Reg. ord. n. 111 del 2025 pubbl. su G.U. del 11/06/2025 n. 24
Ordinanza del Tribunale di Siracusa del 12/12/2024
Tra: F. M.
Oggetto:
Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).
Norme impugnate:
legge
del 09/08/2024
Num. 114
Art. 1
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 11
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 7
Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 19
Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 65
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2024
Ordinanza del 12 dicembre 2024 del Tribunale di Siracusa nel
procedimento penale a carico di F. M., M. F. e G. P..
Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323 del codice penale (Abuso
d'ufficio).
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice
di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice
dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b).
(GU n. 24 del 11-06-2025)
TRIBUNALE DI SIRACUSA
Sezione del giudice per le indagini preliminari
e dell'udienza preliminare
Il Giudice dell'udienza preliminare dott.ssa Tiziana Carrubba, in
esito all'udienza preliminare del 12 dicembre 2024;
Osserva
Premessa
Il Pubblico Ministero ha presentato richiesta di rinvio a
giudizio nei confronti degli odierni imputati per i reati loro
rispettivamente ascritti come da capi d'imputazione di seguito
riportati. In esito alla richiesta di rinvio a giudizio e' stata
fissata l'udienza preliminare che si e' sviluppata nel corso di
diverse udienze.
Nelle more, e' intervenuta l'abrogazione espressa dell'art. 323
del codice penale disposta dall'art. 1, comma 1, lett. B) della legge
9 agosto 2014, n. 114.
La questione di legittimita' costituzionale dell'abrogazione del
delitto d. cui all'art. 323 del codice penale, gia' sollevata da
diversi giudici in altri processi, e' stata affrontata dal P.M. nel
corso della discussione in sede di udienza preliminare, come mera
sollecitazione al giudice, senza articolare specifiche richieste.
Il decidente, ritenendo la questione rilevante e non
manifestamente infondata propone l'incidente di costituzionalita' nei
termini e per le ragioni che seguono.
Rilevanza della questione
Le imputazioni.
I delitti di cui all'art. 323 del codice penale costituiscono
soltanto alcune delle imputazioni oggetto di richiesta di rinvio a
giudizio, inserendosi in un piu' ampio conte to processuale che vede
imputati del delitto di induzione a dare o promettere utilita' e di
altri delitti, piu' soggetti, pubblici ufficiali e incaricati di
pubblico servizio, a vario titolo coinvolti in attivita' di
formazione di false concessioni per l'uso di cappelle gentilizie del
cimitero di , in assenza delle procedure di evidenza pubblica a
dietro pagamento di somme di denaro. Per tali imputazioni e' stata
disposta la separazione ex art. 18, lett. b) codice di procedura
penale e si e' separatamente proceduto con emissione del decreto che
dispone il giudizio.
Tra le contestazioni contenute nella richiesta di rinvio a
giudizio, sono ricomprese alcune ipotesi di abuso d'ufficio, di
seguito riportate per esteso segnatamente: a carico di M, F e P; il
capo 5, il capo 7, il capo 12, il capo 17; a carico dei soli M e F il
capo 30 e il capo 34.
5. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 81 cpv. 110 e 323
codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita',
con il fine - per M, e F. - di eseguire il delitto di cui al capo 1,
in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le
estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una
sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco,
traslavano la salma del piccolo dalla precedente sepoltura alla
Cappella gentilizia c.d. ex , nonche' le salme dei congiunti della
famiglia verso l'ossario comune in mancanza del prescritto
provvedimento autorizzativo, procurando ai coniugi , un ingiusto
profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per
estumulazione e traslazione del cadavere.
In fra il e
7. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del codice
penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il
fine - per M, e F - di eseguire il delitto di cui al capo 1, in
violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le
estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una
sepoltura all'altra siano effettuare su disposizione del Sindaco,
traslavano le salme custodite all'interno della cappella cimiteriale
c.d. provvedimento autorizzativo, procurando ai coniugi in mancanza
del prescritto un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento
del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere.
In fra in data successiva e prossima al
12. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del
codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita',
con il fine - per M e F - di eseguire il delitto di cui al capo 8, in
violazione del combinalo disposto degli artt. 83 e 88, decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le
estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una
sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco,
traslavano le salme custodite all'interno della cappella cimiteriale
c.d. ex in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo.
procurando a un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento
del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere.
In fra in data successiva e prossima al
17. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del
codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita',
con il fine di eseguire il delitto di cui al capo 13, in violazione
del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente
della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni
straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura
all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco, traslavano le
salme custodite all'interno del monumento con due loculi in
precedenza concesso alla famiglia in mancanza del prescritto
provvedimento autorizzativo, procurando a un ingiusto profitto
consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per
estumulazione e traslazione del cadavere.
In fra in data successiva e prossima al
30. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del
codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita',
con il fine - per M, e F - di eseguire il delitto di cui al capo 29,
in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le
estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una
sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco,
traslavano le salme custodite all'interno della cappella cimiteriale
ex , sita nel settore , in mancanza del prescritto provvedimento
autorizzativo. procurando a un ingiusto profitto consistito nel
mancato pagamento del contributo comunale per estumulazione e
traslazione del cadavere.
In il
34. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del
codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita',
con il fine - per M e F. - di eseguire il delitto di cui al capo 34,
in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del
Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le
estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una
sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco,
traslavano la salma custodita all'interno della cappella cimiteriale
ex sita nel settore·, lotto in mancanza del prescritto provvedimento
autorizzativo, procurando a un ingiusto profitto consistito nel
mancalo pagamento del contributo comunale per estumulazione e
traslazione del cadavere.
In il
Per nessuno dei reati in contestazione e' maturato il termine di
prescrizione ne' e' prospettabile una diversa qualificazione
giuridica dei fatti, astrattamente sussumibili esclusivamente nel
quadro della fattispecie oggi abrogata.
Si versa infatti nel caso di abrogazione con abolizione del
reato, atteso che i fatti ricompresi nella norma abrogata non
possono, nel caso concreto, essere ricondotti ad altra fattispecie
incriminatrice. Altrimenti detto, non vi sono nell'ordinamento penale
vigente fattispecie generali rispetto all'abuso d'ufficio, divenute
applicabili dopo l'abrogazione dell'art. 323 del codice penale e non
e' prospettabile, nel presente giudizio una modificazione
dell'imputazione ne' l'attribuzione di una diversa qualificazione
giuridica.
Tutte le ipotesi di abuso d'ufficio oggetto di imputazione nel
presente processo sono costruite contestando: la violazione del
combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della
Repubblica n. 285/1990 che stabilisce che le estumulazioni
straordinarie di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate
su disposizione del sindaco; la condotta di traslazione di diverse
salme seppellite nel cimitero di in mancanza del prescritto
provvedimento autorizzativo; il conseguimento di un ingiusto profitto
consistito nel mancato pagamento del contributo comunale dovuto (da
parte dei soggetti cui erano destinate le false concessioni
cimiteriali) per estumulazione e traslazione dei cadaveri.
La sede processuale dell'udienza preliminare impone al giudice il
vaglio dell'ipotesi accusatoria alla luce dell'intervenuta abolitio
criminis legislativa con esito potenziale della decisione nei termini
di una sentenza di proscioglimento per ex art. 425, comma 1 del
codice di procedura penale; ne deriva l'impossibilita' da parte del
giudice dell'udienza preliminare di accedere ad una valutazione
fondata sull'applicazione della regola di giudizio di cui all'art.
425, comma 3 del codice penale ossia al giudizio prognostico di
ragionevole previsione di condanna che aprirebbe la strada,
alternativamente, ad una sentenza di proscioglimento con detta
formula (ferma restando la possibilita' di una formula piu'
favorevole) ovvero al decreto che dispone il giudizio con successivo
vaglio dibattimentale.
La prospettata questione di legittimita' costituzionale e' allora
certamente rilevante nel presente processo, ponendosi, nella catena
delle questioni oggetto di valutazione, la necessita' di fare
applicazione dell'art. 1 dall'art. 1, comma 1, lett. B) della legge 9
agosto 2024, n. 114 che si colloca quale antecedente logicamente
necessario della decisione.
Appare dunque evidente che il giudizio spettante al Gup e'
direttamente ed imprescindibilmente condizionato dalla norma della
cui legittimita' costituzionale si dubita.
Va inoltre sottolineato in punto di rilevanza l'ulteriore
aspetto, specificamente legato all'attuale momento processuale,
ovvero all'esito dell'udienza preliminare, significando che
l'eventuale sentenza di non luogo a procedere per abolitio criminis
spiegherebbe pienamente il proprio effetto preclusivo rispetto ad un
successivo giudizio anche nel caso di accoglimento da parte della
Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale
gia' sollevata in diverse sedi processuali.
Ammissibilita'
Il preliminare vaglio di ammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale come prospettata e' direttamente connesso
al potenziale esito di una pronuncia di incostituzionalita' che,
espungendo dall'ordinamento giuridico una fattispecie abrogativa di
una norma incriminatrice, sortirebbe l'effetto, di riespansione
dell'area del penalmente rilevante attraverso la reviviscenza della
norma abrogata, con evidenti conseguenze in malam partem per tutti i
potenziali destinatari di essa ivi compresi gli imputati nel presente
processo.
Sul punto, il decidente ritiene condivisibili le osservazioni
svolte nelle ordinanze di rimessione di identica questione dai
giudici a quo Tribunale di Firenze, Gup di Firenze, Tribunale di
Busto Arsizio, Tribunale di Locri, Tribunale di Teramo, Tribunale di
Catania premettendo che si ritiene di circoscrivere la questione di
legittimita' costituzionale al ritenuto contrasto della norma
abrogativa dell'abuso d'ufficio con un obbligo internazionale
rilevante ex artt. 11 e 117 Costituzione.
In sintesi, si richiamano i plurimi arresti della Corte
costituzionale che, a determinate, stringenti condizioni, ammette lo
scrutinio di costituzionalita' di norme penali con effetto in malam
partem, distinguendo in particolare tra norme penali di favore e
norme penali favorevoli, ammettendolo le prime (ossia per norme che
stabiliscono, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento
penalistico favorevole rispetto a quello riconducibile
all'applicazione di norme generali o comuni). Tale conclusione e'
motivata dall'esigenza di evitare la creazione di «zone franche»
dell'ordinamento, sottratte al controllo di costituzionalita', entro
le quali il legislatore potrebbe di fatto operare svincolato da ogni
regola (Sentenza Corte costituzionale 394 del 2006).
La Corte costituzionale ha ritenuto, in via generale, a se stessa
preclusa l'operazione volta a ripristinare, a seguito di giudizio di
costituzionalita' una norma abrogata, per contrasto con la riserva
assoluta di legge di cui all'art. 25 della Costituzione; ha ammesso
tuttavia, contestualmente, l'esistenza di determinate situazioni che
consentono il controllo di costituzionalita' con potenziali effetti
in malam partem; e segnatamente (Sentenza 37/2019):
quando a essere censurato e' lo scorretto esercizio del potere
legislativo da parte dei Consigli regionali, ai quali non spetta
neutralizzare le scelte di criminalizzazione compiute dal legislatore
nazionale (sentenza n. 46 del 2014, e ulteriori precedenti ivi
citati);
da parte del Governo, che abbia abrogato mediante decreto
legislativo una disposizione penale, senza a cio' essere autorizzato
dalla legge delega (sentenza n. 5 del 2014); ovvero anche da parte
dello stesso Parlamento. che non abbia rispettato i principi
stabiliti dalla Costituzione in materia di conversione dei
decreti-legge (sentenza n. 32 del 2014). In tali ipotesi, qualora la
disposizione dichiarata incostituzionale sia una disposizione che
semplicemente abrogava una norma incriminatrice preesistente (come
nel caso deciso dalla sentenza n. 5 del 2014), la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della prima non potra' che comportare
il ripristino della seconda, in effetti mai (validamente) abrogata.
quando l'effetto peggiorativo si configuri come «mera
conseguenza indiretta della reductio ad legitimitatem di una norma
processuale», derivante «dall'eliminazione di una previsione a
carattere derogatorio di una disciplina generale» (sentenza n. 236
del 2018).
ove si assuma la contrarieta' della disposizione censurata a
obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art.
117, primo comma, Costituzione.
Situazione quest'ultima prospettata, come si dira' oltre, con la
presente ordinanza.
Il principio sopra richiamato e' stato espressamente ribadito con
riferimento alle norme comunitarie in tema di direttiva comunitaria
in materia di rifiuti con la sentenza n. 28 del 2010 avente ad
oggetto l'art. 183, comma 1, lett. N del decreto legislativo n.
152/2006 che escludeva dalla disciplina dei rifiuti le «ceneri di
pirite». La norma, contraria al diritto comunitario, e' stata poi a
sua volta abrogata con l'effetto ripristinare la rilevanza penale
delle condotte gia' depenalizzate. La Corte costituzionale ha
stabilito l'incompatibilita' della disposizione censurata con a
normativa comunitaria; ha riconosciuto la natura non self executing
della direttiva comunitaria ammettendo il controllo di
costituzionalita' attraverso l'art. 117 Costituzione; ha statuito
positivamente in ordine alla rilevanza della questione di
costituzionalita' (anche nel caso in cui il divieto di
irretroattivita' avesse dovuto imporre al giudice remittente di dover
applicare la norma dichiarata illegittima, favor rei, nel processo a
quo. In altre pronunce (Corte costituzionale n. 98 del 1997 e n. 294
del 2011) la Consulta ha precisato che «e' totalmente ininfluente
sull'ammissibilita' della questione il "senso" degli ipotetici
effetti che potrebbero derivare per le parti in causa da una
pronuncia sulla costituzionalita' delle leggi».
Ancora ai fini della valutazione di ammissibilita' della
questione si rileva infine l'impossibilita' di un'interpretazione
alternativa, costituzionalmente orientata, della norma della cui
legittimita' costituzionale si dubita, opzione preclusa nel caso di
specie, dalla natura della norma medesima. meramente abrogativa di
preesistente fattispecie di reato.
Non manifesta infondatezza
Il decidente ritiene non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale del citato art. 1, legge n. 114/2024 per
contrasto con gli artt. 11 e 117 della Costituzione in relazione
all'art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la
corruzione (cd. Convenzione di Merida).
Va ricordato che la Convenzione di Merida e' stata adottata dalla
Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n.
58/4; e' stata sottoscritta dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003,
ratificata e resa esecutiva in Italia con legge del 3 agosto 2009, n.
116.
La natura della Convenzione e' quella tipica dei trattati
internazionali ed e' dunque vincolante per gli Stati contraenti sulla
scorta della norma consuetudinaria cogente pacta sunt servanda e del
principio codificato nella Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969
sul diritto dei trattati, all'art. 26.
La Convenzione contempla veri e propri obblighi di
criminalizzazione. variamente articolati, richiedendo agli Stati
contraenti di approntare forme di tutela penale in relazione ad atti
di corruzione, qualora non siano gia' previste dagli ordinamenti
interni. Le indicazioni convenzionali prescindono dal nomen jiuris
dei singoli reati riguardando espressamente non solo ipotesi
corruttive in senso stretto ma anche i cosiddetti reati spia o
ostacolo e, per quanto di immediato interesse ai fini della presente
questione di costituzionalita', anche fatti certamente sussumibili
entro il modello normativo dell'abuso d'ufficio.
E' infatti la stessa Convenzione ad attribuire rilevanza (al fine
della sottoposizione delle relative condotte a sanzione penale) non
solo alle forme consuete e consolidate (basic) di corruzione, quali
concussione, appropriazione di fondi pubblici ma anche ad ulteriori
condotte di supporto alla corruzione quali l'ostruzione alla
giustizia, il traffico di influenza e l'occultamento o il riciclaggio
dei proventi della corruzione.
Cio' detto, rilievo peculiare ai fini della presente decisione va
ascritto all'art. 19 della Convenzione, plasticamente riferibile alla
fattispecie dell'abuso d'ufficio descritta dall'abrogato art. 323 del
codice penale, ove prescrive: «Each State Party shall consider
adopting such legislative and other measures as may be necessary to
establish as a criminal offence, when committed intentionally, the
abuse of functions or position, that is, the performance of or
failure to perform an act, in violation of laws, by a public
officialin the discharge of his or her functions, for the purpose of
obtaining an undue advantage for himself or herself or for another 8
person or entity» (nella traduzione italiana, allegata alla legge di
autorizzazione alla ratifica ed esecuzione, la disposizione viene
cosi' riportata: «Articolo 19 Abuso d'ufficio. Ciascuno Stato Parte
esamina l'adozione delle misure legislative e delle altre misure
necessarie per conferire il carattere di illecito penale. quando
l'atto e' stato commesso intenzionalmente, al fimo per un pubblico
ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione,
ossia di compiere o di astenersi dal compiere. nell'esercizio delle
proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di
ottenere un indebito vantaggio per se' o per un'altra persona o
entita'»).
L'abrogato art. 323 del codice penale, nella formulazione da
ultimo adottata dal legislatore del 2020, prevedeva. ponendosi
pienamente in linea con la convenzione, la figura dell'abuso
d'ufficio, declinato in termini del tutto sovrapponibili al testo
dell'art. 19 della Convenzione quanto meno per la figura dell'abuso
«di vantaggio». Si pone dunque la questione se l'abrogazione del
delitto di abuso d'ufficio contrasti con un vero e proprio obbligo di
penalizzazione imposto dall'art. 19 della Convenzione di Merida e se,
in ogni caso, la sopravvenuta abrogazione dell'abuso d'ufficio. reato
preesistente in Italia rispetto alla Convenzione di Merida, possa
integrare comunque una violazione del diritto internazionale e,
quindi, sia prospettabile il contrasto con l'art. 117, comma l
Costituzione.
In linea con le altre ordinanze di rimessione si ritiene in
proposito che la Convenzione di Merida sancisca un vero e proprio
obbligo in capo agli Stati che gia' la prevedessero nel loro
ordinamento interno di mantenere in vita la fattispecie di abuso
d'ufficio. Obbligo trasgredito dal legislatore italiano con l'art. 1,
legge n. 114/2024 e dunque in contrasto con gli artt. 11 e 117
Costituzione. L'art. 19 della convenzione utilizza l'espressione
«Each State Party shall consider adopting» (dovra' considerare di
adottare) espressione la cui interpretazione sembra collocarsi
nell'ambito dell'obbligo di penalizzazione e non di mera
raccomandazione come gia' rilevato dal giudice di Firenze, atteso che
la «Legislative guide for the implementation of the United Nations
Convention against corruption», - che costituisce atto di
«interpretazione autentica» della Convenzione - ai punti ai punti 11
e 12 chiarisce che l'espressione indicata nell'art. 19 della
Convenzione di Merida, con riferimento all'abuso d'ufficio, colloca
tale previsione non nell'ambito delle semplici raccomandazioni,
bensi' delle disposizioni aventi carattere obbligatorio.
Il profilo convenzionale che viene qui in rilievo riguarda
tuttavia non tanto, l'obbligo di penalizzazione per gli stati che non
contemplino una norma incriminatrice delle condotte rilevati ai sensi
dell'art. 19 quanto piuttosto l'obbligo di non abrogazione delle
fattispecie di abuso d'ufficio esistenti, palesemente trasgredito
dall'art. 1 della legge n. 114/2024.
Va infatti ricordato che lo Stato italiano ha aderito alla
Convenzione di Merida nel 2003, quando l'ordinamento penale gia'
contemplava una fattispecie di abuso d'ufficio del tutto conforme
alle prescrizioni convenzionali, poi modificata in sede legislativa
nel 2020 riducendo e circoscrivendo il profilo della violazione di
legge ma restando pienamente nel solco delle indicazioni della
Convenzione di Merida. E allora, la sopravvenuta abrogazione
dell'abuso d'ufficio, reato preesistente rispetto alla Convenzione di
Merida, integra la violazione di un trattato internazionale e quindi
della Costituzione attraverso il meccanismo di cui agli art. 11 e 117
Costituzione concordando il decidente con la ricostruzione della
questione nei termini per cui nell'ipotesi in cui un ordinamento che
ha sottoscritto la convenzione preveda gia', al momento
dell'assunzione di un obbligo internazionale, una norma interna
conforme a quella internazionale, gravi sullo Stato contraente un
obbligo di non abrogazione.
Si richiamano sul punto le osservazioni formulate dal Tribunale
di Firenze con l'ordinanza di rimessione del 3 ottobre 2024: «appare
del tutto logico... ritenere che le indicazioni discendenti dalla
Convenzione di Merida vadano declinate diversamente a seconda del
fatto che lo Stato aderente abbia o meno gia' adottato nel proprio
ordinamento la fattispecie di abuso d'ufficio, in modo che laddove lo
Stato contraente non abbia introdotto la fattispecie prima
dell'adesione alla Convenzione di Merida, sara' tenuto a valutare
concretamente e seriamente la sua introduzione in conformita' al
proprio diritto interno, dovendo compiere uno sforzo reale per vedere
se essa sia compatibile con il proprio ordinamento giuridico; di
talche', laddove tale compatibilita' sussista, lo Stato contraente,
onde intenda adeguarsi all'obbligo internazionale, sara'
ragionevolmente tenuto ad introdurlo, mentre lo Stato contraente che,
invece, come l'Italia, abbia gia' introdotto la fattispecie prima
dell'adesione alla Convenzione di Merida e che abbia, dunque. gia'
positivamente valutato la conformita' della fattispecie rispetto al
proprio diritto interno - dovendo mantenere e rafforzare i sistemi
che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse
(art. 7, comma 4, Convenzione di Merida) - per adeguarsi all'obbligo
internazionale di cui all'art. 19, sara' tenuto a non abrogare la
fattispecie gia' vigente».
L'abrogazione di una norma penale il cui mantenimento e' previsto
in termini di obbligo (ma la medesima conclusione si prospetta anche
qualora si considerasse configurabile una mera raccomandazione) da un
trattato internazionale cui e' stata prestata adesione appare del
tutto in contrasto con i principi di ragionevolezza, cardine
dell'ordinamento interno anche costituzionale, e di buona fede,
criterio quest'ultimo espressamente richiamato dall'art. 31 della
Convenzione di Vienna in tema di interpretazione dei trattati («Art.
31 Regola generale per l'interpretazione. 1. Un trattato deve essere
interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai
termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e
del suo scopo»). Si richiamano altresi' a completamento del quadro
degli obblighi assunti con la sottoscrizione e successiva ratifica
della Convenzione di Merida, l'art. 7, comma 4 della Convenzione («4.
Ciascuno stato si adopera, conformemente ai principi fondamentali del
proprio diritto interno, al fine di adottare, mantenere e rafforzare
i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di
interesse») e, in termini generali, l'art. 65 (Art. 65 Attuazione
della Convenzione 1. Ciascuno Stato Parte adotta le misure
necessarie, comprese misure legislative ed amministrative, in
conformita' con i principi fondamentali del suo ditino interno, per
assicurare l'esecuzione dei suoi obblighi ai sensi della presente
Convenzione. 2. Ciascuno Stato Parte puo' adottare misure piu'
strette o severe di quelle previste dalla presente Convenzione al
fine di prevenire e combattere la corruzione»).
Si ritiene, per quanto sopra indicato. che sia non manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' relativamente al
contrasto con la Costituzione dell'art. 1, comma 1, lett. b) della
legge 9 agosto 2024, n. 114 nella parte in cui abroga il reato di cui
all'art. 323 del codice penale per violazione degli artt. 11 e 117,
comma 1 Costituzione, in relazione agli artt. 7, comma 4, 19 e 65,
comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la
corruzione (cd. Convenzione di Merida).
P.Q.M.
Visti gli artt. 134 Costituzione, 1 Legge Costituzione 1/1948, 23
e ss. L. n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non
manifestamente infondata, solleva questione di legittimita'
costituzionale in relazione all'art. 1, comma 1, lett. B) della legge
9 agosto 2024, n. 114, nella parte in cui abroga l'art. 323 del
codice penale, per violazione degli artt. 11 e 117 della
Costituzione.
Sospende l'udienza preliminare in corso per gli imputati M F , F.
M , P G , per i reati loro ascritti ai capi 5, 7, 12, 17, 30 e 34
come contestati nella richiesta di rinvio a giudizio del 22 maggio
2024.
Sospende i termini di prescrizione fino alla definizione del
giudizio innanzi alla Corte costituzionale cui dispone l'immediata
trasmissione degli atti.
Dispone, a cura della Cancelleria, la notificazione della
presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la
notificazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato
della Repubblica.
Cosi' deciso in Siracusa, 12 dicembre 2024.
Il Giudice dell'udienza preliminare: Carrubba
Oggetto:
Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).
Norme impugnate:
legge del 09/08/2024 Num. 114 Art. 1 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 7 Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 19 Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 65 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 111 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2024 Ordinanza del 12 dicembre 2024 del Tribunale di Siracusa nel procedimento penale a carico di F. M., M. F. e G. P.. Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio). - Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b). (GU n. 24 del 11-06-2025) TRIBUNALE DI SIRACUSA Sezione del giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare Il Giudice dell'udienza preliminare dott.ssa Tiziana Carrubba, in esito all'udienza preliminare del 12 dicembre 2024; Osserva Premessa Il Pubblico Ministero ha presentato richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli odierni imputati per i reati loro rispettivamente ascritti come da capi d'imputazione di seguito riportati. In esito alla richiesta di rinvio a giudizio e' stata fissata l'udienza preliminare che si e' sviluppata nel corso di diverse udienze. Nelle more, e' intervenuta l'abrogazione espressa dell'art. 323 del codice penale disposta dall'art. 1, comma 1, lett. B) della legge 9 agosto 2014, n. 114. La questione di legittimita' costituzionale dell'abrogazione del delitto d. cui all'art. 323 del codice penale, gia' sollevata da diversi giudici in altri processi, e' stata affrontata dal P.M. nel corso della discussione in sede di udienza preliminare, come mera sollecitazione al giudice, senza articolare specifiche richieste. Il decidente, ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata propone l'incidente di costituzionalita' nei termini e per le ragioni che seguono. Rilevanza della questione Le imputazioni. I delitti di cui all'art. 323 del codice penale costituiscono soltanto alcune delle imputazioni oggetto di richiesta di rinvio a giudizio, inserendosi in un piu' ampio conte to processuale che vede imputati del delitto di induzione a dare o promettere utilita' e di altri delitti, piu' soggetti, pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, a vario titolo coinvolti in attivita' di formazione di false concessioni per l'uso di cappelle gentilizie del cimitero di , in assenza delle procedure di evidenza pubblica a dietro pagamento di somme di denaro. Per tali imputazioni e' stata disposta la separazione ex art. 18, lett. b) codice di procedura penale e si e' separatamente proceduto con emissione del decreto che dispone il giudizio. Tra le contestazioni contenute nella richiesta di rinvio a giudizio, sono ricomprese alcune ipotesi di abuso d'ufficio, di seguito riportate per esteso segnatamente: a carico di M, F e P; il capo 5, il capo 7, il capo 12, il capo 17; a carico dei soli M e F il capo 30 e il capo 34. 5. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 81 cpv. 110 e 323 codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il fine - per M, e F. - di eseguire il delitto di cui al capo 1, in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco, traslavano la salma del piccolo dalla precedente sepoltura alla Cappella gentilizia c.d. ex , nonche' le salme dei congiunti della famiglia verso l'ossario comune in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo, procurando ai coniugi , un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere. In fra il e 7. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il fine - per M, e F - di eseguire il delitto di cui al capo 1, in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuare su disposizione del Sindaco, traslavano le salme custodite all'interno della cappella cimiteriale c.d. provvedimento autorizzativo, procurando ai coniugi in mancanza del prescritto un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere. In fra in data successiva e prossima al 12. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il fine - per M e F - di eseguire il delitto di cui al capo 8, in violazione del combinalo disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco, traslavano le salme custodite all'interno della cappella cimiteriale c.d. ex in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo. procurando a un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere. In fra in data successiva e prossima al 17. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il fine di eseguire il delitto di cui al capo 13, in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco, traslavano le salme custodite all'interno del monumento con due loculi in precedenza concesso alla famiglia in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo, procurando a un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere. In fra in data successiva e prossima al 30. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il fine - per M, e F - di eseguire il delitto di cui al capo 29, in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco, traslavano le salme custodite all'interno della cappella cimiteriale ex , sita nel settore , in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo. procurando a un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere. In il 34. del delitto p. e p. dagli artt. 61, n. 2, 110 e 323 del codice penale perche' in concorso fra loro e nelle suddette qualita', con il fine - per M e F. - di eseguire il delitto di cui al capo 34, in violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990, che stabilisce che le estumulazioni straordinarie per la traslazione di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del Sindaco, traslavano la salma custodita all'interno della cappella cimiteriale ex sita nel settore·, lotto in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo, procurando a un ingiusto profitto consistito nel mancalo pagamento del contributo comunale per estumulazione e traslazione del cadavere. In il Per nessuno dei reati in contestazione e' maturato il termine di prescrizione ne' e' prospettabile una diversa qualificazione giuridica dei fatti, astrattamente sussumibili esclusivamente nel quadro della fattispecie oggi abrogata. Si versa infatti nel caso di abrogazione con abolizione del reato, atteso che i fatti ricompresi nella norma abrogata non possono, nel caso concreto, essere ricondotti ad altra fattispecie incriminatrice. Altrimenti detto, non vi sono nell'ordinamento penale vigente fattispecie generali rispetto all'abuso d'ufficio, divenute applicabili dopo l'abrogazione dell'art. 323 del codice penale e non e' prospettabile, nel presente giudizio una modificazione dell'imputazione ne' l'attribuzione di una diversa qualificazione giuridica. Tutte le ipotesi di abuso d'ufficio oggetto di imputazione nel presente processo sono costruite contestando: la violazione del combinato disposto degli artt. 83 e 88, decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990 che stabilisce che le estumulazioni straordinarie di cadaveri da una sepoltura all'altra siano effettuate su disposizione del sindaco; la condotta di traslazione di diverse salme seppellite nel cimitero di in mancanza del prescritto provvedimento autorizzativo; il conseguimento di un ingiusto profitto consistito nel mancato pagamento del contributo comunale dovuto (da parte dei soggetti cui erano destinate le false concessioni cimiteriali) per estumulazione e traslazione dei cadaveri. La sede processuale dell'udienza preliminare impone al giudice il vaglio dell'ipotesi accusatoria alla luce dell'intervenuta abolitio criminis legislativa con esito potenziale della decisione nei termini di una sentenza di proscioglimento per ex art. 425, comma 1 del codice di procedura penale; ne deriva l'impossibilita' da parte del giudice dell'udienza preliminare di accedere ad una valutazione fondata sull'applicazione della regola di giudizio di cui all'art. 425, comma 3 del codice penale ossia al giudizio prognostico di ragionevole previsione di condanna che aprirebbe la strada, alternativamente, ad una sentenza di proscioglimento con detta formula (ferma restando la possibilita' di una formula piu' favorevole) ovvero al decreto che dispone il giudizio con successivo vaglio dibattimentale. La prospettata questione di legittimita' costituzionale e' allora certamente rilevante nel presente processo, ponendosi, nella catena delle questioni oggetto di valutazione, la necessita' di fare applicazione dell'art. 1 dall'art. 1, comma 1, lett. B) della legge 9 agosto 2024, n. 114 che si colloca quale antecedente logicamente necessario della decisione. Appare dunque evidente che il giudizio spettante al Gup e' direttamente ed imprescindibilmente condizionato dalla norma della cui legittimita' costituzionale si dubita. Va inoltre sottolineato in punto di rilevanza l'ulteriore aspetto, specificamente legato all'attuale momento processuale, ovvero all'esito dell'udienza preliminare, significando che l'eventuale sentenza di non luogo a procedere per abolitio criminis spiegherebbe pienamente il proprio effetto preclusivo rispetto ad un successivo giudizio anche nel caso di accoglimento da parte della Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale gia' sollevata in diverse sedi processuali. Ammissibilita' Il preliminare vaglio di ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale come prospettata e' direttamente connesso al potenziale esito di una pronuncia di incostituzionalita' che, espungendo dall'ordinamento giuridico una fattispecie abrogativa di una norma incriminatrice, sortirebbe l'effetto, di riespansione dell'area del penalmente rilevante attraverso la reviviscenza della norma abrogata, con evidenti conseguenze in malam partem per tutti i potenziali destinatari di essa ivi compresi gli imputati nel presente processo. Sul punto, il decidente ritiene condivisibili le osservazioni svolte nelle ordinanze di rimessione di identica questione dai giudici a quo Tribunale di Firenze, Gup di Firenze, Tribunale di Busto Arsizio, Tribunale di Locri, Tribunale di Teramo, Tribunale di Catania premettendo che si ritiene di circoscrivere la questione di legittimita' costituzionale al ritenuto contrasto della norma abrogativa dell'abuso d'ufficio con un obbligo internazionale rilevante ex artt. 11 e 117 Costituzione. In sintesi, si richiamano i plurimi arresti della Corte costituzionale che, a determinate, stringenti condizioni, ammette lo scrutinio di costituzionalita' di norme penali con effetto in malam partem, distinguendo in particolare tra norme penali di favore e norme penali favorevoli, ammettendolo le prime (ossia per norme che stabiliscono, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico favorevole rispetto a quello riconducibile all'applicazione di norme generali o comuni). Tale conclusione e' motivata dall'esigenza di evitare la creazione di «zone franche» dell'ordinamento, sottratte al controllo di costituzionalita', entro le quali il legislatore potrebbe di fatto operare svincolato da ogni regola (Sentenza Corte costituzionale 394 del 2006). La Corte costituzionale ha ritenuto, in via generale, a se stessa preclusa l'operazione volta a ripristinare, a seguito di giudizio di costituzionalita' una norma abrogata, per contrasto con la riserva assoluta di legge di cui all'art. 25 della Costituzione; ha ammesso tuttavia, contestualmente, l'esistenza di determinate situazioni che consentono il controllo di costituzionalita' con potenziali effetti in malam partem; e segnatamente (Sentenza 37/2019): quando a essere censurato e' lo scorretto esercizio del potere legislativo da parte dei Consigli regionali, ai quali non spetta neutralizzare le scelte di criminalizzazione compiute dal legislatore nazionale (sentenza n. 46 del 2014, e ulteriori precedenti ivi citati); da parte del Governo, che abbia abrogato mediante decreto legislativo una disposizione penale, senza a cio' essere autorizzato dalla legge delega (sentenza n. 5 del 2014); ovvero anche da parte dello stesso Parlamento. che non abbia rispettato i principi stabiliti dalla Costituzione in materia di conversione dei decreti-legge (sentenza n. 32 del 2014). In tali ipotesi, qualora la disposizione dichiarata incostituzionale sia una disposizione che semplicemente abrogava una norma incriminatrice preesistente (come nel caso deciso dalla sentenza n. 5 del 2014), la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della prima non potra' che comportare il ripristino della seconda, in effetti mai (validamente) abrogata. quando l'effetto peggiorativo si configuri come «mera conseguenza indiretta della reductio ad legitimitatem di una norma processuale», derivante «dall'eliminazione di una previsione a carattere derogatorio di una disciplina generale» (sentenza n. 236 del 2018). ove si assuma la contrarieta' della disposizione censurata a obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo comma, Costituzione. Situazione quest'ultima prospettata, come si dira' oltre, con la presente ordinanza. Il principio sopra richiamato e' stato espressamente ribadito con riferimento alle norme comunitarie in tema di direttiva comunitaria in materia di rifiuti con la sentenza n. 28 del 2010 avente ad oggetto l'art. 183, comma 1, lett. N del decreto legislativo n. 152/2006 che escludeva dalla disciplina dei rifiuti le «ceneri di pirite». La norma, contraria al diritto comunitario, e' stata poi a sua volta abrogata con l'effetto ripristinare la rilevanza penale delle condotte gia' depenalizzate. La Corte costituzionale ha stabilito l'incompatibilita' della disposizione censurata con a normativa comunitaria; ha riconosciuto la natura non self executing della direttiva comunitaria ammettendo il controllo di costituzionalita' attraverso l'art. 117 Costituzione; ha statuito positivamente in ordine alla rilevanza della questione di costituzionalita' (anche nel caso in cui il divieto di irretroattivita' avesse dovuto imporre al giudice remittente di dover applicare la norma dichiarata illegittima, favor rei, nel processo a quo. In altre pronunce (Corte costituzionale n. 98 del 1997 e n. 294 del 2011) la Consulta ha precisato che «e' totalmente ininfluente sull'ammissibilita' della questione il "senso" degli ipotetici effetti che potrebbero derivare per le parti in causa da una pronuncia sulla costituzionalita' delle leggi». Ancora ai fini della valutazione di ammissibilita' della questione si rileva infine l'impossibilita' di un'interpretazione alternativa, costituzionalmente orientata, della norma della cui legittimita' costituzionale si dubita, opzione preclusa nel caso di specie, dalla natura della norma medesima. meramente abrogativa di preesistente fattispecie di reato. Non manifesta infondatezza Il decidente ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del citato art. 1, legge n. 114/2024 per contrasto con gli artt. 11 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cd. Convenzione di Merida). Va ricordato che la Convenzione di Merida e' stata adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4; e' stata sottoscritta dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge del 3 agosto 2009, n. 116. La natura della Convenzione e' quella tipica dei trattati internazionali ed e' dunque vincolante per gli Stati contraenti sulla scorta della norma consuetudinaria cogente pacta sunt servanda e del principio codificato nella Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati, all'art. 26. La Convenzione contempla veri e propri obblighi di criminalizzazione. variamente articolati, richiedendo agli Stati contraenti di approntare forme di tutela penale in relazione ad atti di corruzione, qualora non siano gia' previste dagli ordinamenti interni. Le indicazioni convenzionali prescindono dal nomen jiuris dei singoli reati riguardando espressamente non solo ipotesi corruttive in senso stretto ma anche i cosiddetti reati spia o ostacolo e, per quanto di immediato interesse ai fini della presente questione di costituzionalita', anche fatti certamente sussumibili entro il modello normativo dell'abuso d'ufficio. E' infatti la stessa Convenzione ad attribuire rilevanza (al fine della sottoposizione delle relative condotte a sanzione penale) non solo alle forme consuete e consolidate (basic) di corruzione, quali concussione, appropriazione di fondi pubblici ma anche ad ulteriori condotte di supporto alla corruzione quali l'ostruzione alla giustizia, il traffico di influenza e l'occultamento o il riciclaggio dei proventi della corruzione. Cio' detto, rilievo peculiare ai fini della presente decisione va ascritto all'art. 19 della Convenzione, plasticamente riferibile alla fattispecie dell'abuso d'ufficio descritta dall'abrogato art. 323 del codice penale, ove prescrive: «Each State Party shall consider adopting such legislative and other measures as may be necessary to establish as a criminal offence, when committed intentionally, the abuse of functions or position, that is, the performance of or failure to perform an act, in violation of laws, by a public officialin the discharge of his or her functions, for the purpose of obtaining an undue advantage for himself or herself or for another 8 person or entity» (nella traduzione italiana, allegata alla legge di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione, la disposizione viene cosi' riportata: «Articolo 19 Abuso d'ufficio. Ciascuno Stato Parte esamina l'adozione delle misure legislative e delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale. quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, al fimo per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere. nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se' o per un'altra persona o entita'»). L'abrogato art. 323 del codice penale, nella formulazione da ultimo adottata dal legislatore del 2020, prevedeva. ponendosi pienamente in linea con la convenzione, la figura dell'abuso d'ufficio, declinato in termini del tutto sovrapponibili al testo dell'art. 19 della Convenzione quanto meno per la figura dell'abuso «di vantaggio». Si pone dunque la questione se l'abrogazione del delitto di abuso d'ufficio contrasti con un vero e proprio obbligo di penalizzazione imposto dall'art. 19 della Convenzione di Merida e se, in ogni caso, la sopravvenuta abrogazione dell'abuso d'ufficio. reato preesistente in Italia rispetto alla Convenzione di Merida, possa integrare comunque una violazione del diritto internazionale e, quindi, sia prospettabile il contrasto con l'art. 117, comma l Costituzione. In linea con le altre ordinanze di rimessione si ritiene in proposito che la Convenzione di Merida sancisca un vero e proprio obbligo in capo agli Stati che gia' la prevedessero nel loro ordinamento interno di mantenere in vita la fattispecie di abuso d'ufficio. Obbligo trasgredito dal legislatore italiano con l'art. 1, legge n. 114/2024 e dunque in contrasto con gli artt. 11 e 117 Costituzione. L'art. 19 della convenzione utilizza l'espressione «Each State Party shall consider adopting» (dovra' considerare di adottare) espressione la cui interpretazione sembra collocarsi nell'ambito dell'obbligo di penalizzazione e non di mera raccomandazione come gia' rilevato dal giudice di Firenze, atteso che la «Legislative guide for the implementation of the United Nations Convention against corruption», - che costituisce atto di «interpretazione autentica» della Convenzione - ai punti ai punti 11 e 12 chiarisce che l'espressione indicata nell'art. 19 della Convenzione di Merida, con riferimento all'abuso d'ufficio, colloca tale previsione non nell'ambito delle semplici raccomandazioni, bensi' delle disposizioni aventi carattere obbligatorio. Il profilo convenzionale che viene qui in rilievo riguarda tuttavia non tanto, l'obbligo di penalizzazione per gli stati che non contemplino una norma incriminatrice delle condotte rilevati ai sensi dell'art. 19 quanto piuttosto l'obbligo di non abrogazione delle fattispecie di abuso d'ufficio esistenti, palesemente trasgredito dall'art. 1 della legge n. 114/2024. Va infatti ricordato che lo Stato italiano ha aderito alla Convenzione di Merida nel 2003, quando l'ordinamento penale gia' contemplava una fattispecie di abuso d'ufficio del tutto conforme alle prescrizioni convenzionali, poi modificata in sede legislativa nel 2020 riducendo e circoscrivendo il profilo della violazione di legge ma restando pienamente nel solco delle indicazioni della Convenzione di Merida. E allora, la sopravvenuta abrogazione dell'abuso d'ufficio, reato preesistente rispetto alla Convenzione di Merida, integra la violazione di un trattato internazionale e quindi della Costituzione attraverso il meccanismo di cui agli art. 11 e 117 Costituzione concordando il decidente con la ricostruzione della questione nei termini per cui nell'ipotesi in cui un ordinamento che ha sottoscritto la convenzione preveda gia', al momento dell'assunzione di un obbligo internazionale, una norma interna conforme a quella internazionale, gravi sullo Stato contraente un obbligo di non abrogazione. Si richiamano sul punto le osservazioni formulate dal Tribunale di Firenze con l'ordinanza di rimessione del 3 ottobre 2024: «appare del tutto logico... ritenere che le indicazioni discendenti dalla Convenzione di Merida vadano declinate diversamente a seconda del fatto che lo Stato aderente abbia o meno gia' adottato nel proprio ordinamento la fattispecie di abuso d'ufficio, in modo che laddove lo Stato contraente non abbia introdotto la fattispecie prima dell'adesione alla Convenzione di Merida, sara' tenuto a valutare concretamente e seriamente la sua introduzione in conformita' al proprio diritto interno, dovendo compiere uno sforzo reale per vedere se essa sia compatibile con il proprio ordinamento giuridico; di talche', laddove tale compatibilita' sussista, lo Stato contraente, onde intenda adeguarsi all'obbligo internazionale, sara' ragionevolmente tenuto ad introdurlo, mentre lo Stato contraente che, invece, come l'Italia, abbia gia' introdotto la fattispecie prima dell'adesione alla Convenzione di Merida e che abbia, dunque. gia' positivamente valutato la conformita' della fattispecie rispetto al proprio diritto interno - dovendo mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse (art. 7, comma 4, Convenzione di Merida) - per adeguarsi all'obbligo internazionale di cui all'art. 19, sara' tenuto a non abrogare la fattispecie gia' vigente». L'abrogazione di una norma penale il cui mantenimento e' previsto in termini di obbligo (ma la medesima conclusione si prospetta anche qualora si considerasse configurabile una mera raccomandazione) da un trattato internazionale cui e' stata prestata adesione appare del tutto in contrasto con i principi di ragionevolezza, cardine dell'ordinamento interno anche costituzionale, e di buona fede, criterio quest'ultimo espressamente richiamato dall'art. 31 della Convenzione di Vienna in tema di interpretazione dei trattati («Art. 31 Regola generale per l'interpretazione. 1. Un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo»). Si richiamano altresi' a completamento del quadro degli obblighi assunti con la sottoscrizione e successiva ratifica della Convenzione di Merida, l'art. 7, comma 4 della Convenzione («4. Ciascuno stato si adopera, conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno, al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse») e, in termini generali, l'art. 65 (Art. 65 Attuazione della Convenzione 1. Ciascuno Stato Parte adotta le misure necessarie, comprese misure legislative ed amministrative, in conformita' con i principi fondamentali del suo ditino interno, per assicurare l'esecuzione dei suoi obblighi ai sensi della presente Convenzione. 2. Ciascuno Stato Parte puo' adottare misure piu' strette o severe di quelle previste dalla presente Convenzione al fine di prevenire e combattere la corruzione»). Si ritiene, per quanto sopra indicato. che sia non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' relativamente al contrasto con la Costituzione dell'art. 1, comma 1, lett. b) della legge 9 agosto 2024, n. 114 nella parte in cui abroga il reato di cui all'art. 323 del codice penale per violazione degli artt. 11 e 117, comma 1 Costituzione, in relazione agli artt. 7, comma 4, 19 e 65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (cd. Convenzione di Merida). P.Q.M. Visti gli artt. 134 Costituzione, 1 Legge Costituzione 1/1948, 23 e ss. L. n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 1, comma 1, lett. B) della legge 9 agosto 2024, n. 114, nella parte in cui abroga l'art. 323 del codice penale, per violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione. Sospende l'udienza preliminare in corso per gli imputati M F , F. M , P G , per i reati loro ascritti ai capi 5, 7, 12, 17, 30 e 34 come contestati nella richiesta di rinvio a giudizio del 22 maggio 2024. Sospende i termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio innanzi alla Corte costituzionale cui dispone l'immediata trasmissione degli atti. Dispone, a cura della Cancelleria, la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la notificazione ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Siracusa, 12 dicembre 2024. Il Giudice dell'udienza preliminare: Carrubba