Reg. ord. n. 243 del 2024 pubbl. su G.U. del 15/01/2025 n. 3
Ordinanza del Corte suprema di cassazione del 04/12/2024
Tra: F. M.
Oggetto:
Processo penale – Ricusazione del giudice - Mancata previsione che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sull’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all’autorità proponente – Violazione del principio di imparzialità del giudice Lesione del diritto di difesa - Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali che riconoscono il diritto fondamentale ad un giudice imparziale.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 37
Co. 1
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 36
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 24
Co.
Costituzione
Art. 111
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 6
Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
Art. 47
Co.
Udienza Pubblica del 23 settembre 2025 rel. LUCIANI
Testo dell'ordinanza
N. 243 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 dicembre 2024
Ordinanza del 4 dicembre 2024 della Corte di cassazione nel
procedimento penale a carico di M. F. .
Processo penale - Ricusazione del giudice - Mancata previsione che
possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a
decidere sull'applicazione della misura di prevenzione
patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi
dell'art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la restituzione
degli atti all'autorita' proponente.
- Codice di procedura penale, art. 37, comma 1 [, lettera a)], in
relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), del medesimo codice.
(GU n. 3 del 15-01-2025)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sesta sezione penale
Composta da:
Ercole Aprile, Presidente;
Paola Di Nicola Travaglini;
Debora Tripiccione;
Paolo Di Geronimo;
Fabrizio D'Arcangelo, relatore;
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da
... F. M., nato a ... il ... avverso l'ordinanza del 13 novembre 2023
emessa dalla Corte di appello di Firenze;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;
Lette le conclusioni del pubblico ministero, in persona del
sostituto procuratore generale Simone Perelli, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
Lette le conclusioni del difensore, avvocato Marco Talini, che ha
insistito per l'accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d'appello di Firenze, con l'ordinanza impugnata, ha
rigettato la dichiarazione di ricusazione proposta da M. F. nei
confronti dei magistrati del Tribunale di Firenze, che, dopo aver
restituito gli atti al pubblico ministero del Tribunale di Livorno in
data 2 maggio 2022, hanno disposto il sequestro di prevenzione nei
confronti della parte istante, con decreto emesso in data 11 maggio
2023, e sono chiamati a decidere sull'applicazione della misura di
prevenzione patrimoniale della confisca.
2. L'avvocato Marco Talini, difensore di Fedele, ricorre avverso
tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, proponendo un unico motivo
di ricorso.
2.1. Il difensore premette che:
a) il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Livorno, nel procedimento di prevenzione iscritto al n. 3/2023
R.G.M.P., con la proposta depositata in data 24 gennaio 2022,
integrata con atto del 30 marzo 2022, ha richiesto nei confronti di
M. F. l'applicazione della misura di prevenzione personale della
sorveglianza speciale per tre anni con obbligo di soggiorno e della
confisca, previa adozione del provvedimento cautelare del sequestro,
di un consistente patrimonio, composto da circa cento unita'
immobiliari, intestate al proposto, alla moglie e ai figli, e da
disponibilita' finanziarie detenute, per l'ammontare di euro
5.353.840,00, in Liechtenstein;
b) il Tribunale di Firenze, composto dai magistrati dott.ssa
Silvia Cipriani, presidente, dott.ssa Silvia Isidori e dott. Alessio
Innocenti giudici a latere, con decreto emesso in data 2 maggio 2022,
ha disposto, ai sensi dell'art. 21, comma 2, decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159, la restituzione degli atti al pubblico
ministero «per la richiesta degli ulteriori elementi informativi
indicati in parte motiva»;
Il tribunale, in questo provvedimento, ha rilevato
l'incompletezza delle indagini e ha inviato il pubblico ministero a
fornire elementi probatori ulteriori.
c) il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Livorno in data 11 novembre 2023 ha depositato un «seguito di
proposta di applicazione di misura patrimoniale», iscritto al n.
4/2022 R.G.M.P., nel quale, dopo aver integrato gli elementi
probatori addotti relativamente alla valutazione di sproporzione e
aver individuato due ulteriori conti correnti all'estero intestati al
figlio del proposto, ha ribadito le richieste gia' operate in
precedenza;
d) il Tribunale di Firenze, nella medesima composizione, con
decreto emesso in data 11 maggio 2023, ha disposto il sequestro di
prevenzione di tutti i beni mobili e immobili intestati a M. F., alla
moglie e ai figli;
e) il proposto, con memoria depositata in data 5 ottobre
2023, ha invitato il Collegio, composto dai predetti magistrati, ad
astenersi dal decidere sulla confisca di prevenzione;
L'istante ha posto a fondamento della propria richiesta sia
l'art. 37, comma 1, lettera b), codice di procedura penale, nel testo
che risulta a seguito della sentenza additiva della Corte
costituzionale del 14 luglio 2000, n. 283, in quanto il Collegio ha
precedentemente espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei
confronti del medesimo soggetto nel procedimento di prevenzione n.
4/2022 R.G.M.P., e, sia l'art. 37, comma 1, lettera a), codice di
procedura penale, in relazione all'art. 36, comma 1, lettera g),
codice di procedura penale, in quanto il collegio sarebbe
incompatibile a decidere per aver compiuto atti del procedimento tali
da pregiudicarne la terzieta' e l'imparzialita', e, segnatamente, per
aver adottato il provvedimento di restituzione degli atti all'organo
proponente in data 2 maggio 2022;
Ad avviso del proposto, infatti, il provvedimento di restituzione
degli atti adottato dal tribunale in data 2 maggio 2022, esprimendo
ampie e analitiche valutazioni di merito, avrebbe assunto efficacia
pregiudicante nei confronti degli stessi giudici chiamati a decidere
sulla pressoche' identica proposta successivamente formulata da parte
del Procuratore della Repubblica di Livorno.
f) il proposto ha rinnovato la richiesta di astensione
all'udienza dell'11 ottobre 2023;
g) il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa in data 11
ottobre 2023, ha rigettato la richiesta di astensione;
Il tribunale, in questo provvedimento, ha rilevato che le Sezioni
unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 25951 del 24
febbraio 2002, hanno statuito che il motivo di ricusazione previsto
dall'art. 37, comma 1, codice di procedura penale - come risultante a
seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 283 del
2000 - e' applicabile al procedimento di prevenzione nel caso in cui
il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo
stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro
procedimento di prevenzione o in un giudizio penale, ma hanno
precisato che la decisione sul sequestro non determina alcuna
incompatibilita' a decidere della confisca;
h) M. F. in data 11 ottobre 2023 ha depositato, ai sensi
dell'art. 38, comma 3, codice di procedura penale, presso la
cancelleria della Corte di appello di Firenze, dichiarazione di
ricusazione del collegio composto dai giudici dott.ssa Silvia
Cipriani, presidente, dott.ssa Silvia Isidori e dott. Alessio
Innocenti giudici a latere, per le medesime ragioni giuridiche
esposte nella richiesta di astensione;
i) il proposto, con memoria depositata in pari data, ha
inoltre eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 codice
di procedura penale, in relazione agli articoli 20 e 24 decreto
legislativo n. 159 del 2011, nella parte in cui non e' prevista nel
processo di prevenzione l'incompatibilita' del giudice che abbia
disposto, ai sensi dell'art. 20, comma 2, decreto legislativo cit. la
restituzione degli atti all'organo proponente, a decidere,
successivamente all'integrazione probatoria, sul sequestro o,
comunque, sulla confisca.
Ad avviso del ricorrente, la mancata previsione di tali
incompatibilita' contrasta con gli articoli 24, 111 e 117 della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU, 47 Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, che garantiscono il diritto
di difesa in ogni stato e grado del processo e che lo stesso deve
necessariamente svolgersi davanti a un giudice terzo e imparziale;
j) la Corte di appello di Firenze, con il provvedimento
impugnato, ha rigettato la richiesta di ricusazione.
2.2. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, censura
la mancanza di motivazione dell'ordinanza impugnata in ordine
all'incompatibilita' dei giudici ricusati a decidere sul sequestro di
prevenzione dopo aver adottato, nel provvedimento di restituzione
degli atti, valutazioni di merito in relazione alla medesima persona
e ai medesimi elementi (la pericolosita' generica negli stessi
periodi temporali e la sproporzione reddituale e patrimoniale).
Il difensore rileva che la Corte di appello ha rigettato come
«totalmente infondata» la censura proposta e ha stigmatizzato come
«quantomeno singolare» l'argomento del difensore «laddove si afferma
che sarebbe motivo di ricusazione il provvedimento che il giudice
adotta sulla base di una espressa previsione normativa».
Il difensore, tuttavia, eccepisce di non aver contestato
l'illegittimita' del provvedimento di restituzione atti, adottato dal
tribunale in conformita' all'art. 20, comma 2, decreto legislativo n.
159 del 2011, quanto il fatto che lo stesso collegio, nella medesima
composizione, dopo aver disposto la restituzione degli atti, possa
decidere sulla nuova proposta di misura di prevenzione personale e
patrimoniale nei confronti della stessa persona.
Il Tribunale di Firenze, infatti, nel provvedimento di
restituzione atti, avrebbe espresso penetranti valutazioni sul merito
della proposta e avrebbe fornito specifiche indicazioni all'organo
proponente sugli ulteriori atti di indagine da compiere, nonche'
sull'ulteriore documentazione da acquisire perche' potesse essere
disposto il sequestro.
Queste valutazioni, essendo ampiamente anticipatorie degli
apprezzamenti di merito che avrebbero dovuto essere espressi nella
decisione sulla proposta della confisca di prevenzione,
determinerebbero l'incompatibilita' dei predetti magistrati a
decidere in ordine al provvedimento ablatorio, richiesto nei
confronti della medesima persona e sulla base delle medesime
circostanze di fatto, e ne legittimerebbero la ricusazione.
Il difensore chiede, dunque, che la Corte di cassazione dichiari
la fondatezza della dichiarazione di ricusazione formulata,
riconoscendo l'incompatibilita' a decidere sulla proposta di
applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale dei giudici che
in precedenza abbiano disposto la restituzione degli atti al pubblico
ministero, in virtu' dell'art. 37, comma 1, codice di procedura
penale, nel testo che risulta dalla sentenza additiva n. 283 del 2000
della Corte costituzionale, per come interpretato dalla sentenza
delle Sezioni unite n. 25951 del 24 febbraio 2022.
3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in
data 25 giugno 2024, il procuratore generale, Simone Perelli, ha
chiesto di rigettare il ricorso.
Con memoria depositata in data 25 luglio 2024, l'avvocato Marco
Talini ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, censura la
motivazione dell'ordinanza impugnata e chiede che la Corte di
cassazione accolga la dichiarazione di ricusazione dei giudici che
hanno disposto il sequestro e che sono chiamati a decidere della
confisca di prevenzione dopo aver espresso, nel provvedimento di
restituzione degli atti al pubblico ministero, valutazioni di merito
riferite alla medesima persona e alle medesime circostanze di fatto.
2. Dall'esame diretto degli atti processuali (ammesso in sede di
legittimita' quando e' censurata una violazione della legge
processuale, ex plurimis: Sez. U, n. 42792 del 31 ottobre 2001, ...,
Rv. 229092), risulta che il Tribunale di Firenze, investito della
proposta di applicazione di misure di prevenzione nei confronti di M.
F., ha disposto, con decreto emesso in data 2 maggio 2022, la
restituzione degli atti all'organo proponente, rilevando
l'incompletezza delle indagini.
Il Tribunale di Firenze, nella medesima composizione, con decreto
emesso in data 3 aprile 2024, ha disposto, in via cautelare, il
sequestro di prevenzione nei confronti del ricorrente e ha
contestualmente fissato l'udienza dell'11 ottobre 2023, in Camera di
consiglio, per decidere sulla richiesta di applicazione delle misure
di prevenzione personali e patrimoniali.
3. L'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 159 sancisce che «[P]rima di ordinare il sequestro o disporre le
misure di cui agli articoli 34 e 34-bis e di fissare l'udienza, il
tribunale restituisce gli atti all'organo proponente quando ritiene
che le indagini non siano complete e indica gli ulteriori
accertamenti patrimoniali indispensabili per valutare la sussistenza
dei presupposti di cui al comma 1 per l'applicazione del sequestro o
delle misure di cui agli articoli 34 e 34-bis».
La disposizione, introdotta nella trama sistematica del codice
antimafia dall'art. 5, comma 4, della legge 17 ottobre 2017, n. 161,
attribuisce il potere al tribunale, prima che sia fissata l'udienza
in contraddittorio, di disporre la restituzione degli atti all'organo
proponente quando la proposta di applicazione di misure di
prevenzione patrimoniali sia incompleta sotto il profilo probatorio.
Nell'intento del legislatore, dunque, qualora il mancato
accoglimento della proposta di applicazione delle misure di
prevenzione dipenda da lacune istruttorie, il tribunale non deve
rigettare la richiesta di sequestro e fissare l'udienza in
contraddittorio, ma, per evitare che il proposto, reso edotto
dell'iniziativa cautelare, possa porre in essere atti di dispersione
o di occultamento dei propri beni, deve restituire gli atti
all'organo proponente per consentirgli di integrare la piattaforma
probatoria.
L'esercizio del potere di restituzione degli atti lascia,
peraltro, immutato il potere del tribunale, riconosciuto dall'art.
19, comma 5, decreto legislativo n. 159 del 2011, di procedere
ufficiosamente, una volta aperta la fase in contraddittorio e ove
ritenuto necessario, a indagini ulteriori rispetto a quelle gia'
compiute dall'organo proponente.
4. Nella disciplina vigente il proposto o, comunque, il soggetto
inciso dall'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale
non puo' ricusare il giudice che, dopo aver disposto la restituzione
degli atti all'autorita' proponente ai sensi dell'art. 20, comma 2,
del decreto legislativo n. 159 del 2011, abbia adottato in via
cautelare il sequestro e sia chiamato a decidere della confisca.
Il legislatore non ha, infatti, previsto una disciplina delle
cause di ricusazione applicabili nel processo di prevenzione.
4.1. La giurisprudenza di legittimita', nel silenzio della legge,
ha ritenuto applicabili al procedimento di prevenzione le
disposizioni in tema di incompatibilita', astensione e ricusazione
del giudice dettate dagli articoli 34, comma 1, 35, 36, comma 1,
lettera a), b), c), d), f), h) codice di procedura penale (ex
plurimis: Sez. 1. n. 43081 del 27 maggio 2016, ..., Rv. 268666 - 01),
ovvero tutte le ipotesi previste da tali disposizioni in cui il
giudice si trovi in una delle condizioni di «appannamento»
dell'apparenza di imparzialita', dovute a cause extragiudiziarie o,
comunque, esterne al procedimento.
4.2. Controversa e' stata, invece, la possibilita' di ricusare il
giudice chiamato ad applicare le misure di prevenzione per effetto
delle valutazioni in precedenza espresse nei confronti del medesimo
soggetto in sede di cognizione penale o in un altro procedimento di
prevenzione.
L'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, prevede, infatti,
la possibilita' per le parti di ricusare il giudice, oltre che per le
situazioni esterne al procedimento previste dall'art. 36, comma 1,
lettera a), b), c), d), f), codice di procedura penale, anche quando
il giudice si trovi in una delle situazioni di incompatibilita'
stabilite dall'art. 34 del codice di rito.
Un orientamento della giurisprudenza di legittimita' ha negato
tale possibilita' nel procedimento di prevenzione, in quanto
l'attivita' pregiudicata dalla precedente valutazione di merito deve
attenere alla responsabilita' penale dell'imputato; il giudizio
retrospettivo operato dal giudice della prevenzione non e', infatti,
volto a ricostruire uno specifico fatto di reato, ma ad accertare le
condotte della persona in funzione della formulazione di una prognosi
di pericolosita' attuale e/o di illecita accumulazione patrimoniale
(Sez. 2, n. 37060 dell'11 gennaio 2019, ..., Rv. 277038 - 01; Sez. 6,
n. 51793 del 13 settembre 2018, ..., Rv. 274576 - 01; Sez. 5, n.
23629 del 19 febbraio 2018, ..., Rv. 273281 - 01; Sez. 1, n. 43081
del 27 maggio 2016, ..., Rv. 268665 - 01; Sez. 1, n. 15834 del 19
marzo 2009, ..., Rv. 243747 - 01), e il procedimento di prevenzione
non e' definito da una sentenza, ma da un decreto (Sez. 2, n. 2821
del 2 dicembre 2008, ..., Rv. 242720 - 01; Sez. 6, n. 22960 del 30
gennaio 2008, ..., Rv. 240363 - 01).
Un opposto orientamento ha, invece, ritenuto applicabile al
processo di prevenzione la disciplina delle cause di incompatibilita'
del giudice, stante la natura giurisdizionale di questo processo, la
valenza sostanziale di sentenza del decreto che dispone la misura di
prevenzione, la sua incidenza su diritti fondamentali, quali la
liberta' personale (di cui all'art. 13 della Costituzione), la
liberta' di circolazione (di cui all'art. 2 del Prot. n. 4 CEDU) e il
diritto di proprieta' e di iniziativa economica (di cui agli articoli
41 e 42 della Costituzione e 1 Prot. add. CEDU), e la conseguente
necessita' di garantire, anche in tale ambito, l'imparzialita' del
giudice (Sez. 1, n. 4330 del 10 dicembre 2020, ..., Rv. 280753 - 01;
Sez. 6, n. 41975 del 2 aprile 2019, ..., Rv. 277373 - 01; Sez. 5, n.
32077 del 24 giugno 2014, ..., Rv. 261643 - 01; Sez. 6, n. 15979
dell'8 marzo 2016, ..., Rv. 266533 - 01; Sez. 1, n. 32494 del 10
luglio 2015, ..., Rv. 264621 - 01; Sez. 5, n. 3278 del 16 ottobre
2008, dep. 2009, ..., Rv. 242942 - 01).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno risolto il
contrasto di giurisprudenza, richiamando la sentenza n. 238 del 2000
della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 37, comma 1, codice di procedura penale,
nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti
il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilita' di un
imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una
valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo
soggetto.
In questa sentenza la Corte costituzionale, ha, peraltro,
rilevato che, nella precedente pronuncia n. 306 del 1997, pur avendo
dichiarato inammissibile la questione di costituzionalita' proposta,
ha gia' avuto occasione di affermare che il pregiudizio per
l'imparzialità -neutralita' del giudice puo' verificarsi anche nei
rapporti tra il procedimento penale e quello di prevenzione, quando
la valutazione pregiudicante sia stata espressa nel primo in sede di
accertamento dei gravi indizi di colpevolezza, quale condizione di
applicabilita' delle misure cautelari.
Le Sezioni unite hanno, dunque, rilevato che la Corte
costituzionale ha stabilito che le valutazioni espresse in un
precedente giudizio penale possono pregiudicare il giudice della
prevenzione, pur nella diversita' delle finalita' e dell'oggetto del
processo penale di cognizione dal procedimento di prevenzione.
La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2000, pertanto,
non ha una valenza meramente «unidirezionale», ma «bidirezionale»; la
pronuncia non si limita a sancire l'efficacia «pregiudicante» che le
valutazioni espresse nel processo di prevenzione possono assumere
sulla successiva decisione di merito, ma considera anche l'efficacia
pregiudicante che le valutazioni espresse nel giudizio di merito o di
altro processo di prevenzione possono assumere sul giudice della
prevenzione.
Non vi e', peraltro, ragione per la quale l'imparzialita' del
giudice debba atteggiarsi diversamente nel processo di prevenzione
dal processo penale, in quanto l'imparzialita' e' tra i naturalia di
qualsiasi forma di processo; fallace e', inoltre, la differenziazione
tra i procedimenti basata sulla ritenuta diversita' di struttura
della valutazione giudiziale, di tipo prognostico nel giudizio di
prevenzione e di natura cognitiva in quello penale, in quanto la
terzieta' del giudice deve presiedere a qualsiasi procedimento, in
quanto precondizione della giurisdizione.
Le Sezioni unite hanno, inoltre, precisato che «se il differente
oggetto dell'accertamento puo' in astratto giustificare l'autonomia
dei procedimenti (come gia' riconosciuto da Corte costituzionale n.
275 del 1996), sul piano dell'attivita' di indagine e di raccolta del
materiale investigativo, perde, invece, consistenza argomentativa
rispetto alla tutela dei diritti fondamentali delle diverse
situazioni soggettive»; il difetto di imparzialita' del giudice,
infatti, «comporterebbe inevitabilmente lo svuotamento sostanziale
del significato proprio di tutte le regole e le garanzie processuali,
che si risolverebbero in un mero e facoltativo simulacro».
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno, dunque,
statuito che il motivo di ricusazione previsto dall'art. 37, comma 1,
codice di procedura penale - come risultante a seguito
dell'intervento additivo effettuato dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 283 del 2000 - e' applicabile anche al procedimento di
prevenzione nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso
valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo
soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale
(Sez. U, n. 25951 del 24 febbraio 2022, ..., Rv. 283350 - 01).
4.3. Il motivo di ricorso devoluto alla cognizione del Collegio,
tuttavia, non puo' essere deciso ricorrendo alle statuizioni della
sentenza n. 283 del 2000 della Corte costituzionale o al principio di
diritto enunciato delle Sezioni unite nella sentenza.
Queste pronunce, infatti, riguardano fattispecie nelle quali la
valutazione pregiudicante e' stata adottata in procedimento distinto
da quello pregiudicato o, comunque, pregiudicabile.
Nel caso oggetto del presente ricorso, invece, la valutazione
pregiudicante, che consegue alla restituzione degli atti all'organo
proponente, e' intervenuta nel medesimo procedimento di prevenzione,
senza alcuna interferenza con precedenti giudizi penali o con altri
procedimenti di prevenzione.
4.4. Nel caso di specie, del resto, anche se la proposta di
applicazione delle misure di prevenzione depositata dal pubblico
ministero dopo la restituzione degli atti reca un numero di ruolo
diverso da quello originario, il procedimento deve ritenersi pur
sempre il medesimo, in quanto permangono identici, rispetto alla
richiesta originaria, il proposto, la causa petendi e il petitum
(salvo che per la mera aggiunta di due conti correnti intestati al
figlio del proposto).
La proposta depositata dopo il provvedimento e', peraltro, stata
significativamente denominata dal pubblico ministero «seguito di
proposta di applicazione di misura patrimoniale».
Il dato meramente formale dell'iscrizione di un nuovo
procedimento, a fronte della riproposizione, sulla base di una
piattaforma probatoria integrata, di una proposta pressocche'
identica a quella originaria nei propri elementi costitutivi non puo'
radicare la diversita' del procedimento di prevenzione, in quanto,
altrimenti, la garanzia dell'imparzialita' del giudice riceverebbe
una diversa tutela a fronte delle determinazioni, meramente
amministrative, della cancelleria del tribunale.
5. L'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, dunque, non
consente che le valutazioni espresse dal giudice in una fase diversa
del medesimo procedimento di prevenzione, come nel provvedimento di
restituzione degli atti adottato ai sensi dell'art. 20, comma 2, del
decreto legislativo n. 159 del 2011, possano fondare la sua
incompatibilita' a decidere della confisca e che il proposto o i
terzi incisi dalla misura di prevenzione patrimoniale in tal caso
possano ricusare i giudici.
La disciplina delle misure di prevenzione non contempla, infatti,
cause di incompatibilita' interne al primo grado di giudizio.
Il Collegio dubita, tuttavia, della legittimita' costituzionale
di tale mancata previsione e solleva d'ufficio la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, lettera a), codice
di procedura penale, nella parte in cui non prevede che possa essere
ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sul
sequestro e sulla confisca di prevenzione, abbia disposto nel
medesimo procedimento, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto
legislativo n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all'autorita'
proponente, per contrasto con gli articoli 24, 111, 117 della
Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 6 CEDU e 47
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
6. La questione di costituzionalita' proposta e' rilevante, in
quanto la disposizione censurata deve essere applicata per decidere
del motivo di ricorso proposto.
6.1. Il ricorrente censura, infatti, l'interpretazione dell'art.
37 codice di procedura penale operata della Corte di appello di
Firenze, volta a escludere in radice l'ammissibilita' della
ricusazione del giudice della prevenzione che abbia in precedenza
adottato un provvedimento di restituzione degli atti all'organo
proponente, ma, per le ragioni esposte, solo l'accoglimento della
questione di costituzionalita' proposta consentirebbe di dichiarare
la fondatezza del ricorso.
6.2. Il dubbio di legittimita' costituzionale sollevato da questa
Corte non puo', peraltro, essere risolto ricorrendo ad
un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 37 codice
di procedura penale.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di
legittimita', infatti, i motivi di ricusazione del giudice sono da
ritenersi tassativi e non estensibili in via analogica (Sez. 3, n.
42193 del 1° ottobre 2003, ..., Rv. 226693 - 01; Sez. 2, n. 31946 del
9 aprile 2002, ..., Rv. 222271); parimenti le disposizioni relative
ai casi di incompatibilita' che possono dare luogo a legittime
dichiarazioni di ricusazione hanno carattere eccezionale e tassativo
(ex plurimis: Sez. 6, n. 22960 del 30 gennaio 2008, ..., Rv. 240363 -
01).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione, peraltro, sono state
investite del quesito relativo all'applicabilita' dell'intera
disciplina delle cause di incompatibilita' del giudice delineata dal
codice di procedura penale e, dunque, anche dell'ammissibilita' della
ricusazione del giudice della prevenzione nel caso in cui la
pronuncia pregiudicante sia intervenuta nello stesso procedimento, ai
sensi dell'art. 34 codice di procedura penale, richiamato dall'art.
36, comma 1, lettera g), codice di procedura penale.
Le Sezioni unite, tuttavia, nella sentenza ..., hanno ritenuto la
questione di diritto non pertinente alla soluzione del quesito
sottoposto alla loro cognizione e, al par. 2.2 del Considerato in
diritto, hanno rilevato che l'ampliamento del catalogo tassativo
delle cause di incompatibilita' del giudice della prevenzione
potrebbe essere operato solo ricorrendo alla proposizione di un
incidente di costituzionalita', ritenuto non rilevante in quel caso.
6.3. Non ricorrono, del resto, gli estremi per applicare la causa
di ricusazione di cui all'art. 37, comma 1, lettera b), codice di
procedura penale, relativa alla manifestazione di indebito
convincimento da parte del giudice, nell'esercizio delle proprie
funzioni.
Il Tribunale di Firenze, infatti, nel disporre la restituzione
degli atti al pubblico ministero ha legittimamente rilevato le
carenze probatorie della proposta di applicazione delle misure di
prevenzione, senza esorbitare dall'ambito delle valutazioni
consentite dall'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del
2011.
Il carattere indebito della manifestazione del convincimento del
giudice richiede, del resto, che l'esternazione venga espressa senza
alcuna necessita' funzionale e al di fuori di ogni collegamento con
l'esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase
procedimentale (ex plurimis: Sez. U, n. 41263 del 27 settembre 2005,
Rv. 232067; conf. Sez. 2, n. 26974 del 24 luglio 2020, ..., Rv.
279649 - 01; Sez. 5, n. 3033 del 30 novembre 2017, dep. 2018, ...,
Rv. 272274; Sez. 6, n. 43965 del 30 settembre 2015, ... e altro, Rv.
264985; Sez. 3, n. 17868 del 17 marzo 2009, ... e altro, Rv. 243713).
7. Ritiene, inoltre, il Collegio che la questione di
costituzionalita' proposta sia non manifestamente infondata.
7.1. Il pregiudizio per l'imparzialità -neutralita' del giudice
puo' essere determinato anche dalle valutazioni espresse nel
provvedimento di restituzione degli atti all'organo proponente ai
sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011.
Questo provvedimento puo', infatti, esprimere una valutazione
positiva sul merito della proposta (e, segnatamente, non solo sulla
pericolosita' del proposto, ma anche sulla sproporzione
patrimoniale), che non conduce all'accoglimento del sequestro solo
per minimali carenze istruttorie, segnalate dal tribunale all'organo
proponente.
L'apprezzamento di merito svolto dal tribunale nel restituire gli
atti puo', dunque, essere cosi' incisivo da risolversi, sotto il
profilo sostanziale, in una sorta di provvedimento di accoglimento
condizionato all'integrazione delle lacune probatorie o, comunque, in
una anticipazione del futuro accoglimento, una volta emendate le
carenze riscontrate.
Se, dunque, il tribunale chiamato a giudicare della proposta
dell'applicazione della misura di prevenzione e' composto da alcuni o
da tutti i giudici che hanno adottato il provvedimento di
restituzione degli atti, l'indipendenza del giudice e' obiettivamente
vulnerata, in quanto e' condizionata dalla «forza della prevenzione»
ossia dalla «tendenza a confermare una decisione o a mantenere un
atteggiamento gia' assunto, derivante da valutazioni che sia stato
precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res
iudicanda» (Corte costituzionale, sentenza n. 172 del 2023; Corte
costituzionale, sentenza n. 64 del 2022, Corte costituzionale,
sentenza n. 306 del 1997).
L'identita' del soggetto e dei presupposti di fatto sui quali il
tribunale e' chiamato a pronunciarsi (e, dunque, dell'oggetto del
procedimento di prevenzione) rende concreto il pregiudizio per
l'imparzialita' del giudice che il provvedimento di restituzione
degli atti all'organo proponente in tal caso determina.
7.2. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 24 del 2019, ha
affermato l'esistenza di un vero e proprio «statuto di garanzia
costituzionale e convenzionale delle misure di prevenzione, personale
e patrimoniali».
Pur non avendo tali misure carattere sanzionatorio o repressivo,
esse incidono pesantemente sui diritti di liberta' di movimento, di
proprieta' e di iniziativa economica, tutelati a livello
costituzionale e, dunque, «dovranno soggiacere al combinato disposto
delle garanzie cui la Costituzione e la stessa Conv. EDU subordinano
la legittimita' di qualsiasi restrizione ai diritti in questione, tra
cui: [...] «c) la necessita' che la sua applicazione sia disposta in
esito a un procedimento che - pur non dovendo necessariamente
conformarsi ai principi che la Costituzione e il diritto
convenzionale dettano specificamente per il processo penale - deve
tuttavia rispettare i canoni generali di ogni "giusto" processo
garantito dalla legge (artt. 111, primo, secondo e sesto comma, della
Costituzione, e 6 CEDU, nel suo "volet civil"), assicurando in
particolare la piena tutela al diritto di difesa (art.
24 della Costituzione) di colui nei cui confronti la misura sia
richiesta».
La garanzia dell'imparzialita' e della neutralita' del giudice,
del resto, costituisce uno dei piu' rilevanti aspetti del principio
del giusto processo (ex plurimis: Corte costituzionale, sentenza n.
283 del 2000).
La Corte costituzionale ha, infatti, affermato che «il principio
del giudice terzo e imparziale, che in passato la giurisprudenza di
questa Corte aveva ricavato da altri parametri (artt. 3, 25, 101 e
108 della Costituzione), ha assunto autonoma rilevanza con la legge
costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei principi del
giusto processo nell'art. 111 della Costituzione), si' da costituire
connotato essenziale e necessario dell'esercizio di ogni
giurisdizione. Si e' quindi precisato che «[i]l processo in tanto
puo' dirsi "giusto" in quanto sia garantita l'imparzialita' del
giudice»; e si e' sottolineato che l'imparzialita' «non e' che un
aspetto di quel carattere di "terzieta'" che connota nell'essenziale
tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice,
distinguendola da quella degli altri soggetti pubblici, e condiziona
l'effettivita' del diritto di azione e difesa in giudizio» (Corte
costituzionale, sentenza n. 179 del 2024).
Il diritto fondamentale all'imparzialita' del giudice trova, del
resto, ulteriore ed esplicito riconoscimento sia nell'art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (che sancisce il
«diritto a un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale»), che
nell'art. 6, paragrafo 1, CEDU (che stabilisce che «ogni persona ha
diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e
in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale indipendente e
imparziale») e nell'art. 14, par. 1, del Patto internazionale sui
diritti civili e politici del 1966 (secondo cui «Ogni individuo ha
diritto ad un'equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale
competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge»).
7.3. La mancata previsione di un causa di ricusazione del giudice
che abbia disposto la restituzione degli atti, in ragione degli
apprezzamenti di merito espressi in questo provvedimento, lede,
dunque, il diritto fondamentale del proposto ad un giudice imparziale
e, al contempo, vulnera il suo diritto di difesa, in quanto non gli
consente di attivare i rimedi opponitivi volti a garantire la
terzieta' del giudice.
8. La Corte di appello di Firenze ha escluso la fondatezza della
dichiarazione di ricusazione proposta dal ricorrente, in quanto
nessuna incompatibilita' potrebbe sussistere rispetto alla decisione
di primo grado per effetto dell'adozione di un provvedimento
cautelare, quale quello di sequestro, trattandosi di una decisione
comunque attribuita all'unico giudice funzionalmente designato per il
grado.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di
legittimita', del resto, non si configura alcuna incompatibilita', ai
sensi dell'art. 34 codice di procedura penale, a partecipare al
giudizio per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale
della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente
adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell'art. 20 decreto
legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dal momento che tale
provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato ad
essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non puo' dirsi
riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento
(cosi' Sez. 6, n. 49254 del 14 ottobre 2016, ..., Rv. 268169 - 01).
E' stata, inoltre, ritenuta manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 34 codice di procedura
penale, sollevata con riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 111 della
Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a
partecipare al giudizio di prevenzione patrimoniale del giudice che
abbia in precedenza adottato un provvedimento di sequestro, avendo
quest'ultimo carattere interinale e provvisorio, inserito in
procedimento destinato a concludersi in una pronuncia decisoria
finale (Sez. 5, sentenza n. 38458 del 18 luglio 2012, ..., Rv. 253570
- 01; Sez. 1, n. 15684 del 7 febbraio 2002, ..., Rv. 221844 - 01) e
tale orientamento e' stato confermato anche dalle Sezioni unite ...
al § 8.2.1 del Considerato in diritto.
8.1. Ritiene, tuttavia, il Collegio che questi principi di
diritto non siano pertinenti alla soluzione della questione di
diritto posta dal ricorrente.
La Corte costituzionale, a piu' riprese, ha escluso
l'incompatibilita' a decidere il merito del giudice che abbia
provveduto in via cautelare nella stessa fase, in quanto
«[A)ll'interno di ciascuna delle fasi - intese come sequenze ordinate
di atti che possono implicare apprezzamenti incidentali, anche di
merito, su quanto in esse risulti, prodromici alla decisione
conclusiva - va, in ogni caso, preservata l'esigenza di continuita' e
di globalita', venendosi altrimenti a determinare una frammentazione
del procedimento, che implicherebbe la necessita' di disporre, per la
medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli
atti da compiere» (Corte costituzionale, sentenza n. 93 del 2024, e i
precedenti ivi citati, con riferimento alla incompatibilita' a
decidere sull'opposizione all'archiviazione per particolare tenuita'
del fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la
richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la
suddetta causa di esclusione della punibilita' e disponendo la
restituzione degli atti al pubblico ministero).
La giurisprudenza della Corte costituzionale, tuttavia,
distingue, quanto all'insorgenza di situazioni di incompatibilita'
rilevanti ai sensi dell'art. 34 codice di procedura penale, i
provvedimenti cautelari adottati dal giudice nel processo di merito,
che hanno valenza meramente endofasica, dai provvedimenti del giudice
di restituzione degli atti al pubblico ministero.
Questi ultimi, infatti, assumono efficacia pregiudicante, in
quanto la trasmissione degli atti al pubblico ministero determina la
regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari.
Tanto e' accaduto, ad esempio, con riferimento al caso della
incompatibilita' del giudice per le indagini preliminari che, dopo
aver rigettato la richiesta di decreto penale di condanna per mancata
contestazione di una circostanza aggravante disposto la restituzione
degli atti al pubblico ministero, sia chiamato a pronunciarsi sulla
nuova richiesta di decreto penale formulata dal pubblico ministero in
conformita' ai rilievi del giudice stesso (Corte costituzionale,
sentenza n. 16 del 2022). Al caso della incompatibilita' alla
trattazione dell'udienza preliminare del giudice che abbia ordinato,
all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto
storico a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al
pubblico ministero, a norma dell'art. 521, comma 2, codice di
procedura penale (Corte costituzionale, sentenza n. 400 del 2008).
Nonche' al caso della incompatibilita' alla funzione di giudizio del
giudice che abbia, all'esito di precedente dibattimento, riguardante
il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la
trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521,
comma 2, codice di procedura penale (Corte costituzionale, sentenza
n. 455 del 1994).
Il pubblico ministero, per effetto del provvedimento del giudice
di restituzione degli atti, e', dunque, reintegrato nelle proprie
attribuzioni originarie e puo' scegliere anche di archiviare il
procedimento e di non reiterare l'esercizio dell'azione penale.
Proprio da tale rilievo e' sorta, appunto, l'esigenza
costituzionale che la nuova udienza preliminare (sentenza n. 400 del
2008), il nuovo dibattimento (sentenza n. 455 del 1994) o la nuova
richiesta di decreto penale (sentenza n. 16 del 2022), per lo stesso
fatto storico e nei confronti del medesimo imputato, siano attribuiti
alla cognizione di un giudice diverso da quello che ha disposto la
restituzione degli atti e, dunque, pienamente indipendente e non reso
sospetto dalla forza della prevenzione.
8.2. Muovendo da tali principi, deve rilevarsi che la
restituzione degli atti disposta ai sensi dell'art. 20, comma 2, del
decreto legislativo n. 159 del 2011, nel contesto del medesimo
procedimento di prevenzione, definisce la fase di deliberazione del
tribunale e determina la riespansione della fase delle indagini.
Per effetto del provvedimento di restituzione degli atti, dunque,
l'organo proponente e' restituito nell'integralita' delle proprie
attribuzioni e puo' anche decidere di archiviare (e, dunque, di non
proseguire) il procedimento di prevenzione.
Il deposito della nuova proposta di applicazione della misura di
prevenzione apre, infatti, una nuova fase del medesimo giudizio di
primo grado, che sebbene omologa alla precedente, e' distinta e
proprio in questa fase la valutazione «contenutistica» espressa nel
provvedimento di rigetto della prima proposta esplica la propria
efficacia pregiudicante.
La restituzione degli atti all'organo proponente ai sensi
dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011
presenta, dunque, analogie solo apparenti con il potere accordato
dall'art. 421-bis, comma 1, codice di procedura penale al giudice
dell'udienza preliminare, quando le indagini siano incomplete, di
indicarne ulteriori al pubblico ministero, in quanto, in tal caso il
processo penale «rimane» pur sempre pendente nella fase dell'udienza
preliminare; questa disposizione sancisce, infatti, che il giudice,
nell'ordinanza per l'integrazione delle indagini, fissa il termine
per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare per
il proseguimento di un giudizio temporaneamente sospeso.
La restituzione degli atti disposta nel procedimento di
prevenzione produce, invece, effetti analoghi a quelli delle
«indagini coatte», disposte, ai sensi dell'art. 409, comma 4, codice
di procedura penale, dal giudice per le indagini preliminari
investito della richiesta di archiviazione.
Per effetto di tale ordine, infatti, il giudice per le indagini
preliminari non puo' trattenere gli atti presso il proprio ufficio
(Sez. 3, n. 2212 del 6 maggio 1991, ..., Rv. 187089 - 01), ma deve
restituirli al pubblico ministero, il quale all'esito dei nuovi
accertamenti compiuti potra' decidere se esercitare l'azione penale
(Sez. 5, n. 1694 del 14 aprile 1999, ..., Rv. 213207 - 01) o
richiedere nuovamente l'archiviazione (Sez. 5, n. 611 del 5 febbraio
1999, ..., Rv. 214601 - 01; Sez. 6, n. 2100 dell'8 giugno 1998, ...,
Rv. 211957 - 01).
8.3. Muovendo da tali premesse deve, dunque, rilevarsi che la
restituzione degli atti disposta dal tribunale, chiamato ad applicare
il sequestro e la confisca di prevenzione, assume efficacia
pregiudicante ai sensi dell'art. 34 codice di procedura penale
(richiamato, per il tramite dell'art. 36, comma 1, lettera g), codice
di procedura penale, dall'art. 37, comma 1, lettera a), in quanto:
le valutazioni espresse nel provvedimento di restituzione
degli atti hanno ad oggetto la medesima res iudicanda oggetto della
successiva proposta;
il giudice che restituisce gli atti non solo conosce, ma
valuta anche gli elementi probatori e, dunque, decide nel merito
della misura di prevenzione, sostanzialmente esprimendosi sulla
fondatezza della proposta;
il provvedimento di restituzione degli atti, determinando la
regressione del procedimento di prevenzione alla fase iniziale,
reintegra l'organo proponente nelle proprie attribuzioni.
9. Alla stregua dei rilievi che precedono, la Corte, ai sensi
dell'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara,
d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, lettera a), in
relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), codice di procedura
penale, che richiama l'art. 34 codice di procedura penale, nella
parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il
giudice che, chiamato a decidere sull'applicazione della misura di
prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento,
ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del
2011, la restituzione degli atti all'autorita' proponente, per
contrasto con gli articoli 24, 111, 117 della Costituzione,
quest'ultimo in relazione agli articoli 6 CEDU e 47 Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea.
In conformita' all'art. 23, comma 4, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, deve essere disposta l'immediata trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso.
La cancelleria provvedera', inoltre, a notificare la presente
ordinanza al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e alla sua
comunicazione ai Presidenti delle due camere del Parlamento.
P.Q.M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, codice di
procedura penale, in riferimento agli articoli 24, 111 e 117 della
Costituzione.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due camere del Parlamento.
Cosi' deciso il 10 settembre 2024.
Il Presidente: Aprile
Il consigliere estensore: D'Arcangelo
Oggetto:
Processo penale – Ricusazione del giudice - Mancata previsione che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sull’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all’autorità proponente – Violazione del principio di imparzialità del giudice Lesione del diritto di difesa - Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali che riconoscono il diritto fondamentale ad un giudice imparziale.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 37 Co. 1
codice di procedura penale del Num. Art. 36 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 24 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 47 Co.
Udienza Pubblica del 23 settembre 2025 rel. LUCIANI
Testo dell'ordinanza
N. 243 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 dicembre 2024 Ordinanza del 4 dicembre 2024 della Corte di cassazione nel procedimento penale a carico di M. F. . Processo penale - Ricusazione del giudice - Mancata previsione che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sull'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all'autorita' proponente. - Codice di procedura penale, art. 37, comma 1 [, lettera a)], in relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), del medesimo codice. (GU n. 3 del 15-01-2025) LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sesta sezione penale Composta da: Ercole Aprile, Presidente; Paola Di Nicola Travaglini; Debora Tripiccione; Paolo Di Geronimo; Fabrizio D'Arcangelo, relatore; Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da ... F. M., nato a ... il ... avverso l'ordinanza del 13 novembre 2023 emessa dalla Corte di appello di Firenze; Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo; Lette le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Simone Perelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso; Lette le conclusioni del difensore, avvocato Marco Talini, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Firenze, con l'ordinanza impugnata, ha rigettato la dichiarazione di ricusazione proposta da M. F. nei confronti dei magistrati del Tribunale di Firenze, che, dopo aver restituito gli atti al pubblico ministero del Tribunale di Livorno in data 2 maggio 2022, hanno disposto il sequestro di prevenzione nei confronti della parte istante, con decreto emesso in data 11 maggio 2023, e sono chiamati a decidere sull'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca. 2. L'avvocato Marco Talini, difensore di Fedele, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, proponendo un unico motivo di ricorso. 2.1. Il difensore premette che: a) il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Livorno, nel procedimento di prevenzione iscritto al n. 3/2023 R.G.M.P., con la proposta depositata in data 24 gennaio 2022, integrata con atto del 30 marzo 2022, ha richiesto nei confronti di M. F. l'applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per tre anni con obbligo di soggiorno e della confisca, previa adozione del provvedimento cautelare del sequestro, di un consistente patrimonio, composto da circa cento unita' immobiliari, intestate al proposto, alla moglie e ai figli, e da disponibilita' finanziarie detenute, per l'ammontare di euro 5.353.840,00, in Liechtenstein; b) il Tribunale di Firenze, composto dai magistrati dott.ssa Silvia Cipriani, presidente, dott.ssa Silvia Isidori e dott. Alessio Innocenti giudici a latere, con decreto emesso in data 2 maggio 2022, ha disposto, ai sensi dell'art. 21, comma 2, decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la restituzione degli atti al pubblico ministero «per la richiesta degli ulteriori elementi informativi indicati in parte motiva»; Il tribunale, in questo provvedimento, ha rilevato l'incompletezza delle indagini e ha inviato il pubblico ministero a fornire elementi probatori ulteriori. c) il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Livorno in data 11 novembre 2023 ha depositato un «seguito di proposta di applicazione di misura patrimoniale», iscritto al n. 4/2022 R.G.M.P., nel quale, dopo aver integrato gli elementi probatori addotti relativamente alla valutazione di sproporzione e aver individuato due ulteriori conti correnti all'estero intestati al figlio del proposto, ha ribadito le richieste gia' operate in precedenza; d) il Tribunale di Firenze, nella medesima composizione, con decreto emesso in data 11 maggio 2023, ha disposto il sequestro di prevenzione di tutti i beni mobili e immobili intestati a M. F., alla moglie e ai figli; e) il proposto, con memoria depositata in data 5 ottobre 2023, ha invitato il Collegio, composto dai predetti magistrati, ad astenersi dal decidere sulla confisca di prevenzione; L'istante ha posto a fondamento della propria richiesta sia l'art. 37, comma 1, lettera b), codice di procedura penale, nel testo che risulta a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale del 14 luglio 2000, n. 283, in quanto il Collegio ha precedentemente espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto nel procedimento di prevenzione n. 4/2022 R.G.M.P., e, sia l'art. 37, comma 1, lettera a), codice di procedura penale, in relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), codice di procedura penale, in quanto il collegio sarebbe incompatibile a decidere per aver compiuto atti del procedimento tali da pregiudicarne la terzieta' e l'imparzialita', e, segnatamente, per aver adottato il provvedimento di restituzione degli atti all'organo proponente in data 2 maggio 2022; Ad avviso del proposto, infatti, il provvedimento di restituzione degli atti adottato dal tribunale in data 2 maggio 2022, esprimendo ampie e analitiche valutazioni di merito, avrebbe assunto efficacia pregiudicante nei confronti degli stessi giudici chiamati a decidere sulla pressoche' identica proposta successivamente formulata da parte del Procuratore della Repubblica di Livorno. f) il proposto ha rinnovato la richiesta di astensione all'udienza dell'11 ottobre 2023; g) il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa in data 11 ottobre 2023, ha rigettato la richiesta di astensione; Il tribunale, in questo provvedimento, ha rilevato che le Sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 25951 del 24 febbraio 2002, hanno statuito che il motivo di ricusazione previsto dall'art. 37, comma 1, codice di procedura penale - come risultante a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 283 del 2000 - e' applicabile al procedimento di prevenzione nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale, ma hanno precisato che la decisione sul sequestro non determina alcuna incompatibilita' a decidere della confisca; h) M. F. in data 11 ottobre 2023 ha depositato, ai sensi dell'art. 38, comma 3, codice di procedura penale, presso la cancelleria della Corte di appello di Firenze, dichiarazione di ricusazione del collegio composto dai giudici dott.ssa Silvia Cipriani, presidente, dott.ssa Silvia Isidori e dott. Alessio Innocenti giudici a latere, per le medesime ragioni giuridiche esposte nella richiesta di astensione; i) il proposto, con memoria depositata in pari data, ha inoltre eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34 codice di procedura penale, in relazione agli articoli 20 e 24 decreto legislativo n. 159 del 2011, nella parte in cui non e' prevista nel processo di prevenzione l'incompatibilita' del giudice che abbia disposto, ai sensi dell'art. 20, comma 2, decreto legislativo cit. la restituzione degli atti all'organo proponente, a decidere, successivamente all'integrazione probatoria, sul sequestro o, comunque, sulla confisca. Ad avviso del ricorrente, la mancata previsione di tali incompatibilita' contrasta con gli articoli 24, 111 e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU, 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che garantiscono il diritto di difesa in ogni stato e grado del processo e che lo stesso deve necessariamente svolgersi davanti a un giudice terzo e imparziale; j) la Corte di appello di Firenze, con il provvedimento impugnato, ha rigettato la richiesta di ricusazione. 2.2. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, censura la mancanza di motivazione dell'ordinanza impugnata in ordine all'incompatibilita' dei giudici ricusati a decidere sul sequestro di prevenzione dopo aver adottato, nel provvedimento di restituzione degli atti, valutazioni di merito in relazione alla medesima persona e ai medesimi elementi (la pericolosita' generica negli stessi periodi temporali e la sproporzione reddituale e patrimoniale). Il difensore rileva che la Corte di appello ha rigettato come «totalmente infondata» la censura proposta e ha stigmatizzato come «quantomeno singolare» l'argomento del difensore «laddove si afferma che sarebbe motivo di ricusazione il provvedimento che il giudice adotta sulla base di una espressa previsione normativa». Il difensore, tuttavia, eccepisce di non aver contestato l'illegittimita' del provvedimento di restituzione atti, adottato dal tribunale in conformita' all'art. 20, comma 2, decreto legislativo n. 159 del 2011, quanto il fatto che lo stesso collegio, nella medesima composizione, dopo aver disposto la restituzione degli atti, possa decidere sulla nuova proposta di misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti della stessa persona. Il Tribunale di Firenze, infatti, nel provvedimento di restituzione atti, avrebbe espresso penetranti valutazioni sul merito della proposta e avrebbe fornito specifiche indicazioni all'organo proponente sugli ulteriori atti di indagine da compiere, nonche' sull'ulteriore documentazione da acquisire perche' potesse essere disposto il sequestro. Queste valutazioni, essendo ampiamente anticipatorie degli apprezzamenti di merito che avrebbero dovuto essere espressi nella decisione sulla proposta della confisca di prevenzione, determinerebbero l'incompatibilita' dei predetti magistrati a decidere in ordine al provvedimento ablatorio, richiesto nei confronti della medesima persona e sulla base delle medesime circostanze di fatto, e ne legittimerebbero la ricusazione. Il difensore chiede, dunque, che la Corte di cassazione dichiari la fondatezza della dichiarazione di ricusazione formulata, riconoscendo l'incompatibilita' a decidere sulla proposta di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale dei giudici che in precedenza abbiano disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, in virtu' dell'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, nel testo che risulta dalla sentenza additiva n. 283 del 2000 della Corte costituzionale, per come interpretato dalla sentenza delle Sezioni unite n. 25951 del 24 febbraio 2022. 3. Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 25 giugno 2024, il procuratore generale, Simone Perelli, ha chiesto di rigettare il ricorso. Con memoria depositata in data 25 luglio 2024, l'avvocato Marco Talini ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, censura la motivazione dell'ordinanza impugnata e chiede che la Corte di cassazione accolga la dichiarazione di ricusazione dei giudici che hanno disposto il sequestro e che sono chiamati a decidere della confisca di prevenzione dopo aver espresso, nel provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero, valutazioni di merito riferite alla medesima persona e alle medesime circostanze di fatto. 2. Dall'esame diretto degli atti processuali (ammesso in sede di legittimita' quando e' censurata una violazione della legge processuale, ex plurimis: Sez. U, n. 42792 del 31 ottobre 2001, ..., Rv. 229092), risulta che il Tribunale di Firenze, investito della proposta di applicazione di misure di prevenzione nei confronti di M. F., ha disposto, con decreto emesso in data 2 maggio 2022, la restituzione degli atti all'organo proponente, rilevando l'incompletezza delle indagini. Il Tribunale di Firenze, nella medesima composizione, con decreto emesso in data 3 aprile 2024, ha disposto, in via cautelare, il sequestro di prevenzione nei confronti del ricorrente e ha contestualmente fissato l'udienza dell'11 ottobre 2023, in Camera di consiglio, per decidere sulla richiesta di applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. 3. L'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 sancisce che «[P]rima di ordinare il sequestro o disporre le misure di cui agli articoli 34 e 34-bis e di fissare l'udienza, il tribunale restituisce gli atti all'organo proponente quando ritiene che le indagini non siano complete e indica gli ulteriori accertamenti patrimoniali indispensabili per valutare la sussistenza dei presupposti di cui al comma 1 per l'applicazione del sequestro o delle misure di cui agli articoli 34 e 34-bis». La disposizione, introdotta nella trama sistematica del codice antimafia dall'art. 5, comma 4, della legge 17 ottobre 2017, n. 161, attribuisce il potere al tribunale, prima che sia fissata l'udienza in contraddittorio, di disporre la restituzione degli atti all'organo proponente quando la proposta di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali sia incompleta sotto il profilo probatorio. Nell'intento del legislatore, dunque, qualora il mancato accoglimento della proposta di applicazione delle misure di prevenzione dipenda da lacune istruttorie, il tribunale non deve rigettare la richiesta di sequestro e fissare l'udienza in contraddittorio, ma, per evitare che il proposto, reso edotto dell'iniziativa cautelare, possa porre in essere atti di dispersione o di occultamento dei propri beni, deve restituire gli atti all'organo proponente per consentirgli di integrare la piattaforma probatoria. L'esercizio del potere di restituzione degli atti lascia, peraltro, immutato il potere del tribunale, riconosciuto dall'art. 19, comma 5, decreto legislativo n. 159 del 2011, di procedere ufficiosamente, una volta aperta la fase in contraddittorio e ove ritenuto necessario, a indagini ulteriori rispetto a quelle gia' compiute dall'organo proponente. 4. Nella disciplina vigente il proposto o, comunque, il soggetto inciso dall'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale non puo' ricusare il giudice che, dopo aver disposto la restituzione degli atti all'autorita' proponente ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011, abbia adottato in via cautelare il sequestro e sia chiamato a decidere della confisca. Il legislatore non ha, infatti, previsto una disciplina delle cause di ricusazione applicabili nel processo di prevenzione. 4.1. La giurisprudenza di legittimita', nel silenzio della legge, ha ritenuto applicabili al procedimento di prevenzione le disposizioni in tema di incompatibilita', astensione e ricusazione del giudice dettate dagli articoli 34, comma 1, 35, 36, comma 1, lettera a), b), c), d), f), h) codice di procedura penale (ex plurimis: Sez. 1. n. 43081 del 27 maggio 2016, ..., Rv. 268666 - 01), ovvero tutte le ipotesi previste da tali disposizioni in cui il giudice si trovi in una delle condizioni di «appannamento» dell'apparenza di imparzialita', dovute a cause extragiudiziarie o, comunque, esterne al procedimento. 4.2. Controversa e' stata, invece, la possibilita' di ricusare il giudice chiamato ad applicare le misure di prevenzione per effetto delle valutazioni in precedenza espresse nei confronti del medesimo soggetto in sede di cognizione penale o in un altro procedimento di prevenzione. L'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, prevede, infatti, la possibilita' per le parti di ricusare il giudice, oltre che per le situazioni esterne al procedimento previste dall'art. 36, comma 1, lettera a), b), c), d), f), codice di procedura penale, anche quando il giudice si trovi in una delle situazioni di incompatibilita' stabilite dall'art. 34 del codice di rito. Un orientamento della giurisprudenza di legittimita' ha negato tale possibilita' nel procedimento di prevenzione, in quanto l'attivita' pregiudicata dalla precedente valutazione di merito deve attenere alla responsabilita' penale dell'imputato; il giudizio retrospettivo operato dal giudice della prevenzione non e', infatti, volto a ricostruire uno specifico fatto di reato, ma ad accertare le condotte della persona in funzione della formulazione di una prognosi di pericolosita' attuale e/o di illecita accumulazione patrimoniale (Sez. 2, n. 37060 dell'11 gennaio 2019, ..., Rv. 277038 - 01; Sez. 6, n. 51793 del 13 settembre 2018, ..., Rv. 274576 - 01; Sez. 5, n. 23629 del 19 febbraio 2018, ..., Rv. 273281 - 01; Sez. 1, n. 43081 del 27 maggio 2016, ..., Rv. 268665 - 01; Sez. 1, n. 15834 del 19 marzo 2009, ..., Rv. 243747 - 01), e il procedimento di prevenzione non e' definito da una sentenza, ma da un decreto (Sez. 2, n. 2821 del 2 dicembre 2008, ..., Rv. 242720 - 01; Sez. 6, n. 22960 del 30 gennaio 2008, ..., Rv. 240363 - 01). Un opposto orientamento ha, invece, ritenuto applicabile al processo di prevenzione la disciplina delle cause di incompatibilita' del giudice, stante la natura giurisdizionale di questo processo, la valenza sostanziale di sentenza del decreto che dispone la misura di prevenzione, la sua incidenza su diritti fondamentali, quali la liberta' personale (di cui all'art. 13 della Costituzione), la liberta' di circolazione (di cui all'art. 2 del Prot. n. 4 CEDU) e il diritto di proprieta' e di iniziativa economica (di cui agli articoli 41 e 42 della Costituzione e 1 Prot. add. CEDU), e la conseguente necessita' di garantire, anche in tale ambito, l'imparzialita' del giudice (Sez. 1, n. 4330 del 10 dicembre 2020, ..., Rv. 280753 - 01; Sez. 6, n. 41975 del 2 aprile 2019, ..., Rv. 277373 - 01; Sez. 5, n. 32077 del 24 giugno 2014, ..., Rv. 261643 - 01; Sez. 6, n. 15979 dell'8 marzo 2016, ..., Rv. 266533 - 01; Sez. 1, n. 32494 del 10 luglio 2015, ..., Rv. 264621 - 01; Sez. 5, n. 3278 del 16 ottobre 2008, dep. 2009, ..., Rv. 242942 - 01). Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno risolto il contrasto di giurisprudenza, richiamando la sentenza n. 238 del 2000 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilita' di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto. In questa sentenza la Corte costituzionale, ha, peraltro, rilevato che, nella precedente pronuncia n. 306 del 1997, pur avendo dichiarato inammissibile la questione di costituzionalita' proposta, ha gia' avuto occasione di affermare che il pregiudizio per l'imparzialità -neutralita' del giudice puo' verificarsi anche nei rapporti tra il procedimento penale e quello di prevenzione, quando la valutazione pregiudicante sia stata espressa nel primo in sede di accertamento dei gravi indizi di colpevolezza, quale condizione di applicabilita' delle misure cautelari. Le Sezioni unite hanno, dunque, rilevato che la Corte costituzionale ha stabilito che le valutazioni espresse in un precedente giudizio penale possono pregiudicare il giudice della prevenzione, pur nella diversita' delle finalita' e dell'oggetto del processo penale di cognizione dal procedimento di prevenzione. La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2000, pertanto, non ha una valenza meramente «unidirezionale», ma «bidirezionale»; la pronuncia non si limita a sancire l'efficacia «pregiudicante» che le valutazioni espresse nel processo di prevenzione possono assumere sulla successiva decisione di merito, ma considera anche l'efficacia pregiudicante che le valutazioni espresse nel giudizio di merito o di altro processo di prevenzione possono assumere sul giudice della prevenzione. Non vi e', peraltro, ragione per la quale l'imparzialita' del giudice debba atteggiarsi diversamente nel processo di prevenzione dal processo penale, in quanto l'imparzialita' e' tra i naturalia di qualsiasi forma di processo; fallace e', inoltre, la differenziazione tra i procedimenti basata sulla ritenuta diversita' di struttura della valutazione giudiziale, di tipo prognostico nel giudizio di prevenzione e di natura cognitiva in quello penale, in quanto la terzieta' del giudice deve presiedere a qualsiasi procedimento, in quanto precondizione della giurisdizione. Le Sezioni unite hanno, inoltre, precisato che «se il differente oggetto dell'accertamento puo' in astratto giustificare l'autonomia dei procedimenti (come gia' riconosciuto da Corte costituzionale n. 275 del 1996), sul piano dell'attivita' di indagine e di raccolta del materiale investigativo, perde, invece, consistenza argomentativa rispetto alla tutela dei diritti fondamentali delle diverse situazioni soggettive»; il difetto di imparzialita' del giudice, infatti, «comporterebbe inevitabilmente lo svuotamento sostanziale del significato proprio di tutte le regole e le garanzie processuali, che si risolverebbero in un mero e facoltativo simulacro». Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno, dunque, statuito che il motivo di ricusazione previsto dall'art. 37, comma 1, codice di procedura penale - come risultante a seguito dell'intervento additivo effettuato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 283 del 2000 - e' applicabile anche al procedimento di prevenzione nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale (Sez. U, n. 25951 del 24 febbraio 2022, ..., Rv. 283350 - 01). 4.3. Il motivo di ricorso devoluto alla cognizione del Collegio, tuttavia, non puo' essere deciso ricorrendo alle statuizioni della sentenza n. 283 del 2000 della Corte costituzionale o al principio di diritto enunciato delle Sezioni unite nella sentenza. Queste pronunce, infatti, riguardano fattispecie nelle quali la valutazione pregiudicante e' stata adottata in procedimento distinto da quello pregiudicato o, comunque, pregiudicabile. Nel caso oggetto del presente ricorso, invece, la valutazione pregiudicante, che consegue alla restituzione degli atti all'organo proponente, e' intervenuta nel medesimo procedimento di prevenzione, senza alcuna interferenza con precedenti giudizi penali o con altri procedimenti di prevenzione. 4.4. Nel caso di specie, del resto, anche se la proposta di applicazione delle misure di prevenzione depositata dal pubblico ministero dopo la restituzione degli atti reca un numero di ruolo diverso da quello originario, il procedimento deve ritenersi pur sempre il medesimo, in quanto permangono identici, rispetto alla richiesta originaria, il proposto, la causa petendi e il petitum (salvo che per la mera aggiunta di due conti correnti intestati al figlio del proposto). La proposta depositata dopo il provvedimento e', peraltro, stata significativamente denominata dal pubblico ministero «seguito di proposta di applicazione di misura patrimoniale». Il dato meramente formale dell'iscrizione di un nuovo procedimento, a fronte della riproposizione, sulla base di una piattaforma probatoria integrata, di una proposta pressocche' identica a quella originaria nei propri elementi costitutivi non puo' radicare la diversita' del procedimento di prevenzione, in quanto, altrimenti, la garanzia dell'imparzialita' del giudice riceverebbe una diversa tutela a fronte delle determinazioni, meramente amministrative, della cancelleria del tribunale. 5. L'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, dunque, non consente che le valutazioni espresse dal giudice in una fase diversa del medesimo procedimento di prevenzione, come nel provvedimento di restituzione degli atti adottato ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011, possano fondare la sua incompatibilita' a decidere della confisca e che il proposto o i terzi incisi dalla misura di prevenzione patrimoniale in tal caso possano ricusare i giudici. La disciplina delle misure di prevenzione non contempla, infatti, cause di incompatibilita' interne al primo grado di giudizio. Il Collegio dubita, tuttavia, della legittimita' costituzionale di tale mancata previsione e solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, lettera a), codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sul sequestro e sulla confisca di prevenzione, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all'autorita' proponente, per contrasto con gli articoli 24, 111, 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 6 CEDU e 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 6. La questione di costituzionalita' proposta e' rilevante, in quanto la disposizione censurata deve essere applicata per decidere del motivo di ricorso proposto. 6.1. Il ricorrente censura, infatti, l'interpretazione dell'art. 37 codice di procedura penale operata della Corte di appello di Firenze, volta a escludere in radice l'ammissibilita' della ricusazione del giudice della prevenzione che abbia in precedenza adottato un provvedimento di restituzione degli atti all'organo proponente, ma, per le ragioni esposte, solo l'accoglimento della questione di costituzionalita' proposta consentirebbe di dichiarare la fondatezza del ricorso. 6.2. Il dubbio di legittimita' costituzionale sollevato da questa Corte non puo', peraltro, essere risolto ricorrendo ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 37 codice di procedura penale. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita', infatti, i motivi di ricusazione del giudice sono da ritenersi tassativi e non estensibili in via analogica (Sez. 3, n. 42193 del 1° ottobre 2003, ..., Rv. 226693 - 01; Sez. 2, n. 31946 del 9 aprile 2002, ..., Rv. 222271); parimenti le disposizioni relative ai casi di incompatibilita' che possono dare luogo a legittime dichiarazioni di ricusazione hanno carattere eccezionale e tassativo (ex plurimis: Sez. 6, n. 22960 del 30 gennaio 2008, ..., Rv. 240363 - 01). Le Sezioni unite della Corte di cassazione, peraltro, sono state investite del quesito relativo all'applicabilita' dell'intera disciplina delle cause di incompatibilita' del giudice delineata dal codice di procedura penale e, dunque, anche dell'ammissibilita' della ricusazione del giudice della prevenzione nel caso in cui la pronuncia pregiudicante sia intervenuta nello stesso procedimento, ai sensi dell'art. 34 codice di procedura penale, richiamato dall'art. 36, comma 1, lettera g), codice di procedura penale. Le Sezioni unite, tuttavia, nella sentenza ..., hanno ritenuto la questione di diritto non pertinente alla soluzione del quesito sottoposto alla loro cognizione e, al par. 2.2 del Considerato in diritto, hanno rilevato che l'ampliamento del catalogo tassativo delle cause di incompatibilita' del giudice della prevenzione potrebbe essere operato solo ricorrendo alla proposizione di un incidente di costituzionalita', ritenuto non rilevante in quel caso. 6.3. Non ricorrono, del resto, gli estremi per applicare la causa di ricusazione di cui all'art. 37, comma 1, lettera b), codice di procedura penale, relativa alla manifestazione di indebito convincimento da parte del giudice, nell'esercizio delle proprie funzioni. Il Tribunale di Firenze, infatti, nel disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero ha legittimamente rilevato le carenze probatorie della proposta di applicazione delle misure di prevenzione, senza esorbitare dall'ambito delle valutazioni consentite dall'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011. Il carattere indebito della manifestazione del convincimento del giudice richiede, del resto, che l'esternazione venga espressa senza alcuna necessita' funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l'esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale (ex plurimis: Sez. U, n. 41263 del 27 settembre 2005, Rv. 232067; conf. Sez. 2, n. 26974 del 24 luglio 2020, ..., Rv. 279649 - 01; Sez. 5, n. 3033 del 30 novembre 2017, dep. 2018, ..., Rv. 272274; Sez. 6, n. 43965 del 30 settembre 2015, ... e altro, Rv. 264985; Sez. 3, n. 17868 del 17 marzo 2009, ... e altro, Rv. 243713). 7. Ritiene, inoltre, il Collegio che la questione di costituzionalita' proposta sia non manifestamente infondata. 7.1. Il pregiudizio per l'imparzialità -neutralita' del giudice puo' essere determinato anche dalle valutazioni espresse nel provvedimento di restituzione degli atti all'organo proponente ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011. Questo provvedimento puo', infatti, esprimere una valutazione positiva sul merito della proposta (e, segnatamente, non solo sulla pericolosita' del proposto, ma anche sulla sproporzione patrimoniale), che non conduce all'accoglimento del sequestro solo per minimali carenze istruttorie, segnalate dal tribunale all'organo proponente. L'apprezzamento di merito svolto dal tribunale nel restituire gli atti puo', dunque, essere cosi' incisivo da risolversi, sotto il profilo sostanziale, in una sorta di provvedimento di accoglimento condizionato all'integrazione delle lacune probatorie o, comunque, in una anticipazione del futuro accoglimento, una volta emendate le carenze riscontrate. Se, dunque, il tribunale chiamato a giudicare della proposta dell'applicazione della misura di prevenzione e' composto da alcuni o da tutti i giudici che hanno adottato il provvedimento di restituzione degli atti, l'indipendenza del giudice e' obiettivamente vulnerata, in quanto e' condizionata dalla «forza della prevenzione» ossia dalla «tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento gia' assunto, derivante da valutazioni che sia stato precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res iudicanda» (Corte costituzionale, sentenza n. 172 del 2023; Corte costituzionale, sentenza n. 64 del 2022, Corte costituzionale, sentenza n. 306 del 1997). L'identita' del soggetto e dei presupposti di fatto sui quali il tribunale e' chiamato a pronunciarsi (e, dunque, dell'oggetto del procedimento di prevenzione) rende concreto il pregiudizio per l'imparzialita' del giudice che il provvedimento di restituzione degli atti all'organo proponente in tal caso determina. 7.2. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 24 del 2019, ha affermato l'esistenza di un vero e proprio «statuto di garanzia costituzionale e convenzionale delle misure di prevenzione, personale e patrimoniali». Pur non avendo tali misure carattere sanzionatorio o repressivo, esse incidono pesantemente sui diritti di liberta' di movimento, di proprieta' e di iniziativa economica, tutelati a livello costituzionale e, dunque, «dovranno soggiacere al combinato disposto delle garanzie cui la Costituzione e la stessa Conv. EDU subordinano la legittimita' di qualsiasi restrizione ai diritti in questione, tra cui: [...] «c) la necessita' che la sua applicazione sia disposta in esito a un procedimento che - pur non dovendo necessariamente conformarsi ai principi che la Costituzione e il diritto convenzionale dettano specificamente per il processo penale - deve tuttavia rispettare i canoni generali di ogni "giusto" processo garantito dalla legge (artt. 111, primo, secondo e sesto comma, della Costituzione, e 6 CEDU, nel suo "volet civil"), assicurando in particolare la piena tutela al diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) di colui nei cui confronti la misura sia richiesta». La garanzia dell'imparzialita' e della neutralita' del giudice, del resto, costituisce uno dei piu' rilevanti aspetti del principio del giusto processo (ex plurimis: Corte costituzionale, sentenza n. 283 del 2000). La Corte costituzionale ha, infatti, affermato che «il principio del giudice terzo e imparziale, che in passato la giurisprudenza di questa Corte aveva ricavato da altri parametri (artt. 3, 25, 101 e 108 della Costituzione), ha assunto autonoma rilevanza con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei principi del giusto processo nell'art. 111 della Costituzione), si' da costituire connotato essenziale e necessario dell'esercizio di ogni giurisdizione. Si e' quindi precisato che «[i]l processo in tanto puo' dirsi "giusto" in quanto sia garantita l'imparzialita' del giudice»; e si e' sottolineato che l'imparzialita' «non e' che un aspetto di quel carattere di "terzieta'" che connota nell'essenziale tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice, distinguendola da quella degli altri soggetti pubblici, e condiziona l'effettivita' del diritto di azione e difesa in giudizio» (Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024). Il diritto fondamentale all'imparzialita' del giudice trova, del resto, ulteriore ed esplicito riconoscimento sia nell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (che sancisce il «diritto a un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale»), che nell'art. 6, paragrafo 1, CEDU (che stabilisce che «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale indipendente e imparziale») e nell'art. 14, par. 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 (secondo cui «Ogni individuo ha diritto ad un'equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge»). 7.3. La mancata previsione di un causa di ricusazione del giudice che abbia disposto la restituzione degli atti, in ragione degli apprezzamenti di merito espressi in questo provvedimento, lede, dunque, il diritto fondamentale del proposto ad un giudice imparziale e, al contempo, vulnera il suo diritto di difesa, in quanto non gli consente di attivare i rimedi opponitivi volti a garantire la terzieta' del giudice. 8. La Corte di appello di Firenze ha escluso la fondatezza della dichiarazione di ricusazione proposta dal ricorrente, in quanto nessuna incompatibilita' potrebbe sussistere rispetto alla decisione di primo grado per effetto dell'adozione di un provvedimento cautelare, quale quello di sequestro, trattandosi di una decisione comunque attribuita all'unico giudice funzionalmente designato per il grado. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita', del resto, non si configura alcuna incompatibilita', ai sensi dell'art. 34 codice di procedura penale, a partecipare al giudizio per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca a carico del giudice che abbia precedentemente adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell'art. 20 decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dal momento che tale provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o destinato ad essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non puo' dirsi riferibile ad una fase antecedente ed autonoma del procedimento (cosi' Sez. 6, n. 49254 del 14 ottobre 2016, ..., Rv. 268169 - 01). E' stata, inoltre, ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 codice di procedura penale, sollevata con riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di prevenzione patrimoniale del giudice che abbia in precedenza adottato un provvedimento di sequestro, avendo quest'ultimo carattere interinale e provvisorio, inserito in procedimento destinato a concludersi in una pronuncia decisoria finale (Sez. 5, sentenza n. 38458 del 18 luglio 2012, ..., Rv. 253570 - 01; Sez. 1, n. 15684 del 7 febbraio 2002, ..., Rv. 221844 - 01) e tale orientamento e' stato confermato anche dalle Sezioni unite ... al § 8.2.1 del Considerato in diritto. 8.1. Ritiene, tuttavia, il Collegio che questi principi di diritto non siano pertinenti alla soluzione della questione di diritto posta dal ricorrente. La Corte costituzionale, a piu' riprese, ha escluso l'incompatibilita' a decidere il merito del giudice che abbia provveduto in via cautelare nella stessa fase, in quanto «[A)ll'interno di ciascuna delle fasi - intese come sequenze ordinate di atti che possono implicare apprezzamenti incidentali, anche di merito, su quanto in esse risulti, prodromici alla decisione conclusiva - va, in ogni caso, preservata l'esigenza di continuita' e di globalita', venendosi altrimenti a determinare una frammentazione del procedimento, che implicherebbe la necessita' di disporre, per la medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere» (Corte costituzionale, sentenza n. 93 del 2024, e i precedenti ivi citati, con riferimento alla incompatibilita' a decidere sull'opposizione all'archiviazione per particolare tenuita' del fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di esclusione della punibilita' e disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero). La giurisprudenza della Corte costituzionale, tuttavia, distingue, quanto all'insorgenza di situazioni di incompatibilita' rilevanti ai sensi dell'art. 34 codice di procedura penale, i provvedimenti cautelari adottati dal giudice nel processo di merito, che hanno valenza meramente endofasica, dai provvedimenti del giudice di restituzione degli atti al pubblico ministero. Questi ultimi, infatti, assumono efficacia pregiudicante, in quanto la trasmissione degli atti al pubblico ministero determina la regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari. Tanto e' accaduto, ad esempio, con riferimento al caso della incompatibilita' del giudice per le indagini preliminari che, dopo aver rigettato la richiesta di decreto penale di condanna per mancata contestazione di una circostanza aggravante disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, sia chiamato a pronunciarsi sulla nuova richiesta di decreto penale formulata dal pubblico ministero in conformita' ai rilievi del giudice stesso (Corte costituzionale, sentenza n. 16 del 2022). Al caso della incompatibilita' alla trattazione dell'udienza preliminare del giudice che abbia ordinato, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, a norma dell'art. 521, comma 2, codice di procedura penale (Corte costituzionale, sentenza n. 400 del 2008). Nonche' al caso della incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che abbia, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521, comma 2, codice di procedura penale (Corte costituzionale, sentenza n. 455 del 1994). Il pubblico ministero, per effetto del provvedimento del giudice di restituzione degli atti, e', dunque, reintegrato nelle proprie attribuzioni originarie e puo' scegliere anche di archiviare il procedimento e di non reiterare l'esercizio dell'azione penale. Proprio da tale rilievo e' sorta, appunto, l'esigenza costituzionale che la nuova udienza preliminare (sentenza n. 400 del 2008), il nuovo dibattimento (sentenza n. 455 del 1994) o la nuova richiesta di decreto penale (sentenza n. 16 del 2022), per lo stesso fatto storico e nei confronti del medesimo imputato, siano attribuiti alla cognizione di un giudice diverso da quello che ha disposto la restituzione degli atti e, dunque, pienamente indipendente e non reso sospetto dalla forza della prevenzione. 8.2. Muovendo da tali principi, deve rilevarsi che la restituzione degli atti disposta ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011, nel contesto del medesimo procedimento di prevenzione, definisce la fase di deliberazione del tribunale e determina la riespansione della fase delle indagini. Per effetto del provvedimento di restituzione degli atti, dunque, l'organo proponente e' restituito nell'integralita' delle proprie attribuzioni e puo' anche decidere di archiviare (e, dunque, di non proseguire) il procedimento di prevenzione. Il deposito della nuova proposta di applicazione della misura di prevenzione apre, infatti, una nuova fase del medesimo giudizio di primo grado, che sebbene omologa alla precedente, e' distinta e proprio in questa fase la valutazione «contenutistica» espressa nel provvedimento di rigetto della prima proposta esplica la propria efficacia pregiudicante. La restituzione degli atti all'organo proponente ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011 presenta, dunque, analogie solo apparenti con il potere accordato dall'art. 421-bis, comma 1, codice di procedura penale al giudice dell'udienza preliminare, quando le indagini siano incomplete, di indicarne ulteriori al pubblico ministero, in quanto, in tal caso il processo penale «rimane» pur sempre pendente nella fase dell'udienza preliminare; questa disposizione sancisce, infatti, che il giudice, nell'ordinanza per l'integrazione delle indagini, fissa il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare per il proseguimento di un giudizio temporaneamente sospeso. La restituzione degli atti disposta nel procedimento di prevenzione produce, invece, effetti analoghi a quelli delle «indagini coatte», disposte, ai sensi dell'art. 409, comma 4, codice di procedura penale, dal giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di archiviazione. Per effetto di tale ordine, infatti, il giudice per le indagini preliminari non puo' trattenere gli atti presso il proprio ufficio (Sez. 3, n. 2212 del 6 maggio 1991, ..., Rv. 187089 - 01), ma deve restituirli al pubblico ministero, il quale all'esito dei nuovi accertamenti compiuti potra' decidere se esercitare l'azione penale (Sez. 5, n. 1694 del 14 aprile 1999, ..., Rv. 213207 - 01) o richiedere nuovamente l'archiviazione (Sez. 5, n. 611 del 5 febbraio 1999, ..., Rv. 214601 - 01; Sez. 6, n. 2100 dell'8 giugno 1998, ..., Rv. 211957 - 01). 8.3. Muovendo da tali premesse deve, dunque, rilevarsi che la restituzione degli atti disposta dal tribunale, chiamato ad applicare il sequestro e la confisca di prevenzione, assume efficacia pregiudicante ai sensi dell'art. 34 codice di procedura penale (richiamato, per il tramite dell'art. 36, comma 1, lettera g), codice di procedura penale, dall'art. 37, comma 1, lettera a), in quanto: le valutazioni espresse nel provvedimento di restituzione degli atti hanno ad oggetto la medesima res iudicanda oggetto della successiva proposta; il giudice che restituisce gli atti non solo conosce, ma valuta anche gli elementi probatori e, dunque, decide nel merito della misura di prevenzione, sostanzialmente esprimendosi sulla fondatezza della proposta; il provvedimento di restituzione degli atti, determinando la regressione del procedimento di prevenzione alla fase iniziale, reintegra l'organo proponente nelle proprie attribuzioni. 9. Alla stregua dei rilievi che precedono, la Corte, ai sensi dell'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, lettera a), in relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), codice di procedura penale, che richiama l'art. 34 codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sull'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all'autorita' proponente, per contrasto con gli articoli 24, 111, 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 6 CEDU e 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. In conformita' all'art. 23, comma 4, della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve essere disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso. La cancelleria provvedera', inoltre, a notificare la presente ordinanza al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e alla sua comunicazione ai Presidenti delle due camere del Parlamento. P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, in riferimento agli articoli 24, 111 e 117 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Cosi' deciso il 10 settembre 2024. Il Presidente: Aprile Il consigliere estensore: D'Arcangelo