Reg. ord. n. 224 del 2024 pubbl. su G.U. del 11/12/2024 n. 50

Ordinanza del Tribunale di Genova  del 04/09/2024

Tra: M.T. P.  C/ A. C.



Oggetto:

Processo civile – Processo di cognizione – Rito unificato in materia di persone, minorenni e famiglie – Termini e contenuto delle ulteriori difese – Previsione che, entro venti giorni prima della data dell’udienza, l’attore può depositare memoria con cui prendere posizione sulle domande e difese del convenuto, modificare le proprie domande, formulare eventuali eccezioni e domande nuove, conseguenza di quelle avversarie, indicare i mezzi di prova e produrre documenti – Denunciata esiguità del termine di dieci giorni, desunto rispetto al termine a disposizione per la costituzione del convenuto, che deve avvenire almeno trenta giorni prima dell'udienza (nel caso di specie: domanda riconvenzionale di divorzio introdotta dal convenuto nell’ambito del giudizio di modifica delle condizioni di separazione) – Lesione del principio di eguaglianza – Disparità di trattamento rispetto ad altri riti a cognizione piena – Irragionevole compressione del diritto di difesa – Violazione del principio del giusto processo.

Norme impugnate:

codice di procedura civile  del  Num.  Art. 473



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 111   Co.  



Camera di Consiglio del 7 luglio 2025 rel. NAVARRETTA


Testo dell'ordinanza

                        N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 settembre 2024

Ordinanza  del  4  settembre  2024  del  Tribunale  di   Genova   nel
procedimento civile promosso da M.T. P. contro A. C.. 
 
Processo civile - Processo di cognizione - Rito unificato in  materia
  di persone, minorenni  e  famiglie  -  Termini  e  contenuto  delle
  ulteriori difese - Previsione che, entro venti giorni  prima  della
  data  dell'udienza,  l'attore  puo'  depositare  memoria  con   cui
  prendere posizione sulle domande e difese del convenuto, modificare
  le proprie domande, formulare eventuali eccezioni e domande  nuove,
  conseguenza di quelle avversarie,  indicare  i  mezzi  di  prova  e
  produrre documenti - Denunciata esiguita' del termine (nel caso  di
  specie:  domanda  riconvenzionale  di   divorzio   introdotta   dal
  convenuto nell'ambito del giudizio di modifica delle condizioni  di
  separazione). 
- Codice di procedura civile, art. 473-bis.17. 


(GU n. 50 del 11-12-2024)

 
                         TRIBUNALE DI GENOVA 
 
                          Sezione IV Civile 
 
    Riunito in Camera di consiglio nelle persone dei magistrati: 
      dott. Domenico Pellegrini Presidente 
      dott.ssa Valeria Ardoino Giudice 
      dott. Danilo Corvacchiola Giudice Rel. 
    A scioglimento della riserva assunta all'esito dell'udienza del 3
maggio 2024, letti gli  atti  e  sentita  la  relazione  del  giudice
designato, ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Nella causa promossa da: 
      P                  M                T                   e     ,
C.F.                              ,   nata    a                      
 (            )     il                               ,      residente
in                   , n.          ed  elettivamente  domiciliata  in
Genova, via Roma n. 5/8, presso e nello studio  degli  avv.ti  Enrico
Grego e Tomaso Grego, che la rappresentano e  la  difendono  come  da
procura in atti; 
- Parte attrice - 
       contro C          A          ,  C.F.                   ,  nato
a                      (            ),  l'              ,   residente
in                  ,     via                 n.                   ed
elettivamente domiciliato in Genova, via XX Settembre n. 23/8 Sc.  B,
presso e nello studio dell'Avv. Roberta Di Biase, che lo  rappresenta
e lo difende come da procura in atti; 
- Parte convenuta - 
    Con l'intervento ex lege del pubblico ministero. 
    Premesso che 
      con ricorso depositato in data 31 luglio  2023,  la  sig.ra  ha
chiesto che, a modifica delle condizioni di  separazione  dal  marito
sig.                    di cui alla sentenza n. 3925/2016 emessa  dal
Tribunale di Genova  in  data  15  dicembre  2016,  venisse  disposto
l'aumento da euro 650,00 ad  euro  1.200,00  mensili  del  contributo
paterno  al   mantenimento   della   figlia                         ,
maggiorenne ma  non  economicamente  indipendente  in  quanto  ancora
studentessa, a fronte delle aumentate esigenze di vita della ragazza,
affetta da sindrome di «Crouzon» con difficolta' di apprendimento,  e
delle migliorate condizioni economiche del  convenuto,  che  peraltro
aveva negli anni disatteso il calendario  di  frequentazione  con  la
figlia di cui si occupava integralmente la madre; 
      nel costituirsi in giudizio  con  comparsa  di  costituzione  e
risposta del 23 ottobre 2023, il sig. si e' opposto alla  domanda  di
modifica proposta contestando la sussistenza dei presupposti  per  la
modifica richiesta ed ha chiesto in via riconvenzionale  che  venisse
pronunciato il divorzio dalla moglie con conferma del contributo  per
il mantenimento della figlia maggiorenne cosi' come previsto in  sede
di separazione e con revoca invece  del  contributo  al  mantenimento
dell'altra  figlia  maggiorenne  ,  ormai   divenuta   economicamente
autosufficiente, pari sempre ad euro 650,00 mensili; 
      con successiva memoria ex art. 47-bis.17  codice  di  procedura
civile  dell'8  novembre   2023,   parte   ricorrente   ha   eccepito
l'inammissibilita' in questa sede della domanda di divorzio formulata
in via riconvenzionale dal  convenuto  per  mancanza  di  connessione
oggettiva rispetto alla  domanda  di  modifica  delle  condizioni  di
separazione  trattandosi  di  petitum  e  causa  petendi  differenti,
contestando in ogni caso l'assenza di prova dei presupposti di  legge
per la pronuncia di divorzio  in  violazione  ai  principi  stabiliti
dagli articoli 163 n. 4 e 164 c.p.c.; 
      all'udienza  del  28   novembre   2023   le   parti,   dapprima
contrapposte, con l'ausilio dei difensori e del G.D. hanno  raggiunto
un accordo in punto mantenimento delle figlie maggiorenni  prevedendo
la revoca del contributo previsto a carico del padre per la figlia  ,
ormai autosufficiente, ed aumentando ad euro 1.100,00, con decorrenza
dalla mensilita' di , quello per la figlia , ferma la suddivisione al
70% a carico del padre delle spese straordinarie relative alla figlia
da individuarsi secondo  il  documento  di  orientamento  di  cui  al
verbale di riunione della Sezione IV del Tribunale di Genova  del  15
settembre 2016; 
      la causa e' stata quindi rinviata all'udienza  del  18  gennaio
2024, svoltasi mediante deposito di  note  scritte  ex  art.  127-ter
c.p.c., per consentire alle parti  di  addivenire  ad  una  soluzione
bonaria complessiva di tutte  le  questioni  patrimoniali  e  per  la
discussione   dei   profili   di   ammissibilita'    della    domanda
riconvenzionale di divorzio in sede di procedimento di modifica delle
condizioni di separazione; 
      con ordinanza ex art. 473-bis.22 codice di procedura civile del
2 febbraio 2024, il G.D., preso atto dell'impossibilita' di pervenire
ad una soluzione condivisa in punto divorzio a fronte  dell'eccezione
di inammissibilita' della domanda reiterata da parte  ricorrente,  la
quale  ha  sollevato  dubbi  di  legittimita'  costituzionale   della
disciplina  codicistica  del  nuovo  rito  introdotto   dal   decreto
legislativo n. 149/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia) in  materia  di
famiglia per contrasto con gli articoli  3,  24  e  111  della  carta
fondamentale  nella  parte  in  cui  all'art.  473-bis.17  codice  di
procedura civile prevede un termine di soli dieci giorni per la parte
attrice  per  prendere  posizione  sulle  domande  nuove  svolte  dal
convenuto,  ha  conferito  vigore  in  via  provvisoria   all'accordo
parziale  raggiunto  dalle  parti  e,  ritenuta  la  rilevanza  delle
questioni giuridiche emerse, ha rinviato all'udienza  del  12  aprile
2024, successivamente differita per esigenze d'ufficio  al  3  maggio
2024, per la discussione orale dinanzi al Collegio,  all'esito  della
quale la causa e' stata trattenuta in riserva per la decisione. 
    Tanto premesso, il Collegio 
 
                               Osserva 
 
    1.   Sull'eccezione    di    inammissibilita'    della    domanda
riconvenzionale di divorzio  nell'ambito  del  giudizio  di  modifica
delle condizioni di separazione 
    Giova brevemente ricordare, in linea di principio, che  ai  sensi
dell'art. 36 codice di procedura  civile  il  giudice  adito  conosce
anche delle domande riconvenzionali che dipendono dal titolo  dedotto
in giudizio dall'attore o che gia' appartiene alla  causa  principale
come mezzo di eccezione, purche' non eccedano la sua  competenza  per
materia o per valore. 
    Invero,  con  la  domanda  riconvenzionale  il   convenuto,   nel
costituirsi nel giudizio di cui e' parte, non si limita a  difendersi
e a chiedere il rigetto della domanda dell'attore, ma esercita a  sua
volta un'azione nei confronti di quest'ultimo proponendo una  contro-
domanda con la quale chiede, con effetto di  giudicato,  un  positivo
accertamento della sua pretesa che dipenda dal medesimo  titolo  gia'
dedotto in giudizio. 
    In altre parole, la riconvenzionale si sostanzia in  una  domanda
autonoma che ben potrebbe proporsi in separato  giudizio  ma  che  e'
consentito introdurre nel medesimo processo,  pur  nel  rispetto  dei
termini perentori di decadenza, in  base  al  principio  generale  di
economia processuale e al fine di evitare conflitti di giudicati  sul
medesimo titolo. 
    La  domanda  riconvenzionale  e'  quindi  un'ipotesi  tipica   di
connessione oggettiva fra due  cause  che  si  fondano  sullo  stesso
titolo ossia sulla stessa causa  petendi,  intesa  come  il  rapporto
giuridico sottostante, differendo pero' nel petitum avendo ad oggetto
la richiesta di due provvedimenti giurisdizionali diversi. 
    Fatta tale dovuta premessa, si pone ora il problema di  stabilire
se e' possibile rinvenire una connessione oggettiva fra la domanda di
modifica delle condizioni di separazione e la domanda di divorzio. 
    La peculiarita' dei giudizi in materia di famiglia  e'  data  dal
fatto  che  le  domanda  di  separazione  e  divorzio   sono   spesso
accompagnate da ulteriori domande aventi ad oggetto l'affidamento, la
collocazione, il regime di frequentazione  e  il  mantenimento  della
prole,  l'assegnazione  della   casa   coniugale   e   l'assegno   di
mantenimento al coniuge o assegno divorzile, domande tutte accomunate
e che trovano la loro ragion d'essere in un unico e  ben  determinato
fatto storico: la disgregazione del nucleo familiare. 
    Ecco che, a parere di questo Collegio, tutte queste domande  sono
fra loro oggettivamente connesse in quanto trovano  tutte  fondamento
nella medesima causa petendi  costituita  dall'insieme  dei  rapporti
giuridici derivanti dalla crisi del consorzio  familiare  che  devono
trovare un nuovo assetto nell'ambito del medesimo giudizio. 
    Data  poi  la  natura  rebus  sic  stantibus  dei   provvedimenti
giurisdizionali  adottati  in  materia  di   famiglia,   chiamati   a
regolamentare rapporti umani che  sono  per  loro  intrinseca  natura
connotati di una  certa  dinamicita'  e  mutevolezza  nel  tempo,  in
presenza di sopravvenuti elementi  di  novita'  e'  sempre  possibile
rivedere tale assetto modificando le  condizioni  ivi  stabilite  per
riadattarle alla nuova situazione di fatto. 
    Lo stesso accade pero' anche  nel  caso  in  cui  venga  proposta
domanda di  divorzio  che,  salvo  i  casi  particolari  di  divorzio
cosiddetto «diretto», segue sempre il procedimento di separazione. 
    Se e' vero infatti che nel procedimento di  divorzio  la  domanda
principale  e'  costituita  dallo  scioglimento  o  cessazione  degli
effetti civili del vincolo coniugale,  e'  altrettanto  vero  che  ai
sensi  degli  articoli  143  e  147  codice  civile  dal   matrimonio
discendono degli obblighi verso i figli che persistono anche dopo  lo
scioglimento  del  vincolo  e  che  devono   necessariamente   essere
regolamentati, confermando o riadattando l'assetto stabilito in  sede
di separazione alla luce della mutata situazione di fatto. 
    E'  indubbio  quindi  che  fra  la  domanda  di  modifica   delle
condizioni di separazione e quella di divorzio sussista  all'evidenza
una  connessione  oggettiva  se  non  addirittura  una  litispendenza
parziale configurando, a parere di questo Collegio, un caso di vera e
propria continenza fra le due causa ai sensi dell'art. 39 c.p.c. 
    La continenza e' infatti un'ipotesi particolare di  litispendenza
fra due cause parzialmente identiche che si verifica  proprio  quando
due domande fra le  stesse  parti  e  fondate  sulla  medesima  causa
petendi hanno un oggetto  parzialmente  diverso,  nel  senso  che  il
petitum di una causa e' piu' ampio e tale  da  contenere  il  petitum
dell'altra. 
    Non  v'e'  chi  non  veda  come  la  domanda  di  divorzio  e  le
conseguenti domande di regolamentazione  dei  rapporti  nascenti  dal
matrimonio contenga  in  se'  anche  le  domande  di  modifica  delle
condizioni di separazione precedentemente stabilite. 
    Pertanto a fronte della parziale  sovrapponibilita'  fra  le  due
domande, sussiste quella connessione oggettiva richiesta dall'art. 36
codice di procedura civile per  consentire  la  proposizione  in  via
riconvenzionale della domanda divorzio nel procedimento  di  modifica
(o di conferma) delle condizioni di separazione. 
    Cio' peraltro e' stato da sempre affermato  anche  dall'indirizzo
giurisprudenziale, a cui questo  Tribunale  ha  sempre  aderito,  che
dichiarava addirittura l'improcedibilita' sopravvenuta della  domanda
di  modifica  delle  condizioni  di  separazione  proposta  ai  sensi
dell'art.  710   codice   di   procedura   civile   laddove   venisse
successivamente instaurato giudizio di divorzio. 
    Tuttavia, prima dell'introduzione del rito unico  in  materia  di
famiglia ad opera della cosiddetta Riforma  Cartabia,  la  previsione
del  rito  speciale  previsto  per   le   domande   di   divorzio   e
l'inconciliabilita' dello stesso con il rito camerale previsto invece
per i procedimenti di modifica delle condizioni di separazione non ne
consentiva la riunione ne' permetteva  di  proporre  in  tale  ultimo
giudizio,   laddove   preventivamente    instaurato,    la    domanda
riconvenzionale di divorzio, che doveva  necessariamente  seguire  il
rito speciale previsto dalla legge n. 878/1970 con la conseguenza che
il giudice della modifica delle condizioni di separazione,  anche  se
preventivamente adito,  doveva  necessariamente  cedere  il  passo  e
declinare la propria competenza in favore del giudice del divorzio. 
    Con l'avvento del rito unico di cui agli  articoli  473-bis.11  e
ss. codice di procedura civile applicabile a tutti i procedimenti  di
separazione personale dei coniugi, di scioglimento o cessazione degli
effetti civili del matrimonio, di scioglimento dell'unione  civile  e
regolamentazione dell'esercizio della responsabilita' genitoriale nei
confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, nonche' per quelli  di
modifica  delle  relative  condizioni,  come  espressamente  previsto
dall'art. 473-bis.47 c.p.c., ritiene il Collegio che  tale  questione
debba intendersi ormai superata. 
    La stessa Suprema Corte di cassazione con  la  nota  sentenza  n.
28727/2023, nell'ammettere la contestuale domanda  di  separazione  e
divorzio anche nelle procedure di natura congiunta ai sensi dell'art.
473-bis.51 c.p.c., ha gia' avuto modo di affermare che la ratio della
novella legislativa introdotta con il decreto legislativo n. 149/2022
e' quella di realizzare un coordinamento fra procedimenti  aventi  ad
oggetto pretese identiche o implicanti accertamenti di fatto  comuni,
evidenziando le grandi difficolta' pratiche e tecniche  derivanti  da
distinti procedimenti che, nel loro  articolarsi  lungo  il  percorso
delle  impugnazioni,  davano  luogo  ad  una  sequela  di   decisioni
provvisorie e definitive che si rincorrevano nel tempo e che potevano
dettare una disciplina difforme dei medesimi rapporti controversi con
conseguenze  di  non  facile  Governo  sia  da  un  punto  di   vista
sostanziale (si pensi al problema della  ripetibilita'  delle  somme)
sia sul piano processuale in punto successione dei titoli esecutivi. 
    Il  legislatore   della   riforma,   con   l'introduzione   della
possibilita' prevista dall'art. 473-bis.49 codice di procedura civile
di proporre nel medesimo giudizio sia la domanda di  separazione  sia
quella di  divorzio,  ha  voluto  dunque  mitigare  tali  conseguenze
prevedendo che tutte  le  questioni  insorte  dalla  crisi  familiare
vengano affrontate in un simultaneus processus realizzando  al  tempo
stesso un notevole risparmio di energie  processuali  all'insegna  di
una piu' efficace tutela giurisdizionale  di  diritti  soggettivi  di
particolare rilevanza. 
    E' nell'ottica di tali principi affermati  dalla  Suprema  Corte,
pienamente  condivisi  da  questo  Collegio,  che   deve   affermarsi
l'ammissibilita' della domanda di divorzio anche nelle  procedure  di
modifica  delle  condizioni  di  separazione  purche'  formulata  nei
termini perentori di decadenza. 
    2. Sull'illegittimita' costituzionale del nuovo  rito  introdotto
dal decreto legislativo n. 149/2022 
    Risolta  in  senso   positivo   la   questione   preliminare   di
ammissibilita'  della  domanda  riconvenzionale  di  divorzio   nelle
procedure di modifica delle condizioni di separazione,  tale  domanda
si  scontra  tuttavia  con  regole  processuali  che  ne   potrebbero
compromettere una piena cognizione. 
    Invero, sempre nell'ottica di garantire una  tutela  efficace  ai
diritti soggettivi di particolare importanza coinvolti nei giudizi di
famiglia, il legislatore della  riforma  ha  previsto  agli  articoli
473-bis.11 e ss. codice di procedura civile un  rito  accelerato  che
potrebbe astrattamente esaurirsi all'esito  della  prima  udienza  da
fissarsi entro novanta giorni dal deposito del ricorso introduttivo. 
    In particolare ai sensi dell'art. 473-bis.14 codice di  procedura
civile l'attore deve notificare il ricorso e il pedissequo decreto di
fissazione udienza al convenuto entro sessanta  giorni  liberi  prima
dell'udienza, il quale a sua volta deve costituirsi in giudizio entro
trenta giorni prima dell'udienza. La costituzione oltre tale  termine
comporta le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 c.p.c., ossia  il
convenuto  perde  la  possibilita'  di  eccepire  l'incompetenza  del
giudice adito e di proporre le eventuali domande riconvenzionali e le
eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. 
    Ai sensi poi del successivo art. 473-bis.17 c.p.c., «entro  venti
giorni  prima  della  data  dell'udienza,  l'attore  puo'  depositare
memoria con cui prendere posizione in maniera chiara e specifica  sui
fatti  allegati  dal  convenuto,  nonche',  a  pena   di   decadenza,
modificare o precisare le domande e le  conclusioni  gia'  formulate,
proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle  difese
del convenuto, indicare mezzi di prova e produrre documenti. Nel caso
in cui il convenuto abbia formulato domande di contributo  economico,
nello stesso  termine  l'attore  deve  depositare  la  documentazione
prevista nell'art. 473-bis.12, terzo comma». 
    Pertanto, mentre il convenuto a fronte della notifica del ricorso
ha a disposizione almeno trenta giorni  per  impostare  la  difesa  e
formulare le sue eccezioni e domande riconvenzionali,  l'attore  deve
prendere posizione sulle domande e difese avversarie,  modificare  le
proprie domande, formulare le eventuali eccezioni e domande nuove che
sono la conseguenza delle domande avversarie e i  relativi  mezzi  di
prova, entro l'esiguo termine di dieci giorni, che spesso si riduce a
nove o anche meno  se  la  comparsa  conclusionale  viene  depositata
l'ultimo giorno disponibile e scaricata quindi dalla  cancelleria  il
giorno successivo. 
    Tale termine appare effettivamente in contrasto con gli  articoli
3, 24 e 111 della Costituzione, in quanto  lesivo  del  principio  di
uguaglianza, del diritto di difesa e del giusto processo. 
    Invero, l'attore dopo aver proposto la propria  domanda  potrebbe
ritrovarsi a trenta giorni dall'udienza, e con soli dieci  giorni  di
tempo, di fronte ad un sensibile ampliamento del thema decidendum per
via delle domande riconvenzionali introdotte dal  convenuto,  ipotesi
tutt'altro che rara nei giudizi di famiglia. 
    Si pensi ad esempio al caso in cui l'attore  si  sia  limitato  a
chiedere una modifica del contributo economico  per  il  mantenimento
dei figli instaurando  quindi  una  causa  che  verosimilmente  avra'
natura prettamente documentale, mentre il convenuto  nel  costituirsi
in giudizio chieda in via riconvenzionale la modifica del  regime  di
affidamento  del  minore   lamentando   gravi   carenze   genitoriali
dell'attore, dando luogo  ad  un  ampliamento  del  thema  decidendum
connotato da particolare delicatezza e da un'istruttoria dalla natura
completamente diversa. 
    Oppure ancora, come nel caso di specie,  in  cui  l'attore  abbia
chiesto la modifica di una o di alcune soltanto delle  condizioni  di
separazione e il convenuto chieda in via riconvenzionale il divorzio,
domanda che per quanto sopra detto deve  dichiararsi  ammissibile  ma
che necessariamente comporta la revisione e la emessa in  discussione
di tutte le condizioni in essere fra le parti, che potrebbero in tale
sede  voler  procedere  alla  sistemazione  di   tutti   i   rapporti
patrimoniali fra le stesse pendenti. 
    In tutti questi casi, come  detto,  l'attore  si  ritroverebbe  a
dover riorganizzare  completamente  la  propria  impostazione  in  un
termine assolutamente incongruo. 
    Nel caso in esame, parte attrice lamenta, infatti,  di  non  aver
avuto sufficiente tempo, a fronte della  domanda  riconvenzionale  di
divorzio proposta dal convenuto, per  formulare  domanda  di  assegno
divorzile che, come noto, si fonda su presupposti differenti rispetto
all'assegno di  mantenimento  del  coniuge  in  sede  di  separazione
implicando una ricostruzione delle scelte compiute  dalle  parti  nel
corso  della  vita  matrimoniale,  spesso  di   lunga   durata,   con
conseguente necessita' di formulare le relative istanze di prova. 
    Il tutto nel rispetto del  principio  di  lealta'  e  buona  fede
processuale che impone alle  parti  di  non  introdurre  eccezioni  e
domande palesemente infondate e senza adottare la  dovuta  diligenza,
principi che mal si coniugano con i  stringenti  termini  previsti  a
pena di decadenza dal nuovo rito. 
    Diversamente, pero', se il  convenuto  invece  di  introdurre  la
domanda di  divorzio  in  via  riconvenzionale  nel  procedimento  di
modifica  delle  condizioni  di  separazione  promosso  dall'attrice,
avesse  instaurato  autonomo  giudizio   per   la   declaratoria   di
scioglimento del vincolo (come accadeva prima della Riforma  Cartabia
per incompatibilita' dei due riti),  quest'ultima  avrebbe  avuto  un
congruo termine di trenta  giorni  dalla  notifica  del  ricorso  per
organizzare la sua difesa e prendere posizione su tutte le condizioni
di divorzio, ivi compresa la domanda  di  assegno  divorzile  con  la
formulazione delle relative istanze di prova. 
    In tal caso, salva la possibilita' di riunione  dei  procedimenti
(oggi possibile)  verrebbe  comunque  pregiudicato  quell'intento  di
velocizzare i giudizi nell'ottica  di  un  generale  risparmio  delle
energie processuali. 
    In  questo  quadro,  emerge,  a  parere   di   questo   Collegio,
un'ingiustificata compressione del diritto di difesa di cui  all'art.
24 della Costituzione e  quindi  dei  principi  generali  del  giusto
processo ai sensi  dell'art.  111  della  Carta  che  deve  garantire
un'efficace  tutela  dei  diritti,  oltre  che   del   principio   di
uguaglianza di cui all'art.  3  dal  momento  che  situazioni  uguali
ottengono un trattamento giuridico differente. 
    Invero, il  termine  di  soli  dieci  giorni  previsto  dall'art.
473-bis.17 codice di  procedura  civile  in  favore  dell'attore  per
modificare e precisare le domande e formulare domande nuove e  quindi
anche i relativi mezzi di prova, si reputa  assolutamente  incongruo,
non rinvenendosi nei vari riti previsti dal nostro ordinamento per  i
giudizi a cognizione piena una tempistica cosi' ristretta. Ed invero: 
      nel  procedimento  ordinario  di  cognizione  ai  sensi   degli
articoli 166 e 171-ter codice di procedura civile il  convenuto  deve
costituirsi  almeno  settanta  giorni  prima   dell'udienza   fissata
nell'atto di citazione formulando a  pena  di  decadenza  le  domande
riconvenzionali che intende proporre  e  l'attore  ha  tempo  fino  a
quaranta  giorni  prima  per  prendere  posizione  sulle  domande  ed
eccezioni avversarie, modificare le proprie domande e  conclusioni  o
formularne di nuove; l'attore dispone  cosi'  di  trenta  giorni  per
adeguare  le  proprie  difese   rispetto   alla   eventuale   domanda
riconvenzionale avversaria,  peraltro  prorogabili  di  ulteriori  45
giorni in caso di differimento dell'udienza indicata in citazione  da
parte del giudice istruttore ai sensi dell'art. 171-bis c.p.c.; 
      nel  rito  ordinario  semplificato  ai  sensi   dell'art.   281
duodecies c.p.c., il convenuto deve  costituirsi  entro dieci  giorni
prima  dell'udienza  fissata  dal  giudice  e  in  caso  di   domanda
riconvenzionale l'attore puo'  chiedere  un  termine  perentorio  non
superiore a venti giorni per precisare e modificare  le  domande,  le
eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e  produrre
documenti, e un ulteriore termine non superiore  a dieci  giorni  per
replicare e  dedurre  prova  contraria,  disponendo  cosi'  di trenta
giorni per riorganizzare la propria difesa; 
        sempre nel rito ordinario semplificato,  ai  sensi  dell'art.
281 duodecies codice  di  procedura  civile  alla  prima  udienza  il
giudice se rileva che per la domanda  principale  o  per  la  domanda
riconvenzionale non ricorrono i presupposti di  cui  al  primo  comma
dell'art. 281decies c.p.c., dispone con ordinanza non impugnabile  la
prosecuzione del processo nelle forme  del  rito  ordinario  fissando
l'udienza di cui  all'art.  183,  rispetto  alla  quale  decorrono  i
termini  previsti  dall'art.  171-ter  c.p.c.,   consentendo   quindi
all'attore di prendere posizione sulla domanda riconvenzionale  entro
40 giorni prima della nuova udienza fissata; 
      nel rito lavoro, ai sensi dell'art.  418  codice  di  procedura
civile il convenuto che abbia proposto domanda  riconvenzionale  deve
chiedere al giudice, a pena di decadenza, la fissazione di una  nuova
udienza  e  tra  la  proposizione  della  domanda  riconvenzionale  e
l'udienza di discussione  non  devono  decorrere  piu'  di  cinquanta
giorni; 
      nel  rito  anteriforma,  ai  sensi  dell'art.  166  c.p.c.,  il
convenuto doveva formulare a pena di  decadenza  la  propria  domanda
riconvenzionale  nel  termine  di venti  giorni  prima   dell'udienza
indicata in citazione e l'attore disponeva quindi di tale termine per
prendere posizione sulle difese del convenuto alla prima  udienza  ex
art. 183 c.p.c., salvo poi richiedere l'ulteriore  termine  di trenta
giorni per il deposito della memoria ai sensi  del  n.  1  del  sesto
comma del medesimo articolo  entro  cui  precisare  e  modificare  le
proprie conclusioni e proporre a  sua  volta  le  domande  che  erano
conseguenza della domanda riconvenzionale; 
    L'art. 473-bis.17 codice di procedura civile  costituisce  invece
un caso isolato di irragionevole compressione dei termini  di  difesa
in violazione dei principi costituzionali di cui agli articoli  24  e
111 Cost. secondo cui «Ogni processo si  svolge  nel  contraddittorio
tra le parti, in condizioni di parita', davanti  a  giudice  terzo  e
imparziale». 
    A tale eccessiva compressione  del  diritto  di  difesa,  ritiene
questo  Collegio  di  non  poter  supplire   con   un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  della   norma   in   esame   data   la
perentorieta' dei termini stabiliti dal codice  di  rito  a  pena  di
decadenza, ne' puo' farsi luogo del  potere  previsto  dall'art.  153
comma secondo codice di procedura civile di  remissione  della  parte
dei termini,  che  introdurrebbe  necessariamente  un  meccanismo  di
slittamento  automatico   della   prima   udienza   con   conseguente
concessione ex novo di tutti i termini ex art. 473-bis.17  codice  di
procedura civile non previsto dal legislatore. 
    In altre parole, il giudice dovrebbe di volta in volta  assegnare
nuovi  termini  e  concedere  memorie  ulteriori  rispetto  a  quelle
previste dal codice di rito al fine di  ovviare  all'irragionevolezza
del termine previsto dalla legge e ristabilire una piena parita'  fra
le parti, in violazione del  principio  generale  di  tassativita'  e
certezza delle norme processuali, corollari  del  principio  generale
del giusto processo per cui e' prevista una riserva assoluta di legge
ai sensi dell'art. 111 della Costituzione. 
    Per tutti questi motivi,  si  ritiene  di  dover  rimettere  alla
prudente valutazione dell'Ecc.ma Corte costituzionale la  valutazione
di  compatibilita'  della  disciplina  codicistica  di  cui  all'art.
473-bis.17 codice di procedura civile con i canoni costituzionali  di
cui agli articoli 3, 24 e 111 della carta dei diritti fondamentali. 
    La stessa Corte costituzionale ha infatti piu' volte espresso  il
principio  secondo  cui  «Il  difetto  di  congruita'  del   termine,
rilevante sul piano  della  violazione  dell'art.  24,  primo  comma,
Cost., si ha solo qualora esso, per la sua  durata,  sia  inidoneo  a
rendere effettiva la possibilita' di esercizio  del  diritto  cui  si
riferisce e, di conseguenza, tale da rendere inoperante o carente  la
tutela accordata al cittadino» (Corte Cost. 10 febbraio 2023, n. 18). 
    Ed ancora, nello stesso senso, il Giudice  delle  legge  ha  piu'
volte dichiarato l'illegittimita' costituzionale di termini  previsti
a pena di decadenza ogniqualvolta gli stessi fossero  determinati  in
modo da non  rendere  effettiva  la  possibilita'  di  esercizio  del
diritto (si vedano ex multis le sentenze n. 94 del 2017,  n.  44  del
2016, n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011). 
    Si ritiene, in definitiva, che il termine di  soli  dieci  giorni
(che peraltro possono diventare effettivamente meno tenuto  il  tempo
intercorrente  fra  la  data  del  deposito  e  quella  di  effettiva
possibilita'  di  conoscenza  della   controparte   a   seguito   del
caricamento al portale del processo  telematico)  previsto  dall'art.
473-bis.17  codice  di  procedura  civile  entro  cui  l'attore  deve
prendere posizione sulle difese del convenuto, precisare e modificare
le  proprie  conclusioni,  proporre  domande  ed  eccezioni  che  sia
conseguenza della domanda riconvenzionale e formulare le  istanze  di
prova, non consenta un effettivo esercizio del diritto  di  difesa  e
quindi dei  sottostanti  diritti  soggettivi  che  si  intendono  far
valere, sicche' la questione di legittimita' costituzionale sollevata
dalla difesa attorea appare rilevante, ai fini della decisione  della
causa, e non manifestamente infondata e va per l'effetto accolta. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 473-bis.17 codice di  procedura
civile per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della  Costituzione
per i motivi di cui in narrativa e per l'effetto sospende il presente
giudizio; 
    Manda alla cancelleria per la notifica della  presente  ordinanza
al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' per la comunicazione
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    Dispone la trasmissione della presente ordinanza e degli atti del
giudizio  alla  Corte  costituzionale  unitamente  alla  prova  delle
comunicazioni prescritte. 
    Si comunichi alle  parti  ivi  compreso  il  pubblico  ministero.
Genova, li' 3 maggio 2024 
 
                      Il Presidente: Pellegrini 
 
                                    Il Giudice delegato: Corvacchiola