Reg. ord. n. 131 del 2025 pubbl. su G.U. del 09/07/2025 n. 28

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna  del 09/06/2025

Tra: Maple Tree Solar srl  C/ Regione autonoma della Sardegna



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che individua le aree idonee e le superfici idonee, non idonee e ordinarie al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 9, primo e secondo periodo, della Costituzione nonché delle disposizioni di cui agli artt. 3, lettere f), m) e n), e 4, lettera e), dello statuto speciale e delle disposizioni attuative e secondo un criterio pianificatorio di sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica e quella di governo del territorio – Previsione che detta disposizioni urgenti, nel rispetto della lettera a), ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e in conformità a quanto previsto dal decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024 – Previsione che garantisce la minimizzazione dell'impatto ambientale e paesaggistico degli impianti di energia a fonti rinnovabili, nonché la loro programmazione territoriale al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari in materia di decarbonizzazione e transizione energetica, nonché nel rispetto degli obiettivi di potenza complessiva da traguardare all'anno 2030 per la Regione autonoma della Sardegna – Previsione che garantisce la massimizzazione delle aree da individuare per agevolare il raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A dell'art. 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024, nonché per garantire le esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici – Previsione che si applica a tutto il territorio della regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi – Divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee come individuate dagli Allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell’art. 1 della legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 – Applicazione di tale divieto anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Idoneità all'installazione di impianti FER delle aree e delle superfici di cui all'Allegato F della legge regionale n. 20 del 2024, nonché delle aree idonee di cui al comma 7 secondo periodo – Previsione che sono aree ordinarie tutte le porzioni di territorio non ricomprese negli allegati delle succitata legge – Realizzazione degli impianti e degli accumuli FER, indipendentemente dalla loro collocazione in aree idonee o in aree ordinarie, vincolata al rispetto dei requisiti e delle prescrizioni di cui all'Allegato G della medesima legge regionale, nonché al rispetto delle specifiche prescrizioni di natura territoriale, urbanistica, edilizia, paesaggistica, con particolare riferimento al Piano paesaggistico regionale, ambientale e tecnica proprie dell'area e dell'impianto oggetto di istanza di autorizzazione – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Denunciata introduzione di una disciplina che ha individuato molteplici aree inidonee all’installazione degli impianti, pari quasi al 95% dell’intero territorio regionale, anziché limitarsi ad individuare puntualmente le aree idonee beneficiarie di apposita accelerazione autorizzativa – Contrasto con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia per il raggiungimento degli obiettivi di politica energetica dettati dalla normativa europea, nonché con la normativa nazionale attuativa di tali obiettivi – Violazione dello Statuto – Lesione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali – Disciplina regionale che, per tutelare il paesaggio regionale, detta una normativa in contrasto con la legislazione nazionale volta a garantire la massima diffusione degli impianti energetici da fonti rinnovabili – Previsioni in conflitto con i principi quadro, in materia di produzione energetica, con le regole finalizzate alla tutela dell’ambiente, in merito alla quale lo Stato dispone di una competenza trasversale e con i principi fondamentali e norme di riforma economico sociale – Eccedenza dalle competenze statutarie – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali – Violazione della competenza legislativa concorrente dello Stato in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia – Legislazione regionale retroattiva che, dichiarandosi applicabile anche laddove sia già stato rilasciato il titolo autorizzativo, sancendone addirittura l’inefficacia ex lege, incide su un quadro normativo che da tempo sanciva la sicura realizzabilità degli impianti sulle aree individuate dalla legge statale, al fine di realizzare la transizione energetica – Lesione del principio di affidamento – Normativa incidente su quasi tutto il territorio regionale, con portata preclusiva di qualunque nuovo intervento, che favorisce le finalità paesaggistiche, ma trascura le ricadute negative inerenti alla politica energetica eurounitaria e nazionale – Previsione regionale che, sottraendo agli effetti della nuova disciplina inibitoria i soli impianti la cui già intervenuta esecuzione, abbia già comportato, alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, un’irreversibile trasformazione del fondo interessato, è irragionevole, poiché la realizzazione di nuovi impianti richiede notevoli investimenti preventivi rispetto alla concreta esecuzione dei lavori – Disparità di trattamento di situazioni imprenditoriali incise dalla medesima sopravvenienza normativa – Lesione del principio di uguaglianza – Violazione della libertà di iniziativa economica privata.

Norme impugnate:

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 6

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.    Co.  

regolamento CE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva CE  Art.    Co.  

direttiva CE  Art.    Co.  

direttiva CE  Art.    Co.  

direttiva CE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 131 ORDINANZA (Atto di promovimento) 09 giugno 2025

Ordinanza del 9 giugno 2025 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per la Sardegna sul ricorso  proposto  da  Maple  Tree  Solar  S.r.l.
contro Regione autonoma della Sardegna, Comune di Usini e Unione  dei
comuni del Coros. 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l'individuazione  di
  aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di  impianti
  a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che individua  le
  aree idonee e le superfici idonee, non idonee e ordinarie  al  fine
  di favorire la transizione ecologica, energetica  e  climatica  nel
  rispetto delle disposizioni di cui  all'art.  9,  primo  e  secondo
  periodo, della Costituzione nonche' delle disposizioni di cui  agli
  artt. 3, lettere f), m) e  n),  e  4,  lettera  e),  dello  statuto
  speciale per la Sardegna e delle disposizioni attuative  e  secondo
  un criterio pianificatorio di sistema che tenga  in  considerazione
  la pianificazione energetica e quella di governo del  territorio  -
  Previsione che  detta  disposizioni  urgenti,  nel  rispetto  della
  lettera a), ai sensi dell'art. 20, comma 4, del decreto legislativo
  n. 199 del 2021 e in conformita' a quanto previsto dal decreto  del
  Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno  2024
  -  Previsione  che  garantisce   la   minimizzazione   dell'impatto
  ambientale e  paesaggistico  degli  impianti  di  energia  a  fonti
  rinnovabili, nonche' la loro programmazione territoriale al fine di
  garantire il rispetto  degli  obblighi  comunitari  in  materia  di
  decarbonizzazione e transizione energetica,  nonche'  nel  rispetto
  degli obiettivi di potenza complessiva da traguardare all'anno 2030
  per la Regione autonoma Sardegna -  Previsione  che  garantisce  la
  massimizzazione  delle  aree  da  individuare  per   agevolare   il
  raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella  A  dell'art.  2
  del decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica
  21 giugno 2024, nonche' per garantire le  esigenze  di  tutela  del
  patrimonio  culturale  e  del  paesaggio,  delle  aree  agricole  e
  forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici - Previsione
  che si applica a tutto il territorio della regione, ivi comprese le
  aree  e  le  superfici  sulle  quali  insistono  impianti  a  fonti
  rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di
  competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non  abbiano
  determinato una modifica irreversibile dello  stato  dei  luoghi  -
  Divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle  rispettive
  aree non idonee come individuate dagli Allegati A, B, C, D, E e dai
  commi 9 e 11 dell'art. 1  della  legge  della  Regione  Sardegna  5
  dicembre 2024, n. 20 - Applicazione  di  tale  divieto  anche  agli
  impianti e gli accumuli FER la cui  procedura  autorizzativa  e  di
  valutazione ambientale, di competenza regionale o  statale,  e'  in
  corso al  momento  dell'entrata  in  vigore  della  medesima  legge
  regionale - Previsione che non puo' essere dato corso alle  istanze
  di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in  vigore
  della legge regionale n. 20 del 2024, risultino  in  contrasto  con
  essa  e  ne  pregiudichino  l'attuazione   -   Previsione   che   i
  provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli  abilitativi  comunque
  denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli  impianti  ricadenti
  nelle aree non idonee, sono privi di  efficacia  -  Previsione  che
  sono fatti salvi i provvedimenti aventi  ad  oggetto  impianti  che
  hanno gia' comportato una modificazione irreversibile  dello  stato
  dei luoghi - Idoneita' all'installazione di impianti FER delle aree
  e delle superfici di cui all'Allegato F della legge regionale n. 20
  del 2024, nonche' delle aree idonee di  cui  al  comma  7,  secondo
  periodo - Previsione che sono aree ordinarie tutte le  porzioni  di
  territorio non ricomprese negli allegati delle  succitata  legge  -
  Realizzazione   degli    impianti    e    degli    accumuli    FER,
  indipendentemente dalla loro collocazione in aree idonee o in  aree
  ordinarie, vincolata al rispetto dei requisiti e delle prescrizioni
  di cui all'Allegato G della medesima legge  regionale,  nonche'  al
  rispetto delle  specifiche  prescrizioni  di  natura  territoriale,
  urbanistica, edilizia, paesaggistica, con  particolare  riferimento
  al Piano paesaggistico  regionale,  ambientale  e  tecnica  proprie
  dell'area e dell'impianto oggetto di istanza  di  autorizzazione  -
  Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale
  ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite
  non idonee, prevale il criterio di non idoneita'. 
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
  per l'individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee
  all'installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti
  autorizzativi), art. 1, commi 1, 2, 5, 6, 7 e Allegati A e G. 


(GU n. 28 del 09-07-2025)

 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                           PER LA SARDEGNA 
                           sezione seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 156 del 2025, proposto da Maple Tree Solar  S.r.l.,
in persona del legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e
difesa dagli avvocati Carlo Comande', Serena Caradonna  e  Margherita
Geraci, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia; 
    Contro: 
        Comune di Usini, in persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentato e  difeso  dall'avvocato  Enrico  Pintus,  con
domicilio digitale come da pec da registri di giustizia; 
        Regione Sardegna, in persona del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mattia Pani e Giovanni
Parisi, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia; 
    Nei confronti Unione dei  Comuni  del  Coros  -  Sportello  unico
attivita' produttive e edilizia,  non  costituita  in  giudizio,  per
l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia: 
        dell'ordinanza prot. n. 3 del 13  gennaio  2025  con  cui  il
Comune di Usini ha ordinato alla Societa'  Maple  Tree  Solar  S.r.l.
l'immediata sospensione  dei  lavori  inerenti  all'esecuzione  della
«Realizzazione  impianto  fotovoltaico,  in  agro  di   Usini,   Loc.
S'Iscalone, Provvedimento unico n. 21 del 21  aprile  2023,  societa'
proponente Maple Tree solar S.r.l.», trasmessa alla societa' con nota
del 14 gennaio 2025; 
        della comunicazione del 14 gennaio  2025  con  cui  l'ufficio
tecnico del Comune di Usini ha rilevato che «a seguito  di  controlli
effettuati dal Corpo forestale e vigilanza ambientale -  Stazione  di
Ittiri, e dal personale dell'ufficio  tecnico,  i  quali  hanno  dato
luogo all'emissione dell'ordinanza RST n. 03/2025 di sospensione  dei
lavori dell'intervento in argomento, il Provvedimento unico n. 21 del
21 aprile 2024 risulta privo di efficacia in quanto ricadente in aree
non idonee ai sensi della legge regionale n. 20/2024 non  comportando
modificazioni  irreversibili  dello  stato  dei  luoghi   alla   data
dell'entrata  in  vigore  (6  dicembre  2024)  della   stessa   legge
regionale»; 
        ove occorra e per quanto di ragione, della  nota  prot.  1262
pos. X.7.4 del 24 dicembre 2024 della Stazione forestale di  V.A.  di
Ittiri, recante «Verbale di accertamento dello  stato  dei  luoghi  -
agro  di  Usini,  lo.  S'Iscalone  -  realizzazione  di  un  impianto
fotovoltaico - provvedimento  unico  n.  21  del  21  aprile  2023  -
societa' proponente  "Inzaina  Nicolo'"  con  voltura  alla  societa'
"Maple Tree Solar S.r.l." - Calangianus», nel quale viene evidenziato
che alla data del 24  dicembre  2024  i  lavori  eseguiti  non  hanno
comportato «neanche minimamente una modificazione irreversibile dello
stato dei luoghi», conosciuta in  parte  qua,  in  quanto  richiamata
nell'ordinanza su citata in qualita' di atto presupposto; 
        ove occorra e per quanto di  ragione,  della  nota  prot.  n.
92531 del  27  dicembre  2024  della  Direzione  generale  del  Corpo
forestale  e   di   vigilanza   ambientale,   Servizio   territoriale
Ispettorato ripartimentale e del CFVA di Sassari, avente  ad  oggetto
la «Realizzazione impianto  fotovoltaico,  in  agro  di  Usini,  loc.
S'Iscalone, Provvedimento unico n. 21 del 21  aprile  2023,  societa'
proponente Inzaina Nicolo' con  voltura  alla  societa'  «Maple  Tree
Solar S.r.l.», pervenuta al protocollo del  Comune  di  Usini  al  n.
14441 del 30 dicembre  2024,  conosciuta  in  parte  qua,  in  quanto
richiamata nell'ordinanza su citata in qualita' di atto presupposto; 
        ove  occorra  e  per  quanto  di  ragione,  del  verbale   di
sopralluogo prot. 274 del 9 gennaio 2025,  redatto  dal  responsabile
del  procedimento  in  materia  di  Urbanistica  e  edilizia  privata
(SUAPEE),   conosciuto   in   parte   qua,   in   quanto   richiamato
nell'ordinanza su citata in qualita' di atto presupposto; 
        nonche'  di  ogni  altro  atto  connesso,   presupposto   e/o
consequenziale, ancorche' non conosciuto. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati. 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Usini  e
della Regione Sardegna. 
    Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento
impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente. 
    Visto l'art. 55 cod. proc. amm. 
    Visti tutti gli atti della causa. 
    Ritenuta la propria giurisdizione e competenza. 
    Relatore nella Camera di consiglio del giorno 4  giugno  2025  il
dott. Antonio  Plaisant  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale. 
    Con Provvedimento unico del 21 aprile 2023, rilasciato dal  SUAPE
dell'Unione  dei  Comuni  del   Coros   all'esito   della   procedura
semplificata di cui agli articoli 4 e  6,  comma  9-bis  del  decreto
legislativo 3 marzo  2011,  n.  28,  e  successive  modificazioni  ed
integrazioni, e' stata autorizzata la realizzazione e gestione di  un
impianto fotovoltaico con potenza nominale di 4.000 KW.  da  ubicarsi
in localita' S'Iscalone del Comune di Usini, su un'area sita in  zona
E ricadente nel buffer di 500 m. da zone industriali e a destinazione
G, come tale idonea a ospitare  l'impianto  secondo  quanto  previsto
dall'art. 20, comma 8,  lettera  c-ter,  del  decreto  legislativo  8
novembre 2021, n. 199. 
    In data 3 maggio  2024  l'odierna  ricorrente  Maple  Tree  Solar
S.r.l., subentrata per voltura  dalla  ditta  Inzaina  Nicolo'  nella
sopra descritta autorizzazione, ha  comunicato  al  Comune  di  Usini
l'avvio dei lavori finalizzati alla realizzazione del nuovo impianto. 
    Circa sette mesi dopo e' stata promulgata la  legge  regionale  5
dicembre 2024, n. 20, entrata in vigore il 6 dicembre  2024,  recante
«Misure urgenti per l'individuazione di aree e superfici idonee e non
idonee all'installazione e promozione di impianti a fonti di  energia
rinnovabile  (FER)  e  per  la   semplificazione   dei   procedimenti
autorizzativi». 
    A seguito di sopralluogo  svolto  dalla  Direzione  generale  del
Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Regione Sardegna,  il
Comune di Usini ha avviato  una  verifica  della  compatibilita'  del
predetto  impianto  fotovoltaico  con  l'art.  1,  comma   5,   della
sopravvenuta legge regionale n. 20/2024, secondo cui «E'  vietata  la
realizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive  aree  non
idonee cosi' come individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E  e  dai
commi 9 e 11 ...» e per il quale  «I  provvedimenti  autorizzatori  e
tutti i titoli abilitativi comunque denominati gia'  emanati,  aventi
ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee,  sono  privi
di efficacia. Sono fatti salvi  i  provvedimenti  aventi  ad  oggetto
impianti che hanno gia' comportato  una  modificazione  irreversibile
dello stato dei luoghi...», laddove l'allegato A della medesima legge
regionale, nell'individuare le «Aree non idonee all'installazione  di
impianti fotovoltaici  e  termodinamici»,  prevede  che  non  possono
ospitare impianti fotovoltaici «di media taglia» ai  sensi  dell'art.
1, comma 3 (per quanto ora di specifico interesse), tra le altre,  le
zone urbanistiche E, senza ulteriori distinzioni. 
    All'esito di  tale  verifica  il  Comune  di  Usini  ha  adottato
l'ordinanza 13 gennaio 2025, n. 3,  comunicata  in  data  14  gennaio
2024, con cui ha disposto l'immediata sospensione dei lavori. 
    A fondamento di tale decisione il Comune  ha  osservato,  qui  in
sintesi, che: 
        l'impianto in discussione e' «di media taglia» ai sensi e per
gli effetti di cui all'art. 1, comma  3,  della  legge  regionale  n.
20/2024, norma che qualifica in tal modo  gli  impianti  con  potenza
superiore o uguale a 1 MW. e inferiore o uguale a 10 MW.; 
        l'impianto stesso e' localizzato in Zona agricola, che l'art.
1, comma 5, della legge regionale n. 20/2024,  considera  tout  court
non idonea a ospitare questo genere di impianti; 
        pertanto l'autorizzazione gia'  rilasciata  e'  da  ritenersi
inefficace per legge, ai sensi e per gli effetti dello stesso art. 1,
comma 5, della  legge  regionale  n.  10/2024,  non  potendo  trovare
applicazione la previsione transitoria che fa salve le autorizzazioni
relative a impianti «che  hanno  gia'  comportato  una  modificazione
irreversibile dello stato dei luoghi», in quanto, come risulta  dalla
nota 27 dicembre 2024 della Direzione generale del corpo forestale  e
di   vigilanza   ambientale,   Servizio   territoriale    ispettorato
ripartimentale e del CFVA  di  Sassari  e  dal  relativo  verbale  di
sopralluogo,  «i  lavori  eseguiti  non  hanno   comportato   neanche
minimamente una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi». 
    Con il ricorso ora in esame, notificato in data 13 marzo 2025, e'
stato chiesto l'annullamento, previa sospensione  in  via  cautelare,
della sopra citata ordinanza, nonche' della nota di  comunicazione  e
della nota trasmessa al Comune dal Corpo  forestale  e  di  vigilanza
ambientale. 
    A  fondamento  di  tali  richieste  la  ricorrente   ha   dedotto
articolate censure di  illegittimita'  comunitaria  e  costituzionale
della nuova disciplina introdotta dalla legge regionale  n.  20/2024,
evidenziando, altresi', con specifico  riferimento  al  periculum  in
mora, i notevoli investimenti gia'  sostenuti  per  la  realizzazione
dell'impianto (euro  422.136,00  per  l'acquisto  del  terreno,  euro
820.178,13  per  l'acquisto  dei  materiali),  nonche'  l'urgenza  di
proseguire nella realizzazione dei lavori per  scongiurare  ulteriori
danni da lucro cessante, che  i  provvedimenti  impugnati  le  stanno
quotidianamente cagionando. 
    Si sono costituiti in giudizio la Regione Sardegna e il Comune di
Usini, entrambi opponendosi all'accoglimento del ricorso. 
    All'esito della Camera di consiglio del 4 giugno 2025 la causa e'
stata  assunta  in  decisione  sull'istanza  cautelare  proposta   in
ricorso. 
    In via preliminare il Collegio osserva che nel caso ora in  esame
l'interesse (c.d. oppositivo) azionato dalla societa'  ricorrente  si
concretizza  nella  contestazione  del  provvedimento  amministrativo
adottato  dall'amministrazione  comunale  e  diretto  a   paralizzare
l'efficacia dell'atto autorizzativo alla realizzazione  dell'impianto
fotovoltaico da essa gia' ottenuto all'esito dell'iter procedimentale
svoltosi nel vigore della normativa al tempo vigente. 
    A cio' segue che la fondatezza della pretesa avanzata,  anche  in
via  cautelare,  comporterebbe,  quale  conseguenza   immediata,   la
riespansione dell'efficacia del titolo gia' conseguito e,  con  essa,
la concreta possibilita' di portarlo a esecuzione. E cio' connota  in
termini peculiari la vicenda in esame, che ai fini della piena tutela
dell'interesse della societa'  Maple  Tree  Solar  S.r.l.  impone  di
valutare, gia' in questa sede cautelare, la questione di legittimita'
costituzionale della normativa regionale a fondamento  dell'impugnata
decisione comunale. 
    Cio'  premesso  il  Collegio  ritiene  sussistenti   entrambi   i
presupposti  richiesti   ai   fini   dell'accoglimento   dell'istanza
cautelare. 
    Cominciando dal fumus boni iuris, si reputano non  manifestamente
infondate  e  rilevanti  ai   fini   dell'accoglimento   dell'istanza
cautelare, come tali meritevoli di essere sottoposte al vaglio  della
Consulta  gia'  in  questa  fase  del  giudizio,  tre  questioni   di
legittimita' costituzionale di seguito partitamente esposte. 
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 5, 6,  7  e
degli allegati A e G della legge della Regione Sardegna n. 20/2024 in
quanto tali norme regionali introducono una  disciplina  contrastante
con  gli  obblighi  internazionali   assunti   dall'Italia   per   il
raggiungimento degli obiettivi di  politica  energetica  dettati  dai
regolamenti dell'Unione europea n. 2018/2001 e n. 2021/1119/UE, dalle
direttive n. 98/70/CE, n. 2009/28/CE, n. 2001/77/CE  e  n.  2023/2413
del Parlamento europeo e del Consiglio,  nonche'  con  la  disciplina
nazionale  di  attuazione  di  tali  obiettivi  dettata  dal  decreto
legislativo n. 199/2021 (in particolare dall'art. 20  dello  stesso),
ponendosi in contrasto con gli articoli 3,  comma  1,  dello  Statuto
speciale per la Regione Sardegna, approvato con legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 3, nonche' gli articoli 11 e 117, comma 1, della
Costituzione. 
    Emerge, in primo luogo, la violazione dell'art. 3, comma 1, dello
Statuto  speciale  per  la  Regione  Sardegna,  approvato  con  legge
costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  3,  laddove  statuisce  che  la
Regione sarda esercita la propria competenza legislativa (quand'anche
primaria-esclusiva) «col rispetto  degli  obblighi  internazionali  e
degli interessi nazionali», concetto che, poi,  si  ritrova  all'art.
117,  comma  1,  della  Costituzione,  secondo  cui  il   legislatore
regionale  e'  sempre  tenuto  al  rispetto  «dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». 
    Nel  caso  di  specie  tale  limite  non  sembra   essere   stato
rispettato, per le ragioni di seguito esposte. 
    Il regolamento 2018/1999/UE,  come  recentemente  modificato  dal
regolamento  2021/1119/UE  (c.d.  «Legge  europea  sul  clima»),   ha
individuato  come  obiettivo  prioritario  dell'Unione   europea   il
raggiungimento della «neutralita' climatica» entro l'anno 2050 e come
tappa fondamentale del relativo percorso la riduzione interna  netta,
entro l'anno 2030, delle emissioni  di  gas  a  effetto  serra  nella
misura minima del 55% rispetto ai livelli dell'anno 1990. 
    A tal fine l'Unione  europea  -  in  dichiarato  esercizio  delle
competenze che le derivano dall'art. 192, comma 2,  lettera  e),  del
T.F.U.E., ove si prevede la possibilita' di adottare  «misure  aventi
una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra  diverse
fonti di energia e sulla struttura  generale  dell'approvvigionamento
energetico  del  medesimo»  -  ha  messo   in   campo   un'articolata
«disciplina energetica» per indirizzare le iniziative attuative degli
Stati membri nella direzione sopra descritta, nello specifico: 
        l'art. 15 della direttiva 2018/2001/UE, ove  si  prevede  che
«1. Gli Stati membri assicurano che le norme nazionali in materia  di
procedure di autorizzazione, certificazione e rilascio delle  licenze
applicabili agli impianti e alle  relative  reti  di  trasmissione  e
distribuzione per la produzione di energia elettrica, di calore o  di
freddo da fonti rinnovabili ... siano proporzionate  e  necessarie  e
contribuiscano  all'attuazione  del  principio  che   da'   priorita'
all'efficienza  energetica»  e  che  «gli  Stati  membri   provvedono
affinche' le autorita' competenti a livello  nazionale,  regionale  e
locale  inseriscano  disposizioni  volte  all'integrazione   e   alla
diffusione delle energie rinnovabili ...»; 
        l'art. 15-ter della medesima direttiva,  a  mente  del  quale
entro il 21 maggio 2025 gli  Stati  membri  devono  procedere  a  una
mappatura  coordinata  in  vista  della  diffusione   delle   energie
rinnovabili  sul  loro  territorio  per  individuare  il   potenziale
nazionale e la superficie necessaria all'installazione degli impianti
necessari a soddisfare il contributo nazionale minimo  necessario  al
raggiungimento del sopra descritto obiettivo  di  riduzione  dei  gas
serra entro il 2030, garantendo il necessario  coordinamento  tra  le
autorita' pubbliche, statali, regionali e locali; 
        la  previsione  della  direttiva  2023/2413/UE,  secondo  cui
«L'obiettivo della neutralita'  climatica  dell'Unione  richiede  una
transizione  energetica  giusta  che  non   lasci   indietro   nessun
territorio o nessun cittadino, una maggiore efficienza  energetica  e
quote nettamente piu' elevate di energia da fonti rinnovabili  in  un
sistema energetico integrato.  Le  energie  rinnovabili  svolgono  un
ruolo fondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato  che  il
settore energetico contribuisce attualmente per  oltre  il  75%  alle
emissioni totali di gas a effetto serra nell'Unione.  Riducendo  tali
emissioni di gas a effetto  serra,  le  energie  rinnovabili  possono
anche contribuire ad affrontare sfide ambientali come la  perdita  di
biodiversita', e a ridurre l'inquinamento in linea con gli  obiettivi
della comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo
«Un percorso verso un pianeta piu' sano per tutti  -  Piano  d'azione
dell'UE: Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e  il  suolo».
La transizione verde verso un'economia basata sulle energie da  fonti
rinnovabili contribuira' a conseguire gli obiettivi  della  decisione
(UE) 2022/591 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira
altresi'  a  proteggere,   ripristinare   e   migliorare   lo   stato
dell'ambiente, mediante, tra l'altro, l'interruzione  e  l'inversione
del processo di perdita di  biodiversita'.  Il  fatto  che  l'energia
rinnovabile riduca l'esposizione agli shock dei prezzi,  rispetto  ai
combustibili fossili, puo'  portare  la  stessa  ad  avere  un  ruolo
fondamentale  nel  fronteggiare  la  poverta'  energetica.  L'energia
rinnovabile puo' inoltre apportare notevoli vantaggi  socioeconomici,
creando nuovi posti di lavoro  e  promuovendo  le  industrie  locali,
rispondendo, nel contempo, alla crescente domanda interna e  mondiale
di  tecnologie  per  le  fonti  energetiche  rinnovabili»,   con   la
precisazione    che    «Sono    altresi'    necessari    un'ulteriore
semplificazione e abbreviazione  delle  procedure  amministrative  di
rilascio delle autorizzazioni  per  gli  impianti  di  produzione  di
energia rinnovabile»; 
        l'art.  16-septies   della   direttiva   2018/2001/UE,   come
modificato dalla direttiva 2023/2413/UE, secondo cui «nella procedura
di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e
l'esercizio degli impianti di produzione di energia  rinnovabile,  la
connessione di tali impianti alla rete, la rete stessa e gli impianti
di stoccaggio siano considerati di interesse  pubblico  prevalente  e
nell'interesse  della  salute  e  della  sicurezza   pubblica   nella
ponderazione degli interessi giuridici nei singoli  casi  e  ai  fini
dell'art. 6, paragrafo 4, e dell'art. 16, paragrafo  1,  lettera  c),
della direttiva 92/43/CEE, dell'art. 4, paragrafo 7, della  direttiva
2000/60/CE e dell'art. 9, paragrafo 1, lettera  a),  della  direttiva
2009/147/CE». Al fine di dare attuazione a tale disciplina  unionale,
il legislatore  nazionale  ha  dettato  disposizioni  particolarmente
incisive. 
    Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, espressamente
attuativo della direttiva 2018/2001/UE, si e' stabilito che  ciascuna
regione e provincia autonoma deve assicurare il consumo  sul  proprio
territorio di una quota  minima  di  energia  da  fonti  rinnovabili,
secondo le modalita' descritte dallo stesso  decreto  legislativo  n.
199/2021,  che  ha,  poi,  incaricato  il  legislatore  regionale  di
individuare, nel rispetto dei principi fissati  da  appositi  decreti
ministeriali, le aree considerate a priori  idonee  all'installazione
degli impianti (art. 20, comma 4), stabilendo, pero',  nel  contempo,
all'art. 20, comma 8, che «Nelle more dell'individuazione delle  aree
idonee sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti
di cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini  di  cui  al
comma 1 del presente articolo: 
        a) i siti ove sono  gia'  installati  impianti  della  stessa
fonte e in cui  vengono  realizzati  interventi  di  modifica,  anche
sostanziale,   per    rifacimento,    potenziamento    o    integrale
ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che  non
comportino una variazione dell'area  occupata  superiore  al  20  per
cento. Il limite percentuale di cui al primo periodo non  si  applica
per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai  quali  la  variazione
dell'area occupata e' soggetta al limite di cui alla lettera  c-ter),
numero 1); 
        b) le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai  sensi
del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152; 
        c) le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate  o
in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e  miniere
non suscettibili di ulteriore sfruttamento; 
        c-bis) i siti  e  gli  impianti  nelle  disponibilita'  delle
societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di
infrastrutture  ferroviarie  nonche'  delle  societa'  concessionarie
autostradali; 
        c-bis.1) i siti e gli  impianti  nella  disponibilita'  delle
societa'   di   gestione   aeroportuale   all'interno   dei    sedimi
aeroportuali,  ivi  inclusi  quelli  all'interno  del  perimetro   di
pertinenza degli aeroporti delle isole minori di cui  all'allegato  1
al decreto del Ministro dello sviluppo economico  14  febbraio  2017,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2017,  ferme
restando  le  necessarie  verifiche  tecniche  da   parte   dell'Ente
nazionale per l'aviazione civile (ENAC); 
        c-ter) esclusivamente per gli  impianti  fotovoltaici,  anche
con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in
assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo  22  gennaio
2004, n. 42; 
          1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro
i cui punti distino non piu' di 500  metri  da  zone  a  destinazione
industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di  interesse
nazionale, nonche' le cave e le miniere; 
          2)  le  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli
stabilimenti, questi ultimi come definiti  dall'art.  268,  comma  1,
lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonche' le
aree classificate agricole racchiuse in  un  perimetro  i  cui  punti
distino non piu' di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; 
          3) le aree  adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una
distanza non superiore a 300 metri; 
        c-quater) fatto salvo quanto previsto alle  lettere  a),  b),
c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono  ricomprese  nel  perimetro
dei beni sottoposti a tutela ai  sensi  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da  usi  civici  di  cui
all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne' ricadono
nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi  della
parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto  legislativo.
Ai soli fini  della  presente  lettera,  la  fascia  di  rispetto  e'
determinata  considerando  una  distanza  dal   perimetro   di   beni
sottoposti a tutela di tre chilometri per gli impianti  eolici  e  di
cinquecento metri per gli impianti  fotovoltaici.  Resta  ferma,  nei
procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura
a esprimersi in  relazione  ai  soli  progetti  localizzati  in  aree
sottoposte a tutela secondo quanto previsto all'art. 12, comma 3-bis,
del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387». 
    Pertanto, sulla base  di  quanto  sin  qui  esposto,  il  compito
attribuito dalla disciplina statale sopra  descritta  al  legislatore
regionale e' limitato all'individuazione puntuale delle singole  aree
idonee, ma questo pur sempre, nel rispetto dell'elenco categoriale di
cui all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021, con la
conseguenza concreta che lo stesso  legislatore  regionale  non  puo'
legittimamente vietare  l'installazione  di  impianti  produttivi  da
fonti rinnovabili su aree rientranti nell'elenco categoriale previsto
dallo stesso art. 20, comma 8. Limite,  questo,  che  costituisce  un
indispensabile strumento di attuazione dei sopra  descritti  obblighi
assunti dall'Italia a  livello  unionale,  certamente  vanificati  se
ciascuna  regione  potesse  liberamente  ridurre   le   aree   idonee
all'installazione degli impianti, mettendo cosi' in dubbio la  tenuta
complessiva  del  «sistema»  preordinato  alla  realizzazione   degli
obiettivi unionali. 
    Tale impostazione ha, poi, trovato  conferma  normativa  espressa
all'art. 47 del decreto-legge 24 febbraio  2023,  n.  13,  convertito
dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, con  cui  e'  stato  espressamente
precisato, modificando il tenore testuale dell'art. 20, comma 1,  del
decreto legislativo n. 199/2021, che l'individuazione puntuale  delle
aree idonee mediante i  decreti  ministeriali  previsti  al  medesimo
comma 1 deve avvenire «tenuto conto delle aree idonee  ai  sensi  del
comma 8»: poiche' il legislatore regionale, a sua volta, e' tenuto  a
individuare le aree  idonee  «Conformemente  ai  principi  e  criteri
stabiliti dai decreti di cui al comma 1» (cosi'  l'incipit  dell'art.
20, comma 4, dello stesso decreto legislativo n. 199/2021), anche  la
sfera decisionale del legislatore regionale non puo' che  trovare  un
limite invalicabile nello stesso elenco categoriale di  cui  all'art.
20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. 
    Tanto e' vero che, con ordinanza cautelare 14 novembre  2024,  n.
4298, il Consiglio di Stato ha sospeso l'efficacia dell'art. 7, comma
2, lettera c), del  decreto  ministeriale  21  giugno  2024,  recante
«Disciplina per l'individuazione  di  superfici  e  aree  idonee  per
l'installazione di impianti a fonti rinnovabili», proprio nella parte
in  cui  consente  alle  regioni  di  vietare  l'installazione  degli
impianti energetici da fonti rinnovabili su aree indicate come a cio'
idonee dal sopra citato art. 20, comma 8, del decreto legislativo  n.
199/2021. 
    Orbene la legge della Regione Sardegna  n.  20/2024  ha,  invece,
introdotto una disciplina, sulla quale si fondano gli atti  impugnati
nel presente giudizio, che -  ad  avviso  del  Collegio  -  non  pare
proprio conformarsi al sopra descritto  quadro  normativo  europeo  e
nazionale, avendo la suddetta legge regionale: 
        individuato molteplici aree inidonee all'installazione  degli
impianti, mentre, come  si  e'  detto,  il  compito  del  legislatore
regionale e' (soltanto) quello di individuare puntualmente  le  «aree
idonee» quali beneficiarie di apposita  accelerazione  autorizzativa,
senza intaccare l'elenco categoriale di cui all'art. 20, comma 8, del
decreto legislativo n. 199/2021; 
        individuato tali nuove aree inidonee in misura  molto  ampia,
pari a quasi al 95% dell'intero territorio  regionale  (si  veda,  in
particolare, il comma 5 dell'art. 1 della legge regionale n.  20/2024
in relazione agli allegati da A a G alla stessa legge), anche qui  in
diretto contrasto con l'elenco categoriale  di  aree  idonee  dettato
dall'art. 20, comma 8, lettera c-ter), n. 1 del  decreto  legislativo
n. 199/2021; per comprendere la portata ostativa di  tale  disciplina
regionale basti  pensare  che  essa  impedisce  la  realizzazione  di
impianti energetici da fonti rinnovabili sulla quasi totalita'  delle
aree agricole sarde, senza tenere neppure conto del fatto che  l'art.
20, comma 8, lettera c-ter), n. 1 del decreto legislativo n. 199/2021
include certamente tra quelle idonee a ospitare gli impianti le  aree
agricole «racchiuse in un perimetro i cui punti distino non  piu'  di
500  metri  da  zone  a  destinazione  industriale,   artigianale   e
commerciale», proprio come nel caso dell'area  destinata  a  ospitare
l'impianto ora di interesse dell'odierna ricorrente; 
        vietato tout court la realizzazione di impianti energetici da
fonti rinnovabili nelle aree che ha individuato come  inidonee  (art.
1, comma 5, primo  periodo),  introducendo  un  divieto  assoluto  in
diretto contrasto con quanto  espressamente  previsto  dall'art.  20,
comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, a mente del  quale  «Le
aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non
idonee  all'installazione  di  impianti  di  produzione  di   energia
rinnovabile,  in   sede   di   pianificazione   territoriale   ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee»; in tal modo,  peraltro,  la
disciplina regionale impedisce quella valutazione da effettuarsi caso
per caso, in sede amministrativa - e in particolare nei  procedimenti
concernenti aree a vario titolo vincolate - alla luce della specifica
situazione di ciascun  sito  oggetto  di  proposta  progettuale,  che
rappresenta la via maestra per contemperare  le  esigenze  di  tutela
dell'ambiente e del paesaggio con  i  sopra  descritti  obiettivi  di
riduzione delle emissioni di gas serra mediante produzione energetica
da  fonti  rinnovabili  (si  veda,   sul   punto   specifico,   Corte
costituzionale,  21  ottobre  2022,   n.   216,   secondo   cui   «la
dichiarazione di idoneita' deve  ...  risultare  quale  provvedimento
finale di un'istruttoria adeguata volta a prendere in  considerazione
tutta una serie di interessi  coinvolti»,  cosicche'  «una  normativa
regionale che non rispetti la riserva di procedimento  amministrativo
e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli
interessi  strettamente  aderente  alla  specificita'   dei   luoghi,
impedisce la migliore valorizzazione di tutti gli interessi  pubblici
implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa
dell'Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti
di energia rinnovabile (sentenza n. 286 del 2019; in senso analogo ex
multis sentenze n. 106 del 2020; n. 69 del 2018; n. 13 del 2014 e  44
del 2011)». 
    E tale dirompente contenuto precettivo della legge  regionale  in
esame si pone, come detto, in  diretto  contrasto  con  gli  obblighi
eurounitari dell'Italia e, pertanto, con gli  articoli  3,  comma  1,
dello Statuto Sardo e 117, comma 1, della Costituzione,  mediante  la
violazione della disciplina nazionale interposta di  cui  al  decreto
legislativo n. 199/2021. 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 5, 6, 7  e
degli allegati A e G della legge della Regione Sardegna n. 20/2024 in
quanto tali norme regionali introducono una disciplina che  travalica
i limiti  della  competenza  legislativa  regionale  tracciati  dagli
articoli 3 e 4  dello  Statuto  speciale  per  la  Regione  Sardegna,
approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  3,  nonche'
dall'art. 117, commi 2, lettera s), e 3, della Costituzione. 
    Lo Statuto Sardo, all'art. 3, comma 2, lettera f),  assegna  alla
Regione Sardegna  competenza  legislativa  esclusiva  in  materia  di
«edilizia  e  urbanistica»  (che  comprende,  come  noto,  anche   la
«componente   paesaggistica»),   nonche'    competenza    legislativa
concorrente in materia di «e) produzione e distribuzione dell'energia
elettrica». 
    L'art. 117, comma 2, lettera s), della  Costituzione,  dal  canto
suo, attribuisce  allo  Stato  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia  di  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e   dei   beni
culturali», cosi' come il comma 3 dello stesso art. 117  include  tra
le materie di competenza concorrente quella relativa  «a  produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Non vi e' dubbio, quindi, che, in base a tali criteri di  riparto
delle competenze su materie oggettivamente «interferenti»,  lo  Stato
disponga di significativi spazi  di  intervento,  potendo  dettare  i
principi quadro in materia produzione energetica, trattandosi di  una
materia  oggetto  di  competenza  concorrente,  nonche'  i   principi
fondamentali e le norme di riforma  economico-sociale  ordinariamente
capaci  di  limitare  la  stessa  competenza  legislativa   regionale
esclusiva (art. 3, comma 1, dello Statuto sardo: vedi supra). Inoltre
lo stesso legislatore nazionale puo' interferire in subiecta  materia
attraverso la propria  potesta'  esclusiva  e  trasversale  a  tutela
dell'ambiente,  sulla  quale  gli  impianti   energetici   da   fonti
rinnovabili hanno evidenti ricadute. 
    Orbene tali criteri per la composizione di competenze legislative
cosi' «incrociate» tra Stato e  Regione  non  sembrano  essere  stati
rispettati dalla legge regionale ora in esame. 
    Difatti la legge regionale n. 20/2024,  al  dichiarato  scopo  di
tutelare il paesaggio regionale, ha dettato una disciplina che,  come
si e' visto, appare sotto diversi aspetti  in  contrasto  con  quella
nazionale di riferimento anche per profili sui quali  il  legislatore
nazionale, intervenendo a garanzia  della  massima  diffusione  degli
impianti energetici da fonti rinnovabili: 
        ha introdotto «principi  quadro»  in  materia  di  produzione
energetica, cui il  legislatore  regionale  e'  tenuto  ad  attenersi
nell'esercitare la relativa competenza concorrente; 
        ha dettato  regole  finalizzate  alla  tutela  dell'ambiente,
sulla quale dispone di una competenza esclusiva e «trasversale»; 
        ha  prescritto  principi  fondamentali  e  norme  di  riforma
economico-sociale che vincolano il legislatore regionale anche  nelle
materie di sua competenza esclusiva. Tale impostazione trova conferma
nella recente pronuncia 12 marzo 2025, n. 28, con cui la Consulta  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  3  della  legge
della  Regione  Sardegna  3  luglio  2024,   n.   5,   la   quale   -
sostanzialmente allo scopo di anticipare gli effetti a  regime  della
legge regionale n. 20/2024 ora in  esame  -  aveva  vietato,  per  un
periodo massimo di diciotto mesi, l'installazione di  nuovi  impianti
energetici da fonti rinnovabili su gran parte del territorio sardo. 
    Con tale pronuncia, infatti, la Corte costituzionale ha  ritenuto
che,  alla  luce  dei  principi  eurounitari  sopra   descritti,   il
legislatore  regionale  sia  legittimato   soltanto   a   individuare
puntualmente le aree idonee a fini di semplificazione delle procedure
autorizzative dei nuovi impianti e che non possa,  invece,  limitare,
neppure temporaneamente, la realizzazione  degli  stessi  rispetto  a
quanto previsto dalla disciplina nazionale di riferimento. 
    Pertanto anche tale pronuncia  della  Consulta  conferma  che  il
legislatore  regionale  -  nell'individuare  le  aree   idonee   alla
realizzazione degli impianti per cui  e'  causa  -  e'  vincolato  al
minimum legale fissato da quello statale all'art. 20,  comma  8,  del
decreto legislativo n. 199/2021, con cui gia'  e'  stato  operato  un
bilanciamento  «a  monte»  tra  l'interesse  pubblico  sotteso   alla
realizzazione degli impianti e le esigenze di tutela dell'ambiente  e
del paesaggio  direttamente  incisi  dalla  realizzazione  dei  nuovi
impianti; cio' comporta,  altresi',  che  la  competenza  legislativa
esclusiva in materia di paesaggio di cui la Regione Sardegna trovi un
limite  nelle  norme  nazionali  espressive,  oltre  che  dei   sopra
descritti impegni internazionali, anche  dei  «principi  fondamentali
che, in quanto tali, si impongono anche alle  competenze  statutarie»
della Regione Sardegna (cosi' la citata  sentenza  n.  28/2025  della
Consulta). 
    Considerazioni, queste, che  sono  leggibili  anche  nel  ricorso
innanzi alla Corte costituzionale proposto dal Governo nei  confronti
della stessa  legge  regionale  n.  20/2024  ora  in  esame,  per  la
discussione del quale e' stata gia' fissata l'udienza del  7  ottobre
2025. 
    In quel  ricorso  e'  stato,  in  particolare,  evidenziato  che,
persino prima dell'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.
199/2021, l'univoco orientamento della giurisprudenza  costituzionale
- sulla scorta della disciplina unionale di riferimento  -  era  gia'
nel senso di ritenere illegittime eventuali norme regionali  tendenti
a sancire in via generalizzata e astratta la non idoneita' di  intere
porzioni di territorio e/o a imporre  aprioristiche  e  significative
limitazioni alla realizzazione dei nuovi impianti (si  veda,  in  tal
senso, Corte costituzionale, 5 aprile 2018, n. 69), cio' al  fine  di
garantire la concreta attuazione del principio di massima  diffusione
delle fonti di energia  rinnovabili  (cfr.  Corte  costituzionale  30
gennaio 2014, n. 13, Corte costituzionale 27 ottobre 2022, n.  221  e
Corte costituzionale 23 febbraio 2023, n. 27). 
III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5, della  legge
regionale n. 20/2024 per contrasto con gli  articoli  3  e  41  della
Costituzione. 
    Come gia' si  e'  evidenziato  nella  precedente  esposizione,  i
lavori  finalizzati   alla   realizzazione   dell'impianto   proposto
dall'odierna ricorrente non  hanno  comportato  alcuna  significativa
modificazione dello stato dei luoghi, il che  attribuisce  rilievo  a
una seconda questione di legittimita' costituzionale della disciplina
introdotta dalla  legge  regionale  n.  20/2024,  che  specificamente
riguarda la parte in cui questa statuisce, all'art. 1, comma  5,  che
«I provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi  comunque
denominati gia' emanati, aventi ad  oggetto  gli  impianti  ricadenti
nelle aree non idonee, sono privi di efficacia. Sono  fatti  salvi  i
provvedimenti aventi ad oggetto impianti che  hanno  gia'  comportato
una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi». 
    In tal modo la legge  regionale  si  e'  attribuita  una  portata
retroattiva, dichiarandosi espressamente  applicabile  anche  laddove
gia' sia stato rilasciato il richiesto  titolo  autorizzativo  -  del
quale sancisce addirittura  l'inefficacia  ex  lege  -  con  la  sola
eccezione  dei  casi  in  cui  i  lavori  gia'   intrapresi   abbiano
determinato, all'entrata  in  vigore  della  nuova  disciplina,  «una
modifica irreversibile dello stato dei luoghi». 
    Tuttavia  il  potere  del   legislatore   di   introdurre   norme
retroattive non e' illimitato, trovando un preciso limite nei  canoni
di ragionevolezza  e  di  legittimo  affidamento,  che  impongono  di
operare un «puntuale  bilanciamento  tra  le  ragioni  che  ne  hanno
motivato la previsione e i valori,  costituzionalmente  tutelati,  al
contempo potenzialmente lesi dall'efficacia  a  ritroso  della  norma
adottata»  (cfr.  Corte  costituzionale  12  aprile  2017,  n.   73),
bilanciamento che nel caso in esame  porta  il  Collegio  a  dubitare
della  legittimita'  costituzionale  della  disciplina  regionale  in
discussione. 
    Cominciando dal canone di  legittimo  affidamento,  riconducibile
all'art.  3  Cost.,  lo  stesso  e'   qualificato   come   «principio
connaturato allo Stato di diritto» (sentenze numeri  73/2017,  170  e
160   2013,   78/2012,   209/2010),   quale   «riflesso   soggettivo»
dell'indispensabile carattere di coerenza dell'ordinamento giuridico,
a sua volta corollario del fondamentale  valore  della  certezza  del
diritto (cfr. Corte costituzionale, 17 dicembre 1985, n. 349). 
    Ovviamente l'intensita' dello scrutinio costituzionale basato sul
legittimo  affidamento  varia  a  seconda  dell'oggettiva   rilevanza
acquisita dallo stesso  nella  specifica  fattispecie  esaminata,  la
quale,  a  sua  volta,  dipende  da   quanto   accaduto   a   livello
ordinamentale prima dell'entrata in vigore della legge retroattiva. 
    Orbene nel caso ora in  esame  il  livello  dell'affidamento  che
l'ordinamento aveva legittimamente  ingenerato  negli  operatori  del
settore - circa la possibilita' di realizzare  gli  impianti,  quanto
meno, nelle aree individuate  dall'art.  20,  comma  8,  del  decreto
legislativo n. 199/2021 - e' senza dubbio molto elevato. 
    Difatti la nuova disciplina regionale limitativa ha inciso su  un
quadro normativo che - dai sopra descritti principi  fondamentali  di
rango eurounitario, alla disciplina  nazionale  di  attuazione  degli
stessi, sino al conforme «diritto vivente»  -  sanciva  da  tempo  la
sicura realizzabilita' degli impianti su  aree  come  quella  ora  in
discussione, ricollegandola a un  obiettivo  di  rango  indubbiamente
elevato  quale  la  transizione   energetica   a   fini   di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema (vedi supra). 
    Pertanto gli operatori del settore non  potevano  ragionevolmente
aspettarsi una sopravvenienza normativa come  quella  ora  in  esame,
tanto da avere immediatamente sostenuto - anche  nel  caso  specifico
ora in esame - rilevanti investimenti economici. 
    Quanto, poi, al principio di  ragionevolezza,  la  giurisprudenza
della Consulta ha da tempo chiarito che le  disposizioni  legislative
retroattive non possono «trasmodare in un regolamento  irrazionale  e
arbitrariamente  incidente  sulle  situazioni  sostanziali  poste  in
essere da leggi precedenti» (si vedano, ex multis, le sentenze numeri
16/2017, 203/2016 e 149/2017). 
    Tale  canone,  dunque,  concorre   con   quello   del   legittimo
affidamento a perseguire il valore della  certezza  delle  situazioni
giuridiche, ponendosi quale limite alla  scelta  del  legislatore  di
introdurre discipline incidenti su rapporti  giuridici  in  corso  di
svolgimento,  a  tutela  dell'aspettativa  della  parte   privata   a
conservare - per tutto il  periodo  di  spettanza  e  nell'originaria
entita' - l'utilita' legittimamente acquisita in  forza  di  un  atto
della pubblica amministrazione (si  veda,  sul  punto,  Consiglio  di
Stato, adunanza plenaria 5 agosto 2022, n. 9). 
    Orbene nel caso ora in esame sussistono significativi elementi in
grado, quanto meno, di mettere  in  dubbio  la  ragionevolezza  della
portata  retroattiva  attribuita  alla  normativa  regionale  ora  in
discussione. 
    Prima di tutto, in via generale, depone in questo senso  la  gia'
descritta incidenza della  stessa  su  (quasi)  tutto  il  territorio
regionale,  peraltro  con  portata  preclusiva  di  qualunque   nuovo
intervento, il che «sposta completamente il pendolo» a  favore  delle
dichiarate finalita' di tutela paesaggistica e trascura completamente
le pesanti ricadute negative su tutti  i  controvalori  sottesi  alla
politica energetica eurounitaria e nazionale. 
    In secondo luogo, ora con specifico  riferimento  al  profilo  di
maggiore  interesse  ai  fini  della   presente   decisione,   appare
francamente irragionevole la scelta di sottrarre agli  effetti  della
nuova disciplina inibitoria i soli impianti la cui  gia'  intervenuta
esecuzione abbia gia' comportato - alla data  di  entrata  in  vigore
della  stessa  legge  regionale   n.   20/2024   -   un'irreversibile
trasformazione del fondo interessato. 
    Tale limitazione,  infatti,  se  rapportata  all'affidamento  del
privato  che  aveva  conseguito  il  titolo  autorizzatorio,   appare
irragionevole in quanto la realizzazione dei nuovi impianti  richiede
notevoli investimenti preventivi rispetto  alla  concreta  esecuzione
dei lavori, innanzitutto per l'acquisto del terreno e  dei  materiali
costruttivi, come puntualmente accaduto (anche) nel caso ora in esame
(vedi supra), e di questo la disciplina transitoria  regionale  sopra
descritta non ha tenuto minimamente conto, finendo cosi' per trattare
in modo differente «situazioni imprenditoriali»  analogamente  incise
dalla  sopravvenienza  normativa,  con  la  conseguente   violazione,
altresi', del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Carta,
nonche' del diritto di libera iniziativa economica sancito  dall'art.
41 della  Costituzione.  Del  resto,  a  quest'ultimo  proposito,  la
giurisprudenza della Corte costituzionale ha da tempo  precisato  che
le novita' normative restrittive  dell'iniziativa  economica  privata
non  possono  fondarsi   su   una   qualunque   «utilita'   sociale»,
presupponendo, altresi', una  ragionevole  proporzione  tra  il  fine
perseguito e  il  mezzo  prescelto  (cfr.  Corte  costituzionale,  23
novembre 2021, n. 218). 
    Quanto, infine, all'ulteriore presupposto del periculum in  mora,
la sussistenza dello stesso emerge chiaramente dalla rilevanza  degli
investimenti gia' sostenuti dalla ricorrente,  finanche  suscettibili
di  arrecare  il  dissesto  finanziario  dell'impresa  (vedi  supra),
nonche' dalla perdita  delle  utilita'  che  l'operatore  ricaverebbe
dall'esercizio dell'impianto. 
    E proprio  questa  notevole  pregnanza  del  periculum  in  mora,
unitamente al fatto che nel caso in esame il giudizio  cautelare  non
puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle  sopra
descritte questioni  di  legittimita'  costituzionale  (vedi  supra),
rende  necessario  sospendere  il  giudizio,  rimettere  alla   Corte
costituzionale  l'esame  delle  questioni  stesse  e,  nel  contempo,
accogliere in via interinale l'istanza cautelare proposta in ricorso,
cosi'  da  evitare  che  il  tempo  inevitabilmente  necessario  alla
decisione della Consulta possa arrecare pregiudizio alla  ricorrente,
in conformita' a quanto previsto dall'art. 55, comma  1,  cod.  proc.
amm., secondo cui il giudice, laddove venga attendibilmente  allegato
il  rischio  di  un  pregiudizio  grave  e  irreparabile  nel   tempo
necessario alla decisione  finale,  puo'  immediatamente  emanare  le
misure cautelari piu' idonee a preservare medio  tempore  l'efficacia
concreta della decisione stessa (si vedano, altresi', sul  punto,  le
sentenze della Corte costituzionale 16 luglio 1996, n. 249, 23 giugno
1994, n. 253 e 28 giugno 1985, n. 190, ove conformemente  si  afferma
che  «la  disponibilita'  delle  misure  cautelari   e'   strumentale
all'effettivita'   della   tutela   giurisdizionale   e   costituisce
espressione del principio per cui la durata  del  processo  non  deve
andare a danno dell'attore che ha ragione, in attuazione dell'art. 24
della Costituzione»). 
    L'ulteriore  esame  della  domanda  cautelare  alla  luce   della
pronuncia della Consulta e' rinviato alla prima Camera  di  consiglio
utile successiva alla comunicazione della pronuncia stessa. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo Regionale per  la  Sardegna  (Sezione
seconda),  interlocutoriamente  pronunciando  sull'istanza  cautelare
proposta in ricorso: 
        dichiara  rilevanti  e  non   manifestamente   infondate   le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2,  5,
6, 7 e degli allegati A e G, della legge della  Regione  Sardegna  n.
20/2024 per contrasto con gli articoli  3,  comma  1,  dello  Statuto
speciale per la Regione Sardegna, approvato con legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 3,  11  e  117,  comma  1,  della  Costituzione,
nonche' dell'art. 1, comma 5, della stessa legge regionale n. 20/2024
per contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione; 
        sospende il giudizio e  ordina  alla  Segreteria  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        sospende   interinalmente   l'efficacia   del   provvedimento
impugnato; 
        dispone la comunicazione della presente ordinanza alle  parti
in causa, nonche' la sua notificazione al  Presidente  della  Regione
autonoma della Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio  regionale
sardo. 
    Fissa per l'ulteriore esame  della  domanda  cautelare  la  prima
Camera  di  consiglio  utile  successiva  alla  comunicazione   della
decisione della Corte costituzionale. 
    La regolazione tra le parti delle spese della  presente  fase  di
giudizio e' rinviata alla definizione della domanda cautelare. 
    La presente ordinanza sara' eseguita dall'Amministrazione  ed  e'
depositata presso la segreteria del Tribunale che provvedera' a darne
comunicazione alle parti. 
    Cosi' deciso in Cagliari nella Camera di consiglio del  giorno  4
giugno 2025, con l'intervento dei magistrati: 
        Tito Aru, Presidente; 
        Antonio Plaisant, consigliere, estensore; 
        Silvio Esposito, referendario. 
 
                         Il Presidente: Aru 
 
                                                L'estensore: Plaisant