Reg. ord. n. 110 del 2025 pubbl. su G.U. del 11/06/2025 n. 24

Ordinanza del Tribunale di Campobasso  del 26/03/2025

Tra: F. D. G.

Oggetto:

Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).

Norme impugnate:

legge  del 09/08/2024  Num. 114  Art. 1  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione ONU contro la corruzione del 2003  Art.  Co.  

Convenzione ONU contro la corruzione del 2003  Art. 19   Co.  

Convenzione ONU contro la corruzione del 2003  Art. 65   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 110 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 2025

Ordinanza  del  26  marzo  2025  del  Tribunale  di  Campobasso   nel
procedimento penale a carico di F. D. G. e N. D.. 
 
Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323  del  codice  penale  (Abuso
  d'ufficio). 
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al  codice
  di  procedura  penale,  all'ordinamento  giudiziario  e  al  codice
  dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b). 


(GU n. 24 del 11-06-2025)

 
                      IL TRIBUNALE DI CAMPOBASSO 
 
    Il Tribunale di Campobasso in composizione  collegiale,  composto
dai signori magistrati: 
      dott. Enrico Di Dedda - Presidente 
      dott.ssa Federica Adele Dei Santi - Giudice 
      dott. Tommaso Barbara - Giudice 
    nel procedimento nei confronti di: 
      1-D , G   F   nato a il residente ed elettivamente  domiciliato
in   alla via   assistito e difeso di fiducia dall'  avv.  Fabio  del
Vecchio del foro di Campobasso; 
      2-D    N    nato  a      il       residente   in   alla       ,
elettivamente domiciliato presso il proprio difensore di fiducia; 
      assistito e difeso di fiducia dagli avv.ti Antonino D'  Ascenzo
e Pierpaolo Passarelli del foro di Campobasso; 
      Procedimento nel quale risulta persona offesa  P    R    ,  non
comparso 
 
                            Premesso che 
 
    Con decreto del 9 maggio 2023, il G.U.P. presso il  Tribunale  di
Campobasso, su richiesta del P.M., disponeva  il  rinvio  a  giudizio
degli imputati indicati in epigrafe per il reato del pari indicato in
epigrafe, fissando per la celebrazione  del  dibattimento  dinanzi  a
questo Tribunale, in composizione collegiale, l'udienza del 4 ottobre
2023. All'udienza del 4 ottobre  2023  il  Tribunale,  verificata  la
regolare instaurazione del contraddittorio  e  dichiarato  aperto  il
dibattimento, provvedeva come da ordinanza riportata a verbale  sulle
richieste istruttorie  delle  parti,  rinviando  all'udienza  del  17
gennaio 2024 per l'escussione di dei  testi  di  lista  del  pubblico
ministero All'udienza del 17  gennaio  2024  il  Tribunale  procedeva
all'escussione dei testi del pubblico ministero M   R   e  F    L   e
rinviava il processo all'udienza del 27 marzo 2024. In tale data,  il
Tribunale procedeva all'escussione dei testi del pubblico ministero P
R , D   M   G  D  S  e R   I   e con l'accordo delle parti disponeva,
l'acquisizione  della  documentazione  prodotta   dal   P.M.;   indi,
differiva il procedimento all'udienza del 3 luglio 2024  per  l'esame
degli ultimi testi di lista del P.M. M   L   , D   M  A  , B   I    e
I   F   In  data  3  luglio  2024,  preliminarmente,  dato  atto  del
mutamento della composizione soggettiva del collegio  giudicante,  il
Tribunale disponeva la rinnovazione degli atti del dibattimento e, in
mancanza di nuove richieste, dichiarava utilizzabili tutti  gli  atti
gia' compiuti. Successivamente le  parti  procedevano  all'escussione
dei testi D   M   A e M   I   , indi il pubblico ministero dichiarava
di voler rinunciare al teste B ,  ma  le  difese  non  prestavano  il
consenso. Il Tribunale, ritenuta l'escussione del teste  ne  revocava
l'ordinanza  omissiva,  acquisiva  la  documentazione  prodotta   dal
pubblico ministero e rinviava il processo  al  6  novembre  2024  per
l'escussione del teste oggi assente. All'udienza del 6 novembre  2024
preliminarmente l'avv. Del Vecchio chiedeva,  anche  previo  stralcio
della posizione di D   G   una sentenza di Ndp perche' il  fatto  non
e' piu' previsto dalla legge come reato e il  pubblico  ministero  si
rimetteva  la  Tribunale.  Il  Tribunale  rigettata   l'istanza   cli
separazione, e dopo aver dispensato il  teste  I      da  presenziare
alla prossima udienza, attesa l'adesione all'astensione dalle udienze
proclamata dall' Unione delle  Camere  Penali  Italiane  rinviava  il
processo al 26 marzo 2024. All'udienza odierna, Il Tribunale riteneva
opportuno valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 1
lett.  b)  della  legge  n.  114/2024  nella  parte  in  cui  dispone
l'abrogazione dell'art. 323 c.p. 
    Al  capo  di  imputazione,  viene  contestato  all'inputato,   la
violazione: 
      a) del reato p. e p. dagli  articoli  110,  323  codice  penale
perche', in concorso morale e materiale e previo concerto tra loro, D
G F nella sua qualita' di Responsabile Unico del Procedimento  presso
il Comune cli ,, e dunque di  pubblico  ufficiale  nello  svolgimento
delle proprie funzioni, aggiudicava con la  determina  n.     del  il
servizio di «nolo a caldo di mezzi per la manutenzione e  riparazione
della rete di distribuzione idrica comunale» alla ditta rappresentata
da D N , privato e beneficiario  della  condotta,  in  violazione  di
specifiche regole di condotta espressamente previste dalla  normativa
vigente, quali, in particolare: 
        l'art. 79 comma 3, 4 e 5 del decreto legislativo  n.  50/2016
(codice dei contratti pubblici) sull'obbligo del rispetto dei termini
tassativi di presentazione delle offerte, e di  deroga  ammessa  solo
con apposito provvedimento espresso di proroga; 
        l'art. 3 comma 1 legge n.  241/90  sull'obbligo  di  espressa
motivazione di tutti i provvedimenti amministrativi; 
        l'art. 124 comma 1 decreto  legislativo  n.  267/2000  (TUEL)
sull'obbligo di pubblicazione all'albo pretorio cli tutte le delibere
comunali; 
      atteso che dapprima la partecipava alla procedura di  selezione
nonostante la sua offerta fosse stata  presentata  al  di  fuori  dei
trenta giorni previsti dall'avviso pubblico, senza che fosse adottato
preventivamente  alcun  provvedimento  di  proroga  dei  termini   e,
successivamente,   le   veniva   affidato    il    servizio,    cosi'
intenzionalmente procurando al D un ingiusto  vantaggio  patrimoniale
consistito nell'emolumento previsto per lo svolgimento  dell'incarico
ovvero arrecando a P R in qualita' di titolare  della  omonima  ditta
individuale un danno ingiusto  consistito  nel  non  affidamento  del
servizio pur avendone i requisiti. 
    In   il   
    Rilevanza della questione: 
    All'esito dell'istruttoria svolta,  al  termine  della  quale  le
parti  hanno  concluso  per  l'assoluzione  dell'imputato  ai   sensi
dell'art. 129 codice di procedura penale  perche'  il  fatto  non  e'
previsto dalla legge come  reato,  questo  Tribunale  e'  chiamato  a
valutare la responsabilita' dell'imputato sulla  base  dell'art.  323
c.p., su cui l'avvenuta depenalizzazione ad opera dell'art. I,  comma
1, lettera b) della 9 agosto 2024, n. 114 incide direttamente. 
    Atteso che sulla  base  di  detta  depenalizzazione  non  sarebbe
possibile pervenire ad una sentenza di condanna e  che,  in  caso  di
un'eventuale  declaratoria   di   incostituzionalita'   della   norma
abrogatrice,  si   otterrebbero   differenti   formule   assolutorie,
presumibilmente piu' favorevoli all'imputato; insiste allo  stato  un
serio dubbio di  conformita'  della  norma  abrogatrice  rispetto  ai
principi contenuti nella Carta fondamentale. 
    Preliminarmente, occorre soffermarsi sugli  effetti  dell'entrata
in vigore della legge Nordio. L'art. 1 della legge 9 agosto 2024,  n.
114 con la lettera b) ha abrogato l'art. 323 codice penale e, con  la
lettera e), ha sostituito l'art. 346-bis c.p., rendendo il  campo  di
applicazione piu' restrittivo causandone una abolizione parziale. 
    In  relazione  all'abuso  d'ufficio,  ci  si  trova   di   fronte
all'abrogazione totale della norma  incriminatrice  che,  cosi'  come
formulata, non lascia dubbi sul fatto che non si tratti di  abrogatio
sine abolitione. 
    La formale abrogazione di una norma incriminatrice, infatti,  non
sempre comporta l'abolizione del reato, poiche' puo' accadere che  un
certo genere di condotte  riconducibili  alla  disposizione  abrogata
conservino rilevanza  penale,  risultando  riconducibili  a  un'altra
norma incriminatrice sebbene di carattere piu' ampio e generalizzato. 
    La diretta conseguenza di quanto  esposto  e'  che,  in  caso  di
abolizione totale, sara' applicabile l'art. 2 comma 2 c.p.;  in  caso
abrogatio sine abolitione, l'art. 2 comma 4 c.p., ossia la legge piu'
favorevole al reo. 
    Da un'analisi  delle  norme  presenti  nel  sistema  penale,  non
risulta che la condotta prevista dall' art. 323 codice  penale  possa
essere inclusa in altra norma di carattere  generale.  Va  in  questa
sede precisato che l'applicazione dell'art.  323  codice  penale  era
prevista a condizione che il fatto non  costituisse  «un  piu'  grave
reato». 
    Per cui allo stato le condotte delittuose  piu'  gravi  (come  il
peculato o la turbativa d'asta) non  possono  essere  ritenute  norme
generali assorbenti l'abrogato art. 323 codice  penale  e  del  resto
continuano ad essere penalmente rilevanti, non avendo  subito  alcuna
variazione. Lo stesso dicasi per l'art. 328  c.p.,  rifiuto  di  atti
d'ufficio, il quale risulta essere attualmente penalmente  rilevante,
ma limita il suo campo di applicazione a condotte meno gravi. 
    A cio' si aggiunga che  la  sopravvivenza  di  dette  fattispecie
speciali  rispetto  all'  art.  323   c.p,   crea   un   profilo   di
irragionevolezza in quanto si puniscono le condotte  specifiche  meno
gravi ma non l'abuso d'ufficio. 
    Infine, la mancata previsione nel sistema penale di  altra  norma
introdotta  contestualmente  all'abrogazione  dell'art.  323   codice
penale che, senza soluzione di continuita',  comporti  la  permanenza
della rilevanza penale delle condotte dell'abuso  d'ufficio,  esclude
la possibilita' che si verifichi un'abrogatio sine abolitione. 
    Tale  vuoto  normativo  non  puo'  dirsi  colmato   neppure   con
l'introduzione dell'art. 314-bis codice penale (Indebita destinazione
di denaro o cose mobili)  ad  opera  del  decreto-legge  n.  92/2024,
entrato in vigore prima dell'abrogazione dell'art. 323 c.p.. 
    Invero il precetto in esso affermato determina,  senza  soluzione
di continuita', la rilevanza penale delle sole condotte  di  peculato
per distrazione, prima riconducibili (per giurisprudenza consolidata)
alla fattispecie dell'abuso d'ufficio e aventi ad  oggetto  denaro  o
cose mobili, condotte che tuttavia non attengono alla fattispecie  di
cui e' oggetto l'odierno processo. 
    Terminato questo breve excursus, lo scrivente  Tribunale  ritiene
verosimile la sussistenza di profili di incostituzionalita' dell'art.
1 della legge 9 agosto 2024, n. 114 lettera b) che ha abrogato l'art.
323 c.p. 
    Come noto, ai sensi dall'art. 1, comma 1, 1. cost. 1/1948, esiste
in capo al giudice di merito un vero e proprio obbligo di  rimessione
alla  Corte  costituzionale,   qualora   si   presentino   dubbi   di
legittimita' circa le norme applicabili al caso per cui e' chiamato a
decidere,  non  potendosi  adottare,  nel   caso   di   specie,   una
interpretazione costituzionalmente orientata risetto alla fattispecie
astratta totalmente abrogata. 
    La non manifesta  infondatezza  della  questione,  in  particolar
modo, deriva dal possibile contrasto della norma abrogatrice con  gli
articoli 11 e 117 comma 1 della Costituzione, in  relazione  all'art.
19  della  Convenzione  delle  Nazioni  Unite  del  2003  contro   la
corruzione (cd. Convenzione di Merida). 
    L'  art.  11  della  Carta  costituzionale  consente  allo  stato
italiano di limitare la propria sovranita' affinche',  in  condizioni
di parita'  con  gli  altri  stati,  tale  limitazione  possa  essere
finalizzata  alla  creazione   e   mantenimento   di   un   organismo
sovrastatale che garantisca la pace  e  la  giustizia  fra  tutte  le
nazioni. A supporto dell'art. 11, interviene poi l'art. 117 con  cui,
nel sancire la potesta' legislativa dello stato, si afferma che  tale
potesta' deve in  ogni  caso  essere  rispettosa  della  Costituzione
nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento  comunitario  e  dagli
obblighi internazionali». 
    Tra i vari trattati e  le  convenzioni  sottoscritte  dall'Italia
merita particolare attenzione, in relazione al caso  per  cui  si  e'
giudizio, la  cd.  Convenzione  di  Merida,  adottata  dall'assemblea
generale dell'ONU risoluzione n. 584, firmata dallo Stato italiano il
9 dicembre 2003 e ratificata con la legge n. 116/2009. 
    Tale convenzione risulta essere a tutti  gli  effetti  fonte  del
diritto internazionale e vincolante per gli stati aderenti e  prevede
l'obbligo  di  introduzione,  qualora  non   previste   nei   singoli
ordinamenti, di una varieta' di ipotesi delittuose correlate  con  la
corruzione, specificando che, benche' il documento contenga una serie
di  violazioni  basilari  (come  le   concussioni,   l'appropriazione
indebita di fondi pubblici, ma anche gli  atti  compiuti  a  sostegno
della  corruzione,  l'ostruzione  alla  giustizia,  il  traffico   di
influenza e  l'occultamento  o  il  riciclaggio  dei  proventi  della
corruzione),  gli  stati  possono   prevederne   ulteriori   e   piu'
specifiche. 
    All'art. 19 della  convenzione  e'  espressamente  previsto  che:
«Ciascuno Stato Parte esamina l'adozione delle misure  legislative  e
delle altre misure necessarie per conferire il carattere di  illecito
penale, quando l'atto e' stato commesso  intenzionalmente,  al  fatto
per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni  o  della
sua posizione,  ossia  di  compiere  o  di  astenersi  dal  compiere,
nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto  in  violazione  delle
leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra
persona o entita'.» descrivendo di fatto  quelle  condotte  che  fino
all'entrata in vigore della 114 del  9  agosto  2024  erano  recepite
nell'alveo dell'art. 323 c.p. 
    Risulta dunque evidente che, se esiste a  livello  internazionale
un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio, la sua abrogazione
non puo' che rappresentare una violazione degli  impegni  assunti  in
sede di stipula della convenzione. 
    Tanto piu' che, se da un lato gli stati membri devono adattare il
diritto interno per  conformarlo  alle  norme  sovranazionali,  anche
attraverso  l'introduzione  di   precetti   sino   a   quel   momento
inesistenti,  di  converso,  qualora  uno  stato  gia'  preveda   una
normativa conforme, il suo impegno deve essere quello  di  mantenerla
vigente  nell'ordinamento  (principio  espressamente  previsto  dalla
all'art. 7 comma 4 della convenzione:  «Ciascuno  stato  si  adopera,
conformemente ai principi fondamentali del proprio  diritto  interno,
al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono
la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse»). 
    Non va del resto obliterato che, con la recentissima sentenza  n.
9442/25 della VI sez. penale, la Suprema Corte abbia  affermato:  «La
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettera  b),  della  legge  9  agosto  2024,  n.  114,  quale   norma
abrogatrice di una fattispecie di reato,  e'  ammissibile,  ancorche'
possa produrre  effetti  in  malam  partem,  e  non  collide  con  il
principio di riserva di legge in materia penale sancito dall'art. 25,
secondo comma, Cost. ». 
    Ha sottolineato che: «Un controllo di legittimita' costituzionale
con potenziali  effetti  in  malam  partem  puo',  infine,  risultare
ammissibile  ove  si  assuma  la  contrarieta'   della   disposizione
censurata a obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o
dell'art. 117, primo comma, Cost. (sentenza n. 28 del  2010;  nonche'
sentenza n. 32 del 2014, ove l'effe/lo di  ripristino  della  vigenza
delle disposizioni penali  illegittimamente  sostituite  in  sede  di
conversione di un decreto-legge, con effetti  in  parte  peggiorativi
rispetto alla disciplina dichiarata illegittima,  fu  motivato  anche
con riferimento alla necessita'  di  non  lasciare  impunite  «alcune
tipologie di condotte per le quali sussiste un obbligo sovranazionale
di penalizzazione. Il che determinerebbe una violazione  del  diritto
dell'Unione europea, che l'Italia e' tenuta a  rispettare  in  virtu'
degli artt. 11 e 117, primo comm. Cost.»).». 
    In  via  conclusiva,  ritenuta  la  questione  rilevante  e   non
manifestamente infondata, in  virtu'  del  combinato  disposto  dagli
articoli 23 1 87/1953 e 159 c.p., deve ordinarsi la  sospensione  del
giudizio in  corso  nei  confronti  dell'imputato  e  la  conseguente
sospensione della  prescrizione  con  riferimento  a  tutti  i  reati
contestai al capo di imputazione non definibili separatamente. 
    Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma  4,1  87/1953
l'immediata trasmissione  degli  atti  del  procedimento  alla  Corte
costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione  della
presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'
per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei  deputati  e  del
Senato  della  Repubblica  e  per  la  successiva  trasmissione   del
fascicolo processuale alla Corte costituzionale. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost.,  11.  cost.  1/1948  e  23  ss.  1.
87/1953,  ritenuta  la  questione  rilevante  e  non   manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale   in
relazione all'art. 1, comma 1, lettera b) della 1. 9 agosto  2024,  n
114 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 10 agosto 2024 ed
entrata in vigore il 25 agosto  2024),  nella  parte  in  cui  abroga
l'art. 323 c.p., per violazione degli articoli 97, 11 e 117, comma  1
Cost. (in relazione agli obblighi discendenti dagli articoli 7, comma
4, 19 e 65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite  del  2003
contro la corruzione - cd.  Convenzione  di  Merida-  adottata  dalla
Assemblea generale dell'ONU 31 ottobre 2003 con risoluzione n.  58/4,
firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, oggetto di  ratifica
ed esecuzione in Italia con L.13 agosto 2009, n. 116): 
      sospende il giudizio in corso nei confronti degli imputati ed i
termini  di  prescrizione  fino   alla   definizione   del   giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
      dispone l'immediata trasmissione degli  atti  del  procedimento
alla  Corte   costituzionale,   manda   alla   cancelleria   per   la
notificazione della presente ordinanza al  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera
dei deputati e del  Senato  della  Repubblica  e  per  la  successiva
trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso, in Campobasso il 26 marzo 2025 
 
                       Il Presidente: Di Dedda 
 
 
                   I Giudici: Dei Santi - Barbara