Reg. ord. n. 243 del 2024 pubbl. su G.U. del 15/01/2025 n. 3

Ordinanza del Corte suprema di cassazione  del 04/12/2024

Tra: F. M.

Oggetto:

Processo penale – Ricusazione del giudice - Mancata previsione che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sull’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel medesimo procedimento, ai sensi dell’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all’autorità proponente – Violazione del principio di imparzialità del giudice  Lesione del diritto di difesa - Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali che riconoscono il diritto fondamentale ad un giudice imparziale. 

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 37  Co. 1

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 36  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 111   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 47   Co.  



Udienza Pubblica del 23 settembre 2025 rel. LUCIANI


Testo dell'ordinanza

                        N. 243 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 dicembre 2024

Ordinanza  del  4  dicembre  2024  della  Corte  di  cassazione   nel
procedimento penale a carico di M. F. . 
 
Processo penale - Ricusazione del giudice -  Mancata  previsione  che
  possa essere ricusato  dalle  parti  il  giudice  che,  chiamato  a
  decidere   sull'applicazione   della    misura    di    prevenzione
  patrimoniale, abbia disposto nel medesimo  procedimento,  ai  sensi
  dell'art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, la  restituzione
  degli atti all'autorita' proponente. 
- Codice di procedura penale, art. 37, comma 1  [,  lettera  a)],  in
  relazione all'art. 36, comma 1, lettera g), del medesimo codice. 


(GU n. 3 del 15-01-2025)

 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Sesta sezione penale 
 
    Composta da: 
          Ercole Aprile, Presidente; 
          Paola Di Nicola Travaglini; 
          Debora Tripiccione; 
          Paolo Di Geronimo; 
          Fabrizio D'Arcangelo, relatore; 
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto  da
... F. M., nato a ... il ... avverso l'ordinanza del 13 novembre 2023
emessa dalla Corte di appello di Firenze; 
    Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
    Udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo; 
    Lette le conclusioni  del  pubblico  ministero,  in  persona  del
sostituto procuratore generale Simone  Perelli,  che  ha  chiesto  il
rigetto del ricorso; 
    Lette le conclusioni del difensore, avvocato Marco Talini, che ha
insistito per l'accoglimento del ricorso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. La Corte d'appello di Firenze, con l'ordinanza  impugnata,  ha
rigettato la dichiarazione di  ricusazione  proposta  da  M.  F.  nei
confronti dei magistrati del Tribunale di  Firenze,  che,  dopo  aver
restituito gli atti al pubblico ministero del Tribunale di Livorno in
data 2 maggio 2022, hanno disposto il sequestro  di  prevenzione  nei
confronti della parte istante, con decreto emesso in data  11  maggio
2023, e sono chiamati a decidere sull'applicazione  della  misura  di
prevenzione patrimoniale della confisca. 
    2. L'avvocato Marco Talini, difensore di Fedele, ricorre  avverso
tale ordinanza e ne chiede l'annullamento, proponendo un unico motivo
di ricorso. 
    2.1. Il difensore premette che: 
        a) il Procuratore della Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Livorno, nel  procedimento  di  prevenzione  iscritto  al  n.  3/2023
R.G.M.P., con  la  proposta  depositata  in  data  24  gennaio  2022,
integrata con atto del 30 marzo 2022, ha richiesto nei  confronti  di
M. F. l'applicazione della  misura  di  prevenzione  personale  della
sorveglianza speciale per tre anni con obbligo di soggiorno  e  della
confisca, previa adozione del provvedimento cautelare del  sequestro,
di  un  consistente  patrimonio,  composto  da  circa  cento   unita'
immobiliari, intestate al proposto, alla moglie  e  ai  figli,  e  da
disponibilita'  finanziarie  detenute,  per   l'ammontare   di   euro
5.353.840,00, in Liechtenstein; 
        b) il Tribunale di Firenze, composto dai magistrati  dott.ssa
Silvia Cipriani, presidente, dott.ssa Silvia Isidori e dott.  Alessio
Innocenti giudici a latere, con decreto emesso in data 2 maggio 2022,
ha disposto, ai sensi dell'art. 21, comma 2,  decreto  legislativo  6
settembre 2011, n.  159,  la  restituzione  degli  atti  al  pubblico
ministero «per la  richiesta  degli  ulteriori  elementi  informativi
indicati in parte motiva»; 
    Il   tribunale,   in   questo    provvedimento,    ha    rilevato
l'incompletezza delle indagini e ha inviato il pubblico  ministero  a
fornire elementi probatori ulteriori. 
        c) il Procuratore della Repubblica  presso  il  Tribunale  di
Livorno in data  11  novembre  2023  ha  depositato  un  «seguito  di
proposta di applicazione di  misura  patrimoniale»,  iscritto  al  n.
4/2022  R.G.M.P.,  nel  quale,  dopo  aver  integrato  gli   elementi
probatori addotti relativamente alla valutazione  di  sproporzione  e
aver individuato due ulteriori conti correnti all'estero intestati al
figlio del  proposto,  ha  ribadito  le  richieste  gia'  operate  in
precedenza; 
        d) il Tribunale di Firenze, nella medesima composizione,  con
decreto emesso in data 11 maggio 2023, ha disposto  il  sequestro  di
prevenzione di tutti i beni mobili e immobili intestati a M. F., alla
moglie e ai figli; 
        e) il proposto, con memoria  depositata  in  data  5  ottobre
2023, ha invitato il Collegio, composto dai predetti  magistrati,  ad
astenersi dal decidere sulla confisca di prevenzione; 
    L'istante ha posto  a  fondamento  della  propria  richiesta  sia
l'art. 37, comma 1, lettera b), codice di procedura penale, nel testo
che  risulta  a  seguito  della   sentenza   additiva   della   Corte
costituzionale del 14 luglio 2000, n. 283, in quanto il  Collegio  ha
precedentemente espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei
confronti del medesimo soggetto nel procedimento  di  prevenzione  n.
4/2022 R.G.M.P., e, sia l'art. 37, comma 1,  lettera  a),  codice  di
procedura penale, in relazione all'art.  36,  comma  1,  lettera  g),
codice  di  procedura  penale,  in   quanto   il   collegio   sarebbe
incompatibile a decidere per aver compiuto atti del procedimento tali
da pregiudicarne la terzieta' e l'imparzialita', e, segnatamente, per
aver adottato il provvedimento di restituzione degli atti  all'organo
proponente in data 2 maggio 2022; 
    Ad avviso del proposto, infatti, il provvedimento di restituzione
degli atti adottato dal tribunale in data 2 maggio  2022,  esprimendo
ampie e analitiche valutazioni di merito, avrebbe  assunto  efficacia
pregiudicante nei confronti degli stessi giudici chiamati a  decidere
sulla pressoche' identica proposta successivamente formulata da parte
del Procuratore della Repubblica di Livorno. 
        f) il  proposto  ha  rinnovato  la  richiesta  di  astensione
all'udienza dell'11 ottobre 2023; 
        g) il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa in  data  11
ottobre 2023, ha rigettato la richiesta di astensione; 
    Il tribunale, in questo provvedimento, ha rilevato che le Sezioni
unite della Corte  di  cassazione,  con  sentenza  n.  25951  del  24
febbraio 2002, hanno statuito che il motivo di  ricusazione  previsto
dall'art. 37, comma 1, codice di procedura penale - come risultante a
seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 283 del
2000 - e' applicabile al procedimento di prevenzione nel caso in  cui
il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo
stesso  fatto  nei  confronti  del   medesimo   soggetto   in   altro
procedimento di  prevenzione  o  in  un  giudizio  penale,  ma  hanno
precisato  che  la  decisione  sul  sequestro  non  determina  alcuna
incompatibilita' a decidere della confisca; 
        h) M. F. in data 11 ottobre  2023  ha  depositato,  ai  sensi
dell'art.  38,  comma  3,  codice  di  procedura  penale,  presso  la
cancelleria della Corte  di  appello  di  Firenze,  dichiarazione  di
ricusazione  del  collegio  composto  dai  giudici  dott.ssa   Silvia
Cipriani,  presidente,  dott.ssa  Silvia  Isidori  e  dott.   Alessio
Innocenti giudici  a  latere,  per  le  medesime  ragioni  giuridiche
esposte nella richiesta di astensione; 
        i) il proposto, con  memoria  depositata  in  pari  data,  ha
inoltre eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34  codice
di procedura penale, in relazione  agli  articoli  20  e  24  decreto
legislativo n. 159 del 2011, nella parte in cui non e'  prevista  nel
processo di prevenzione  l'incompatibilita'  del  giudice  che  abbia
disposto, ai sensi dell'art. 20, comma 2, decreto legislativo cit. la
restituzione  degli   atti   all'organo   proponente,   a   decidere,
successivamente  all'integrazione  probatoria,   sul   sequestro   o,
comunque, sulla confisca. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  la  mancata  previsione   di   tali
incompatibilita' contrasta con gli  articoli  24,  111  e  117  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU, 47 Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, che garantiscono il diritto
di difesa in ogni stato e grado del processo e  che  lo  stesso  deve
necessariamente svolgersi davanti a un giudice terzo e imparziale; 
        j) la Corte di  appello  di  Firenze,  con  il  provvedimento
impugnato, ha rigettato la richiesta di ricusazione. 
    2.2. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso,  censura
la  mancanza  di  motivazione  dell'ordinanza  impugnata  in   ordine
all'incompatibilita' dei giudici ricusati a decidere sul sequestro di
prevenzione dopo aver adottato,  nel  provvedimento  di  restituzione
degli atti, valutazioni di merito in relazione alla medesima  persona
e ai  medesimi  elementi  (la  pericolosita'  generica  negli  stessi
periodi temporali e la sproporzione reddituale e patrimoniale). 
    Il difensore rileva che la Corte di  appello  ha  rigettato  come
«totalmente infondata» la censura proposta e  ha  stigmatizzato  come
«quantomeno singolare» l'argomento del difensore «laddove si  afferma
che sarebbe motivo di ricusazione il  provvedimento  che  il  giudice
adotta sulla base di una espressa previsione normativa». 
    Il  difensore,  tuttavia,  eccepisce  di  non   aver   contestato
l'illegittimita' del provvedimento di restituzione atti, adottato dal
tribunale in conformita' all'art. 20, comma 2, decreto legislativo n.
159 del 2011, quanto il fatto che lo stesso collegio, nella  medesima
composizione, dopo aver disposto la restituzione  degli  atti,  possa
decidere sulla nuova proposta di misura di  prevenzione  personale  e
patrimoniale nei confronti della stessa persona. 
    Il  Tribunale  di  Firenze,   infatti,   nel   provvedimento   di
restituzione atti, avrebbe espresso penetranti valutazioni sul merito
della proposta e avrebbe fornito  specifiche  indicazioni  all'organo
proponente sugli ulteriori atti  di  indagine  da  compiere,  nonche'
sull'ulteriore documentazione da  acquisire  perche'  potesse  essere
disposto il sequestro. 
    Queste  valutazioni,  essendo  ampiamente   anticipatorie   degli
apprezzamenti di merito che avrebbero dovuto  essere  espressi  nella
decisione   sulla   proposta   della   confisca    di    prevenzione,
determinerebbero  l'incompatibilita'  dei   predetti   magistrati   a
decidere  in  ordine  al  provvedimento  ablatorio,   richiesto   nei
confronti  della  medesima  persona  e  sulla  base  delle   medesime
circostanze di fatto, e ne legittimerebbero la ricusazione. 
    Il difensore chiede, dunque, che la Corte di cassazione  dichiari
la  fondatezza  della   dichiarazione   di   ricusazione   formulata,
riconoscendo  l'incompatibilita'  a  decidere   sulla   proposta   di
applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale dei giudici che
in precedenza abbiano disposto la restituzione degli atti al pubblico
ministero, in virtu' dell'art.  37,  comma  1,  codice  di  procedura
penale, nel testo che risulta dalla sentenza additiva n. 283 del 2000
della Corte costituzionale,  per  come  interpretato  dalla  sentenza
delle Sezioni unite n. 25951 del 24 febbraio 2022. 
    3. Con la requisitoria e le  conclusioni  scritte  depositate  in
data 25 giugno 2024, il  procuratore  generale,  Simone  Perelli,  ha
chiesto di rigettare il ricorso. 
    Con memoria depositata in data 25 luglio 2024,  l'avvocato  Marco
Talini ha insistito per l'accoglimento del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Il difensore, deducendo un unico motivo di ricorso, censura la
motivazione  dell'ordinanza  impugnata  e  chiede  che  la  Corte  di
cassazione accolga la dichiarazione di ricusazione  dei  giudici  che
hanno disposto il sequestro e che  sono  chiamati  a  decidere  della
confisca di prevenzione dopo  aver  espresso,  nel  provvedimento  di
restituzione degli atti al pubblico ministero, valutazioni di  merito
riferite alla medesima persona e alle medesime circostanze di fatto. 
    2. Dall'esame diretto degli atti processuali (ammesso in sede  di
legittimita'  quando  e'  censurata  una   violazione   della   legge
processuale, ex plurimis: Sez. U, n. 42792 del 31 ottobre 2001,  ...,
Rv. 229092), risulta che il Tribunale  di  Firenze,  investito  della
proposta di applicazione di misure di prevenzione nei confronti di M.
F., ha disposto, con  decreto  emesso  in  data  2  maggio  2022,  la
restituzione   degli   atti    all'organo    proponente,    rilevando
l'incompletezza delle indagini. 
    Il Tribunale di Firenze, nella medesima composizione, con decreto
emesso in data 3 aprile 2024,  ha  disposto,  in  via  cautelare,  il
sequestro  di  prevenzione  nei  confronti  del   ricorrente   e   ha
contestualmente fissato l'udienza dell'11 ottobre 2023, in Camera  di
consiglio, per decidere sulla richiesta di applicazione delle  misure
di prevenzione personali e patrimoniali. 
    3. L'art. 20, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre  2011,
n. 159 sancisce che «[P]rima di ordinare il sequestro o  disporre  le
misure di cui agli articoli 34 e 34-bis e di  fissare  l'udienza,  il
tribunale restituisce gli atti all'organo proponente  quando  ritiene
che  le  indagini  non  siano  complete  e   indica   gli   ulteriori
accertamenti patrimoniali indispensabili per valutare la  sussistenza
dei presupposti di cui al comma 1 per l'applicazione del sequestro  o
delle misure di cui agli articoli 34 e 34-bis». 
    La disposizione, introdotta nella trama  sistematica  del  codice
antimafia dall'art. 5, comma 4, della legge 17 ottobre 2017, n.  161,
attribuisce il potere al tribunale, prima che sia  fissata  l'udienza
in contraddittorio, di disporre la restituzione degli atti all'organo
proponente  quando  la  proposta  di  applicazione   di   misure   di
prevenzione patrimoniali sia incompleta sotto il profilo probatorio. 
    Nell'intento  del  legislatore,  dunque,   qualora   il   mancato
accoglimento  della  proposta  di  applicazione   delle   misure   di
prevenzione dipenda da lacune  istruttorie,  il  tribunale  non  deve
rigettare  la  richiesta  di  sequestro  e   fissare   l'udienza   in
contraddittorio,  ma,  per  evitare  che  il  proposto,  reso  edotto
dell'iniziativa cautelare, possa porre in essere atti di  dispersione
o  di  occultamento  dei  propri  beni,  deve  restituire  gli   atti
all'organo proponente per consentirgli di  integrare  la  piattaforma
probatoria. 
    L'esercizio  del  potere  di  restituzione  degli  atti   lascia,
peraltro, immutato il potere del  tribunale,  riconosciuto  dall'art.
19, comma 5, decreto  legislativo  n.  159  del  2011,  di  procedere
ufficiosamente, una volta aperta la fase  in  contraddittorio  e  ove
ritenuto necessario, a indagini  ulteriori  rispetto  a  quelle  gia'
compiute dall'organo proponente. 
    4. Nella disciplina vigente il proposto o, comunque, il  soggetto
inciso dall'applicazione di una misura  di  prevenzione  patrimoniale
non puo' ricusare il giudice che, dopo aver disposto la  restituzione
degli atti all'autorita' proponente ai sensi dell'art. 20,  comma  2,
del decreto legislativo n.  159  del  2011,  abbia  adottato  in  via
cautelare il sequestro e sia chiamato a decidere della confisca. 
    Il legislatore non ha, infatti,  previsto  una  disciplina  delle
cause di ricusazione applicabili nel processo di prevenzione. 
    4.1. La giurisprudenza di legittimita', nel silenzio della legge,
ha  ritenuto  applicabili   al   procedimento   di   prevenzione   le
disposizioni in tema di incompatibilita',  astensione  e  ricusazione
del giudice dettate dagli articoli 34, comma  1,  35,  36,  comma  1,
lettera a), b), c),  d),  f),  h)  codice  di  procedura  penale  (ex
plurimis: Sez. 1. n. 43081 del 27 maggio 2016, ..., Rv. 268666 - 01),
ovvero tutte le ipotesi previste  da  tali  disposizioni  in  cui  il
giudice  si  trovi  in  una  delle   condizioni   di   «appannamento»
dell'apparenza di imparzialita', dovute a cause  extragiudiziarie  o,
comunque, esterne al procedimento. 
    4.2. Controversa e' stata, invece, la possibilita' di ricusare il
giudice chiamato ad applicare le misure di  prevenzione  per  effetto
delle valutazioni in precedenza espresse nei confronti  del  medesimo
soggetto in sede di cognizione penale o in un altro  procedimento  di
prevenzione. 
    L'art. 37, comma 1, codice di procedura penale, prevede, infatti,
la possibilita' per le parti di ricusare il giudice, oltre che per le
situazioni esterne al procedimento previste dall'art.  36,  comma  1,
lettera a), b), c), d), f), codice di procedura penale, anche  quando
il giudice si trovi  in  una  delle  situazioni  di  incompatibilita'
stabilite dall'art. 34 del codice di rito. 
    Un orientamento della giurisprudenza di  legittimita'  ha  negato
tale  possibilita'  nel  procedimento  di  prevenzione,   in   quanto
l'attivita' pregiudicata dalla precedente valutazione di merito  deve
attenere  alla  responsabilita'  penale  dell'imputato;  il  giudizio
retrospettivo operato dal giudice della prevenzione non e',  infatti,
volto a ricostruire uno specifico fatto di reato, ma ad accertare  le
condotte della persona in funzione della formulazione di una prognosi
di pericolosita' attuale e/o di illecita  accumulazione  patrimoniale
(Sez. 2, n. 37060 dell'11 gennaio 2019, ..., Rv. 277038 - 01; Sez. 6,
n. 51793 del 13 settembre 2018, ..., Rv. 274576  -  01;  Sez.  5,  n.
23629 del 19 febbraio 2018, ..., Rv. 273281 - 01; Sez.  1,  n.  43081
del 27 maggio 2016, ..., Rv. 268665 - 01; Sez. 1,  n.  15834  del  19
marzo 2009, ..., Rv. 243747 - 01), e il procedimento  di  prevenzione
non e' definito da una sentenza, ma da un decreto (Sez.  2,  n.  2821
del 2 dicembre 2008, ..., Rv. 242720 - 01; Sez. 6, n.  22960  del  30
gennaio 2008, ..., Rv. 240363 - 01). 
    Un opposto  orientamento  ha,  invece,  ritenuto  applicabile  al
processo di prevenzione la disciplina delle cause di incompatibilita'
del giudice, stante la natura giurisdizionale di questo processo,  la
valenza sostanziale di sentenza del decreto che dispone la misura  di
prevenzione, la sua  incidenza  su  diritti  fondamentali,  quali  la
liberta' personale  (di  cui  all'art.  13  della  Costituzione),  la
liberta' di circolazione (di cui all'art. 2 del Prot. n. 4 CEDU) e il
diritto di proprieta' e di iniziativa economica (di cui agli articoli
41 e 42 della Costituzione e 1 Prot. add.  CEDU),  e  la  conseguente
necessita' di garantire, anche in tale  ambito,  l'imparzialita'  del
giudice (Sez. 1, n. 4330 del 10 dicembre 2020, ..., Rv. 280753 -  01;
Sez. 6, n. 41975 del 2 aprile 2019, ..., Rv. 277373 - 01; Sez. 5,  n.
32077 del 24 giugno 2014, ..., Rv. 261643 -  01;  Sez.  6,  n.  15979
dell'8 marzo 2016, ..., Rv. 266533 - 01; Sez.  1,  n.  32494  del  10
luglio 2015, ..., Rv. 264621 - 01; Sez. 5, n.  3278  del  16  ottobre
2008, dep. 2009, ..., Rv. 242942 - 01). 
    Le Sezioni unite della  Corte  di  cassazione  hanno  risolto  il
contrasto di giurisprudenza, richiamando la sentenza n. 238 del  2000
della  Corte  costituzionale,  che  ha  dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 37, comma 1,  codice  di  procedura  penale,
nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle  parti
il giudice che, chiamato  a  decidere  sulla  responsabilita'  di  un
imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una
valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti  del  medesimo
soggetto. 
    In  questa  sentenza  la  Corte  costituzionale,  ha,   peraltro,
rilevato che, nella precedente pronuncia n. 306 del 1997, pur  avendo
dichiarato inammissibile la questione di costituzionalita'  proposta,
ha  gia'  avuto  occasione  di  affermare  che  il  pregiudizio   per
l'imparzialità-neutralita' del giudice  puo'  verificarsi  anche  nei
rapporti tra il procedimento penale e quello di  prevenzione,  quando
la valutazione pregiudicante sia stata espressa nel primo in sede  di
accertamento dei gravi indizi di colpevolezza,  quale  condizione  di
applicabilita' delle misure cautelari. 
    Le  Sezioni  unite  hanno,  dunque,   rilevato   che   la   Corte
costituzionale  ha  stabilito  che  le  valutazioni  espresse  in  un
precedente giudizio penale  possono  pregiudicare  il  giudice  della
prevenzione, pur nella diversita' delle finalita' e dell'oggetto  del
processo penale di cognizione dal procedimento di prevenzione. 
    La sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2000, pertanto,
non ha una valenza meramente «unidirezionale», ma «bidirezionale»; la
pronuncia non si limita a sancire l'efficacia «pregiudicante» che  le
valutazioni espresse nel processo  di  prevenzione  possono  assumere
sulla successiva decisione di merito, ma considera anche  l'efficacia
pregiudicante che le valutazioni espresse nel giudizio di merito o di
altro processo di prevenzione  possono  assumere  sul  giudice  della
prevenzione. 
    Non vi e', peraltro, ragione per  la  quale  l'imparzialita'  del
giudice debba atteggiarsi diversamente nel  processo  di  prevenzione
dal processo penale, in quanto l'imparzialita' e' tra i naturalia  di
qualsiasi forma di processo; fallace e', inoltre, la differenziazione
tra i procedimenti basata  sulla  ritenuta  diversita'  di  struttura
della valutazione giudiziale, di tipo  prognostico  nel  giudizio  di
prevenzione e di natura cognitiva in  quello  penale,  in  quanto  la
terzieta' del giudice deve presiedere a  qualsiasi  procedimento,  in
quanto precondizione della giurisdizione. 
    Le Sezioni unite hanno, inoltre, precisato che «se il  differente
oggetto dell'accertamento puo' in astratto  giustificare  l'autonomia
dei procedimenti (come gia' riconosciuto da Corte  costituzionale  n.
275 del 1996), sul piano dell'attivita' di indagine e di raccolta del
materiale investigativo,  perde,  invece,  consistenza  argomentativa
rispetto  alla  tutela  dei  diritti   fondamentali   delle   diverse
situazioni soggettive»; il  difetto  di  imparzialita'  del  giudice,
infatti, «comporterebbe inevitabilmente  lo  svuotamento  sostanziale
del significato proprio di tutte le regole e le garanzie processuali,
che si risolverebbero in un mero e facoltativo simulacro». 
    Le  Sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione  hanno,  dunque,
statuito che il motivo di ricusazione previsto dall'art. 37, comma 1,
codice  di   procedura   penale   -   come   risultante   a   seguito
dell'intervento additivo effettuato dalla  Corte  costituzionale  con
sentenza n. 283 del 2000 - e' applicabile anche  al  procedimento  di
prevenzione nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso
valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti  del  medesimo
soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale
(Sez. U, n. 25951 del 24 febbraio 2022, ..., Rv. 283350 - 01). 
    4.3. Il motivo di ricorso devoluto alla cognizione del  Collegio,
tuttavia, non puo' essere deciso ricorrendo  alle  statuizioni  della
sentenza n. 283 del 2000 della Corte costituzionale o al principio di
diritto enunciato delle Sezioni unite nella sentenza. 
    Queste pronunce, infatti, riguardano fattispecie nelle  quali  la
valutazione pregiudicante e' stata adottata in procedimento  distinto
da quello pregiudicato o, comunque, pregiudicabile. 
    Nel caso oggetto del presente  ricorso,  invece,  la  valutazione
pregiudicante, che consegue alla restituzione degli  atti  all'organo
proponente, e' intervenuta nel medesimo procedimento di  prevenzione,
senza alcuna interferenza con precedenti giudizi penali o  con  altri
procedimenti di prevenzione. 
    4.4. Nel caso di specie, del  resto,  anche  se  la  proposta  di
applicazione delle misure  di  prevenzione  depositata  dal  pubblico
ministero dopo la restituzione degli atti reca  un  numero  di  ruolo
diverso da quello originario,  il  procedimento  deve  ritenersi  pur
sempre il medesimo, in  quanto  permangono  identici,  rispetto  alla
richiesta originaria, il proposto, la  causa  petendi  e  il  petitum
(salvo che per la mera aggiunta di due conti  correnti  intestati  al
figlio del proposto). 
    La proposta depositata dopo il provvedimento e', peraltro,  stata
significativamente denominata  dal  pubblico  ministero  «seguito  di
proposta di applicazione di misura patrimoniale». 
    Il  dato  meramente   formale   dell'iscrizione   di   un   nuovo
procedimento, a  fronte  della  riproposizione,  sulla  base  di  una
piattaforma  probatoria  integrata,  di  una   proposta   pressocche'
identica a quella originaria nei propri elementi costitutivi non puo'
radicare la diversita' del procedimento di  prevenzione,  in  quanto,
altrimenti, la garanzia dell'imparzialita'  del  giudice  riceverebbe
una  diversa  tutela  a  fronte   delle   determinazioni,   meramente
amministrative, della cancelleria del tribunale. 
    5. L'art. 37, comma 1, codice di procedura  penale,  dunque,  non
consente che le valutazioni espresse dal giudice in una fase  diversa
del medesimo procedimento di prevenzione, come nel  provvedimento  di
restituzione degli atti adottato ai sensi dell'art. 20, comma 2,  del
decreto  legislativo  n.  159  del  2011,  possano  fondare  la   sua
incompatibilita' a decidere della confisca e  che  il  proposto  o  i
terzi incisi dalla misura di prevenzione  patrimoniale  in  tal  caso
possano ricusare i giudici. 
    La disciplina delle misure di prevenzione non contempla, infatti,
cause di incompatibilita' interne al primo grado di giudizio. 
    Il Collegio dubita, tuttavia, della  legittimita'  costituzionale
di tale mancata  previsione  e  solleva  d'ufficio  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma 1, lettera a), codice
di procedura penale, nella parte in cui non prevede che possa  essere
ricusato  dalle  parti  il  giudice  che,  chiamato  a  decidere  sul
sequestro  e  sulla  confisca  di  prevenzione,  abbia  disposto  nel
medesimo procedimento, ai sensi dell'art. 20, comma  2,  del  decreto
legislativo n. 159 del 2011, la restituzione degli atti all'autorita'
proponente, per  contrasto  con  gli  articoli  24,  111,  117  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli  6  CEDU  e  47
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    6. La questione di costituzionalita' proposta  e'  rilevante,  in
quanto la disposizione censurata deve essere applicata  per  decidere
del motivo di ricorso proposto. 
    6.1. Il ricorrente censura, infatti, l'interpretazione  dell'art.
37 codice di procedura penale  operata  della  Corte  di  appello  di
Firenze,  volta  a  escludere  in   radice   l'ammissibilita'   della
ricusazione del giudice della prevenzione  che  abbia  in  precedenza
adottato un  provvedimento  di  restituzione  degli  atti  all'organo
proponente, ma, per le ragioni  esposte,  solo  l'accoglimento  della
questione di costituzionalita' proposta consentirebbe  di  dichiarare
la fondatezza del ricorso. 
    6.2. Il dubbio di legittimita' costituzionale sollevato da questa
Corte   non   puo',   peraltro,   essere   risolto   ricorrendo    ad
un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.  37  codice
di procedura penale. 
    Secondo  il  costante  orientamento   della   giurisprudenza   di
legittimita', infatti, i motivi di ricusazione del  giudice  sono  da
ritenersi tassativi e non estensibili in via analogica  (Sez.  3,  n.
42193 del 1° ottobre 2003, ..., Rv. 226693 - 01; Sez. 2, n. 31946 del
9 aprile 2002, ..., Rv. 222271); parimenti le  disposizioni  relative
ai casi di  incompatibilita'  che  possono  dare  luogo  a  legittime
dichiarazioni di ricusazione hanno carattere eccezionale e  tassativo
(ex plurimis: Sez. 6, n. 22960 del 30 gennaio 2008, ..., Rv. 240363 -
01). 
    Le Sezioni unite della Corte di cassazione, peraltro, sono  state
investite  del  quesito   relativo   all'applicabilita'   dell'intera
disciplina delle cause di incompatibilita' del giudice delineata  dal
codice di procedura penale e, dunque, anche dell'ammissibilita' della
ricusazione  del  giudice  della  prevenzione  nel  caso  in  cui  la
pronuncia pregiudicante sia intervenuta nello stesso procedimento, ai
sensi dell'art. 34 codice di procedura penale,  richiamato  dall'art.
36, comma 1, lettera g), codice di procedura penale. 
    Le Sezioni unite, tuttavia, nella sentenza ..., hanno ritenuto la
questione di  diritto  non  pertinente  alla  soluzione  del  quesito
sottoposto alla loro cognizione e, al par.  2.2  del  Considerato  in
diritto, hanno rilevato  che  l'ampliamento  del  catalogo  tassativo
delle  cause  di  incompatibilita'  del  giudice  della   prevenzione
potrebbe essere operato  solo  ricorrendo  alla  proposizione  di  un
incidente di costituzionalita', ritenuto non rilevante in quel caso. 
    6.3. Non ricorrono, del resto, gli estremi per applicare la causa
di ricusazione di cui all'art. 37, comma 1,  lettera  b),  codice  di
procedura  penale,   relativa   alla   manifestazione   di   indebito
convincimento da parte  del  giudice,  nell'esercizio  delle  proprie
funzioni. 
    Il Tribunale di Firenze, infatti, nel  disporre  la  restituzione
degli atti  al  pubblico  ministero  ha  legittimamente  rilevato  le
carenze probatorie della proposta di  applicazione  delle  misure  di
prevenzione,   senza   esorbitare   dall'ambito   delle   valutazioni
consentite dall'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159  del
2011. 
    Il carattere indebito della manifestazione del convincimento  del
giudice richiede, del resto, che l'esternazione venga espressa  senza
alcuna necessita' funzionale e al di fuori di ogni  collegamento  con
l'esercizio  delle   funzioni   esercitate   nella   specifica   fase
procedimentale (ex plurimis: Sez. U, n. 41263 del 27 settembre  2005,
Rv. 232067; conf. Sez. 2, n. 26974  del  24  luglio  2020,  ...,  Rv.
279649 - 01; Sez. 5, n. 3033 del 30 novembre 2017,  dep.  2018,  ...,
Rv. 272274; Sez. 6, n. 43965 del 30 settembre 2015, ... e altro,  Rv.
264985; Sez. 3, n. 17868 del 17 marzo 2009, ... e altro, Rv. 243713). 
    7.  Ritiene,  inoltre,  il   Collegio   che   la   questione   di
costituzionalita' proposta sia non manifestamente infondata. 
    7.1. Il pregiudizio per  l'imparzialità-neutralita'  del  giudice
puo'  essere  determinato  anche  dalle  valutazioni   espresse   nel
provvedimento di restituzione degli  atti  all'organo  proponente  ai
sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011. 
    Questo provvedimento puo',  infatti,  esprimere  una  valutazione
positiva sul merito della proposta (e, segnatamente, non  solo  sulla
pericolosita'   del   proposto,   ma   anche    sulla    sproporzione
patrimoniale), che non conduce all'accoglimento  del  sequestro  solo
per minimali carenze istruttorie, segnalate dal tribunale  all'organo
proponente. 
    L'apprezzamento di merito svolto dal tribunale nel restituire gli
atti puo', dunque, essere cosi'  incisivo  da  risolversi,  sotto  il
profilo sostanziale, in una sorta di  provvedimento  di  accoglimento
condizionato all'integrazione delle lacune probatorie o, comunque, in
una anticipazione del futuro  accoglimento,  una  volta  emendate  le
carenze riscontrate. 
    Se, dunque, il tribunale  chiamato  a  giudicare  della  proposta
dell'applicazione della misura di prevenzione e' composto da alcuni o
da  tutti  i  giudici  che  hanno  adottato   il   provvedimento   di
restituzione degli atti, l'indipendenza del giudice e' obiettivamente
vulnerata, in quanto e' condizionata dalla «forza della  prevenzione»
ossia dalla «tendenza a confermare una decisione  o  a  mantenere  un
atteggiamento gia' assunto, derivante da valutazioni  che  sia  stato
precedentemente chiamato a  svolgere  in  ordine  alla  medesima  res
iudicanda» (Corte costituzionale, sentenza n.  172  del  2023;  Corte
costituzionale,  sentenza  n.  64  del  2022,  Corte  costituzionale,
sentenza n. 306 del 1997). 
    L'identita' del soggetto e dei presupposti di fatto sui quali  il
tribunale e' chiamato a pronunciarsi  (e,  dunque,  dell'oggetto  del
procedimento  di  prevenzione)  rende  concreto  il  pregiudizio  per
l'imparzialita' del giudice  che  il  provvedimento  di  restituzione
degli atti all'organo proponente in tal caso determina. 
    7.2. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 24 del  2019,  ha
affermato l'esistenza di un  vero  e  proprio  «statuto  di  garanzia
costituzionale e convenzionale delle misure di prevenzione, personale
e patrimoniali». 
    Pur non avendo tali misure carattere sanzionatorio o  repressivo,
esse incidono pesantemente sui diritti di liberta' di  movimento,  di
proprieta'  e   di   iniziativa   economica,   tutelati   a   livello
costituzionale e, dunque, «dovranno soggiacere al combinato  disposto
delle garanzie cui la Costituzione e la stessa Conv. EDU  subordinano
la legittimita' di qualsiasi restrizione ai diritti in questione, tra
cui: [...] «c) la necessita' che la sua applicazione sia disposta  in
esito a  un  procedimento  che  -  pur  non  dovendo  necessariamente
conformarsi  ai  principi  che   la   Costituzione   e   il   diritto
convenzionale dettano specificamente per il processo  penale  -  deve
tuttavia rispettare i  canoni  generali  di  ogni  "giusto"  processo
garantito dalla legge (artt. 111, primo, secondo e sesto comma, della
Costituzione, e 6  CEDU,  nel  suo  "volet  civil"),  assicurando  in
particolare  la   piena   tutela   al   diritto   di   difesa   (art.
24 della Costituzione) di colui  nei  cui  confronti  la  misura  sia
richiesta». 
    La garanzia dell'imparzialita' e della neutralita'  del  giudice,
del resto, costituisce uno dei piu' rilevanti aspetti  del  principio
del giusto processo (ex plurimis: Corte costituzionale,  sentenza  n.
283 del 2000). 
    La Corte costituzionale ha, infatti, affermato che «il  principio
del giudice terzo e imparziale, che in passato la  giurisprudenza  di
questa Corte aveva ricavato da altri parametri (artt. 3,  25,  101  e
108 della Costituzione), ha assunto autonoma rilevanza con  la  legge
costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei  principi  del
giusto processo nell'art. 111 della Costituzione), si' da  costituire
connotato   essenziale   e   necessario   dell'esercizio   di    ogni
giurisdizione. Si e' quindi precisato che  «[i]l  processo  in  tanto
puo' dirsi "giusto"  in  quanto  sia  garantita  l'imparzialita'  del
giudice»; e si e' sottolineato che l'imparzialita'  «non  e'  che  un
aspetto di quel carattere di "terzieta'" che connota  nell'essenziale
tanto la funzione giurisdizionale quanto la  posizione  del  giudice,
distinguendola da quella degli altri soggetti pubblici, e  condiziona
l'effettivita' del diritto di azione e  difesa  in  giudizio»  (Corte
costituzionale, sentenza n. 179 del 2024). 
    Il diritto fondamentale all'imparzialita' del giudice trova,  del
resto, ulteriore ed esplicito riconoscimento sia nell'art.  47  della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (che  sancisce  il
«diritto a un ricorso effettivo e ad  un  giudice  imparziale»),  che
nell'art. 6, paragrafo 1, CEDU (che stabilisce che «ogni  persona  ha
diritto a che la sua causa sia esaminata equamente,  pubblicamente  e
in un tempo ragionevole, da parte  di  un  tribunale  indipendente  e
imparziale») e nell'art. 14, par. 1,  del  Patto  internazionale  sui
diritti civili e politici del 1966 (secondo cui  «Ogni  individuo  ha
diritto  ad  un'equa  e  pubblica  udienza  dinanzi  a  un  tribunale
competente, indipendente e imparziale, stabilito dalla legge»). 
    7.3. La mancata previsione di un causa di ricusazione del giudice
che abbia disposto la  restituzione  degli  atti,  in  ragione  degli
apprezzamenti di  merito  espressi  in  questo  provvedimento,  lede,
dunque, il diritto fondamentale del proposto ad un giudice imparziale
e, al contempo, vulnera il suo diritto di difesa, in quanto  non  gli
consente di  attivare  i  rimedi  opponitivi  volti  a  garantire  la
terzieta' del giudice. 
    8. La Corte di appello di Firenze ha escluso la fondatezza  della
dichiarazione di  ricusazione  proposta  dal  ricorrente,  in  quanto
nessuna incompatibilita' potrebbe sussistere rispetto alla  decisione
di  primo  grado  per  effetto  dell'adozione  di  un   provvedimento
cautelare, quale quello di sequestro, trattandosi  di  una  decisione
comunque attribuita all'unico giudice funzionalmente designato per il
grado. 
    Secondo  il  costante  orientamento   della   giurisprudenza   di
legittimita', del resto, non si configura alcuna incompatibilita', ai
sensi dell'art. 34 codice  di  procedura  penale,  a  partecipare  al
giudizio per l'applicazione della misura di prevenzione  patrimoniale
della  confisca  a  carico  del  giudice  che  abbia  precedentemente
adottato il provvedimento di sequestro, ai sensi dell'art. 20 decreto
legislativo  6  settembre  2011,  n.  159,  dal  momento   che   tale
provvedimento ha carattere interinale e provvisorio, o  destinato  ad
essere sostituito da una pronuncia decisoria finale e non puo'  dirsi
riferibile ad una  fase  antecedente  ed  autonoma  del  procedimento
(cosi' Sez. 6, n. 49254 del 14 ottobre 2016, ..., Rv. 268169 - 01). 
    E' stata, inoltre, ritenuta manifestamente infondata la questione
di legittimita'  costituzionale  dell'art.  34  codice  di  procedura
penale, sollevata con riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 111 della
Costituzione, nella parte in cui  non  prevede  l'incompatibilita'  a
partecipare al giudizio di prevenzione patrimoniale del  giudice  che
abbia in precedenza adottato un provvedimento  di  sequestro,  avendo
quest'ultimo  carattere  interinale  e   provvisorio,   inserito   in
procedimento destinato  a  concludersi  in  una  pronuncia  decisoria
finale (Sez. 5, sentenza n. 38458 del 18 luglio 2012, ..., Rv. 253570
- 01; Sez. 1, n. 15684 del 7 febbraio 2002, ..., Rv. 221844 -  01)  e
tale orientamento e' stato confermato anche dalle Sezioni  unite  ...
al § 8.2.1 del Considerato in diritto. 
    8.1. Ritiene,  tuttavia,  il  Collegio  che  questi  principi  di
diritto non  siano  pertinenti  alla  soluzione  della  questione  di
diritto posta dal ricorrente. 
    La   Corte   costituzionale,   a   piu'   riprese,   ha   escluso
l'incompatibilita'  a  decidere  il  merito  del  giudice  che  abbia
provveduto  in  via  cautelare   nella   stessa   fase,   in   quanto
«[A)ll'interno di ciascuna delle fasi - intese come sequenze ordinate
di atti che possono implicare  apprezzamenti  incidentali,  anche  di
merito,  su  quanto  in  esse  risulti,  prodromici  alla   decisione
conclusiva - va, in ogni caso, preservata l'esigenza di continuita' e
di globalita', venendosi altrimenti a determinare una  frammentazione
del procedimento, che implicherebbe la necessita' di disporre, per la
medesima fase del giudizio, di tanti giudici diversi quanti sono  gli
atti da compiere» (Corte costituzionale, sentenza n. 93 del 2024, e i
precedenti  ivi  citati,  con  riferimento  alla  incompatibilita'  a
decidere sull'opposizione all'archiviazione per particolare  tenuita'
del  fatto,  del  giudice  persona  fisica  che  abbia  rigettato  la
richiesta di decreto penale  di  condanna,  ritenendo  sussistere  la
suddetta causa  di  esclusione  della  punibilita'  e  disponendo  la
restituzione degli atti al pubblico ministero). 
    La   giurisprudenza   della   Corte   costituzionale,   tuttavia,
distingue, quanto all'insorgenza di  situazioni  di  incompatibilita'
rilevanti ai  sensi  dell'art.  34  codice  di  procedura  penale,  i
provvedimenti cautelari adottati dal giudice nel processo di  merito,
che hanno valenza meramente endofasica, dai provvedimenti del giudice
di restituzione degli atti al pubblico ministero. 
    Questi ultimi,  infatti,  assumono  efficacia  pregiudicante,  in
quanto la trasmissione degli atti al pubblico ministero determina  la
regressione del procedimento nella fase delle  indagini  preliminari.
Tanto  e'  accaduto,  ad  esempio,  con  riferimento  al  caso  della
incompatibilita' del giudice per le indagini  preliminari  che,  dopo
aver rigettato la richiesta di decreto penale di condanna per mancata
contestazione di una circostanza aggravante disposto la  restituzione
degli atti al pubblico ministero, sia chiamato a  pronunciarsi  sulla
nuova richiesta di decreto penale formulata dal pubblico ministero in
conformita' ai rilievi  del  giudice  stesso  (Corte  costituzionale,
sentenza n.  16  del  2022).  Al  caso  della  incompatibilita'  alla
trattazione dell'udienza preliminare del giudice che abbia  ordinato,
all'esito di precedente dibattimento, riguardante il  medesimo  fatto
storico a carico del medesimo imputato, la trasmissione degli atti al
pubblico ministero,  a  norma  dell'art.  521,  comma  2,  codice  di
procedura penale (Corte costituzionale, sentenza n.  400  del  2008).
Nonche' al caso della incompatibilita' alla funzione di giudizio  del
giudice che abbia, all'esito di precedente dibattimento,  riguardante
il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, ordinato la
trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art.  521,
comma 2, codice di procedura penale (Corte  costituzionale,  sentenza
n. 455 del 1994). 
    Il pubblico ministero, per effetto del provvedimento del  giudice
di restituzione degli atti, e',  dunque,  reintegrato  nelle  proprie
attribuzioni originarie e  puo'  scegliere  anche  di  archiviare  il
procedimento e di non reiterare l'esercizio dell'azione penale. 
    Proprio  da  tale   rilievo   e'   sorta,   appunto,   l'esigenza
costituzionale che la nuova udienza preliminare (sentenza n. 400  del
2008), il nuovo dibattimento (sentenza n. 455 del 1994)  o  la  nuova
richiesta di decreto penale (sentenza n. 16 del 2022), per lo  stesso
fatto storico e nei confronti del medesimo imputato, siano attribuiti
alla cognizione di un giudice diverso da quello che  ha  disposto  la
restituzione degli atti e, dunque, pienamente indipendente e non reso
sospetto dalla forza della prevenzione. 
    8.2.  Muovendo  da  tali  principi,   deve   rilevarsi   che   la
restituzione degli atti disposta ai sensi dell'art. 20, comma 2,  del
decreto legislativo n.  159  del  2011,  nel  contesto  del  medesimo
procedimento di prevenzione, definisce la fase di  deliberazione  del
tribunale e determina la riespansione della fase delle indagini. 
    Per effetto del provvedimento di restituzione degli atti, dunque,
l'organo proponente e'  restituito  nell'integralita'  delle  proprie
attribuzioni e puo' anche decidere di archiviare (e, dunque,  di  non
proseguire) il procedimento di prevenzione. 
    Il deposito della nuova proposta di applicazione della misura  di
prevenzione apre, infatti, una nuova fase del  medesimo  giudizio  di
primo grado, che sebbene  omologa  alla  precedente,  e'  distinta  e
proprio in questa fase la valutazione «contenutistica»  espressa  nel
provvedimento di rigetto della  prima  proposta  esplica  la  propria
efficacia pregiudicante. 
    La  restituzione  degli  atti  all'organo  proponente  ai   sensi
dell'art. 20, comma 2,  del  decreto  legislativo  n.  159  del  2011
presenta, dunque, analogie solo apparenti  con  il  potere  accordato
dall'art. 421-bis, comma 1, codice di  procedura  penale  al  giudice
dell'udienza preliminare, quando le  indagini  siano  incomplete,  di
indicarne ulteriori al pubblico ministero, in quanto, in tal caso  il
processo penale «rimane» pur sempre pendente nella fase  dell'udienza
preliminare; questa disposizione sancisce, infatti, che  il  giudice,
nell'ordinanza per l'integrazione delle indagini,  fissa  il  termine
per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare  per
il proseguimento di un giudizio temporaneamente sospeso. 
    La  restituzione  degli  atti  disposta   nel   procedimento   di
prevenzione  produce,  invece,  effetti  analoghi  a   quelli   delle
«indagini coatte», disposte, ai sensi dell'art. 409, comma 4,  codice
di  procedura  penale,  dal  giudice  per  le  indagini   preliminari
investito della richiesta di archiviazione. 
    Per effetto di tale ordine, infatti, il giudice per  le  indagini
preliminari non puo' trattenere gli atti presso  il  proprio  ufficio
(Sez. 3, n. 2212 del 6 maggio 1991, ..., Rv. 187089 -  01),  ma  deve
restituirli al pubblico  ministero,  il  quale  all'esito  dei  nuovi
accertamenti compiuti potra' decidere se esercitare  l'azione  penale
(Sez. 5, n. 1694 del  14  aprile  1999,  ...,  Rv.  213207  -  01)  o
richiedere nuovamente l'archiviazione (Sez. 5, n. 611 del 5  febbraio
1999, ..., Rv. 214601 - 01; Sez. 6, n. 2100 dell'8 giugno 1998,  ...,
Rv. 211957 - 01). 
    8.3. Muovendo da tali premesse deve,  dunque,  rilevarsi  che  la
restituzione degli atti disposta dal tribunale, chiamato ad applicare
il  sequestro  e  la  confisca  di  prevenzione,   assume   efficacia
pregiudicante ai  sensi  dell'art.  34  codice  di  procedura  penale
(richiamato, per il tramite dell'art. 36, comma 1, lettera g), codice
di procedura penale, dall'art. 37, comma 1, lettera a), in quanto: 
        le valutazioni espresse  nel  provvedimento  di  restituzione
degli atti hanno ad oggetto la medesima res iudicanda  oggetto  della
successiva proposta; 
        il giudice che restituisce gli  atti  non  solo  conosce,  ma
valuta anche gli elementi probatori  e,  dunque,  decide  nel  merito
della  misura  di  prevenzione,  sostanzialmente  esprimendosi  sulla
fondatezza della proposta; 
        il provvedimento di restituzione degli atti, determinando  la
regressione del  procedimento  di  prevenzione  alla  fase  iniziale,
reintegra l'organo proponente nelle proprie attribuzioni. 
    9. Alla stregua dei rilievi che precedono,  la  Corte,  ai  sensi
dell'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  dichiara,
d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, comma  1,  lettera  a),  in
relazione all'art. 36, comma  1,  lettera  g),  codice  di  procedura
penale, che richiama l'art. 34  codice  di  procedura  penale,  nella
parte in cui non prevede che possa essere  ricusato  dalle  parti  il
giudice che, chiamato a decidere sull'applicazione  della  misura  di
prevenzione patrimoniale, abbia disposto nel  medesimo  procedimento,
ai sensi dell'art. 20, comma 2, del decreto legislativo  n.  159  del
2011,  la  restituzione  degli  atti  all'autorita'  proponente,  per
contrasto  con  gli  articoli  24,  111,  117   della   Costituzione,
quest'ultimo in relazione agli articoli 6 CEDU e 47 Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea. 
    In conformita' all'art. 23, comma 4, della legge 11  marzo  1953,
n. 87, deve essere disposta l'immediata trasmissione degli atti  alla
Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso. 
    La cancelleria provvedera', inoltre,  a  notificare  la  presente
ordinanza al ricorrente, al Procuratore generale presso la  Corte  di
cassazione, al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e  alla  sua
comunicazione ai Presidenti delle due camere del Parlamento. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  37,  comma  1,   codice   di
procedura penale, in riferimento agli articoli 24, 111  e  117  della
Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte  di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso il 10 settembre 2024. 
 
                        Il Presidente: Aprile 
 
 
                                Il consigliere estensore: D'Arcangelo