Reg. ord. n. 118 del 2025 pubbl. su G.U. del 25/06/2025 n. 26

Ordinanza del Consiglio di Stato  del 26/05/2025

Tra: Soelia spa  C/ Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. spa



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da tali impianti – Deroga alle disposizioni di rimodulazione delle tariffe in senso peggiorativo, di cui ai commi da 3 a 6 dell’art. 26 del decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito, prevista a favore degli impianti i cui soggetti responsabili erano, all’entrata in vigore della legge di conversione, enti locali o scuole – Mancata previsione che tale deroga si applica, alle medesime condizioni, anche agli impianti i cui soggetti responsabili sono società in house costituite da enti locali – Denunciata disparità di trattamento tra enti locali e società in house da questi costituite, essendo solo i primi esentati dalla rimodulazione in peius delle tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici – Violazione del principio di uguaglianza – Previsione di un trattamento deteriore per le società in house rispetto a quello applicabile agli enti locali che hanno mantenuto una gestione interna dei servizi, che penalizza ingiustificatamente tale scelta organizzativa, anche quando essa rappresenti la scelta più razionale ed efficiente – Lesione del principio di buon andamento – Disparità di trattamento tra soggetti parimenti preordinati all’attuazione dell’interesse pubblico, senza una giustificazione razionale e coerente con i principi dell’ordinamento – Violazione del principio di ragionevolezza.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 12/09/2014  Num. 133  Art. 22

legge  del 11/11/2014  Num. 164  Art. 1  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 118 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 2025

Ordinanza del 26 maggio 2025  del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da Soelia spa contro Gestore dei servizi energetici - G.S.E.
spa e Ministero delle imprese e del made in Italy. 
 
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Interventi sulle
  tariffe incentivanti per l'elettricita' prodotta da tali impianti -
  Deroga alle disposizioni di rimodulazione delle  tariffe  in  senso
  peggiorativo,  di  cui  ai  commi  da  3  a  6  dell'art.  26   del
  decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito,  prevista  a  favore
  degli impianti i cui soggetti responsabili  erano,  all'entrata  in
  vigore della legge di conversione, enti locali o scuole  -  Mancata
  previsione che tale deroga si applica,  alle  medesime  condizioni,
  anche agli impianti i cui soggetti responsabili  sono  societa'  in
  house costituite da enti locali. 
- Legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 22-bis  (recte:  decreto-legge
  12 settembre 2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per  l'apertura  dei
  cantieri,   la   realizzazione   delle    opere    pubbliche,    la
  digitalizzazione  del  Paese,   la   semplificazione   burocratica,
  l'emergenza del dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
  attivita' produttive), convertito, con modificazioni,  nella  legge
  11 novembre 2014, n. 164, art. 22-bis). 


(GU n. 26 del 25-06-2025)

 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione seconda) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 3716  del  2023,  proposto  da  Soelia  S.p.a.,  in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall'avvocato Cesare Mainardis, con domicilio digitale come da Pec da
registri di giustizia; 
    Contro Gestore dei servizi energetici - G.S.E. S.p.a.,  Ministero
delle imprese e del made in Italy, non costituiti in giudizio; 
    Per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio, sezione terza, n. 13186 del 17 ottobre  2022,
resa tra le parti; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e  l'art.  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87, 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  1°  aprile  2025  il
consigliere Luca Emanuele Ricci; 
 
                                Fatto 
 
    1. L'appellante Soelia e' una  societa'  in  house  integralmente
partecipata dal Comune di Argenta, che gestisce per  conto  dell'ente
controllante una serie di servizi pubblici locali. 
    1.1. In data 18 dicembre 2012, essa ha stipulato con  il  Gestore
dei servizi energetici (G.S.E.), ai sensi  dell'art.  7  del  decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e del  decreto  ministeriale  5
maggio 2011, una convenzione pluriennale per il riconoscimento  della
tariffa incentivante per l'energia elettrica prodotta da  conversione
fotovoltaica   presso    l'impianto    denominato    «fotovoltaico993
_soelia_argenta», di potenza nominale pari a 993,60 kW. 
    2. Con ricorso proposto  al  Tribunale  amministrativo  regionale
Lazio  e  affidato  ad  undici  motivi,  la  societa'  ha   domandato
l'annullamento di una serie di provvedimenti (decreti  del  Ministero
dello sviluppo economico e note operative del G.S.E.)  attuativi  del
sopravvenuto  art.  26  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91
(convertito in legge 11 agosto 2014, n. 116). 
    2.1. La citata disposizione di legge, infatti, ha  modificato  le
modalita' di  liquidazione  degli  incentivi  sull'energia  elettrica
prodotta da impianti solari fotovoltaici (comma 2) e, con riferimento
agli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW - qual e' quello
della societa' appellante - ha rimodulato in  senso  peggiorativo  la
tariffa incentivante gia' riconosciuta (comma 3), salva l'opzione per
una riduzione dell'incentivo in atto (comma 7). 
    3.  Nel  corso  del  giudizio  di  primo  grado,   il   Tribunale
amministrativo regionale Lazio ha rimesso  alla  Corte  di  giustizia
dell'Unione  europea,  ai  sensi  dell'art.  267  del  T.F.U.E.,  una
questione pregiudiziale inerente  alla  compatibilita'  della  citata
normativa  nazionale  con  il  diritto  eurounitario  (sezione   III,
ordinanza 7 febbraio 2020, n. 1662),  sospendendo  il  giudizio  fino
alla sua definizione. 
    4. Con ordinanza del 1° marzo 2022, C-608/20, C-611/20, C-595/19,
C-512/19, C-306/19, la Corte di giustizia ha ritenuto che il  diritto
europeo non osti ad una normativa nazionale che prevede la  riduzione
o il rinvio del pagamento  degli  incentivi  per  l'energia  prodotta
dagli impianti solari fotovoltaici, incentivi in precedenza  concessi
mediante  decisioni   amministrative   e   confermati   da   apposite
convenzioni concluse  tra  gli  operatori  di  tali  impianti  e  una
societa' pubblica, qualora tale normativa riguardi gli incentivi gia'
previsti, ma non ancora dovuti. 
    5. Preso atto di tale pronuncia,  con  memoria  del  2  settembre
2022, la societa' ricorrente ha espressamente rinunciato  a  tutti  i
motivi proposti, ad eccezione di quello - articolato al punto n.  3.7
dell'originario  ricorso  -  volto  a  dedurre  l'illegittimita'  dei
provvedimenti  impugnati,  in   via   derivata   «dall'illegittimita'
dell'art 22-bis della legge  n.  164/2014  nella  parte  in  cui  non
accomuna la ricorrente Soelia S.p.a. nella  disciplina  riservata  ad
"enti locali" e "scuole"». 
    6. Con sentenza della sezione III, n. 13186 del 17 ottobre  2022,
il Tribunale amministrativo regionale Lazio ha respinto  il  ricorso,
rilevando l'infondatezza del motivo non rinunciato. 
    7. La societa' ha proposto appello avverso la predetta sentenza. 
    7.1. Con un unico motivo  di  appello  («Violazione  dell'art.  3
della Costituzione, dell'art. 14 delle  Preleggi  al  codice  civile,
dell'art. 22-bis della legge  n.  164/2014  come  interpretato  dalla
Corte costituzionale (sentenza n. 16/2017). Erroneita' ed ingiustizia
della sentenza impugnata. Conseguente fondatezza del motivo  n.  3.7.
del Ricorso originario»),  la  societa'  ripropone  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge n. 164/2014,
nella parte in cui esclude dalla deroga  ivi  prevista  a  favore  di
«enti locali» e «scuole», le societa' in house  costituite  da  detti
enti. 
    8. Non si sono costituite le amministrazioni intimate. 
    9. L'appellante ha depositato memorie in data 27  febbraio  e  11
marzo 2025. 
    10. Il giudizio e'  stato  trattenuto  in  decisione  all'udienza
pubblica del 1° aprile 2025. 
 
                               Diritto 
 
    1. In base all'art. 22-bis della legge 11 novembre 2014,  n.  164
(di conversione del decreto-legge 12 settembre  2014,  n.  133),  «le
disposizioni di cui ai commi da 3 a 6 dell'art. 26 del  decreto-legge
24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge  11
agosto 2014, n. 116, non si applicano agli impianti  i  cui  soggetti
responsabili erano, alla data di entrata  in  vigore  della  predetta
legge di conversione, enti locali o scuole». 
    1.1. La disposizione reca una deroga al regime  di  rimodulazione
degli  incentivi  per  l'energia  prodotta  dagli   impianti   solari
fotovoltaici, introdotto dall'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014, a
beneficio esclusivo di ben determinate categorie di soggetti,  ovvero
«enti locali» o «scuole». 
    2.  Secondo  la  societa'  appellante,  l'art.   22-bis   citato,
nell'escludere dal proprio campo applicativo  le  societa'  in  house
costituite da enti locali (categoria soggettiva  cui  essa  stessa  -
interamente  partecipata  dal  Comune  di  Argenta  e  deputata  allo
svolgimento di servizi pubblici locali, cfr. la visura  prodotta  sub
doc. 3 - e' riconducibile), violerebbe l'art. 3  della  Costituzione,
dando origine ad una ingiustificata  differenziazione  di  disciplina
tra situazioni giuridiche omogenee. 
    2.2. Infatti, mentre gli enti locali che abbiano avviato progetti
di  risparmio  energetico  possono  continuare  a  beneficiare  degli
incentivi gia' riconosciuti, a condizioni invariate  fino  alla  loro
naturale  scadenza,  le  societa'  in  house  costituite  dai   primi
subiscono gli effetti della rimodulazione delle tariffe incentivanti,
disposta dall'art. 26, commi 3 e  6,  del  decreto-legge  n.  91/2014
(convertito in legge n. 116/2014). 
    2.3. Ritiene l'appellante che  tale  differenziazione  non  possa
trovare giustificazione nella natura privatistica delle  societa'  in
house. Queste, infatti, oltre a  costituire  una  mera  articolazione
interna dell'ente locale, da cui  si  distinguono  solo  formalmente,
partecipano del medesimo interesse pubblico facente capo a tale ente,
che  costituisce  la  ratio  della   disciplina   derogatoria,   come
ricostruita da Corte costituzionale, 24 gennaio 2017, n. 16. 
    2.4. L'appellante  chiede,  pertanto  -  ove  non  sia  possibile
operare un'interpretazione estensiva e  costituzionalmente  orientata
della disposizione, nel senso di  includere  tra  gli  «enti  locali»
anche le societa' in house costituite da detti enti  -  di  sollevare
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge
11 novembre 2014, n. 164. 
    3.  Preliminarmente,  il   Collegio   ritiene   non   praticabile
l'interpretazione estensiva sopra prospettata. 
    3.1. Non vi e' dubbio, infatti, che le societa'  in  house  siano
entita' formalmente distinte dagli enti locali che le  costituiscono,
essendo dotate di autonoma soggettivita' giuridica  e  costituite  in
forma  societaria.  Esse,  dunque,  non  ricadono  all'interno  della
dizione  «enti  locali»,  nemmeno  nella  sua  piu'  lata  estensione
semantica. 
    3.2. Neppure e' praticabile il ricorso all'analogia,  trattandosi
di disposizione che reca un'espressa eccezione a quanto  statuito  da
altro, coevo, intervento legislativo ed e' quindi  insuscettibile  di
applicazione «oltre i casi e i tempi in ess[a] considerati» (art.  14
delle disposizioni sulla legge in generale). 
    4.  Cio'  premesso,  il  Collegio   ritiene   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 22-bis della legge 11 novembre 2014,  n.  164,  prospettata
dall'appellante, per le ragioni di seguito esposte. 
I. Sulla rilevanza. 
    5.  Sussiste,  ad  avviso  del  Collegio,  il   requisito   della
rilevanza, non potendo il giudizio essere definito «indipendentemente
dalla risoluzione della questione di legittimita'» (art. 23, comma 2,
legge n. 87/1953) dell'art. 22-bis della legge n. 164/2014. Infatti: 
        a) la disposizione e' invocata - previa  sua  interpretazione
estensiva o rimessione dell'incidente di  costituzionalita'  -  quale
parametro normativo dello scrutinio di legittimita' dei provvedimenti
impugnati (par. 3.7 del ricorso  di  primo  grado),  richiesto  dalla
societa' appellante; 
        b) la societa'  rientra  tra  i  soggetti  destinatari  della
rimodulazione degli incentivi  di  cui  all'art.  26,  comma  3,  del
decreto-legge n.  91/2014  (conv.  in  legge  n.  116/2014),  essendo
responsabile di un impianto fotovoltaico di potenza nominale  pari  a
993,60 kW, al quale e' stata  riconosciuta  la  tariffa  incentivante
(cfr. la convenzione  con  il  G.S.E.,  depositata  sub  doc.  5  del
giudizio di primo grado); 
        c) ove, pertanto, si applicasse l'art. 22-bis della legge  n.
164/2014,  la  societa'  continuerebbe  a  beneficiare   delle   piu'
favorevole disciplina degli incentivi, senza subire la  rimodulazione
introdotta dal decreto-legge n. 91/2014. 
II. Sulla non manifesta infondatezza. 
    6. Il Tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  22-bis  della  legge  n.
164/2014, rispetto agli articoli 3 e 97 della Costituzione. 
    7. La violazione dell'art. 3 della Costituzione emerge, in  primo
luogo, sotto il profilo della  disparita'  di  trattamento  tra  enti
locali e societa' in house da questi costituite, solo i primi essendo
esentati dalla rimodulazione «in peius»  delle  tariffe  incentivanti
per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici. 
    7.1. E' opportuno premettere che, con la sentenza del 24  gennaio
2017, n. 16, la Corte costituzionale ha  dichiarato  non  fondate  le
questioni  di   costituzionalita'   sollevate   in   relazione   alle
disposizioni (art. 26, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 91 del 2014)
che hanno previsto la suddetta rimodulazione. 
    7.2. In quell'occasione, la Corte ha  ritenuto  che  l'intervento
legislativo fosse  giustificato  dalla  necessita'  di  garantire  la
sostenibilita' delle politiche di supporto alle energie  rinnovabili,
in  un  contesto  in   cui   l'incrementata   remunerativita'   degli
investimenti sul fotovoltaico e l'elevato impatto  economico,  specie
sugli utenti finali, degli incentivi imponevano un  riequilibrio  del
sistema. Sulla base  di  tali  rilievi,  la  Corte  ha  escluso  ogni
violazione dei principi di ragionevolezza e di legittimo affidamento,
ritenendo altresi' non configurabile una  disparita'  di  trattamento
tra operatori  economici  privati  e  i  soggetti  («enti  locali»  e
«scuole») esentati dalla rimodulazione in forza della norma di cui si
discute,  «stante  l'evidente  non  omogeneita'  delle  categorie  di
soggetti cosi' comparate, e le  ragioni  di  rispondenza  a  pubblico
interesse della deroga in favore di enti e scuole». 
    7.3. Ponendo, invece, a confronto enti locali e societa' in house
da essi costituite non pare sussistere l'elemento  di  disomogeneita'
evocato dalla  Corte.  Al  contrario,  puo'  rinvenirsi  tra  le  due
categorie una evidente contiguita' istituzionale e funzionale,  oltre
ad  una  sostanziale  corrispondenza  degli   interessi   perseguiti.
Infatti: 
        a) le societa' in house - secondo la definizione  legislativa
oggi recata dall'art. 2, comma 1, lettera o), del decreto legislativo
19  agosto  2016,  n.  175  -   sono   le   societa'   «sulle   quali
un'amministrazione   esercita   il   controllo   analogo    o    piu'
amministrazioni esercitano  il  controllo  analogo  congiunto,  nelle
quali la partecipazione di capitali privati avviene  nelle  forme  di
cui  all'art.  16,  comma  1,   e   che   soddisfano   il   requisito
dell'attivita' prevalente di cui all'art. 16, comma 3»; 
        b) esse si contraddistinguono, dunque, per essere  sottoposte
ad un controllo dell'amministrazione «analogo a quello esercitato sui
propri  servizi,  esercitando  un'influenza  determinante  sia  sugli
obiettivi strategici che sulle decisioni significative della societa'
controllata» (art. 2, comma 1, lettera c),  del  decreto  legislativo
cit.),  per  essere  interamente  partecipate  dagli  enti   che   le
costituiscono   (salva   l'ipotesi,   del   tutto    marginale,    di
partecipazione «prescritta da norme di legge e che avvenga  in  forme
che non comportino controllo o potere di  veto,  ne'  l'esercizio  di
un'influenza determinante sulla societa' controllata«, art. 16, comma
1, decreto legislativo cit.), nonche' per il fatto di generare «oltre
l'ottanta per cento del loro  fatturato  ...  nello  svolgimento  dei
compiti a esse affidati dall'ente  pubblico  o  dagli  enti  pubblici
soci» (art. 16, comma 3, decreto legislativo cit.). 
        c) a fronte di tali caratteristiche  -  elaborate  a  partire
dalla nota sentenza della Corte di giustizia «Teckal» del 18 novembre
1999   (in   causa   C-107/98),   la    consolidata    giurisprudenza
amministrativa ritiene che la societa' in house,  benche'  dotata  di
autonoma  personalita'  giuridica,  presenti  «connotazioni  tali  da
giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio  interno"  dell'ente
pubblico che l'ha costituita, una sorta di longa manus; non  sussiste
tra l'ente e la societa' un rapporto  di  alterita'  sostanziale,  ma
solo formale» (Cons. Stato, sezione I, parere 21 marzo 2019, n.  883;
in termini anche sezione III, 25 febbraio 2020, n. 1385; sezione  VI,
26 maggio 2015, n. 2660); 
        d) anche secondo la giurisprudenza della Corte di  cassazione
- a partire dalla nota Cassazione civ., sezione  un.  ,  25  novembre
2013, n. 26283 - tale modello organizzativo «non pare [...] in  grado
di collocarsi come un'entita' posta al di fuori  dell'ente  pubblico,
il quale ne dispone come di una  propria  articolazione  interna.  E'
stato osservato, infatti, che essa non e' altro che una  longa  manus
della pubblica amministrazione, al punto che  l'affidamento  pubblico
mediante in house contract neppure consente veramente di  configurare
un rapporto contrattuale  intersoggettivo  (Corte  costituzionale  n.
46/13, cit.); di talche' "l'ente in house non  puo'  ritenersi  terzo
rispetto all'amministrazione controllante ma deve  considerarsi  come
uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa" (cosi'  Consiglio
di Stato, Ad. plen., n. 1/08, cit.). Il velo che normalmente nasconde
il socio dietro la societa' e' dunque squarciato: la distinzione  tra
socio (pubblico) e societa'  (in  house)  non  si  realizza  piu'  in
termini di alterita' soggettiva.  L'uso  del  vocabolo  societa'  qui
serve solo allora a significare che,  ove  manchino  piu'  specifiche
disposizioni  di  segno  contrario,  il  paradigma  organizzativo  va
desunto dal modello societario;  ma  di  una  societa'  di  capitali,
intesa come persona giuridica autonoma cui  corrisponda  un  autonomo
centro decisionale e di cui sia possibile  individuare  un  interesse
suo proprio, non e' piu' possibile parlare». 
    7.4. Per tali ragioni, l'assimilazione di disciplina tra societa'
in house e amministrazioni pubbliche - prescindendo, in questa  sede,
dalle questioni relative alla possibilita'  di  ricevere  affidamenti
diretti senza gara - e' gia' riconosciuta in molteplici  e  rilevanti
ambiti disciplinari, quali: 
        a) l'attribuzione alla giurisdizione contabile delle  domande
di risarcimento del danno al patrimonio sociale, trattandosi di danno
erariale (cfr. Cassazione civile, sezione un., 1°  ottobre  2021,  n.
26738) «la configurabilita' di una societa' a partecipazione pubblica
come  societa'   in   house,   giustificandone   l'assimilazione   ad
un'articolazione organizzativa interna  dell'ente  pubblico  titolare
della  partecipazione  sociale,  cui  e'  immanente  il  rapporto  di
servizio tra quest'ultimo e gli amministratori o i  dipendenti  della
societa', comporta il superamento della distinzione tra le rispettive
sfere giuridiche e  patrimoniali,  consentendo  di  qualificare  come
danno erariale, cioe' come pregiudizio arrecato direttamente al socio
pubblico, quello subito dal patrimonio  della  societa'  per  effetto
della mala gestio degli amministratori o dei dipendenti»); 
        b) le modalita' di reclutamento del  personale,  che  secondo
l'art. 19 del decreto legislativo n.  175/2016  (e  gia'  prima,  per
effetto dell'art. 18 del decreto-legge n. 112/2008, conv. in legge n.
133/2008)  deve  avvenire  «nel  rispetto  dei  principi,  anche   di
derivazione europea, di trasparenza, pubblicita'  e  imparzialita'  e
dei principi di cui all'art. 35, comma 3, del decreto legislativo  30
marzo 2001, n. 165» (comma 2),  a  pena  di  nullita'  dei  contratti
stipulati (comma 4). Pur non trattandosi di vere e proprie  procedure
pubblicistiche,  l'introduzione  di  vincoli  al   reclutamento   del
personale muove dalla necessita' di «mettere un freno a situazioni di
scarsa considerazione delle risorse  pubbliche»,  quali  sono  quelle
gestite dalle societa' in house (Cass. civ., sezione un. ,  ordinanza
3 luglio 2023, n. 18749); 
        c) la piena accessibilita' degli atti relativi  all'attivita'
di pubblico interesse  svolta  dalla  societa'  in  house,  ai  sensi
dell'art. 22,  comma  1,  lettera  e),  del  decreto  legislativo  n.
241/1990 (Tribunale amministrativo regionale della Sicilia,  Palermo,
sezione I, 4 maggio 2023, n. 1498; Tribunale amministrativo regionale
Veneto, sezione I, ordinanza 7 luglio 2022, n. 114); 
        d) l'applicabilita' alle societa'  in  house  del  regime  di
prorogatio degli organi sociali, di cui al  decreto-legge  16  maggio
1994, n. 293, convertito, con modificazioni, dalla  legge  15  luglio
1994, n. 444 (art. 15, decreto legislativo n. 175/2016); 
        e) la qualificazione in termini  di  incaricato  di  pubblico
servizio del legale rappresentante di una societa'  in  house  (Cass.
pen,  sezione  VI,  3  luglio  2017,  n.   39350)   con   conseguente
applicazione della disciplina penalistica propria dei reati contro la
pubblica amministrazione (ex multis, Cassazione pen, sezione  VI,  13
giugno 2019, n. 38260). 
    7.5. Come risulta dalla sopra riportata - benche' non esaustiva -
elencazione, i principali elementi che  giustificano  l'assimilazione
delle societa' in house alle amministrazioni si  individuano,  da  un
lato, nella natura delle attivita'  da  esse  svolte,  funzionalmente
orientate  al  perseguimento  dell'interesse  generale  facente  capo
all'ente controllante; dall'altro, nell'utilizzo e nella gestione  di
risorse pubbliche, stante la sostanziale coincidenza patrimoniale tra
la societa' partecipata e l'ente pubblico (o gli  enti  pubblici)  di
riferimento. 
    7.6.  Entrambi  questi   profili,   ad   avviso   del   Collegio,
militerebbero a  favore  di  una  parificazione  del  trattamento  di
societa' in house ed enti locali in punto di regime  degli  incentivi
energetici. La ratio della deroga di cui all'art. 22-bis della  legge
n. 164/2014, espressamente identificata nella  tutela  dell'interesse
pubblico di cui sono portatori «enti locali» e «scuole», infatti,  si
rinviene in egual misura anche con riferimento alle societa' in house
costituite  dagli  enti  locali,   le   quali   operano   per   conto
dell'amministrazione controllante nello  svolgimento  di  servizi  di
interesse generale. 
    7.7.  Al  contempo,  poiche'  la  rimodulazione   delle   tariffe
incentivanti     incide     direttamente     sulla      remunerazione
dell'investimento effettuato, e tale investimento e'  sostenuto,  sia
nel caso degli enti locali sia in  quello  delle  societa'  in  house
costituite dai primi,  con  risorse  interamente  pubbliche,  nemmeno
sotto    il    profilo     della     salvaguardia     dell'equilibrio
economico-finanziario degli enti considerati dalla norma si  rinviene
alcuna ragione giustificabile per assoggettare le societa' in house a
un trattamento deteriore. 
    8. L'art. 22-bis della legge n.  164/2014  appare,  altresi',  in
contrasto con gli articoli  3  e  97  della  Costituzione,  sotto  il
profilo della ragionevolezza  intrinseca  della  scelta  legislativa,
anche   in   rapporto   con   il   principio   di   buon    andamento
dell'amministrazione. 
    8.1. Il suddetto principio, infatti, impone ai soggetti  pubblici
di operare secondo canoni di  efficienza,  economicita'  e  razionale
allocazione delle risorse. In tale prospettiva,  la  costituzione  di
una societa' in house per la gestione di servizi pubblici rappresenta
per l'ente locale una legittima espressione della  propria  autonomia
amministrativa e organizzativa, utile al perseguimento  dei  predetti
obiettivi. La previsione di un trattamento  deteriore  -  seppur  nel
particolare ambito di cui  trattasi  -  per  le  societa'  in  house,
rispetto a quello applicabile agli enti locali che abbiano  mantenuto
una  gestione  interna   dei   servizi,   finisce   per   penalizzare
ingiustificatamente  (e  indirettamente  scoraggiare)   tale   scelta
organizzativa, anche quando essa rappresenti l'opzione piu' razionale
ed efficiente, in contrasto con il principio di buon andamento. 
    8.2. Per altro profilo, l'impossibilita' di  riferire  la  deroga
prevista per gli enti locali alle loro societa' in house finisce  per
essere ancorata ad un mero dato «formale» - la distinta soggettivita'
giuridica - che  non  riflette  una  reale  diversita'  di  funzioni,
finalita' o interessi perseguiti. In tal modo, il legislatore  tratta
diversamente   soggetti    parimenti    preordinati    all'attuazione
dell'interesse  pubblico,   in   assenza   di   una   giustificazione
ragionevole e coerente con i principi dell'ordinamento. Se  e'  vero,
come riconosciuto dalla stessa Corte nella sentenza n.  16/2017,  che
la deroga trova fondamento nell'interesse pubblico  facente  capo  ad
enti locali e scuole, non si comprende perche' tale  interesse  possa
essere riferito solo agli enti locali in via diretta ed immediata,  e
non possa  essere  ugualmente  riscontrato  quando  gli  stessi  enti
abbiano scelto di erogare servizi mediante una  propria  societa'  in
house.  La  limitazione  ai  primi  della  deroga  risulta,   dunque,
intrinsecamente irragionevole. 
    8.3. Nella medesima pronuncia, peraltro, la  Corte  ha  affermato
che non puo' sussistere disparita'  di  trattamento  tra  i  soggetti
contemplati dall'art. 22-bis e la  generalita'  degli  operatori,  in
quanto le  categorie  considerate  dal  legislatore  (enti  locali  e
scuole) non sarebbero omogenee agli operatori  economici  comuni.  La
societa' in house  non  rientra  pero'  nel  novero  degli  operatori
economici privati:  essa  e'  un  soggetto  formalmente  distinto  ma
funzionalmente interno all'amministrazione. L'effetto dell'esclusione
dalla deroga e' dunque quello di assimilare le societa'  in  house  a
operatori privati,  in  contraddizione  con  il  quadro  normativo  e
giurisprudenziale  che  ne  riconosce   la   natura   sostanzialmente
pubblica. 
    9. Alla stregua  dei  rilievi  fin  qui  svolti,  questo  Giudice
ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge 11  novembre
2014, n. 164, di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014,  n.
133, nella parte in cui non prevede che la deroga  alle  disposizioni
di cui ai commi da 3 a 6 dell'art. 26  del  decreto-legge  24  giugno
2014, n. 91 (convertito, con modificazioni,  dalla  legge  11  agosto
2014, n. 116), prevista a  favore  degli  impianti  «i  cui  soggetti
responsabili erano, alla data di entrata  in  vigore  della  predetta
legge di conversione,  enti  locali  o  scuole»,  si  applichi,  alle
medesime condizioni, anche agli impianti i cui soggetti  responsabili
siano societa' in house costituite da enti locali. 
    9.1. Vanno conseguentemente disposte, ai sensi dell'art. 23 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, la sospensione del presente giudizio e la
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,  secondo   le
modalita' indicate in dispositivo. 
    9.2. Dalla data di pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  della
pronuncia della Corte costituzionale decorrera' il termine perentorio
di sei mesi per la riassunzione del giudizio. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione  seconda),
non  definitivamente  pronunciando  sull'appello,  come  in  epigrafe
proposto,  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22-bis della legge
11 novembre  2014,  n.  164  (di  conversione  del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 133), nei termini e  per  le  ragioni  di  cui  in
motivazione. 
    Sospende,  per  l'effetto,  il  presente   giudizio   fino   alla
definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che, a cura della segreteria, la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa ed al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  1°
aprile 2025 con l'intervento dei magistrati: 
        Oberdan Forlenza, Presidente; 
        Giovanni Sabbato, consigliere; 
        Cecilia Altavista, consigliere; 
        Francesco Guarracino, consigliere; 
        Luca Emanuele Ricci, consigliere, estensore. 
 
                       Il Presidente: Forlenza 
 
 
                                                   L'estensore: Ricci