Reg. ord. n. 1 del 2025 pubbl. su G.U. del 22/01/2025 n. 4

Ordinanza del Tribunale di Cagliari  del 28/11/2024

Tra: S. S.

Oggetto:

Processo penale – Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato – Preclusione in relazione al delitto di incendio boschivo colposo di cui all’art. 423-bis, secondo comma, cod. pen. – Violazione del principio di ragionevolezza, a fronte del mancato inserimento del delitto di cui all’art. 423-bis, secondo comma, cod. pen. nel novero dei reati di cui all'art. 550, comma 2, cod. proc. pen. (Casi di citazione diretta a giudizio), ai fini della possibilità di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova.

Norme impugnate:

codice penale  del  Num.  Art. 168



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 17 novembre 2025 rel. MARINI F. S.


Testo dell'ordinanza

                        N. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 novembre 2024

Ordinanza  del  28  novembre  2024  del  Tribunale  di  Cagliari  nel
procedimento penale a carico di S. S.. 
 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa  alla  prova
  dell'imputato - Preclusione in relazione  al  delitto  di  incendio
  boschivo colposo di cui all'art. 423-bis, secondo comma, cod. pen. 
- Codice penale, art. 168-bis. 


(GU n. 4 del 22-01-2025)

 
                        TRIBUNALE DI CAGLIARI 
 
 
           Sezione dei giudici per le indagini preliminari 
                     e dell'udienza preliminare 
 
    Il  giudice  dott.  Giorgio  Altieri,  ...  letti  gli  atti  del
procedimento penale n. 8721/23 RNR nei confronti di S.S., nato a  ...
il ..., elettivamente domiciliato presso l'avv. Gianfranco Macciotta; 
    Vista la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla
difesa nell'udienza preliminare del 28  novembre  2024  in  relazione
alla disposizione di cui  all'art.  168-bis  del  codice  penale  con
riferimento ai parametri costituzionali di cui agli articoli 3 e  27,
comma 3 della Costituzione; 
    Sentito il  pubblico  ministero,  il  quale  ha  espresso  parere
contrario; 
 
                              Osserva: 
 
1) La norma viziata e le disposizioni violate. 
    La difesa ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 168-bis del codice penale, nella part in cui  non  consente
la sospensione del processo con messa alla prova in ordine al delitto
di incendio boschivo colposo di cui all'art. 423-bis, secondo  comma,
del codice penale, in quanto punito con pena edittale  superiore  nel
massimo a quattro anni di reclusione e non incluso tra i  delitti  di
cui all'art. 550 comma 2 del codice di procedura penale. 
    La difesa, infatti ha osservato che  il  decreto  legislativo  n.
150/2022 ha notevolmente espanso il catalogo dei delitti a  citazione
diretta di cui all'art. 550 comma 2 del codice di  procedura  penale,
includendo delitti dolosi e puniti  con  pena  superiore  rispetto  a
quello in analisi; l'esclusione  del  delitto  di  incendio  boschivo
colposo,  dunque,  sarebbe  in  contrasto   con   il   principio   di
ragionevolezza  (art.   3   della   Costituzione)   e   precluderebbe
l'applicazione  di  una  pena  piu'  idonea  alla  rieducazione   del
condannato, determinando un contrasto con l'art. 27,  comma  3  della
Costituzione. 
2) Rilevanza della questione. 
    Con istanza depositata in cancelleria  il  22  novembre  2024  il
difensore, in  forza  di  idonea  procura  speciale,  ha  chiesto  la
sospensione del processo nei confronti di S. S. con messa alla  prova
e depositato il relativo modello di  richiesta  di  elaborazione  del
programma (MAP1) presentato all'UIEPE. 
    A legislazione vigente la richiesta e' inammissibile: 
        il reato in contestazione (art. 423-bis, comma 2  del  codice
penale) e' punito con la reclusione da unoa  cinque  anni,  e  dunque
supera la soglia massima  di  quattro  anni  di  reclusione  prevista
dall'art. 168-bis del codice penale. 
        il reato inoltre non e' incluso nel catalogo dei reati di cui
all'art. 550 comma 2 del codice di procedura penale, per i  quali  e'
ammessa la sospensione con messa alla prova in deroga  ai  limiti  di
pena. 
    Non ricorrono altri motivi ostativi,  e  in  base  agli  elementi
presenti negli atti l'istanza sarebbe certamente accoglibile. S.  non
ha mai usufruito della messa  alla  prova,  si  tratta  di  un  reato
colposo (incendio boschivo causato da una stufa lasciata incautamente
accesa e  non  sorvegliata  per  pochi  minuti),  l'imputato  non  ha
precedenti penali rilevanti (un procedimento per rissa  definito  con
decreto penale di condanna nel 1982), si  puo'  senz'altro  formulare
una prognosi favorevole. 
    L'accoglimento della questione consentirebbe dunque  all'imputato
di beneficiare di un istituto per il quale ha presentato domanda e al
quale a legislazione vigente non potrebbe accedere, per cui l'istanza
dovrebbe essere dichiarata  inammissibile  senza  neppure  effettuare
l'istruttoria prevista dall'art. 464-bis,  comma  5,  del  codice  di
procedura penale. 
3) La non manifesta infondatezza in riferimento al parametro  di  cui
all'art. 3 della Costituzione. 
    La norma si presta a dubbi  di  legittimita'  costituzionale  con
riferimento  al  parametro  dell'art.  3  della   Costituzione,   per
violazione del principio di ragionevolezza. 
    In linea generale la scelta legislativa e' di ancorare  l'accesso
ali'istituto alla pena detentiva massima,  non  superiore  a  quattro
anni, e dunque alla gravita' del fatto in astratto. 
    La seconda parte dell'art. 168-bis, comma  1  del  codice  penale
estende pero' la possibilita' di sospensione con messa alla prova  ai
delitti indicati dall'art.  550  comma  2  del  codice  di  procedura
penale,  e  proprio  su  questo  punto   si   deve   dubitare   della
ragionevolezza della scelta normativa. 
    Innanzitutto la genesi storica della disposizione  dell'art.  550
comma 2 del codice di  procedura  penale  deriva  dalla  distinzione,
presente nell'impianto originario del codice di procedura penale, tra
competenza del Tribunale e competenza del pretore. 
    La competenza del pretore, in base alla direttiva 12 della  legge
delega, si fondava sulla coniugazione  tra  criterio  quantitativo  e
qualita' del reato: dovevano essere attribuiti al pretore i reati  al
di sotto di una determinata soglia punitiva e quelli, puniti con pena
superiore,  in  relazione  alle  quali  le   indagini   non   fossero
incompatibili con la maggiore snellezza e celerita' del  procedimento
pretorile rispetto a quello davanti al Tribunale. 
    Tale criterio si e' tradotto, nel testo originario del codice, in
una competenza generale del pretore  per  i  reati  puniti  con  pena
detentiva non superiore nel massimo a quattro anni (art. 7,  comma  1
del codice di procedura penale) e in una competenza per  materia  per
alcuni reati, la maggior parte  dei  quali  e'  tuttora  inclusa  nel
catalogo dei delitti a citazione diretta  (con  alcune  significative
eccezioni,  tra  cui  i  maltrattamenti  in  famiglia  e   l'omicidio
colposo). 
    Con l'istituzione del  giudice  unico  di  primo  grado  (decreto
legislativo n. 51/1998) e alcuni  successivi  interventi  legislativi
l'art. 550 codice di procedura penale si e' strutturato  in  modo  da
comprendere tra i reati a citazione diretta,  in  linea  di  massima,
quelli precedentemente attribuiti alla competenza pretorile, sia  per
limiti  di  pena,  sia  nominativamente  (con  le   esclusioni   gia'
indicate): violenza o  minaccia  a  pubblico  ufficiale,  resistenza,
oltraggio a magistrato in udienza, violazione di  sigilli  aggravata,
rissa  aggravata,  lesioni  personali  stradali,   furto   aggravato,
ricettazione. 
    Questo  criterio  e'  stato  fortemente  innovato   dal   decreto
legislativo n. 150/2022. 
    La legge n. 134/2021 («Delega al  Governo  per  l'efficienza  del
processo  penale  nonche'  in  materia  di  giustizia  riparativa   e
disposizioni per la celere definizione dei procedimenti  giudiziari»)
ha previsto, all'art.  1,  comma  9,  lettera  l),  l'estensione  del
catalogo dei  reati  di  competenza  del  Tribunale  in  composizione
monocratica per i quali l'azione penale e' esercitata con decreto  di
citazione diretta a giudizio «a delitti  da  individuare  tra  quelli
puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo  a  sei
anni. anche se congiunta alla pena della multa,  che  non  presentino
rilevanti difficolta' di accertamento». 
    Il legislatore del 2021, dunque, ha confermato  il  criterio  che
gia' guidava, nella legge delega del codice,  l'individuazione  della
competenza per materia del pretore. cioe' la sintesi tra gravita' del
reato e semplicita' dell'accertamento processuale, che giustifica  un
rito meno garantito. 
    La delega e' stata attuata dal decreto  legislativo  n.  150/2022
attraverso un  notevole  ampliamento  dell'art.  550  comma  2,   con
l'inserimento di una serie di delitti dolosi, disciplinati dal codice
penale o da leggi speciali, rispondenti ai requisiti indicati. 
    Ritornando all'istituto della messa alla prova,  si  puo'  dunque
direche il razionale di fondo  dell'accesso  all'istituto  e'  sempre
quello della gravita' del reato. 
    Infatti anche per i delitti di cui all'art. 550, comma 2,  codice
di procedura penale il criterio fondamentale e' che siano puniti  con
pena massima inferiore a sei anni (anche se  in  realta'  alcuni  dei
reati  precedentemente  inseriti  nella  norma   prevedono   sanzioni
superiori: ad esempio la ricettazione). 
    Poiche' non tutti i delitti rientranti in  tali  limiti  edittali
sono stati inclusi nella  disposizione  dell'art.  550  comma  2,  il
rinvio recettizio dell'art. 168-bis codice penale ha  fatto  si'  che
l'accesso ali'istituto sia consentito per delitti dolosi piu'  gravi,
per limiti di pena minima e massima, di reati colposi (tra cui quello
contestato a S.) che non permettono la sospensione del  processo  con
messa alla prova. 
    Tale  effetto  non  deriva  da  valutazioni   discrezionali   del
legislatore sul reato specifico, ma dall'altro criterio dettato dalla
legge delega, la semplicita'  dell'accertamento  processuale,  cioeun
motivo eccentrico rispetto alla ratio  dell'ammissibilitao  no  della
messa alla prova, che come si e' detto si fonda  sulla  gravita'  del
reato. 
    La  contraddizione  e'  stata  colta  dallo  stesso   legislatore
delegante. 
    La legge n. 134/2021 prevedeva (comma 22 lettera a)) l'estensione
dell'ambito di applicabilita' della sospensione con messa alla prova,
«oltre ai casi  previsti  dall'art.  550,  comma  2,  del  codice  di
procedura penale,  a  ulteriori  specifici  reati,  puniti  con  pena
edittale detentiva non superiore nel  massimo  a  sei  anni,  che  si
prestino  a  percorsi  risocializzanti   o   riparatori,   da   parte
dell'autore, compatibili con l'istituto». 
    Il legislatore del 2021, dunque,  ha  ribadito  che  il  criterio
fondamentale e' che il reato sia punibile con pena  non  superiore  a
sei anni, e che dunque la ratio e' di escludere la messa  alla  prova
per reati di particolare gravita', e ha avvertito  la  necessita'  di
estendere l'istituto a reati che, pur non compresi  nel  catalogo  di
quelli  a  citazione  diretta  per  le   rilevanti   difficolta'   di
accertamento, si prestino a percorsi risocializzanti o riparatori. 
    Sotto tale aspetto, tuttavia, la delega non e' stata  attuata,  e
da cio' conseguono dubbi  che  nonappaiono  manifestamente  infondati
sulla razionalita'  dell'esclusionedall'istituto  di  un  reato  come
quello in analisi, che rientra nel limite di pena di sei anni  e  che
si  presta  certamente  a  percorsi  risocializzanti  o   riparatori,
innanzitutto per la sua natura colposa. 
4) Il parametro dell'art. 27, comma 3 della Costituzione. 
    Si  ritiene  invece  che  non  vi  siano  i  presupposti  per  la
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  in  relazione
all'altro parametro individuato  dalla  difesa,  cioe'  quello  della
finalita' rieducativa della pena 
    Una  questione  simile,  infatti,  e'  stata  posta  alla   Corte
costituzionale in merito alla fattispecie dell'omicidio stradale.  La
Corte,  con  la  sentenza  n.  146/2023,  l'ha  ritenuta   infondata,
rilevando che qualora la pena determinata in concreto fosse inferiore
a determinati limiti - certamente compatibili, nel caso concreto  con
la pena edittale - «soccorrerebbero altri istituti (quali  le  misure
alternative alla  detenzione,  nonche'  la  sospensione  condizionale
della pena), parimenti ispirati ad evitare la condanna  ad  una  pena
che possa essere percepita come non proporzionata e  quindi  tale  da
non favorire la risocializzazione del condannato».  

 
                               P.Q.M. 
 
    il Giudice: 
        1) dichiara non  manifestamente  infondata  la  questione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis del codice penale, in
riferimento al principio di ragionevolezza di cui  all'art.  3  della
Costituzione, nella parte in cui  non  consente  la  sospensione  del
processo con messa alla prova in relazione  al  delitto  di  incendio
boschivo colposo di cui all'art. 423-bis, secondo comma,  del  codice
penale; 
        2) per l'effetto, dispone la  trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale e la sospensione del procedimento. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di  cui  all'art.  23,
ultimo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87. 
      Cagliari, 28 novembre 2024. 
 
                             Il Giudice