Reg. ord. n. 110 del 2025 pubbl. su G.U. del 11/06/2025 n. 24
Ordinanza del Tribunale di Campobasso del 26/03/2025
Tra: F. D. G.
Oggetto:
Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).
Norme impugnate:
legge
del 09/08/2024
Num. 114
Art. 1
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 11
Co.
Costituzione
Art. 97
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 7
Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 19
Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 65
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 110 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 2025
Ordinanza del 26 marzo 2025 del Tribunale di Campobasso nel
procedimento penale a carico di F. D. G. e N. D..
Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323 del codice penale (Abuso
d'ufficio).
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice
di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice
dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b).
(GU n. 24 del 11-06-2025)
IL TRIBUNALE DI CAMPOBASSO
Il Tribunale di Campobasso in composizione collegiale, composto
dai signori magistrati:
dott. Enrico Di Dedda - Presidente
dott.ssa Federica Adele Dei Santi - Giudice
dott. Tommaso Barbara - Giudice
nel procedimento nei confronti di:
1-D , G F nato a il residente ed elettivamente domiciliato
in alla via assistito e difeso di fiducia dall' avv. Fabio del
Vecchio del foro di Campobasso;
2-D N nato a il residente in alla ,
elettivamente domiciliato presso il proprio difensore di fiducia;
assistito e difeso di fiducia dagli avv.ti Antonino D' Ascenzo
e Pierpaolo Passarelli del foro di Campobasso;
Procedimento nel quale risulta persona offesa P R , non
comparso
Premesso che
Con decreto del 9 maggio 2023, il G.U.P. presso il Tribunale di
Campobasso, su richiesta del P.M., disponeva il rinvio a giudizio
degli imputati indicati in epigrafe per il reato del pari indicato in
epigrafe, fissando per la celebrazione del dibattimento dinanzi a
questo Tribunale, in composizione collegiale, l'udienza del 4 ottobre
2023. All'udienza del 4 ottobre 2023 il Tribunale, verificata la
regolare instaurazione del contraddittorio e dichiarato aperto il
dibattimento, provvedeva come da ordinanza riportata a verbale sulle
richieste istruttorie delle parti, rinviando all'udienza del 17
gennaio 2024 per l'escussione di dei testi di lista del pubblico
ministero All'udienza del 17 gennaio 2024 il Tribunale procedeva
all'escussione dei testi del pubblico ministero M R e F L e
rinviava il processo all'udienza del 27 marzo 2024. In tale data, il
Tribunale procedeva all'escussione dei testi del pubblico ministero P
R , D M G D S e R I e con l'accordo delle parti disponeva,
l'acquisizione della documentazione prodotta dal P.M.; indi,
differiva il procedimento all'udienza del 3 luglio 2024 per l'esame
degli ultimi testi di lista del P.M. M L , D M A , B I e
I F In data 3 luglio 2024, preliminarmente, dato atto del
mutamento della composizione soggettiva del collegio giudicante, il
Tribunale disponeva la rinnovazione degli atti del dibattimento e, in
mancanza di nuove richieste, dichiarava utilizzabili tutti gli atti
gia' compiuti. Successivamente le parti procedevano all'escussione
dei testi D M A e M I , indi il pubblico ministero dichiarava
di voler rinunciare al teste B , ma le difese non prestavano il
consenso. Il Tribunale, ritenuta l'escussione del teste ne revocava
l'ordinanza omissiva, acquisiva la documentazione prodotta dal
pubblico ministero e rinviava il processo al 6 novembre 2024 per
l'escussione del teste oggi assente. All'udienza del 6 novembre 2024
preliminarmente l'avv. Del Vecchio chiedeva, anche previo stralcio
della posizione di D G una sentenza di Ndp perche' il fatto non
e' piu' previsto dalla legge come reato e il pubblico ministero si
rimetteva la Tribunale. Il Tribunale rigettata l'istanza cli
separazione, e dopo aver dispensato il teste I da presenziare
alla prossima udienza, attesa l'adesione all'astensione dalle udienze
proclamata dall' Unione delle Camere Penali Italiane rinviava il
processo al 26 marzo 2024. All'udienza odierna, Il Tribunale riteneva
opportuno valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 1
lett. b) della legge n. 114/2024 nella parte in cui dispone
l'abrogazione dell'art. 323 c.p.
Al capo di imputazione, viene contestato all'inputato, la
violazione:
a) del reato p. e p. dagli articoli 110, 323 codice penale
perche', in concorso morale e materiale e previo concerto tra loro, D
G F nella sua qualita' di Responsabile Unico del Procedimento presso
il Comune cli ,, e dunque di pubblico ufficiale nello svolgimento
delle proprie funzioni, aggiudicava con la determina n. del il
servizio di «nolo a caldo di mezzi per la manutenzione e riparazione
della rete di distribuzione idrica comunale» alla ditta rappresentata
da D N , privato e beneficiario della condotta, in violazione di
specifiche regole di condotta espressamente previste dalla normativa
vigente, quali, in particolare:
l'art. 79 comma 3, 4 e 5 del decreto legislativo n. 50/2016
(codice dei contratti pubblici) sull'obbligo del rispetto dei termini
tassativi di presentazione delle offerte, e di deroga ammessa solo
con apposito provvedimento espresso di proroga;
l'art. 3 comma 1 legge n. 241/90 sull'obbligo di espressa
motivazione di tutti i provvedimenti amministrativi;
l'art. 124 comma 1 decreto legislativo n. 267/2000 (TUEL)
sull'obbligo di pubblicazione all'albo pretorio cli tutte le delibere
comunali;
atteso che dapprima la partecipava alla procedura di selezione
nonostante la sua offerta fosse stata presentata al di fuori dei
trenta giorni previsti dall'avviso pubblico, senza che fosse adottato
preventivamente alcun provvedimento di proroga dei termini e,
successivamente, le veniva affidato il servizio, cosi'
intenzionalmente procurando al D un ingiusto vantaggio patrimoniale
consistito nell'emolumento previsto per lo svolgimento dell'incarico
ovvero arrecando a P R in qualita' di titolare della omonima ditta
individuale un danno ingiusto consistito nel non affidamento del
servizio pur avendone i requisiti.
In il
Rilevanza della questione:
All'esito dell'istruttoria svolta, al termine della quale le
parti hanno concluso per l'assoluzione dell'imputato ai sensi
dell'art. 129 codice di procedura penale perche' il fatto non e'
previsto dalla legge come reato, questo Tribunale e' chiamato a
valutare la responsabilita' dell'imputato sulla base dell'art. 323
c.p., su cui l'avvenuta depenalizzazione ad opera dell'art. I, comma
1, lettera b) della 9 agosto 2024, n. 114 incide direttamente.
Atteso che sulla base di detta depenalizzazione non sarebbe
possibile pervenire ad una sentenza di condanna e che, in caso di
un'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma
abrogatrice, si otterrebbero differenti formule assolutorie,
presumibilmente piu' favorevoli all'imputato; insiste allo stato un
serio dubbio di conformita' della norma abrogatrice rispetto ai
principi contenuti nella Carta fondamentale.
Preliminarmente, occorre soffermarsi sugli effetti dell'entrata
in vigore della legge Nordio. L'art. 1 della legge 9 agosto 2024, n.
114 con la lettera b) ha abrogato l'art. 323 codice penale e, con la
lettera e), ha sostituito l'art. 346-bis c.p., rendendo il campo di
applicazione piu' restrittivo causandone una abolizione parziale.
In relazione all'abuso d'ufficio, ci si trova di fronte
all'abrogazione totale della norma incriminatrice che, cosi' come
formulata, non lascia dubbi sul fatto che non si tratti di abrogatio
sine abolitione.
La formale abrogazione di una norma incriminatrice, infatti, non
sempre comporta l'abolizione del reato, poiche' puo' accadere che un
certo genere di condotte riconducibili alla disposizione abrogata
conservino rilevanza penale, risultando riconducibili a un'altra
norma incriminatrice sebbene di carattere piu' ampio e generalizzato.
La diretta conseguenza di quanto esposto e' che, in caso di
abolizione totale, sara' applicabile l'art. 2 comma 2 c.p.; in caso
abrogatio sine abolitione, l'art. 2 comma 4 c.p., ossia la legge piu'
favorevole al reo.
Da un'analisi delle norme presenti nel sistema penale, non
risulta che la condotta prevista dall' art. 323 codice penale possa
essere inclusa in altra norma di carattere generale. Va in questa
sede precisato che l'applicazione dell'art. 323 codice penale era
prevista a condizione che il fatto non costituisse «un piu' grave
reato».
Per cui allo stato le condotte delittuose piu' gravi (come il
peculato o la turbativa d'asta) non possono essere ritenute norme
generali assorbenti l'abrogato art. 323 codice penale e del resto
continuano ad essere penalmente rilevanti, non avendo subito alcuna
variazione. Lo stesso dicasi per l'art. 328 c.p., rifiuto di atti
d'ufficio, il quale risulta essere attualmente penalmente rilevante,
ma limita il suo campo di applicazione a condotte meno gravi.
A cio' si aggiunga che la sopravvivenza di dette fattispecie
speciali rispetto all' art. 323 c.p, crea un profilo di
irragionevolezza in quanto si puniscono le condotte specifiche meno
gravi ma non l'abuso d'ufficio.
Infine, la mancata previsione nel sistema penale di altra norma
introdotta contestualmente all'abrogazione dell'art. 323 codice
penale che, senza soluzione di continuita', comporti la permanenza
della rilevanza penale delle condotte dell'abuso d'ufficio, esclude
la possibilita' che si verifichi un'abrogatio sine abolitione.
Tale vuoto normativo non puo' dirsi colmato neppure con
l'introduzione dell'art. 314-bis codice penale (Indebita destinazione
di denaro o cose mobili) ad opera del decreto-legge n. 92/2024,
entrato in vigore prima dell'abrogazione dell'art. 323 c.p..
Invero il precetto in esso affermato determina, senza soluzione
di continuita', la rilevanza penale delle sole condotte di peculato
per distrazione, prima riconducibili (per giurisprudenza consolidata)
alla fattispecie dell'abuso d'ufficio e aventi ad oggetto denaro o
cose mobili, condotte che tuttavia non attengono alla fattispecie di
cui e' oggetto l'odierno processo.
Terminato questo breve excursus, lo scrivente Tribunale ritiene
verosimile la sussistenza di profili di incostituzionalita' dell'art.
1 della legge 9 agosto 2024, n. 114 lettera b) che ha abrogato l'art.
323 c.p.
Come noto, ai sensi dall'art. 1, comma 1, 1. cost. 1/1948, esiste
in capo al giudice di merito un vero e proprio obbligo di rimessione
alla Corte costituzionale, qualora si presentino dubbi di
legittimita' circa le norme applicabili al caso per cui e' chiamato a
decidere, non potendosi adottare, nel caso di specie, una
interpretazione costituzionalmente orientata risetto alla fattispecie
astratta totalmente abrogata.
La non manifesta infondatezza della questione, in particolar
modo, deriva dal possibile contrasto della norma abrogatrice con gli
articoli 11 e 117 comma 1 della Costituzione, in relazione all'art.
19 della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la
corruzione (cd. Convenzione di Merida).
L' art. 11 della Carta costituzionale consente allo stato
italiano di limitare la propria sovranita' affinche', in condizioni
di parita' con gli altri stati, tale limitazione possa essere
finalizzata alla creazione e mantenimento di un organismo
sovrastatale che garantisca la pace e la giustizia fra tutte le
nazioni. A supporto dell'art. 11, interviene poi l'art. 117 con cui,
nel sancire la potesta' legislativa dello stato, si afferma che tale
potesta' deve in ogni caso essere rispettosa della Costituzione
nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali».
Tra i vari trattati e le convenzioni sottoscritte dall'Italia
merita particolare attenzione, in relazione al caso per cui si e'
giudizio, la cd. Convenzione di Merida, adottata dall'assemblea
generale dell'ONU risoluzione n. 584, firmata dallo Stato italiano il
9 dicembre 2003 e ratificata con la legge n. 116/2009.
Tale convenzione risulta essere a tutti gli effetti fonte del
diritto internazionale e vincolante per gli stati aderenti e prevede
l'obbligo di introduzione, qualora non previste nei singoli
ordinamenti, di una varieta' di ipotesi delittuose correlate con la
corruzione, specificando che, benche' il documento contenga una serie
di violazioni basilari (come le concussioni, l'appropriazione
indebita di fondi pubblici, ma anche gli atti compiuti a sostegno
della corruzione, l'ostruzione alla giustizia, il traffico di
influenza e l'occultamento o il riciclaggio dei proventi della
corruzione), gli stati possono prevederne ulteriori e piu'
specifiche.
All'art. 19 della convenzione e' espressamente previsto che:
«Ciascuno Stato Parte esamina l'adozione delle misure legislative e
delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito
penale, quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, al fatto
per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della
sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere,
nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle
leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra
persona o entita'.» descrivendo di fatto quelle condotte che fino
all'entrata in vigore della 114 del 9 agosto 2024 erano recepite
nell'alveo dell'art. 323 c.p.
Risulta dunque evidente che, se esiste a livello internazionale
un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio, la sua abrogazione
non puo' che rappresentare una violazione degli impegni assunti in
sede di stipula della convenzione.
Tanto piu' che, se da un lato gli stati membri devono adattare il
diritto interno per conformarlo alle norme sovranazionali, anche
attraverso l'introduzione di precetti sino a quel momento
inesistenti, di converso, qualora uno stato gia' preveda una
normativa conforme, il suo impegno deve essere quello di mantenerla
vigente nell'ordinamento (principio espressamente previsto dalla
all'art. 7 comma 4 della convenzione: «Ciascuno stato si adopera,
conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno,
al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono
la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse»).
Non va del resto obliterato che, con la recentissima sentenza n.
9442/25 della VI sez. penale, la Suprema Corte abbia affermato: «La
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera b), della legge 9 agosto 2024, n. 114, quale norma
abrogatrice di una fattispecie di reato, e' ammissibile, ancorche'
possa produrre effetti in malam partem, e non collide con il
principio di riserva di legge in materia penale sancito dall'art. 25,
secondo comma, Cost. ».
Ha sottolineato che: «Un controllo di legittimita' costituzionale
con potenziali effetti in malam partem puo', infine, risultare
ammissibile ove si assuma la contrarieta' della disposizione
censurata a obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o
dell'art. 117, primo comma, Cost. (sentenza n. 28 del 2010; nonche'
sentenza n. 32 del 2014, ove l'effe/lo di ripristino della vigenza
delle disposizioni penali illegittimamente sostituite in sede di
conversione di un decreto-legge, con effetti in parte peggiorativi
rispetto alla disciplina dichiarata illegittima, fu motivato anche
con riferimento alla necessita' di non lasciare impunite «alcune
tipologie di condotte per le quali sussiste un obbligo sovranazionale
di penalizzazione. Il che determinerebbe una violazione del diritto
dell'Unione europea, che l'Italia e' tenuta a rispettare in virtu'
degli artt. 11 e 117, primo comm. Cost.»).».
In via conclusiva, ritenuta la questione rilevante e non
manifestamente infondata, in virtu' del combinato disposto dagli
articoli 23 1 87/1953 e 159 c.p., deve ordinarsi la sospensione del
giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la conseguente
sospensione della prescrizione con riferimento a tutti i reati
contestai al capo di imputazione non definibili separatamente.
Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4,1 87/1953
l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte
costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione della
presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'
per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del
fascicolo processuale alla Corte costituzionale.
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 Cost., 11. cost. 1/1948 e 23 ss. 1.
87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente
infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale in
relazione all'art. 1, comma 1, lettera b) della 1. 9 agosto 2024, n
114 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 10 agosto 2024 ed
entrata in vigore il 25 agosto 2024), nella parte in cui abroga
l'art. 323 c.p., per violazione degli articoli 97, 11 e 117, comma 1
Cost. (in relazione agli obblighi discendenti dagli articoli 7, comma
4, 19 e 65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003
contro la corruzione - cd. Convenzione di Merida- adottata dalla
Assemblea generale dell'ONU 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4,
firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, oggetto di ratifica
ed esecuzione in Italia con L.13 agosto 2009, n. 116):
sospende il giudizio in corso nei confronti degli imputati ed i
termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale.
dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento
alla Corte costituzionale, manda alla cancelleria per la
notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio
dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva
trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale.
Cosi' deciso, in Campobasso il 26 marzo 2025
Il Presidente: Di Dedda
I Giudici: Dei Santi - Barbara
Oggetto:
Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).
Norme impugnate:
legge del 09/08/2024 Num. 114 Art. 1 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 7 Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 19 Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 65 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 110 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 2025 Ordinanza del 26 marzo 2025 del Tribunale di Campobasso nel procedimento penale a carico di F. D. G. e N. D.. Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio). - Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b). (GU n. 24 del 11-06-2025) IL TRIBUNALE DI CAMPOBASSO Il Tribunale di Campobasso in composizione collegiale, composto dai signori magistrati: dott. Enrico Di Dedda - Presidente dott.ssa Federica Adele Dei Santi - Giudice dott. Tommaso Barbara - Giudice nel procedimento nei confronti di: 1-D , G F nato a il residente ed elettivamente domiciliato in alla via assistito e difeso di fiducia dall' avv. Fabio del Vecchio del foro di Campobasso; 2-D N nato a il residente in alla , elettivamente domiciliato presso il proprio difensore di fiducia; assistito e difeso di fiducia dagli avv.ti Antonino D' Ascenzo e Pierpaolo Passarelli del foro di Campobasso; Procedimento nel quale risulta persona offesa P R , non comparso Premesso che Con decreto del 9 maggio 2023, il G.U.P. presso il Tribunale di Campobasso, su richiesta del P.M., disponeva il rinvio a giudizio degli imputati indicati in epigrafe per il reato del pari indicato in epigrafe, fissando per la celebrazione del dibattimento dinanzi a questo Tribunale, in composizione collegiale, l'udienza del 4 ottobre 2023. All'udienza del 4 ottobre 2023 il Tribunale, verificata la regolare instaurazione del contraddittorio e dichiarato aperto il dibattimento, provvedeva come da ordinanza riportata a verbale sulle richieste istruttorie delle parti, rinviando all'udienza del 17 gennaio 2024 per l'escussione di dei testi di lista del pubblico ministero All'udienza del 17 gennaio 2024 il Tribunale procedeva all'escussione dei testi del pubblico ministero M R e F L e rinviava il processo all'udienza del 27 marzo 2024. In tale data, il Tribunale procedeva all'escussione dei testi del pubblico ministero P R , D M G D S e R I e con l'accordo delle parti disponeva, l'acquisizione della documentazione prodotta dal P.M.; indi, differiva il procedimento all'udienza del 3 luglio 2024 per l'esame degli ultimi testi di lista del P.M. M L , D M A , B I e I F In data 3 luglio 2024, preliminarmente, dato atto del mutamento della composizione soggettiva del collegio giudicante, il Tribunale disponeva la rinnovazione degli atti del dibattimento e, in mancanza di nuove richieste, dichiarava utilizzabili tutti gli atti gia' compiuti. Successivamente le parti procedevano all'escussione dei testi D M A e M I , indi il pubblico ministero dichiarava di voler rinunciare al teste B , ma le difese non prestavano il consenso. Il Tribunale, ritenuta l'escussione del teste ne revocava l'ordinanza omissiva, acquisiva la documentazione prodotta dal pubblico ministero e rinviava il processo al 6 novembre 2024 per l'escussione del teste oggi assente. All'udienza del 6 novembre 2024 preliminarmente l'avv. Del Vecchio chiedeva, anche previo stralcio della posizione di D G una sentenza di Ndp perche' il fatto non e' piu' previsto dalla legge come reato e il pubblico ministero si rimetteva la Tribunale. Il Tribunale rigettata l'istanza cli separazione, e dopo aver dispensato il teste I da presenziare alla prossima udienza, attesa l'adesione all'astensione dalle udienze proclamata dall' Unione delle Camere Penali Italiane rinviava il processo al 26 marzo 2024. All'udienza odierna, Il Tribunale riteneva opportuno valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 1 lett. b) della legge n. 114/2024 nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art. 323 c.p. Al capo di imputazione, viene contestato all'inputato, la violazione: a) del reato p. e p. dagli articoli 110, 323 codice penale perche', in concorso morale e materiale e previo concerto tra loro, D G F nella sua qualita' di Responsabile Unico del Procedimento presso il Comune cli ,, e dunque di pubblico ufficiale nello svolgimento delle proprie funzioni, aggiudicava con la determina n. del il servizio di «nolo a caldo di mezzi per la manutenzione e riparazione della rete di distribuzione idrica comunale» alla ditta rappresentata da D N , privato e beneficiario della condotta, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla normativa vigente, quali, in particolare: l'art. 79 comma 3, 4 e 5 del decreto legislativo n. 50/2016 (codice dei contratti pubblici) sull'obbligo del rispetto dei termini tassativi di presentazione delle offerte, e di deroga ammessa solo con apposito provvedimento espresso di proroga; l'art. 3 comma 1 legge n. 241/90 sull'obbligo di espressa motivazione di tutti i provvedimenti amministrativi; l'art. 124 comma 1 decreto legislativo n. 267/2000 (TUEL) sull'obbligo di pubblicazione all'albo pretorio cli tutte le delibere comunali; atteso che dapprima la partecipava alla procedura di selezione nonostante la sua offerta fosse stata presentata al di fuori dei trenta giorni previsti dall'avviso pubblico, senza che fosse adottato preventivamente alcun provvedimento di proroga dei termini e, successivamente, le veniva affidato il servizio, cosi' intenzionalmente procurando al D un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nell'emolumento previsto per lo svolgimento dell'incarico ovvero arrecando a P R in qualita' di titolare della omonima ditta individuale un danno ingiusto consistito nel non affidamento del servizio pur avendone i requisiti. In il Rilevanza della questione: All'esito dell'istruttoria svolta, al termine della quale le parti hanno concluso per l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 129 codice di procedura penale perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, questo Tribunale e' chiamato a valutare la responsabilita' dell'imputato sulla base dell'art. 323 c.p., su cui l'avvenuta depenalizzazione ad opera dell'art. I, comma 1, lettera b) della 9 agosto 2024, n. 114 incide direttamente. Atteso che sulla base di detta depenalizzazione non sarebbe possibile pervenire ad una sentenza di condanna e che, in caso di un'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma abrogatrice, si otterrebbero differenti formule assolutorie, presumibilmente piu' favorevoli all'imputato; insiste allo stato un serio dubbio di conformita' della norma abrogatrice rispetto ai principi contenuti nella Carta fondamentale. Preliminarmente, occorre soffermarsi sugli effetti dell'entrata in vigore della legge Nordio. L'art. 1 della legge 9 agosto 2024, n. 114 con la lettera b) ha abrogato l'art. 323 codice penale e, con la lettera e), ha sostituito l'art. 346-bis c.p., rendendo il campo di applicazione piu' restrittivo causandone una abolizione parziale. In relazione all'abuso d'ufficio, ci si trova di fronte all'abrogazione totale della norma incriminatrice che, cosi' come formulata, non lascia dubbi sul fatto che non si tratti di abrogatio sine abolitione. La formale abrogazione di una norma incriminatrice, infatti, non sempre comporta l'abolizione del reato, poiche' puo' accadere che un certo genere di condotte riconducibili alla disposizione abrogata conservino rilevanza penale, risultando riconducibili a un'altra norma incriminatrice sebbene di carattere piu' ampio e generalizzato. La diretta conseguenza di quanto esposto e' che, in caso di abolizione totale, sara' applicabile l'art. 2 comma 2 c.p.; in caso abrogatio sine abolitione, l'art. 2 comma 4 c.p., ossia la legge piu' favorevole al reo. Da un'analisi delle norme presenti nel sistema penale, non risulta che la condotta prevista dall' art. 323 codice penale possa essere inclusa in altra norma di carattere generale. Va in questa sede precisato che l'applicazione dell'art. 323 codice penale era prevista a condizione che il fatto non costituisse «un piu' grave reato». Per cui allo stato le condotte delittuose piu' gravi (come il peculato o la turbativa d'asta) non possono essere ritenute norme generali assorbenti l'abrogato art. 323 codice penale e del resto continuano ad essere penalmente rilevanti, non avendo subito alcuna variazione. Lo stesso dicasi per l'art. 328 c.p., rifiuto di atti d'ufficio, il quale risulta essere attualmente penalmente rilevante, ma limita il suo campo di applicazione a condotte meno gravi. A cio' si aggiunga che la sopravvivenza di dette fattispecie speciali rispetto all' art. 323 c.p, crea un profilo di irragionevolezza in quanto si puniscono le condotte specifiche meno gravi ma non l'abuso d'ufficio. Infine, la mancata previsione nel sistema penale di altra norma introdotta contestualmente all'abrogazione dell'art. 323 codice penale che, senza soluzione di continuita', comporti la permanenza della rilevanza penale delle condotte dell'abuso d'ufficio, esclude la possibilita' che si verifichi un'abrogatio sine abolitione. Tale vuoto normativo non puo' dirsi colmato neppure con l'introduzione dell'art. 314-bis codice penale (Indebita destinazione di denaro o cose mobili) ad opera del decreto-legge n. 92/2024, entrato in vigore prima dell'abrogazione dell'art. 323 c.p.. Invero il precetto in esso affermato determina, senza soluzione di continuita', la rilevanza penale delle sole condotte di peculato per distrazione, prima riconducibili (per giurisprudenza consolidata) alla fattispecie dell'abuso d'ufficio e aventi ad oggetto denaro o cose mobili, condotte che tuttavia non attengono alla fattispecie di cui e' oggetto l'odierno processo. Terminato questo breve excursus, lo scrivente Tribunale ritiene verosimile la sussistenza di profili di incostituzionalita' dell'art. 1 della legge 9 agosto 2024, n. 114 lettera b) che ha abrogato l'art. 323 c.p. Come noto, ai sensi dall'art. 1, comma 1, 1. cost. 1/1948, esiste in capo al giudice di merito un vero e proprio obbligo di rimessione alla Corte costituzionale, qualora si presentino dubbi di legittimita' circa le norme applicabili al caso per cui e' chiamato a decidere, non potendosi adottare, nel caso di specie, una interpretazione costituzionalmente orientata risetto alla fattispecie astratta totalmente abrogata. La non manifesta infondatezza della questione, in particolar modo, deriva dal possibile contrasto della norma abrogatrice con gli articoli 11 e 117 comma 1 della Costituzione, in relazione all'art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cd. Convenzione di Merida). L' art. 11 della Carta costituzionale consente allo stato italiano di limitare la propria sovranita' affinche', in condizioni di parita' con gli altri stati, tale limitazione possa essere finalizzata alla creazione e mantenimento di un organismo sovrastatale che garantisca la pace e la giustizia fra tutte le nazioni. A supporto dell'art. 11, interviene poi l'art. 117 con cui, nel sancire la potesta' legislativa dello stato, si afferma che tale potesta' deve in ogni caso essere rispettosa della Costituzione nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Tra i vari trattati e le convenzioni sottoscritte dall'Italia merita particolare attenzione, in relazione al caso per cui si e' giudizio, la cd. Convenzione di Merida, adottata dall'assemblea generale dell'ONU risoluzione n. 584, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge n. 116/2009. Tale convenzione risulta essere a tutti gli effetti fonte del diritto internazionale e vincolante per gli stati aderenti e prevede l'obbligo di introduzione, qualora non previste nei singoli ordinamenti, di una varieta' di ipotesi delittuose correlate con la corruzione, specificando che, benche' il documento contenga una serie di violazioni basilari (come le concussioni, l'appropriazione indebita di fondi pubblici, ma anche gli atti compiuti a sostegno della corruzione, l'ostruzione alla giustizia, il traffico di influenza e l'occultamento o il riciclaggio dei proventi della corruzione), gli stati possono prevederne ulteriori e piu' specifiche. All'art. 19 della convenzione e' espressamente previsto che: «Ciascuno Stato Parte esamina l'adozione delle misure legislative e delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale, quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra persona o entita'.» descrivendo di fatto quelle condotte che fino all'entrata in vigore della 114 del 9 agosto 2024 erano recepite nell'alveo dell'art. 323 c.p. Risulta dunque evidente che, se esiste a livello internazionale un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio, la sua abrogazione non puo' che rappresentare una violazione degli impegni assunti in sede di stipula della convenzione. Tanto piu' che, se da un lato gli stati membri devono adattare il diritto interno per conformarlo alle norme sovranazionali, anche attraverso l'introduzione di precetti sino a quel momento inesistenti, di converso, qualora uno stato gia' preveda una normativa conforme, il suo impegno deve essere quello di mantenerla vigente nell'ordinamento (principio espressamente previsto dalla all'art. 7 comma 4 della convenzione: «Ciascuno stato si adopera, conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno, al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse»). Non va del resto obliterato che, con la recentissima sentenza n. 9442/25 della VI sez. penale, la Suprema Corte abbia affermato: «La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 9 agosto 2024, n. 114, quale norma abrogatrice di una fattispecie di reato, e' ammissibile, ancorche' possa produrre effetti in malam partem, e non collide con il principio di riserva di legge in materia penale sancito dall'art. 25, secondo comma, Cost. ». Ha sottolineato che: «Un controllo di legittimita' costituzionale con potenziali effetti in malam partem puo', infine, risultare ammissibile ove si assuma la contrarieta' della disposizione censurata a obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo comma, Cost. (sentenza n. 28 del 2010; nonche' sentenza n. 32 del 2014, ove l'effe/lo di ripristino della vigenza delle disposizioni penali illegittimamente sostituite in sede di conversione di un decreto-legge, con effetti in parte peggiorativi rispetto alla disciplina dichiarata illegittima, fu motivato anche con riferimento alla necessita' di non lasciare impunite «alcune tipologie di condotte per le quali sussiste un obbligo sovranazionale di penalizzazione. Il che determinerebbe una violazione del diritto dell'Unione europea, che l'Italia e' tenuta a rispettare in virtu' degli artt. 11 e 117, primo comm. Cost.»).». In via conclusiva, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, in virtu' del combinato disposto dagli articoli 23 1 87/1953 e 159 c.p., deve ordinarsi la sospensione del giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la conseguente sospensione della prescrizione con riferimento a tutti i reati contestai al capo di imputazione non definibili separatamente. Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4,1 87/1953 l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. P.Q.M. Visti gli articoli 134 Cost., 11. cost. 1/1948 e 23 ss. 1. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 1, comma 1, lettera b) della 1. 9 agosto 2024, n 114 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 10 agosto 2024 ed entrata in vigore il 25 agosto 2024), nella parte in cui abroga l'art. 323 c.p., per violazione degli articoli 97, 11 e 117, comma 1 Cost. (in relazione agli obblighi discendenti dagli articoli 7, comma 4, 19 e 65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione - cd. Convenzione di Merida- adottata dalla Assemblea generale dell'ONU 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, oggetto di ratifica ed esecuzione in Italia con L.13 agosto 2009, n. 116): sospende il giudizio in corso nei confronti degli imputati ed i termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale, manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Cosi' deciso, in Campobasso il 26 marzo 2025 Il Presidente: Di Dedda I Giudici: Dei Santi - Barbara