Reg. ord. n. 103 del 2025 pubbl. su G.U. del 04/06/2025 n. 23

Ordinanza del Corte d'appello di Lecce  del 02/05/2025

Tra: Questura di Brindisi  C/ B. B.



Oggetto:

Straniero – Immigrazione – Procedimenti aventi ad oggetto la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale, adottato a norma degli artt. 6, 6-bis e 6-ter del d.lgs. n. 142 del 2015, e dell'art. 10-ter, comma 3, quarto periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998, nonché per la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art. 14, comma 6, del citato d.lgs. n. 142 del 2015 [nel caso di specie: proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale disposto a norma dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015 (sussistenza di fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del respingimento o dell'espulsione)] – Attribuzione della competenza giurisdizionale alla corte d’appello di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida, che giudica in composizione monocratica, in luogo della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituita presso il tribunale distrettuale – Impugnazione del provvedimento emesso dalla corte d’appello con ricorso per cassazione a norma dell’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, proponibile entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen. e con applicazione, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2025, delle disposizioni dell’art. 22, commi 3 e 4, della legge n. 69 del 2005 – Omessa previsione dell’impugnabilità con ricorso per cassazione nelle forme di cui agli artt. 360 e seguenti cod. proc. civ., in luogo dell’attuale procedura di impugnazione – Disposizioni transitorie concernenti l’applicazione della predetta disciplina procedurale decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della legge n. 187 del 2024 – Denunciata carenza dei presupposti di necessità e di urgenza legittimanti l’adozione della decretazione d’urgenza – Contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge – Irragionevolezza, sotto diversi profili, della sottrazione della competenza alla sezione specializzata nella trattazione delle questioni in tema di protezione internazionale – Denunciata scissione tra il giudice competente a giudicare nel merito i provvedimenti relativi al riconoscimento del diritto di asilo e il giudice competente a giudicare la legittimità dei trattenimenti disposti nell’ambito delle medesime procedure di riconoscimento di tale diritto – Denunciata incertezza sulla competenza in relazione ai procedimenti di “riesame” dei provvedimenti sulle convalide e sulle proroghe – Irragionevole compressione del diritto di difesa con riferimento alla procedura di impugnazione per cassazione del provvedimento di convalida o di proroga del trattenimento – Contrasto con il diritto a un ricorso effettivo che, anche sulla base del diritto convenzionale ed eurounitario, deve essere assicurato alle parti e, in particolare, al richiedente protezione internazionale trattenuto.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 16  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto-legge  del 17/02/2017  Num. 13  Art. 3  Co. 1

legge  del 13/04/2017  Num. 46

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 16  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto-legge  del 17/02/2017  Num. 13  Art. 5

legge  del 13/04/2017  Num. 46

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 6  Co. 5

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 6  Co. 5

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 6  Co. 8

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 14  Co. 6

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 10  Co. 3

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 14  Co. 6

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 19

legge  del 09/12/2024  Num. 187



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 10   Co.

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 77   Co.

Costituzione  Art. 102   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art.  Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 18   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 47   Co.  

direttiva UE  Art. 26   Co.  

direttiva UE  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 17 novembre 2025 rel. SAN GIORGIO


Testo dell'ordinanza

                        N. 103 ORDINANZA (Atto di promovimento) 02 maggio 2025

Ordinanza del 2 maggio  2025  della  Corte  d'appello  di  Lecce  nel
procedimento civile promosso dalla Questura di Brindisi contro B. B.. 
 
Straniero  -  Immigrazione  -  Procedimenti  aventi  ad  oggetto   la
  convalida del provvedimento con il quale  il  questore  dispone  il
  trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento  del  richiedente
  protezione internazionale, adottato a norma degli artt. 6, 6-bis  e
  6-ter del d.lgs. n. 142 del 2015,  e  dell'art.  10-ter,  comma  3,
  quarto periodo,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  nonche'  per  la
  convalida delle misure adottate ai sensi dell'art. 14, comma 6, del
  citato d.lgs. n. 142 del 2015 [nel  caso  di  specie:  proroga  del
  trattenimento del richiedente protezione internazionale disposto  a
  norma dell'art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015 (sussistenza
  di fondati motivi per ritenere che la domanda e'  stata  presentata
  al  solo  scopo  di   ritardare   o   impedire   l'esecuzione   del
  respingimento o dell'espulsione)] - Attribuzione  della  competenza
  giurisdizionale alla corte d'appello, di cui all'art. 5,  comma  2,
  della legge n. 69 del 2005, nel cui distretto ha sede  il  questore
  che  ha  adottato  il  provvedimento  oggetto  di   convalida,   in
  composizione monocratica, in luogo della sezione  specializzata  in
  materia  di  immigrazione,  protezione  internazionale   e   libera
  circolazione dei cittadini dell'Unione europea, istituita presso il
  tribunale distrettuale  -  Impugnazione  del  provvedimento  emesso
  dalla corte d'appello con ricorso per cassazione a norma  dell'art.
  14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, proponibile  entro  cinque
  giorni dalla comunicazione, solo per i motivi di cui  alle  lettere
  a), b) e c) del comma  1  dell'art.  606  cod.  proc.  pen.  e  con
  applicazione, per effetto della sentenza della Corte costituzionale
  n. 39 del 2025, delle disposizioni dell'art. 22, commi 3 e 4, della
  legge n. 69 del 2005 - Omessa  previsione  dell'impugnabilita'  con
  ricorso per cassazione nelle forme di cui agli artt. 360 e seguenti
  cod. proc.  civ.,  come  previsto  anteriormente  alla  modifica  -
  Disposizioni transitorie concernenti l'applicazione della  predetta
  disciplina procedurale decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore
  della legge n. 187 del 2024. 
- Decreto-legge 11 ottobre 2024,  n.  145  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela  e
  assistenza alle vittime  di  caporalato,  di  gestione  dei  flussi
  migratori e di  protezione  internazionale,  nonche'  dei  relativi
  procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella
  legge 9 dicembre 2024, n. 187, artt. 16, 18, 18-bis, e 19. 


(GU n. 23 del 04-06-2025)

 
                      CORTE DI APPELLO DI LECCE 
 
    Il Consigliere di turno dott. Giuseppe Biondi letti gli atti  del
procedimento in epigrafe indicato e sciogliendo  la  riserva  assunta
all'odierna udienza del 2 maggio 2025 
 
                               Osserva 
 
1. Premessa e svolgimento del procedimento. 
    In data .... la Questura  di  Brindisi  ha  richiesto,  ai  sensi
dell'art. 6, comma 5, decreto legislativo n. 142/2015, la proroga del
trattenimento nei confronti di BB, nato  in  il  ....,  trattenimento
disposto presso il Centro di permanenza per i  rimpatri  di  Restinco
(BR) dal Questore di Brindisi in data ai sensi dell'art. 6, comma  3,
decreto legislativo n. 142/2015 e convalidato  da  questa  Corte  con
decreto dell'8 marzo 2025. 
    Invero, il B..., che si trovava trattenuto nel CPR di Restinco ai
sensi dell'art. 14, decreto legislativo n. 286/1998 con  decreto  del
Questore di Campobasso del ..., convalidato dal giudice  di  pace  di
Brindisi con decreto del 21  febbraio  2025,  presentava  domanda  di
protezione internazionale in data , ritenuta pretestuosa, sicche'  ne
veniva disposto l'ulteriore trattenimento ai sensi dell'art. 6, comma
3, decreto legislativo n. 142/2015 da parte del Questore di Brindisi,
convalidato, come detto, da questa Corte  con  decreto  dell'8  marzo
2025. 
    Con atto del la Questura di Brindisi, come detto, ha richiesto la
proroga del trattenimento, ai sensi dell'art.  6,  comma  5,  decreto
legislativo  n.  142/2015,  ritenendo  la  permanenza  dei   relativi
presupposti. In particolare, essendo il cittadino stranero ricorrente
avverso la decisione  della  Commissione  territoriale  di  Lecce  ed
essendo il ricorso ancora pendente. 
    All'odierna udienza, sentito il  trattenuto,  il  suo  difensore,
avv. Bartolo Gagliani del Foro di Brindisi, nonche' il rappresentante
della Questura di Brindisi,  ritenuta  la  propria  competenza  sulla
richiesta di proroga, questo  Consigliere  ha  riservato  la  propria
decisione nei termini di legge. 
2. In punto di rilevanza della questione. 
  2.1. Premessa 
    Va, preliminarmente, osservato che la questione  di  legittimita'
costituzionale, sollevata  di  ufficio  nell'ambito  di  un  giudizio
avente ad oggetto la richiesta di proroga del trattenimento  di  B...
B..., avanzata dal Questore di Brindisi ai sensi dell'art.  6,  comma
5, decreto legislativo n. 142/2015 in data ..., risulta  ammissibile,
come affermato dalla Corte costituzionale (vedi Corte  costituzionale
n. 212/2023 punto 2.1. del Considerato in diritto, che richiama Corte
costituzionale n. 137/2020, punto 2.1. del Considerato  in  diritto).
Invero, questo Consigliere non  si  e'  pronunciato  sulla  richiesta
(che, come e' noto, a pena di illegittimita', deve  essere  formulata
prima  della  scadenza  del  termine  iniziale  o  prorogato  -  vedi
Cassazione civ. sez. I, 16 dicembre 2019, n. 33178 -  e  deve  essere
disposta o  convalidata  dal  giudice  entro  quarantotto  oro  dalla
richiesta - vedi Cassazione civ. sez. I, 30 ottobre  2019,  n.  27939
-), ma ritiene di  sollevare  in  via  preliminare  la  questione  di
legittimita' costituzionale, con sospensione  del  giudizio.  Orbene,
quando il giudice  dubiti  della  legittimita'  costituzionale  delle
norme che regolano presupposti e condizioni del potere di  convalida,
ovvero, come nel caso di specie, i presupposti e  le  condizioni  del
potere di proroga di un trattenimento, il cui esercizio e' soggetto a
termini perentori, la  cessazione  dello  stato  di  restrizione  che
dovesse derivare dalla mancata convalida nel termine di legge, ovvero
dal mancato accoglimento della richiesta di proroga  nel  termine  di
legge  (si  veda,  con   riguardo   a   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata nell'ambito di un procedimento di riesame ai
sensi dell'art. 309 del codice di procedura penale,  Cassazione  pen.
sez. F., 11 agosto 2015, n. 34889), non puo' essere  di  ostacolo  al
promovimento della relativa questione di legittimita' costituzionale. 
    Va  anche  detto  che,  nella  sostanza,  con  la  questione   di
legittimita'   costituzionale   si   sottopone   a    scrutinio    di
costituzionalita' il nuovo sistema normativo, frutto di  decretazione
di  urgenza,  che  attiene   ai   procedimenti   di   convalida   dei
provvedimenti  che  dispongono  o  prorogano  i   trattenimenti   dei
richiedenti  protezione  internazionale,  di  cui  si   contesta   la
ragionevolezza e l'organicita', in mancanza di giustificazione  circa
i presupposti della decretazione di urgenza e circa la sussistenza di
esigenze  costituzionalmente   rilevanti   da   perseguire,   nonche'
l'idoneita' ad assicurare l'effettiva tutela del diritto  di  difesa.
La conseguenza dell'eventuale fondatezza dei  rilievi  costituzionali
mossi sarebbe il ripristino del precedente sistema, che vedeva  nelle
Sezioni  specializzate  in  materia   di   immigrazione,   protezione
internazionale  e  libera  circolazione  dei  cittadini   dell'Unione
europea,  istituite  presso  i  Tribunali  distrettuali,  l'Autorita'
giudiziaria competente  in  materia  e  nel  ricorso  per  cassazione
proposto ai sensi dell'art. 360 del codice  di  procedura  civile  il
rimedio avverso il provvedimento di convalida. 
  2.2.  La  ricostruzione  del  quadro   normativo   di   riferimento
applicabile nel presente procedimento. 
    Il decreto-legge  11  ottobre  2024,  n.  145,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale dell'11 ottobre 2024 - Serie generale  -  n.  239,
recante «Disposizioni urgenti in materia di  ingresso  in  Italia  di
lavoratori  stranieri,  di  tutela  e  assistenza  alle  vittime   di
caporalato,  di  gestione  dei  flussi  migratori  e  di   protezione
internazionale, nonche' dei relativi  procedimenti  giurisdizionali»,
al capo IV, aveva previsto alcune disposizioni processuali  (articoli
16, 17 e 18). In particolare,  l'art.  16,  rubricato  «Modifiche  al
decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni,
dalla legge 13 aprile 2017, n. 46», modificando gli articoli 2  e  3,
comma 4, decreto-legge n. 13/2017,  convertito  con  modifiche  dalla
legge n. 46/2017, aveva introdotto il reclamo dinanzi alla  Corte  di
appello avverso i provvedimenti adottati dalle sezioni specializzate,
ai sensi dell'art. 35-bis, decreto legislativo n. 25/2008,  e  quelli
aventi  ad  oggetto   l'impugnazione   dei   provvedimenti   adottati
dall'autorita' preposta alla determinazione  dello  Stato  competente
all'esame della domanda di protezione internazionale (art. 16,  comma
1, lettera b). Aveva, poi, previsto che i giudici di appello chiamati
a comporre i collegi di reclamo avrebbero dovuto  curare  la  propria
formazione   almeno   annuale   nella   materia   della    protezione
internazionale.  L'art.  17  aveva  apportato  modifiche  al  decreto
legislativo n. 25/2008 e  l'art.  18  aveva  a  sua  volta  apportato
modifiche al decreto legislativo n. 150/2011. Ai sensi dell'art.  19,
del decreto-legge n. 145/2024 le disposizioni di cui al  capo  IV  si
applicavano ai ricorsi presentati ai sensi dell'art. 35  e  dell'art.
3, comma 3-bis, del decreto legislativo n.  25/2008,  decorsi  trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto stesso. 
    Il decreto-legge n. 145/2024 e' stato  convertito  con  modifiche
dalla legge  9  dicembre  2024  n.  187,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale del 10 dicembre 2024 - Serie generale - n. 289. 
    In particolare, per quanto di interesse in questa sede,  in  sede
di conversione, l'art. 16 del  decreto-legge  n.  145/2024  e'  stato
modificato dalla legge n. 187/2024. Innanzitutto, e' stata modificata
la rubrica dell'articolo («Modifica  all'articolo  3  e  introduzione
dell'articolo 5-bis  del  decreto-legge  17  febbario  2017,  n.  13,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017,  n.  46»).
Quindi, con l'art. 16 citato, attraverso  la  modifica  dell'art.  3,
comma  1,  lettera  d),  decreto-legge  n.  13/2017,  convertito  con
modifiche dalla legge n. 46/2017 e l'introduzione dell'art. 5-bis nel
decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modifiche, dalla  legge  n.
46/2017,   e'   stata   sostanzialmente   sottratta   alle    sezioni
specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e
libera circolazione  dei  cittadini  dell'Unione  europea,  istituite
presso i Tribunali distrettuali, la  competenza  per  i  procedimenti
aventi ad oggetto la convalida del  provvedimento  con  il  quale  il
Questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento  del
richiedente  protezione  internazionale,  adottato  a   norma   degli
articoli 6, 6-bis, 6-ter  del  decreto  legislativo  n.  142/2015,  e
dall'art. 10-ter, comma 3, quarto periodo, del decreto legislativo n.
286/1998, nonche' per la convalida delle  misure  adottate  ai  sensi
dell'art. 14, comma 6, del decreto legislativo n.  142/2015,  che  e'
stata, invece, attribuita alle Corti di appello di  cui  all'art.  5,
comma 2, della legge  n.  69/2005,  nel  cui  distretto  ha  sede  il
Questore che ha adottato il provvedimento oggetto di  convalida,  che
giudicano, peraltro, in composizione monocratica. 
    L'art. 18 del decreto-legge n. 145/2024 ha pure subito  rilevanti
modifiche,  a  cominciare  dalla  rubrica  («Modifiche   al   decreto
legislativo 18  agosto  2015,  n.  142»).  Nel  dettaglio,  e'  stato
modificato l'art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 142/2015 per
adattarlo alla nuova competenza attribuita alla Corte di appello.  E'
previsto (primo  periodo)  che  il  provvedimento  con  il  quale  il
Questore dispone il trattenimento o la proroga del  trattenimento  e'
adottato  per  iscritto,  e'  corredato   di   motivazione   e   reca
l'indicazione che il richiedente ha facolta' di presentare memorie  o
deduzioni personalmente o a mezzo di difensore. Il  provvedimento  e'
trasmesso, senza ritardo, alla Corte di appello di cui all'art. 5-bis
del decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modifiche, dalla  legge
n. 46/2017. All'ultimo periodo dell'art.  6,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 142/2015 le parole «al tribunale  sede  della  sezione
specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e
libera  circolazione  dei   cittadini   dell'Unione   europea»   sono
sostituite dalle seguenti: «alla corte d'appello competente». Dopo il
comma 5, dell'art. 6, del decreto legislativo n.  142/2015  e'  stato
inserito il comma  5-bis  che  prevede  che  contro  i  provvedimenti
adottati ai sensi del comma 5 e' amesso  ricorso  per  cassazione  ai
sensi dell'art. 14, comma 6, del decreto legislativo n. 286/1998.  Al
comma 8 dell'art. 6, decreto legislativo n. 142/2015 le  parole  «del
tribunale  in  composizione  monocratica»   sono   sostituite   dalle
seguenti: «della Corte  d'appello».  All'art.  14,  comma  6,  ultimo
periodo, del decreto legislativo n. 142/2015 le parole «il  tribunale
sede  della  sezione  specializzata  in  materia   di   immigrazione,
protezione  internazionale  e  libera  circolazione   dei   cittadini
dell'Unione  europea»  sono  sotituite  dalle  seguenti:  «la   corte
d'appello». 
    Inoltre, la legge n. 187/2024, di conversione  del  decreto-legge
n. 145/2024, ha inserito l'art.  18-bis,  rubricato  «Modifiche  agli
articoli 10-ter e 14 del testo unico di cui al decreto legislstivo 25
luglio 1998, n. 286» che prevede che all'art. 10-ter, comma 3, quarto
periodo, del decreto legislativo n. 286/1998, le parole «il Tribunale
sede  della  sezione  specializzata  in  materia   di   immigrazione,
protezione  internazionale  e  libera  circolazione   dei   cittadini
dell'Unione  europea»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «la  Corte
d'appello»;  inoltre,  prevede  all'art.   14,   comma   6,   decreto
legislativo n. 286/1998, al primo periodo l'aggiunta, in fine,  delle
seguenti parole: «, entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per
i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del  comma  1  dell'articolo
606 del codice di  procedura  penale»,  e  dopo  il  secondo  periodo
l'aggiunta  del  seguente   periodo:   «Si   osservano,   in   quanto
compatibili, le disposizioni dell'articolo 22, comma 5-bis, secondo e
quarto periodo, della legge 22 aprile 2005, n. 69». 
    Infine,  l'art.  19  del  decreto-legge  n.  145/2024  e'   stato
modificato nel senso che sono state soppresse le parole  «ai  ricorsi
preentati ai sensi dell'art. 35 e  dell'articolo,  comma  3-bis,  del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25». 
    In definitiva, con la  legge  n.  187/2024,  di  conversione  del
decreto-legge  n.  145/2024,  il  legislatore   ha   realizzato   una
variazione di  non  poco  momento  in  punto  di  attribuzione  della
competenza giurisdizionale in tema di procedimenti aventi ad  oggetto
la convalida del provvedimento con il quale il  Questore  dispone  il
trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento   del   richiedente
protezione internazionale, adottato a norma degli articoli 6,  6-bis,
6-ter del decreto legislativo n. 142/2015, e dall'art. 10-ter,  comma
3, quarto periodo, del decreto legislativo n. 286/1998,  nonche'  per
la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art.  14,  comma  6,
del decreto legislativo n. 142/2015,  che  e'  stata  sottratta  alle
Sezioni  specializzate  in  materia   di   immigrazione,   protezione
internazionale  e  libera  circolazione  dei  cittadini   dell'Unione
europea, istituite presso i Tribunali,  per  essere  attribuita  alle
Corti di appello di cui all'art. 5, comma 2, della legge n.  69/2005,
nel  cui  distretto  ha  sede  il  Questore  che   ha   adottato   il
provvedimento oggetto  di  convalida,  che  giudicano,  peraltro,  in
composizione monocratica. Il relativo  provvedimento  e'  impugnabile
con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 14,  comma  6,  decreto
legislativo n. 286/1998, e, quindi, il ricorso, che non  sospende  il
provvedimento,   e'   proponibile   entro   cinque    giorni    dalla
comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettera a), b) e c)  del
codice di procedura penale e si osservano, in quanto compatibili,  le
disposizioni dell'art. 22, comma 5-bis,  secondo  e  quarto  periodo,
della legge n. 69/2005. 
    Peraltro, la competenza  cosi'  determinata  ha  avuto  efficacia
decorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della
legge n.  187/2024  di  conversione  del  decreto-legge  n.  145/2024
(pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 10 dicembre 2024)  per  effetto
dell'art. 19 del decreto-legge n.  145/2024,  come  modificato  dalla
legge n. 187/2024. 
    Non e' piu' previsto un obbligo in capo ai Consiglieri di appello
di  curare  la  propria  formazione  annuale  nella   materia   della
protezione internazionale. 
  2.2.1. La sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2025. 
    Giova evidenziare che, con sentenza n.  39  del  2025,  la  Corte
costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art.  14,  comma  6,  decreto  legislativo  n.  286/1998,   come
modificato dall'art. 18- bis, comma 1,  lettera  b),  numero  2)  del
decreto-legge n. 145/2024, convertito con modifiche  dalla  legge  n.
187/2024, richiamato dall'art. 6, comma 5-bis, decreto legislativo n.
142/2015, come introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera  a),  numero
2), del decreto-legge n. 145/2024,  convertito  con  modifiche  dalla
legge n. 187/2024, nella parte  in  cui,  al  terzo  periodo,  rinvia
all'art. 22, comma 5-bis, quarto periodo,  della  legge  n.  69/2005,
anziche' ai commi 3 e 4 di quest'ultimo articolo. 
    Invero, ai fini di assicurare l'effettivita' del  contraddittorio
nel giudizio di legittimita' relativo ai procedimenti di impugnazione
dei decreti di convalida dei provvedimenti di trattenimento  o  della
proroga del trattenimento adottati a norma degli articoli  6,  6-bis,
6-ter del decreto legislativo n. 142/2015, e dall'art. 10-ter,  comma
3, quarto periodo, del decreto legislativo n. 286/1998,  nonche'  per
la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art.  14,  comma  6,
del decreto legislativo n. 142/2015, la Corte ha  inteso  intervenire
nei sensi di cui al su esposto dispositivo. 
    Per  effetto  dell'intervento  «sostitutorio»,  il  processo   di
cassazione sui decreti di convalida e di  proroga  del  trattenimento
della persona straniera -  emessi  dal  giudice  di  pace,  ai  sensi
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, o  dalla  Corte  di
appello in  composizione  monocratica,  ai  sensi  dell'art.  6,  del
decreto legislativo n. 142/2015 - si articola nei  seguenti  termini:
il giudizio e' instaurato con ricorso proponibile entro cinque giorni
dalla comunicazione, per i motivi di cui alle lettera  a),  b)  e  c)
dell'art. 606 c.p.p.; il ricorso, che non sospende l'esecuzione della
misura, e' presentato nella cancelleria della Corte di appello che ha
emesso  il  provvedimento,  la  quale  lo  trasmette  alla  Corte  di
cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare  e  comunque
entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento  impugnato  e
agli atti  del  procedimento;  la  Corte  di  cassazione  decide  con
sentenza entro dieci giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di
cui all'art. 127  del  codice  di  procedura  penale  e,  quindi,  in
un'adunanza camerale nella  quale  sono  sentiti,  se  compaiono,  il
pubblico ministero e il difensore; l'avviso alle  parti  deve  essere
notificato o comunicato almeno tre giorni  prima  dell'udienza  e  la
decisione e' depositata a conclusione dell'udienza con la contestuale
motivazione; qualora  la  redazione  della  motivazione  non  risulti
possibile,  la  Corte  di  cassazione  provvede  al  deposito   della
motivazione non oltre il secondo giorno dalla pronuncia. 
  2.2.2. Le incertezze relative  all'attribuzione  della  materia  al
settore civile o a quello penale. 
    Come evidenziato dal CSM nel  suo  parere  consultivo,  reso  con
delibera del 4 dicembre 2024, la novella legislativa attribuisce alla
Corte di appello, normalmente giudice di secondo grado, la competenza
in ordine alle convalide dei provvedimenti questorili che  dispongono
o   prorogano   i   trattenimenti    dei    richiedenti    protezione
internazionale,   che    costituiscono    procedimenti    incidentali
nell'ambito del complesso procedimento di riconoscimento del  diritto
di asilo o alla protezione  internazionale  sussidiaria,  che  resta,
invece, attribuito al Tribunale distrettuale specializzato in materia
di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione  dei
cittadini  dell'Unione  europea.  Peraltro,   il   riferimento,   per
l'individuazione del magistrato della Corte  di  appello  competente,
all'art. 5,  comma  2,  della  legge  n.  69/2005,  genera  ulteriore
confusione,  poiche',  se  risulta  effettuato  per  identificare  la
competenza territoriale, si tratterebbe di  richiamo  inutile,  visto
che la stessa norma individua territorialmente la  Corte  di  appello
competente in base al Questore che ha adottato  il  provvedimento  da
convalidare. Al contrario, se risulta effettuato per individuare  uno
specifico settore o Sezione  della  Corte  di  appello  che  si  deve
occupare della materia,  risulta  un  richiamo  del  tutto  generico,
poiche' non e' chiaro se per legge si e' attribuita la  competenza  a
provvedere al settore penale della Corte,  normalmente  competente  a
provvedere sui MAE. 
    Secondo l'interpretazione fatta propria sia dal massimario  della
Cassazione (vedi relazione n. 1/2025) che dalla Corte di legittimita'
(vedi sentenza I Sez. pen. 24 gennaio 2025, n. 2967), il  legislatore
avrebbe attribuito alle Sezioni penali  della  Corte  di  appello  la
materia (oltre che alle Sezioni penali della Corte di legittimita'). 
    Tuttavia, come emerge dalla delibera del CSM del 19  marzo  2025,
ricognitiva in ordine alle  ricadute  organizzative  sulle  Corti  di
appello in seguito allo spostamento delle competenze  in  materia  di
convalida  dei  provvedimenti  di   trattenimento   dei   richiedenti
protezione internazionale, sono state adottate dalle Corti di appello
misure  organizzative  diverse,   che   prevedono,   per   lo   piu',
l'attribuzione tabellare della nuova materia al settore civile in via
esclusiva e, dove  istituita,  alla  Sezione  gia'  incaricata  della
trattazione  della  materia  dell'immigrazione  e  della   protezione
internazionale,  ovvero  in  alcuni  casi   il   coinvolgimento   dei
Consiglieri del settore penale o sotto forma di applicazione,  ovvero
come inserimento  nel  turno  delle  convalide,  ovvero  ancora  come
attribuzione  della  materia  alle  Sezioni  penali  con  trattazione
secondo la  turnazione  MAE.  La  Prima  Presidente  della  Corte  di
cassazione, con provvedimento di  variazione  tabellare  adottato  in
data 16 gennaio 2025, ha assegnato la trattazione  dei  ricorsi  alla
Prima sezione penale. Il CSM ha espressamente previsto la tendenziale
approvazione in questa prima fase di tutte le  variazioni  tabellari,
in attesa che  si  consolidi,  in  ambito  giurisdizionale,  un'unica
opzione interpretativa, circa l'attribuzione della materia al settore
civile o al settore penale. Pertanto, presso  le  Corti  di  appello,
convivono sia sistemi organizzativi tabellari in cui  la  materia  de
qua e' attribuita in via esclusiva ai Consiglieri addetti al  settore
civile, sia  sistemi  in  cui  e'  attribuita  in  via  esclusiva  ai
Consiglieri addetti al  settore  penale  ovvero  sia  ai  Consiglieri
addetti al settore civile che a quelli  addetti  al  settore  penale,
sebbene il rito previsto per il procedimento di convalida sia  quello
di cui all'art. 6 comma 5 del decreto legislativo  n.  142/2015,  che
richiama a sua volta l'art. 14, decreto legislativo  n.  286/1998,  e
dunque un procedimento  che  segue  il  processo  civile  telematico,
mediante  l'utilizzo  di  consolle  civile.  D'altra  parte,  non  va
dimenticata l'esistenza  dell'istituto  «pretorio»  del  riesame  del
trattenimento dello straniero (Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2017,
n. 22932), la cui domanda va introdotta nelle forme del  procedimento
camerale ex art. 737 del codice di procedura civile, sicche'  per  il
principio della concentrazione delle tutele la competenza deve essere
riferita al giudice della convalida e  delle  proroghe  (Cass.  civ.,
sez. I, 3.2.2021, n.  2457).  Dunque,  stante  lo  spostamento  della
competenza in  esame,  tale  domanda  dovra'  essere  necessariamente
rivolta, per lo straniero richiedente protezione internazionale, alla
Corte di appello, e cio' rende ulteriormente  incerta  l'attribuzione
della materia al settore civile o al settore penale. 
    Presso la Corte di appello di Lecce e' stata prevista  variazione
tabellare attributiva della materia delle convalide dei provvedimenti
questorili di  trattenimento  o  di  proroga  dei  trattenimenti  dei
richiedenti protezione internazionale a  tutti  i  Consiglieri  della
Corte, secondo un turno settimanale (variazione tabellare n. 2 dell'8
gennaio 2025). Lo scrivente Consigliere e' tabellarmente  addetto  al
settore penale, inserito nella Prima sezione  penale  della  Corte  e
nella Corte di assise di appello. Tuttavia, in virtu' della  suddetta
variazione tabellare, e' assegnatario, secondo un turno  settimanale,
della  materia  delle  convalide  dei  provvedimenti  questorili   di
trattenimento  o  di  proroga  dei  trattenimenti   dei   richiedenti
protezione internazionale. 
  2.3. La rilevanza della questione  di  legittimita'  costituzionale
alla  luce  del  quadro  normativo  scaturito  dal  decreto-legge  n.
145/2024 convertito con modifiche dalla legge n. 187/2024. 
    L'intervento   normativo   di    urgenza,    che    ha    portato
all'attribuzione  della  competenza  per  i  procedimenti  aventi  ad
oggetto la convalida del  provvedimento  con  il  quale  il  Questore
dispone  il  trattenimento  o  la  proroga  del   trattenimento   del
richiedente  protezione  internazionale  alle   Corte   di   appello,
individuate ai sensi dell'art. 5-bis del  decreto-legge  n.  13/2027,
convertito con modifiche dalla legge n. 46/2017, che  giudicano,  fra
l'altro, in composizione monocratica, nonche' all'impugnabilita'  del
relativo provvedimento con ricorso per cassazione da  proporre  entro
cinque giorni dalla comunicazione per i motivi di cui  all'art.  606,
lettera a), b) e c) del codice di procedura penale  (con  conseguente
applicazione dell'art. 22, commi  3  e  4  della  legge  n.  69/2005)
risulta di dubbia ragionevolezza, tenuto  conto,  altresi',  come  si
vedra', dell'inesistenza di una  plausibile  motivazione  a  sostegno
dello stesso, tale da rendere intellegibili le ragioni  e  gli  scopi
perseguiti dal legislatore. 
    Facendo proprie le perplessita'  gia'  manifestate  dal  CSM  nel
parere reso con delibera del 4 dicembre 2024, si evidenzia  come  non
appaiono intellegibili ne' le ragioni poste a fondamento dell'inedita
sottrazione alle Sezioni specializzate dei Tribunali distrettuali  di
procedimenti - quelli appunto sulle convalide dei  trattenimenti  dei
richiedenti asilo - tipicamente assegnati ai giudici di primo grado e
il loro affidamento, per saltum, alle Corti di appello, ne' i  motivi
che hanno indotto il  legislatore  a  cancellare,  con  la  legge  di
conversione, uno  dei  cardini  del  primo  intervento  normativo  di
urgenza, e cioe' la reintroduzione del reclamo in appello  avverso  i
provvedimenti di merito in materia di protezione internazionale. 
    Se poi la competenza deve intendersi come attribuita alle Sezioni
penali della Corte  di  appello,  tale  scelta  desterebbe  ulteriori
perplessita', poiche' le decisioni sui trattenimenti dei  richiedenti
asilo si inseriscono  nel  quadro  di  una  procedura  amministrativa
originata dalla mera formulazione di una domanda di asilo, secondo le
regole del diritto costituzionale, europeo e nazionale di recepimento
di quest'ultimo; i provvedimenti disposti dal Questore e le  relative
proroghe non sono legati alla commissione  di  reati,  ma  rispondono
alle diverse esigenze di cui agli articoli 6, 6-bis,  6-ter,  decreto
legislativo n. 142/2015, 10-ter,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
286/1998 e 14, comma 6, decreto legislativo n. 142/2015; la decisione
sul trattenimento ha natura  incidentale  nell'ambito  del  complesso
procedimento di riconoscimento  del  diritto  di  asilo  e  per  tale
ragione essa e'  stata  da  sempre  attribuita  alla  competenza  dei
medesimi giudici che sono chiamati a decidere nel  merito  in  ordine
alla sussistenza o meno del diritto suddetto, tanto in via  cautelare
(istanze  di  sospensiva)  quanto  in  via  definitiva;   la   comune
appartenenza di ciascuno di tali profili (trattenimenti,  sospensive,
merito) alla complessa materia della  protezione  internazionale  ha,
sino ad oggi, indotto il legislatore e il CSM a  ritenere  opportuna,
rectius necessaria, l'individuazione  di  un  giudice  specializzato,
tabellarmente  pre-definito,  dotato  di  specifiche   competenze   e
soggetto a stringenti obblighi formativi. 
    L'intervento legislativo  ha  inciso  sul  carattere  unitario  e
inscindibile delle questioni attinenti al diritto di  asilo  e  delle
relative procedure,  operando  una  sorta  di  assimilazione  tra  le
diverse ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo e  le  ipotesi
di limitazione della liberta' personale  derivanti  dall'accertamento
giurisdizionale, in corso o definitivo, della commissione di reati da
parte di cittadini comunitari o extracomunitari,  assimiliazione  che
non vi puo' essere, riguardando le  convalide  dei  provvedimenti  di
trattenimento o di proroga dei  trattenimenti  appunto  convalide  di
provvedimenti amministrativi, di per se' estranei ai fatti-reato.  Si
e' operata una scissione tra il giudice competente  a  giudicare  nel
merito i provvedimenti relativi  al  riconoscimento  del  diritto  di
asilo (le Sezioni specializzate  dei  Tribunali  distrettuali)  e  il
giudice competente a giudicare sulla legittimita'  dei  trattenimenti
disposti nell'ambito delle medesime procedure  di  riconoscimento  di
tale diritto. 
    Infine,  l'intervento  normativo  in   questione   ha   frustrato
l'esigenza di specializzazione dei giudici  chiamati  a  pronunciarsi
sulla legittimita' dei trattenimenti. 
    Come evidenziato dal CSM nel piu'  volte  citato  parere,  si  e'
trattato di un significativo  cambio  di  prospettiva,  difficilmente
comprensibile in presenza di un quadro  ordinamentale  e  processuale
che non aveva sollevato criticita',  dimostrando  di  potere  offrire
risposte adeguate alle esigenze di celerita' proprie delle  procedure
de  quibus  e  che  ha  comportato  la  necessita'  di  ripensare  il
funzionamento delle Corti di appello, con le confusioni organizzative
sopra rappresentate. 
    Non va taciuta, poi,  l'irragionevole  compressione  dei  diritti
difensivi  scaturita  dalla  modifica  apportata   al   giudizio   di
impugnazione relativo al provvedimento di convalida, proponibile  con
ricorso per cassazione in tempi estremamente ridotti  (cinque  giorni
dalla comunicazione del provvedimento) e per motivi  (quelli  di  cui
all'art. 606, lettera a), b) e c), del codice  di  procedura  penale)
nella sostanza non proponibili se non quello di violazione  di  legge
(piu'  che  altro  riconducibile  all'art.   111,   comma   7   della
Costituzione). 
    E' rilevante, pertanto, la questione della  conformita'  di  tale
sistema scaturito dalle modifiche apportate dagli  articoli  16,  18,
18-bis e 19 del decreto-legge n. 145/2024, convertito  con  modifiche
dalla legge n. 187/2024,  in  primis,  all'art.  77,  comma  2  della
Costituzione; quindi, agli articoli  3,  25  e  102,  comma  2  della
Costituzione; infine, agli articoli  3,  10,  comma  3,  e  24  della
Costituzione,  nonche'  agli  articoli  11  e  117,  comma  1   della
Costituzione in relazione all'art. 5, §§ 1 lettera f) e  4,  CEDU,  e
agli articoli  9  della  direttiva  2013/33/UE,  26  della  direttiva
2013/32/UE,  6,  18  e  47  della  Carta  dei  diritti   fondamentali
dell'Unione europea. 
3. In punto di non manifesta infondatezza della questione. 
  3.1. Rispetto all'art. 77, comma 2 della Costituzione 
    Il decreto-legge n. 145/2024 e' stato emesso in mancanza di  quei
casi straordinari di necessita' e  urgenza  richiesti  dall'art.  77,
comma 2 della Costituzione. 
    Come  e'  noto,   per   costante   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale (vedi da ultimo Corte costituzionale n. 8/2022 e Corte
costituzionale n. 146/2024), la preesistenza  di  una  situazione  di
fatto comportante la necessita' e  l'urgenza  di  provvedere  tramite
l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge,
costituisce un requisito di validita' dell'adozione di tale atto,  la
cui mancanza configura un vizio di  legittimita'  costituzionale  del
medesimo, che non e' sanato dalla legge di conversione, la quale, ove
intervenga, risulta a sua volta inficiata da un vizio  in  procedendo
(ex plurimis, sentenze n. 149 del 2020, n. 10 del  2015,  n.  93  del
2011, n. 128 del 2008, n.  171  del  2007  e  n.  29  del  1995).  Il
sindacato resta, tuttavia, circoscritto  alle  ipotesi  di  «mancanza
evidente» dei presupposti in discorso o di manifesta irragionevolezza
o arbitrarieta' della loro valutazione (ex plurimis, sentenze n.  186
del 2020, n. 288 e n. 97 del 2019, n. 137, n. 99 e n. 5 del 2018,  n.
236 e n. 170 del 2017): cio', al fine di evitare  la  sovrapposizione
tra la valutazione politica del Governo e delle Camere  (in  sede  di
conversione) e il controllo di legittimita' costituzionale  (sentenze
n. 186 del 2020, n. 93 del 2011, n. 83 del 2010 e n. 171  del  2007).
L'espressione, usata dall'art. 77 Cost., per indicare  i  presupposti
della decretazione d'urgenza e'  connotata,  infatti,  da  un  «largo
margine di elasticita'» (sentenza n. 5 del 2018), onde consentire  al
Governo di apprezzare la loro esistenza con riguardo a una pluralita'
di situazioni per le quali non sono  configurabili  rigidi  parametri
(sentenze 137 del 2018 e n.  171  del  2007).  Tutto  cio'  premesso,
occorre verificare, alla stregua di indici intrinseci  ed  estrinseci
alla disposizione impugnata, se risulti evidente o  meno  la  carenza
del  requisito  della  straordinarieta'  del  caso  di  necessita'  e
d'urgenza   di   provvedere    (Corte    costituzionale    171/2007).
L'utilizzazione del decreto-legge - e l'assunzione di responsabilita'
che ne consegue per il Governo secondo l'art. 77 della Costituzione -
non puo' essere sostenuta dall'apodittica enunciazione dell'esistenza
delle ragioni di necessita' e di urgenza, ne'  puo'  esaurirsi  nella
constatazione della ragionevolezza  della  disciplina  che  e'  stata
introdotta  (vedi  sempre  Corte  costituzionale  n.  171/2007  e  n.
128/2008). 
    Cio' detto, nel preambolo del decreto-legge n. 145/2024 non vi e'
alcuna  motivazione  delle  ragioni  di  necessita'  e  urgenza   del
provvedimento, specie con riguardo alle norme  processuali  contenute
nel capo IV (si legge  testualmente:  «Considerata  la  straordinaria
necessita' e urgenza di adottare norme  in  materia  di  ingresso  in
Italia di lavoratori stranieri; Ritenuta la straordinaria  necessita'
e urgenza di  prevedere  misure  volte  alla  tutela  dei  lavoratori
stranieri vittime dei reati di cui agli articoli 600, 601, 602, 603 e
603-bis del  codice  penale  e  al  contrasto  del  lavoro  sommerso;
Ritenuta, altresi', la straordinaria necessita' e urgenza di adottare
disposizioni in  materia  di  gestione  dei  flussi  migratori»).  Il
decreto-legge, come visto, aveva attribuito alla  Corte  di  appello,
sostanzialmente, di nuovo la competenza in tema di  impugnazione  dei
provvedimenti emanati dal Tribunale specializzato nella materia della
protezione  internazionale,  attraverso  il  reclamo.   Aveva,   poi,
previsto  un  obbligo  per  i  giudici  della  Corte   addetti   alla
trattazione del reclamo di formarsi attraverso la  frequenza  annuale
di corsi di formazione nella materia della protezione internazionale. 
    Nel corso dei lavori parlamentari relativi al disegno di legge di
conversone  A.C.  2888,  veniva  presentato  l'emendamento  n.   16.4
proposto in  I  Commissione,  in  sede  referente,  alla  Camera  dei
deputati dalla relatrice, contenente le modifiche agli  articoli  16,
17, 18, nonche' l'inserimento degli articoli 18-bis e  18-ter.  Dalla
lettura del bollettino delle  Commissioni  parlamentari,  redatto  in
forma sintetica (e  non  stenografica),  non  emergono  dichiarazioni
della  relatrice  tese  a  spiegare   le   ragioni   poste   a   base
dell'emendamento n. 16.4. Risultano  solamente  le  dichiarazioni  di
voto contrarie dei parlamentari  dell'opposizione  (interventi  degli
On. li M.E. Boschi, R. Magi, F. Zaratti, legge Boldrini, S.  Bonafe',
G. Cuperlo, A. Colucci, M. Mauri, E. Alifano, I.  Carmina:  cfr.  XIX
Legislatura,  Camera  dei   deputati,   I   Commissione   permanente,
bollettino di mercoledi' 20 novembre 2024, 32 e ss. e  spec.  53  con
l'approvazione  dell'emendamento,  pubblicato  in  allegato  2).  Dal
resoconto stenografico dell'intervento nell'Assemblea di Montecitorio
emerge che la relatrice si limitava a riferire in aula solo  che  gli
articoli 18, 18-bis e 18-ter, introdotti nel corso dell'esame in sede
referente, recavano norme di coordinamento con la disposizione di cui
all'art. 16 del decreto-legge, che attribuiva alla Corte  di  appello
la competenza per la convalida dei provvedimenti di  trattenimento  e
proroga del trattenimento del richiedente  protezione  internazionale
disposti dal Questore. 
    La legge di conversione,  dunque,  ha  eliminato  il  reclamo  e,
quindi, la  competenza  della  Corte  in  sede  di  impugnazione  dei
provvedimenti emessi dal  Tribunale  specializzato  nella  protezione
internazionale, ma ha attribuito alla Corte di appello  (che  giudica
in composizione monocratica) la competenza in tema di  convalida  dei
provvedimenti questorili che dispongono il trattenimento o la proroga
dei trattenimenti dei richiedenti asilo, senza,  peraltro,  prevedere
piu' alcun obbligo di formazione dei giudici di appello nella materia
della  protezione  internazionale.  Di   fatto,   con   riguardo   ai
procedimenti incidentali di convalida dei trattenimenti o di  proroga
dei  trattenimenti,  la  legge  di  conversione  ne  ha  disposto  la
sottrazione alle Sezioni specializzate  dei  Tribunali  distrettuali,
per attribuirli alla Corte di appello, peraltro, sembrerebbe, settore
penale (o anche settore penale, come, per disposizione tabellare,  e'
previsto per la Corte di appello di  Lecce),  i  cui  magistrati  non
hanno alcuna specializzazione nella materia e rispetto ai  quali  non
e' prevista, come per i magistrati del Tribunale,  alcuna  necessita'
di specializzarsi attraverso opportune occasioni  di  formazione.  E'
stata prevista, poi, l'impugnazione del provvedimento con ricorso per
cassazione, esperibile nel ristretto termine di cinque giorni, per  i
motivi di cui all'art. 606, lettera a), b) e c) codice  di  procedura
penale E tutto questo  senza  alcuna  motivazione  circa  le  ragioni
straordinarie  di  necessita'  e  urgenza   che   giustificano   tale
spostamento di competenza e la nuova modalita'  di  impugnazione  del
provvedimento. Invero, non solo il decreto-legge  n.  145/2024,  come
visto, non le esplicita, ma  non  risultano  ricavabili  neppure  dai
lavori parlamentari che hanno portato all'approvazione della legge di
conversione n.  187/2024  (relazioni,  interventi  dei  parlamentari,
dossier e altro). A dimostrazione della confusione regnante, non puo'
che sottolinearsi come l'originaria previsione del  decreto-legge  n.
145/2024, circa l'attribuzione alla Corte di appello delle competenze
in tema  di  impugnazione  dei  provvedimenti  emessi  dal  Tribunale
specializzato nella  materia  della  protezione  internazionale,  sia
stata sostituita, come visto, in  sede  di  conversione,  dalla  piu'
limitata competenza della Corte di appello a decidere sulle convalide
dei provvedimenti questorili che dispongono i trattenimenti  e  sulle
relative  proroghe,  che   costituiscono   normalmente   procedimenti
incidentali rispetto al procedimento  principale  di  accoglimento  o
meno della domanda di asilo e protezione internazionale  sussidiaria,
e che, certamente, non sono  procedimenti  di  impugnazione.  Dunque,
anche l'originaria previsione, che gia'  non  si  fondava  su  alcuna
ragione esplicita di straordinaria urgenza  e  necessita',  e'  stata
stravolta in sede di conversione del decreto-legge, ancora una  volta
senza  che  cio'  fosse  giustificato   da   esplicite   ragioni   di
straordinaria urgenza e necessita'. 
    Residua,  quindi,   l'apodittica   e   tautologica   enunciazione
dell'esistenza delle ragioni di necessita' e di urgenza contenuta nel
preambolo del decreto-legge n. 145/2024, peraltro non estesa  neppure
alle  disposizioni  processuali  contenute  nel  capo  IV,  da   sola
insufficiente a rendere compatibile con  il  disposto  dell'art.  77,
comma  2  della  Costituzione  l'esercizio  dello  straordinario   ed
eccezionale  potere  legislativo  attribuito  al   Governo   mediante
l'emanazione del decreto-legge. 
    D'altronde,  stride  con  l'asserita  necessita'  e  urgenza   la
previsione contenuta nell'art.  19  del  decreto-legge  n.  145/2024,
mantenuta anche in sede di conversione con modifiche ad  opera  della
legge n. 187/2024,  che  proprio  le  disposizioni  del  capo  IV  si
applicano non immediatamente, il giorno  stesso  della  pubblicazione
del decreto in gazzetta ufficiale, ovvero il giorno successivo,  come
normalmente avviene per le norme emanate con decreto-legge, e neppure
nell'ordinario termine  di  vacatio  legis,  ma  addirittura  decorsi
trenta giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto-legge. 
  3.2. Rispetto agli articoli 3, 25, comma 1, e 102, comma  2,  della
Costituzione 
    Nella recente sentenza n. 38 del 2025 la Corte costituzionale  ha
affermato quanto segue: 
        «3.2.  -  La  giurisprudenza  di  questa  Corte   ha   spesso
affrontato il quesito se una disciplina che determini uno spostamento
di competenza  con  effetto  anche  sui  procedimenti  in  corso  sia
compatibile con la garanzia del giudice  naturale  precostituito  per
legge di cui all'art. 25, primo comma, Cost. 
        Come questa Corte osservo' sin dalla sentenza n. 29 del 1958,
con l'espressione "giudice precostituito per legge"  si  intende  "il
giudice istituito in base a criteri generali fissati  in  anticipo  e
non  in  vista  di  determinate  controversie".  Tale  principio,  si
aggiunse qualche anno piu' tardi, "tutela nel cittadino il diritto  a
una previa non dubbia conoscenza del giudice competente  a  decidere,
o, ancor piu' nettamente, il diritto alla certezza  che  a  giudicare
non sara' un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto gia'
verificatosi" (sentenza n. 88 del 1962, punto 4  del  Considerato  in
diritto). 
        La costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  peraltro,  ha
sempre ritenuto - a partire dalla sentenza n. 56 del 1967  -  che  la
garanzia  del  giudice  naturale  precostituito  per  legge  non  sia
necessariamente violata allorche' una legge determini uno spostamento
della competenza con effetto anche sui procedimenti in corso. 
        La violazione e' stata esclusa, in particolare,  in  presenza
di una serie di presupposti, necessari onde evitare ogni  rischio  di
arbitrio nell'individuazione del nuovo giudice competente. Finalita',
quest'ultima, che gia' la sentenza n. 56 del 1967 aveva  ritenuto  la
ragion d'essere della garanzia del giudice naturale precostituito per
legge, la quale mira non solo a  tutelare  il  consociato  contro  la
prospettiva di un giudice non  imparziale,  ma  anche  ad  assicurare
l'indipendenza del giudice investito della cognizione di  una  causa,
ponendolo al riparo dalla possibilita' che  il  legislatore  o  altri
giudici lo privino arbitrariamente dei procedimenti gia'  incardinati
innanzi a se'. 
        3.2.1. - Anzitutto,  e'  necessario  che  lo  spostamento  di
competenza non  sia  disposto  dalla  legge  in  funzione  della  sua
incidenza in una specifica controversia gia' insorta, ma  avvenga  in
forza di una legge di portata generale, applicabile a una  pluralita'
indefinita di casi futuri 
        La menzionata  sentenza  n.  56  del  1967,  in  particolare,
ritenne compatibile con l'art. 25, primo comma della Costituzione una
riforma legislativa delle circoscrizioni giudiziarie,  immediatamente
operativa anche con riferimento  alla  generalita'  dei  processi  in
corso. Il precetto  costituzionale  in  parola  -  si  argomento'  in
quell'occasione - «tutela  una  esigenza  fondamentalmente  unitaria:
quella, cioe', che la competenza degli organi giudiziari, al fine  di
una rigorosa garanzia della loro imparzialita',  venga  sottratta  ad
ogni possibilita'  di  arbitrio.  La  illegittima  sottrazione  della
regiudicanda al giudice naturale precostituito si verifica,  percio',
tutte le volte in cui il giudice  venga  designato  a  posteriori  in
relazione  ad  una  determinata  controversia  o   direttamente   dal
legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali ovvero
attraverso atti di altri soggetti, ai quali la legge attribuisca tale
potere al di la' dei limiti  che  la  riserva  impone.  Il  principio
costituzionale viene rispettato, invece, quando la  legge,  sia  pure
con effetto anche sui processi  in  corso,  modifica  in  generale  i
presupposti o i criteri in base ai quali deve essere  individuato  il
giudice competente: in questo caso,  infatti,  lo  spostamento  della
competenza dall'uno all'altro  ufficio  giudiziario  non  avviene  in
conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia  adottata
in vista di una determinata o di  determinate  controversie,  ma  per
effetto di un nuovo ordinamento - e, dunque, della designazione di un
nuovo giudice "naturale" - che il legislatore, nell'esercizio del suo
insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente»  (punto
2 del Considerato in diritto). 
        Tale criterio e' stato mantenuto fermo  da  questa  Corte  in
tutta la giurisprudenza posteriore  relativa,  in  particolare,  alle
riforme ordinamentali che hanno introdotto regole  sulla  competenza,
con effetto anche sui processi in corso (ex multis, sentenze  n.  237
del 2007, n. 268 e n. 207 del 1987; ordinanze n. 112 e n. 63 del 2002
e n. 152 del 2001). 
        3.2.2. - In secondo luogo, la  giurisprudenza  costituzionale
ha spesso posto l'accento -  in  particolare  laddove  la  disciplina
censurata deroghi rispetto alle regole vigenti  in  via  generale  in
materia di competenza  -  sulla  necessita'  che  lo  spostamento  di
competenza sia previsto dalla legge  in  funzione  di  esigenze  esse
stesse  di  rilievo  costituzionale.   Tali   esigenze   sono   state
identificate,  ad   esempio,   nella   tutela   dell'indipendenza   e
imparzialita' del  giudice  (sentenze  n.  109  e  n.  50  del  1963,
rispettivamente  punti  2  e   3   del   Considerato   in   diritto),
nell'obiettivo di assicurare la coerenza dei giudicati e il  migliore
accertamento dei fatti nelle ipotesi di connessione tra  procedimenti
(sentenze n. 117 del 1972; n. 142 e n. 15 del 1970, entrambe punto  2
del Considerato in diritto; ordinanze n. 159 del 2000 e  n.  508  del
1989), ovvero nell'opportunita'  di  assicurare  l'uniformita'  della
giurisprudenza in relazione a determinate controversie  (sentenza  n.
117 del 2012, punto 4.1. del Considerato in diritto). 
        3.2.3.  -  Infine,  e'  necessario  che  lo  spostamento   di
competenza avvenga in presenza di presupposti  delineati  in  maniera
chiara  e  precisa  dalla  legge,  si'  da   escludere   margini   di
discrezionalita' nell'individuazione  del  nuovo  giudice  competente
(sentenze n. 168 del 1976, punto 3 del Considerato in diritto; n. 174
e n. 6 del  1975,  entrambe  punto  3  del  Considerato  in  diritto;
ordinanze n. 439 del 1998 e n. 508 del 1989) e da assicurare, in  tal
modo, che anche quest'ultimo giudice possa ritenersi  «precostituito»
per legge (sentenza n.  1  del  1965,  punto  2  del  Considerato  in
diritto). 
        Per contro, la garanzia in esame e'  violata  da  leggi,  sia
pure  di  portata   generale,   che   attribuiscano   a   un   organo
giurisdizionale il potere di individuare con un proprio provvedimento
discrezionale  il  giudice  competente,  in  relazione  a   specifici
procedimenti gia' incardinati (sentenze n. 82 del 1971,  n.  117  del
1968, n. 110 del 1963 e n. 88 del 1962), o comunque di influire sulla
composizione  dell'organo  giudicante   in   relazione,   ancora,   a
specifiche controversie gia' insorte (sentenze n. 393 del 2002  e  n.
83 del 1998).» 
    Dunque, affinche' lo spostamento di  competenza  possa  ritenersi
rispettoso del principio del giudice naturale  di  cui  all'art.  25,
comma 1 della Costituzione e' necessario che sia previsto dalla legge
in funzione di esigenze di rilievo costituzionale. 
    E' necessario, pertanto, che lo spostamento di  competenza  abbia
una giustificazione "costituzionale", specie in un caso, come  quello
in esame, in cui l'attribuzione della competenza  relativamente  alle
convalide   dei   provvedimenti   questorili   che   dispongono    il
trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento   del   richiedente
protezione internazionale era attribuita in precedenza ad una Sezione
specializzata dei Tribunali  distrettuali,  ad  una  Sezione,  cioe',
appositamente  istituita  per  la  trattazione,  in  generale,  della
materia della protezione internazionale, che continua,  peraltro,  ad
occuparsi nel merito della decisione sulla  richiesta  di  protezione
internazionale. 
    In questa ottica, va aggiunta  l'assenza  totale  di  motivazioni
esposte, durante l'iter di conversione dell'originario  decreto-legge
(che non conteneva le disposizioni processuali  qui  in  esame),  sul
mutamento  di  assetto  giurisdizionale  in  questione,   come   gia'
rilevato; il disinteresse mostrato dal legislatore  verso  la  tutela
del  principio  di  specializzazione   dell'organo   giudicante,   da
ritenersi - in casi simili - presidio  del  giusto  processo  di  cui
all'art. 111, comma 1 della Costituzione. 
    Se la ragione dell'inedita attribuzione di competenza alla  Corte
di appello, che e' normalmente giudice di secondo grado, deve  essere
ricercata in una presunta affinita' dei procedimenti di convalida dei
provvedimenti questorili che dispongono il trattenimento o la proroga
dei trattenimenti dei richiedenti  protezione  internazionale  con  i
procedimenti  di  convalida  degli  arresti  eseguiti  dalla  polizia
giudiziaria in esecuzione dei MAE, come  sembrerebbe  desumibile  dal
riferimento all'art. 5 comma 2 della legge n. 69/2005  contenuto  nel
comma 5-bis del decreto-legge n. 13/2017,  convertito  con  modifiche
dalla legge n. 46/2017, introdotto dall'art. 16, del decreto-legge n.
145/2024, convertito con modifiche dalla legge n.  187/2024,  nonche'
dalla  circostanza  che  il  provvedimento   di   convalida   risulta
impugnabile con ricorso per cassazione per i motivi di  cui  all'art.
606 lettera a), b) e c)  c.p.p.)  e  il  procedimento  in  Cassazione
segue, ora, il rito previsto dall'art. 22, commi  3  e  4,  legge  n.
69/2005 (vedi art. 14, comma 6, decreto legislativo n. 286/1998, come
modificato dall'art. 18-bis decreto-legge n. 145/2024, convertito con
modifiche dalla legge n. 187/2024, e, quindi,  dalla  sentenza  della
Corte costituzionale n. 39/2025), deve osservarsi che  tale  asserita
affinita' non sussiste minimamente. 
    Invero,  alla  base  del  procedimento  di   convalida   previsto
dall'art. 13, della legge n. 69/2005 vi e' l'arresto di una  persona,
di iniziativa della polizia giudiziaria, in esecuzione di un  mandato
di arresto europeo esecutivo o cautelare, nel senso che si tratta  di
un MAE che si fonda o su una sentenza penale di condanna (o decisione
giudiziaria) esecutiva o di  un  provvedimento  cautelare  avente  ad
oggetto  un  fatto  qualificabile   come   reato.   L'arresto   viene
convalidato o meno in vista della consegna dell'arrestato allo  Stato
che  ha  emesso  il  MAE  (procedura  attiva).  E'   chiaramente   un
procedimento di natura penale (non ritenuto tale in ambito CEDU: vedi
Corte europea dei diritti dell'uomo 7 ottobre 2008, Monedero e Angora
comma Spagna; ma tendenzialmente considerato  di  natura  penale  nel
diritto dell'Unione europea, tanto  da  estendere  l'applicazione  di
alcune delle direttive «processuali penali» anche al  MAE:  vedi,  ad
esempio, direttive 2010/64/UE e  2012/13/UE),  normalmente  assegnato
alle Sezioni penali delle Corti di appello. 
    Per contro,  il  procedimento  che  attiene  alla  convalida  del
provvedimento che dispone o proroga il trattenimento del  richiedente
protezione  internazionale,   sebbene   riguardi   un   provvedimento
limitativo della liberta' dello straniero richiedente asilo, che deve
essere adottato nel rispetto delle  garanzie  previste  dall'art.  13
della Costituzione (vedi Corte costituzionale n. 105/2001),  tuttavia
non e' stato mai considerato un procedimento di natura penale, ne' in
ambito nazionale ne' in ambito  sovranazionale.  Come  opportunamente
ricordato  dalla  Corte  costituzionale  (vedi  il  punto  3.5.   del
Considerato in diritto della sentenza n. 39 del  2025),  storicamente
la materia in questione e' sempre stata ritenuta di natura civile, in
ragione  della  natura  delle  situazioni   giuridiche   incise   dal
trattenimento, giacche', sottolineava la Consulta,  «come  confermato
dalla relazione del Governo illustrativa del disegno di legge n. 3240
del 19 febbraio 1997, dal quale ha avuto origine la legge n.  40  del
1998 - il cui art. 12, come ricordato, e' confluito nell'art. 14  del
decreto  legislativo  n.  286  del  1998  -  trattandosi  di   misure
amministrative, di per  se'  estranee  al  fatto-reato,  suscettibili
nondimeno di intaccare anche posizioni soggettive che la Costituzione
tutela  in  modo  particolare,  si  e'  ritenuto  di  attribuire   la
competenza  al  pretore  civile,  con  un  procedimento  rapidissimo,
destinato ad esaurirsi in quindici giorni,  salvo  ulteriore  ricorso
per Cassazione e senza escludere  eventuali  provvedimenti  cautelari
(la  cosiddetta  "sospensiva").  La  scelta  a  favore  del   giudice
ordinario  civile,  quale  autorita'  giurisdizionale  competente   a
decidere sul ricorso con l'espulsione, oltre che  della  legittimita'
della misura di cui all'art. 12,  risponde  a  criteri  funzionali  e
sistematici» 
    D'altra parte, e' notorio che nelle controversie  che  riguardano
l'ingresso, la  permanenza  o  l'espulsione  di  stranieri  in  Stati
diversi di appartenenza non trova applicazione  l'art.  6  CEDU,  ne'
sotto il suo aspetto civile ne' in quello penale (Corte  EDU,  grande
camera, 5.10.2000, Maaouia comma Francia, dove si precisa che  l'art.
1 del protocollo n. 7 alla Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali contiene garanzie
procedurali  applicabili  all'allontanamento  degli  stranieri).   Il
trattenimento  dei  cittadini  stranieri  ricade  sotto  l'ambito  di
applicazione dell'art. 5, § 1 lettera f), Convenzione europea per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(vedi Corte europea dei diritti dell'uomo, grande camera, 15 dicembre
2016, K ... e altri c. Italia), ed e' accettabile -  sottolineava  la
Corte dei diritti umani (vedi Corte europea dei diritti dell'uomo, 25
giugno 1996, Amuur c. Francia) - solo per consentire  agli  Stati  di
prevenire l'immigrazione illegale nel rispetto  dei  propri  obblighi
internazionali, in particolare ai sensi della Convenzione di  Ginevra
del 1951 relativa allo status di rifugiati e,  appunto,  della  CEDU.
Aggiungeva la Corte che la legittima preoccupazione  degli  Stati  di
contrastare  i  tentativi  sempre  piu'  frequenti  di   eludere   le
restrizioni all'immigrazione non deve  privare  i  richiedenti  asilo
della  protezione   offerta   da   tali   convenzioni,   sicche'   il
trattenimento  non   dovrebbe   essere   prolungato   eccessivamente,
altrimenti si rischierebbe di trasformare una mera restrizione  della
liberta' - inevitabile al fine  di  organizzare  il  rimpatrio  dello
straniero o, nel caso del richiedente  asilo,  in  attesa  dell'esame
della sua domanda di protezione internazionale -  in  una  privazione
della liberta' personale. A tale riguardo, precisava la Corte europea
dei diritti dell'uomo - punto fondamentale -,  occorre  tenere  conto
del fatto che la  misura  e'  applicabile  non  a  coloro  che  hanno
commesso reati penali, ma agli stranieri che, spesso temendo  per  la
propria vita, sono fuggiti dal proprio  Paese.  Sicche',  sebbene  la
decisione  di  disporre   il   trattenimento   debba   essere   presa
necessariamente dalle autorita' amministrative o di polizia,  la  sua
convalida o  proroga  richiede  un  rapido  controllo  da  parte  dei
Tribunali,  tradizionali  tutori  delle  liberta'  personali,  ed  il
trattenimento non deve privare il richiedente asilo  del  diritto  di
accedere effettivamente alla procedura per la determinazione del  suo
status di rifugiato. Anche la Corte di giustizia dell'Unione  europea
(Corte di giustizia UE,  grande  sezione,  8.11.2022,  cause  riunite
C-704/20 e C-39/21, punti 72-74) ha precisato che ogni  trattenimento
di un cittadino di  un  paese  terzo,  che  avvenga  in  forza  della
direttiva 2008/115  nell'ambito  di  una  procedura  di  rimpatrio  a
seguito di soggiorno irregolare, sulla base della  direttiva  2013/33
nell'ambito  del   trattamento   di   una   domanda   di   protezione
internazionale, oppure in  forza  del  regolamento  n.  604/2013  nel
contesto del trasferimento del richiedente di una siffatta protezione
verso lo Stato membro  competente  per  l'esame  della  sua  domanda,
costituisce un'ingerenza grave nel  diritto  alla  liberta',  sancito
all'art. 6 della CDFUE. Infatti, come prevede l'art. 2,  lettera  h),
della  direttiva  2013/33,  una  misura  di  trattenimento   consiste
nell'isolare una persona in un luogo determinato. Emerge  dal  testo,
dalla genesi e dal contesto di  tale  disposizione,  la  cui  portata
puo', peraltro, essere trasferita  alla  nozione  di  «trattenimento»
contenuta nella direttiva 2008/115 e nel regolamento n. 604/2013, che
il trattenimento impone all'interessato di rimanere in  un  perimetro
ristretto e chiuso, isolando cosi' la persona  di  cui  trattasi  dal
resto  della  popolazione  e  privandola  della   sua   liberta'   di
circolazione. Orbene, la finalita' delle misure di trattenimento,  ai
sensi  della  direttiva  2008/115,  della  direttiva  2013/33  e  del
regolamento n. 604/2013, non e' il perseguimento o la repressione  di
reati, bensi' la realizzazione degli  obiettivi  perseguiti  da  tali
strumenti in materia, rispettivamente, di rimpatrio, di  esame  delle
domande di protezione internazionale e di trasferimento di  cittadini
di paesi terzi. 
    Dunque, l'eventuale (poiche' sul punto, si ribadisce, non e' dato
rinvenire alcun esplicita o implicita motivazione  nel  decreto-legge
ovvero negli atti che hanno accompagnato  la  legge  di  conversione)
asserita affinita' tra  procedimento  di  convalida  dell'arresto  in
esecuzione  del  MAE  (esecutivo  o  cautelare)  e  procedimento   di
convalida del provvedimento questorile che dispone il trattenimento o
la   proroga   del   trattenimento   del    richiedente    protezione
internazionale,  che  dovrebbe   essere   alla   base   della   nuova
attribuzione di competenza alle  Corti  di  appello  in  quest'ultima
materia, che dovrebbe giustificare la sottrazione di  questa  materia
al giudice specializzato costituito dalle Sezioni  specializzate  dei
Tribunali distrettuali per  affidarla  alle  Corte  di  appello,  per
giunta, come avvenuto in  alcuni  casi  con  provvedimenti  tabellari
organizzativi, alle Sezioni penali  delle  Corti  di  appello,  senza
alcuna indicazione neppure di un onere di specializzazione  da  parte
dei Consiglieri delle Corti che  saranno  chiamati  ad  occuparsi  di
questa materia,  non  appare  in  alcun  modo  idonea  ad  attribuire
ragionevolezza a  questa  decisione  del  legislatore,  ne'  persegue
esigenze di rilievo costituzionale. Anzi,  l'avere  sottratto  questa
materia al suo giudice «naturale», e cioe' al  giudice  appositamente
istituito e specializzato nella trattazione delle questioni  in  tema
di protezione internazionale, per affidarla ad un giudice, specie  se
penale, non specializzato, ne' obbligato a specializzarsi  attraverso
un onere di aggiornamento professionale  annuale,  sembra  perseguire
esigenze  opposte  a  quelle  di  rilievo  costituzionale.  Non  puo'
tacersi, infatti, che l'art. 102, comma 2 della Costituzione,  mentre
vieta l'istituzione  di  giudici  straordinari  o  giudici  speciali,
ammette la possibilita' dell'istituzione presso gli organi giudiziari
ordinari  di   Sezioni   specializzate   per   determinate   materie.
Costituisce, quindi, esigenza di  rilievo  costituzionale  quella  di
mantenere concentrate presso  la  competente  Sezione  specializzata,
istituita presso i Tribunali  distrettuali,  tutte  le  materie  alla
stessa attribuite, riguardanti la protezione internazionale. 
    Infine la censurata normativa appare violare anche l'art. 3 della
Costituzione. 
    Al  riguardo,  come  rammenta   ancora   una   volta   la   Corte
costituzionale nella sentenza n. 38 del  2005,  secondo  la  costante
giurisprudenza costituzionale, nella  configurazione  degli  istituti
processuali  il   legislatore   gode   di   ampia   discrezionalita',
censurabile  soltanto  laddove  la  disciplina  palesi   profili   di
manifesta irragionevolezza (ex multis, sentenze n. 189 e  n.  83  del
2024, rispettivamente  punto  9  e  punto  5.5.  del  Considerato  in
diritto; n. 67 del 2023, punto 6 del Considerato in diritto). 
    A  parte  la  mancanza   di   qualsiasi   ragione   che   potesse
giustificare, sotto il  profilo  del  perseguimento  di  esigenze  di
rilievo costituzionale, lo spostamento di competenza in  esame,  deve
osservarsi come in tale modo l'intervento legislativo ha  inciso  sul
carattere  unitario  e  inscindibile  delle  questioni  attinenti  al
diritto di asilo e delle relative procedure, operando  una  sorta  di
assimilazione tra le diverse ipotesi di trattenimento dei richiedenti
asilo e le ipotesi di limitazione della liberta' personale  derivanti
dall'accertamento  giurisdizionale,  in  corso  o  definitivo,  della
commissione  di  reati   da   parte   di   cittadini   comunitari   o
extracomunitari, assimilazione che non vi puo' essere, riguardando le
convalide  dei  provvedimenti  di  trattenimento  o  di  proroga  dei
trattenimenti appunto convalide di provvedimenti  amministrativi,  di
per se' estranei ai fatti-reato. Si e' operata una scissione  tra  il
giudice competente a giudicare nel merito i provvedimenti relativi al
riconoscimento del diritto di asilo  (le  Sezioni  specializzate  dei
Tribunali distrettuali) e il giudice  competente  a  giudicare  sulla
legittimita' dei trattenimenti disposti  nell'ambito  delle  medesime
procedure di riconoscimento di tale diritto, benche' la decisione sul
trattenimento abbia  natura  incidentale  nell'ambito  del  complesso
procedimento di riconoscimento  del  diritto  di  asilo  e  per  tale
ragione essa e'  stata  da  sempre  attribuita  alla  competenza  dei
medesimi giudici che sono chiamati a decidere nel  merito  in  ordine
alla sussistenza o meno del diritto suddetto, tanto in via  cautelare
(istanze  di  sospensiva)  quanto  in  via  definitiva.   La   comune
appartenenza di ciascuno di tali profili (trattenimenti,  sospensive,
merito) alla complessa materia della  protezione  internazionale  ha,
sino ad oggi, indotto il legislatore e il CSM a  ritenere  opportuna,
rectius necessaria, l'individuazione  di  un  giudice  specializzato,
tabellarmente  pre-definito,  dotato  di  specifiche   competenze   e
soggetto a stringenti obblighi formativi. 
    L'intervento normativo in questione ha  frustrato  l'esigenza  di
specializzazione  dei   giudici   chiamati   a   pronunciarsi   sulla
legittimita'  dei  trattenimenti,  con  un  significativo  cambio  di
prospettiva, difficilmente comprensibile in  presenza  di  un  quadro
ordinamentale e  processuale  che  non  aveva  sollevato  criticita',
dimostrando di potere offrire  risposte  adeguate  alle  esigenze  di
celerita' proprie delle procedure de quibus e che  ha  comportato  la
necessita' di ripensare il funzionamento delle Corti di appello. 
    Peraltro, la non felice  formulazione  delle  nuove  norme,  come
visto, ha determinato finora sul piano  organizzativo  l'attribuzione
di questa materia in maniera  disorganica  ora  alle  Sezioni  civili
delle Corti  di  appello,  ora  alle  Sezioni  penali  delle  stesse.
Tuttavia, non e' stato modificato il procedimento della convalida del
provvedimento questorile  che  ha  disposto  il  trattenimento  o  la
proroga  del  trattenimento  del  richiedente  asilo,  che  continua,
quindi, ad instaurarsi seguendo il  PCT,  mentre  in  Cassazione,  in
virtu' di un provvedimento organizzativo adottato in data 16  gennaio
2025 dalla  prima  presidente,  i  ricorsi  per  cassazione  proposti
avverso i decreti di convalida o non convalida, peraltro potendo fare
valere solo i motivi di ricorso di cui all'art. 606, lettera a), b) e
c) del codice di procedura penale,  risultano  assegnati  alla  Prima
Sezione penale, con la conseguente necessita' di prevedere  forme  di
raccordo operativo  con  le  Corti  di  appello  che  consentisse  la
trasmissione degli atti a mezzo di una casella ad hoc di PEC. 
    La normativa  modificata  ha  assegnato  alle  Corti  di  appello
(individuate ai sensi dell'art. 5-bis del decreto-legge  n.  13/2017,
convertito con modifiche dalla legge  n.  46/2017)  la  competenza  a
provvedere  sulla  convalida   dei   provvedimenti   questorili   che
dispongono i  trattenimenti  o  le  proroghe  dei  trattenimenti  dei
richiedenti asilo, ma nulla ha previsto rispetto ai  procedimenti  di
«riesame»,  che,   come   visto,   secondo   la   giurisprudenza   di
legittimita', vanno introdotti e decisi nelle forme del  procedimento
camerale ex art. 737  del  codice  di  procedura  civile,  e  per  il
principio della concentrazione delle tutele la competenza deve essere
riferita al giudice della convalida e  delle  proroghe  (Cass.  civ.,
sez. I, 3 febbraio  2021,  n.  2457).  Ma  tale  procedimento  e'  di
competenza di un giudice collegiale, sicche' non e' chiaro se e  come
vada  introdotto  dinanzi  alle  Corti  di  appello,  che   giudicano
monocraticamente, attualmente individuate quali Autorita' giudiziarie
competenti sulle convalide e sulle proroghe. 
  3.3.  Rispetto  agli  articoli  3,  10,  comma  3,   e   24   della
Costituzione,  nonche'  agli  articoli  11  e  117,  comma  1   della
Costituzione in relazione all'art. 5, §§ 1 lettera f) e  4,  CEDU,  e
agli articoli  9  della  direttiva  2013/33/UE,  26  della  direttiva
2013/32/UE,  6,  18  e  47  della  Carta  dei  diritti   fondamentali
dell'Unione europea. 
    Gli articoli 18 e 18-bis  del  decreto-legge  n.  145/2024,  come
modificati o introdotti dalla legge di conversione n. 187/2024,  come
visto, modificando il comma 5 e inserendo il comma 5-bis dell'art. 6,
del decreto legislativo n. 142/2015, nonche' modificando il  comma  6
dell'art. 14, decreto legislativo n. 286/1998, hanno  sostanzialmente
previsto che avverso i decreti di  convalida  dei  provvedimenti  che
dispongono il  trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento  del
richiedente  protezione  internazionale  e'   ammesso   ricorso   per
Cassazione entro cinque giorni dalla comunicazione solo per i  motivi
di cui alle lettera  a),  b)  e  c),  dell'art.  606  del  codice  di
procedura   penale   Per   effetto   della   sentenza   della   Corte
costituzionale  n.  39/2025,  per  il  giudizio  di   cassazione   si
osservano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'art. 22, commi
3 e 4, della legge n. 69/2005. 
    Dunque, avverso  l'emanando  provvedimento  da  parte  di  questo
Consigliere,  alle  parti,  e,  in  particolare,  al  trattenuto,  e'
attribuita, come in precedenza, la possibilita' di presentare ricorso
per cassazione. Tuttavia, i termini  per  presentare  il  ricorso  si
riducono  sensibilmente,   passando   dagli   ordinari   termini   di
presentazione  del  ricorso  per  cassazione  civile  -  previsto  in
precedenza - di cui all'art.  360  del  codice  di  procedura  civile
(sessanta giorni, se il provvedimento e'  notificato:  art.  325  del
codice di procedura civile; sei mesi, se non e' notificato: art.  327
del codice  di  procedura  civile)  ad  appena  cinque  giorni  dalla
comunicazione del provvedimento. Inoltre, si  modificano  e  riducono
sensibilmente anche i motivi di ricorso, che  non  sono  piu'  quelli
previsti dall'art. 360 del codice di procedura civile, ma  quelli  di
cui all'art. 606 lettera a), b) e c) del codice di procedura penale. 
    E' evidente l'intenzione del legislatore di applicare,  anche,  e
soprattutto, in fase di impugnazione, al procedimento riguardante  la
convalida del provvedimento  questorile  che  dispone  o  proroga  il
trattenimento del richiedente  protezione  internazionale  lo  schema
procedimentale proprio del MAE, benche', come  visto,  si  tratti  di
procedimenti aventi presupposti e scopi del tutto diversi, miranti  a
tutelare diritti fondamentali solo in minima parte coincidenti. 
    Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 39 del
2025,  il  legislatore,   come   e'   noto,   dispone   di   un'ampia
discrezionalita'  nella  conformazione  degli  istituti  processuali,
incontrando  il  solo  limite  della  manifesta  irragionevolezza   o
arbitrarieta'  delle  scelte  compiute.  Nella  materia  processuale,
quindi,  il  metro  del  giudizio  di  ragionevolezza   deve   essere
particolarmente rispettoso  della  discrezionalita'  legislativa,  in
quanto la disciplina del processo e' frutto di delicati bilanciamenti
tra principi e interessi in  naturale  conflitto  reciproco,  sicche'
ogni intervento correttivo su  una  singola  disposizione,  volto  ad
assicurare una piu' ampia tutela a uno di tali principi o  interessi,
rischia di alterare gli equilibri  complessivi  del  sistema.  Ed  e'
innegabile che la scelta legislativa di rimodulare forme e tempi  del
giudizio di legittimita' sul trattenimento dello  straniero  risponda
ad opzioni assiologiche di  significativa  complessita',  essendo  il
legislatore chiamato a compiere una ponderazione  tra  l'esigenza  di
assicurare la sollecita definizione di  un  giudizio  sulla  liberta'
della persona e la necessita'  che  il  processo  si  dipani  secondo
cadenze temporali idonee a garantire un  compiuto  confronto  tra  le
parti. Tuttavia, la Corte ha precisato che il superamento del  limite
al  sindacato  della  discrezionalita'  del  legislatore  in  materia
processuale    e'    senz'altro     ravvisabile     quando     emerga
un'ingiustificabile  compressione  del  diritto  di  difesa   e   del
contraddittorio, quale «momento fondamentale del giudizio» e «cardine
della ricerca dialettica  della  verita'  processuale,  condotta  dal
giudice con la collaborazione delle parti, volta  alla  pronuncia  di
una decisione  che  sia  il  piu'  possibile  "giusta"»  (vedi  anche
sentenza n. 96 del 2024). 
    Orbene, la disciplina che e' scaturita dalle modifiche  apportate
dal decreto-legge n. 145/2024, convertito con modifiche  dalla  legge
n. 187/2024, premesso quanto rappresentato  in  precedenza  circa  la
mancanza  di  qualsiasi  motivazione   a   sostegno   dell'intervento
riformatore,  attuato   con   decretazione   di   urgenza,   comprime
irragionevolmente ed eccessivamente il diritto di difesa, minando  la
concretezza del diritto ad un ricorso  effettivo,  che,  anche  sulla
base del diritto europeo (convenzionale ed eurounitario), deve essere
assicurato alle parti, e, in particolare, al  richiedente  protezione
internazionale trattenuto. 
    Al  riguardo,  occorre  rappresentare  che   ne'   la   direttiva
2013/33/UE, ne' l'art. 5, § 4, CEDU impongono di istituire un secondo
livello  di  giurisdizione  per   esaminare   la   legittimita'   del
trattenimento.  Laddove,  pero',  il  diritto  nazionale  preveda  un
giudizio di impugnazione, questo deve soddisfare i medesimi requisiti
di cui all'art. 5, § 4, Convenzione europea per la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (cfr.  Corte  europea
dei diritti dell'uomo, 17.4.2014,  Gayratbek  Saliyev  comma  Russia,
punti 76-79). 
    In forza dell'art. 9 della direttiva 2013/33/UE  e  dell'art.  26
della direttiva 2013/32/UE,  letti  in  combinato  disposto  con  gli
articoli 6, 18 e 47 CDFUE, gli Stati  membri  devono  assicurare  una
tutela rapida ed effettiva  dei  diritti  individuali  derivanti  dal
diritto dell'Unione. 
    Invero,  come  chiarito  dalla  giurisprudenza  della  Corte  del
Lussemburgo (vedi la  gia'  citata  Corte  di  giustizia  UE,  grande
sezione, 8 novembre 2022, cause riunite  C-704/20  e  C-39/21),  come
risulta dall'insieme delle disposizioni  in  parola,  il  legislatore
dell'Unione non si e' limitato a stabilire norme comuni  sostanziali,
ma ha altresi'  introdotto  norme  comuni  procedurali,  al  fine  di
garantire l'esistenza,  in  ogni  Stato  membro,  di  un  regime  che
consenta   all'autorita'   giudiziaria   competente    di    liberare
l'interessato, se del  caso  dopo  un  esame  d'ufficio,  non  appena
risulti che il suo trattenimento non e', o non  e'  piu',  legittimo.
Affinche' un siffatto regime di tutela assicuri in modo effettivo  il
rispetto dei rigorosi presupposti che la legittimita' di  una  misura
di trattenimento prevista dalla direttiva 2013/33/UE deve soddisfare,
l'autorita' giudiziaria competente deve essere in grado di deliberare
su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai  fini  della
verifica di detta legittimita'. A tal fine, essa deve poter  prendere
in  considerazione  gli  elementi  di  fatto  e  le   prove   assunti
dall'autorita'  amministrativa  che  ha  disposto  il   trattenimento
iniziale. Essa deve  altresi'  poter  prendere  in  considerazione  i
fatti, le prove  e  le  osservazioni  che  le  vengono  eventualmente
sottoposti dall'interessato.  Inoltre,  essa  deve  poter  ricercare,
laddove lo ritenga necessario, tutti gli altri elementi rilevanti  ai
fini  della  propria  decisione.  I  poteri  di  cui   essa   dispone
nell'ambito di un  controllo  non  possono,  in  alcun  caso,  essere
circoscritti ai soli elementi dedotti  dall'autorita'  amministrativa
(v., in tal senso, anche sentenza del 5 giugno 2014, Mahdi, C-146/14,
punti 62  e  64,  nonche'  del  10  marzo  2022,  Landkreis  Gifhorn,
C-519/20, punto 65). In sostanza, precisavano i giudici  europei,  in
considerazione  dell'importanza  del  diritto  alla  liberta',  della
gravita' dell'ingerenza in detto diritto costituita dal trattenimento
di persone per motivi diversi dal perseguimento o  dalla  repressione
di reati e del requisito, evidenziato dalle  norme  comuni  stabilite
dal legislatore dell'Unione, di una tutela giurisdizionale di livello
elevato che consenta di conformarsi  alla  necessita'  imperativa  di
liberare una tale persona laddove i presupposti di  legittimita'  del
trattenimento non siano, o non siano piu',  soddisfatti,  l'autorita'
giudiziaria competente deve  prendere  in  considerazione  tutti  gli
elementi, in particolare fattuali, portati  a  sua  conoscenza,  come
integrati o chiariti  nell'ambito  di  misure  procedurali  che  essa
ritenga necessario adottare in base  al  suo  diritto  nazionale,  e,
sulla base degli elementi  in  parola,  rilevare,  se  del  caso,  la
violazione di un presupposto di legittimita'  derivante  dal  diritto
dell'Unione, anche  qualora  una  simile  violazione  non  sia  stata
dedotta dall'interessato. Tale obbligo lascia  impregiudicato  quello
consistente, per l'autorita'  giudiziaria  che  e'  cosi'  indotta  a
rilevare  d'ufficio  un   siffatto   presupposto   di   legittimita',
nell'invitare  ciascuna  delle  parti  a   prendere   posizione   sul
presupposto   in   parola,   in   conformita'   al   principio    del
contraddittorio.  A  tal  riguardo,  non  si  puo',  in  particolare,
ammettere  che,  negli  Stati  membri  in   cui   le   decisioni   di
trattenimento  sono  adottate  da  un'autorita'  amministrativa,   il
sindacato  giurisdizionale  non  comprenda  la  verifica,  da   parte
dell'autorita'  giudiziaria,  sulla   base   degli   elementi   sopra
evidenziati, del rispetto di un presupposto di  legittimita'  la  cui
violazione  non  sia  stata   sollevata   dall'interessato.   Orbene,
aggiungeva ancora la Corte, questa interpretazione  assicura  che  la
tutela giurisdizionale del diritto  fondamentale  alla  liberta'  sia
garantita in modo efficace  in  tutti  gli  Stati  membri,  che  essi
prevedano un sistema in cui la decisione di trattenimento e' adottata
da un'autorita' amministrativa con  sindacato  giurisdizionale  o  un
sistema  nel  quale  tale  decisione  e'  adottata  direttamente   da
un'autorita' giudiziaria. 
    Gia' la Corte costituzionale (sentenza n.  39/2025)  ha  rilevato
l'inidoneita' del modello processuale del MAE (in particolare  quello
consensuale)  ad  assicurare  alle  parti   un   nucleo   minimo   di
contraddittorio  e  di  difesa,  tenuto  conto  della  eterogeneita',
oggettiva e  funzionale,  tra  il  giudizio  in  materia  di  mandato
d'arresto  europeo  e  il  giudizio  concernente  la  convalida   del
trattenimento dello straniero, al quale la stessa procedura e'  stata
sostanzialmente estesa, tanto che, anche dopo essere  intervenuta  in
via di  urgente  supplenza,  ha  auspicato,  in  sostanza,  un  nuovo
intervento del legislatore  rispettoso  dei  principi  costituzionali
(vedi  punto  7  del  Considerato  in  diritto).  D'altra  parte,  la
particolare concentrazione del rito in materia di mandato di  arresto
europeo e' fortemente condizionata dal rispetto  dei  rigidi  termini
imposti dalla decisione-quadro 2002/584/GAI e dall'art. 22-bis  della
legge n. 69/2005 in sua attuazione, sia per il  MAE  consensuale  che
per quello ordinario. 
    Nel giudizio di legittimita' sulla convalida del trattenimento e'
certamente  necessario  assumere  decisioni  giudiziarie  rapide  nel
rispetto dell'art. 5, § 4, CEDU; e  tuttavia,  come  precisato  dalla
Corte europea dei  diritti  dell'uomo  (vedi  la  gia'  citata  Corte
EDU17.4.2014, Gayratbek Saliyev c. Russia, punto 76), lo standard  di
«rapidita'» e' meno rigoroso nei giudizi di  impugnazione.  Cio'  che
conta, come visto, e' che  sia  assicurato  il  pieno  esercizio  dei
diritti che l'ordinamento europeo  conferisce  ai  richiedenti  asilo
(vedi Corte di giustizia UE, 31 gennaio 2013, causa  C-175/11,  punto
75, dove si precisa che i richiedenti asilo devono beneficiare di  un
termine  sufficiente  per  raccogliere  e  presentare  gli   elementi
necessari a suffragare le loro domande). 
    Sotto questo profilo, dunque,  appare  evidente  come  il  minimo
termine di giorni cinque dalla  comunicazione  del  provvedimento  (a
fronte dei precedenti piu' lunghi termini) per presentare ricorso per
cassazione avverso il  decreto  di  convalida  o  non  convalida  del
trattenimento  o  della   proroga   del   trattenimento   costituisce
un'eccessiva e irragionevole compressione del diritto di difesa, tale
da frustrare l'effettivita' del diritto all'impugnazione. 
    Ma anche sotto il profilo dei motivi di  ricorso  per  cassazione
esperibili,  il   diritto   di   difesa   appare   concretamente   ed
irragionevolmente compresso rispetto al passato. 
    Come gia'  osservato  dalla  Corte  costituzionale  (vedi  sempre
sentenza n. 39 del 2025) «non solo al giudizio di legittimita'  sulla
convalida del  trattenimento  e'  connaturale  la  contestazione  del
potere  amministrativo  che  ne   forma   oggetto   e,   quindi,   la
contrapposizione tra le  parti  -  oltre  che  il  coinvolgimento  di
diritti inviolabili di rango costituzionale -, ma il sindacato  della
Corte di cassazione puo' estendersi  alla  verifica  di  profili  che
eccedono la regolarita' della adozione della  misura  restrittiva  in
se' considerata. Come confermato dalla giurisprudenza di legittimita'
formatasi anteriormente alla novella  processuale  in  scrutinio,  la
decisione  sulla  convalida  puo',  infatti,  involgere,   sia   pure
incidentalmente,   anche   la    "manifesta    illegittimita'"    del
provvedimento presupposto dal trattenimento, ossia l'espulsione o  il
respingimento (ex multis, Corte di cassazione, sezione prima  civile,
ordinanza 28 giugno 2023, n. 18404). Anche questa Corte ha confermato
la possibilita' che  il  giudizio  di  convalida  assuma  una  simile
ampiezza,  evidenziando  che  «[i]l  trattenimento   costituisce   la
modalita'  organizzativa  prescelta  dal  legislatore   per   rendere
possibile, nei casi tassativamente previsti dall'art.  14,  comma  1,
che lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione, sia
accompagnato alla frontiera ed allontanato dal territorio  nazionale.
Il decreto di espulsione con accompagnamento, che, giova ribadire, ai
sensi dell'art. 13, comma 3, deve essere motivato, rappresenta quindi
il presupposto indefettibile della misura restrittiva,  e  in  quanto
tale  non  puo'  restare   estraneo   al   controllo   dell'autorita'
giudiziaria» (sentenza n. 105 del 2001).» 
    Attualmente, il provvedimento di convalida (o non convalida)  del
trattenimento o di proroga (o meno) del trattenimento del richiedente
asilo e' impugnabile con ricorso per cassazione per i motivi  di  cui
all'art. 606 lettera a), b) e c)  codice  di  procedura  penale  Come
rilevato nella relazione del Massimario della Cassazione n. 1  del  2
gennaio  2025  (vedi  pag.  27),  rispetto  al  passato,  quando   il
provvedimento era impugnabile per tutti i motivi di ricorso  previsti
dall'art. 360 del  codice  di  procedura  civile,  vi  e'  stata  una
significativa contrazione dei casi di ricorribilita' in cassazione. 
    Invero, tralasciando il primo  motivo  (che  attiene  all'ipotesi
dell'eccesso o  straripamento  dei  poteri),  quello  previsto  dalla
lettera b) dell'art. 606 del codice di procedura penale si  riferisce
all'inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre
norme giuridiche, di cui si deve tenere conto nell'applicazione della
legge   penale.   Il   vizio   in   questione   riguarda    l'erronea
interpretazione  della  legge  penale  sostanziale  (ossia   la   sua
inosservanza), ovvero l'erronea applicazione  della  stessa  al  caso
concreto (e, dunque, l'erronea qualificazione giuridica del  fatto  o
la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie  astratta),  e  va
tenuto distinto dalla  deduzione  di  un'erronea  applicazione  della
legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della
fattispecie concreta,  denunciabile  sotto  l'aspetto  del  vizio  di
motivazione (Cass. pen.  sez.  V,  7  ottobre  2016,  n.  47575).  E'
evidente che trattasi di vizio non deducibile nel caso di specie, non
essendo coinvolta la  legge  penale  sostanziale  nella  materia  dei
trattenimenti  (sicche',  sotto  questo  profilo  e'   opinabile   la
decisione assunta in una prima pronuncia della  Cassazione  penale  -
vedi Cassazione pen. sez. I, 7 marzo 2025, n. 9556 - che ha  ritenuto
che il richiamo all'inosservanza o erronea applicazione  della  legge
penale denunciabile in sede di legittimita' impone  di  dare  rilievo
alle  disposizioni  che  comportano  una  restrizione  analoga   alla
liberta'  personale,  ancorche'  non  espressamente   definite   come
«penali» dal  legislatore,  tali  essendo  quelle  sui  trattenimenti
derivanti in via provvisoria dal provvedimento questorile  impositivo
o da  sua  proposta  di  proroga,  la  cui  stabile  legittimita'  si
ricollega al provvedimento  giurisdizionale  richiesto  dall'art.  13
della Costituzione: in motivazione, la  Corte  ha  precisato  che  la
decisione di convalida del trattenimento o della proroga  produce  un
effetto dispositivo duplice che la rende  assimilabile  all'ordinanza
di convalida dell'arresto o del fermo emessa  all'esito  dell'udienza
di cui all'art. 391  codice  di  procedura  penale  e,  al  contempo,
all'ordinanza applicativa di una misura cautelare personale.  Invero,
il  vizio  in  esame  attiene  all'inosservanza  della  legge  penale
sostanziale, mentre e' quello di cui alla lettera  c)  dell'art.  606
codice di procedura penale che riguarda  l'inosservanza  della  legge
processuale penale; peraltro, non si tiene conto che  in  materia  di
impugnazione vige il principio di tassativita', sicche' e'  legittimo
dubitare  della   possibilita'   di   interpretazioni   estensive   o
analogiche). 
    L'art. 606, lettera c) del codice di procedura penale allude alla
violazione delle norme processuali penali, tenuto  conto  del  chiaro
riferimento  a  vizi  riguardanti  atti  o  prove  penali  (nullita',
inutilizzabilita', inammissibilita', decadenza).  Ancora  una  volta,
dunque, non sembra possibile denunciare con questo motivo di  ricorso
vizi che attengono al procedimento di convalida del  trattenimento  o
della sua  proroga,  che,  come  detto,  segue  un  rito  civile.  La
Cassazione penale, in una  prima  pronuncia,  ha  ritenuto  possibile
denunciare ai sensi dell'art. 606  lettera  c)  codice  di  procedura
penale  (in  combinato  disposto  con  l'art.  111,  comma  7   della
Costituzione)  la  nullita'  del  provvedimento  di   convalida   per
motivazione mancante o apparente (Cass. pen. sez. I, 24 gennaio 2025,
n.  2967).  Sostanzialmente,  come  osservato   anche   dalla   Corte
costituzionale (sentenza n. 39/2025, punto 3.7.1. del Considerato  in
diritto),  in  questa  prima  pronuncia  si  e'  concretamente  fatta
applicazione dell'art. 111, comma 7 della Costituzione («Peraltro, le
prime pronunce di legittimita' che hanno fatto applicazione del nuovo
rito hanno affermato che l'art. 111, settimo comma della Costituzione
garantisce in  ogni  caso  la  possibilita'  di  ricorrere  contro  i
provvedimenti restrittivi della liberta' personale "per violazione di
legge": nozione nella quale «va ricompresa la motivazione inesistente
o meramente apparente del  provvedimento  [...]  intesa  quest'ultima
come motivazione "del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza  e
completezza, al punto da risultare inidonea a  rendere  comprensibile
l'iter logico seguito dal giudice di merito [...]"  (Cass.,  n.  2967
del 2025; in  senso  conforme  Corte  di  cassazione,  sezione  prima
penale, ordinanza 7 marzo 2025, n. 9556, depositata in pari data)»). 
    In buona sostanza,  quello  che  emerge  e'  la  possibilita'  di
censurare il provvedimento  di  convalida  (o  non  convalida)  e  di
proroga o meno del trattenimento  esclusivamente  per  violazione  di
legge, che, con riferimento, in  particolare,  alla  motivazione  del
provvedimento, si traduce nella doglianza circa l'assenza o  la  mera
apparenza della motivazione, non essendo ricompreso  anche  il  vizio
della motivazione manifestamente  illogica,  contraddittoria,  ovvero
ancora perplessa o obbiettivamente incomprensibile. 
    Tutto cio' a fronte degli ampi poteri che la  giurisprudenza,  in
ossequio anche alle norme europee, come interpretate dalle rispettive
Corti (di Strasburgo e del Lussemburgo), riconosce al  giudice  della
convalida o della proroga  del  trattenimento,  che  puo'  spingersi,
anche  di  ufficio,  a  verificare   le   condizioni   di   manifesta
illegittimita' della revoca  del  titolo  di  protezione,  in  quanto
indefettibile presupposto della disposta  privazione  della  liberta'
personale dello straniero  attraverso  il  trattenimento  finalizzato
all'espulsione (Cass. civ. sez. I, 20 marzo 2019, n.  7841);  ovvero,
puo'  spingersi,   oltre   che   all'esistenza   ed   efficacia   del
provvedimento espulsivo, anche  alla  verifica  delle  condizioni  di
manifesta  illegittimita'  del  medesimo,  in  quanto   indefettibile
presupposto della disposta privazione della liberta' personale (Cass.
civ., 30 luglio 2014, n. 17407); ovvero  puo'  spingersi  a  rilevare
incidentalmente, per la decisione di  sua  competenza,  la  manifesta
illegittimita' del provvedimento espulsivo, che puo' consistere anche
nella situazione di inespellibilita' dello straniero (Cass.  civ.,  7
marzo 2017,  n.  5750),  e  cio',  alla  luce  di  un'interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 14 del decreto legislativo  n.
286 del 1998 in relazione  all'art.  5,  par.  1,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (che consente la detenzione di una persona,  a  fini  di
espulsione, a condizione che la procedura  sia  regolare).  In  buona
sostanza, in sede di convalida  o  proroga  del  trattenimento  dello
straniero, il controllo del  giudice,  compatibilmente  con  i  tempi
ridotti  della  procedura,  deve  compiersi  in  modo   completo   ed
esaustivo, anche mediante l'acquisizione officiosa degli elementi  di
prova documentale relativi a provvedimenti presupposti che, anche  in
via  derivata,  hanno  inciso  sulla  legittimita'  del  decreto   di
espulsione e, quindi, del decreto di trattenimento (Cass. civ.,  sez.
I, 15 febbraio 2025, n. 3843). 
    Rispetto  al  passato,  cio'  costituisce  un  indubbio   e,   si
ribadisce, irragionevole restringimento dei diritti difensivi, ove si
consideri che in precedenza, ai sensi dell'art.  360  del  codice  di
procedura civile il provvedimento di  convalida  era  censurabile  in
cassazione sulla base di una piu' ampia sfera di motivi. 
    Soffermandoci  soltanto  sulla  possibilita'  di   censurare   la
motivazione  del  provvedimento,  deve  rilevarsi  che,  secondo   la
Cassazione, la riformulazione dell'art. 360, primo comma,  n.  5  del
codice di procedura civile, disposta dall'art. 54, del  decreto-legge
22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto  2012,  n.  134,  deve
essere  interpretata,  alla  luce  dei  canoni  ermeneutici   dettati
dall'art.   12   delle   preleggi,   come   riduzione   al    «minimo
costituzionale» del  sindacato  di  legittimita'  sulla  motivazione.
Pertanto, e' denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale
che si tramuta in violazione di legge  costituzionalmente  rilevante,
in quanto attinente all'esistenza della motivazione in  se',  purche'
il vizio risulti dal testo della sentenza  impugnata,  a  prescindere
dal  confronto  con  le  risultanze  processuali.  Tale  anomalia  si
esaurisce  nella  «mancanza  assoluta  di  motivi   sotto   l'aspetto
materiale e grafico», nella «motivazione apparente»,  nel  «contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili»  e  nella  «motivazione
perplessa  ed  obiettivamente  incomprensibile»,  esclusa   qualunque
rilevanza del semplice difetto  di  «sufficienza»  della  motivazione
(Cass. civ. sez. un., 7 aprile 2014, n.  8053).  Dunque,  secondo  la
giurisprudenza, nel vizio denunciabile ai sensi dell'art. 360,  comma
1, n. 5) del codice di procedura civile vi rientrano anche vizi della
motivazione  (quali  «il  contrasto  irriducibile  tra   affermazioni
inconciliabili», ovvero la «motivazione perplessa  ed  obiettivamente
incomprensibile»)  che  nel  processo  penale  sono  denunciabili  in
Cassazione non ai sensi dell'art.  606,  lettera  c)  del  codice  di
procedura penale, ma ai sensi dell'art. 606, lettera e),  del  codice
di procedura penale - vedi Cassazione pen. sez. V, 20  gennaio  2021,
n. 19318, Cassazione pen. sez. II, 4 marzo 2010, n. 12329 -,  ipotesi
non richiamata. 
    Quest'ultima    questione    di    legittimita'    costituzionale
(tralasciando gli  altri  rilievi,  benche'  sussiste  fra  tutte  le
questioni un identico filo conduttore che e' rappresentato, in  buona
sostanza,   dalla   irragionevolezza   del   complessivo   intervento
riformatore normativo, assunto, con decretazione  di  urgenza,  senza
alcuna   giustificazione   e   senza   alcuna    evidente    esigenza
costituzionale) assume rilievo nell'ambito del presente  procedimento
poiche', come detto, l'emanando provvedimento di proroga (o meno) del
trattenimento e' impugnabile soltanto in questo  modo,  sicche',  una
volta emesso il  decreto,  le  parti  sono  obbligate  ad  impugnarlo
adeguandosi ad una normativa che, per le ragioni descritte, si espone
a  rilievi  di  incostituzionalita'.  E'  noto  che   la   Corte   di
legittimita' ha ritenuto infondate analoghe  questioni  sollevate  in
sede di giudizio di cassazione (vedi ad esempio Cassazione pen.  sez.
I, 22 aprile 2025, n. 15748). Tuttavia,  a  parte  il  rilievo  della
discrezionalita' legislativa in materia  processuale,  che  la  Corte
(contrariamente a quanto finora argomentato) ritiene  esercitata  nel
caso di  specie  in  maniera  non  manifestamente  irragionevole  e/o
arbitraria, la Cassazione e' giunta a valutare  l'infondatezza  delle
eccezioni sulla base della  valutazione  postuma  dell'esercizio  del
potere di impugnazione, e cioe' sulla base della  considerazione  che
il ricorso per cassazione era stato  comunque  presentato  e  su  una
valutazione in concreto delle  ragioni  difensive  esposte,  ritenute
esaustive e complete. Tuttavia, una  questione  di  legittimita'  che
attiene all'irragionevole ed eccessiva  compressione  delle  garanzie
difensive legate al diritto di impugnazione non puo' essere  valutata
che in astratto, tenendo presente il ricorrente «medio»  (il  termine
di cinque giorni  puo'  essere  sufficiente  per  un  ricorrente  per
articolare in maniera compiuta i propri motivi di ricorso, ma non per
un altro, specie ove si consideri la  peculiarita'  del  giudizio  di
legittimita' e  la  restrizione  dei  motivi  di  impugnazione),  nel
confronto con la disciplina precedente, e, pertanto, assume rilevanza
proprio in questa sede. 
    La questione, essendo sollevata nell'ambito  di  un  giudizio  di
proroga del trattenimento di un richedente protezione internazionale,
disposto ai sensi  dell'art.  6,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
142/2015, e' limitata a verificare la conformita' a  costituzione  di
questo procedimento, affidato, per  effetto  delle  norme  censurate,
alla Corte di appello in composizione monocratica, e  non  piu'  alle
Sezioni  specializzate  in  materia   di   immigrazione,   protezione
internazionale  e  libera  circolazione  dei  cittadini   dell'Unione
europea, istituite presso  i  Tribunali  distrettuali.  Valutera'  la
Corte, in caso di ritenuta fondatezza della questione, se  estenderla
ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87/1953 in via derivata a  tutte
le  norme  che  hanno  modificato  il  giudizio  di   convalida   del
provvedimento  questorile  di  trattenimento   o   di   proroga   del
richiedente protezione internazionale in tutti i  casi  previsti  dal
decreto-legge n. 145/2024, convertito con modifiche  dalla  legge  n.
187/2024. 

 
                               P.Q.M. 
 
                              La Corte 
 
               nella persona del Consigliere di turno 
 
    Visto l'art. 23, della legge n. 87/1953; 
    Solleva, di ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in
relazione all'art. 77, comma 2 della Costituzione, agli  articoli  3,
25 e 102, comma 2 della Costituzione, agli articoli 3, 10, comma 3, e
24 della Costituzione, nonche' agli articoli 11 e 117, comma 1  della
Costituzione questi ultimi relativamente all'art. 5, §§ 1 lettera  f)
e 4, CEDU, e agli articoli 9 della  direttiva  2013/33/UE,  26  della
direttiva 2013/32/UE, 6, 18 e 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, con riferimento agli articoli 16, 18,  18-bis  e
19 del decreto-legge n.  145/2024,  convertito  con  modifiche  dalla
legge n. 187/2024, nella parte in  cui  attribuiscono  la  competenza
giurisdizionale  in  tema  di  procedimenti  aventi  ad  oggetto   la
richiesta, avanzata dal Questore, ai  sensi  dell'art.  6,  comma  5,
decreto legislativo n. 142/2015, di  proroga  del  trattenimento  del
richiedente protezione internazionale, disposto a norma dell'art.  6,
comma 3, del decreto legislativo n. 142/2015, alla Corte  di  appello
di cui  all'art.  5-bis  decreto-legge  n.  13/2017,  convertito  con
modifiche dalla legge n. 46/2017, e cioe' alla Corte  di  appello  di
cui all'art. 5, comma 2, della legge n. 69/2005, nel cui distretto ha
sede  il  Questore  che  ha  adottato  il  provvedimento  oggetto  di
convalida, che giudica, peraltro,  in  composizione  monocratica,  in
luogo  della  Sezione  specializzata  in  materia  di   immigrazione,
protezione  internazionale  e  libera  circolazione   dei   cittadini
dell'Unione europea,  istituita  presso  il  Tribunale  distrettuale,
nonche' nella parte in cui prevedono che, ai sensi  del  comma  5-bis
dell'art. 6 del decreto legislativo  n.  142/2015,  il  provvedimento
emesso  dalla  Corte  di  appello  e'  impugnabile  con  ricorso  per
cassazione a norma dell'art. 14,  comma  6,  decreto  legislativo  n.
286/1998,   proponibile,   quindi,   entro   cinque   giorni    dalla
comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettera a), b) e c)  del
codice di procedura penale e si osservano, in quanto compatibili,  le
disposizioni dell'art. 22, commi 3 e 4 della legge n.  69/2005  (come
attualmente  previsto  per  effetto  della   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 39/2025), e non come  in  precedenza  semplicemente
con ricorso per cassazione; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio; 
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  al   sig.
Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  comunicata  al  sig.
Presidente della Camera  dei  deputati  ed  al  sig.  Presidente  del
Senato; 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti. 
        Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio del
2 maggio 2025 
 
                   Il Consigliere di turno: Biondi