Reg. ord. n. 145 del 2025 pubbl. su G.U. del 27/08/2025 n. 35

Ordinanza del Tribunale di Firenze  del 16/06/2025

Tra: M. M. e altri

Oggetto:

Reati e pene – Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza – Violazione della libertà, anche convenzionale, di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Inosservanza degli obblighi internazionali.

- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma.

- Costituzione, artt. 17, 21 e 117; Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, art. 21; Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), art. 11.

 

Reati e pene – Danneggiamento – Denunciata previsione della rilevanza penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico – Violazione del principio di ragionevolezza – Violazione della libertà di riunione e della libertà di manifestazione del pensiero – Violazione del principio di offensività. 

- Codice penale, art. 635, primo comma [, nel testo modificato dall'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 7 del 2016].

- Costituzione, artt. 3, 17, 21, 25, secondo comma, e 27, terzo comma.

 

In via subordinata: Reati e pene – Danneggiamento – Modifiche normative ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 – Denunciata previsione che sia punita anche la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico – Violazione dei principi e dei criteri direttivi di cui alla legge di delega n. 67 del 2014.

- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, art. 2, comma 1, lettera l); codice penale art. 635.

- Costituzione, art. 76.

Norme impugnate:

regio decreto  del 18/06/1931  Num. 773  Art. 18  Co. 3

codice penale  del  Num.  Art. 635  Co. 1

decreto legislativo  del 15/01/2016  Num. 7  Art. 2  Co. 1

decreto legislativo  del 15/01/2016  Num. 7  Art. 2  Co. 1

codice penale  del  Num.  Art. 635



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 17   Co.  

Costituzione  Art. 21   Co.  

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 27   Co.

Costituzione  Art. 76   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.  

Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York  Art. 21   Co.  

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art. 11   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2025

Ordinanza  del  16  giugno  2025  del  Tribunale   di   Firenze   nel
procedimento penale a carico di M. M. e altri. 
 
Reati e pene - Riunione in luogo pubblico  o  aperto  al  pubblico  -
  Obbligo di preavviso al  questore  -  Denunciata  previsione  della
  sanzione penale in caso di inosservanza. 
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo  unico
  delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma. 
Reati e pene - Danneggiamento - Denunciata previsione della rilevanza
  penale del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende,  in
  tutto o in parte, inservibili cose  mobili  o  immobili  altrui  in
  occasione di manifestazioni che si svolgono  in  luogo  pubblico  o
  aperto al pubblico. 
- Codice penale, art.  635,  primo  comma  [,  nel  testo  modificato
  dall'art. 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo n. 7  del
  2016  (Disposizioni  in  materia  di   abrogazione   di   reati   e
  introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie  civili,  a  norma
  dell'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67)]. 
In via  subordinata:  Reati  e  pene  -  Danneggiamento  -  Modifiche
  normative ad opera del d.lgs. n. 7 del 2016 - Denunciata previsione
  che sia punita  anche  la  condotta  di  chi  distrugge,  disperde,
  deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose  mobili  o
  immobili altrui in occasione di manifestazioni che si  svolgono  in
  luogo pubblico o aperto al pubblico. 
- Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in  materia
  di abrogazione di reati e introduzione  di  illeciti  con  sanzioni
  pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28
  aprile 2014, n. 67), art. 2, comma 1,  lettera  l);  codice  penale
  art. 635. 


(GU n. 35 del 27-08-2025)

 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima sezione penale 
 
    Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di: 
    M. M., nata a ... il ...; libera  assente;  difesa  dall'avv.  di
fiducia Sauro Poli del Foro di Firenze; 
    P. G. Y. R., nato in ... il ...; libero assente; difesa dall'avv.
di fiducia Claudio Novaro del Foro di Torino; 
    A. N., nato a ... il ...; libero  assente;  difesa  dall'avv.  di
fiducia Ettore Grenci del Foro di Bologna; 
    S. E., nata a ... (...) il ...; libera assente; difesa  dall'avv.
di fiducia Agnese Sbraccia del Foro di Venezia; 
    E. N., nato a ... il  ...;  libero  assente;  difeso  di  fiducia
dall'avv. Gionata Marini del Foro di Firenze e dall'avv.  Sauro  Poli
del Foro di Firenze; 
    L. C., nata a ... (...) il ...; libera assente; difesa  dall'avv.
di fiducia Agnese Sbraccia del Foro di Venezia; 
    T. A., nato a ... (...) il ...; libero assente; difeso  dall'avv.
di fiducia Sauro Poli del Foro di Firenze; 
    imputati dei seguenti reati: 
    Tutti 
    1) Reato previsto e punito dagli articoli 110 del codice  penale,
art. 18 regio decreto  n.  73/1931  perche',  in  concorso  morale  e
materiale tra loro, chiamando a raccolta i partecipanti, organizzando
un presidio, esibendo uno striscione sul quale  era  scritto  «Giova,
Ghespe e Paska liberi» ed  un  ulteriore  striscione  sul  quale  era
scritto  «Giova-Ghespe-Paska  liberi  complici  con   gli   anarchici
arrestati fuoco alle galere» seguito dal simbolo  anarchico  della  A
cerchiata,  intonando  ed  urlando  alcuni  slogan  contro  lo  Stato
italiano  e  le  Forze  dell'ordine,   senza   alcuna   comunicazione
preventiva  al  questore,  promuovevano  ed  organizzavano  in  luogo
pubblico una manifestazione di protesta in  solidarieta'  a  tutti  i
compagni anarchici detenuti in carcere tenutasi per le vie del centro
della citta' di ... 
    Reato commesso in ..., in data ... 
    E. N. 
    2) Delitto previsto e punito dall'art. 99, 635, comma  2,  n.  1,
comma 3, perche', nel corso  della  manifestazione  di  cui  al  capo
precedente, in ..., in via ... nr. ..., aggrappandosi all'asta  della
bandiera  italiana  esposta  all'esterno   della   scuola   ...,   la
distruggeva rendendola del tutto o in parte inservibile. 
    Con l'aggravante di aver commesso il fatto su cose  esistenti  in
uffici pubblici. 
    Con l'ulteriore aggravante di aver commesso il fatto in occasioni
di manifestazioni svolte in luogo pubblico. 
    Con l'ulteriore aggravante della recidiva specifica. 
    Fatti commessi in ..., in data ...; 
    sentite le parti; 
    premesso che: 
        - con decreto del pubblico ministero  emesso  il  10  gennaio
2024 M. M., P. G. Y. R, A. N., S. E., E. N., L.  C.  e  T.  A.  erano
citati a giudizio per la contravvenzione di cui  all'art.  18,  regio
decreto n. 73/1931 (TULPS); al solo E. era ascritto anche il  delitto
di danneggiamento ex art. 635 del codice penale; 
        - all'udienza predibattimentale odierna le parti illustravano
le rispettive conclusioni.  In  particolare,  il  pubblico  ministero
chiedeva sentenza di non  luogo  a  procedere  per  il  capo  1)  per
intervenuta prescrizione e disporsi la prosecuzione del giudizio  per
il capo 2); la difesa chiedeva sentenza di non luogo a procedere  per
il capo 1) per intervenuta prescrizione e per il capo 2)  perche'  il
fatto non sussiste o per particolare tenuita' del fatto; 
    rilevato che: 
        A) dagli atti d'indagine emerge che in data ... si svolgeva a
... una manifestazione. 
    Pur non  essendo  stata  l'iniziativa  oggetto  di  preavviso  al
questore, la Divisione investigazioni  generali  operazioni  speciali
(DIGOS) della Questura di Firenze monitorando  alcuni  siti  internet
dell'area anarchica, aveva appreso che il ... alle ore ... si sarebbe
tenuto in ... (nel centro storico) un  presidio  di  solidarieta'  ad
alcuni soggetti detenuti in carcere. Veniva  percio'  organizzato  un
apposito servizio di polizia a tutela dell'ordine  pubblico  e  della
sicurezza pubblica. 
    Gli  operanti  nel  corso  del  servizio  osservavano  cosi'  una
trentina di soggetti che, verso le ore ... del ...,  raggiungevano  e
vi svolgevano un presidio, nel corso del quale, anche utilizzando  un
microfono  collegato  ad  un  amplificatore,  leggevano  vari  testi,
intonavano cori e slogan, appendevano alcuni striscioni (del seguente
tenore: «Giova, Ghespe e Paska liberi» e «Complici con gli  anarchici
arrestati fuoco alle galere»). Intorno alle ore ...  il  gruppo  dava
vita ad un corteo per le strade del  centro  fino  a  raggiungere  la
locale piazza ..., ove venivano nuovamente appesi gli striscioni. 
    I poliziotti riconoscevano molti  tra  i  soggetti  presenti.  In
particolare osservavano che gli attuali imputati tenevano le seguenti
condotte: M. e T. portavano sul posto i volantini che poi  nel  corso
della manifestazione sarebbero stati letti e  distribuiti;  A.  e  P.
portavano  sul  posto  uno  striscione;  E.  e  un   altro   soggetto
appendevano uno striscione; A. e P. durante il presidio distribuivano
i volantini; M. e T. alla fine del  presidio  recuperavano  la  cassa
amplificatrice e lo striscione; L., S. e  M.  si  posizionavano  alla
testa del corteo (successivo), sorreggendo uno striscione e  guidando
il corteo stesso; A. e  P.  durante  il  corteo  attaccavano  ad  una
vetrata due manifesti. 
    Inoltre, mentre il corteo transitava in via ... nei pressi  della
«Scuola ...» E. era visto (e fotografato)  nell'azione  di  staccarsi
dal  gruppo,  arrampicarsi  e  aggrapparsi  all'asta  della  bandiera
italiana appesa sulla  facciata  dell'edificio,  rompendo  la  citata
asta, per poi tornare nel gruppo. 
    In relazione a tale danneggiamento non risulta presentata nessuna
querela. 
    In atti non risulta specificata la natura -  pubblica  o  meno  -
dell'istituto scolastico. 
        B) ai sensi dell'art. 554-ter,  comma  1  del  codice  penale
questo giudice deve valutare «se sulla base degli atti  trasmessi  ai
sensi dell'art. 553, sussiste una causa che estingue il reato  o  per
la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere
proseguita, se risulta che il fatto non e' previsto dalla legge  come
reato ovvero che il fatto non sussiste o che  l'imputato  non  lo  ha
commesso o che il fatto non costituisce reato o che l'imputato non e'
punibile per qualsiasi causa»; il giudice pronuncia sentenza  di  non
luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non  consentono
una ragionevole previsione di condanna. 
    Ai sensi del successivo terzo comma dello stesso art. 554-ter del
codice di procedura penale  «Se  non  sussistono  le  condizioni  per
pronunciare sentenza di  non  luogo  a  procedere  e  in  assenza  di
definizioni alternative di cui al comma 2, il giudice  fissa  per  la
prosecuzione del giudizio la data dell'udienza dibattimentale davanti
ad un giudice diverso e dispone la  restituzione  del  fascicolo  del
pubblico ministero». 
        C) Quanto al reato di  cui  all'art.  18,  regio  decreto  n.
73/1931 contestato al capo 1), risulta chiaramente decorso il termine
di prescrizione. Piu' precisamente, il termine massimo di cinque anni
dalla data del fatto risulta decorso in  data  20  aprile  2024  (non
risultano periodi di sospensione); risulta altresi' decorso  in  data
20 aprile 2023 il termine ordinario di quattro anni  dalla  data  del
fatto prima che intervenisse il primo atto interruttivo  (il  decreto
di citazione a giudizio emesso il 10 gennaio 2024). 
    Si  dovrebbe  dunque  dichiarare  l'estinzione  del   reato   per
intervenuta prescrizione. 
    Tuttavia, ove vi fosse l'evidenza di una causa di proscioglimento
nel merito, questo giudice dovrebbe ai sensi dell'art. 129,  comma  2
del codice di procedura penale dare la precedenza a tale  formula  di
proscioglimento. 
        D) Nel caso di specie, alla  luce  degli  elementi  di  fatto
sopra  descritti,  alla  stregua  della  disciplina  in  vigore,  non
emergono cause di proscioglimento immediato nel merito: 
          -   ne'   rispetto   alla   possibilita'   di   qualificare
l'assembramento come  riunione:  le  Sezioni  Unite  della  Corte  di
cassazione nella sentenza n. 46595 del 2019 (punto 13 del Considerato
in diritto) hanno individuato  una  nozione  di  «pubblica  riunione»
comune a varie norme  dell'ordinamento,  tra  cui  l'art.  18  TULPS:
«Questa nozione ristretta  e  comune  a  tutte  le  norme  menzionate
esiste: e' la riunione non  occasionale  di  piu'  persone  in  luogo
pubblico»; in base al comportamento tenuto e alla predisposizione  ed
organizzazione dei mezzi necessari, e' evidente come quella descritta
in atti fosse una riunione volontaria e non occasionale; 
          - ne' rispetto alla pubblicita' del luogo  della  riunione,
costituito da piazze e vie pubbliche. 
          - ne' rispetto al ruolo di promotore ed organizzatore della
riunione (non oggetto del dovuto preavviso) attribuito agli imputati;
secondo la giurisprudenza di legittimita', infatti,  «ai  fini  della
configurabilita' del reato di omesso previo avviso  al  questore,  di
cui all'art. 18 TULPS, risponde come promotore  di  una  riunione  in
luogo pubblico o di un corteo per le pubbliche vie non  soltanto  chi
progetta, indice, promuove e organizza la  manifestazione,  ma  anche
chi collabora alla  realizzazione  pratica  e  al  buon  esito  della
stessa, partecipando alla fase preparatoria» (cosi' Cassazione Sez. 1
- sentenza n. 35493 del 17 novembre  2020  Rv.  280200  -  01,  nello
stesso senso Cassazione Sez. 1, sentenza n. 42448 del 21 ottobre 2009
Rv. 245561 - 01). In atti sono descritte varie condotte con  cui  gli
attuali imputati avrebbero  contribuito  alla  realizzazione  pratica
della riunione. 
        E) Ai fini del giudizio circa la sussistenza di una causa  di
proscioglimento immediato nel merito ex art. 129, comma 2 del  codice
di procedura penale e in particolare ai fini del  giudizio  circa  la
rilevanza penale del fatto in questione,  pare  pero'  necessario  il
pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita'
costituzionale dell'art. 18, comma 3, regio decreto 18  giugno  1931,
n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza); 
        F) Quanto al reato di danneggiamento contestato al capo 2) al
solo E., si deve in primo luogo rilevare che l'art.  635  del  codice
penale - sia nella formulazione vigente all'epoca dei fatti,  sia  in
quella attuale - non delinea un'unica figura di reato per la quale  i
vari commi configurino distinte circostanze aggravanti. 
    A seguito  della  riforma  operata  dal  decreto  legislativo  n.
7/2016, la  precedente  figura  di  danneggiamento  semplice  e'  ora
penalmente irrilevante; le precedenti fattispecie aggravate - tra cui
quella avente ad oggetto le cose esistenti in  stabilimenti  pubblici
(o destinate a pubblico servizio o esposte  alla  pubblica  fede)  ai
sensi dell'art. 625, comma 1, n.  7  del  codice  penale  (richiamato
dall'art. 635, comma 2 del codice penale) - sono state trasformate in
fattispecie autonome di reato; parimenti autonome sono  le  ulteriori
fattispecie  di  danneggiamento  che   sono   state   successivamente
delineate dal legislatore. 
    Per il vero,  non  mancano  pronunce  di  legittimita'  che,  nel
trattare il merito  delle  singole  ipotesi  di  cui  ai  vari  commi
dell'art.  635  del  codice  penale   (e   quindi   non   affrontando
specificamente  la  natura  di  fattispecie  base  o  di  fattispecie
circostanziata  di  tali  ipotesi),  fanno  ancora  riferimento  alle
«aggravanti» della destinazione del bene a pubblico servizio o  della
presenza in uno stabilimento pubblico (cosi', ad es. Cassazione  Sez.
2, sentenza n. 29538 del 15 giugno 2023 Rv. 284940 -  01  e  Sez.  2,
sentenza n. 27050 del 12 aprile 2023 Rv.  284769  -  01).  Si  tratta
tuttavia - si deve ritenere - di espressioni retaggio del passato  o,
forse, dovute al fatto che con riguardo al furto le ipotesi aventi ad
oggetto  le  citate  tipologie  di  beni  costituiscono   fattispecie
aggravate (ai sensi per l'appunto dell'art. 625, comma 1,  n.  7  del
codice penale). Allorche', viceversa, ha affrontato espressamente  la
questione, la Corte di cassazione ha rilevato che gli elementi che in
passato avevano natura  circostanziale  sono  ora  (a  seguito  della
riforma del 2016) elementi costitutivi del reato (cosi',  ad  esempio
Cassazione Sez. 2 sentenza n. 10208 del 16 febbraio 2024 Rv. 286093 -
01 e Cassazione Sez. 2, sentenza n. 37417 del 12  novembre  2020  Rv.
280464 - 01). Nella sentenza Cassazione Sez. 2, sentenza n. 1881  del
3  novembre  2022  (dep.  2023)  la  Corte  ha  inoltre  sottolineato
l'autonomia delle varie figure delittuose disciplinate nei vari commi
dell'art. 635 del codice penale. 
    A differenza di quanto indicato nel capo  d'imputazione,  quindi,
l'avere commesso il fatto su cose  esistenti  in  uffici  pubblici  e
l'aver commesso il fatto in occasioni  di  manifestazioni  svolte  in
luogo pubblico non integrano due circostanze  aggravanti  di  un  non
piu'  previsto  reato  di  danneggiamento  semplice;   al   contrario
integrano due distinte e autonome fattispecie di danneggiamento. 
    Cio'  pare  confermato  dal  rapporto  strutturale  tra  le   due
fattispecie, che e' di specialita' reciproca: a fronte di  un  nucleo
comune costituito dalla tipologia  di  condotta,  un  fatto  presenta
quale elemento qualificante lo specifico oggetto (la  cosa  esistente
in  uno  stabilimento  pubblico),  l'altro  presenta  quale  elemento
qualificante lo specifico contesto in cui e' compiuto  (in  occasione
di una manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico). 
    La citata conclusione trova inoltre supporto nel dato  letterale:
l'art. 635, comma 5 del codice penale (che detta regole in materia di
subordinazione della sospensione condizionale della pena) fa  infatti
riferimento ai «reati di cui ai  capi  precedenti»,  ove  il  termine
«reati» figura al plurale. 
    I due reati ora in esame paiono porsi  in  rapporto  di  concorso
formale, posto che sono realizzati con un'unica condotta; ne'  appare
possibile ravvisare un assorbimento dell'uno nell'altro, sia  perche'
la specialita' e'  solo  reciproca,  sia  perche'  i  beni  giuridici
tutelati  non  sono   perfettamente   sovrapponibili:   alla   comune
componente  patrimoniale  nell'un  caso  si   aggiunge   un   profilo
pubblicistico connesso all'efficienza della pubblica amministrazione;
nell'altro caso un profilo (almeno in teoria) attinente  ad  un  bene
ulteriore, sia pur di difficile decifrazione. 
    D) tanto premesso, ritiene pero' questo giudice di dover valutare
la legittimita' della previsione della rilevanza penale del fatto  in
esame. 
    Pare in particolare  necessario  il  pronunciamento  della  Corte
costituzionale in ordine alla legittimita'  costituzionale  dell'art.
635 del codice penale nella parte in cui prevede la rilevanza  penale
del fatto di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in  tutto  o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in  occasione  di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico
(incriminazione all'epoca dei fatti contenuta nell'art. 635, comma  1
del codice penale e ora contenuta nell'art. 635, comma 3  del  codice
penale, con  la  previsione  di  una  pena  anche  piu'  severa);  in
subordine dell'art. 2, comma 1, lettera l),  decreto  legislativo  n.
7/2016 nella parte in cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del
codice penale - ha disposto che al  primo  comma  dell'art.  635  del
codice penale fosse  punita  anche  la  condotta  di  chi  distrugge,
disperde, deteriora o rende, in tutto o in  parte,  inservibili  cose
mobili o immobili  altrui  in  occasione  di  manifestazioni  che  si
svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico; 
    cio' premesso, 
    Osserva 
1. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Rilevanza 
    Come si e' gia' evidenziato, qualora fosse accolta  la  questione
relativa alla legittimita' costituzionale dell'art. 18, comma 3 TULPS
questo giudice  ai  sensi  dell'art.  129,  comma  2  del  codice  di
procedura penale dovrebbe  -  con  riguardo  a  detta  imputazione  -
emettere una sentenza di non luogo a procedere perche' il  fatto  non
e' previsto dalla legge come reato. 
    Diversamente, dovrebbe essere emessa  sentenza  di  non  luogo  a
procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione. 
2. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS.  Non  manifesta
infondatezza. 
    2.1  Appare  opportuna  una  breve   ricostruzione   del   quadro
normativo. 
    L'art. 18 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 prevedeva: 
        «I promotori di una riunione in luogo pubblico  o  aperto  al
pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore. 
        E' considerata pubblica  anche  una  riunione,  che,  sebbene
indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sara'  tenuta,
o per il numero delle persone che dovranno  intervenirvi,  o  per  lo
scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. 
        I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi  e
con l'ammenda da lire mille a quattromila. Con le  stesse  pene  sono
puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola. 
        Il questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni  di
ordine pubblico, di moralita' o di sanita'  pubblica,  puo'  impedire
che  la  riunione  abbia  luogo  e  puo',  per  le  stesse   ragioni,
prescrivere modalita' di tempo e di luogo alla riunione. 
        I   contravventori   al   divieto   o    alle    prescrizioni
dell'autorita' sono puniti  con  l'arresto  fino  a  un  anno  e  con
l'ammenda da lire duemila a quattromila.  Con  le  stesse  pene  sono
puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola. 
        Non e' punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorita'  o
per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione. 
        Le disposizioni di questo  articolo  non  si  applicano  alle
riunioni elettorali.» 
    Successivamente all'adozione della  Costituzione  repubblicana  e
all'inizio dell'operativita' della Corte  costituzionale,  il  citato
articolo del TULPS - a parte i vari adeguamenti della pena pecuniaria
(la cui cornice edittale e' oggi compresa tra 103 euro e 413 euro)  -
e' stato oggetto di numerose questioni di  costituzionalita',  alcune
delle quali accolte. 
    In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del
1958 ha dichiarato l'illegittimita' delle norme del  citato  articolo
nella parte relativa alle riunioni non tenute in luogo pubblico;  con
la sentenza  n.  90  del  1970  ha  dichiarato  l'incostituzionalita'
dell'art. 18, comma 3 nella parte in cui  non  limita  la  previsione
punitiva a  coloro  che  prendono  la  parola  essendo  a  conoscenza
dell'omissione del preavviso previsto dal primo  comma  dello  stesso
articolo;  con  la  sentenza   n.   11   del   1979   ha   dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art.  18,  comma  3  nella  parte  in  cui
prevede la punizione di coloro  che  prendono  la  parola  essendo  a
conoscenza della omissione di  preavviso  previsto  nel  primo  comma
(accogliendo cosi' una questione precedentemente ritenuta  infondata,
sia con la sentenza 90 del 1970, sia con la sentenza n. 51 del 1975). 
    Attualmente, quindi, l'incriminazione  e'  circoscritta  ai  soli
promotori della riunione in luogo  pubblico  che  omettano  di  darne
avviso al questore almeno tre giorni prima (oltre che  a  coloro  che
contravvengono al divieto di riunione imposto  dal  questore  o  alle
prescrizioni da questi imposte, ai sensi dell'art. 18, comma 4). 
    2.2 La questione che ora s'intende proporre in via principale non
attiene alla previsione dell'obbligo del preavviso per le riunioni in
luogo pubblico, bensi' alla previsione di  una  sanzione  penale  per
l'ipotesi in cui tale obbligo non sia rispettato. 
    Trattasi - per certi  versi  -  di  questione  analoga  a  quella
ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la  sentenza  n.  9
del 1956. In tale occasione - a fronte del  dedotto  contrasto  della
norma censurata con l'art. 17 della Costituzione, che  non  contempla
una sanzione per il mancato preavviso - cosi' la  Corte  motivava  la
propria decisione: «E' normale che  il  precetto  costituzionale  non
copra, per tutta la sua estensione, la materia regolata  dalle  norme
ad essa sottordinate nella scala  dei  valori  normativi.  L'art.  17
della  Costituzione,  per  le  riunioni  in  luogo  pubblico  -  come
chiaramente risulta da tutti i lavori preparatori -, e'  confermativo
della disciplina preesistente. Pertanto la sanzione penale  contenuta
nell'art. 18 del T.U.  delle  leggi  di  p.s.,  nella  parte  che  si
riferisce alle riunioni in luogo pubblico, integra e completa,  sotto
il relativo profilo,  la  disposizione  costituzionale,  non  essendo
nemmeno pensabile che il precetto costituzionale possa, se  veramente
se ne vuole il rispetto, essere sprovvisto di sanzione». L'assunto e'
stato poi confermato in numerose ordinanze successive  (ordinanze  27
del 1956, 31 del 1956, 32 del 1956, 86 del 1957, 87 del 1957, 88  del
1957, 89 del 1957, 90 del 1957, 10 del 1960). 
    2.3 La citata conclusione non appare condivisibile. 
    2.3.1 Da un lato, la circostanza che il principio  costituzionale
non sia meramente confermativo della disciplina  precedente  (dettata
in periodo particolarmente infausto  per  le  liberta'  fondamentali)
emerge gia' solo dal fatto che con le tre sentenze sopra  citate  (27
del 1958, 90 del 1970 e 11 del 1979) la stessa  Corte  costituzionale
ha rilevato il contrasto  in  piu'  punti  della  disciplina  dettata
dall'art. 18 TULPS con il combinato disposto degli articoli 17  e  21
della Costituzione. 
    2.3.2  Dall'altro  -  premesso  che  l'art.  17,  comma  3  della
Costituzione prevede che  delle  riunioni  in  luogo  pubblico  debba
essere dato preavviso alle autorita', senza fare alcun riferimento  a
pene - se non e' logicamente corretto desumere da tale mancanza  tout
court un divieto di sanzione penale, risulta pero' eccessivo  dedurre
che il precetto debba  essere  necessariamente  accompagnato  da  una
sanzione e, in particolare, che la sanzione debba  essere  di  natura
penale (per di piu' di tipo detentivo);  a  maggior  ragione  ove  si
consideri che l'obbligo  di  preavviso  costituisce  una  limitazione
all'esercizio  di  un  diritto  fondamentale  e  quindi  la  relativa
previsione pare doversi interpretare restrittivamente. 
    Si  consideri  anche  che  nel  frattempo  il  quadro   normativo
complessivo  e'  mutato  notevolmente,  per   cui   da   una   logica
panpenalistica si e' passati ad una  concezione  del  diritto  penale
come extrema ratio. Inoltre,  si  e'  diffusa  ampiamente  la  figura
dell'illecito amministrativo con finalita'  punitiva,  sicche'  molte
ipotesi di illecito che in passato avevano natura  penale  hanno  ora
una rilevanza soltanto amministrativa. 
    Del resto, il mancato preavviso gia' trova una possibile sanzione
(di tipo non punitivo) nella  dispersione  della  riunione  ad  opera
delle  forze  di  polizia  (dispersione  che  costituisce  una   mera
eventualita' e non l'oggetto di un obbligo,  come  gia'  sottolineato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 90 del 1970). 
    L'art.  17  della  Costituzione   non   impone   dunque   affatto
l'incriminazione dell'omesso preavviso da parte dei  promotori  della
riunione in luogo pubblico. 
    2.4 Dall'epoca delle citate pronunce della  Corte  costituzionale
e' inoltre maturata una maggiore sensibilita'  rispetto  alla  tutela
dei diritti fondamentali, anche  con  riguardo  all'esigenza  che  le
limitazioni ai diritti fondamentali rispettino sempre il canone della
proporzionalita', «in quanto la  proporzionalita'  e'  "requisito  di
sistema nell'ordinamento costituzionale italiano, in relazione a ogni
atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali
dell'individuo"» (cosi' la sentenza n. 203 del 2024, che  richiama  a
sua volta precedenti pronunce). 
    A questo riguardo, l'art. 18, comma  3  TULPS  pare  violare  gli
articoli 17 e 21 della Costituzione (la liberta'  di  riunione  e  la
liberta'  di  manifestazione   del   pensiero   paiono   strettamente
collegate, come riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo in plurime pronunce),  posto  che
pare sproporzionata la previsione dell'incriminazione  per  tutte  le
ipotesi  di  omesso  preavviso  da  parte  degli   organizzatori,   a
prescindere dalla tipologia di riunione, dall'entita'  della  stessa,
dal numero dei partecipanti (effettivi o attesi),  dal  luogo  e  dai
mezzi di svolgimento, nonche' dalle conseguenze che ne derivino. 
    Il raduno di centinaia di manifestanti a bordo di trattori  sulla
tangenziale di una grande citta' e' situazione  radicalmente  diversa
rispetto  al  ritrovo  di  una  decina  di  giovani  a   piedi;   una
manifestazione nei pressi della sede  del  Parlamento  e'  situazione
radicalmente diversa da una riunione in un parco cittadino  (come  si
vedra' oltre, nel caso RAI and Evans v. the United  Kingdom la  Corte
europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto giustificata l'interferenza
nelle liberta' fondamentali posto che la  norma  nazionale  prevedeva
sanzioni  penali  -  detentiva  e/o  pecuniaria  -  soltanto  per  le
manifestazioni non autorizzate che si svolgessero in zone limitate  e
particolarmente sensibili dal punto di vista della  sicurezza  e  che
era inoltre stata concretamente inflitta solo una pena pecuniaria). 
    In ogni caso, la previsione della possibilita' per  le  autorita'
di impedire lo  svolgimento  della  riunione  pare  sufficiente  alla
salvaguardia dell'ordine pubblico, per  cui  la  configurazione  come
reato  dell'omesso  preavviso  appare  inutilmente  limitativa  delle
liberta' di riunione e di manifestazione del pensiero. 
    2.5 La norma censurata pare violare  altresi'  l'art.  117  della
Costituzione  in  relazione  all'art.  21  del  Patto  internazionale
relativo ai diritti civili e politici di New York. 
    Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre  1966
(reso esecutivo in Italia con la legge  25  ottobre  1977,  n.  881),
cosi' recita: «E'  riconosciuto  il  diritto  di  riunione  pacifica.
L'esercizio di tale diritto non puo' formare oggetto  di  restrizioni
tranne  quelle  imposte  in  conformita'  alla  legge  e  che   siano
necessarie  in  una  societa'   democratica,   nell'interesse   della
sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o
per tutelare la sanita' o la morale pubbliche, o gli altrui diritti e
liberta'.» 
    Quanto al  concetto  di  «restrizioni  [...]  necessarie  in  una
societa' democratica» - che evoca il principio di proporzionalita'  -
risulta fondamentale l'interpretazione fornita  dal  Comitato  per  i
diritti umani dell'ONU nel commento generale n.  37  sul  diritto  di
riunione pacifica. 
    2.5.1 Preliminarmente nel citato commento generale,  il  comitato
precisa:  che  «riunione  pacifica»  e'  sinonimo  di  «riunione  non
violenta», ove per violenza si deve  intendere  l'uso  ad  opera  dei
partecipanti di una forza  fisica  suscettibile  di  cagionare  delle
lesioni o la morte o dei danni gravi ai beni (paragrafo 15);  che  il
confine tra riunione pacifica e riunione non pacifica puo' talora non
essere chiaro, ma esiste una  presunzione  in  favore  del  carattere
pacifico della riunione e gli eventuali atti  sporadici  di  violenza
posti in essere da alcuni partecipanti non possono essere  attribuiti
agli altri o agli organizzatori o far qualificare  come  violenta  la
riunione (par. 17). 
    Ai paragrafi 70 e seguenti e' trattato il tema del preavviso.  In
particolare, e' previsto che l'adozione di un  sistema  di  preavviso
non deve diventare un fine in se'. Al par. 71 il comitato afferma che
la mancanza di preavviso, ove richiesto, non puo' rendere illegale la
partecipazione ad una riunione, non puo' di per  se'  legittimare  la
dispersione della riunione  o  l'arresto  dei  partecipanti  o  degli
organizzatori o l'inflizione  di  sanzioni  ingiustificate,  come  ad
esempio accusare gli  organizzatori  o  i  partecipanti  di  illeciti
penali; anche le  eventuali  sanzioni  amministrative  devono  essere
giustificate dalle autorita'; la mancanza di preavviso non esonera le
autorita' dal dovere, nella misura in  cui  sia  loro  possibile,  di
agevolare la riunione e di proteggere i partecipanti. (1) 
    Dunque, per quel che qui  piu'  strettamente  interessa,  secondo
l'interpretazione fornita dall'apposito Comitato ONU, la mancanza  di
preavviso di una riunione, pur quando lo stesso  sia  richiesto,  non
puo' costituire l'oggetto di un'infrazione penalmente  rilevante  nei
confronti degli organizzatori. 
    2.5.2 Le interpretazioni del Patto fornite  dal  Comitato  per  i
Diritti dell'Uomo dell'ONU non sono di per se' vincolanti. 
    Il citato commento generale tuttavia - per l'autorevolezza  e  la
specializzazione dell'organo da cui  promana  e  per  il  livello  di
approfondimento - costituisce una interpretazione molto autorevole da
cui non vi e' motivo di discostarsi. 
    In  proposito,  si  rilevi  che  la  Corte  europea  dei  Diritti
dell'uomo molto spesso cita le osservazioni e i commenti generali del
Comitato  ONU  per  i  Diritti  dell'uomo   come   fonte   autorevole
d'interpretazione del Patto di New York:  cosi',  ad  esempio,  nella
sentenza del 25 giugno 2013  nel  caso  Youth  Initiative  for  Human
Rights v.  Serbia al  par.  13  a  proposito  del  commento  generale
sull'art. 19 del patto; nella sentenza del 28  marzo  2006  nel  caso
Sukhovetskyy c. Ukraine al par. 41 in materia di diritti  elettorali;
nella sentenza del 21 settembre 2006 nel caso Maszni c.  Roumanie  ai
par. 28-30 a proposito dell'art. 14 del patto; nella sentenza del  20
febbraio 2018 nel caso Krombach c. France ai par. 19-20  a  proposito
del principio del bis in idem; nella sentenza del  27  novembre  2014
nel caso Hrvatski Lijecsicki Sindikat  v.  Croatia  nella  concurring
opinion del giudice Pinto De Albuquerque a proposito del  diritto  di
sciopero. 
    Anche il Presidente del Consiglio dei ministri nei propri ricorsi
in  via  principale  dinanzi  alla  Corte  costituzionale  ha  talora
invocato gli articoli del Patto di New York per come interpretati dal
Comitato per i diritti umani dell'organizzazione delle Nazioni  Unite
nei propri commenti generali: si veda ad esempio il ricorso n. 47 del
2015 Reg. Ric. (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,  n.  19
del 13 maggio 2015) in  relazione  alla  legittimita'  costituzionale
degli articoli 70 e 72 della legge della Regione Lombardia  11  marzo
2005, n. 12, nell'ambito del quale al par.  4  della  motivazione  il
Governo ha invocato il general comment all'art. 18 del Patto  di  New
York   e   in   particolare   l'indicazione   del   Comitato    circa
l'interpretazione necessariamente restrittiva delle limitazioni  alla
liberta' di religione di cui all'art. 18, comma 3 e il  principio  di
proporzionalita'. (2) 
    Infine, i  commenti  generali  del  Comitato  dei  diritti  umani
dell'ONU costituiscono un importante parametro per  l'interpretazione
delle disposizioni del Patto di New York anche  nella  giurisprudenza
delle  Corti  nazionali  di  vari  Paesi  europei:  vi  hanno   fatto
riferimento, ad esempio, il Tribunale costituzionale  spagnolo  nella
sentenza n. 26/2024 del 14 febbraio 2024 a proposito  della  liberta'
di  religione  e  la  Corte  costituzionale  federale  tedesca  nella
sentenza del 29 gennaio 2019 (2 BvC 62/14) in materia elettorale. 
    2.6  Analoga  questione  si  prospetta  rispetto  alla  possibile
violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art.  11
della Convenzione europea  dei  Diritti  dell'Uomo  (letto  anche  in
correlazione all'art. 10 della stessa Convenzione). 
    L'art. 11 CEDU al  primo  comma  riconosce  il  diritto  di  ogni
persona alla liberta' di riunione pacifica. Il secondo comma  prevede
poi  che  l'esercizio  di  tale  diritto  (e  degli   altri   diritti
riconosciuti al primo comma) «non puo' essere oggetto di  restrizioni
diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che  costituiscono
misure  necessarie,  in  una  societa'  democratica,  alla  sicurezza
nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa  dell'ordine  e  alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale  e
alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui». 
    2.6.1 La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo
ha ritenuto che la richiesta di preavviso per le  riunioni  in  luogo
pubblico - da parte della legge  nazionale  di  uno  Stato  membro  -
costituisca una interferenza con il diritto  di  riunione,  che  puo'
tuttavia essere compatibile con il citato articolo laddove  ricorrano
i requisiti sopra indicati. 
    La  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  ha  in   particolare
sottolineato reiteratamente  che  la  semplice  assenza  di  notifica
preliminare, pur prevista dalla legge per un fine legittimo, non  dia
carta bianca alle autorita', ne' rispetto  alla  dispersione  di  una
riunione pacifica - che potrebbe  comunque  costituire  una  reazione
sproporzionata e quindi un'interferenza illegittima  con  il  diritto
fondamentale in questione (sentenza del 17 luglio 2007 nel caso Bukta
et Autres c. Hongrie, par. 34-38; sentenza del  12  giugno  2014  nel
caso Primov and others v.  Russia,  par.  118-119;  sentenza  del  15
ottobre 2015 nel caso  Kudrevicius  and  others  v.  Lithuania,  par.
149-153) - ne'  rispetto  alle  possibili  sanzioni  per  il  mancato
preavviso. 
    Sotto quest'ultimo profilo, piu' strettamente rilevante  ai  fini
in esame, la Corte europea dei diritti  dell'uomo  ha  richiamato  la
propria costante giurisprudenza secondo cui  la  natura  e  l'entita'
delle sanzioni inflitte sono elementi da tenere in considerazione nel
valutare  il  carattere  proporzionato  o  meno  di   un'interferenza
rispetto al fine dalla stessa perseguito (tra le altre, sentenza  del
28 settembre 1999  nel  caso  Öztürk  c.  Turquie;  sentenza  dell'11
ottobre 2022 nel caso  Osmani  and  others  v.  the  Former  Yugoslav
Republic of Macedonia). 
    Piu' precisamente, con riguardo alla  liberta'  di  riunione,  la
Corte ha affermato che la previsione di una sanzione penale (e  ancor
piu' di una pena  detentiva)  per  l'omesso  preavviso  richiede  una
giustificazione particolare, posto che «una  manifestazione  pacifica
non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetta alla minaccia di
una sanzione penale» (sentenza del 17 maggio 2011 nel caso Akgol  and
Gal v.  Turkey,  par.  43),  «in  particolare  una  privazione  della
liberta'» (sentenza del 18 giugno 2013 nel  caso  Gon  et  Autres  c.
Turquie, par. 83). 
    Ad  esempio,  nel  caso  RAI  and  Evans  v. The  United  Kingdom
(sentenza del  17  novembre  2009)  la  Corte  riteneva  giustificata
l'interferenza posto che la norma nazionale prevedeva sanzioni penali
(detentiva  e/o  pecuniaria)  soltanto  per  le  manifestazioni   non
autorizzate che si svolgessero in  zone  limitate  e  particolarmente
sensibili dal punto di  vista  della  sicurezza  (era  inoltre  stata
concretamente inflitta solo una pena pecuniaria). 
    Viceversa, nel caso Obote v. Russia  (sentenza  del  19  novembre
2019, par. 43-45) - relativo a sette soggetti che  avevano  posto  in
essere un «flash mob» di fronte ad un ufficio  governativo  senza  la
prescritta previa  comunicazione  -  la  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo ha ritenuto che la condotta delle autorita' nazionali,  che
avevano   inflitto    una    sanzione    amministrativa    pecuniaria
sostanzialmente punitiva, costituisse una interferenza sproporzionata
e quindi illegittima ai sensi dell'art. 11  della  Convenzione.  Piu'
precisamente, la Corte ha ritenuto che il  semplice  fatto  di  avere
omesso il previsto preavviso non giustificasse una sanzione di natura
penale. 
    2.6.2 Alla luce di quanto precede, ad avviso dello  scrivente  la
norma di cui all'art. 18, comma 3, regio decreto n. 773/1931 si  pone
in  contrasto  con  l'art.   11   CEDU,   come   interpretato   dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.  La  citata
norma  nazionale,  infatti,  punisce  (peraltro  con  una  pena   sia
detentiva, sia pecuniaria) l'organizzatore di una riunione  in  luogo
pubblico per il solo fatto dell'omesso preavviso, sulla base del solo
dato formale e a prescindere da ogni giustificazione ulteriore. 
    2.7 D'altro canto, a parere dello scrivente la  dichiarazione  di
illegittimita'  della  norma  censurata  non  darebbe  luogo  ad   un
intollerabile vuoto di tutela del bene giuridico protetto:  a  fronte
di un mancato preavviso della riunione, sarebbe comunque possibile la
dispersione della stessa ad opera delle forze di polizia  (sempreche'
tale dispersione sia concretamente giustificata e proporzionata). 
3. La questione concernente l'art. 18, comma 3 TULPS. Possibilita' di
un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata ai parametri costituzionali indicati, chiaro e  univoco
essendo il dato normativo. 
4. Le questioni concernenti l'art. 635 del codice penale. Rilevanza 
    4.1   In   via   principale,   si   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 635 del codice penale  nella  parte  in  cui
prevede la rilevanza penale del fatto  di  chi  distrugge,  disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte,  inservibili  cose  mobili  o
immobili altrui in occasione di manifestazioni  che  si  svolgono  in
luogo pubblico o aperto al pubblico. 
    Qualora fosse accolta detta questione,  questo  giudice  dovrebbe
emettere -  con  riguardo  a  tale  profilo  dell'imputazione  -  una
sentenza di non luogo a procedere perche' il fatto  non  e'  previsto
dalla legge come reato (fatta salva ogni diversa  valutazione  quanto
all'ulteriore reato di danneggiamento di cosa presente in un pubblico
stabilimento contestato nel medesimo capo d'imputazione). 
    Diversamente, posto che - sia dal punto di vista  oggettivo,  sia
dal punto di vista soggettivo - il reato in esame risulta  integrato,
questo giudice dovrebbe valutare la sussistenza di ulteriori  e  meno
favorevoli  cause  di  non  punibilita'  e   in   particolare   della
particolare tenuita' del  fatto  ex  art.  131-bis del codice  penale
(emettendo, in caso di riconoscimento della stessa, sentenza  di  non
luogo a procedere e disponendo in caso contrario la prosecuzione  del
giudizio davanti ad un giudice diverso ai  sensi  dell'art.  554-ter,
comma 3 del codice di  procedura  penale);  incidentalmente  si  deve
rilevare che non sussiste la contestata recidiva  perche'  l'imputato
non risulta avere mai subito condanne. 
    Ad ogni modo, dal punto  di  vista  logico  e'  pregiudiziale  la
questione circa la previsione o  meno  del  fatto  come  reato:  «una
pronuncia di non punibilita' ex art. 131-bis del  codice  penale,  in
qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone
logicamente la valutazione che un reato, completo  di  tutti  i  suoi
elementi oggettivi e soggettivi, sia  stato  commesso  dalla  persona
sottoposta a indagini o dall'imputato» (sentenza  n.  116  del  2023,
richiamata poi dalla sentenza n. 146 del 2023). 
    Del resto, una pronuncia di non  luogo  a  procedere  perche'  il
fatto non e' previsto dalla legge come reato e' piu'  favorevole  per
l'imputato rispetto ad una pronuncia di non  luogo  a  procedere  per
particolare tenuita' del fatto, sia perche'  quest'ultima  presuppone
che un reato vi sia stato, sia per i diversi  effetti  pratici  delle
due pronunce (la prima non  produce  alcun  effetto,  la  seconda  e'
comunque destinata ad essere iscritta nel certificato del  casellario
e potrebbe essere presa in considerazione ai fini di  una  successiva
valutazione della particolare tenuita' di un diverso fatto di reato). 
    4.2  In   via   subordinata,   si   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, lettera l), decreto legislativo n. 7/2016
nella parte in cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del codice
penale - ha disposto che al primo  comma  dell'art.  635  del  codice
penale sia punita anche  la  condotta  di  chi  distrugge,  disperde,
deteriora o rende, in tutto o in parte,  inservibili  cose  mobili  o
immobili altrui in occasione di manifestazioni  che  si  svolgono  in
luogo pubblico o aperto al pubblico. 
    La questione risulta rilevante: il testo dell'art. 635 del codice
penale introdotto dall'art. 2, lettera  l),  decreto  legislativo  n.
7/2016 era quello in vigore al momento del fatto  in  esame  (sarebbe
poi stato modificato dal decreto-legge n. 53/2019), per cui  in  caso
di dichiarazione di illegittimita' dell'art. 2, lettera  l),  decreto
legislativo n. 7/2016,  nella  parte  censurata,  il  fatto  ascritto
all'imputato  -  di  danneggiamento  commesso  in  occasione  di  una
manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico -  si  dovrebbe
considerare penalmente irrilevante: lo  stesso  art.  2,  lettera  l)
infatti privava di rilevanza penale il  danneggiamento  semplice.  Si
dovrebbe quindi emettere sentenza di non luogo a procedere perche' il
fatto non e' previsto  dalla  legge  come  reato  (fatta  salva  ogni
diversa valutazione quanto all'ulteriore reato di  danneggiamento  di
cosa presente in un pubblico  stabilimento  contestato  nel  medesimo
capo d'imputazione). 
    Non pare inoltre superfluo sottolineare che nel  caso  di  specie
non  e'  stata  presentata  alcuna  querela.   Qualora   il   decreto
legislativo n. 7/2016 avesse mantenuto in essere -  limitatamente  ai
fatti di danneggiamento commessi in occasione  di  manifestazioni  in
luogo pubblico o aperto al pubblico - la previgente disciplina,  alla
stregua  di  quest'ultima  il  danneggiamento  semplice  non  sarebbe
procedibile. 
5. Le  questioni  concernenti  l'art.  635  del  codice  penale.  Non
manifesta infondatezza della questione principale. 
    5.1   In   via   principale,   si   dubita   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 635 del codice penale  nella  parte  in  cui
prevede la rilevanza  penale  del  fatto  commesso  in  occasione  di
manifestazioni  che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico. 
    Occorre premettere che il testo dell'art. 635 del  codice  penale
negli ultimi anni e' stato oggetto di numerose e ripetute modifiche. 
    La disposizione ora censurata era inserita  nel  testo  dell'art.
635, comma 1 del  codice  penale  dall'art.  2,  lettera  l)  decreto
legislativo n. 7/2016 (in precedenza era prevista la rilevanza penale
del danneggiamento  semplice,  a  prescindere  dalla  sussistenza  di
ulteriori elementi, ma si trattava di reato procedibile a  querela  e
di competenza del Giudice di pace; gli  ulteriori  elementi  indicati
nei commi successivi dell'art.  635  del  codice  penale  integravano
delle circostanze aggravanti). 
    All'epoca dei fatti in contestazione il testo dell'art.  635  del
codice penale era ancora quello introdotto dall'art. 2,  lettera  l),
decreto legislativo n. 7/2016; la disposizione censurata  era  quindi
contenuta  nel  primo  comma  dell'art.  635  del  codice  penale   e
contemplava un trattamento sanzionatorio identico a  quello  previsto
per le altre forme di danneggiamento penalmente rilevanti (reclusione
da sei mesi a tre anni). 
    Attualmente la disposizione - a seguito delle modifiche apportate
dal decreto-legge n. 53/2019 (convertito dalla legge  n.  77/2019)  -
figura invece nel terzo comma dello  stesso  articolo  e  prevede  un
trattamento sanzionatorio (reclusione da  uno  a  cinque  anni)  piu'
severo rispetto alle ipotesi di cui ai precedenti commi  (il  recente
decreto-legge n. 48/2025 ha previsto un  ulteriore  inasprimento  per
l'ipotesi  in  cui  i  fatti   siano   commessi   in   occasione   di
manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico
e con violenza alla persona o con minaccia). Tale ultimo  profilo  in
questa sede peraltro non rileva strettamente posto che  -  in  virtu'
delle regole sulla successione delle leggi penali nel  tempo  di  cui
all'art. 2 del codice penale e del  principio  di  cui  all'art.  25,
comma 2 della Costituzione - le nuove norme non sono  applicabili  ai
fatti ora in esame. 
    5.2 In  altre  disposizioni  dell'ordinamento,  incriminatrici  o
circostanziali,  il  termine  «manifestazioni»  e'  accompagnato   da
un'aggettivazione - spesso «sportive» - che ne delimita  la  portata:
e' il caso ad esempio dell'art. 61, n. 11-septies del codice  penale,
dell'art. 583-quater del codice penale, dell'art. 635, comma 2, n.  4
del codice penale. 
    Nel caso in esame (ma anche nell'art. 339 del codice penale e  in
altre disposizioni), viceversa, il termine  «manifestazioni»  non  e'
ulteriormente  specificato,  per  cui  e'  idoneo   a   ricomprendere
manifestazioni di vario genere: musicali, artistiche e, per quel  che
piu' rileva, politiche. 
    5.3 La norma censurata  pare  illegittima  per  violazione  degli
articoli 17 e 21  della  Costituzione:  far  dipendere  la  rilevanza
penale di una medesima condotta dal fatto che la stessa sia tenuta in
occasione  di  una  manifestazione  significa  in   sostanza   punire
l'esercizio  del  diritto  (liberta'  di  riunione  ed  eventualmente
liberta' di manifestazione del pensiero) che  si  esprime  in  quella
manifestazione. 
    5.4 Con la sentenza n. 119 del 1970 la  Corte  costituzionale  ha
dichiarato illegittima - per violazione dell'art. 3  e  dell'art.  40
della Costituzione - la norma dell'art. 635, comma 2, n. 2 del codice
penale (nel testo allora vigente), nella parte in cui prevedeva  come
circostanza aggravante, e come causa di procedibilita' d'ufficio, del
reato di danneggiamento il fatto che tale  reato  fosse  commesso  da
lavoratori in occasione di uno sciopero o  da  datori  di  lavoro  in
occasione di serrate.  Nella  motivazione  della  sentenza  la  Corte
censurava in particolare il  fatto  che  la  citata  norma  fosse  in
sostanza stata dettata dal legislatore del  1930  per  «colpire,  sia
pure in occasione del danneggiamento, proprio lo sciopero  in  quanto
tale»;  inoltre  la  citata  norma  era  ritenuta  discriminatoria  a
discapito dei lavoratori, posto che in base alla stessa i  lavoratori
erano puniti piu' severamente rispetto  ad  un  eventuale  terzo  che
nella stessa situazione si rendesse autore di un danneggiamento. 
    5.5 Se pur la  formulazione  della  norma  ora  censurata  e'  in
astratto neutra quanto al soggetto attivo del reato  -  «chiunque»  e
quindi in  teoria  anche  soggetti  diversi  dai  manifestanti  -  la
situazione pare in realta' analoga a  quella  esaminata  dalla  Corte
nella citata sentenza n. 119 del 1970. 
    In sostanza, un fatto - il danneggiamento  -  e'  punito  per  il
fatto di essere stato posto in essere nel corso di una manifestazione
in luogo pubblico o aperto al pubblico. Tale previsione, strettamente
legata al compimento del fatto in occasione della manifestazione,  si
traduce in una punizione della stessa manifestazione - in  violazione
degli articoli 17 e 21 della Costituzione,  ai  sensi  dei  quali  la
liberta' di riunione e la liberta'  di  manifestazione  del  pensiero
costituiscono  diritti  fondamentali  -  nella  misura  in   cui   la
realizzazione del fatto nel corso della manifestazione  non  comporta
di per  se'  una  maggior  offesa  al  bene  giuridico  tutelato  (il
patrimonio). 
    Il danneggiamento  non  determina  una  maggior  offesa  al  bene
giuridico  tutelato  per  il  solo  fatto  di  essere  realizzato  in
occasione di  una  manifestazione  in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico. 
    Cio' determina ad avviso dello scrivente anche una violazione del
principio di offensivita' enucleabile dall'art.  25,  comma  2  della
Costituzione e dall'art. 27, comma 3 della Costituzione (quest'ultimo
in quanto la punizione del soggetto pur in mancanza di un quid pluris
risulterebbe incomprensibile allo stesso e  quindi  precluderebbe  la
concreta possibilita'  dell'adesione  del  medesimo  ad  un  percorso
rieducativo). 
    Analogamente l'interruzione di pubblico servizio - reato  per  il
quale con l'art. 7, decreto-legge n. 53/2019 e'  stata  prevista  una
circostanza aggravante per l'ipotesi in cui  la  condotta  sia  stata
posta in essere nel corso  di  manifestazioni  in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico  -  non  determina  una  maggior  offesa  al  bene
tutelato per il solo fatto di essere realizzato in occasione  di  una
manifestazione in luogo pubblico o aperto al pubblico. 
    5.6 Si potrebbe obiettare che  la  previsione  -  quale  elemento
costitutivo del reato - della  commissione  del  fatto  in  occasione
della manifestazione varrebbe a delineare per il reato  in  questione
un'oggettivita'  giuridica  composita,  in  cui   alla   tutela   del
patrimonio si affiancherebbe la tutela di altro bene giuridico. 
    In proposito, potrebbe considerarsi  quale  bene  protetto  anche
l'ordine  pubblico;  oppure  si  potrebbe  sostenere  che  la  citata
previsione miri a proteggere lo  stesso  regolare  svolgimento  della
manifestazione pubblica (e  quindi  le  liberta'  di  riunione  e  di
manifestazione  del  pensiero)  da  possibili  condotte  illecite  di
singoli manifestanti o anche di terzi. Oppure si potrebbe sostenere -
come si e' fatto  in  sede  di  relazione  illustrativa  del  decreto
legislativo n. 7/2016, allorche' si e' riformulato il testo dell'art.
635  del  codice  penale  -  che  «l'esecuzione  del   danneggiamento
durante lo  svolgimento  di  una  manifestazione  pubblica  sia   una
condotta   intrinsecamente   minacciosa,   di   particolare   effetto
intimidatorio e pericolosita' sociale»,  ravvisando  quindi  in  tali
condotte una minaccia alla persona e quindi -  quale  ulteriore  bene
giuridico - la liberta' morale di singoli individui. 
    5.7 Tali considerazioni non paiono pero' persuasive. 
    In primo luogo, la norma incriminatrice richiede  unicamente  che
il danneggiamento del bene altrui sia posto in essere in occasione di
manifestazioni  che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico, senza prevedere ulteriori elementi costitutivi. 
    In particolare, non si e' richiesto che la condotta  avvenga  con
determinate modalita', particolarmente pericolose, ne'  che  sussista
un certo grado di diffusivita' della  condotta,  ne'  che  la  stessa
determini il pericolo di atti emulativi, ne' che dal fatto  derivi  o
anche solo possa derivare un turbamento per l'ordine pubblico  o  per
il regolare svolgimento della manifestazione; ne'  che  dalla  stessa
derivi o possa  derivare  (per  le  relative  modalita')  un  effetto
intimidatorio nei confronti di qualche soggetto, ne' - ancor prima  -
che vi sia un soggetto potenzialmente intimidito. 
    5.8 Non pare  possibile  restringere  in  via  interpretativa  il
portato   della   norma,   in   un   tentativo   di   interpretazione
costituzionalmente orientata, si' da far rientrare nell'ambito  della
stessa solo le condotte che ledano o mettano in pericolo in  concreto
i citati beni giuridici aggiuntivi (ulteriore problema sarebbe quello
di  individuare  quale  di  preciso  tra  i  beni   giuridici   sopra
ipotizzati:  ordine  pubblico  e/o  liberta'   di   riunione   e   di
manifestazione del pensiero  e/o  liberta'  morale).  Si  tratterebbe
infatti di un'operazione ermeneutica arbitraria,  priva  di  concreti
appigli nel dato letterale della disposizione normativa. 
    Inoltre, la Corte di cassazione  nelle  sentenze  in  cui  si  e'
occupata della citata figura di reato non pare  essersi  mai  neppure
posta il problema della verifica di un pericolo concreto  per  alcuno
dei  suddetti  beni  giuridici  ulteriori.  Si  vedano  in  proposito
Cassazione Sez. 2 - sentenza n. 29588 del 4 aprile 2019 Rv. 277494  -
02, Cassazione Sez. 6, sentenza n. 39919 del 6 giugno 2018 Rv. 273795
- 01. 
    Al contrario nella citata sentenza n. 29588 del 4 aprile 2019  la
Suprema Corte ha altresi' riconosciuto la configurabilita' del citato
reato anche in un'ipotesi in cui il danneggiamento si era  verificato
in un luogo diverso - per quanto limitrofo - rispetto a quello in cui
si svolgeva la manifestazione; in particolare la Corte di  cassazione
riteneva sufficiente per l'integrazione del reato la  sussistenza  di
un qualunque nesso, «sicche'  si  ritengono  comprese  nell'area  del
penalmente rilevante anche le condotte di danneggiamento che  non  si
sarebbero verificate se la manifestazione non ci fosse stata». Si  e'
ritenuto, cioe', sufficiente un'incidenza della manifestazione  anche
solo sulla motivazione all'origine del danneggiamento, a  prescindere
da qualunque considerazione circa  pericoli  per  l'ordine  pubblico,
effetti intimidatori particolari, ecc. 
    5.9 Ne' pare legittima la presunzione da  parte  del  legislatore
che i fatti di danneggiamento commessi in occasione di manifestazioni
in luogo pubblico o aperto al pubblico  comportino  sempre  un'offesa
all'ordine pubblico, o ad altro dei citati beni giuridici  ulteriori,
a prescindere dalle modalita' del danneggiamento, dal luogo in cui la
manifestazione  si  svolga  (diversa  pare  la  situazione  tra   una
manifestazione  che  si  svolga  di  fronte  al  Parlamento   e   una
manifestazione  che  si  svolta  in  un  parco),   dal   numero   dei
partecipanti alla manifestazione e degli autori del danneggiamento. 
    E' poi relativamente facile ipotizzare fatti che,  pur  ricadendo
nell'ambito  applicativo  della  norma  censurata,  non  offendano  -
neanche in termini di messa in pericolo - i beni giuridici aggiuntivi
sopra indicati. 
    Ad esempio, il fatto oggetto del presente processo - come  emerge
anche dai fotogrammi acquisiti - non ha comportato alcun pericolo ne'
per l'ordine pubblico, ne' per il pacifico  svolgimento  del  corteo,
ne' per la liberta' morale di chicchessia  (sarebbe  anche  difficile
individuare il soggetto che potrebbe essersi sentito intimidito). 
    5.10 Inoltre, paiono significative anche alcune considerazioni di
ordine sistematico. 
    In particolare, si deve rilevare che l'art. 339 del codice penale
considera quale circostanza aggravante (inserita dal decreto-legge n.
53/2019)  la  commissione  dei  reati  previsti  nei   tre   articoli
precedenti nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto  al
pubblico, ma anche  -  in  alternativa  -  con  armi,  o  da  persona
travisata, o da piu' persone riunite; inoltre all'art. 339,  comma  2
del codice penale e' prevista un'aggravante ad effetto  speciale  per
il caso in cui i citati reati siano commessi da piu' di dieci persone
(pur senza uso di anni). 
    Nel caso del danneggiamento, viceversa,  l'art.  635  del  codice
penale  incrimina  i  fatti  di  danneggiamento  commessi   -   anche
eventualmente da una singola persona, come nella fattispecie  ora  in
esame - in occasione di una manifestazione in luogo pubblico o aperto
al  pubblico,  ma  non  incrimina  di  per   se'   le   condotte   di
danneggiamento poste in essere da piu' persone riunite (a  condizione
che   non   ricorra   nessuna   delle   ipotesi   contemplate   dalla
disposizione), benche' queste - specie ove il numero dei soggetti sia
elevato  -  possano  essere  decisamente  piu'  rilevanti  sul  piano
dell'ordine pubblico. 
    E' parimenti significativo  che  rispetto  al  reato  di  lesioni
personali non sia prevista alcuna circostanza aggravante in relazione
all'eventuale compimento in occasione di una manifestazione in  luogo
pubblico o aperto al pubblico  (mentre  e'  prevista  l'aggravante  -
rilevante anche ai fini della procedibilita' e della competenza - del
fatto commesso da piu' persone riunite).  Una  simile  aggravante  e'
prevista viceversa per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. 
    Cio' da un lato comporta che le lesioni commesse in occasione  di
una manifestazione in luogo pubblico o aperto al  pubblico,  ove  non
ricorrano altre aggravanti, sono procedibili a querela, di competenza
del Giudice di pace e quindi punite con pene lievi; i  danneggiamenti
commessi in occasione di  una  manifestazione  in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico sono invece procedibili d'ufficio,  di  competenza
del tribunale e puniti con pene detentive non irrisorie. 
    Dall'altro lato, di fatto le condotte violente contro la  persona
poste in essere in occasione di una manifestazione in luogo  pubblico
o aperto al pubblico sono punite  severamente  solo  se  integrano  i
reati di cui agli articoli 336 e 337 del codice penale. 
    Le  circostanze  aggravanti  non  sono  state  previste  in   via
generale, con riguardo a tutti i reati, ma nella forma di circostanze
speciali relative a specifici reati,  per  i  quali  il  legislatore,
avuto riguardo all'esperienza storica, e'  intervenuto  prendendo  in
considerazione - quale soggetto attivo dei reati sopra indicati -  il
partecipante alla manifestazione. 
    Tali elementi inducono a ritenere  che  con  le  disposizioni  in
questione non si sia voluto tutelare l'ordine pubblico o il  regolare
svolgimento  delle  manifestazioni  pubbliche  o   la   serenita'   e
tranquillita' delle persone che vi partecipino  o  assistano.  Si  e'
viceversa  sanzionato  indirettamente  l'esercizio,   attraverso   le
manifestazioni, delle liberta' di riunione e  di  manifestazione  del
pensiero, con conseguente violazione degli articoli  17  e  21  della
Costituzione. 
    5.11 Diversamente opinando, qualora cioe'  si  ritenesse  che  il
legislatore con la norma censurata e con le altre analoghe ha  inteso
proteggere l'ordine pubblico, bisognerebbe ritenere che l'ha fatto in
modo irragionevole, in violazione dell'art. 3 della Costituzione:  ha
infatti  perseguito  penalmente  la  condotta  del  singolo  che   in
occasione di una manifestazione tenga in modo isolato una condotta di
danneggiamento, ma non ha perseguito altrettanto la condotta  di  una
pluralita' di persone riunite che tengano condotte di  danneggiamento
non in occasione di manifestazioni pubbliche.  Allo  stesso  modo  ha
previsto la procedibilita' d'ufficio e pene detentive per le condotte
di danneggiamento tenute in  occasione  di  manifestazioni  in  luogo
pubblico, ma non le ha previste per  i  reati  di  lesioni  personali
commessi in occasione di manifestazioni in luogo pubblico (a meno che
non ricorrano circostanze aggravanti). 
6. Le  questioni  concernenti  l'art.  635  del  codice  penale.  Non
manifesta infondatezza della questione subordinata 
    6.1 In via subordinata, si censura l'art. 2, comma 1, lettera l),
decreto legislativo n. 7/2016 nella parte in cui - nel sostituire  il
testo dell'art. 635 del codice penale -  ha  disposto  che  al  primo
comma dell'art. 635 del codice penale fosse punita anche la  condotta
di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o  in  parte,
inservibili  cose  mobili  o  immobili   altrui   in   occasione   di
manifestazioni  che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico. 
    In particolare, a parere dello scrivente il legislatore  delegato
e' incorso sotto il profilo in questione in una violazione  dell'art.
76 della Costituzione. 
    6.2 La legge 28 aprile 2014, n. 67  -  nell'ambito  di  una  piu'
ampia riforma ispirata ad una logica di  ricorso  minimo  al  diritto
penale e di razionalizzazione del sistema  giustizia  -  all'art.  2,
comma 1 delegava il Governo «ad adottare, entro i termini  e  con  le
procedure di cui ai commi 4 e 5, uno o piu' decreti  legislativi  per
la  riforma  della  disciplina  sanrionatoria  dei  reati  e  per  la
contestuale introduzione di  sanzioni  amministrative  e  civili,  in
ordine alle fattispecie e secondo  i  principi  e  criteri  direttivi
specificati nei commi 2 e 3». 
    I successivi commi 2 e 3 delineavano poi  differenti  principi  e
criteri direttivi. 
    6.3 In particolare, l'art. 2,  comma  3,  lettera  a),  legge  n.
67/2014 prevedeva espressamente - tra i principi e criteri  direttivi
- l'abrogazione dei reati previsti da alcune disposizioni del  codice
penale, tra cui l'art. 635, comma  1  del  codice  penale  (cioe'  il
vecchio  danneggiamento  semplice,  procedibile  a   querela   e   di
competenza del Giudice di pace). 
    Alle lettere c) e seguenti dello stesso art. 2, comma 3, la legge
delega prevedeva poi che - contestualmente all'abrogazione dei  reati
in questione - i corrispondenti fatti fossero sottoposti  a  sanzioni
pecuniarie civili a  carattere  punitivo,  fermo  restando  l'obbligo
delle restituzioni e del risarcimento  del  danno  secondo  le  leggi
civili. 
    6.4 Il decreto legislativo n.  7/2016  ha  dato  attuazione  alla
citata delega. 
    In particolare, l'art. 2, lettera l) ha previsto la  sostituzione
dell'intero testo dell'art. 635 del codice penale. Piu' precisamente,
ha previsto il seguente tenore dell'art.  635,  comma  1  del  codice
penale: «Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto  o
in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla
persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni  che  si
svolgono in luogo  pubblico  o  aperto  al  pubblico  o  del  delitto
previsto dall'art. 331, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni»; ha cioe' fatto confluire in tale nuovo primo comma, come nuove
fattispecie autonome, l'ipotesi del  danneggiamento  con  violenza  o
minaccia alla persona, gia' contemplata  come  fattispecie  aggravata
dal vecchio art. 635, comma 2, n. 1), e l'ipotesi del  danneggiamento
commesso in occasione del delitto di  cui  all'art.  331  del  codice
penale, gia' contemplata come fattispecie aggravata dal vecchio  art.
635, comma 2, n. 2); nello stesso comma  ha  inoltre  previsto  anche
l'ipotesi del danneggiamento commesso in occasione di  manifestazioni
che si svolgono in luogo pubblico o aperto  al  pubblico.  Nel  nuovo
secondo comma dell'art. 635  del  codice  penale  sono  state  invece
incriminate come  fattispecie  autonome  le  ipotesi  precedentemente
disciplinate come fattispecie aggravate dall'art. 635,  comma  2,  n.
3), 4), 5) e 5-bis) del codice penale. 
    6.5 Il legislatore  delegato  ha  cosi'  soppresso  la  rilevanza
penale del vecchio danneggiamento semplice (per  il  quale  l'art.  4
dello stesso decreto legislativo n. 7/2016 ha previsto  una  sanzione
pecuniaria civile) e trasformato in fattispecie autonome  le  vecchie
fattispecie aggravate. 
    6.6 Al tempo stesso pero' ha inserito nel primo comma  del  nuovo
art. 635 del codice penale anche l'incriminazione delle  condotte  di
danneggiamento tenute «in occasione di manifestazioni che si svolgono
in luogo pubblico o aperto al  pubblico»;  si  tratta  di  un'ipotesi
nuova che  attraverso  questa  previsione  e'  stata  sottratta  alla
depenalizzazione  del  vecchio  danneggiamento  semplice,  nella  cui
figura rientravano  i  fatti  ora  rilevanti  ai  sensi  della  nuova
disposizione.  Inoltre,   tali   fatti   -   prima   rientranti   nel
danneggiamento  semplice  e  quindi  procedibili  a  querela   e   di
competenza del Giudice di pace - a seguito  della  riforma  diventano
procedibili d'ufficio e di competenza del tribunale. 
    6.7 Ad avviso di chi scrive  si  tratta  di  una  violazione  dei
principi e criteri direttivi di cui all'art. 2, comma 3,  lettera  a)
della legge delega, che si limitavano a prevedere  l'abrogazione  del
reato previsto dall'art.  635,  comma  1  del  codice  penale  (e  la
contestuale creazione del nuovo  illecito  civile),  senza  prevedere
eccezioni  rispetto  a  tale  abrogazione  e,   tanto   meno,   senza
contemplare  l'inasprimento  del  trattamento   -   in   termini   di
procedibilita' e di sanzioni - per alcune condotte  gia'  contemplate
dall'art. 635, comma 1 del codice penale. 
    6.8 Nella  relazione  illustrativa  del  decreto  legislativo  si
afferma in proposito quanto segue: «[...] giacche' l'art. 2, comma 3,
lettera a), n. 5, della delega prevede l'abrogazione del (solo) primo
comma dell'art. 635 del codice penale (Danneggiamento), si e'  dovuto
procedere  alla  riformulazione  di   tale   disposizione,   con   la
contestuale "trasformazione" delle ipotesi circostanziali di  cui  al
comma secondo di tale articolo in corrispondenti fattispecie autonome
(art. 2, comma 1, lettera  l).  Non  si  tratta  di  una  riscrittura
arbitraria delle disposizioni incriminatrici ad opera del legislatore
delegato,  chiamato  dalla  legge  delega  soltanto  ad  un'opera  di
depenalizzazione e non certo a  quella  di  una  diversa  costruzione
delle fattispecie penali non toccate dall'intervento  depenalizzante.
Si e' piuttosto apprezzata la necessita' di tener  conto,  con  piena
fedelta'  al  testo  della  norma  penale  che  tale  rimane,   delle
espunzioni che sono conseguenza della previsione di depenalizzazione,
e cio' per assicurare la piena  intellegibilita'  della  disposizione
incriminatrice, precondizione di un diritto penale di garanzia. Si e'
ritenuto di esplicitare quale ipotesi di condotta  di  danneggiamento
che conserva rilievo penale quella commessa su beni, sia pubblici che
privati, in occasione dello svolgimento di  manifestazioni  in  luogo
pubblico o aperto al pubblico. Si reputa, infatti,  che  l'esecuzione
del danneggiamento  durante  lo  svolgimento  di  una  manifestazione
pubblica sia una condotta intrinsecamente minacciosa, di  particolare
effetto intimidatorio e pericolosita' sociale, tale da  meritare  una
espressa menzione.» 
    Il legislatore delegato - pur  dichiarando  di  voler  dare  mera
attuazione ad una delega che aveva ad oggetto  soltanto  un'opera  di
depenalizzazione e  non  di  diversa  costruzione  delle  fattispecie
penali non toccate dall'intervento depenalizzante - sostiene cioe' di
essersi limitato ad esplicitare la persistente rilevanza penale della
condotta di danneggiamento tenuta in occasione dello  svolgimento  di
manifestazioni in luogo pubblico o  aperto  al  pubblico,  in  quanto
questa sarebbe intrinsecamente minacciosa. Detto  in  altri  termini,
secondo il legislatore delegato la condotta di danneggiamento  tenuta
in occasione dello svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico  o
aperto al pubblico, in quanto  intrinsecamente  minacciosa,  gia'  in
precedenza non rientrava  nel  danneggiamento  semplice,  bensi'  nel
danneggiamento aggravato ai sensi dell'art. 635, comma 2,  n.  1  del
codice penale perche' commesso con violenza o minaccia alla  persona;
il legislatore delegato quindi non avrebbe modificato  alcunche',  si
sarebbe limitato ad esplicitare cio'  che  era  previsto  gia'  prima
(salvo  trasformare  inevitabilmente  le  fattispecie  aggravate   in
fattispecie  autonome  contestualmente  alla   depenalizzazione   del
danneggiamento semplice). 
    6.9 La tesi in questione non pare plausibile. 
    E' evidente che una  condotta  di  danneggiamento  -  per  quanto
commessa in occasione di una manifestazione pubblica - puo' benissimo
essere scevra da qualsivoglia connotato di violenza alla persona o di
minaccia. Sia perche' potrebbe essere perpetrata con modalita'  prive
di  idoneita'  intimidatoria,  sia  perche'  potrebbe  anche  mancare
qualunque persona che possa anche solo astrattamente intimorirsi. 
    Nel  caso  oggetto  del  presente  processo  -  semplice  rottura
dell'asta di una bandiera appesa sulla facciata di una  scuola  -  la
polizia giudiziaria non ha descritto reazioni di  timore  in  qualche
soggetto  presente  nei  paraggi,  ne'  nei  fotogrammi  si  apprezza
alcunche' del genere. D'altronde, per quanto nel  vecchio  art.  635,
comma 2, n. 1 del codice penale la violenza o minaccia  alla  persona
fosse solo una circostanza aggravante e non un  elemento  costitutivo
del delitto, si deve ritenere  che  la  minaccia,  per  essere  tale,
dovesse  essere  consapevole:  il  soggetto   agente   cioe'   doveva
consapevolmente   minacciare   una    persona;    nell'ipotesi    del
danneggiamento in occasione di manifestazioni  in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico, viceversa, l'effetto intimidatorio potrebbe anche
non essere oggetto di rappresentazione da parte del  soggetto  agente
(pur consapevole della manifestazione in corso e quindi assistito dal
dolo rispetto a tutti gli elementi costitutivi del reato). 
    6.10 Del resto, se le condotte di danneggiamento poste in  essere
in occasione di manifestazioni  fossero  gia'  rientrate,  in  quanto
intrinsecamente  minacciose,  nelle  ipotesi  di  danneggiamento  con
violenza alla persona o con minaccia,  non  vi  sarebbe  stato  alcun
motivo di menzionarle espressamente nel nuovo art. 635, comma  1  del
codice penale accanto e in alternativa all'ipotesi di  danneggiamento
con violenza alla persona o con minaccia. 
    6.11 Si deve inoltre rilevare che  le  sentenze  della  Corte  di
cassazione che, dopo l'intervento riformatore in questione,  si  sono
occupate del danneggiamento in occasione di manifestazioni  in  luogo
pubblico o aperto al pubblico hanno tutte ritenuto che tali  condotte
prima della riforma  fossero  punibili  a  titolo  di  danneggiamento
semplice e non di danneggiamento aggravato per l'essere commesso  con
violenza o minaccia alla persona. 
    In particolare, la sentenza Cassazione Sez.  2  n.  29588  del  4
aprile 2019 Rv. 277494 - 02 e la sentenza Cassazione Sez. 6 n.  39919
del 6 giugno 2018 Rv. 273795 -  01  -  pur  giungendo  a  conclusioni
difformi circa la continuita' normativa o meno tra la nuova ipotesi e
quella precedente - operano il raffronto con la  vecchia  ipotesi  di
danneggiamento semplice e non con quella aggravata dalla  violenza  o
minaccia alla persona. 
    6.12 Infine, lo stesso legislatore negli  interventi  di  riforma
successivi ha  mostrato  di  non  considerare  il  danneggiamento  in
occasione di manifestazioni in luogo pubblico o  aperto  al  pubblico
come una sottospecie del danneggiamento con violenza o minaccia  alla
persona. Dapprima con il decreto-legge  n.  53/2019  ha  disciplinato
separatamente il danneggiamento in  occasione  di  manifestazioni  in
luogo pubblico o aperto al pubblico, prevedendo  per  lo  stesso  una
pena piu' severa che per le altre ipotesi di danneggiamento. Poi  con
il  decreto  legislativo  n.  150/2022  ha  introdotto  per  il  solo
danneggiamento con violenza alla persona  o  minaccia  un  regime  di
procedibilita' a querela, mentre le altre ipotesi  di  danneggiamento
(tra cui il danneggiamento in occasione di  manifestazioni  in  luogo
pubblico o aperto al pubblico) sono  rimaste  procedibili  d'ufficio.
Infine, con il decreto-legge n. 48/2025 e' stata introdotta  all'art.
635, comma 3, secondo periodo, del codice penale  l'ipotesi  speciale
del danneggiamento in occasione di manifestazioni (in luogo  pubblico
o aperto al pubblico)  commesso  con  violenza  alla  persona  o  con
minaccia, cio' che logicamente presuppone che l'ipotesi  generale  di
cui all'art. 635, comma 3,  primo  periodo,  del  codice  penale  sia
scevra da profili di violenza alla persona o minaccia. 
    6.13  Ad  avviso  di  chi   scrive,   l'auspicata   dichiarazione
d'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  1,  lettera  l)
decreto legislativo n.  7/2016  dovrebbe  investire  conseguentemente
anche l'art. 635 del codice penale limitatamente alla  parte  in  cui
incrimina la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o  rende,
in tutto o in parte, inservibili cose mobili  o  immobili  altrui  in
occasione di manifestazioni che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico. 
7.  Le  questioni  concernenti  l'art.   635   del   codice   penale.
Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  delle  norme
ora censurate ai parametri costituzionali indicati. 
    In particolare, i tentativi - pur effettuati - di interpretare le
norme in questione in modo compatibile con i principi  costituzionali
non paiono praticabili, in quanto si scontrano con il dato  letterale
delle disposizioni normative e con il significato (conforme  al  dato
letterale) comunemente attribuito alle stesse dalla giurisprudenza di
legittimita'. 
    Quanto alla questione principale, come si e'  gia'  rilevato,  in
assenza di appigli nel dato letterale, la difficolta' di  individuare
in modo chiaro l'ulteriore bene giuridico che sarebbe tutelato  dalla
norma  incriminatrice  qui  censurata  osta   ad   un'interpretazione
teleologica  della  fattispecie  e   quindi   ad   un'interpretazione
costituzionalmente orientata al rispetto dei principi  costituzionali
che si assumono violati. 
8. Rapporti tra le varie questioni sollevate 
    Le questioni concernenti l'art. 18, comma 3 TULPS e le  questioni
concernenti l'art. 635 del  codice  penale  (e  l'art.  2,  comma  1,
lettera l) decreto legislativo n. 7/2016) sono del tutto indipendenti
tra loro, investendo tra l'altro diversi capi d'imputazione. 
    Le due questioni concernenti l'art. 635 del  codice  penale  sono
viceversa in rapporto di subordinazione tra loro: in  via  principale
si censura - per violazione degli articoli 3, 17, 21, 25, comma  2  e
27, comma 3 della Costituzione - l'art. 635 del codice  penale  nella
parte in cui prevede  la  rilevanza  penale  del  fatto  commesso  in
occasione di manifestazioni che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico; in  subordine,  si  censurano  -  per  violazione
dell'art. 76 della Costituzione - l'art.  2,  comma  1,  lettera  l),
decreto legislativo n. 7/2016 e quindi l'art. 635 del  codice  penale
limitatamente alla parte  in  cui  incriminano  la  condotta  di  chi
distrugge,  disperde,  deteriora  o  rende,  in  tutto  o  in  parte,
inservibili  cose  mobili  o  immobili   altrui   in   occasione   di
manifestazioni  che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico. 

(1) 71. A failure to notify the authorities of an upcoming  assembly,
    where required, does not render the act of participation  in  the
    assembly unlawful, and must not in itself be used as a basis  for
    dispersing  the  assembly  or  arresting  the   participants   or
    organizers, or for imposing undue sanctions, such as charging the
    participants  or  organizers  with   criminal   offences.   Where
    administrative sanctions are imposed on organizers for failure to
    notify, this must  be  justified  by  the  authorities.  Lack  of
    notification  does  not  absolve   the   authorities   from   the
    obligation, within their abilities, to  facilitate  the  assembly
    and to protect the participants. 

(2) «Anche  il  Comitato   diritti   umani   delle   Nazioni   Unite,
    nell'esercizio  della  sua  funzione  di  interprete  del   Patto
    internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che  la
    liberta' di religione e il  diritto  di  manifestare  il  proprio
    credo comprendono una vasta gamma di atti. [...]  Il  diritto  di
    professare liberamente la propria religione si  traduce,  quindi,
    anche  nell'utilita'  concreta  relativa  alla  costruzione   e/o
    utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera  e  alla
    discussione delle questioni riguardanti gli interessi  sociali  e
    culturali della comunita' cui l'individuo appartiene. (par. 4 del
    General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui  diritti
    civili e politici (30.V11.1993). [...] Il  Comitato  dei  diritti
    umani delle Nazioni Unite ha osservato  (Par.  8)  che  il  terzo
    comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non
    sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati  e
    tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi  cui
    sono  stati  prescritti   e   devono   essere   proporzionate   e
    direttamente correlate a tali specifici  scopi.  Le  restrizioni,
    inoltre,  non  possono  essere  imposte  o  applicate  per   fini
    discriminatori». 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli  134  della  Costituzione,  23  ss.  legge  n.
87/1953, 
    ritenute le questioni rilevanti e non manifestamente infondate, 
    solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale -  per
violazione degli arti. 17, 21 e 117 della Costituzione  (quest'ultimo
in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici di New York e all'art. 11 della CEDU) - della norma
di cui all'art. 18, comma 3 regio decreto  18  giugno  1931,  n.  773
(Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
    nonche', 
    solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale -  per
violazione degli articoli 3, 17, 21, 25 comma 2 e 27  comma  3  della
Costituzione - dell'art. 635, comma 1 del codice penale  (attualmente
art. 635, comma 3 del codice penale) nella parte in  cui  prevede  la
rilevanza penale del fatto di chi distrugge,  disperde,  deteriora  o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
in occasione di manifestazioni che si svolgono in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico 
    e, in subordine, 
        - per violazione dell'art. 76 della Costituzione -  dell'art.
2, comma 1, lettera l), decreto legislativo n. 7/2016 nella parte  in
cui - nel sostituire il testo dell'art. 635 del codice  penale  -  ha
disposto che al primo comma dell'art. 635  del  codice  penale  fosse
punita anche la condotta di  chi  distrugge,  disperde,  deteriora  o
rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui
in occasione di manifestazioni che si svolgono in  luogo  pubblico  o
aperto al pubblico, 
        e conseguentemente dello stesso art. 635  del  codice  penale
limitatamente  alla  parte  in  cui  incrimina  la  condotta  di  chi
distrugge,  disperde,  deteriora  o  rende,  in  tutto  o  in  parte,
inservibili  cose  mobili  o  immobili   altrui   in   occasione   di
manifestazioni  che  si  svolgono  in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico. 
    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23,  comma  4,  legge  n.
87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza  e  che,
pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o  devono
considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5 del codice  di  procedura
penale. 
        Firenze, 16 giugno 2025 
 
                         Il Giudice: Attina'