Reg. ord. n. 108 del 2025 pubbl. su G.U. del 11/06/2025 n. 24
Ordinanza del Consiglio di Stato del 05/05/2025
Tra: M. B. C/ Ministero dell'Interno
Oggetto:
Straniero – Immigrazione – Emersione rapporti di lavoro – Istanza di regolarizzazione – Casi di esclusione dalle procedure – Cittadini stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato – Preclusione, per l’amministrazione, della verifica in concreto di pericolosità e, comunque, della sussistenza dei requisiti per l’accoglimento o meno dell’istanza (nel caso di specie: segnalazione del richiedente nella banca dati del sistema di informazione Schengen (SIS) per ingresso illegale in territorio francese) – Denunciata genericità e assolutezza della previsione – Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alle finalità perseguite – Irragionevole effetto preclusivo nell’accesso a un procedimento di emersione di uno straniero che si trova nella situazione per la quale l’istituto è stato adottato – Disparità di trattamento dello straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia rispetto allo straniero arrivato transitando da altro paese di area Schengen – Irragionevolezza della formulazione assolutistica della previsione in riferimento alla necessità di rispettare l’obbligo pattizio – Inosservanza degli obblighi internazionali e del diritto dell’Unione europea.
Norme impugnate:
decreto-legge del 19/05/2020 Num. 34 Art. 103 Co. 10
legge del 17/07/2020 Num. 77
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. 21 Co.
regolamento UE Art. 24 Co.
regolamento UE Art. 27 Co.
Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen Art. 25 Co.
legge Art. Co.
Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 05 maggio 2025 Ordinanza del 5 maggio 2025 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da M. B. contro Ministero dell'interno e Questura di Salerno. Straniero - Immigrazione - Emersione rapporti di lavoro - Istanza di regolarizzazione - Casi di esclusione dalle procedure - Cittadini stranieri che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato - Preclusione, per l'amministrazione, della verifica in concreto di pericolosita' e, comunque, della sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno dell'istanza. - Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, art. 103, comma 10, lettera b). (GU n. 24 del 11-06-2025) IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (Sezione Terza) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 9548 del 2023, proposto da B... M..., rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Ricciardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero dell'interno, Questura di Salerno, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1982/2023, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e della Questura di Salerno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2025 il Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti come in atti; 1. Il signor M... B... ha impugnato davanti al T.A.R. della Campania, sezione staccata di Salerno, il decreto del... della Questura di Salerno, che ha respinto l'istanza di rilascio del permesso di soggiorno presentata ai sensi dell'art. 103 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il T.A.R. con la sentenza in forma semplificata n. 1982/2023, adottata - ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm. - all'esito della camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, ha respinto il ricorso. Nella motivazione di tale sentenza, impugnata nel presente giudizio, si chiarisce che «le emergenze istruttorie documentali hanno consentito di accertare che lo Sportello Unico per l'Immigrazione della Prefettura di Salerno ha rigettato l'istanza di emersione in ragione della esistenza di un motivo ostativo all'accoglimento della stessa, rappresentato da una segnalazione nella Banca Dati Schengen ai sensi dell'art. 24 della Convenzione SIS II». Tale elemento e' stato ritenuto dai primi giudici valido e legittimo fondamento del provvedimento di diniego impugnato, e fattore assolutamente ostativo rispetto alla pretesa del ricorrente. Il T.A.R. ha infatti specificato che la giurisprudenza assolutamente prevalente e' nel senso della insindacabilita' in sede giurisdizionale del reale rilievo ostativo di una simile segnalazione: «Il Consiglio di Stato, infatti, ha, anche di recente, affermato che «la segnalazione di inammissibilita' dell'ingresso del cittadino straniero nel territorio Schengen preclude, in radice, ogni possibilita' di ottenere il richiesto provvedimento di regolarizzazione dello straniero presente in Italia. Il provvedimento di diniego, pertanto e' correttamente motivato attraverso il riferimento all'atto adottato in altro Stato dell'area Schengen, senza alcuna necessita' di argomentare ulteriormente in ordine alla concreta pericolosita' del cittadino extracomunitario o di vagliare la legittimita' e correttezza di tale atto» (Cons. Stato, sez. III, 14 ottobre 2021, n. 6901). Il Consiglio di Stato ha avuto, altresi', modo di sottolineare che «la giurisprudenza di questa Sezione si e' da tempo consolidata sul principio della «non sindacabilita'» nel merito, salvi i casi eccezionali dell'errore materiale e/o del disguido burocratico, dei provvedimenti di non ammissione dello straniero, emessi da ciascun Stato aderente all'accordo di Schengen, in quanto l'appartenenza a tale accordo impone di evitare o ridurre al minimo le ipotesi in cui la valutazione compiuta da uno Stato estero possa essere vanificata o diversamente valutata da un altro Stato (C.d.S. sez. III n. 5735/2015, n. 4601/2014, n. 3573/2013 e n. 2978/2013). Si tratta, qui, di applicare una regola europea che costituisce pilastro dello spazio comune di libera circolazione, all'interno del quale ciascun Paese membro ha il dovere di applicare segnalazioni o richieste provenienti da altro Paese membro. Diversamente opinando, le disposizioni del trattato sarebbero violate» (Cons. Stato, sez. III, 1° luglio 2017, 3421)». 2. Con ricorso in appello notificato il 13 novembre 2023 e depositato il successivo 5 dicembre, il ricorrente in primo grado ha impugnato l'indicata sentenza, deducendo, tra l'altro, che «nel caso in esame, la segnalazione e' stata effettuata per motivi di ingresso irregolare nello Stato segnalante e quindi non e' conseguita alla commissione di fatti penalmente rilevanti o ostativi secondo la normativa pattizia al rilascio del titolo di soggiorno nel qual caso il giudizio di pericolosita' e' in re ipsa e preclude qualunque margine di discrezionalita' dell'amministrazione procedente; -che, difatti, la segnalazione Schengen svolge senza dubbio una funzione notiziale, ma e' rivolta in via prioritaria a facilitare il sistema di controllo sugli ingressi ed evitare che possa essere autorizzato il soggiorno di uno straniero che costituisce una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza nazionale». Peraltro l'appellante ha dedotto altresi' che «La presunta segnalazione a cui si fa riferimento (...) sarebbe poi stata inserita dalle autorita' francesi in data...., allorquando il sig. B... era gia' regolare sul territorio Schengen, avendo inviato istanza di emersione dal lavoro irregolare nel 2020, a mezzo del proprio datore di lavoro, e concluso il contratto di soggiorno in data ..., ben cinque mesi prima». 3. All'esito della camera di consiglio dell'11 gennaio 2024, con ordinanza n. 459/2024 e' stato disposto di «acquisire dalla Questura di Salerno documentati chiarimenti relativi alla segnalazione Schengen risultante a carico dell'odierno appellante, con particolare riferimento ai fatti cui la stessa si riferisce (non evincibili dalla motivazione del provvedimento impugnato in primo grado)». L'ordinanza non e' stata eseguita dall'amministrazione. L'ordine istruttorio e' stato reiterato con successiva ordinanza 2344/2024. In data 6 maggio 2024 l'Avvocatura dello Stato ha depositato la nota del 4 aprile 2024 della Questura di Salerno che, in diritto, sostiene il carattere ostativo della segnalazione Schengen, senza peraltro fornire i richiesti elementi di fatto. Essa peraltro rinvia ad un allegato 2, quanto alla segnalazione, che pero' non risulta presente fra la documentazione prodotta. La Sezione ha quindi emesso la successiva Ordinanza 11 luglio 2024, n. 2733: «Considerato che all'esito dell'udienza camerale dell'11 gennaio 2024, con ordinanza n. 459/2024 e' stato disposto di «acquisire dalla Questura di Salerno documentati chiarimenti relativi alla segnalazione Schengen risultante a carico dell'odierno appellante, con particolare riferimento ai fatti cui la stessa si riferisce (non evincibili dalla motivazione del provvedimento impugnato in primo grado)». Rilevato che il predetto ordine istruttorio, non eseguito, e' stato reiterato con ordinanza n. 2344/2024; Considerato che le amministrazioni appellate hanno depositato in data 6 maggio 2024 una memoria che, in diritto, deduce il carattere ostativo della segnalazione Schengen, rinviando quanto all'oggetto specifico del quesito istruttorio (inerente l'oggetto di tale segnalazione) ad un allegato 2 non prodotto in allegato al deposito digitale; Rilevato che dal verbale dell'udienza camerale del 9 maggio 2024 l'Amministrazione, per il tramite del suo difensore, si era impegnata ad integrare il suddetto adempimento e che, pertanto, la causa era stata rinviata all'11 luglio 2024, per il prosieguo della camera di consiglio; Considerato che successivamente a tale udienza nessuna produzione e' stata effettuata dalla parte onerata; Ritenuto, conseguentemente, di dover accogliere l'istanza cautelare in esame ai sensi dell'art. 55 comma 10, cod. proc. amm., onerando la Questura di Salerno di provvedere, nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o pubblicazione della presente ordinanza, ad integrare l'adempimento dell'ordine istruttorio di cui in premessa, con riserva di valutare il comportamento processuale della parte ai fini della decisione, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, cod. proc. civ.». Il 5 febbraio 2025 l'Avvocatura dello Stato ha prodotto una nota del Ministero dell'interno - Dipartimento della Pubblica sicurezza - Direzione centrale della Polizia criminale, datata ...con la quale si trasmette alla Questura di Salerno la segnalazione in questione, operata dalla Prefettura della.... All'udienza del 6 febbraio 2025, la causa e' stata trattenuta in decisione. Il Collegio ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, comma 10, lett. b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, con riferimento agli artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in riferimento all'art. 25 della Convenzione Schengen e al Regolamento (UE) 2018/1861) della Costituzione, nella parte in cui prevede l'automatismo ostativo della segnalazione Schengen rispetto alla valutazione dell'istanza di emersione, precludendo all'amministrazione la verifica in concreto di pericolosita' e comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della stessa. La nota depositata dalla difesa erariale in prossimita' dell'udienza ha reso edotto il Collegio del fatto che la segnalazione della Prefettura della ... indica come «reason for the decision» la seguente causale: «administrative retum ban». 4. In fatto, la documentazione acquisita ha dimostrato la fondatezza della tesi del ricorrente, nel senso che la segnalazione - in assenza di ulteriori indicazioni - e' stata adottata unicamente in quanto l'odierno appellante ha fatto ingresso irregolare in territorio francese, e non anche in presenza di ulteriori e piu' gravi ragioni, non indicate nel documento acquisito. Cio' risulta dal fatto che quanto meno non risultano in detta segnalazione ulteriori causali. Il provvedimento impugnato in primo grado si fonda sulla previsione assolutamente ostativa di cui all'art. 103, comma 10, lett. b) del citato decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77: «Non sono ammessi alle procedure previste dai commi 1 e 2 del presente articolo i cittadini stranieri: (...) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato». Il riferimento specifico, nella fattispecie in esame, e' - come detto - alla segnalazione prevista dall'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, ratificato in Italia con legge 30 settembre 1993, n. 388. La Convenzione di attuazione di detto accordo - all'art. 5, comma 1, lett. d) stabilisce che deve essere negato l'ingresso nel territorio Schengen a chi risulta segnalato ai fini della non ammissione. Peraltro il Titolo IV di tale Convenzione, dall'art. 92 all'art. 119, disciplina il «Sistema d'informazione Schengen», che a sua volta si articola in una pluralita' di istituti e di fattispecie. Come pure ricordato, la sentenza di primo grado ha respinto il ricorso richiamando il quasi totalitario orientamento giurisprudenziale che ai fini dell'applicazione del citato art. 103 ha affermato l'insindacabilita' nel merito della segnalazione, salvo il caso di errore materiale o di disguido burocratico (nella giurisprudenza piu' recente, per una ipotesi di errore sulle generalita', e conseguente accoglimento del ricorso per «carenza di istruttoria e erronea motivazione con riguardo alla mancata verifica della perdurante efficacia della segnalazione Schengen al momento dell'emanazione del provvedimento impugnato in prime cure», Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 442/2025). 5. Sulla non manifesta infondatezza della questione relativa alla violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ritiene il Collegio che la disposizione sopra richiamata, in ragione della sua previsione di carattere generale e perentorio, risulti irragionevole: di talche' la stessa pone un dubbio di legittimita' costituzionale che nel caso di specie - per le ragioni che saranno analiticamente indicate infra - si palesa rilevante e non manifestamente infondato (anche per l'impossibilita', di cui pure si dara' atto, di praticare una diversa interpretazione che impedisca tale conclusione). Nel caso in esame, infatti, si controverte in merito all'applicazione della disciplina di diritto interno relativa all'emersione dei rapporti di lavoro di cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale e privi di un valido titolo di soggiorno. L'ingresso irregolare nel territorio dello Stato non solo non e' stato dunque previsto, in se', dal legislatore come fattore ostativo, ma e' anzi uno degli elementi costitutivi della fattispecie, essendo la finalita' della normativa proprio quella di regolarizzare - in presenza di un rapporto di lavoro avente le condizioni minimali stabilite dalla stessa, e in assenza di pericoli per la sicurezza pubblica - tale condizione. Nell'ambito del citato art. 103 sono previsti come elementi preclusivi il fatto che il cittadino straniero sia risultato destinatario di un provvedimento di espulsione; o che abbia commesso uno dei reati (assolutamente o relativamente) ostativi indicati nelle lettere c) e d) del comma 10; o ancora che sia considerato «una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone». A queste tre previsioni che costituiscono l'esercizio di una ragionevole discrezionalita' legislativa orientata al bilanciamento fra esigenze ed interessi antagonisti, oltre che al rispetto degli accordi internazionali - si aggiunge quella che qui viene in considerazione, ancorata pero' non ad un elemento di reale disvalore, ma alla mera segnalazione «ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato». Se - per effetto del citato comma 10, lett. b) - l'ingresso irregolare attraverso un diverso Paese aderente alla Convenzione diviene, per il tramite della relativa segnalazione, assolutamente ostativo, si crea un irragionevole conflitto logico che viene a frustrare le finalita' stesse della normativa in esame, innescando un evidente corto circuito fra presupposti della fattispecie e fattori impeditivi. In relazione al profilo della discrezionalita' del legislatore nella disciplina in questione deve osservarsi che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 43 del 2024 e n. 88 del 2023, si e' gia' pronunciata sugli automatismi legali che, nell'ambito di tale disposizione, incidono - sia pure in relazione ad istituti diversi - in modo sproporzionato sulla condizione giuridica dello straniero, accogliendo le relative questioni per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalita'. La Corte ha osservato, in particolare nella sentenza n. 43 del 2024, che il limite costituzionale della manifesta irragionevolezza e sproporzione opera in questa materia «pur dovendosi riconoscere alla disciplina in esame una natura speciale, rispetto alla quale «il legislatore gode di ampia discrezionalita'» (sentenza n. 209 del 2023)». Ad avviso del Collegio nella fattispecie oggetto del presente giudizio si manifesta un contrasto analogo, per le ragioni che saranno ulteriormente indicate nel prosieguo, pur con la peculiarita' dell'implicazione data dal regime degli accordi internazionali che vengono in considerazione. 6. Sull'ammissibilita' della questione. In relazione ad una disposizione (e ad una vicenda) analoga, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile con ordinanza n. 86 del 2006, con la seguente motivazione: «il TAR per la Campania dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222, il quale stabilisce che le norme sulla regolarizzazione dei lavoratori comunitari, di cui ai precedenti commi dello stesso articolo, non si applicano ai lavoratori extracomunitari «che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato»; che, secondo il remittente, la disposizione indicata contrasta con l'art. 3 Cost. sotto un duplice profilo; che, in primo luogo, la segnalazione di non ammissione nel territorio dello Stato proveniente da un Paese dall'«area Schengen», come nel giudizio a quo, puo' essere dovuta a ragioni diverse e cioe' sia al fatto che lo straniero costituisce «una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la sicurezza nazionale» (art. 96, comma 2, della citata Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen), sia alla circostanza che «lo straniero e' stato oggetto di una misura di allontanamento, di respingimento o di espulsione non revocata ne' sospesa che comporti o sia accompagnata da un divieto d'ingresso o eventualmente di soggiorno, fondata sulla non osservanza delle regolamentazioni nazionali in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri» (art. 96, comma 3, della medesima Convenzione); che la norma censurata, dunque, prevede lo stesso divieto per ipotesi di ben differente gravita'; che, in secondo luogo, la norma impugnata violerebbe il parametro costituzionale invocato anche sotto altro profilo, in quanto per il lavoratore segnalato il divieto di regolarizzazione e' previsto come effetto automatico della segnalazione, ancorche' cagionata dalla sola inosservanza di disposizioni amministrative, laddove al lavoratore colpito da provvedimento di espulsione dell'autorita' italiana e' consentita l'impugnazione; che il remittente afferma di essere consapevole dell'esistenza di due orientamenti giurisprudenziali, l'uno che ritiene l'automaticita' del divieto per effetto della segnalazione, l'altro secondo il quale possono essere valutate le ragioni di quest'ultima, ma che - sulla base della lettera della disposizione impugnata - ritiene necessario adottare il primo indirizzo, fondato sull'automatismo; (....) si da' atto di un diverso orientamento giurisprudenziale tale da consentire una valutazione delle circostanze dei singoli casi, ma si sostiene, in considerazione del tenore letterale della legge, l'impossibilita' di adottare siffatto indirizzo; che tale tesi si risolve nella mera affermazione, priva di motivazione, della impraticabilita' di una interpretazione diversa da quella fornita e cio' pur in presenza del diverso orientamento seguito non da un'isolata decisione, ma da piu' pronunce sorrette da motivazioni tali da esigere un esame approfondito». La questione del giudizio a quo e la normativa di cui si dubita la tenuta costituzionale differisce da quella gia' vagliata dalla Corte nella pronuncia sopra menzionata perche', come si avra' modo di approfondire nel prosieguo, in punto di non manifesta infondatezza con riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 distingue le due ipotesi: la lettera d) del comma 10 permette la sindacabilita' in concreto e la valutazione in ordine alla possibilita' che lo straniero rappresenti o meno una minaccia per l'ordine pubblico; la lettera b) - quella della cui legittimita' costituzionale si dubita - che si riferisce specificatamente alla segnalazione Schengen, rappresenta un automatismo ostativo che non permette alcuna valutazione in concreto della pericolosita' o meno del cittadino straniero che potrebbe essere allontanato, come il caso di che trattasi, unicamente per aver fatto ingresso nel territorio sprovvisto di visto, pur non avendo commesso reati. 7. Sull'impossibilita' di praticare, nel caso di specie, un'interpretazione adeguatrice. Osserva il Collegio che nella fattispecie qui in esame la previsione normativa - per il ricordato carattere generale e perentorio - costituisce un ostacolo non superabile rispetto alla possibilita' di praticare un'interpretazione secondo della stessa secondo i richiamati parametri di ragionevolezza e proporzionalita'. In senso contrario si e' affermata in giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 23 maggio 2024, n. 1584, non impugnata) l'esistenza di due diversi orientamenti, uno dei quali, ancorche' minoritario, «ritiene, invece, che la segnalazione Schengen non abbia efficacia ostativa automatica alla permanenza dello straniero nel territorio nazionale, dovendo l'amministrazione acquisire le necessarie informazioni ai fini della valutazione della condotta concreta collegata alla segnalazione medesima e delle ragioni che l'hanno determinata, al fine di verificare se la stessa integri un rischio effettivo per l'ordine e la sicurezza pubblica». Tuttavia ad avviso del Collegio una simile soluzione, che ha indubbiamente il pregio della razionalita', opera un'interpretazione del citato art. 103, comma 10, lett. b), in evidente contrasto con l'insuperabile dato letterale dello stesso. Anche nella giurisprudenza piu' recente di questo Consiglio di Stato prevale per contro l'opposta posizione secondo la quale «unico onere che doveva essere rispettato era quello di acquisire dall'Autorita' del Paese membro la documentazione necessaria ed indicare nel provvedimento di diniego il contenuto e gli effetti preclusivi previsti dagli accordi europei, come correttamente ha fatto la Questura con l'atto impugnato in primo grado, in cui si da' atto che «il beneficiario risulta essere stato segnalato nel sistema Informativo Shengen ai fini della non ammissione -OMISSIS- -OMISSIS-», come preannunciato con la nota n. prot. OMISSIS-, con la quale l'Amministrazione ha comunicato i motivi ostativi all'accoglimento, ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241» (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 10 dicembre 2024, n. 9961). 8. Tale filone giurisprudenziale, invero, sembra ancorare la ragione giustificatrice della previsione normativa in esame all'obbligo per i giudici nazionali di applicazione delle previsioni dell'Accordo di Schengen. Peraltro, ad avviso del Collegio il problema non investe tanto tale obbligo, che e' fuori discussione, ma la previsione di rinvio che uno Stato aderente come l'Italia faccia ad esso, in una disposizione del diritto interno, senza specificazione alcuna. In altre parole, se la segnalazione relativa anche al solo ingresso irregolare dovesse ritenersi - in adempimento degli obblighi internazionali - assolutamente ostativa e come tale dovesse essere considerata da ogni organo (amministrativo o giurisdizionale) dello Stato aderente, la normativa interna sulla emersione dal lavoro irregolare correttamente avrebbe fatto riferimento generico ad ogni possibile segnalazione come fattore preclusivo. Tale soluzione, pero', oltre a porsi in relazione di contraddizione con le finalita' della stessa disposizione, e dunque a presentare profili di criticita' sotto i richiamati profili della ragionevolezza e della proporzionalita', si pone in contrasto con il parametro costituito dall'art. 3 della Costituzione, anche in relazione al principio di uguaglianza. Essa comporta infatti che puo' essere ammesso all'emersione il cittadino straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia, ma non anche quello che vi sia arrivato transitando da altro Paese di area Schengen (senza peraltro che tale transito abbia disvelato profili di controindicazione diversi dalla formale assenza di un titolo): il che, all'evidenza, realizza un trattamento diseguale di situazioni sostanzialmente identiche. 9. Ancora sulla non manifesta infondatezza della questione relativa alla violazione dell'art. 3 della Costituzione: sugli obblighi degli Stati aderenti all'Accordo di Schengen, quale possibile ragione giustificatrice dell'irragionevolezza e della sproporzione degli effetti della disposizione. La segnalata disparita' di trattamento, ed il raffronto come termine di comparazione con la fattispecie del cittadino straniero entrato irregolarmente direttamente in Italia, disvela un ulteriore profilo di possibile illegittimita' costituzionale della disciplina in esame. Se infatti si ritiene che l'ingresso irregolare in area Schengen (e, dunque, anche in Italia) determini comunque l'obbligo degli Stati aderenti di non ammettere (e soprattutto di non regolarizzare) il cittadino straniero sul proprio territorio (con effetti sull'intera area), allora la disposizione in esame, che comunque consente l'emersione con riguardo al (solo) cittadino straniero entrato direttamente in Italia, sarebbe contraria agli artt. 11 e 117 della Costituzione, perche' in tal modo la sanatoria prevista dall'art. 103 non dovrebbe ritenersi comunque consentita dall'obbligo pattiziamente assunto, quale che sia il confine esterno dell'area Schengen attraverso il quale si sia materializzato l'ingresso irregolare. 10. Una simile conclusione parrebbe pero' da escludere, in ragione della non necessarieta' di una disciplina di diritto interno che assuma il carattere automaticamente ostativo e preclusivo di ogni segnalazione. Come ricordato, l'odierno appellante ha dedotto - con affermazione rimasta incontestata - che la segnalazione in questione, proveniente dalla Francia, sarebbe successiva alla «sottoscrizione del contratto di soggiorno innanzi alla Prefettura di Salerno». In una simile fattispecie - ma, come si vedra', probabilmente non solo in questa - la Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen non solo non attribuisce valore ostativo assoluto alla segnalazione, ma addirittura (attraverso l'istituto della consultazione preliminare di cui all'art. 25) prevede un meccanismo di verifica delle ragioni effettive della segnalazione medesima (T.A.R. Lombardia, Milano, sentenza n. 1584/2024, cit.; Consiglio di Stato, sez.. III, sentenza 3 febbraio 2025, n. 806; Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 28 gennaio 2025, n. 658). Dunque il dovere degli Stati di rispettare gli obblighi pattizi non implica - in forza della chiara previsione del citato art. 25: che anzi, prevedendo al secondo comma un obbligo di ritiro della segnalazione in capo allo Stato che l'ha effettuata ove altro Stato rilasci il titolo di soggiorno, stabilisce una reciprocita' degli obblighi nascenti dall'Accordo ed esclude la sussistenza di un diritto potestativo dello Stato segnalante - l'assoluto divieto di sanatoria di ogni ingresso irregolare, ne' l'insindacabilita' di ogni segnalazione, sicche' la formulazione assolutista della disposizione qui censurata non trova una ragione giustificativa, in tesi tale da spiegare le ragioni del descritto quadro altrimenti irragionevole, nella necessita' di rispettare tale obbligo. Tuttavia la giurisprudenza da ultimo richiamata fa discendere dal meccanismo previsto dal citato art. 25 l'ulteriore conseguenza della sindacabilita' della segnalazione, ai fini dell'applicazione dell'art. 103 del decreto-legge n. 34/2020 nel senso del carattere non ostativo della stessa: invero ad avviso del Collegio - anche per quanto si dira' al punto successivo - una simile soluzione non e' stata considerata (ne', dunque, consentita) dal legislatore nazionale, e dunque non e' ricavabile - in ragione del ridetto tenore testuale - dal citato art. 103, comma 10, lett. b) (che non a caso ha fin qui prodotto, in sede applicativa, i due indirizzi giurisprudenziali che si sono richiamati, fra i quali risulta decisamente prevalente quello che nega la rilevanza della ragione sostanziale della segnalazione: ex multis, e da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 10 dicembre 2024, n. 9961, cit.). 11. I superiori elementi, com'e' evidente, hanno rilevanza non solo in sede di perimetrazione dell'obbligo degli Stati di adattamento alle previsioni dell'Accordo (al fine di escludere che l'applicazione irragionevole sia imposta da tali obblighi), ma anche in relazione alla gia' richiamata (im)possibilita' di praticare un'interpretazione dell'art. 103, comma 10, lett. b) coerente ai canoni di ragionevolezza e di proporzionalita'. L'art. 25 della Convenzione non contiene infatti una classificazione delle ipotesi che possono dar luogo al procedimento di consultazione preliminare, sicche' non puo' interpretarsi l'art. 103, comma 10, lett. b) come se il rinvio in esso contenuto alle segnalazioni previste da accordi fosse da intendere, con riferimento all'Accordo di Schengen, come rivolto unicamente alle fattispecie di segnalazioni assolutamente preclusive e non anche a quelle prive di tale rilievo automaticamente ostativo, non esistendo una simile tipizzazione nella norma convenzionale richiamata. 12. Sull'esistenza nella normativa interna di ulteriori disposizioni autosufficienti nel senso della tutela delle esigenze che la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita rende irragionevolmente prevalenti rispetto agli interessi antagonisti. Proprio nella consapevolezza dell'importanza della normativa di emersione - improntata a finalita' non soltanto umanitarie, ma anche di tutela del sistema economico del Paese -, e della connessa necessita' di individuare i fattori preclusivi su di un piano sostanziale, il richiamato comma 10 del citato art. 103 ha infatti - per il resto - perimetrato con un rigore e tassativita' le cause che, a tutela di interessi antagonisti e superindividuali, ostano all'accoglimento delle istanze. In particolare, la lettera d) del comma 10 - in relazione alla necessita' di rispettare gli impegni internazionali con i «Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone» - opera un riferimento al parametro sostanziale della «minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato». Viceversa, la lettera b), della cui legittimita' costituzionale si dubita, nella sua genericita' e perentorieta' si riferisce autonomamente ed unicamente alla segnalazione ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, senza specificare - oltre la dimensione dell'obbligo formale - quale sottostante elemento di criticita' essa esprima sul piano di un simile bilanciamento, ammesso che un reale elemento di criticita' (ulteriore rispetto all'ingresso irregolare) possa configurarsi. Il richiamo a tali, ulteriori previsioni (oltre a quelle indicate al precedente punto 5. della presente ordinanza), dimostra infine come qualora la disposizione della cui legittimita' costituzionale si dubita fosse espunta dal sistema, nondimeno gli interessi e i valori che essa intende tutelare rimarrebbero protetti - peraltro con riferimento alla rilevanza sostanziale e non meramente formale di possibili fattori antagonisti - dalle restanti parti del medesimo art. 103, comma 10. 13. Sulla rilevanza della questione. Ad avviso del Collegio risulta pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, comma 10, lettera b) del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, per violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalita' e di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. La questione e' altresi' rilevante nel presente giudizio in quanto, come gia' chiarito, dalla soluzione della stessa dipende l'esito del giudizio stesso. L'odierno appellante non risulta infatti essere stato segnalato per condotte ascrivibili a profili di pericolosita' sociale, ma unicamente per l'ingresso illegale in territorio francese. Conseguentemente, ove la disposizione censurata dovesse essere applicata secondo la sua formulazione testuale, come predicato dal prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi in argomento, il ricorso dovrebbe essere respinto, se pure con l'irragionevole effetto di precludere l'accesso ad un procedimento di emersione ad un soggetto che - pur privo di controindicazioni sostanziali, potenzialmente lesive di altri interessi, e senza che una simile soluzione sia realmente imposta da un obbligo pattizio in tal senso - versa esattamente nella condizione per la quale l'istituto e' stato normativamente creato (con l'unica peculiarita' di essere entrato in Italia attraverso un altro Paese). Al contrario ove tale limite fosse rimosso con una dichiarazione d'illegittimita' costituzionale, il ricorso risulterebbe fondato. Sicche' al Collegio non rimangono che due possibilita': applicare una disposizione irragionevole, ovvero praticare l'interpretazione adeguatrice della stessa espressa dalla giurisprudenza che si e' richiamata, che risulta pero' preclusa - come piu' volte precisato -dal chiaro dato testuale. In ogni caso tale ultima soluzione, che come ricordato ha il pregio della razionalita', comporta pero' - attraverso la possibilita' di una sindacabilita' «atipica» della segnalazione - anche il rischio di un difetto di uniformita' applicativa: tenuto conto che, come visto, gli stessi presupposti del meccanismo di cui al predetto art. 25 della Convenzione sono stati talora individuati dalla giurisprudenza oltre il dato testuale di tale disposizione. 14. Sempre ove si assumesse la necessita' - sul piano del rispetto degli obblighi internazionali - di una norma di salvaguardia e di coordinamento ulteriore rispetto a quelle gia' contenute nel comma 10 dell'art. 103, il contrasto della lettera b) con l'art. 3 della Costituzione potrebbe essere superato anche mediante una soluzione non caducatoria ma additiva, che renda compatibile con il parametro della ragionevolezza e con quello della proporzionalita' la disciplina della portata ostativa delle segnalazioni, limitandola ai soli casi in cui essa sia tale nel relativo regime di diritto internazionale. Un esempio in tal senso e' dato dalla soluzione perseguita dalla citata sentenza n. 658/2025 di questo Consiglio di Stato, che ha - peraltro inutilmente - onerato l'amministrazione di praticare la procedura di consultazione preliminare ex art. 25 della Convenzione. Analoga disposizione e' contenuta nell'art. 9 («Consultazione preventiva prima del rilascio o della proroga di un permesso di soggiorno o di un visto per soggiorno di lunga durata») del Regolamento (Ue) 2018/1860 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 novembre 2018, relativo all'uso del sistema d'informazione Schengen per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare. Il richiamo a simili forme di coordinamento internazionale, che consentono di applicare la norma interna nel rispetto degli obblighi pattizi attraverso strumenti tipizzati, i cui esiti sarebbero eventualmente poi sindacabili in sede giurisdizionale, tuttavia ad avviso del Collegio costituisce un espediente pratico che riduce sensibilmente ma non elimina del tutto il rischio di un'applicazione irragionevole dell'art. 103, comma 10, lett. b). Anche in considerazione della gia' rilevata assenza di un vuoto normativo per l'ipotesi di dichiarazione d'illegittimita' costituzionale di tale disposizione, la soluzione dell'accoglimento della questione potrebbe dunque risultare maggiormente satisfattiva rispetto alle segnalate difficolta' applicative, oltre che priva di controindicazioni sul piano della certezza e della calcolabilita' giuridica. 15. Sulla non manifesta infondatezza della questione relativa alla violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione, sotto altro profilo. Ulteriore soluzione che si prospetta e' quella di ipotizzare un'interpretazione della disposizione della cui costituzionalita' qui si dubita che assuma l'effetto impeditivo dalla stessa previsto come implicitamente ricollegato alle sole segnalazioni conformi al relativo paradigma normativo: anche oltre la prospettiva tracciata dal citato art. 25 della Convenzione, nell'ottica della necessita' di adattamento al diritto dell'U.E. (e dunque con riferimento agli artt. 11 e 117 della Costituzione). Va infatti ricordato che la sentenza della Corte di Giustizia dell'U.E., Grande Sezione, 31 gennaio 2006, in causa C-503/03, ha affermato che «Avendo rifiutato l'ingresso sul territorio degli Stati parti contraenti dell'accordo relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato il 14 giugno 1985 a Schengen, al sig. Farid nonche' il rilascio di un visto ai fini dell'ingresso in tale territorio ai sigg. Farid e Bouchair, cittadini di uno Stato terzo coniugi di cittadini di uno Stato membro, per il solo motivo che essi erano segnalati nel sistema d'informazione Schengen ai fini della non ammissione, senza aver preliminarmente verificato se la presenza di tali persone costituisse una minaccia effettiva, attuale e abbastanza grave per un interesse fondamentale della collettivita', il Regno di Spagna e' venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza degli artt. 1-3 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanita' pubblica». La sentenza in motivazione precisa che «occorre rilevare che, benche' il principio di leale cooperazione che e' alla base dell'acquis di Schengen implichi che lo Stato che consulta il SIS tenga debitamente in considerazione gli elementi forniti dallo Stato che ha effettuato la segnalazione, esso implica altresi' che quest'ultimo debba tenere a disposizione del primo le informazioni complementari che gli consentano di valutare concretamente l'importanza della minaccia che la persona segnalata puo' rappresentare». Tali esigenze di necessaria offensivita' della ragione della limitazione sono ora positivizzate dal Regolamento (UE) 2018/1861 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del sistema d'informazione Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica la convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen e abroga il regolamento (CE) n. 1987/2006. Esemplificativamente mette conto segnalare che l'art. 21, par. 1, stabilisce infatti che «Prima di inserire una segnalazione e al momento di prolungare il periodo di validita' di una segnalazione, lo Stato membro verifica se l'adeguatezza, la pertinenza e l'importanza del caso giustificano alla segnalazione nel SIS». Il successivo art. 24, par. 1, del medesimo Regolamento disciplina poi le condizioni per l'inserimento della segnalazione ai fini del respingimento o del rifiuto di soggiorno, e richiede «alla luce di una valutazione individuale comprendente anche una valutazione delle circostanze personali del cittadino di paese terzo interessato e delle conseguenze di un respingimento e di un rifiuto di soggiorno, che la presenza di tale cittadino di paese terzo interessato nel proprio territorio costituisce una minaccia per l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale e, pertanto, ha adottato una decisione giudiziaria o amministrativa in conformita' della normativa nazionale ai fini del respingimento e del rifiuto di soggiorno e ha emesso una segnalazione nazionale per gli stessi fini». Il Regolamento, dunque, pone precisi oneri in tal senso sia a carico dello Stato che adotta la segnalazione, sia a carico degli Stati che debbano provvedere sulla persona segnalata (si veda in tal senso la disciplina dei procedimenti di consultazione, di cui agli artt. 27 e seguenti). Anche nell'ottica della necessita' di adattamento del diritto interno al diritto dell'U.E., onde superare la genericita' ed assolutezza della previsione dell'art. 103, comma 10, lett. b) si potrebbe allora ritenere la stessa non irragionevole ove - sempre per effetto di una pronuncia additiva che superi l'attuale limitazione testuale -si intenda riferita alle sole segnalazioni conformi al relativo regime, consentendo dunque un sindacato diffuso della conformita' delle stesse al paradigma normativo che le regola da parte del giudice chiamato a vagliare la legittimita' dei provvedimenti dell'amministrazione nazionale adottati in ragione del rilievo impeditivo delle segnalazioni medesime. 16. Va pertanto sospeso il giudizio e rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, comma 10, lett. b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, con riferimento agli artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in riferimento all'art. 25 della Convenzione Schengen e al Regolamento (UE) 2018/1861) della Costituzione, nella parte in cui prevede l'automatismo ostativo della segnalazione Schengen rispetto alla valutazione dell'istanza di emersione, precludendo all'amministrazione la verifica in concreto di pericolosita' e comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della stessa. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 11 e 117 (questi ultimi in riferimento all'art. 25 della Convenzione Schengen e al Regolamento (UE) 2018/1861) della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 103, comma 10, lett. b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nella parte in cui prevede l'automatismo ostativo della segnalazione Schengen rispetto alla valutazione dell'istanza di emersione, precludendo all'amministrazione la verifica in concreto di pericolosita' e comunque la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento o meno della stessa. Sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, atutela dei diritti o della dignita' della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalita' dell'appellante. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati: Michele Corradino, Presidente; Stefania Santoleri, Consigliere; Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore; Angelo Roberto Cerroni, Consigliere; Enzo Bernardini, Consigliere. Il Presidente: Corradino L'estensore: Tulumello