Reg. ord. n. 229 del 2024 pubbl. su G.U. del 18/12/2024 n. 51

Ordinanza del Tribunale di Firenze  del 28/10/2024

Tra: A. D.S.

Oggetto:

Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato –Previsione che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta – Denunciata previsione del divieto di concessione del beneficio un’ ulteriore volta anche per l’ipotesi in cui il procedimento in cui la messa alla prova era già stata concessa si sia concluso con sentenza di proscioglimento – Violazione del principio, anche convenzionale, di presunzione di non colpevolezza – Violazione del principio di ragionevolezza sia intrinsecamente considerato sia in relazione alla mancanza di analogo divieto rispetto a istituti quali l’applicazione della pena su richiesta, l’oblazione, il decreto penale e l’estinzione del reato a seguito di condotte riparatorie. 

- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.

- Costituzione, artt. 3, 27, commi secondo e terzo, e 117 [, primo comma], in relazione all’art. 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). 

In subordine: Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato – Previsione che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta - Denunciata previsione del divieto di concessione del beneficio un’ ulteriore volta pur dopo che siano decorsi tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova – Omessa considerazione del profilo rieducativo dell’istituto della messa alla prova - Violazione del principio di ragionevolezza, a fronte della mancata previsione di limiti temporali per la messa alla prova nel processo penale minorile e della diversa disciplina nella materia contigua delle misure alternative al carcere. 

- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma.

- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.

Norme impugnate:

codice penale  del  Num.  Art. 168  Co. 4



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.

Costituzione  Art. 27   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025 rel. PITRUZZELLA


Testo dell'ordinanza

                        N. 229 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2024

Ordinanza  del  28  ottobre  2024  del  Tribunale  di   Firenze   nel
procedimento penale a carico di A. D.S.. 
 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa  alla  prova
  dell'imputato - Previsione che la sospensione del procedimento  con
  messa alla prova dell'imputato non puo' essere concessa piu' di una
  volta -  Denunciata  previsione  del  divieto  di  concessione  del
  beneficio  un'ulteriore  volta  anche  per  l'ipotesi  in  cui   il
  procedimento in cui la messa alla prova era gia' stata concessa  si
  sia concluso con sentenza di proscioglimento. 
In subordine: Processo penale  -  Sospensione  del  procedimento  con
  messa alla prova dell'imputato - Previsione che la sospensione  del
  procedimento con messa alla prova  dell'imputato  non  puo'  essere
  concessa piu' di una volta - Denunciata previsione del  divieto  di
  concessione del beneficio un'ulteriore volta  pur  dopo  che  siano
  decorsi tre anni dalla sentenza di proscioglimento  per  estinzione
  del reato per l'esito positivo della messa alla prova. 
- Codice penale, art. 168-bis, quarto comma. 


(GU n. 51 del 18-12-2024)

 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima sezione penale 
 
    Il Giudice dott. Franco Attina', nel procedimento sopra  indicato
a  carico  di  D.S.  A.,  nato  il...  a...  (...),   dichiaratamente
domiciliato in..., via... n...; 
    difeso di fiducia dall'avv. Lapo Fe' del Foro di Firenze; 
    imputato del reato previsto  e  punito  dall'art.  186,  commi  2
lettera c) e 2-bis, decreto legislativo n. 285  del  30  aprile  1992
perche' veniva colto in stato di ebbrezza (in conseguenza dell'uso di
bevande alcooliche) alla guida  dell'autovettura  targata...  essendo
stato accertato un  valore  corrispondente  ad  un  tasso  alcolemico
superiore a 1,5 grammi per litro, ed  in  particolare  essendo  stato
accertato il valore di 2,23 g/l al primo controllo, e di 2,16 g/l  al
successivo controllo effettuato dopo un intervallo di  almeno  cinque
minuti. Con l'aggravante di avere provocato un incidente stradale. 
    Commesso in... e... il... 
    Rilevato che: 
      con decreto del Pm il... D.S. A. era citato a giudizio  per  il
reato sopra indicato; 
      all'udienza predibattimentale del..., dopo  la  verifica  della
regolare costituzione delle parti, il  difensore  munito  di  procura
speciale presentava istanza di sospensione  del  processo  con  messa
alla prova dell'imputato e depositava la  richiesta  di  elaborazione
del programma di trattamento gia'  trasmessa  all'Ufficio  Esecuzione
Penale Esterna; il Pm esprimeva parere contrario in ragione del fatto
che  l'imputato  aveva  gia'  fruito  di  tale  istituto,   come   da
certificato penale in atti (l'imputato risultava  essere  gia'  stato
ammesso alla messa  alla  prova  nell'ambito  di  altro  procedimento
penale con provvedimento del Tribunale di Firenze del...); il Giudice
rinviava il processo per un esame piu' approfondito della questione; 
      all'udienza odierna, il difensore insisteva sulla richiesta  di
ammissione alla  messa  alla  prova,  previo  rinvio  per  consentire
all'UEPE l'elaborazione del programma di trattamento e, in subordine,
si riservava di avanzare  un'istanza  di  applicazione  pena  con  la
sostituzione della pena detentiva con i lavori di  pubblica  utilita'
ai sensi della legge n. 689/1981; il Pm  si  opponeva  rispetto  alla
messa alla prova, riservandosi di valutare  un'eventuale  istanza  di
applicazione pena; 
      per  poter  addivenire  ad   una   corretta   decisione   circa
l'ammissibilita' dell'istanza di sospensione del processo  con  messa
alla  prova,  appare  necessario  il   pronunciamento   della   Corte
costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della norma
di cui all'art. 168-bis, comma 4, del codice penale  nella  parte  in
cui prevede  il  divieto  di  concessione  una  seconda  volta  della
sospensione con messa alla prova dell'imputato anche per l'ipotesi in
cui il procedimento in  cui  la  messa  alla  prova  era  gia'  stata
concessa si sia concluso con  sentenza  di  proscioglimento;  in  via
subordinata, si dubita della legittimita' costituzionale della stessa
norma, nella parte in cui  esclude  che  possa  essere  concessa  una
seconda volta la messa alla prova, pur dopo  che  siano  decorsi  tre
anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione del  reato  per
l'esito positivo della messa alla prova; 
    cio' premesso, 
 
                               Osserva 
 
1. Rilevanza della questione 
    1.1 L'imputato, tramite il  difensore  procuratore  speciale,  ha
presentato istanza di sospensione del processo con messa alla prova e
preliminarmente  richiesta  di  rinvio  per  consentire  all'U.E.P.E.
l'elaborazione del programma di trattamento. 
    1.2 Non sussistono i presupposti per un proscioglimento  ex  art.
129 del codice di procedura penale; il reato contestato  all'imputato
rientra tra quelli per i quali la sospensione del processo con  messa
alla prova e' in astratto ammissibile. 
    1.3 In base al certificato penale in atti,  l'imputato  e'  stato
pero'  gia'  ammesso  in  altro  procedimento  alla  sospensione  del
processo con messa alla prova, con  provvedimento  del  Tribunale  di
Firenze del..., in relazione alla contestazione del reato di guida in
stato di ebbrezza, in ipotesi posto  in  essere  il...  Alla  stregua
dello  stesso  certificato  il  Tribunale  di  Firenze   in   data...
pronunciava  poi  sentenza  di  non  doversi  procedere  per  l'esito
positivo della messa alla prova. 
    1.4  In  ragione  di  quanto  precede,  questo  giudice  dovrebbe
dichiarare  inammissibile  o   comunque   respingere   l'istanza   di
sospensione  del  processo  con  messa  alla   prova   (e   l'istanza
preliminare di rinvio) alla  luce  del  disposto  dell'art.  168-bis,
comma 4, del codice penale, ai sensi del quale  «La  sospensione  del
procedimento con messa  alla  prova  dell'imputato  non  puo'  essere
concessa piu' di una volta».  Occorre  precisare  che  tra  il  fatto
oggetto del procedimento del 2016 in cui e' stata  gia'  disposta  la
messa alla prova e quello oggetto del  procedimento  attuale  non  e'
prospettabile un nesso in termini di reato continuato, sia in ragione
del lasso temporale molto ampio che li separa (quasi otto  anni)  sia
in ragione della tipologia di reato (estemporaneo, punito anche  solo
a titolo di colpa) che viene in  rilievo.  Non  puo'  dunque  trovare
applicazione l'eccezione - introdotta dalla Corte costituzionale  con
la sentenza n. 174/2022 -  al  divieto  di  nuova  concessione  della
sospensione con messa alla prova previsto dall'art. 168-bis, comma  4
del codice penale. 
    1.5 Laddove viceversa la norma  qui  censurata  fosse  dichiarata
costituzionalmente  illegittima  non  si   profilerebbe   la   citata
condizione ostativa all'ammissione alla sospensione del processo  con
messa alla prova e la relativa istanza potrebbe essere esaminata  nel
merito (previo rinvio per l'elaborazione del programma di trattamento
da parte dell'UEPE). 
    In proposito, si deve osservare che nella sentenza n. 174/2022  -
ai fini della rilevanza della questione (nel caso all'epoca esaminato
si poneva, sotto il profilo della rilevanza, un  problema  del  tutto
simile) - la Corte costituzionale ha affermato: «L'accoglimento della
questione avrebbe infatti,  nella  prospettiva  del  giudice  a  quo,
l'effetto di rimuovere la preclusione oggi opposta  a  una  possibile
seconda  concessione  del  beneficio  previsto   dalla   disposizione
censurata, consentendogli cosi'  di  valutare  nel  merito  [...]  se
sussistano gli ulteriori presupposti delineati dagli articoli 168-bis
del codice penale e 464-bis e  464-quater  del  codice  di  procedura
penale per l'accesso all'istituto in questione. [...]  Ne',  ai  fini
della motivazione sulla  rilevanza  della  questione,  sarebbe  stato
necessario per il giudice rimettente  diffondersi  sulla  sussistenza
dei requisiti del beneficio in capo a entrambi  gli  imputati,  posto
che tale valutazione e' logicamente successiva alla  rimozione  della
preclusione stabilita dalla disposizione censurata,  che  allo  stato
vieta in modo assoluto - secondo  la  lettura  del  rimettente  -  la
concessione del beneficio a  chi  ne  abbia  gia'  frullo  (in  senso
analogo, sentenza n.  253  del  2019,  punto  6  del  Considerato  in
diritto)». 
    Analogamente, nel caso di specie raccoglimento  della  questione,
con la conseguente rimozione della  preclusione  ad  oggi  esistente,
consentirebbe di valutare nel merito l'istanza e poi il programma  di
messa alla prova. 
    1.6 Similmente, nel caso in cui fosse accolta  la  questione  qui
sollevata in  via  subordinata,  si  potrebbe  esaminare  nel  merito
l'istanza di sospensione del processo con  messa  alla  prova:  dalla
citata sentenza del 10 febbraio 2017 del Tribunale di  Firenze  -  di
non doversi procedere per l'esito positivo della messa alla  prova  -
sono ormai trascorsi oltre sette anni;  peraltro  piu'  di  tre  anni
erano decorsi anche tra la  citata  sentenza  e  il  fatto  di  reato
contestato all'imputato (5 febbraio 2023). 
2.  Non  manifesta  infondatezza.  La  questione  sollevata  in   via
principale 
    2.0 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 168-bis, comma 4, del codice  penale,  secondo  cui  «la
sospensione del procedimento con messa alla prova  dell'imputato  non
puo' essere concessa piu' di una volta». 
    In particolare,  tale  norma  pare  violare  il  principio  della
presunzione  d'innocenza  di  cui  all'art.   27,   comma   2   della
Costituzione  e  all'art.  6  par.  2  della   Convenzione   per   la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(quest'ultimo rilevante ai sensi dell'art. 117  della  Costituzione),
nonche' il principio di ragionevolezza evincibile dall'art.  3  della
Costituzione. 
    2.1 L'istituto della sospensione  del  processo  con  messa  alla
prova dell'imputato e' stato introdotto nel  nostro  ordinamento  per
gli imputati adulti dalla legge n. 67/2014 e consente all'imputato  -
in relazione a reati  puniti  con  la  pena  edittale  detentiva  non
superiore nel massimo a quattro anni  (o  con  la  pena  pecuniaria),
nonche' ai reati di cui all'art. 550  comma  2  codice  di  procedura
penale - di chiedere la  sospensione  del  processo  con  messa  alla
prova. 
    La messa alla prova comporta la  prestazione  di  condotte  volte
all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal
reato, nonche', ove possibile, il risarcimento del  danno  cagionato;
comporta  altresi'  l'affidamento  dell'imputato  all'UEPE,  per   lo
svolgimento delle opportune attivita' di osservazione, trattamento  e
sostegno funzionali alla presa in carico e alla realizzazione  di  un
apposito programma, che puo' implicare attivita'  di  volontariato  e
l'osservanza di prescrizioni varie. Implica  inoltre  necessariamente
la prestazione di lavori di pubblica utilita'. 
    Ai sensi dell'art. 168-ter del  codice  penale  l'esito  positivo
della prova estingue il reato per cui si procede. 
    2.2 La giurisprudenza di legittimita' ha poi sottolineato, a piu'
riprese e ai piu' diversi fini, che l'ordinanza  di  sospensione  del
processo  con   messa   alla   prova   e   successiva   sentenza   di
proscioglimento  per  estinzione  del  reato  non  implicano   alcuna
valutazione sul merito dell'accusa,  ma  presuppongono  soltanto  una
delibazione circa l'inesistenza di cause di proscioglimento immediato
ex art. 129 del codice di procedura  penale  (e  secondo  le  Sezioni
Unite della Corte di Cassazione - sentenza n.  35490  del  28  maggio
2009, e' questa una delibazione che  rientra  piu'  nel  concetto  di
«constatazione», ossia di percezione «ictu oculi», che in  quello  di
«apprezzamento» ed e' quindi incompatibile con  qualsiasi  necessita'
di accertamento o di approfondimento). 
    In particolare, si e' affermato che: 
      «la valutazione da parte del giudice, non si basa  su  elementi
di prova e non e' idonea ad esprimere un  compiuto  accertamento  sul
merito dell'accusa e sulla responsabilita' (Sez. 2, n.  53648  del  5
ottobre 2016 Rv. 268635) sicche', la decisione assunta,  nell'ipotesi
di esito positivo della messa alla prova,  non  potra'  avere  alcuna
incidenza  sull'eventuale   giudizio   civile   instaurato   per   il
risarcimento del danno» (Cass. Sez. 5, sentenza n. 33277 del 28 marzo
2017); 
      «l'ordinanza di sospensione del  procedimento  con  messa  alla
prova [...] non determina l'incompatibilita' del giudice nel giudizio
che prosegua con  le  forme  ordinarie  nei  confronti  di  eventuali
coimputati, trattandosi di decisione  adottata  nella  medesima  fase
processuale che non implica una valutazione sul merito dell'accusa ma
esclusivamente  una  delibazione   sull'inesistenza   di   cause   di
proscioglimento immediato  ai  sensi  dell'art.  129  del  codice  di
procedura penale nonche' una verifica dell'idoneita' del programma di
trattamento e una prognosi favorevole di non recidiva» (Cass. Sez. 3,
sentenza n. 14750 del 20 gennaio 2016 Rv. 266387 - 01): 
        «La sentenza di  proscioglimento  per  esito  positivo  della
messa alla prova, di cui all'art. 464-septies del codice di procedura
penale, non e' idonea  ad  esprimere  un  compiuto  accertamento  sul
merito dell'accusa e sulla responsabilita',  sicche'  essa  non  puo'
essere posta alla base di un contrasto di  giudicati  tra  coimputati
per il medesimo reato  che  abbiano  diversamente  definito  la  loro
posizione processuale» (Cass. Sez. 2, sentenza n. 53648 del 5 ottobre
2016 Rv. 268635 - 01); 
        l'esito positivo della messa alla prova «opera quale causa di
estinzione della c.d. punibilita' in astratto, intervenendo prima che
sia  emessa  la  sentenza  di  condanna  e,  pertanto,  prescinde  da
qualunque  accertamento  sul  merito  della  res  iudicanda  e  sulla
responsabilita' dell'imputato», per cui ai fini della valutazione del
presupposto ostativo del comportamento abituale, ai  sensi  dell'art.
131-bis comma 3 del codice penale, non rilevano i reati  estinti  per
esito positivo della messa alla prova (Cass. Sez.  2  -  sentenza  n.
46064 del 30  novembre  2021);  l'istituto  della  messa  alla  prova
prescinde    dall'accertamento    della    penale     responsabilita'
dell'imputato,  per  cui  il   giudice   -   con   la   sentenza   di
proscioglimento  per  estinzione  del  reato  -  non  puo'  applicare
sanzioni amministrative accessorie (Cass. Sez. 4, sentenza  n.  19369
del 7 maggio 2024); 
        la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa
alla prova, non essendo idonea ad esprimere un compiuto  accertamento
sul merito dell'accusa e  sulla  responsabilita'  dell'imputato,  non
puo' essere equiparata alla sentenza di condanna ne' alla sentenza di
applicazione della  pena  su  richiesta,  per  cui  non  consente  la
confisca di cui all'art. 474-bis del codice  penale  (Cass.  Sez.  5,
sentenza n. 49478 del 13 novembre 2019 Rv. 277519 - 01); 
        non  comportando  la  sentenza  emessa  ai  sensi   dell'art.
464-septies del  codice  di  procedura  penale  l'accertamento  della
commissione di un reato, la dichiarazione  di  estinzione  del  reato
oggetto di una sentenza  di  patteggiamento  non  e'  preclusa  dalla
commissione,  nel  termine  di  cinque  anni,  di  un  nuovo  delitto
dichiarato estinto per esito positivo della messa alla  prova  (Cass.
Sez. 1, n. 23920 del 17 marzo 2022 Rv. 283192 - 01). 
    2.3 L'Istituto e' stato piu' volte oggetto di  analisi  anche  da
parte della Corte costituzionale. 
    In particolare,  nella  sentenza  n.  91  del  2018  -  allorche'
l'istituto stesso della messa alla prova era censurato per l'asserita
violazione della presunzione d'innocenza -  la  Corte  ha  svolto  le
seguenti considerazioni: 
      «se e' vero che nel procedimento di messa alla prova manca  una
condanna, e' anche vero che correlativamente manca un'attribuzione di
colpevolezza: nei confronti dell'imputato e  su  sua  richiesta  (non
perche'  e'  considerato  colpevole),  in  difetto  di   un   formale
accertamento  di  responsabilita',  viene  disposto  un   trattamento
alternativo alla  pena  che  sarebbe  stata  applicata  nel  caso  di
un'eventuale condanna. 
    Con riferimento alla  mancanza  di  un  formale  accertamento  di
responsabilita'  e  di  una  specifica  pronuncia  di  condanna,   la
sospensione  del  procedimento  con  messa  alla  prova  puo'  essere
assimilata all'applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti
(cosiddetto patteggiamento: art. 444 del codice di procedura penale),
perche'  entrambi  i  riti  speciali   si   basano   sulla   volonta'
dell'imputato che, non contestando l'accusa, in un caso si  sottopone
al  trattamento  e   nell'altro   accetta   la   pena.   Per   queste
caratteristiche  anche  il  patteggiamento  e'  stato  sospettato  di
illegittimita' costituzionale, sostenendosene  il  contrasto  con  la
presunzione di  non  colpevolezza  contenuta  nell'art.  27,  secondo
comma, della Costituzione, ma questa  Corte  con  piu'  decisioni  ha
ritenuto la questione priva di fondamento (sentenza n. 313 del  1990;
ordinanza n. 399 del 1997). 
    In particolare e' stato escluso  che  nel  procedimento  previsto
dall'art. 444 del codice di procedura penale «vi sia  un  sostanziale
capovolgimento dell'onere probatorio, contrastante con la presunzione
d'innocenza   contenuta   nell'art.   27,   secondo   comma,    della
Costituzione». In  effetti  -  ha  aggiunto  la  Corte  -  nel  nuovo
ordinamento  giuridico-processuale  «e'  preponderante   l'iniziativa
delle parti nel settore probatorio: ma  cio'  non  immuta  affatto  i
principi, nemmeno nello speciale procedimento in esame, dove anzi  il
giudice e' in primo luogo tenuto ad esaminare ex officio se sia  gia'
acquisita agli atti  la  prova  che  il  fatto  non  sussiste  o  che
l'imputato non lo ha commesso. Dopodiche', risultando negativa questa
prima verifica, se  l'imputato  ritiene  di  possedere  elementi  per
l'affermazione  della  propria  innocenza,  nessuno  lo   obbliga   a
richiedere l'applicazione di una pena, ed egli ha a  disposizione  le
garanzie  del  rito  ordinario.  In   altri   termini,   chi   chiede
l'applicazione di una pena vuoi dire che rinuncia ad avvalersi  della
facolta' di contestare l'accusa, senza che cio' significhi violazione
del principio di presunzione d'innocenza, che continua a svolgere  il
suo ruolo fino a quando non sia irrevocabile la  sentenza»  (sentenza
n. 313 del 1990). 
    Invero  la  possibilita'  di  chiedere  i  riti  speciali,  e  in
particolare il patteggiamento o la  messa  alla  prova,  costituisce,
come generalmente si ritiene, una delle facolta' difensive  e  appare
illogico considerare costituzionalmente illegittimi per la violazione
delle garanzie riconosciute all'imputato questi procedimenti che sono
diretti ad assicurargli un trattamento piu' vantaggioso di quello del
rito ordinario. 
    7.  -  Per  giungere  alla  conclusione  dell'infondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 464-quater  e
464-quinquies del codice di procedura penale, in riferimento all'art.
27 della Costituzione, sarebbe sufficiente richiamare  gli  argomenti
gia' utilizzati da questa Corte per decidere la questione relativa al
patteggiamento, per vari aspetti  analoga.  Tuttavia  anche  altri  e
assai consistenti argomenti  orientano  in  tal  senso  e  valgono  a
dimostrare ulteriormente l'infondatezza delle altre due questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dal giudice a quo. 
    La messa alla prova, anche se puo' assimilarsi al  patteggiamento
per  la  base  consensuale  del  procedimento   e   del   conseguente
trattamento, presenta aspetti che  da  questo  la  differenziano,  al
punto, come si vedra', da non consentire un riferimento  nei  termini
tradizionali alle  categorie  costituzionali  penali  e  processuali,
perche' il carattere innovativo della  messa  alla  prova  «segna  un
ribaltamento dei tradizionali sistemi  di  intervento  sanzionatorio»
(Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 31  marzo  2016,
n. 36272). 
    Come  hanno  riconosciuto  le  sezioni  unite  della   Corte   di
cassazione, «[q]uesta  nuova  figura,  di  ispirazione  anglosassone,
realizza una rinuncia statuale alla potesta' punitiva condizionata al
buon esito di un periodo  di  prova  controllata  e  assistita  e  si
connota per una accentuata dimensione  processuale,  che  la  colloca
nell'ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio  (Corte
costituzionale, n.  240  del  2015).  Ma  di  essa  va  riconosciuta,
soprattutto, la natura sostanziale. Da un lato, nuovo rito  speciale,
in cui  l'imputato  che  rinuncia  al  processo  ordinario  trova  il
vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo;  dall'altro,
istituto che persegue scopi specialpreventivi in una fase anticipata,
in cui viene «infranta» la sequenza cognizione-esecuzione della pena,
in funzione del raggiungimento della risocializzazione del  soggetto»
(Cass., sez. un., n. 36272  del  2016).  Da  qui  la  differenza  tra
l'istituto in esame e il patteggiamento, in quanto  la  sentenza  che
dispone l'applicazione della pena su richiesta delle parti, «pur  non
potendo  essere  pienamente  identificata  con  una  vera  e  propria
sentenza di condanna (cfr. sentenza n. 251 del 1991), e'  tuttavia  a
questa «equiparata» ex art.  445  del  codice  di  procedura  penale»
(ordinanza n. 73 del  1993)  e  conduce  all'irrogazione  della  pena
prevista per il reato contestato, anche se diminuita fino a un terzo,
mentre l'esito positivo della prova conduce ad una  sentenza  di  non
doversi procedere per estinzione del reato. 
    Inoltre la  sentenza  di  patteggiamento  costituisce  un  titolo
esecutivo per l'applicazione  di  una  sanzione  tipicamente  penale,
mentre l'ordinanza che dispone la sospensione del processo e  ammette
l'imputato alla prova non costituisce un titolo per  dare  esecuzione
alle relative prescrizioni. Il trattamento programmato non e' infatti
una  sanzione  penale,  eseguibile  coattivamente,  ma  da'  luogo  a
un'attivita' rimessa alla spontanea osservanza delle prescrizioni  da
parte dell'imputato, il quale  liberamente  puo'  farla  cessare  con
l'unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso. 
    Si tratta  di  una  caratteristica  fondamentale,  perche'  viene
riservata alla volonta' dell'imputato non soltanto la decisione sulla
messa alla prova ma anche la sua esecuzione». 
    Nella successiva sentenza n. 146 del 2022 la Corte costituzionale
ha sottolineato  che  «nella  messa  alla  prova  convivono  un'anima
processuale  e  una  sostanziale.  Da  un  lato,  l'istituto  e'  uno
strumento  di  definizione  alternativa  del  procedimento,  che   si
inquadra a buon diritto tra i riti alternativi (sentenze  n.  14  del
2020, n. 91 del 2018 e n. 240 del 2015); al contempo, esso disegna un
percorso rieducativo e riparativo, alternativo  al  processo  e  alla
pena, ma con innegabili connotazioni sanzionatorie  (sentenza  n.  68
del 2019), che conduce, in caso di esito positivo, all'estinzione del
reato». 
    2.4 Fatte queste premesse, si deve rilevare che il divieto di una
seconda concessione della sospensione con messa alla prova non soffre
eccezioni, se non quella introdotta dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 174 del 2022 per le ipotesi di reati avvinti dal  vincolo
della continuazione. Il divieto (previsto  unicamente  per  la  messa
alla prova per gli adulti, laddove quella propria del processo penale
minorile non conosce alcun limite alla reiterazione) vale  infatti  a
prescindere dalla natura - delittuosa o contravvenzionale,  dolosa  o
colposa  -  dei  reati  oggetto  dei  vari  procedimenti,  dall'esito
positivo o negativo della prima  messa  alla  prova,  dalla  distanza
temporale tra i vari procedimenti, dalla  circostanza  che  il  reato
oggetto del secondo procedimento sia in ipotesi stato commesso  prima
della prima sospensione con messa alla prova o dopo la stessa, ecc. 
    2.5 Tale divieto pare  violare  il  principio  della  presunzione
d'innocenza nella  misura  in  cui  pare  associare  un  giudizio  di
colpevolezza all'ammissione dell'imputato alla messa alla prova. 
    Detto in altri termini, la logica del divieto in  questione  pare
essere  quella   di   non   consentire   una   seconda   applicazione
dell'istituto, sul presupposto che il soggetto che abbia commesso  un
primo reato e che in relazione allo stesso abbia evitato  -  seguendo
il percorso della messa alla prova - la condanna e la pena non  possa
fruire nuovamente di tale possibilita': logica che da un lato  lascia
trasparire una sorta di presunzione  di  colpevolezza  rispetto  alla
precedente  contestazione,  pur  a  fronte   di   una   sentenza   di
proscioglimento per  l'esito  positivo  della  messa  alla  prova,  e
dall'altro sminuisce la portata rieducativa della messa  alla  prova,
come se si trattasse solo  dell'ennesimo  istituto  con  connotazione
premiale e deflattiva. 
    2.7 Non paiono infatti ipotizzabili altre logiche sottostanti  al
citato divieto. 
    Anzi, una conferma in tal senso si ricava dai lavori  preparatori
della legge n. 67/2014. 
    La proposta di legge C331 presentata alla Camera dei  Deputati  -
cosi' come la proposta C927, poi riunita - prevedeva: «La sospensione
del processo con messa alla prova dell'imputato puo' essere  concessa
una sola volta. La sospensione  puo'  tuttavia  essere  concessa  una
seconda volta in relazione ai reati commessi anteriormente  al  primo
provvedimento di sospensione». 
    In seguito, era approvato l'emendamento 2.101 - presentato  dagli
stessi  relatori  -  per  effetto  del  quale  il  testo  era   cosi'
sostituito:  «la  sospensione  del  processo  con  messa  alla  prova
dell'imputato non puo' essere concessa piu' di due volte, ne' piu' di
una volta se tratta di reato della stessa indole». 
    Significativa appare l'illustrazione in Assemblea da parte  della
relatrice in data 24 giugno 2013 (peraltro  sostanzialmente  identica
sul  punto  a  quella  del  progetto  C  5019-bis  presentato   nella
Legislatura  precedente):  «Il  Capo  II  introduce  nell'ordinamento
l'istituto della sospensione del procedimento penale con  messa  alla
prova. Scopo della nuova disciplina  -  ispirata  alla  probation  di
origine anglosassone - e' quello di estendere l'istituto, tipico  del
processo minorile, anche al processo penale per adulti in relazione a
reati di minor gravita'. L'istituto offre ai condannati per reati  di
minore allarme sociale un percorso di re inserimento  alternativo  e,
al contempo, svolge una funzione deflativa dei procedimenti penali in
quanto e' previsto  che  l'esito  positivo  della  messa  alla  prova
estingua il reato con sentenza pronunciata dal giudice». 
    Significativo anche il contenuto della relazione  al  disegno  di
legge 925 al Senato: «La sospensione del procedimento con messa  alla
prova puo' essere concessa per un massimo di due volte,  ma  per  una
soltanto in caso di recidiva specifica». 
    Nel  corso  del  successivo  esame  al  Senato  -   per   effetto
dell'approvazione dell'emendamento 3.246 - era poi  limitata  in  via
generale ad una volta la concessione della sospensione con messa alla
prova. Il nuovo testo sarebbe poi stato approvato in seconda  lettura
dalla Camera dei Deputati. 
    Ebbene, il riferimento nel corso dei citati  lavori  parlamentari
ai concetti di «condannati per reati di minore allarme sociale» e  di
«recidiva specifica», da parte degli stessi relatori dei  disegni  di
legge, pare postulare il  riconoscimento  all'ammissione  alla  messa
alla prova di un valore di accertamento di colpevolezza che in teoria
non dovrebbe avere. 
    Analogamente, il  riferimento,  nella  versione  approvata  dalla
Camera in prima lettura, al concetto di «reato della stessa  indole»,
quale  condizione  ostativa  ad   una   seconda   concessione   della
sospensione con messa alla prova, aveva senso solo  nella  misura  in
cui si presupponesse che l'imputato fosse colpevole del  reato  della
stessa indole oggetto del primo procedimento;  diversamente  l'indole
del reato non rileverebbe. Del resto, il concetto di «recidiva»  alla
luce  dell'ormai  consolidata  giurisprudenza  costituzionale  e   di
legittimita' postala un giudizio di maggior colpevolezza  (e  maggior
pericolosita') dell'autore del reato. 
    2.8 Se quindi l'istituto  della  messa  alla  prova  ha  tutti  i
plurimi  profili  virtuosi  sopra  indicati  (finalita'  rieducativa,
funzione  deflattiva,  vantaggio  per  l'imputato),  l'unica   logica
possibile  (per  quanto  non  condivisibile)  del  divieto  di  nuova
concessione di cui all'art. 168-bis, comma 4 del codice  penale  pare
essere   quella   del    rimprovero/censura/giudizio    di    maggior
pericolosita' nei confronti del «recidivo», concetto cui non  a  caso
si fa riferimento anche nei lavori preparatori. 
    La circostanza che il divieto di nuova  concessione  della  messa
alla prova prescinda dal profilo cronologico  del  reato  oggetto  di
contestazione e in particolare dal fatto che  il  reato  oggetto  del
secondo procedimento sia stato posto in  essere  prima,  o  viceversa
dopo, la messa alla prova gia' svolta evidenzia chiaramente  come  la
ratio del citato divieto non possa essere ricercata  in  un'eventuale
giudizio negativo da parte  dei  legislatore  circa  l'efficacia  del
percorso rieducativo gia' svolto (giudizio negativo che deve peraltro
ritenersi precluso una volta che sia stata  pronunciata  sentenza  di
non doversi procedere per l'esito positivo della messa alla prova). 
    2.9 Occorre ancora precisare che l'effetto preclusivo  in  ordine
ad una seconda concessione della sospensione  con  messa  alla  prova
teoricamente e' ricollegato alla semplice ammissione gia' intervenuta
in un precedente procedimento. Stando alla lettera  della  legge,  si
dovrebbe  cioe'  prescindere  da  quali  siano  stati  gli   sviluppi
successivi a detta ammissione. 
    Si deve tuttavia  ritenere,  in  una  lettura  costituzionalmente
orientata della norma. che tale preclusione non operi in una serie di
casi limite. 
    2.10.1  Ad  esempio.  qualora  il   reato   oggetto   de!   primo
procedimento nel quale l'imputato ha gia'  fruito  della  sospensione
con messa alla  prova  sia  successivamente  depenalizzato.  si  deve
ritenere (gia' sulla base del  dato  normativo  attuale)  che  quella
prima ammissione non costituisca condizione ostativa ad  una  seconda
concessione. Il principio dell'irrilevanza di precedenti condanne per
reati poi depenalizzati - quale condizione ostativa alla  concessione
di nuovi benefici - e'  ormai  consolidato  nella  giurisprudenza  di
legittimita' in materia di sospensione condizionale della pena e  non
menzione (Cass. Sez. 3, sentenza n. 8803  del  15  gennaio  2020  Rv.
278268 - 01; Cass. Sez. 6, sentenza n. 16363 del 5 febbraio 2008  Rv.
239555 - 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18 del 27  novembre  2007  Rv.
238876 - 01; Cass. Sez. 4, sentenza n. 10564 del 13 gennaio 2006  Rv.
233713 - 01). L'irrilevanza di  precedenti  condanne  per  reati  poi
depenalizzati e' stata espressamente affermata anche  in  materia  di
recidiva (Cass. Sez. 1 - sentenza n. 28203  del  30  marzo  2023  Rv.
284823 - 01). 
    Sarebbe del resto assurdo negare ad un imputato l'ammissione alla
sospensione con messa alla prova per il solo fatto che egli ne  abbia
gia' fruito in passato in relazione alla contestazione  di  un  fatto
ormai considerato penalmente irrilevante dall'ordinamento. 
    2.10.2 Ad analoga conclusione pare doversi pervenire con riguardo
alle ipotesi in cui nel primo procedimento, a seguito dell'ammissione
alla messa alla prova, l'imputato sia stato poi prosciolto ad esempio
per il mutato regime della procedibilita'. 
    Cosi', ad esempio, la Corte di Cassazione con la sentenza Sez.  4
- n. 2577 del 9 gennaio 2024 Rv. 285700 - 01 - in un ipotesi in  cui.
dopo la sentenza di  primo  grado  dichiarativa  dell'estinzione  del
reato per esito positivo della messa alla prova, il reato oggetto del
processo (ex art. 590-bis del codice penale) era divenuto procedibile
a querela - ha ritenuto ammissibile il ricorso  e  poi  annullato  la
sentenza di primo grado, dichiarando il  non  doversi  procedere  per
difetto di querela. In  una  simile  ipotesi,  sarebbe  irragionevole
ritenere che  in  un  eventuale  successivo  procedimento  l'imputato
incorrerebbe comunque nella  preclusione  di  cui  all'art.  168-bis,
comma 4 del codice penale 
    2.10.3  A  maggior   ragione   sarebbe   irragionevole   ritenere
sussistente la preclusione nel caso in cui nel primo  procedimento  -
dopo l'iniziale sospensione con messa alla prova  -  il  procedimento
abbia ripreso il suo corso (la revoca della messa alla  prova  o  per
l'esito negativo della stessa) e poi l'imputato sia stato assolto nel
merito. 
    2.10.4 Gli esempi sopra citati conducono a ritenere che - benche'
la lettera della norma ricolleghi la preclusione semplicemente ad una
precedente ammissione alla  sospensione  con  messa  alla  prova,  in
realta' tale effetto preclusivo presuppone che, pur dopo l'ammissione
alla messa alla prova, non vi sia stato  un  proscioglimento  per  un
diverso motivo e che il fatto per cui era  stata  disposta  la  messa
alla prova sia tuttora rilevante. 
    2.10.5 Se questa e' la corretta interpretazione  della  norma  (e
non pare possibile interpretare diversamente la stessa  nel  rispetto
dei principi costituzionali), nei restanti casi - ed  in  particolare
quando il primo procedimento si sia  concluso  con  una  sentenza  di
proscioglimento per l'esito positivo della messa alla  prova  -  pare
aversi un'ulteriore conforma circa il fatto che la preclusione di una
nuova sospensione con messa alla prova sia  da  ricollegarsi  ad  una
sorta di persistente sospetto circa il fatto che comunque il soggetto
avesse posto in essere il reato ascritto. 
    Nonostante l'intervenuto proscioglimento, cioe', e benche'  sotto
ogni diverso profilo - in base lane gia' citate sentenze della  Corte
di Cassazione - l'Istituto della messa alla prova non postuli  alcuna
valutazione circa  il  merito  dell'accusa,  se  non  in  termini  di
delibazione   preliminare   circa   l'inesistenza   di    cause    di
proscioglimento immediato ex art. 129 del codice di procedura  penale
(percepibili ictu oculi, senza necessita' di  alcun  approfondimento,
secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione  a  Sezioni  Unite
nella sentenza n.  35490  del  28  maggio  2009  Rv.  244274  -  01),
nonostante tutto cio'  il  soggetto  che  ne  abbia  fruito  si  vede
comunque  gravato  da  una  sorta  di   stigma   sotto   il   profilo
dell'impossibilita' di accedere nuovamente all'istituto in questione:
impossibilita' che costituisce una sorta di effetto penale, non della
condanna, perche' condanna non vi e' stata  -  ma  dell'ammissione  a
tale particolare rito. 
    2.11 Cosi' ricostruito il quadro  normativa,  la  preclusione  in
questione pare violare il principio della presunzione d'innocenza  di
cui all'art. 27, comma 2 della Costituzione  e  all'art.  6,  par.  2
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali. 
    La Corte costituzionale ha in piu'  occasioni  affermato  che  la
dichiarazione di estinzione  del  reato  [...]  comporta  normalmente
l'esclusione di ogni  effetto  pregiudizievole  -  anche  in  termini
reputazionali - a carico di colui al quale  il  fatto  di  reato  sia
stato in precedenza ascritto» (cosi', tra le altre, la  sentenza  231
del 2018, proprio in tema di messa alla prova). 
    La Corte di Strasburgo,  d'altro  canto,  ha  in  piu'  occasioni
valorizzato non solo  la  componente  procedurale,  ma  anche  quella
«ultra-processuale» della presunzione d'innocenza, che e' chiamata ad
operare successivamente alla conclusione di un processo penale o alla
sua interruzione, al fine di proteggere la reputazione della persona,
in specie  contro  il  rischio  che  la  stessa  sia  trattata  dalle
autorita' come se fosse colpevole del reato che le era stato ascritto
e in relazione al quale e' stata assolta o ha comunque beneficiato di
un'interruzione del processo (cfr., tra le altre, la sentenza del  10
gennaio 2024 nel caso U.Y. contro Turchia, par. 30 ss.;  la  sentenza
dei 23 gennaio 2018 nel caso Seven contro Turchia, par. 43 ss.  e  54
ss.; la sentenza dei 12 luglio  2013  nel  caso  Allen  contro  Regno
Unito, par. 93 ss.).  La  Corte  EDU  si  e'  spesso  pronunciata  in
relazione a vicende in cui -  dopo  la  conclusione  di  un  processo
penale con un'assoluzione o un proscioglimento in  rito,  il  giudice
aveva  comunque  dovuto  pronunciarsi  in  relazione   alla   domanda
risarcitoria  proposta  dal   danneggiato   o   era   instaurato   un
procedimento amministrativo o disciplinare, sicche' si  profilava  un
secondo procedimento collegato  da  un  particolare  nesso  a  quello
penale conclusosi con l'assoluzione o interrottosi (e in cui  non  si
trattava di irrogare una sanzione sostanzialmente penale). 
    Alla luce  della  citata  ratio,  volta  a  proteggere  anche  la
percezione dell'imputato nel contesto sociale, pare corretto ritenere
che la suddetta  portata  ultra-processuale  debba  valere  non  solo
rispetto  alle  comunicazioni  o  ai  provvedimenti  delle  autorita'
(rispetto alle dichiarazioni pubbliche delle autorita' e' intervenuta
anche la direttiva (UE) 343/2016, recepita in Italia con  il  decreto
legislativo n. 188/2021), ma anche, e  prima  ancora,  rispetto  alle
conseguenze negative che siano previste  in  capo  al  soggetto  gia'
assolto o prosciolto dalle stesse norme  di  legge.  E  non  solo  in
eventuali procedimenti collegati a quello gia' conclusosi,  ma  anche
ad ulteriori procedimenti non aventi un particolare collegamento  con
quello concluso, ma in cui comunque in  via  generale  il  precedente
proscioglimento possa rilevare negativamente. 
    In particolare, l'ammissione alla messa alla  prova  non  postula
ne'  comporta  un  accertamento  di  responsabilita',  non   consente
l'irrogazione da parte del giudice di sanzioni accessorie e non  puo'
rilevare in termini di accertamento in un successivo giudizio  civile
risarcitorio o in un successivo procedimento disciplinare;  ne'  puo'
rilevare come precedente giudiziario in  un  successivo  procedimento
penale ai fini della sussistenza della recidiva o  della  valutazione
dell'abitualita' del comportamento ai  sensi  dell'art.  131-bis  del
codice penale. Allo stesso modo non puo' comportare effetti  negativi
in  successivi  procedimenti  penali  in   termini   di   preclusione
dell'accesso ad un rito alternativo, quale una nuova sospensione  del
processo con messa alla prova. 
    2.12  Si  aggiunga   che   in   un'eventuale   successiva   causa
risarcitoria il giudice puo' rivalutare  i  fatti  gia'  oggetto  del
precedente processo penale (conclusosi con  l'assoluzione  o  con  il
proscioglimento in rito) ai fini  della  verifica  della  sussistenza
della   responsabilita'    civile,    senza    effettuare,    neanche
incidentalmente, un accertamento sulla responsabilita' penale  (Corte
costituzionale, sentenza n. 182 del 2021). Allo stesso modo  i  fatti
potrebbero   essere   valutati   autonomamente   dall'autorita'   del
procedimento amministrativo o disciplinare. 
    Nel caso della nuova richiesta di messa alla prova,  viceversa  i
procedimento ha ad oggetto ti totalmente distinti da  quelli  oggetto
del precedente provvedimento (conclusosi con il  proscioglimento  per
esito  positivo  della  messa  alla  prova;  inoltre,  nel  fascicolo
processuale non vi sono, ne' avrebbero ragione di esservi,  gli  atti
del fascicolo d'indagine del precedente procedimento; per di piu', la
richiesta di sospensione  con  messa  alla  prova,  dopo  la  riforma
operata  dal  decreto  legislativo  n.  150/2022,  viene  normalmente
richiesta  in  sede  di  udienza  predibattimentale   (sono   infatti
pochissimi i reati, per i qua i e' possibile la messa alla prova, che
richiedano lo svolgimento dell'udienza preliminare); in tale sede  il
giudice non dispone di poteri istruttori, per  cui  neppure  potrebbe
disporre  l'acquisizione  degli  atti   d'indagine   del   precedente
procedimento gia' conclusosi. Se anche il giudice potesse  farlo,  si
tratterebbe irragionevolmente di rivalutare detti atti per  accertare
incidentalmente la colpevolezza dell'imputato per il  fatto  ascritto
nel primo procedimento. 
    2.13 Si potrebbe obiettare che  l'accesso  alla  sospensione  con
messa alla prova e' frutto di una libera  scelta  dell'imputato,  nel
pieno esercizio delle  proprie  prerogative  difensive,  per  cui  lo
stesso - come nel decidere di  richiedere  la  messa  alla  prova  va
incontro per sua scelta  alla  prestazione  dei  lavori  di  pubblica
utilita', che ha un indubbio carattere anche sanzionatorio, senza che
cio' comporti una violazione della presunzione d'innocenza  (sentenza
n. 91 del 2018 della Corte  Costituzionale)  -  cosi  con  la  citata
scelta accetterebbe anche la  conseguenza  della  preclusione  di  un
nuovo possibile accesso alla messa alla prova in  altro  procedimento
successivo. 
    Tale argomentazione non pare pero' condivisibile. 
    Da un lato, i lavori  di  pubblica  utilita'  e  in  generale  il
percorso  programmato  dall'UEPE   hanno   un'indubbia   connotazione
rieducativa, prima ancora che sanzionatoria; il divieto di una  nuova
ammissione alla messa alla prova viceversa non  ha  alcuna  finalita'
rieducativa, assumendo viceversa una  connotazione  stigmatizzante  e
comunque limitandosi a  comprimere  le  prerogative  difensive  e  le
possibilita' di rieducazione del soggetto. 
    Dall'altro lato, i lavori di pubblica utilita' e in  generale  lo
svolgimento del programma di trattamento si  collocano  temporalmente
prima  della  sentenza  di   proscioglimento   (che   presuppone   la
conclusione e il  buon  esito  della  prova);  il  divieto  di  nuova
concessione della sospensione con messa alla prova esplica invece  le
sue  conseguenze  anche  e  soprattutto  dopo  la   conclusione   del
procedimento in cui si sia svolta la messa alla  prova,  per  cui  va
incontro alle gia' menzionate criticita' legate  alla  portata  ultra
processuale della presunzione d'innocenza di cui all'art. 6,  par.  2
CEDU. 
    2.14 La disciplina censurata pare violare altresi' gli articoli 3
e 27, comma 3 della Costituzione. 
    Il divieto di nuova concessione della sospensione con messa  alla
prova pare irragionevole, sia  intrinsecamente  considerato,  sia  in
relazione alla mancanza di analogo divieto rispetto ad istituti  come
l'applicazione della pena su richiesta delle parti,  l'oblazione,  il
decreto penale  e  l'estinzione  del  reato  a  seguito  di  condotte
riparatorie ex art. 162-ter del codice penale. 
    2.15  Sotto  il  primo  profilo,  come   rilevato   dalla   Corte
costituzionale nella sentenza  91  del  2018,  l'innovativo  istituto
della messa alla prova presenta l'indubbio vantaggio di perseguire in
via anticipata scopi specialpreventivi in chiave di risocializzazione
dell'imputato, offrendo al tempo stesso a quest'ultimo  un  vantaggio
in termini sanzionatori e allo Stato un  significativo  vantaggio  in
termini  di  deflazione  e  quindi  di  risparmio  di   energie   per
l'amministrazione   della   giustizia.   Tanto   premesso,    risulta
irragionevole il limite posto dall'art. 168-bis, comma 4  del  codice
penale all'accesso ad un simile istituto, ricco di connotati positivi
(sia  per   l'imputato,   sia   per   l'ordinamento,   sia   per   lo
Stato-Amministrazione), ma soprattutto profondamente ispirato da  una
finalita' rieducatrice e connotato da  ottime  potenzialita'  in  tal
senso, in ragione del percorso mirato e assistito elaborato dall'Uepe
per il  singolo  soggetto.  Il  citato  divieto  risulta  tanto  piu'
irragionevole nella misura in cui  e'  assoluto:  non  distingue  ne'
sotto  il  profilo  della  natura  dei  reati  ascritti  (delitti   o
contravvenzioni),  ne'  sotto  il  profilo  dell'elemento  soggettivo
(reati dolosi o colposi), ne' sotto il profilo  della  datazione  dei
reati ascritti  (precedenti  o  successivi  al  percorso  rieducativo
svolto durante la prima messa  alla  prova),  ne'  sotto  il  profilo
dell'esito (positivo o negativo) della precedente messa  alla  prova,
ne'  sotto  il  profilo  del  lasso  temporale  ormai  decorso  dalla
precedente messa alla prova. Ove il divieto fosse rimosso, il giudice
potrebbe viceversa valutare alla luce di  tutte  le  circostanze  del
caso concreto se sia possibile o meno una prognosi favorevole per  il
futuro ai sensi dell'art. 464-quater, comma 3 del codice di procedura
penale. 
    2.16 Sotto il secondo profilo, si deve rilevare che,  mentre  nel
patteggiamento l'imputato si limita  a  concordare  con  il  Pubblico
Ministero  l'applicazione  di  una  determinata  pena,  eventualmente
oggetto  anche  di  sospensione  condizionale,  sulla  base   di   un
provvedimento equiparato a una sentenza di  condanna,  senza  neppure
dover necessariamente risarcire la persona offesa, nella  messa  alla
prova l'imputato  aderisce  ad  un  apposito  percorso  che  comporta
l'adempimento di una serie di obblighi risarcitori  e  riparateli  in
favore  della  persona  offesa  e  della  collettivita',  con   esiti
oggettivamente e agevolmente verificatili (sentenza 231 del 2018 gia'
citata). A fronte di tale significativa differenza, pare illogico che
l'imputato non incontri alcun limite circa il numero di volte in  cui
possa fare accesso al rito del  patteggiamento  e,  viceversa,  possa
accedere una sola volta alla messa alla prova  (che  pur  prevede  la
riparazione del danno, la  prestazione  di  lavori  in  favore  della
collettivita',  l'assistenza  da  parte  del  servizio  sociale,   il
monitoraggio costante da parte delle autorita'). 
    Lo stesso dicasi in relazione al raffronto con gli altri istituti
sopra citati (decreto penale, oblazione,  estinzione  del  reato  per
condotte riparatorie). 
    2.17 E ancora, pare irragionevole che un soggetto quale l'attuale
imputato, che puo' in astratto beneficiare  anche  della  sospensione
condizionale della pena (l'unica risultanza del certificato penale di
D.S. e' costituita dall'ordinanza del...  di  ammissione  alla  messa
alla  prova,  con  la  successiva  sentenza  del...  di  non  doversi
procedere per estinzione del reato per l'esito positivo  della  messa
alla prova), non possa viceversa accedere alla sospensione con  messa
alla prova. 
    L'ordinamento consente cioe' l'applicazione di un istituto  -  la
sospensione condizionale della pena - che consiste sostanzialmente in
una «astensione a tempo dall'esecuzione della  pena»  (ordinanza  296
del  2005  della   Corte   costituzionale)   e   che   non   richiede
necessariamente il rispetto  di  prescrizioni  o  lo  svolgimento  di
lavori di pubblica  utilita';  preclude  viceversa  l'accesso  ad  un
istituto, la sospensione del procedimento con messa alla  prova,  che
si  connota  per   la   riparazione/risarcimento   del   danno,   per
un'assistenza  ed  un  monitoraggio  continui,  per   il   necessario
svolgimento di lavori a vantaggio della collettivita'. 
3.  Non  manifesta  infondatezza.  La  questione  sollevata  in   via
subordinata 
    3.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  nonna  di
cui all'art. 168-bis, comma 4 del codice penale nella  parte  in  cui
esclude che possa essere concessa una nuova volta la sospensione  con
messa alla prova, pur quando siano gia'  decorsi  piu'  di  tre  anni
dalla sentenza di proscioglimento per l'esito  positivo  della  messa
alla prova emessa  nel  procedimento  in  cui  l'imputato  era  stato
precedentemente ammesso a fruire dell'istituto. 
    3.2 Nell'ipotesi cioe' in cui si ritenesse legittimo  il  divieto
di un secondo accesso alla messa alla prova, pare  che  l'assolutezza
di  tale  divieto  (pur  con  l'eccezione  introdotta   dalla   Corte
costituzionale con la sentenza 174 del 2022)  sia  irragionevole,  in
particolare nella misura in cui - pur con il decorso di  un  notevole
lasso di tempo - tale divieto non venga meno. 
    3.3 Non consentire, neppure dopo un apprezzabile lasso temporale,
un nuovo accesso alla messa alla prova significa infatti disconoscere
l'essenziale profilo rieducativo della stessa e/o presumere, rispetto
al soggetto che abbia gia' sperimentato tale percorso,  l'inefficacia
rieducativa e preventiva dell'istituto, senza limiti di tempo,  cosi'
in definitiva negando in radice  una  possibilita'  di  miglioramento
della persona umana. 
    3.4 In proposito, si  deve  rilevare  che  la  messa  alla  prova
propria del processo penale minorile (articoli  28  ss.  decreto  del
Presidente della Repubblica n.  448/1988),  cui  si  e'  ispirata  la
riforma operata dalla legge  n.  67/2014,  non  conosce  limiti  alla
reiterazione. Se e' vero che il soggetto minorenne e'  caratterizzato
da una personalita' fluida ed ancora in fieri, cio' non significa che
per l'adulto non vi siano viceversa margini per un  miglioramento  in
termini di risocializzazione. 
    D'altro canto, la Corte di Cassazione ha  recentemente  affermato
che il soggetto adulto che abbia gia' fruito  della  sospensione  nel
processo minorile (cio' che potrebbe in ipotesi essere avvenuto anche
dopo il  compimento  della  maggiore  eta'  da  parte  dell'imputato,
rilevando solo l'eta' al momento del fatto e non  quella  al  momento
del processo) non e' per cio' solo escluso  dall'accesso  alla  messa
alla prova ex articoli 168-bis ss. del  codice  penale  (sentenza  n.
29652 del 2024, allo stato non massimata). 
    3.5 Inoltre, nella materia contigua delle misure  alternative  al
carcere e  in  particolare  dell'affidamento  in  prova  al  servizio
sociale,  l'art.   58-quater,   legge   n.   354/1975   prevede   che
l'affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  nei  casi   previsti
dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la semiliberta' non possano
essere concessi piu' di una volta solo con riguardo al condannato cui
sia stata applicata la recidiva reiterata. 
    Anche il divieto di  concessione  di  benefici  di  cui  all'art.
58-quater legge n. 354/975, previsto nei confronti di chi  sia  stato
ritenuto colpevole del reato di evasione (comma 1) e nei confronti di
colui  cui  sia   stata   revocata   una   misura   alternativa   per
l'incompatibita' del comportamento tenuto con la  prosecuzione  della
misura (comma 2) - opera per un periodo di tempo [imitato  (tre  anni
dal momento in cui e' ripresa l'esecuzione  della  custodia  o  della
pena o e' stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel  comma
2). 
    3.6 Si rilevi ancora che, nel caso della sospensione del processo
con messa alla prova,  l'esito  positivo  della  prova  determina  la
pronuncia di una sentenza di non  doversi  procedure  e  non  di  una
sentenza di condanna. In relazione a tale pronuncia il  soggetto  non
puo' dunque neppure conseguire la  riabilitazione  e  la  conseguente
estinzione degli effetti  penali  della  condanna,  per  cui  neppure
l'eventuale riabilitazione puo' riaprire l'accesso all'istituto della
messa  alla  prova  per  chi  ne  abbia  gia'  fruito  (la  Corte  di
Cassazione, con la sentenza Sez. 4, n. 7668 del 6 febbraio 2019 - Rv.
275130 - 01, ha ad esempio  affermato  che  «La  non  menzione  della
condanna  nel  certificato  del  casellario  giudiziale  puo'  essere
concessa [...] a chi abbia riportato una precedente condanna  per  la
quale sia intervenuta pronuncia di riabilitazione»). 
    3.7  Complessivamente,  dunque,  la  circostanza  che  la   norma
censurata non contempli alcun limite temporale al  divieto  di  nuova
messa alla prova pare determinare una violazione degli articoli  3  e
27, comma 3 della Costituzione. 
    3.8 Quanto al rimedio appropriato per la violazione dei  principi
costituzionali qui denunciata, si chiede  alla  Corte  costituzionale
una pronuncia che limiti ad un periodo di tre anni  dalla  precedente
sentenza di proscioglimento per l'esito  positivo  della  messa  alla
prova  la  durata  del  divieto  di  nuovo  accesso  all'istituto  in
questione. 
    Si prevedrebbe cosi' per il divieto in questione la stessa durata
prevista dal citato art. 58-quater, legge n. 354/1975 per il  divieto
di concessione dei benefici penitenziari e delle  misure  alternative
alla detenzione, istituti connotati  non  solo  da  un  significativo
vantaggio per l'interessato,  ma  anche  da  una  spiccata  finalita'
rieducativa, esattamente come la sospensione  con  messa  alla  prova
(sia pur in una  diversa  fase  della  sequenza  penale).  Lo  stesso
termine di tre anni e' del resto previsto dall'art.  179  del  codice
penale anche per la richiesta della riabilitazione. 
    Si tratta di una soluzione «costituzionalmente  adeguata»  tratta
da una disciplina gia' esistente. che  consentirebbe  alla  Corte  di
porre rimedio nell'immediato al vulnus riscontrato, fatta  salva  «la
possibilita' per il legislatore di intervenire in qualsiasi momento a
individuare, nell'ambito della propria discrezionalita', altra, e  in
ipotesi piu'  congrua  -  soluzione  [...],  purche'  rispettosa  dei
principi costituzionali» (sentenza n. 222 del 2018). 
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione,  chiaro  e
univoco essendo il dato letterale, in base al quale  «La  sospensione
del procedimento con messa alla prova dell'imputato non  puo'  essere
concessa piu' di una volta». 
    Detta disposizione e'  peraltro  interpretata  in  modo  costante
dalla giurisprudenza in conformita'  al  citato  dato  letterale.  La
stessa Corte costituzionale  nella  sentenza  n.  174/2022  ha  mosso
implicitamente dal presupposto che un soggetto non possa accedere una
seconda volta all'istituto della messa alla prova. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli  134  della  Costituzione,  23  ss.  legge  n.
87/1953, 
    ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, 
    solleva questione di legittimita' costituzionale, per  violazione
degli articoli 3, 27 comma 2, 27 comma 3  e  117  della  Costituzione
(l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 6,  paragrafo  2
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali) - della norma di cui all'art. 168-bis, comma 4
del  codice  penale  nella  parte  in  cui  prevede  il  divieto   di
concessione una ulteriore volta  della  sospensione  con  messa  alla
prova dell'imputato anche per l'ipotesi in cui il procedimento in cui
la messa alla prova era gia'  stata  concessa  si  sia  concluso  con
sentenza di proscioglimento; 
    in subordine della norma di cui all'art.  168-bis,  comma  4  del
codice penale nella parte in cui esclude che  possa  essere  concessa
un'ulteriore volta la messa alla prova, pur dopo  che  siano  decorsi
tre anni dalla sentenza di proscioglimento per estinzione  del  reato
per l'esito positivo della messa alla prova, 
    per violazione degli articoli 3 e 27 comma 3 della Costituzione; 
    sospende  il  giudizio  in  corso  ed  i  relativi   termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  Cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23,  comma  4,  legge  n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza  e  che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o  devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice  di  procedura
penale. 
      Firenze, 28 ottobre 2024 
 
                         Il Giudice: Attina'