Reg. ord. n. 11 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/02/2025 n. 7

Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Cagliari  del 07/10/2024

Tra: Saras spa  C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Sardegna



Oggetto:

Tributi – Energia – Istituzione, per l’anno 2022, di un contributo straordinario contro il caro bollette a carico delle imprese operanti nel settore energetico – Previsione che il contributo non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – Denunciata indeducibilità totale di un costo inerente e oggettivo contraria ai principi che regolano la determinazione del reddito d’impresa, perché comporta la tassazione di un reddito al lordo di parte dei fattori che hanno contribuito alla sua stessa produzione – Violazione del divieto di doppia imposizione atteso che la ricorrente nel giudizio principale ha già scontato una prima imposta, per l’anno di imposta in esame, vale a dire il contributo straordinario contro il caro bollette e una seconda legata alla mancata deduzione integrale della prima dal reddito d’impresa – Violazione del principio di capacità contributiva – Previsione di un regime di indeducibilità, in assenza di una riconoscibile giustificazione razionale, non coerente con la struttura stessa del presupposto dell’imposta vale a dire il reddito complessivo netto – Contrasto con il consolidato orientamento della Corte costituzionale secondo cui i costi sostenuti nell’esercizio dell’impresa, se inerenti, devono essere deducibili ai fini del reddito d’impresa – Elementi strutturali del contributo in questione che si pongono al di là della soglia minima di connessione razionale e di proporzionalità - Lesione del principio di ragionevolezza – Violazione della riserva di legge in materia di prestazione patrimoniale imposta.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 21/03/2022  Num. 21  Art. 37  Co. 7

legge  del 20/05/2022  Num. 51

decreto-legge  del 17/05/2022  Num. 50

legge  del 15/07/2022  Num. 91

legge  del 29/12/2022  Num. 197



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 23   Co.  

Costituzione  Art. 53   Co.  



Udienza Pubblica del 7 ottobre 2025 rel. ANTONINI


Testo dell'ordinanza

                        N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 07 ottobre 2025

Ordinanza del 7 ottobre 2024 della Corte di giustizia  tributaria  di
primo grado di Cagliari sul ricorso proposto da Saras  S.p.a.  contro
Agenzia delle entrate - Direzione regionale Sardegna. 
 
Tributi - Energia - Istituzione, per l'anno 2022,  di  un  contributo
  straordinario contro  il  caro  bollette  a  carico  delle  imprese
  operanti nel settore energetico - Previsione che il contributo  non
  e' deducibile ai fini delle  imposte  sui  redditi  e  dell'imposta
  regionale sulle attivita' produttive. 
- Decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure urgenti per  contrastare
  gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina), convertito,
  con modificazioni, nella legge 20 maggio  2022,  n.  51,  art.  37,
  comma 7, modificato dal decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (Misure
  urgenti   in   materia   di   politiche   energetiche    nazionali,
  produttivita'  delle  imprese  e  attrazione  degli   investimenti,
  nonche' in materia  di  politiche  sociali  e  di  crisi  ucraina),
  convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2022,  n.  91,
  e, successivamente, dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197  (Bilancio
  di previsione dello Stato per l'anno finanziario  2023  e  bilancio
  pluriennale per il triennio 2023-2025). 


(GU n. 7 del 12-02-2025)

 
                  LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA 
                     DI PRIMO GRADO DI CAGLIARI 
                              Sezione 1 
 
    riunita in udienza il 27 settembre 2024  alle  ore  9,30  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Zaniboni Massimo, Presidente; 
        Rescigno Marcello, relatore; 
        Vagnoni Domenico, giudice; 
    in data 27 settembre 2024 ha pronunciato la seguente: 
 
                              Ordinanza 
 
    sul ricorso n. 276/2024 depositato il 15 marzo 2024 
    proposto da: 
        Saras S.p.a. - 00136440922 
    difeso da: 
        Matteo Fanni - FNNMTT76E09B354K; 
        Andrea Silvestri - FNNMTT76E09B354K; 
    rappresentato da: 
        Franco Balsamo - BLSFNC60R08B157L; 
    rappresentante difeso da: 
        Matteo Fanni - FNNMTT76E09B354K 
    ed elettivamente domiciliato presso mfanni.legance@namirialpec.it 
    contro:  Agenzia  entrate  direzione  regionale  Sardegna  -  via
Bacaredda 27 - 09100 Cagliari (CA); 
    elettivamente                 domiciliato                 presso:
dr.sardegna.gtpec@pce.agenziaentrate.it 
    avente ad oggetto l'impugnazione di: Diniego  rimborso  n.  23545
2023 Extraprofitti 2022 
    a seguito di discussione in pubblica udienza. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
1. Premessa 
    L'art. 37 (l'«art. 37») del decreto-legge 21 marzo 2022,  n.  21,
convertito  con  legge  20  maggio   2022,   n.   51   (il   «decreto
Ucraina-bis»), modificato ad opera del decreto-legge 17 maggio  2022,
n. 50, e dalla legge 29 dicembre  2022,  n.  197,  ha  introdotto  un
contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario correlato
all'eventuale  «delta»   positivo   derivante   dal   raffronto   tra
l'ammontare netto delle operazioni attive e passive IVA realizzate in
due specifici archi temporali. 
    In particolare, la base imponibile del  contributo  solidaristico
straordinario  e'  costituita  dall'incremento  del  saldo   tra   le
operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1°
ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal  1°
ottobre 2020 al 30 aprile 2021. Il contributo si applica nella misura
del 25% nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore  a  euro
5.000.000. Il contributo non e' dovuto se l'incremento  e'  inferiore
al 10%. 
    Ai fini  del  calcolo  del  saldo,  si  assume  il  totale  delle
operazioni attive, al netto dell'IVA, e il  totale  delle  operazioni
passive, al netto dell'IVA, indicato  nelle  comunicazioni  dei  dati
delle liquidazioni periodiche IVA,  presentate,  ai  sensi  dell'art.
21-bis del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010,  n.  122,  per  i  periodi
sopra indicati. 
    In base al comma 7, del citato art. 37, tale  contributo  non  e'
deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale
sulle attivita' produttive. 
    La ricorrente Saras S.p.a. (Societa' anonima raffinerie  sarde) -
che rientrava nella platea dei  soggetti  tenuti  al  versamento  del
contributo, ai sensi del comma 1, dell'art. 37 - nelle date 30 giugno
2022 - 29 luglio 2022 - 31 agosto 2022 e, infine, 30  novembre  2022,
pur ritenendo del tutto  illegittimo  l'evento  impositivo  delineato
dall'art.  37,  per  ragioni  meramente  prudenziali  ha   provveduto
all'autoliquidazione ed al versamento del contributo per  un  importo
complessivamente pari ad euro 76.995.188 (doc. 4  degli  allegati  al
ricorso), la societa' opera in qualita' di  consolidante  per  l'anno
2022,  alla  determinazione  consolidata  dell'IRES  ai  sensi  degli
articoli 117 e seguenti del decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 917/1986. 
2. L'istanza di rimborso 
    Ritenendo che l'art. 37 cit. (versione vigente ratione  temporis)
fosse illegittimo perche'  contrario  a  diverse  disposizioni  della
Costituzione, la societa' presentava in data 8 novembre 2023  istanza
di rimborso (doc. 3 degli allegati al ricorso)  richiedendo:  (i)  la
restituzione della somma di euro 76.995.188 (oltre interessi maturati
e maturandi) assumendo che il contributo violi gli  articoli  3,  23,
41, 42, 53 e 117 della Costituzione ovvero,  in  subordine,  (ii)  il
riconoscimento della deducibilita' degli importi versati a titolo  di
contributo dalla base imponibile  IRES  ed  il  conseguente  rimborso
della maggiore IRES per euro 18.478.845  versata  per  effetto  della
prevista indeducibilita' del contributo ai fini della  determinazione
dell'imposta,  anche  in  questo  caso  oltre  interessi  maturati  e
maturandi. 
3. Il Diniego 
    In data 19 dicembre 2023, l'Agenzia  delle  entrate  -  Direzione
regionale delle Sardegna  notificava  alla  societa'  il  Diniego  di
rimborso (doc. 1 degli allegati al ricorso). 
    Giova  sottolineare  che   l'agenzia   non   ha   contestato   la
determinazione quantitativa  del  contributo  versato  e  nemmeno  il
quantum indicato dalla  societa'  quale  maggiore  IRES  versata  per
effetto della prevista indeducibilita' del contributo ai  fini  della
determinazione dell'imposta. 
4. Il ricorso e le eccezioni di illegittimita' costituzionale 
    Con ricorso regolarmente e tempestivamente notificato la Saras ha
adito questa Corte di giustizia tributaria chiedendo: 
        a) l'annullamento  del  provvedimento  di  diniego  prot.  n.
23545/2023; 
        b) ovvero, in subordine, di riconoscere la deducibilita'  del
contributo dalla base imponibile  IRES  sollevando  le  questioni  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  37  del  decreto  Ucraina-bis
ritenute necessarie o opportune. 
    La   ricorrente   eccepisce,    innanzitutto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 37, comma 1, decreto-legge n.  21/2022,  che
istituisce il contributo, per i seguenti motivi. 
    4.1 - Violazione degli articoli 3, 23  e  53  della  Costituzione
sotto il profilo della «coerenza interna» della  platea  di  soggetti
passivi del contributo. 
    Sotto un  profilo  di  coerenza  interna,  il  settore  economico
interessato  dal  contributo  si  caratterizza  per  la  presenza  di
soggetti che operano in diverse  posizioni  e  con  diverse  funzioni
nella  catena  di  produzione  o  commercializzazione  dei   prodotti
energetici che, anche solo per tale ragione, possono  o  non  possono
aver realmente beneficiato del prezzo dei prodotti energetici. Se  la
norma  intende  colpire  l'extraprofitto  legato  ad  un   incremento
congiunturale del prezzo di vendita dei  prodotti  energetici,  dello
stesso  avranno  beneficiato  gli   operatori   che   estraggono/sono
proprietari della materia prima (petrolio e gas naturale) o  che,  al
piu', avevano in  essere  contratti  di  approvvigionamento  a  lungo
termine ed a prezzi predefiniti.  E'  solo  per  i  soggetti  che  si
trovino in questa posizione che si puo' pensare - sia pure in  ottica
probabilistica,  da  verificare  comunque  in   concreto -   che   un
incremento del saldo LIPE tra due periodi presi a  riferimento  possa
anche    solo    potenzialmente    sottendere    la     realizzazione
dell'extraprofitto che la norma intende colpire. 
    Per tutti gli altri soggetti passivi la norma sarebbe invece gia'
prima facie irrazionale - e, quindi,  violerebbe  il  disposto  degli
articoli 3, 23 e 53 della Costituzione - perche' potrebbero  trovarsi
nelle condizioni di non aver potuto beneficiare in alcun modo di tale
incremento di prezzo dei prodotti energetici. 
    4.2 - Il contributo sarebbe incompatibile con gli articoli 3,  23
e 53 della Costituzione perche' vi e' un'insanabile incoerenza tra il
presupposto dell'imposta (l'extraprofitto) e la base  imponibile  (il
delta LIPE) individuati dall'art. 37. 
    L'incompatibilita' del contributo con gli articoli  3,  23  e  53
della Costituzione per la manifesta incoerenza tra il presupposto che
s'intendeva  colpire   (l'extraprofitto   generato   dalla   crescita
congiunturale ed inattesa del prezzo dei prodotti energetici)  e  gli
elementi essenziali dell'imposta sarebbe ancor piu' immediata  se  si
guarda alla determinazione della  «base  imponibile»  del  contributo
(incremento del saldo  tra  le  operazioni  attive  e  le  operazioni
passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30  aprile  2022,
rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021).
La giurisprudenza della Corte  costituzionale  pretende  che  l'ampia
discrezionalita' attribuita al Legislatore in materia sia  utilizzata
in  modo  razionale  e  che,  identificato  l'indice   di   capacita'
contributiva che s'intende colpire (ovverosia  il  «presupposto»  del
tributo, in specie  rappresentato  dagli  extraprofitti  del  settore
energetico),  l'individuazione  degli   altri   elementi   essenziali
dell'imposta (soggetti  passivi/base  imponibile)  sia  coerente  col
presupposto indicato. Nel caso di specie, il contributo  «romperebbe»
tale regola  di  coerenza  giacche'  la  base  imponibile  e  le  sue
modalita'   di   determinazione   sono   inidonei   ad   intercettare
l'extraprofitto legato alla  crescita  del  prezzo  dell'energia  che
costituisce il dichiarato presupposto del contributo. 
    4.3 - Il contributo  sarebbe  incompatibile  con  il  regolamento
2022/1854/UE poiche' non costituisce «misura nazionale  equivalente»,
violando cosi' l'art. 117 della Costituzione. 
    Il regolamento UE determina la base imponibile del contributo  di
solidarieta'   straordinario   avendo   a   riferimento   gli   utili
«determinati in base alla normativa fiscale nazionale  nell'esercizio
fiscale che inizia il 10 gennaio 2022 o successivamente, che eccedono
un aumento del 20% degli utili imponibili medi,  determinati  secondo
la normativa tributaria  nazionale,  dei  tre  esercizi  fiscali  che
iniziano il 10 gennaio 2019  o  successivamente»  (enfasi  aggiunta).
Mentre il regolamento UE individua la base imponibile in  un  surplus
reddituale rispetto ad un piu' ampio periodo di riferimento (la media
del triennio antecedente), ed e' quindi certamente piu' coerente  con
il presupposto comune alle due normative (nazionale  ed  europea)  di
tassazione  del  presunto  extraprofitto  realizzato  dalle   imprese
energetiche per effetto del  repentino  incremento  di  valore  delle
materie prime, il contributo ex art. 37  (i)  fa  riferimento  ad  un
periodo di osservazione estremamente limitato che  non  e'  idoneo  a
catturare eventuali  oscillazioni  del  profitto  dell'impresa;  (ii)
assume come parametro rilevante (base  imponibile)  la  crescita  del
differenziale tra operazioni attive e passive rilevanti ai fini  IVA,
grandezza che sarebbe del tutto estranea ed indipendente dai concetti
di «reddito» e «profitto». 
    La profonda differenza che sussisterebbe tra la  base  imponibile
disegnata dal contributo e quella proposta  dal  regolamento  UE  non
consentirebbe   di   identificare   il   contributo   quale   «misura
equivalente», decretandone una evidente incompatibilita'  con  l'art.
117 della Costituzione. 
    4.4. - Il contributo sarebbe incompatibile con gli articoli  3  e
53 della  Costituzione  anche  per  quanto  attiene  ai  «periodi  di
riferimento sulla base dei quali si determina il c.d. saldo LIPE. 
    In base all'art. 37, il contributo viene applicato  su  un  saldo
LIPE calcolato prendendo a riferimento un arco temporale (1°  ottobre
2020  -  30  aprile  2021)  che  sarebbe   del   tutto   inidoneo   a
rappresentare, per confronto con il successivo (1° ottobre 2021 -  30
aprile  2022),  l'ipotetico  extraprofitto  determinato  dalla  crisi
energetica. Da cio' discenderebbe che il differenziale che confluisce
nella  base  imponibile  del  contributo  non  sottintende  in   modo
matematico e meccanicistico un abnorme incremento del profitto  (i.e.
un extraprofitto) a parita' di  volumi  di  attivita'  (cio'  che  il
legislatore intendeva tassare) ed intercetta invece un  differenziale
(spesso) positivo solo perche'  calcolato  avendo  quale  termine  di
paragone il menzionato periodo di forte contrazione dei consumi. 
    4.5. - Violazione degli articoli  3,  53,  41,  42  e  117  della
Costituzione. 
    Il contributo si porrebbe altresi' in violazione del principio di
ragionevolezza  (e,  a  cascata,  di  capacita'  contributiva)  anche
perche' impone una gravosa imposizione senza raggiungere le finalita'
che la norma si prefiggeva. 
    I commi 8 e seguenti dell'art. 37  stabiliscono  un  fondamentale
divieto di  traslazione  dell'onere  del  contributo  sui  prezzi  al
consumo. Tale divieto non  e'  pero'  assistito  da  alcuna  efficace
garanzia.  Il  legislatore  ha  previsto  un  semplice  «obbligo   di
comunicazione»  a  carico  dei   soggetti   passivi   nei   confronti
dell'Autorita'  garante  della  concorrenza  e  del  mercato,   senza
preoccuparsi di «tipizzare» le conseguenze derivanti dalla violazione
di tale obbligo. Tale macroscopica lacuna vanificherebbe la finalita'
stessa del contributo, che e' stato introdotto «al fine di  contenere
per le imprese e i consumatori gli effetti dell'aumento dei prezzi  e
delle tariffe del settore energetico,  [...]  a  titolo  di  prelievo
solidaristico straordinario [...]». In assenza di un  meccanismo  che
consenta di intercettare e sanzionare il ribaltamento dell'onere  sul
consumatore del prodotto energetico, infatti, si  determinerebbe  una
compressione della proprieta' privata (art. 41 della Costituzione) ed
una lesione della capacita' contributiva (art. 53 della Costituzione)
che non consentirebbero di perseguire efficacemente l'obiettivo posto
dallo stesso legislatore si rivelano ingiustificate in  un'ottica  di
proporzionalita' e ragionevolezza (art.  3  della  Costituzione)  del
contributo. 
    4.6 - Il contributo violerebbe anche il combinato disposto  degli
articoli  3,  53,  41  e  42  della  Costituzione -   che   tutelano,
rispettivamente, la ragionevolezza, la capacita'  contributiva  e  la
proprieta' privata (riferita, in  questo  caso,  al  reddito  che  il
mercato attribuisce all'operatore economico) - nella misura in cui il
contributo puo'  determinare  una  sostanziale  «espropriazione»  del
reddito  prodotto.  Con  specifico  riferimento  all'art.  42   della
Costituzione,  un  livello  di  imposizione  potenzialmente  tale  da
superare  la  ricchezza   prodotta   dal   contribuente   condurrebbe
inevitabilmente  ad  un'ablazione  parziale  del  patrimonio   (Corte
Costituzionale, sentenza n. 348/2007). Tanto piu' che l'art. 53 della
Costituzione dovrebbe limitare l'imposta alla capacita'  contributiva
manifestata  dal  soggetto  passivo  in  un  dato   arco   temporale,
escludendosi la legittimita' di prelievi tali da azzerare (o  erodere
in misura significativa) il reddito che il mercato ha  attribuito  ad
un determinato operatore economico. Se un sacrificio imposto in  nome
dell'interesse pubblico e' di per  se'  legittimo,  questo  non  puo'
giungere sino alla sostanziale espropriazione del  reddito  prodotto,
determinandosi altrimenti una violazione non solo del citato art.  42
della Costituzione ma anche dello stesso art. 53  della  Costituzione
che vede  la  capacita'  contributiva  quale  limite  all'imposizione
prevedendo che l'interesse fiscale sia bilanciato con tutti gli altri
valori  costituzionalmente  tutelati   (ivi   inclusa,   quindi,   la
proprieta'). L'effetto  espropriativo  sarebbe  ancor  piu'  evidente
considerando l'indeducibilita' IRES. 
    4.7  -  Quanto  appena  evidenziato  determinerebbe   anche   una
violazione  del  combinato  disposto   degli   articoli   117   della
Costituzione e 1 del primo protocollo della Corte europea dei diritti
dell'uomo. Per costante  e  consolidata  giurisprudenza  della  Corte
europea una restrizione della tutela proprietaria, quand'anche basata
su ragioni fiscali, deve rispettare  i  seguenti  canoni:  a)  essere
legittima, ovverosia non solo prevista da una norma di  legge  bensi'
anche compatibile con lo stato di diritto  e  non  arbitraria  (CEDU,
N.K.M. vs. Hungary, 30 14 maggio 2013) e b) rispondere ad un  «giusto
equilibrio» tra le esigenze pubbliche e quelle di tutela dei  diritti
fondamentali dell'individuo, con un chiaro limite proprio nel divieto
di  introdurre  «imposte  confiscatorie».   Seguendo   questa   linea
argomentativa, la Corte europea dei diritti  dell'uomo  ha  accertato
una violazione dell'art. 1 del protocollo a  carico  del  legislatore
ungherese che aveva  introdotto  un'imposta  retroattiva  di  ingente
ammontare a valere sulle somme corrisposte ai lavoratori del pubblico
impiego in occasione della fine rapporto. La sentenza ha concluso che
«un'ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei  beni,  anche  se
avvenuta alle condizioni previste dalla legge, che implica  l'assenza
di arbitrarieta' e nell'interesse pubblico, deve  sempre  trovare  un
giusto equilibrio  tra  le  esigenze  dell'interesse  generale  della
collettivita' e le esigenze della  tutela  dei  diritti  fondamentali
della  persona.  In  particolare,  deve  sussistere  un   ragionevole
rapporto di proporzionalita'  tra  mezzi  impiegati  e  la  finalita'
perseguita dal provvedimento impugnato». Alla luce di tali  premesse,
la Corte ha concluso per  l'incompatibilita'  dell'imposta  ungherese
con la disposizione dell'art.  1  del  primo  protocollo  convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali perche': a) riguardava solo  un  determinato  gruppo  di
soggetti; b) comportava un onere eccessivo e individuale da parte del
ricorrente; c)  era  da  considerarsi  «retroattiva»,  nell'accezione
intesa dalla stessa Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Ebbene, secondo la ricorrente sarebbe evidente che le  suindicate
caratteristiche ricorrono anche con riferimento al contributo ex art.
37 poiche': i) e'  una  imposta  e'  chiaramente  selettiva,  perche'
colpisce un solo settore economico (quello energetico) tra i  diversi
che potrebbero aver  realizzato -  nel  periodo  in  considerazione -
extraprofitti legati alla situazione congiunturale determinata  dalla
pandemia e dalla successiva invasione dell'Ucraina; ii)  per  effetto
dell'irragionevole composizione della base imponibile, il  contributo
non solo non raggiunge gli extraprofitti del settore  energetico,  ma
puo' determinare un'imposizione addirittura  maggiore  dell'utile  di
periodo;  iii)  e'  retroattivo  perche'   colpisce   un   potenziale
incremento dei consumi (non del reddito) che si e' gia' verificato al
momento dell'emanazione della norma. 
5. - In subordine  la  ricorrente  eccepisce  l'incompatibilita'  del
comma 7, dell'art. 37, con gli articoli 3 e 53 della Costituzione. 
    Il comma 7, dell'art. 37, stabilisce che «il  contributo  non  e'
deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale
sulle attivita' produttive». 
    Per effetto di tale indeducibilita', oltre al contributo versato,
la Saras, in qualita' di consolidante, ha versato anche una  maggiore
IRES  di  euro  18.478.845  per  l'anno  di  imposta  2022  a  valere
sull'ammontare del (maggior) reddito  trasferito  dalla  societa'  al
consolidato (doc. 10 CNM Saras anno d'imposta 2022). 
    Osserva la ricorrente che la Corte costituzionale ha  gia'  avuto
modo di pronunciarsi proprio  sulle  condizioni  che  determinano  la
legittimita'  o  meno  di  una  limitazione  alla  deducibilita'   di
un'imposta dalla base imponibile IRES.  In  particolare,  la  recente
sentenza n. 262 del 4 dicembre 2020  ha  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale dell'indeducibilita'  integrale  dell'IMU  dalla  base
imponibile  IRES  prevista  dall'art.  14,  comma  1,   del   decreto
legislativo  n.  23/2011,  nel  testo  antecedente   alle   modifiche
apportate dall'art. 1, comma 715, della legge n. 147/2013,  ritenendo
che  il  legislatore  ha  espressamente  individuato  il  presupposto
dell'IRES nel possesso di un «reddito complessivo  netto»  (art.  75,
comma 1, TUIR) e che «da  tale  principio  il  legislatore  non  puo'
arbitrariamente prescindere»; detto principio «si riflette anche  sui
costi fiscali», in relazione ai quali «l'art. 99, comma  1  del  TUIR
(rubricato "Oneri fiscali e contributivi") sancisce, in via generale,
il  principio  della  deducibilita'  delle   imposte   dal   reddito,
stabilendo che le imposte sui  redditi  e  quelle  per  le  quali  e'
prevista  la  rivalsa,  anche  facoltativa,  non  sono   ammesse   in
deduzione. Le altre imposte sono  deducibili  nell'esercizio  in  cui
avviene il pagamento»; - la deducibilita' delle «altre  imposte»  non
e'  liberamente  derogabile  dal  legislatore  «quando   vengano   in
considerazione fattispecie, come quella  in  esame,  relative  ad  un
tributo  (non  commisurato  al  reddito  ne'  oggetto   di   rivalsa)
direttamente e pienamente inerente alla produzione  del  reddito.  Un
tributo cosi' caratterizzato costituisce, infatti, un  costo  fiscale
inerente di cui  non  si  puo'  precludere,  senza  compromettere  la
coerenza del disegno impositivo, la deducibilita' una  volta  che  il
legislatore abbia, nella propria discrezionalita', stabilito  per  il
reddito d'impresa il criterio di tassazione al netto». 
    Secondo la ricorrente tali principi sarebbero  applicabili  anche
al contributo in esame, il quale: (i) non  costituisce  una  «imposta
sul reddito» in quanto colpisce l'eventuale incremento  positivo  del
saldo LIPE relativo a due archi temporali limitati (i.e.  1°  ottobre
2020 - 30 aprile 2021 vs. 1° ottobre 2021-30 aprile 2022);  (ii)  non
prevede un diritto di rivalsa e, anzi, lo  esclude  espressamente  ai
sensi dei commi 8 e 9 dell'art. 37. 
    Ed allora, la disposizione del comma 7, dell'art. 37, che prevede
l'indeducibilita' ai fini della determinazione della base  imponibile
IRES, sarebbe in contrasto con l'art. 53 della Costituzione sotto  il
profilo  della  effettiva  capacita'  contributiva,  posto  che,  per
effetto della censurata disposizione «la  base  imponibile  dell'IRES
viene a comporsi di una ricchezza soltanto virtuale, che  corrisponde
alla mancata totale deduzione di un costo certo e inerente, quale  e'
quello del [...]» contributo. 
    Con memoria depositata in vista  dell'udienza  del  27  settembre
2024 la ricorrente: 
        ha dedotto  che,  per  effetto  della  sentenza  della  Corte
costituzionale    n.    111/2024,    dovrebbe    essere    dichiarata
l'illegittimita' del diniego di rimborso per quanto attiene la  quota
di contributo riferibile alla componente  «accise»,  con  conseguente
richiesta  di  condanna  al   rimborso   del   contributo   eccedente
quantificato in euro 51.866.905,73; 
        ha dedotto la fondatezza del ricorso  previa  disapplicazione
diretta dell'art. 37 del decreto-legge 21/2022 per contrasto  con  il
regolamento 2022/1854/UE, istitutivo di un contributo di solidarieta'
temporaneo di matrice europea; 
        ha insistito sulla questione di costituzionalita' riferita al
comma 7, dell'art. 37, decreto-legge n. 21/2022 per violazione  degli
articoli 3, 23 e 53 della Costituzione. 
    L'Agenzia delle entrate Direzione regionale della Sardegna si  e'
regolarmente costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso
stante  anche  la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita' sollevate. 
 
         Norma oggetto dello scrutinio di costituzionalita' 
 
    Il  Collegio  ritiene  che  la  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 37, comma 7, decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito
con  legge  20  maggio  2022,  n.  51,  modificato   ad   opera   del
decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, e dalla legge 29 dicembre  2022,
n. 197, che prevede la  indeducibilita'  del  contributo  di  cui  al
precedente comma 1, ai fini IRES, con gli articoli 3, 23 e  53  della
Costituzione sia rilevante e non manifestamente infondata. 
A) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita' 
    Si  ritiene  la  questione  di  costituzionalita'  rilevante  nel
presente giudizio. 
    Tale    rilevanza    scaturisce,    innanzitutto,    dalla    qui
contestualmente ritenuta manifesta infondatezza di tutte le questioni
di illegittimita' costituzionale sollevate dalla ricorrente  rispetto
all'art. 37, comma 1, decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21,  convertito
con legge 20 maggio 2022, n. 51. 
    Si  tratta  di  un  profilo  che  e',  ovviamente,  pregiudiziale
rispetto alla questione di legittimita' costituzionale sollevata - in
via subordinata - e guardante il solo meccanismo  di  indeducibilita'
ai fin IRES. 
    Ritiene questa Corte di  giustizia  tributaria  che  le  predette
questioni   siano   manifestamente   infondate   alla   luce    delle
considerazioni espresse  dalla  Corte  costituzionale  nella  recente
sentenza n. 111/2024, che ha dichiarato non fondate le  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 37, del decreto-legge n. 21 del
2022, come convertito, modificato dall'art. 55 del  decreto-legge  n.
50 del 2022, come convertito, e successivamente  dall'art.  1,  comma
120, della legge n. 197 del  2022,  sollevate,  in  riferimento  agli
articoli 3, 23, 42, 53 e  117  della  Costituzione,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 1 del prot. addiz. CEDU. 
    D'altro canto, si ritiene che la  Corte  costituzionale,  con  la
citata sentenza, abbia anche ritenuto - ancorche' non  pronunciandosi
del  tutto  espressamente  in  tal  senso -  la  compatibilita'   del
contributo con il regolamento UE  n.  1854/2022,  osservando  che  le
circostanze straordinarie nel cui contesto  si  colloca  l'intervento
normativo  valgono  a  qualificarlo  «...in  termini  del  tutto  sui
generis..» e che, in linea con il citato regolamento,  la  situazione
di crisi era tale che, se non fosse stata  «affrontata  rapidamente»,
avrebbe potuto «avere gravi effetti negativi  sull'inflazione,  sulla
liquidita'  degli  operatori  di  mercato  e  sull'economia  nel  suo
complesso» (cosi' il gia' citato regolamento n. 1854/2022/UE). 
    In tal senso,  con  la  citata  sentenza  n.  111/2024  la  Corte
costituzionale ha ritenuto che «... in quel particolare  contesto,  i
dati desumibili dai saldi IVA ricavabili dalle LIPE erano  gli  unici
disponibili e, quindi, i soli che avrebbero potuto essere considerati
dal legislatore per intervenire tempestivamente a finanziare, con una
nuova e  temporanea  imposta,  l'insieme  di  interventi  urgenti,  a
sostegno di famiglie e imprese, previsti dal decreto-legge n. 21  del
2022, come convertito e piu' volte modificato. Proprio per  l'urgenza
di intervenire, il legislatore  ha  infatti  previsto,  all'art.  37,
comma 5, che "[i]l contributo e' liquidato e  versato  [...]  per  un
importo pari al 40 per cento, a titolo di acconto, entro il 30 giugno
2022 e per la restante parte, a saldo, entro il  30  novembre  2022",
quindi entro pochi mesi  dall'entrata  in  vigore  della  norma.  Per
rispettare tale tempistica non vi era, pertanto, la  possibilita'  di
riferirsi ai piu' adeguati dati rilevanti ai fini dell'IRES,  perche'
sarebbe  stato  necessario,  per  intercettare  la   maggiore   forza
economica dell'anno 2022 (in cui si e' verificata la prima  impennata
dei prezzi), attendere che le  imprese  provvedessero  a  chiudere  i
bilanci societari: l'ammontare degli utili, pertanto, avrebbe  potuto
essere contabilizzato solo dopo la conclusione dell'anno  di  imposta
in quel momento in corso, e quindi nel 2023». 
    A tali considerazioni  si  richiama  questa  Corte  di  giustizia
tributaria e, pertanto, ritiene che non vi sia spazio per  l'invocata
disapplicazione cd. diretta dell'art. 37 del decreto-legge n. 21/2022
per contrasto con il regolamento 2022/1854/UE. 
    Infine e  sempre  ai  fini  di  evidenziare  la  rilevanza  della
questione di costituzionalita' dell'art. 37, comma  7,  decreto-legge
21 marzo 2022, n. 21, convertito con legge 20 maggio  2022,  n.  51 -
che presuppone l'indispensabilita'  ai  fini  della  decisione  della
controversia dell'applicazione della disposizione censurata -  questa
Corte di  giustizia  tributaria  ritiene  anche  non  accoglibile  la
domanda di declaratoria di illegittimita' del diniego di rimborso per
quanto attiene la quota  di  contributo  riferibile  alla  componente
«accise», con conseguente  richiesta  di  condanna  al  rimborso  del
contributo eccedente, trattandosi di domanda non formulata in sede di
ricorso ma solo con la memoria  depositate  questo  art.  32  decreto
legislativo n. 546/1992. 
    D'altro canto, l'intervento  parzialmente  demolitorio  sull'art.
37, decreto-legge n. 21/2022, effettuato con la sentenza della  Corte
costituzionale n. 111/2024, non incide in alcun modo sulla  rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale rispetto al meccanismo
di indeducibilita' ai fini  IRES,  in  quanto  tale  sentenza  si  e'
limitata  a  prevedere  a  sancire  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 37, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (Misure
urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi
ucraina), convertito, con modificazioni, nella legge 20 maggio  2022,
n. 51, come modificato dall'art.  55,  del  decreto-legge  17  maggio
2022, n. 50, nella parte esclude dal calcolo  del  saldo  di  cui  al
comma le accise versate allo Stato e indicate nelle fatture attive. 
    Sulla base di quanto sin qui  illustrato  e  stante  la  ritenuta
legittimita' costituzionale dell'art. 37 comma  1,  decreto-legge  n.
21/2022, anche nella sua  versione  dopo  l'intervento  di  cui  alla
sentenza della Corte costituzionale n. 111/2024 e la  conformita'  di
tale disposizione con il regolamento UE, si ritiene  che  residui  la
sola  valutazione  della  domanda  subordinata  di  «riconoscere   la
deducibilita' del contributo  dalla  base  imponibile»,  per  la  cui
decisione  non  si  puo'  prescindere  dal  vaglio  di   legittimita'
costituzionale della censurata norma di cui  all'art.  37,  comma  7,
decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito con  legge  20  maggio
2022, n. 51. 
    Infatti, alla stregua della sua formulazione, il ricorso andrebbe
rigettato poiche', senza  alcun  dubbio,  tale  disposizione  prevede
l'indeducibilita'  ai  fini  IRES  di  quanto  versato  a  titolo  di
contributo ex art. 371, comma 1, decreto-legge n. 21/2022. 
    All'accoglimento del  ricorso  osta  unicamente  la  disposizione
censurata; in sua assenza opererebbe pacificamente, come riconosciuto
dalla stessa Agenzia resistente, la disposizione di cui all'art.  99,
comma 1, decreto del Presidente della  Repubblica  n.  917/1986,  che
prevede la totale deducibilita' di tutte le imposte tranne le imposte
sui redditi e quelle per le  quali  e'  prevista  la  rivalsa,  anche
facoltativa. 
    Il contributo in questione  non  appartiene  ad  alcuna  di  tali
categorie. 
    Ne'    e'    possibile     procedere     a     un'interpretazione
costituzionalmente orientata, atteso l'univoco tenore letterale della
previsione normativa di riferimento, che si ritiene  insuperabile  ed
insuscettibile di qualunque altra interpretazione. 
    In particolare, la lettera della legge e'  tale  da  non  potersi
accedere ad una sua interpretazione  che  consenta,  quanto  meno  in
astratto, l'accoglimento del ricorso nemmeno  applicando  i  principi
enunciati dalla sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  262/2020,
peraltro riferita alla indeducibilita' integrale dell'IMU, del  tutto
inestensibili ai fini IRES. 
    La rilevanza della questione e' peraltro evidenziata dalla stessa
Agenzia delle entrate tanto nel  diniego  di  rimborso  quanto  nelle
controdeduzioni, ove invoca piu' volte l'impossibilita' di  procedere
al rimborso proprio in ragione  del  chiaro  tenore  letterale  della
disposizione di legge rilevante. 
    Infatti, nelle sue controdeduzioni l'Agenzia resistente (pag.  40
e seguenti)  afferma  che  «L'art.  99,  comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 917/1986 dispone che "le  imposte  sui
redditi  e  quelle  per  le  quali  e'  prevista  la  rivalsa,  anche
facoltativa, non sono ammesse in deduzione.  Le  altre  imposte  sono
deducibili  nell'esercizio  in  cui  avviene  il   pagamento".   Tale
disposizione e' stata introdotta con una legge ordinaria  e,  dunque,
puo' essere derogata con una legge ordinaria successiva  o  speciale,
proprio come avvenuto nella fattispecie che  ci  occupa,  tramite  il
comma 7, dell'art. 37, del decreto-legge n. 21/2022». 
B)   Sulla   non   manifesta   infondatezza   della   questione    di
costituzionalita' dell'art. 37, comma 7, decreto-legge 21 marzo 2022,
n. 21, convertito con legge 20 maggio  2022,  n.  51,  modificato  ad
opera del decreto-legge 17 maggio 2022,  n.  50,  e  dalla  legge  29
dicembre 2022, n. 197, che prevede la indeducibilita' del  contributo
di cui al precedente comma 1 ai fini IRES, con gli articoli 3,  23  e
53 della Costituzione 
    Deve essere  considerato,  innanzitutto,  quanto  ritenuto  nella
sentenza della Corte costituzionale n. 262/2020 nella parte in cui si
precisa che il fatto  che  il  presupposto  dell'imposizione  sia  il
possesso  del   «reddito   complessivo   netto»,   optando   per   la
determinazione analitica del reddito «non esclude in assoluto che  il
legislatore possa prevedere  limiti  alla  deducibilita'  dei  costi,
anche  se  effettivamente  sostenuti  nell'ambito   di   un'attivita'
d'impresa; tuttavia forme di deducibilita' parziale o  forfetaria  si
devono giustificare in termini di proporzionalita' e  ragionevolezza,
come ad esempio al fine di: a) evitare indebite deduzioni di spese di
dubbia  inerenza;  b)  evitare  ingenti  costi  di  accertamento;  c)
prevenire fenomeni di evasione o elusione». 
    Tanto premesso,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  si
ritiene che il censurato art. 37, comma 7, decreto-legge n.  21/2022,
viola gli articoli 3, 23 e 53 della Costituzione. 
    La norma, nel prevedere la totale indeducibilita' del  contributo
ex art. 37, comma 1, d.l cit. dalla base imponibile IRES, risulta, in
via non manifestamente infondata, in contrasto con  l'art.  53  della
Costituzione   per   violazione   del   principio   della   capacita'
contributiva. 
    Poiche' la scelta del legislatore e' che  la  tassazione  diretta
sulle  societa'  debba  essere  commisurata  al  reddito   effettivo,
calcolato al netto delle spese inerenti alla sua produzione, i  costi
che  presentino  i  requisiti  di  inerenza,  certezza  e   oggettiva
determinabilita'  (che  siano,   in   sintesi,   «strumentali»   alla
produzione del reddito) devono essere dedotti dai relativi ricavi. 
    Per l'effetto, la previsione di  regole  di  indeducibilita' -  a
maggior ragione  se  totale -  e'  giustificabile  solo  se  essa  e'
correlata a costi che siano caratterizzati (anche  astrattamente)  da
una inerenza solo parziale o che si prestino  ad  usi  promiscui  che
necessitano di una  qualche  forma  di  forfettizzazione  o,  ancora,
qualora vi sia un oggettivo e fondato pericolo che  la  deduzione  di
tali costi rischi di coprire fenomeni di elusione o abuso. 
    Al di fuori di queste ipotesi, la indeducibilita'  totale  di  un
costo inerente ed oggettivo risulta ingiustificatamente contraria  ai
principi ed al sistema che regolano  la  determinazione  del  reddito
d'impresa, perche' comporta la tassazione di un reddito al  lordo  di
parte dei fattori che hanno contribuito alla sua  stessa  produzione,
in contrasto con il principio di capacita' contributiva. 
    Anche  le  imposte  vanno  considerate  un  costo   inerente   ed
oggettivo, come e' fatto palese dall'art. 99, comma  1,  decreto  del
Presidente della  Repubblica  n.  917/1986  che  consente  la  totale
deducibilita' per tutte le imposte tranne solo quelle sui  redditi  e
quelle per le quali e' prevista la rivalsa. 
    Come si e' detto, l'art. 37, comma 1, decreto-legge  n.  21/2022,
non  e'  un'imposta  sul  reddito,  come  riconosciuto  dalla   Corte
costituzionale con sentenza n. 111/2024, ne' tantomeno  in  relazione
ad essa e' prevista alcuna forma di rivalsa. 
    L'art. 53 della Costituzione  risulta  violato,  in  via  di  non
manifesta infondatezza, anche sotto il profilo del divieto di  doppia
imposizione, atteso che la Saras S.p.a., per  l'anno  di  imposta  in
esame, ha scontato una prima imposta (il contributo ex art. 37, comma
1) legata alla differenza tra i saldi delle «Comunicazioni  dei  dati
delle  liquidazioni  periodiche  IVA»  che  riportano  le  operazioni
rilevanti ai fini dell'imposta sul valore  aggiunto  quand'anche  non
imponibili  o  esenti  (le  «LIPE»)  relativi  ai  due   periodi   di
riferimento (1° ottobre 2021 - 30 aprile 2022, rispetto a quello  che
va dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021)  ed  una  seconda  (l'IRES)
legata alla mancata, integrale deduzione della prima (il  contributo)
dal reddito d'impresa. 
    E  cio'  si  e'  verificato  nonostante  che  il  versamento  del
contributo rappresenti un costo indubbiamente inerente ad un  fattore
produttivo, oltre che certo e determinato nel suo ammontare. 
    Peraltro,  per   costante   insegnamento   della   stessa   Corte
costituzionale, le regole di determinazione della base imponibile  di
un tributo devono essere necessariamente coerenti con il  presupposto
che s'intende tassare. Se e' vero che  il  legislatore  gode  di  una
certa discrezionalita' nella disciplina dell'imposta,  la  suindicata
doverosa coerenza tra base  imponibile  e  presupposto  d'imposta  e'
elemento  sindacabile  ad  opera  della  Corte   costituzionale   per
violazione del combinato disposto degli articoli 3,  23  e  53  della
Costituzione. 
    A tale ultimo riguardo, si osserva che secondo la  giurisprudenza
della Corte costituzionale richiamata nella sentenza n. 262/2020  «il
controllo "in ordine alla lesione dei principi  di  cui  all'art.  53
Cost., come specificazione del fondamentale principio di  uguaglianza
di cui all'art.  3  Cost.,  si  riconduce  a  un  "giudizio  sull'uso
ragionevole, o meno, che il legislatore stesso abbia fatto  dei  suoi
poteri discrezionali in materia tributaria, al fine di verificare  la
coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo  presupposto
economico" (sentenza n. 116/2013; ma anche, ex plurimis, sentenze  n.
10/2015, n. 223/2012, n. 111/1997, nonche', in  senso  analogo,  gia'
sentenza n. 42/1980)». 
    Applicando i suddetti principi al  caso  in  esame,  risulta  non
manifestamente infondato il dubbio che la mancata deduzione integrale
dalla base imponibile  IRES  di  un  costo  certo  ed  inerente  alla
produzione del reddito - qual'e' il contributo ex art. 37,  comma  1,
decreto-legge n.  21/2022 -  sia  incompatibile  col  presupposto  di
quella stessa imposta, che e', come gia' indicato, la tassazione  del
reddito netto prodotto dall'impresa. 
    Quanto sopra dimostra altresi' che la disposizione contestata e',
secondo un giudizio non manifestamente infondato, in contrasto  anche
gli articoli 3 e 53 della Costituzione con riferimento  al  principio
di  ragionevolezza,   poiche'   il   censurato   regime   di   totale
indeducibilita', in  assenza  di  una  riconoscibile  giustificazione
razionale, non e' coerente con la struttura  stessa  del  presupposto
dell'imposta, che e', come ricordato, il «reddito complessivo netto». 
    Ed  infatti,  come  chiarito  dalla  dottrina,  «Se  il   reddito
imponibile e' solo parzialmente fittizio, corrispondendo in parte  ad
un  reddito  effettivo,  l'imposta  e'  prelevata   con   un'aliquota
effettiva  piu'  alta  di  quella  legale.  Casualmente  piu'   alta,
dipendendo dal rapporto esistente tra la  parte  dell'imponibile  che
riflette il reddito  effettivo  e  quella  che  riflette  il  reddito
fittizio». 
    La previsione di totale indeducibilita' del contributo ex art. 37
comma 1 ai fini IRES, importando la sottoposizione  a  tassazione  di
una voce di costo che, per l'anno in cui si verifica  il  versamento,
incide  sull'utile  societario  e,  di   conseguenza,   sul   reddito
d'impresa, si pone in contrasto con il consolidato orientamento della
Corte costituzionale secondo cui  i  costi  sostenuti  nell'esercizio
dell'impresa - se inerenti - devono essere  deducibili  ai  fini  del
reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020, n. 262). 
    Ulteriori profili di non manifesta infondatezza  della  questione
di legittimita' costituzionale della disposizione ex art.  37,  comma
7, decreto-legge n. 21/2022 per contrasto con gli  articoli  3  e  53
della Costituzione e con il sottostante canone di  ragionevolezza  si
colgono sulla base di  alcuni  principi  enunciati  dalla  richiamata
sentenza della Corte costituzionale n. 111/2024. 
    In essa la Corte costituzionale, esaminando  la  struttura  ed  i
meccanismi applicativi del contributo in esame, ha ritenuto che: 
        gli  elementi  della  struttura  dell'imposta,  in  un  tempo
ordinario, non consentirebbero, di per se' - nemmeno in  forza  della
piu' moderna concezione del principio di  capacita'  contributiva  in
precedenza ricordata, di superare il test della connessione razionale
e della proporzionalita'; 
        solo tenendo conto del carattere del tutto  sui  generis  del
contesto in cui e' stato calato il temporaneo intervento  impositivo,
puo'  «eccezionalmente»  ritenersi  non  irragionevole  lo  strumento
utilizzato dal legislatore, ovvero il riferimento  ai  dati  relativi
alla determinazione  dell'imponibile  dell'IVA,  nonostante  il  loro
oggettivo grado  di  approssimazione  nell'intercettare  la  maggiore
forza economica delle imprese energetiche; 
        tuttavia, la straordinarieta' del momento e la  temporaneita'
della imposizione non possono essere ritenute un  passe  partout  per
l'introduzione di qualsiasi forma di imposizione fiscale, poiche'  la
temporaneita'   dell'imposizione   non   costituisce   un   argomento
sufficiente a fornire  giustificazione  a  un'imposta,  che  potrebbe
comunque  risultare  disarticolata   dai   principi   costituzionali"
(sentenza n. 288 del 2019)» (ordinanza n. 165 del 2021); 
        in tale quadro, la Corte costituzionale e' chiamata  comunque
ad  assicurare,  nella  valutazione  del  bilanciamento  operato  dal
legislatore, quanto meno il rispetto di una soglia essenziale di  non
manifesta  irragionevolezza,  oltre  la  quale   lo   stesso   dovere
tributario finirebbe  per  smarrire  la  propria  giustificazione  in
termini di solidarieta', risolvendosi invece nella prospettiva  della
mera soggezione al potere statale. 
    Ed  infatti,  con  la  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
262/2020 e' stato ricordato che le esigenze di gettito fiscale devono
essere perseguite «aumentando l'aliquota dell'imposta principale, non
attraverso incoerenti manovre sulla deducibilita', che  si  risolvono
in  discriminatori  sommersi  e  rilevanti  incrementi   della   base
imponibile a danno solo di alcuni contribuenti». 
    Ebbene, una volta riconosciuto che gli elementi  strutturali  del
contributo in questione sono tali da porlo al  di  la'  della  soglia
minima di connessione  razionale  e  di  proporzionalita'  e  che  la
legittimita' costituzionale di tale imposta  puo'  essere  recuperata
soltanto  considerando  il  «carattere  del  tutto  sui  generis  del
contesto», il dubbio di  violazione  degli  articoli  3  e  53  della
Costituzione  diviene,  nuovamente,  non   manifestamente   infondato
proprio considerando il  meccanismo  di  totale  indeducibilita'  del
contributo stesso ai fini IRES. 
    Ed  infatti  al  gia'  precario  equilibrio   costituzionale   di
un'imposta  in  strutturale  contrasto  con  i  richiamati  parametri
costituzionali   (che   trova   la   sua   unica    salvezza    nella
straordinarieta' del momento), si aggiunge l'ulteriore meccanismo  di
indeducibilita' ai fini  IRES  dell'imposta  medesima,  che,  per  le
ragioni sopra indicate, confligge con l'art.  53  della  Costituzione
per violazione del principio della capacita' contributiva, che  trova
espressione  anche  nel  principio  per   cui   i   costi   sostenuti
nell'esercizio dell'impresa - se inerenti - devono essere  deducibili
ai fini del reddito d'impresa (Corte costituzionale, 4 dicembre 2020,
n. 262). 
    Sotto altro  profilo,  sempre  la  citata  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 111/2024 ha ritenuto che «... quando a  marzo  2022
e'  stata  valutata  la   necessita'   di   introdurre   una   misura
straordinaria per  finanziare  interventi  a  favore  di  famiglie  e
imprese, le LIPE sono state considerate l'unico strumento disponibile
e  idoneo  a  individuare  l'incremento  congiunturale  di  ricchezza
realizzato dalle imprese del settore energetico da sottoporre a  base
di un contributo di solidarieta'». 
    Se dunque il contributo ex art. 37, comma  1  ha,  ancorche'  con
approssimazione, colpito un incremento  congiunturale  di  ricchezza,
non  pare  dubitabile  che  esso  abbia  colpito  anche  il   reddito
necessariamente insito in tale «incremento di ricchezza», sicche'  la
sua indeducibilita'  ai  fini  IRES  si  traduce  anche  in  evidente
meccanismo di doppia imposizione. 

 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di giustizia tributaria  di  primo  grado  di  Cagliari,
Sezione 1, letti gli articoli 134 e 137  della  Costituzione  nonche'
art. 1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1  e  art.  23
della legge 11 marzo 1953, n. 87: 
        1. Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  37,  comma  7,
decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito con  legge  20  maggio
2022, n. 51, modificato ad opera del decreto-legge 17 maggio 2022, n.
50, e dalla legge 29 dicembre 2022,  n.  197,  per  violazione  degli
articoli 3, 23 e 53 della Costituzione. 
        2. Sospende il presente giudizio. 
        3. Per l'effetto, dispone a cura della Segreteria  di  questa
Corte di giustizia tributaria la trasmissione immediata di tutti  gli
atti alla Corte costituzionale. Manda alla segreteria per la notifica
della presente ordinanza alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti della  Camera
e del Senato. 
          Cosi' deciso in Cagliari, nella Camera di consiglio del  27
settembre 2024 
 
                       Il Presidente: Zaniboni 
 
 
                                                Il relatore: Rescigno