Reg. ord. n. 108 del 2025 pubbl. su G.U. del 11/06/2025 n. 24

Ordinanza del Consiglio di Stato  del 05/05/2025

Tra: M. B.  C/ Ministero dell'Interno



Oggetto:

Straniero – Immigrazione – Emersione rapporti di lavoro – Istanza di regolarizzazione – Casi di esclusione dalle procedure – Cittadini stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato – Preclusione, per l’amministrazione, della verifica in concreto di pericolosità e, comunque, della sussistenza dei requisiti per l’accoglimento o meno dell’istanza (nel caso di specie: segnalazione del richiedente nella banca dati del sistema di informazione Schengen (SIS) per ingresso illegale in territorio francese) – Denunciata genericità e assolutezza della previsione – Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alle finalità perseguite – Irragionevole effetto preclusivo nell’accesso a un procedimento di emersione di uno straniero che si trova nella situazione per la quale l’istituto è stato adottato – Disparità di trattamento dello straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia rispetto allo straniero arrivato transitando da altro paese di area Schengen – Irragionevolezza della formulazione assolutistica della previsione in riferimento alla necessità di rispettare l’obbligo pattizio – Inosservanza degli obblighi internazionali e del diritto dell’Unione europea.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 19/05/2020  Num. 34  Art. 103  Co. 10

legge  del 17/07/2020  Num. 77



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art. 21   Co.  

regolamento UE  Art. 24   Co.  

regolamento UE  Art. 27   Co.  

Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen  Art. 25   Co.  

legge  Art.    Co.  



Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025 rel. PATRONI GRIFFI


Testo dell'ordinanza

                        N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 05 maggio 2025

Ordinanza del 5 maggio  2025  del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da  M.  B.  contro  Ministero  dell'interno  e  Questura  di
Salerno. 
 
Straniero - Immigrazione - Emersione rapporti di lavoro - Istanza  di
  regolarizzazione - Casi di esclusione dalle procedure  -  Cittadini
  stranieri che risultino segnalati,  anche  in  base  ad  accordi  o
  convenzioni internazionali in vigore per l'Italia,  ai  fini  della
  non ammissione  nel  territorio  dello  Stato  -  Preclusione,  per
  l'amministrazione, della verifica in concreto di  pericolosita'  e,
  comunque, della sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno
  dell'istanza. 
- Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in  materia  di
  salute, sostegno al lavoro e  all'economia,  nonche'  di  politiche
  sociali  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
  convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020,  n.  77,
  art. 103, comma 10, lettera b). 


(GU n. 24 del 11-06-2025)

 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
               in sede giurisdizionale (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 9548 del 2023, proposto da B... M..., rappresentato
e difeso dall'avvocato Roberto Ricciardi, con domicilio digitale come
da PEC da Registri di Giustizia; 
    contro Ministero dell'interno, Questura di  Salerno,  in  persona
dei rispettivi rappresentanti legali  pro  tempore,  rappresentati  e
difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello  Stato,  domiciliataria
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale
Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di  Salerno
(Sezione Seconda) n. 1982/2023, resa tra le parti. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'interno e della Questura di Salerno; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  6  febbraio  2025  il
Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti  come  in
atti; 
    1. Il signor M... B...  ha  impugnato  davanti  al  T.A.R.  della
Campania, sezione  staccata  di  Salerno,  il  decreto  del...  della
Questura di Salerno,  che  ha  respinto  l'istanza  di  rilascio  del
permesso  di  soggiorno  presentata  ai  sensi  dell'art.   103   del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio
2020, n. 77. 
    Il T.A.R. con la sentenza in  forma  semplificata  n.  1982/2023,
adottata - ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.  -  all'esito  della
camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza  di  sospensione
cautelare del provvedimento impugnato, ha respinto il ricorso. 
    Nella  motivazione  di  tale  sentenza,  impugnata  nel  presente
giudizio, si chiarisce  che  «le  emergenze  istruttorie  documentali
hanno  consentito  di  accertare   che   lo   Sportello   Unico   per
l'Immigrazione della Prefettura di Salerno ha rigettato l'istanza  di
emersione  in  ragione  della  esistenza  di   un   motivo   ostativo
all'accoglimento della  stessa,  rappresentato  da  una  segnalazione
nella Banca Dati Schengen ai sensi dell'art. 24 della Convenzione SIS
II». 
    Tale elemento e'  stato  ritenuto  dai  primi  giudici  valido  e
legittimo  fondamento  del  provvedimento  di  diniego  impugnato,  e
fattore assolutamente ostativo rispetto alla pretesa del ricorrente. 
    Il  T.A.R.  ha  infatti   specificato   che   la   giurisprudenza
assolutamente prevalente e' nel senso della insindacabilita' in  sede
giurisdizionale  del   reale   rilievo   ostativo   di   una   simile
segnalazione: «Il Consiglio di Stato, infatti, ha, anche di  recente,
affermato che «la segnalazione di inammissibilita' dell'ingresso  del
cittadino straniero nel territorio Schengen preclude, in radice, ogni
possibilita'   di   ottenere   il    richiesto    provvedimento    di
regolarizzazione dello straniero presente in Italia. Il provvedimento
di  diniego,  pertanto  e'  correttamente  motivato   attraverso   il
riferimento all'atto adottato  in  altro  Stato  dell'area  Schengen,
senza alcuna necessita' di argomentare ulteriormente in  ordine  alla
concreta pericolosita' del cittadino extracomunitario o  di  vagliare
la legittimita' e correttezza di tale atto» (Cons. Stato,  sez.  III,
14 ottobre 2021, n. 6901). Il Consiglio di Stato ha avuto,  altresi',
modo di sottolineare che «la giurisprudenza di questa Sezione  si  e'
da tempo consolidata sul principio  della  «non  sindacabilita'»  nel
merito, salvi  i  casi  eccezionali  dell'errore  materiale  e/o  del
disguido burocratico,  dei  provvedimenti  di  non  ammissione  dello
straniero, emessi da ciascun Stato aderente all'accordo di  Schengen,
in quanto l'appartenenza a tale accordo impone di evitare  o  ridurre
al minimo le ipotesi in cui la  valutazione  compiuta  da  uno  Stato
estero possa essere vanificata o diversamente valutata  da  un  altro
Stato (C.d.S. sez. III n. 5735/2015, n. 4601/2014, n. 3573/2013 e  n.
2978/2013). Si tratta, qui,  di  applicare  una  regola  europea  che
costituisce pilastro dello  spazio  comune  di  libera  circolazione,
all'interno del quale ciascun Paese membro ha il dovere di  applicare
segnalazioni  o  richieste  provenienti  da   altro   Paese   membro.
Diversamente  opinando,  le  disposizioni  del   trattato   sarebbero
violate» (Cons. Stato, sez. III, 1° luglio 2017, 3421)». 
    2. Con ricorso in  appello  notificato  il  13  novembre  2023  e
depositato il successivo 5 dicembre, il ricorrente in primo grado  ha
impugnato l'indicata sentenza, deducendo, tra l'altro, che «nel  caso
in esame, la segnalazione e' stata effettuata per motivi di  ingresso
irregolare nello Stato segnalante e quindi  non  e'  conseguita  alla
commissione di fatti  penalmente  rilevanti  o  ostativi  secondo  la
normativa pattizia al rilascio del titolo di soggiorno nel qual  caso
il giudizio di pericolosita' e'  in  re  ipsa  e  preclude  qualunque
margine di discrezionalita'  dell'amministrazione  procedente;  -che,
difatti, la segnalazione Schengen svolge senza  dubbio  una  funzione
notiziale, ma e' rivolta in via prioritaria a facilitare  il  sistema
di controllo sugli ingressi ed evitare che possa  essere  autorizzato
il soggiorno di  uno  straniero  che  costituisce  una  minaccia  per
l'ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza nazionale». 
    Peraltro  l'appellante  ha  dedotto  altresi'  che  «La  presunta
segnalazione a cui si fa riferimento (...) sarebbe poi stata inserita
dalle autorita' francesi in data...., allorquando il  sig.  B...  era
gia' regolare sul territorio  Schengen,  avendo  inviato  istanza  di
emersione dal lavoro irregolare nel 2020, a mezzo del proprio  datore
di lavoro, e concluso il contratto di  soggiorno  in  data  ...,  ben
cinque mesi prima». 
    3. All'esito della camera di consiglio dell'11 gennaio 2024,  con
ordinanza n. 459/2024 e' stato disposto di «acquisire dalla  Questura
di  Salerno  documentati  chiarimenti  relativi   alla   segnalazione
Schengen risultante a carico dell'odierno appellante, con particolare
riferimento ai fatti cui la stessa si riferisce (non evincibili dalla
motivazione del provvedimento impugnato in primo grado)». 
    L'ordinanza non e' stata eseguita dall'amministrazione. 
    L'ordine istruttorio e' stato reiterato con successiva  ordinanza
2344/2024. 
    In data 6 maggio 2024 l'Avvocatura dello Stato ha  depositato  la
nota del 4 aprile 2024 della Questura di  Salerno  che,  in  diritto,
sostiene il carattere ostativo  della  segnalazione  Schengen,  senza
peraltro fornire i richiesti elementi di fatto. 
    Essa peraltro rinvia ad un allegato 2, quanto alla  segnalazione,
che pero' non risulta presente fra la documentazione prodotta. 
    La Sezione ha quindi emesso la  successiva  Ordinanza  11  luglio
2024, n.  2733:  «Considerato  che  all'esito  dell'udienza  camerale
dell'11 gennaio 2024, con ordinanza n. 459/2024 e' stato disposto  di
«acquisire dalla Questura di Salerno documentati chiarimenti relativi
alla  segnalazione  Schengen   risultante   a   carico   dell'odierno
appellante, con particolare riferimento ai fatti  cui  la  stessa  si
riferisce  (non  evincibili  dalla  motivazione   del   provvedimento
impugnato  in  primo  grado)». Rilevato  che   il   predetto   ordine
istruttorio, non  eseguito,  e'  stato  reiterato  con  ordinanza  n.
2344/2024;  Considerato  che  le  amministrazioni   appellate   hanno
depositato in data 6 maggio 2024 una memoria che, in diritto,  deduce
il carattere ostativo della segnalazione Schengen,  rinviando  quanto
all'oggetto specifico del quesito istruttorio (inerente l'oggetto  di
tale segnalazione) ad un allegato  2  non  prodotto  in  allegato  al
deposito digitale; Rilevato che dal verbale dell'udienza camerale del
9 maggio 2024 l'Amministrazione, per il tramite del suo difensore, si
era impegnata ad integrare il suddetto adempimento e  che,  pertanto,
la causa era stata rinviata all'11  luglio  2024,  per  il  prosieguo
della camera di consiglio; Considerato  che  successivamente  a  tale
udienza  nessuna  produzione  e'   stata   effettuata   dalla   parte
onerata; Ritenuto, conseguentemente, di  dover  accogliere  l'istanza
cautelare in esame ai sensi dell'art. 55 comma 10, cod.  proc.  amm.,
onerando la Questura di Salerno di provvedere, nel termine di  giorni
trenta decorrente dalla comunicazione o pubblicazione della  presente
ordinanza, ad integrare l'adempimento dell'ordine istruttorio di  cui
in premessa, con riserva di  valutare  il  comportamento  processuale
della parte ai fini della decisione, ai sensi dell'art. 116,  secondo
comma, cod. proc. civ.». 
    Il 5 febbraio 2025 l'Avvocatura dello Stato ha prodotto una  nota
del Ministero dell'interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza  -
Direzione centrale della Polizia criminale, datata ...con la quale si
trasmette alla Questura di  Salerno  la  segnalazione  in  questione,
operata dalla Prefettura della.... 
    All'udienza del 6 febbraio 2025, la causa e' stata trattenuta  in
decisione. 
    Il Collegio ritiene di dover sollevare questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 103, comma 10, lett. b),  del  decreto-legge
19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n.  77,
con riferimento agli artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in  riferimento
all'art.  25  della  Convenzione  Schengen  e  al  Regolamento   (UE)
2018/1861)  della  Costituzione,   nella   parte   in   cui   prevede
l'automatismo ostativo  della  segnalazione  Schengen  rispetto  alla
valutazione     dell'istanza      di      emersione,      precludendo
all'amministrazione  la  verifica  in  concreto  di  pericolosita'  e
comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della
stessa. 
    La  nota  depositata  dalla  difesa   erariale   in   prossimita'
dell'udienza ha reso edotto il Collegio del fatto che la segnalazione
della Prefettura della ... indica come «reason for the  decision»  la
seguente causale: «administrative retum ban». 
    4.  In  fatto,  la  documentazione  acquisita  ha  dimostrato  la
fondatezza della tesi del ricorrente, nel senso che la segnalazione -
in assenza di ulteriori indicazioni - e' stata adottata unicamente in
quanto  l'odierno  appellante  ha  fatto   ingresso   irregolare   in
territorio francese, e non anche in  presenza  di  ulteriori  e  piu'
gravi ragioni, non indicate nel documento acquisito. 
    Cio' risulta dal fatto che quanto meno  non  risultano  in  detta
segnalazione ulteriori causali. 
    Il  provvedimento  impugnato  in  primo  grado  si  fonda   sulla
previsione assolutamente ostativa di  cui  all'art.  103,  comma  10,
lett. b) del citato decreto-legge 19 maggio 2020, n.  34,  convertito
dalla legge 17 luglio 2020, n. 77: «Non sono ammessi  alle  procedure
previste dai commi 1 e 2 del presente articolo i cittadini stranieri:
(...) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni
internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della  non  ammissione
nel territorio dello Stato». 
    Il riferimento specifico, nella fattispecie in esame, e'  -  come
detto - alla segnalazione prevista dall'accordo di  Schengen  del  14
giugno 1985, ratificato in Italia con legge  30  settembre  1993,  n.
388. 
    La Convenzione di attuazione di detto accordo - all'art. 5, comma
1,  lett.  d)  stabilisce  che  deve  essere  negato  l'ingresso  nel
territorio Schengen  a  chi  risulta  segnalato  ai  fini  della  non
ammissione. 
    Peraltro il Titolo IV di tale Convenzione, dall'art. 92  all'art.
119, disciplina il «Sistema d'informazione Schengen», che a sua volta
si articola in una pluralita' di istituti e di fattispecie. 
    Come pure ricordato, la sentenza di primo grado  ha  respinto  il
ricorso    richiamando    il    quasi    totalitario     orientamento
giurisprudenziale che ai fini dell'applicazione del citato  art.  103
ha affermato l'insindacabilita' nel merito della segnalazione,  salvo
il  caso  di  errore  materiale  o  di  disguido  burocratico  (nella
giurisprudenza  piu'  recente,  per  una  ipotesi  di  errore   sulle
generalita', e conseguente accoglimento del ricorso per  «carenza  di
istruttoria e erronea motivazione con riguardo alla mancata  verifica
della perdurante efficacia della  segnalazione  Schengen  al  momento
dell'emanazione del provvedimento impugnato in prime cure», Consiglio
di Stato, sez. III, sentenza n. 442/2025). 
    5. Sulla non manifesta infondatezza della questione relativa alla
violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Ritiene il Collegio che  la  disposizione  sopra  richiamata,  in
ragione della sua previsione  di  carattere  generale  e  perentorio,
risulti irragionevole:  di  talche'  la  stessa  pone  un  dubbio  di
legittimita' costituzionale che nel caso di specie - per  le  ragioni
che saranno analiticamente indicate infra - si palesa rilevante e non
manifestamente infondato (anche per l'impossibilita', di cui pure  si
dara' atto, di praticare una diversa  interpretazione  che  impedisca
tale conclusione). 
    Nel  caso  in  esame,   infatti,   si   controverte   in   merito
all'applicazione  della  disciplina  di  diritto   interno   relativa
all'emersione dei rapporti di lavoro di cittadini stranieri  presenti
sul territorio nazionale e privi di un valido titolo di soggiorno. 
    L'ingresso irregolare nel territorio dello Stato non solo non  e'
stato dunque previsto, in se', dal legislatore come fattore ostativo,
ma e' anzi uno degli elementi costitutivi della fattispecie,  essendo
la finalita' della normativa proprio quella  di  regolarizzare  -  in
presenza di un rapporto  di  lavoro  avente  le  condizioni  minimali
stabilite dalla stessa, e in assenza di  pericoli  per  la  sicurezza
pubblica - tale condizione. 
    Nell'ambito del citato  art.  103  sono  previsti  come  elementi
preclusivi  il  fatto  che  il  cittadino  straniero  sia   risultato
destinatario di un provvedimento di espulsione; o che abbia  commesso
uno dei reati (assolutamente o relativamente) ostativi indicati nelle
lettere c) e d) del comma 10;  o  ancora  che  sia  considerato  «una
minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato  o  di  uno
dei Paesi con i quali l'Italia  abbia  sottoscritto  accordi  per  la
soppressione  dei  controlli  alle  frontiere  interne  e  la  libera
circolazione delle persone». 
    A queste tre previsioni  che  costituiscono  l'esercizio  di  una
ragionevole discrezionalita' legislativa orientata  al  bilanciamento
fra esigenze ed interessi antagonisti, oltre che  al  rispetto  degli
accordi  internazionali  -  si  aggiunge  quella  che  qui  viene  in
considerazione, ancorata pero' non ad un elemento di reale disvalore,
ma  alla  mera  segnalazione  «ai  fini  della  non  ammissione   nel
territorio dello Stato». 
    Se - per effetto del citato  comma  10,  lett.  b)  -  l'ingresso
irregolare attraverso un  diverso  Paese  aderente  alla  Convenzione
diviene, per il tramite della  relativa  segnalazione,  assolutamente
ostativo, si crea un  irragionevole  conflitto  logico  che  viene  a
frustrare le finalita' stesse della normativa in esame, innescando un
evidente corto circuito fra presupposti della fattispecie  e  fattori
impeditivi. 
    In relazione al profilo della  discrezionalita'  del  legislatore
nella  disciplina  in  questione  deve  osservarsi   che   la   Corte
costituzionale, con le sentenze n. 43 del 2024 e n. 88 del  2023,  si
e' gia' pronunciata sugli automatismi legali che, nell'ambito di tale
disposizione, incidono - sia pure in relazione ad istituti diversi  -
in modo sproporzionato sulla condizione  giuridica  dello  straniero,
accogliendo le relative questioni  per  violazione  dei  principi  di
ragionevolezza  e  proporzionalita'.  La  Corte  ha   osservato,   in
particolare  nella  sentenza  n.  43  del   2024,   che   il   limite
costituzionale della manifesta irragionevolezza e sproporzione  opera
in questa materia «pur dovendosi riconoscere alla disciplina in esame
una natura speciale, rispetto alla  quale  «il  legislatore  gode  di
ampia discrezionalita'» (sentenza n. 209 del 2023)». 
    Ad avviso del Collegio nella  fattispecie  oggetto  del  presente
giudizio si manifesta  un  contrasto  analogo,  per  le  ragioni  che
saranno ulteriormente indicate nel prosieguo, pur con la peculiarita'
dell'implicazione data dal regime degli  accordi  internazionali  che
vengono in considerazione. 
    6. Sull'ammissibilita' della questione. 
    In relazione ad una disposizione (e ad una vicenda)  analoga,  la
Corte  costituzionale  ha  dichiarato  la  questione   manifestamente
inammissibile  con  ordinanza  n.  86  del  2006,  con  la   seguente
motivazione: «il TAR per la  Campania  dubita,  in  riferimento  agli
artt. 3 e 97 della Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 8, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2002,
n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del  lavoro
irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni,  nella
legge 9 ottobre 2002, n. 222, il quale stabilisce che le norme  sulla
regolarizzazione dei lavoratori  comunitari,  di  cui  ai  precedenti
commi  dello  stesso  articolo,  non  si  applicano   ai   lavoratori
extracomunitari «che risultino segnalati, anche in base ad accordi  o
convenzioni internazionali in vigore in Italia,  ai  fini  della  non
ammissione nel territorio dello Stato»; che, secondo  il  remittente,
la disposizione indicata  contrasta  con  l'art.  3  Cost.  sotto  un
duplice  profilo;  che,  in  primo  luogo,  la  segnalazione  di  non
ammissione  nel  territorio  dello  Stato  proveniente  da  un  Paese
dall'«area Schengen», come nel giudizio a quo, puo' essere  dovuta  a
ragioni diverse e cioe' sia al fatto  che  lo  straniero  costituisce
«una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza
nazionale»  (art.  96,  comma  2,   della   citata   Convenzione   di
applicazione dell'Accordo di Schengen), sia alla circostanza che  «lo
straniero e' stato  oggetto  di  una  misura  di  allontanamento,  di
respingimento o di espulsione non revocata ne' sospesa che comporti o
sia  accompagnata  da  un  divieto  d'ingresso  o  eventualmente   di
soggiorno,  fondata  sulla  non  osservanza  delle   regolamentazioni
nazionali in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri» (art.
96, comma 3, della medesima Convenzione);  che  la  norma  censurata,
dunque, prevede lo stesso  divieto  per  ipotesi  di  ben  differente
gravita'; che, in secondo luogo, la  norma  impugnata  violerebbe  il
parametro costituzionale  invocato  anche  sotto  altro  profilo,  in
quanto per il lavoratore segnalato il divieto di regolarizzazione  e'
previsto  come  effetto  automatico  della  segnalazione,   ancorche'
cagionata dalla sola  inosservanza  di  disposizioni  amministrative,
laddove  al  lavoratore  colpito  da  provvedimento   di   espulsione
dell'autorita'  italiana  e'  consentita   l'impugnazione;   che   il
remittente  afferma  di  essere  consapevole  dell'esistenza  di  due
orientamenti giurisprudenziali, l'uno che ritiene l'automaticita' del
divieto per effetto della  segnalazione,  l'altro  secondo  il  quale
possono essere valutate le ragioni di quest'ultima, ma  che  -  sulla
base della lettera della disposizione impugnata - ritiene  necessario
adottare il primo indirizzo, fondato sull'automatismo; (....) si  da'
atto di un diverso orientamento giurisprudenziale tale da  consentire
una valutazione delle circostanze dei singoli casi, ma  si  sostiene,
in considerazione del tenore letterale della legge,  l'impossibilita'
di adottare siffatto indirizzo; che tale tesi si risolve  nella  mera
affermazione, priva di motivazione,  della  impraticabilita'  di  una
interpretazione diversa da quella fornita e cio' pur in presenza  del
diverso orientamento seguito non da un'isolata decisione, ma da  piu'
pronunce  sorrette  da  motivazioni  tali   da   esigere   un   esame
approfondito». 
    La questione del giudizio a quo e la normativa di cui  si  dubita
la tenuta costituzionale differisce da  quella  gia'  vagliata  dalla
Corte nella pronuncia sopra menzionata perche', come si avra' modo di
approfondire nel prosieguo, in punto di  non  manifesta  infondatezza
con  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  l'art.  103  del
decreto-legge  n. 34/2020 distingue le due ipotesi: la lettera d) del
comma 10 permette la sindacabilita' in concreto e la  valutazione  in
ordine alla possibilita' che lo  straniero  rappresenti  o  meno  una
minaccia per l'ordine pubblico; la lettera  b)  -  quella  della  cui
legittimita'  costituzionale   si   dubita   -   che   si   riferisce
specificatamente   alla   segnalazione   Schengen,   rappresenta   un
automatismo ostativo che non permette alcuna valutazione in  concreto
della pericolosita' o  meno  del  cittadino  straniero  che  potrebbe
essere allontanato, come il caso di che trattasi, unicamente per aver
fatto ingresso nel territorio sprovvisto di  visto,  pur  non  avendo
commesso reati. 
    7.  Sull'impossibilita'  di  praticare,  nel  caso   di   specie,
un'interpretazione  adeguatrice.  Osserva  il  Collegio   che   nella
fattispecie qui in esame la previsione normativa - per  il  ricordato
carattere  generale  e  perentorio  -  costituisce  un  ostacolo  non
superabile rispetto alla possibilita' di praticare un'interpretazione
secondo della stessa secondo i richiamati parametri di ragionevolezza
e proporzionalita'. 
    In senso contrario si  e'  affermata  in  giurisprudenza  (T.A.R.
Lombardia, Milano, sez. IV, 23 maggio 2024, n. 1584,  non  impugnata)
l'esistenza di due diversi orientamenti,  uno  dei  quali,  ancorche'
minoritario, «ritiene, invece, che la segnalazione Schengen non abbia
efficacia ostativa automatica alla  permanenza  dello  straniero  nel
territorio  nazionale,   dovendo   l'amministrazione   acquisire   le
necessarie informazioni ai  fini  della  valutazione  della  condotta
concreta collegata alla segnalazione medesima  e  delle  ragioni  che
l'hanno determinata, al fine di verificare se la  stessa  integri  un
rischio effettivo per l'ordine e la sicurezza pubblica». 
    Tuttavia ad avviso del Collegio  una  simile  soluzione,  che  ha
indubbiamente il pregio della razionalita', opera  un'interpretazione
del citato art. 103, comma 10, lett. b), in  evidente  contrasto  con
l'insuperabile dato letterale dello stesso. 
    Anche nella giurisprudenza piu' recente di  questo  Consiglio  di
Stato prevale per contro l'opposta posizione secondo la quale  «unico
onere  che  doveva  essere  rispettato  era   quello   di   acquisire
dall'Autorita' del  Paese  membro  la  documentazione  necessaria  ed
indicare nel provvedimento di diniego  il  contenuto  e  gli  effetti
preclusivi previsti dagli  accordi  europei,  come  correttamente  ha
fatto la Questura con l'atto impugnato in primo grado, in cui si  da'
atto che «il beneficiario risulta essere stato segnalato nel  sistema
Informativo  Shengen   ai   fini   della   non   ammissione -OMISSIS-
-OMISSIS-», come preannunciato con la nota n. prot. OMISSIS-, con  la
quale   l'Amministrazione   ha   comunicato   i    motivi    ostativi
all'accoglimento, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7  agosto
1990, n. 241» (Consiglio di Stato, sez.  III,  sentenza  10  dicembre
2024, n. 9961). 
    8. Tale filone  giurisprudenziale,  invero,  sembra  ancorare  la
ragione  giustificatrice  della   previsione   normativa   in   esame
all'obbligo per i giudici nazionali di applicazione delle  previsioni
dell'Accordo di Schengen. 
    Peraltro, ad avviso del Collegio il problema  non  investe  tanto
tale obbligo, che e' fuori discussione, ma la  previsione  di  rinvio
che  uno  Stato  aderente  come  l'Italia  faccia  ad  esso,  in  una
disposizione del diritto interno,  senza  specificazione  alcuna.  In
altre parole, se la segnalazione  relativa  anche  al  solo  ingresso
irregolare  dovesse  ritenersi  -  in  adempimento   degli   obblighi
internazionali - assolutamente ostativa e come  tale  dovesse  essere
considerata da ogni organo (amministrativo o  giurisdizionale)  dello
Stato aderente, la  normativa  interna  sulla  emersione  dal  lavoro
irregolare correttamente avrebbe fatto riferimento generico  ad  ogni
possibile  segnalazione  come  fattore  preclusivo.  Tale  soluzione,
pero', oltre a porsi in relazione di contraddizione con le  finalita'
della  stessa  disposizione,  e  dunque  a  presentare   profili   di
criticita' sotto i richiamati profili della  ragionevolezza  e  della
proporzionalita', si pone in contrasto con  il  parametro  costituito
dall'art. 3 della Costituzione, anche in relazione  al  principio  di
uguaglianza. 
    Essa comporta infatti che puo' essere  ammesso  all'emersione  il
cittadino straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia, ma
non anche quello che vi sia arrivato transitando da  altro  Paese  di
area Schengen (senza  peraltro  che  tale  transito  abbia  disvelato
profili di controindicazione diversi  dalla  formale  assenza  di  un
titolo): il che, all'evidenza, realizza un trattamento  diseguale  di
situazioni sostanzialmente identiche. 
    9.  Ancora  sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione
relativa  alla  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione:  sugli
obblighi  degli  Stati  aderenti  all'Accordo  di   Schengen,   quale
possibile  ragione  giustificatrice  dell'irragionevolezza  e   della
sproporzione degli effetti della disposizione. 
    La segnalata disparita' di  trattamento,  ed  il  raffronto  come
termine di comparazione con la fattispecie  del  cittadino  straniero
entrato irregolarmente direttamente in Italia, disvela  un  ulteriore
profilo di possibile illegittimita' costituzionale  della  disciplina
in esame. 
    Se infatti si ritiene che l'ingresso irregolare in area  Schengen
(e, dunque, anche in Italia) determini comunque l'obbligo degli Stati
aderenti di non ammettere (e soprattutto  di  non  regolarizzare)  il
cittadino straniero sul proprio territorio (con  effetti  sull'intera
area),  allora  la  disposizione  in  esame,  che  comunque  consente
l'emersione  con  riguardo  al  (solo)  cittadino  straniero  entrato
direttamente in Italia, sarebbe contraria agli artt. 11 e  117  della
Costituzione, perche' in tal modo la sanatoria prevista dall'art. 103
non dovrebbe ritenersi comunque consentita dall'obbligo pattiziamente
assunto,  quale  che  sia  il  confine  esterno  dell'area   Schengen
attraverso il quale si sia materializzato l'ingresso irregolare. 
    10. Una  simile  conclusione  parrebbe  pero'  da  escludere,  in
ragione della non necessarieta' di una disciplina di diritto  interno
che assuma il carattere automaticamente ostativo e preclusivo di ogni
segnalazione. 
    Come  ricordato,  l'odierno   appellante   ha   dedotto   -   con
affermazione rimasta incontestata - che la segnalazione in questione,
proveniente dalla Francia, sarebbe  successiva  alla  «sottoscrizione
del contratto di soggiorno innanzi alla Prefettura di Salerno». 
    In una simile fattispecie - ma, come si vedra', probabilmente non
solo in questa -  la  Convenzione  di  applicazione  dell'Accordo  di
Schengen non solo  non  attribuisce  valore  ostativo  assoluto  alla
segnalazione,   ma   addirittura   (attraverso    l'istituto    della
consultazione preliminare di cui all'art. 25) prevede  un  meccanismo
di verifica  delle  ragioni  effettive  della  segnalazione  medesima
(T.A.R. Lombardia, Milano, sentenza n. 1584/2024, cit.; Consiglio  di
Stato, sez.. III, sentenza 3 febbraio  2025,  n.  806;  Consiglio  di
Stato, sez. III, sentenza 28 gennaio 2025, n. 658). 
    Dunque il dovere degli Stati di rispettare gli  obblighi  pattizi
non implica - in forza della chiara previsione del  citato  art.  25:
che anzi, prevedendo al secondo comma  un  obbligo  di  ritiro  della
segnalazione in capo allo Stato che l'ha effettuata ove  altro  Stato
rilasci il titolo di soggiorno,  stabilisce  una  reciprocita'  degli
obblighi nascenti  dall'Accordo  ed  esclude  la  sussistenza  di  un
diritto potestativo dello Stato segnalante -  l'assoluto  divieto  di
sanatoria di ogni ingresso irregolare, ne' l'insindacabilita' di ogni
segnalazione, sicche' la formulazione assolutista della  disposizione
qui censurata non trova una ragione giustificativa, in tesi  tale  da
spiegare le ragioni del descritto  quadro  altrimenti  irragionevole,
nella necessita' di rispettare tale obbligo. 
    Tuttavia la giurisprudenza da ultimo richiamata fa discendere dal
meccanismo previsto dal citato art. 25 l'ulteriore conseguenza  della
sindacabilita'  della   segnalazione,   ai   fini   dell'applicazione
dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 nel  senso  del  carattere
non ostativo della stessa: invero ad avviso del Collegio - anche  per
quanto si dira' al punto successivo - una  simile  soluzione  non  e'
stata  considerata  (ne',   dunque,   consentita)   dal   legislatore
nazionale, e dunque non e' ricavabile - in ragione del ridetto tenore
testuale - dal citato art. 103, comma 10, lett. b) (che non a caso ha
fin  qui   prodotto,   in   sede   applicativa,   i   due   indirizzi
giurisprudenziali  che  si  sono  richiamati,  fra  i  quali  risulta
decisamente prevalente quello che nega  la  rilevanza  della  ragione
sostanziale della segnalazione: ex multis, e da ultimo, Consiglio  di
Stato, sez. III, sentenza 10 dicembre 2024, n. 9961, cit.). 
    11. I superiori elementi, com'e' evidente,  hanno  rilevanza  non
solo  in  sede  di  perimetrazione  dell'obbligo   degli   Stati   di
adattamento alle previsioni dell'Accordo (al fine  di  escludere  che
l'applicazione irragionevole sia imposta da tali obblighi), ma  anche
in relazione  alla  gia'  richiamata  (im)possibilita'  di  praticare
un'interpretazione dell'art. 103, comma  10,  lett.  b)  coerente  ai
canoni di ragionevolezza e di proporzionalita'. 
    L'art.  25   della   Convenzione   non   contiene   infatti   una
classificazione delle ipotesi che possono dar luogo  al  procedimento
di consultazione preliminare, sicche' non puo'  interpretarsi  l'art.
103, comma 10, lett. b) come se il  rinvio  in  esso  contenuto  alle
segnalazioni previste da accordi fosse da intendere, con  riferimento
all'Accordo di Schengen, come rivolto unicamente alle fattispecie  di
segnalazioni assolutamente preclusive e non anche a quelle  prive  di
tale rilievo  automaticamente  ostativo,  non  esistendo  una  simile
tipizzazione nella norma convenzionale richiamata. 
    12.  Sull'esistenza  nella   normativa   interna   di   ulteriori
disposizioni autosufficienti nel senso della  tutela  delle  esigenze
che la norma della cui legittimita' costituzionale  si  dubita  rende
irragionevolmente prevalenti rispetto agli interessi antagonisti. 
    Proprio nella consapevolezza dell'importanza della  normativa  di
emersione - improntata a finalita' non soltanto umanitarie, ma  anche
di tutela del  sistema  economico  del  Paese  -,  e  della  connessa
necessita' di  individuare  i  fattori  preclusivi  su  di  un  piano
sostanziale, il richiamato comma 10 del citato art. 103 ha infatti  -
per il resto - perimetrato con un rigore e tassativita' le cause che,
a  tutela  di  interessi  antagonisti  e   superindividuali,   ostano
all'accoglimento delle istanze. 
    In particolare, la lettera d) del comma 10 -  in  relazione  alla
necessita' di rispettare gli impegni internazionali con i «Paesi  con
i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la  soppressione  dei
controlli alle frontiere  interne  e  la  libera  circolazione  delle
persone» -  opera  un  riferimento  al  parametro  sostanziale  della
«minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato». 
    Viceversa, la lettera b), della cui  legittimita'  costituzionale
si  dubita,  nella  sua  genericita'  e  perentorieta'  si  riferisce
autonomamente ed unicamente  alla  segnalazione  ai  fini  della  non
ammissione nel territorio dello Stato, senza specificare -  oltre  la
dimensione dell'obbligo  formale  -  quale  sottostante  elemento  di
criticita' essa esprima sul piano di un simile bilanciamento, ammesso
che un reale elemento di criticita' (ulteriore rispetto  all'ingresso
irregolare)  possa  configurarsi.  Il  richiamo  a  tali,   ulteriori
previsioni (oltre a quelle indicate  al  precedente  punto  5.  della
presente ordinanza), dimostra infine  come  qualora  la  disposizione
della cui legittimita' costituzionale si  dubita  fosse  espunta  dal
sistema, nondimeno gli interessi e i valori che essa intende tutelare
rimarrebbero protetti  -  peraltro  con  riferimento  alla  rilevanza
sostanziale e non meramente formale di possibili fattori  antagonisti
- dalle restanti parti del medesimo art. 103, comma 10. 
    13. Sulla rilevanza della questione. 
    Ad  avviso  del  Collegio  risulta  pertanto  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  103,
comma 10, lettera  b)  del  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  34,
convertito dalla legge 17 luglio 2020,  n.  77,  per  violazione  dei
principi di ragionevolezza, di proporzionalita' e di  uguaglianza  di
cui all'art. 3 della Costituzione. 
    La questione e'  altresi'  rilevante  nel  presente  giudizio  in
quanto, come gia' chiarito,  dalla  soluzione  della  stessa  dipende
l'esito del giudizio stesso. 
    L'odierno appellante non risulta infatti essere  stato  segnalato
per condotte ascrivibili  a  profili  di  pericolosita'  sociale,  ma
unicamente per l'ingresso illegale in territorio francese. 
    Conseguentemente, ove la disposizione  censurata  dovesse  essere
applicata secondo la sua formulazione testuale,  come  predicato  dal
prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi in argomento,  il
ricorso dovrebbe essere respinto, se pure con l'irragionevole effetto
di precludere  l'accesso  ad  un  procedimento  di  emersione  ad  un
soggetto  che  -  pur   privo   di   controindicazioni   sostanziali,
potenzialmente lesive di altri interessi,  e  senza  che  una  simile
soluzione sia realmente imposta da un obbligo pattizio in tal senso -
versa esattamente nella condizione per la quale l'istituto  e'  stato
normativamente creato (con l'unica peculiarita' di essere entrato  in
Italia attraverso un altro Paese). 
    Al contrario ove tale limite fosse rimosso con una  dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale, il ricorso risulterebbe fondato. 
    Sicche' al Collegio non rimangono che due possibilita': applicare
una disposizione irragionevole,  ovvero  praticare  l'interpretazione
adeguatrice della stessa espressa  dalla  giurisprudenza  che  si  e'
richiamata, che risulta pero' preclusa - come  piu'  volte  precisato
-dal chiaro dato testuale. In ogni caso tale  ultima  soluzione,  che
come ricordato ha il pregio  della  razionalita',  comporta  pero'  -
attraverso la possibilita'  di  una  sindacabilita'  «atipica»  della
segnalazione  -  anche  il  rischio  di  un  difetto  di  uniformita'
applicativa: tenuto conto che, come visto, gli stessi presupposti del
meccanismo di cui al predetto art. 25 della  Convenzione  sono  stati
talora individuati dalla giurisprudenza oltre  il  dato  testuale  di
tale disposizione. 
    14. Sempre ove  si  assumesse  la  necessita'  -  sul  piano  del
rispetto degli obblighi internazionali - di una norma di salvaguardia
e di coordinamento ulteriore rispetto a  quelle  gia'  contenute  nel
comma 10 dell'art. 103, il contrasto della lettera b)  con  l'art.  3
della  Costituzione  potrebbe  essere  superato  anche  mediante  una
soluzione non caducatoria ma additiva, che renda compatibile  con  il
parametro della ragionevolezza e con quello della proporzionalita' la
disciplina della portata ostativa delle segnalazioni, limitandola  ai
soli casi in cui  essa  sia  tale  nel  relativo  regime  di  diritto
internazionale. 
    Un esempio in tal senso e' dato dalla soluzione perseguita  dalla
citata sentenza n. 658/2025 di questo Consiglio di Stato,  che  ha  -
peraltro inutilmente -  onerato  l'amministrazione  di  praticare  la
procedura di consultazione preliminare ex art. 25 della Convenzione. 
    Analoga disposizione e'  contenuta  nell'art.  9  («Consultazione
preventiva prima del rilascio o  della  proroga  di  un  permesso  di
soggiorno  o  di  un  visto  per  soggiorno  di  lunga  durata»)  del
Regolamento (Ue) 2018/1860 del Parlamento europeo e del Consiglio del
28  novembre  2018,  relativo  all'uso  del  sistema   d'informazione
Schengen per  il  rimpatrio  di  cittadini  di  paesi  terzi  il  cui
soggiorno e' irregolare. Il richiamo a simili forme di  coordinamento
internazionale, che consentono di  applicare  la  norma  interna  nel
rispetto degli obblighi pattizi attraverso strumenti tipizzati, i cui
esiti   sarebbero   eventualmente    poi    sindacabili    in    sede
giurisdizionale, tuttavia  ad  avviso  del  Collegio  costituisce  un
espediente pratico che riduce sensibilmente ma non elimina del  tutto
il rischio di un'applicazione irragionevole dell'art. 103, comma  10,
lett. b). 
    Anche in considerazione della gia' rilevata assenza di  un  vuoto
normativo   per   l'ipotesi   di    dichiarazione    d'illegittimita'
costituzionale di tale disposizione, la  soluzione  dell'accoglimento
della questione potrebbe dunque risultare  maggiormente  satisfattiva
rispetto alle segnalate difficolta' applicative, oltre che  priva  di
controindicazioni sul piano della  certezza  e  della  calcolabilita'
giuridica. 
    15. Sulla non manifesta  infondatezza  della  questione  relativa
alla violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione, sotto  altro
profilo. 
    Ulteriore soluzione che si  prospetta  e'  quella  di  ipotizzare
un'interpretazione della disposizione della cui costituzionalita' qui
si dubita che assuma l'effetto impeditivo dalla stessa previsto  come
implicitamente  ricollegato  alle  sole  segnalazioni   conformi   al
relativo paradigma normativo: anche oltre  la  prospettiva  tracciata
dal citato art. 25 della Convenzione, nell'ottica della necessita' di
adattamento al diritto dell'U.E. (e dunque con riferimento agli artt.
11 e 117 della Costituzione). 
    Va infatti ricordato che la sentenza  della  Corte  di  Giustizia
dell'U.E., Grande Sezione, 31 gennaio 2006,  in  causa  C-503/03,  ha
affermato che «Avendo rifiutato l'ingresso sul territorio degli Stati
parti contraenti dell'accordo relativo all'eliminazione graduale  dei
controlli  alle  frontiere  comuni,  firmato  il  14  giugno  1985  a
Schengen, al sig. Farid nonche' il  rilascio  di  un  visto  ai  fini
dell'ingresso in tale territorio ai sigg. Farid e Bouchair, cittadini
di uno Stato terzo coniugi di cittadini di uno Stato membro,  per  il
solo motivo che  essi  erano  segnalati  nel  sistema  d'informazione
Schengen ai fini della non  ammissione,  senza  aver  preliminarmente
verificato se la presenza di tali persone  costituisse  una  minaccia
effettiva, attuale e abbastanza grave per un  interesse  fondamentale
della collettivita', il Regno di Spagna e' venuto meno agli  obblighi
che ad esso incombono in forza degli artt. 1-3  della  direttiva  del
Consiglio 25 febbraio 1964,  64/221/CEE,  per  il  coordinamento  dei
provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento  e  il  soggiorno
degli stranieri,  giustificati  da  motivi  di  ordine  pubblico,  di
pubblica sicurezza e di sanita' pubblica». 
    La sentenza in motivazione precisa  che  «occorre  rilevare  che,
benche'  il  principio  di  leale  cooperazione  che  e'  alla   base
dell'acquis di Schengen implichi che lo Stato  che  consulta  il  SIS
tenga debitamente in considerazione gli elementi forniti dallo  Stato
che  ha  effettuato  la  segnalazione,  esso  implica  altresi'   che
quest'ultimo debba tenere a disposizione del  primo  le  informazioni
complementari  che   gli   consentano   di   valutare   concretamente
l'importanza  della  minaccia   che   la   persona   segnalata   puo'
rappresentare». 
    Tali esigenze di  necessaria  offensivita'  della  ragione  della
limitazione sono ora positivizzate dal Regolamento (UE) 2018/1861 del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,   del   28   novembre   2018,
sull'istituzione, l'esercizio  e  l'uso  del  sistema  d'informazione
Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica
la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen e  abroga  il
regolamento (CE) n. 1987/2006. 
    Esemplificativamente mette conto segnalare che l'art. 21, par. 1,
stabilisce infatti che «Prima  di  inserire  una  segnalazione  e  al
momento di prolungare il periodo di validita' di una segnalazione, lo
Stato membro verifica se l'adeguatezza, la pertinenza e  l'importanza
del caso giustificano alla segnalazione nel SIS». Il successivo  art.
24, par. 1, del medesimo Regolamento disciplina poi le condizioni per
l'inserimento della segnalazione ai  fini  del  respingimento  o  del
rifiuto di soggiorno,  e  richiede  «alla  luce  di  una  valutazione
individuale comprendente  anche  una  valutazione  delle  circostanze
personali  del  cittadino  di  paese  terzo   interessato   e   delle
conseguenze di un respingimento e di un rifiuto di soggiorno, che  la
presenza di tale cittadino di paese  terzo  interessato  nel  proprio
territorio  costituisce  una  minaccia  per  l'ordine  pubblico,   la
sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale e, pertanto, ha  adottato
una decisione  giudiziaria  o  amministrativa  in  conformita'  della
normativa nazionale ai  fini  del  respingimento  e  del  rifiuto  di
soggiorno e ha emesso  una  segnalazione  nazionale  per  gli  stessi
fini». 
    Il Regolamento, dunque, pone precisi oneri in  tal  senso  sia  a
carico dello Stato che adotta la segnalazione,  sia  a  carico  degli
Stati che debbano provvedere sulla persona segnalata (si veda in  tal
senso la disciplina dei procedimenti di consultazione,  di  cui  agli
artt. 27 e seguenti). 
    Anche nell'ottica della necessita'  di  adattamento  del  diritto
interno  al  diritto  dell'U.E.,  onde  superare  la  genericita'  ed
assolutezza della previsione dell'art. 103, comma  10,  lett.  b)  si
potrebbe allora ritenere la stessa non irragionevole ove - sempre per
effetto di una pronuncia additiva che  superi  l'attuale  limitazione
testuale -si intenda riferita  alle  sole  segnalazioni  conformi  al
relativo  regime,  consentendo  dunque  un  sindacato  diffuso  della
conformita' delle stesse al paradigma  normativo  che  le  regola  da
parte  del  giudice  chiamato  a   vagliare   la   legittimita'   dei
provvedimenti dell'amministrazione nazionale adottati in ragione  del
rilievo impeditivo delle segnalazioni medesime. 
    16.  Va  pertanto  sospeso  il  giudizio  e  rimessa  alla  Corte
costituzionale, ai sensi dell'articolo 1 della legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1, e dell'articolo 23, della legge 11  marzo  1953,
n. 87, la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  103,
comma 10,  lett.  b),  del  decreto-legge  19  maggio  2020,  n.  34,
convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,  con  riferimento  agli
artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in  riferimento  all'art.  25  della
Convenzione  Schengen  e  al  Regolamento   (UE)   2018/1861)   della
Costituzione, nella parte in cui prevede l'automatismo ostativo della
segnalazione  Schengen  rispetto  alla  valutazione  dell'istanza  di
emersione, precludendo all'amministrazione la verifica in concreto di
pericolosita'  e  comunque   la   sussistenza   dei   requisiti   per
l'accoglimento o meno della stessa. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Il Consiglio di Stato in  sede  giurisdizionale  (Sezione  Terza)
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione  agli
artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in  riferimento  all'art.  25  della
Convenzione  Schengen  e  al  Regolamento   (UE)   2018/1861)   della
Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
103, comma 10, lett. b), del decreto-legge 19  maggio  2020,  n.  34,
convertito dalla legge 17 luglio 2020, n.  77,  nella  parte  in  cui
prevede l'automatismo ostativo della segnalazione  Schengen  rispetto
alla   valutazione    dell'istanza    di    emersione,    precludendo
all'amministrazione  la  verifica  in  concreto  di  pericolosita'  e
comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della
stessa. 
    Sospende il giudizio in corso e ordina  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei Deputati. 
    Ritenuto che sussistano i presupposti  di  cui  all'articolo  52,
commi 1 e 2, del decreto  legislativo  30  giugno  2003,  n.  196,  e
dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 27 aprile  2016,  atutela  dei  diritti  o  della
dignita' della parte interessata, manda alla Segreteria di  procedere
all'oscuramento delle generalita' dell'appellante. 
    Cosi' deciso in Roma nella  camera  di  consiglio  del  giorno  6
febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati: 
      Michele Corradino, Presidente; 
      Stefania Santoleri, Consigliere; 
      Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore; 
      Angelo Roberto Cerroni, Consigliere; 
      Enzo Bernardini, Consigliere. 
 
                      Il Presidente: Corradino 
 
 
                                               L'estensore: Tulumello