti che realizzano simili reati appartengono spesso a «fasce marginali» di non abbienti, che operano al di fuori dei canali abituali e comunque ufficiali, e quindi in modo non tracciabile, anche ove non commettano delitti. Ad esempio, nel caso di specie l'imputato e' soggetto irregolare sul territorio italiano, quindi privo di iscrizione anagrafica, di attivita' lavorativa regolare, di conti correnti o altri strumenti finanziari di accesso al credito bancario. Se e' vero che per andare esente da confisca allargata egli non ha l'onere di dimostrare compiutamente l'origine lecita del denaro rinvenuto, venendo in rilievo «un semplice onere di allegazione di elementi che rendano credibile la provenienza lecita dei beni», si deve pero' rilevare che nel citato contesto, da un lato, ogni somma o utilita' sarebbe sempre sproporzionata (posto che il reddito ufficiale e' sempre nullo) e. dall'altro, ogni deduzione sarebbe necessariamente priva non solo di riscontri, ma anche di ogni possibile specificazione in termini di importi precisi, soggetti coinvolti, date, ecc. (la Corte di Cassazione nella sentenza Sez. 4, Sentenza n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254-01 ha sottolineato che l'imputato puo' superare la presunzione sulla base di specifiche e verificate allegazioni). 2.6 Anche la disamina della genesi della norma qui censurata non fornisce elementi utili alla luce dei quali la stessa possa ritenersi ragionevole. La versione attuale della disposizione dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e' il risultato della modifica apportata dall'art. 4, comma 3-bis del decreto-legge n. 123/2023, come modificato in sede di conversione in legge (legge n. 159/2023). Piu' precisamente, la versione originaria dell'art. 4 del citato decreto-legge - dopo avere previsto alcune novita' in materia di armi e oggetti atti ad offendere - al terzo comma prevedeva un innalzamento (da quattro a cinque anni) del massimo edittale del reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Nel corso dei lavori preparatori del Senato per la conversione in legge del decreto, in Commissione in sede referente nella seduta del 25 ottobre 2023 erano approvati due emendamenti, il 4 novembre e il 4 dicembre (terza versione), che modificavano l'art. 4 del decreto rispettivamente prevedendo la soppressione nell'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 delle parole «esclusa la fattispecie di cui al comma 5» (cosi', in definitiva, prevedendo anche per il delitto ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 l'operativita' obbligatoria della confisca allargata) e configurando nell'ambito del delitto ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 una nuova ipotesi speciale («quando la condotta assume caratteri di non occasionalita'»), sanzionata con la pena della reclusione da diciotto mesi a cinque anni e della multa da euro 2.500 a euro 10.329 (e dunque con un minimo edittale decisamente piu' alto rispetto a quello previsto per l'ipotesi ordinaria dall'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990). Il testo dell'art. 4, decreto-legge n. 123/2023 nella parte in questione sarebbe poi rimasto immutato nel corso della disamina in assemblea e poi alla Camera dei Deputati. Nell'ambito di un intervento tanto articolato (il decreto-legge n. 123/2023 e la legge di conversione investivano numerose altre materie) non pare che il singolo profilo ora in esame sia stato oggetto di particolare approfondimento. Una disamina (probabilmente non esaustiva) dei lavori preparatori non ha consentito a questo giudice di rinvenire l'esplicitazione dei motivi per cui - a fronte dell'auspicio formulato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 33 del 2018 e delle osservazioni svolte dalla stessa Corte nella sentenza 223 del 2022 circa la modesta redditivita' del delitto ex art. 75, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - si sia proceduto ad estendere anche a tale delitto l'operativita' della confisca allargata. Non si rinvengono considerazioni (ne' tanto meno riferimenti a studi accademici o a rilevazioni statistiche) circa gli aspetti economici del fenomeno, quali i prezzi di vendita sul mercato delle varie sostanze e i margini di guadagno per gli autori del reato, o circa l'entita' del reimpiego dei proventi del delitto. La ragione di un simile intervento e' allora forse da rintracciare nella volonta' del legislatore di punire piu' severamente lo spaccio di stupefacenti anche ove il singolo fatto risulti di lieve entita'; in tal senso, pare significativo che la novella si accompagni all'incremento del massimo edittale e alla previsione di una nuova fattispecie (aggravata) in cui il minimo edittale e' sensibilmente aumentato. Un tale impiego in funzione punitiva dell'istituto pare pero' non coerente con la natura e il presupposto dello stesso: trattasi infatti di misura di sicurezza patrimoniale a carattere non sanzionatorio che presuppone l'idoneita' dei delitti matrice a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti. 2.7 L'art. 3 della Costituzione pare violato anche con riguardo al principio di uguaglianza. In particolare, pare costituire un idoneo tertium comparationis il delitto di cui all'art. 74, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990: l'applicabilita' della confisca allargata ai fatti di lieve entita' pare irragionevole nella misura in cui detto istituto non puo' viceversa trovare applicazione con riguardo al delitto associativo di cui all'art. 74, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Come e' noto, «l'associazione [...] costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell'articolo 73» integra un reato autonomo, e non una mera circostanza attenuante indipendente dei piu' gravi delitti di cui all'art. 74, comma 1 e 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che il rinvio all'art. 416, comma l e 2 del codice penale - contenuto nel citato art. 74, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - e' un rinvio quoad factum e non un mero rinvio quoad poenam (Cassazione Sez. U, Sentenza n. 34475 del 23 giugno 2011 Rv. 250352 - 01, Cassazione Sez. 3 - Sentenza n. 44837 del 6 febbraio 2018 Rv. 274696 - 01). In ragione di tale natura autonoma del delitto ex art. 74, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, la Corte di Cassazione (Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 27770 dell'11 giugno 2015 Rv. 267226 - 01 e Cassazione Sez. 6 - Sentenza n. 6247 dell'11 gennaio 2024 Rv. 286083 - 01) ha affermato che l'istituto della confisca allargata - applicabile ai delitti ex art. 74, comma 1 e 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prima in ragione della previsione diretta da parte dell'art. 12-sexies, comma 1 del decreto-legge n. 306/1992, ora in ragione del combinato disposto degli artt. 240-bis del codice penale e 51, comma 3-bis del codice di procedura penale - non si applica nel caso di condanna per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti di lieve entita' di cui all'art. 74, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Conseguentemente, mentre chi si associ per commettere una pluralita' di delitti ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in caso di condanna non e' di per se' passibile di confisca allargata (salvo sia condannato anche per qualche reato fine), colui che sia condannato per un singolo reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (eventualmente, come nel caso di specie, anche solo di detenzione) potra' essere soggetto a confisca allargata. La disparita' di trattamento risulta irragionevole, posto che - se il presupposto della confisca allargata e' l'idoneita' del delitto accertato a determinare un accumulo di ricchezza, con conseguente pericolo di «utilizzazione delle risorse per il finanziamento di ulteriori delitti o del loro reimpiego nel circuito economico-finanziario» - cio' vale sicuramente piu' per l'associazione (costituita per realizzare una serie indeterminata di reati e normalmente connotata da un riutilizzo dei proventi del reato per commettere nuove attivita' delittuose) che non per il singolo reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, eventualmente commesso in modo occasionale o dalla «manovalanza utilizzala dalla criminalita' organizzata». Il paradosso e' tanto piu' evidente ove si consideri che non sono passibili di confisca allargata neppure i promotori/fondatori/organizzatori dell'associazione ex art. 74, comma 6, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, vale a dire i soggetti che normalmente traggono maggior profitto dai traffici di stupefacenti e che maggiormente sono in grado di destinare denaro e beni alla realizzazione di nuovi reati; per gli stessi, inoltre, talora/spesso non e' possibile l'accertamento del concorso nei singoli reati fine (e quindi la condanna per gli stessi), cosicche' non e' possibile neppure a tale titolo la confisca allargata. 2.8 In via subordinata, si chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma di cui ex art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui, con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, non limita il proprio ambito applicativo all'ipotesi in cui la condotta assuma caratteri di non occasionalita'. In tale ipotesi circostanziale, infatti, ferma restando la criticita' legata alla modesta redditivita' del reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, l'accertamento con i crismi del processo penale della non occasionalita' della condotta fornisce quanto meno una garanzia circa la precedente commissione di delitti dello stesso tipo, laddove - in difetto - tale precedente commissione ai fini della confisca allargata e' solo presunta. In sostanza, ove della questione subordinata venisse accolta per l'operativita' della confisca allargata sarebbe necessario quanto meno l'accertamento (contestuale o nell'ambito di precedenti sentenze) della commissione di ulteriori reati analoghi, che non sarebbe oggetto di presunzione; permarrebbe viceversa l'ulteriore profilo di presunzione, relativo cioe' al fatto che il denaro e i beni trovati nella disponibilita' del soggetto (sproporzionati rispetto al reddito e di cui non sia giustificata la provenienza) derivino da tali ulteriori delitti. In tale ipotesi, pur essendo minima la redditivita' del reato, a fronte di una pluralita' di reati analoghi (ad una distanza temporale non elevata l'uno dall'altro) sarebbe meno irragionevole la presunzione di illecita accumulazione della ricchezza. 2.9 In via ulteriormente subordinata, si chiede alla Corte Costituzionale di rendere facoltativa, anziche' obbligatoria, l'operativita' della confisca allargata con riguardo al delitto ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Nella citata sentenza 33 del 2018 la Corte, in via interpretativa, ha gia' riconosciuto al giudice la possibilita' - «quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo [...] e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita' organizzata» - di «verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannalo.» In presenza di tali condizioni, che renderebbero evidente I insussistenza di un quadro complessivo conforme alla ratio giustificatrice della confisca allargata, il giudice potrebbe astenersi dal disporre la confisca. Si richiede quindi che il fatto «esuli in modo manifesto dal modello». Qualora la Corte non ritenga che gia' in via generale e astratta il reato ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 esuli dal modello per le ragioni gia' esplicitate, e quindi non accolga le questioni gia' sopra illustrate, si chiede che riconosca al giudice un maggiore margine di apprezzamento, che non consista solo nel verificare l'eventuale dissonanza del fatto concreto rispetto al modello - circostanza che dovrebbe essere del tutto eccezionale - ma nel verificare, alla luce di tutte le circostanze concrete (quantitativo e tipologia di sostanze, modalita' della detenzione, eventuale profitto conseguito, stile di vita dell'imputato, eventuali precedenti, entita' dei valori rinvenuti, ecc.), se la presunzione sottostante all'istituto sia giustificata nel singolo caso concreto. A fronte di reati commessi in ambito di criminalita' organizzata o comunque connotati da un'elevata redditivita' si giustifica l'obbligatorieta' della confisca allargata (fatta salva l'evidente estraneita' del fatto concreto rispetto al modello, per l'elevata distanza temporale dell'acquisizione del cespite patrimoniale o per altra ragione), in quanto la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato risponde all'id quod plerumque accidit. Rispetto ad un reato - quale quello ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - normalmente connotato da una redditivita' modesta e in relazione al quale e' dunque agevole formulare ipotesi in cui la presunzione di legge non si giustifichi, l'obbligatorieta' della confisca risulta irragionevole. Si ritiene viceversa piu' ragionevole affidare al prudente apprezzamento del giudice, sulla base di tutte le evenienze del caso concreto, la disposizione o meno della confisca. 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione. Piu' precisamente, quanto alla questione sollevata in via principale e alla prima subordinata il dato letterale dell'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 risulta chiaro e univoco nel prevedere l'applicabilita' dell'art. 240-bis del codice penale - e quindi dell'istituto della confisca allargata - in tutti i casi di condanna o applicazione pena per uno dei delitti di cui all'art. 73, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, quindi anche per il delitto ex art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Rispetto alla questione sollevata in via ulteriormente subordinata, la Corte Costituzionale nella citata sentenza 33 del 2018 ha gia' riconosciuto al giudice un certo margine in sede interpretativa, affinche' verifichi «se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore [...] il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal «modello» che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato». Tale interpretazione adeguatrice postula pero' una palese estraneita' del fatto concreto rispetto al modello, laddove nella soluzione che si ritiene di dover suggerire l'applicazione sarebbe facoltativa e presupporrebbe cioe' la constatazione in positivo di elementi che giustifichino la presunzione di accumulo illecito di ricchezza, e non semplicemente che non sia evidente il contrario. P. Q. M. Visti gli articoli 134 Costituzione, 23 ss. della legge n. 87/1953; ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3 e 42 Costituzione - della norma di cui all'art. 85-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; in subordine, della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui, con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, non limita il proprio ambito applicativo all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 («quando la condotta assume caratteri di non occasionalita'»); in via ulteriormente subordinata, del combinato disposto degli articoli 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale nella parte in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di applicazione pena per il delitto di cui all'art. 73, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prevede che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre la confisca in questione; Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione alla Corte Costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla Cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte Costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4 della legge n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice di procedura penale. Firenze, 30 settembre 2024 Il Giudice: Attina'