Reg. ord. n. 146 del 2025 pubbl. su G.U. del 27/08/2025 n. 35

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio  del 13/05/2025

Tra: Iberdrola Renovables Italia spa  C/ Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che si applica a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione – Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un'area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .

- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, artt. 1, commi, 2, 5, 7, 8; 3, e Allegati A, B, C, D e E.

-Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, 4, [recte: lett. e)]; direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio dell'11 dicembre 2018; direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023; regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018; regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021; Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), art. 11; Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), art. 37; decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, art. 20, commi 1 e 7; decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 21 e 146; legge 8 agosto 1990, n. 241, art. 29, commi 2-ter e 2-quater; decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024.

 

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis primo periodo del decreto legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciato divieto il cui impatto è del tutto incerto e si risolve in un severo limite all’individuazione delle zone disponibili per l’installazione degli impianti – Disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.

- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1 e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, art. 2, comma 2, primo periodo.

- Costituzione, artt. 3, 9, 11 e 117, primo comma; direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio dell'11 dicembre 2018; direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023; regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018; regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 15/05/2024  Num. 63  Art. 5  Co. 1

legge  del 12/07/2024  Num. 101

decreto legislativo  del 25/11/2024  Num. 190  Art. 2  Co. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 20/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 20/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 20/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 20/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 8

legge della Regione autonoma Sardegna  del 20/12/2024  Num. 20  Art. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

legge costituzionale  Art. 10   Co.  

legge  Art. 29   Co.

legge  Art. 29   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 21   Co.  

decreto legislativo  Art. 146   Co.  

decreto ministeriale  Art.    Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 11   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 37   Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 146 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025

Ordinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Iberdrola Renovables Italia  Spa
e Elettricita' Futura -  Unione  delle  imprese  elettriche  italiane
contro il Ministero dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica  e
altri.. 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l'individuazione  di
  aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di  impianti
  a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica  a
  tutto il territorio della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le
  superfici sulle quali insistono impianti  a  fonti  rinnovabili  in
  corso di valutazione ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza
  regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato
  una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione  che
  e'  vietata  la  realizzazione  degli  impianti   ricadenti   nelle
  rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C,
  D, E e dai commi 9 e 11  dell'art.  1  della  legge  della  Regione
  Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 - Previsione che  tale  divieto  si
  applica anche agli impianti e gli accumuli  FER  la  cui  procedura
  autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza  regionale
  o statale, e' in corso al  momento  dell'entrata  in  vigore  della
  medesima legge regionale - Previsione  che  non  puo'  essere  dato
  corso alle istanze di  autorizzazione  che,  pur  presentate  prima
  dell'entrata in vigore  della  legge  regionale  n.  20  del  2024,
  risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino  l'attuazione  -
  Previsione che i  provvedimenti  autorizzatori  e  tutti  i  titoli
  abilitativi comunque denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli
  impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia -
  Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi  ad  oggetto
  impianti che hanno gia' comportato una modificazione  irreversibile
  dello stato dei luoghi - Previsione che,  qualora  un  progetto  di
  impianto ricada su un areale ricompreso, sia  nelle  aree  definite
  idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio  di
  non idoneita' - Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione,
  potenziamento relativi ad impianti realizzati in  data  antecedente
  all'entrata in vigore della stessa legge e in esercizio, nelle aree
  non  idonee  -  Previsione  che  sono  ammessi  solo  qualora   non
  comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonche', nel
  caso  di  impianti   eolici,   un   aumento   dell'altezza   totale
  dell'impianto, intesa come  la  somma  delle  altezze  dei  singoli
  aerogeneratori  del  relativo  impianto,  fermo   restando   quanto
  previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'art.  1  della  legge
  regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il  rispetto  dell'art.  109
  delle norme di  attuazione  del  Piano  paesaggistico  regionale  -
  Raggiungimento  degli  obiettivi  di  transizione  energetica,   di
  promozione delle fonti rinnovabili  e  di  contenimento  dei  costi
  energetici  nel  rispetto  delle  peculiarita'   storico-culturali,
  paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole  -  Previsione
  che i comuni hanno facolta'  di  proporre  un'istanza  propedeutica
  alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER  all'interno
  di  un'area   individuata   come   non   idonea,   finalizzata   al
  raggiungimento di un'intesa con la Regione - Previsione che qualora
  l'istanza abbia ad oggetto un impianto  FER  ricadente  in  un'area
  mineraria dismessa di proprieta' regionale o  di  enti  interamente
  controllati  dalla  Regione,  l'area  medesima  e'  trasferita   in
  proprieta' ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge
  regionale n. 35 del 1995. 
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
  per l'individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee
  all'installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti
  autorizzativi) artt. 1, commi, 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B, C,  D
  ed E. 
Energia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al
  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a
  limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che  l'installazione
  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone
  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e'  consentita
  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente
  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o
  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia'   installati,   a
  condizione che non comportino incremento  dell'area  occupata,  c),
  incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle  con
  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le
  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,
  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell'art.
  20 del decreto legislativo n. 199 del  2021  -  Previsione  che  il
  primo  periodo  del  comma  1-bis  dell'art.  20  di  tale  decreto
  legislativo non si applica  nel  caso  di  progetti  che  prevedano
  impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla
  costituzione di  una  comunita'  energetica  rinnovabile  ai  sensi
  dell'art. 31 del predetto  decreto  nonche'  in  caso  di  progetti
  attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di
  ripresa  e  resilienza  (PNRR)  e  del  Piano  nazionale  per   gli
  investimenti  complementari  al  PNRR  (PNC)  ovvero  di   progetti
  necessari  per  il  conseguimento  degli  obiettivi  del   PNRR   -
  Previsione che l'art. 20, comma 1-bis, primo periodo,  del  decreto
  legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma  1  dell'art.  5
  del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non  si  applica
  ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata  in  vigore,
  sia  stata  avviata  almeno  una  delle  procedure  amministrative,
  comprese   quelle    di    valutazione    ambientale,    necessarie
  all'ottenimento dei titoli per la costruzione e  l'esercizio  degli
  impianti  e  delle  relative  opere  connesse  ovvero   sia   stato
  rilasciato almeno uno dei titoli medesimi - Disciplina  dei  regimi
  amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili  -
  Previsione che gli interventi di  cui  all'art.  1,  comma  1,  del
  decreto legislativo n. 190 del 2024 sono  considerati  di  pubblica
  utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in
  zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici,  nel
  rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis,  del  decreto
  legislativo n. 199 del 2021. 
- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni  urgenti  per  le
  imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonche'  per  le
  imprese  di  interesse  strategico  nazionale),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi  1
  e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190  (Disciplina  dei
  regimi  amministrativi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti
  rinnovabili, in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e  5,  lettera
  b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo
  periodo. 


(GU n. 35 del 27-08-2025)

 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 8725 del 2024,  proposto  da  Iberdrola  Renovables
Italia S.p.a., in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo  Comande',  Enzo  Puccio,
Serena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da  Registri  di
Giustizia; 
    contro Ministero della Cultura, Ministero dell'Ambiente  e  della
Sicurezza Energetica, Ministero  dell'Agricoltura,  della  Sovranita'
alimentare e delle Foreste, in persona del legale rappresentante  pro
tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    nei confronti della Regione  Siciliana,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura
Generale dello  Stato,  domiciliataria  ex  lege  in  Roma,  via  dei
Portoghesi, 12; della Regione Autonoma della Sardegna, in persona del
legale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli
avvocati Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da
PEC da Registri di Giustizia; 
    e con l'intervento di 
      ad adiuvandum: 
        Elettricita'  Futura  -  Unione  delle   Imprese   Elettriche
Italiane,  in  persona  del  legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa  dagli  avvocati  Cristina  Martorana,  Andrea
Sticchi Damiani, Pina Lombardi, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia; 
 
                         per l'annullamento 
 
    degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21  giugno  2024
recante «Disciplina per l'individuazione di superfici e  aree  idonee
per l'installazione di impianti a  fonti  rinnovabili»  adottato  dal
Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica di concerto  con
il Ministero della Cultura e  il  Ministero  dell'Agricoltura,  della
Sovranita' Alimentare e delle Foreste  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153  del  2
luglio 2024, nonche' i relativi allegati; 
    di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale; 
    visti il ricorso e i relativi allegati; 
    visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  della
Cultura e di Regione Siciliana e di Ministero dell'Ambiente  e  della
Sicurezza Energetica e di Ministero dell'Agricoltura della Sovranita'
Alimentare e delle Foreste e di Regione Autonoma della Sardegna; 
    visti gli articoli 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n.  87,  79,
comma 1, c.p.a., e 295 c.p.c.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    relatore nell'udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  il
dott. Marco Savi e uditi per le parti i  difensori  come  specificato
nel verbale. 
  1. La ricorrente fa  parte  del  gruppo  multinazionale  Iberdrola,
attivo nel campo della produzione di energia elettrica. 
    2. In Italia Iberdrola ha presentato diverse iniziative,  tra  le
quali: 
      «Piazza  Armerina»,  Regione  Siciliana,  Agrivoltaico  -   non
avanzato, potenza 65,67 MW; 
      «Lentini 1»,  Regione  Siciliana,  Agrivoltaico  in  parte  non
avanzato, potenza 60 MW; 
      «Uta Prangili», Regione Sardegna, Agrivoltaico  -non  avanzato,
potenza 33,61 MW; 
      «Benetutti  Mercuria,  Regione  Sardegna,   Agrivoltaico   -non
avanzato, potenza 37,02 MW; 
      «Carbonia - Iglesias», Regione Sardegna, Eolico, potenza 66 MW; 
      «Monreale», Regione Siciliana,  Agrivoltaico  -  non  avanzato,
potenza 139,00 MW. 
    3. Con il presente ricorso  Iberdrola  sostiene  che  il  decreto
impugnato rechi previsioni idonee a pregiudicarne l'autorizzazione  e
ha sollevato a tale riguardo plurimi profili di violazione  di  legge
ed eccesso di potere. Piu' in particolare, le censure  possono  cosi'
essere riassunte: 
      violazione e falsa  applicazione  dell'art.  20,  comma  3  del
decreto legislativo  n.  199/2021  e  dell'art.  5,  della  legge  n.
53/2021: il decreto impugnato avrebbe mancato di definire  i  criteri
omogenei per l'individuazione delle aree idonee all'installazione  di
impianti FER, essendosi limitato a  riprodurre  principi  di  massima
che, a  ben  vedere,  sarebbero  esattamente  e  testualmente  quelli
individuati  dalla  norma  delegante  (art.  20,  comma  3,   decreto
legislativo n. 199/2021). Ne deriverebbe il conferimento alle regioni
di  una  delega  sostanzialmente  in   bianco,   in   contrasto   con
l'insegnamento  della  Corte  Costituzionale,  che   avrebbe   sempre
rivendicato l'importanza della uniformita'  della  «materia  energia»
sul territorio nazionale (motivo I.1); 
        violazione e falsa applicazione dell'art. 20,  comma  1,  del
decreto legislativo n. 199/2021: il decreto, chiamato  a  «dettare  i
criteri per  l'individuazione  delle  aree  idonee  all'installazione
della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le
modalita' per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima
porzione di suolo occupabile dai  suddetti  impianti  per  unita'  di
superficie, nonche' dagli impianti a fonti rinnovabili di  produzione
di energia elettrica gia'  installati  e  le  superfici  tecnicamente
disponibili», si sarebbe limitato a prevedere la mera  «possibilita'»
di classificare le superfici o le aree come  idonee  differenziandole
sulla base della fonte, della taglia e della tipologia  di  impianto,
con indicazione generica e priva  di  indirizzi  idonei  a  orientare
l'esercizio della potesta' regionale (motivo I.2); 
      violazione e falsa applicazione  dell'art.  20,  comma  8,  del
decreto legislativo n. 199/2021: illegittimita' della previsione  che
assegna una mera «possibilita'» alle Regioni, in sede  di  emanazione
delle leggi, di fare salve le aree idonee di cui all'art.  20,  comma
8, decreto  legislativo  n.  199/2021.  Tale  norma  si  porrebbe  in
contrasto con il dato normativo ed  equivarrebbe  a  consentire  alle
Regioni di non tener conto, in sede di normazione, delle aree  idonee
individuate al legislatore nazionale, rimettendosi  alle  Regioni  la
potesta' di  prevedere  che  aree  che,  fino  ad  oggi,  sono  state
indiscussamente  idonee,  ai  sensi  del  comma  8,  diventino  «aree
ordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti in termini di
affidamento degli investimenti ed incertezza del quadro giuridico  di
riferimento (motivo I.3); 
      violazione e falsa  applicazione  dell'art.  20,  comma  4  del
decreto legislativo n. 199/2021, dell'art. 12 del decreto legislativo
n.  387/2003,  delle  linee  guida  e  del  principio  della  massima
diffusione  degli  impianti  FER:  l'art.  20,   comma   4,   decreto
legislativo n. 199/2021  prevedrebbe  una  competenza  regionale,  da
esercitare mediante legge, unicamente per la  disciplina  delle  aree
idonee. Il decreto, invece, richiedendo alle regioni  di  individuare
con legge anche le aree non idonee, si porrebbe in  contrasto,  oltre
che con tale norma primaria, anche  con  l'art.  12,  comma  10,  del
decreto legislativo n. 387/2003 e con le successive linee guida,  che
prevedono l'individuazione delle «aree non idonee»  all'esito  di  un
apposito procedimento amministrativo, operando  un  bilanciamento  in
concreto degli interessi strettamente aderenti alla specificita'  dei
luoghi, senza poter imporre in via legislativa vincoli  generali  non
previsti dalla disciplina statale (motivo II.1); 
      violazione e falsa  applicazione  dell'art.  20,  comma  4  del
decreto legislativo n. 199/2004, dell'art. 12 del decreto legislativo
n.  387/2003,  delle  linee  guida  e  del  principio  della  massima
diffusione degli impianti FER: nel definire le aree non  idonee  come
aree «incompatibili con l'installazione di  specifiche  tipologie  di
impianti», il decreto introdurrebbe un  vero  e  proprio  divieto  di
installazione di impianti FER in  dette  aree,  in  contrasto  con  i
principi  dettati  dalle  linee  guida,  che   pure   vengono   dalla
disposizione  in   questione   richiamati,   in   base   alle   quali
L'individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non  idonei   non   deve
configurarsi  come  divieto  preliminare»   all'installazione   degli
impianti (motivo II.2); 
      violazione e falsa applicazione dell'art. 20, commi 1,  7  e  8
del  decreto  legislativo  n.  199/2021,  dell'art.  12  del  decreto
legislativo n. 387/2003, delle linee  guida  e  del  principio  della
massima diffusione degli impianti FER nonche' del decreto legislativo
n. 42/2004 e dell'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione: nel
prevedere che «Sono considerate non idonee le superfici e le aree che
sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela  ai  sensi
dell'art. 10 e dell'art. 136, comma 1, lettere a) e  b)  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42»,  il  decreto  si  porrebbe  in
contrasto con la normativa europea e nazionale,  nonche'  con  quella
prevista per i beni soggetti  a  tutela  paesaggistica  e  culturale,
introducendo un divieto esorbitante e  del  tutto  irragionevole,  in
quanto  di  fatto  inibirebbe  in  tutte   le   aree   vincolate   la
realizzazione degli impianti, a prescindere  da  qualsiasi  specifica
valutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di
ciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica  in
ordine   alla   sussistenza   di   una   effettiva   incompatibilita'
dell'intervento  con  la  tutela   paesaggistica   o   culturale   da
assicurare. Del pari illegittima sarebbe la  previsione  secondo  cui
«Le regioni possono individuare come non idonee  le  superfici  e  le
aree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti  a
tutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.
42», nonche' «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni
sottoposti  a  tutela  di  ampiezza  differenziata  a  seconda  della
tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela,  fino
a un massimo di 7 chilometri», in  quanto  assegnerebbe  poteri  alle
Regioni  in  contrasto  con  la  competenza  statale  in  materia  di
paesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela  in
tutto il territorio nazionale (motivo II.3); 
      violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 1,  decreto
legislativo n.  100/2021:  nell'individuare,  come  aree  in  cui  e'
vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati
a  terra,  le  aree  agricole  per  le  quali  vige  il  divieto   di
installazione di impianti fotovoltaici con moduli a  terra  ai  sensi
dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021,  il
decreto contravverrebbe alla delega, che non avrebbe  contemplato  la
possibilita' di individuare aree «in cui e' vietata» la installazione
di impianti fotovoltaici a terra, sicche' il decreto ministeriale non
avrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato  comma
1-bis (motivo III.1)»; 
      manifesta   irragionevolezza -   violazione   della   Direttiva
2009/28/CE,   della   Direttiva   2001/77/CE   e   della    Direttiva
2018/2001/UE: la delega di cui all'art. 1,  comma  2,  lett.  d)  del
decreto ministeriale impugnato sarebbe assolutamente irragionevole ed
illegittima  anche  in  ragione  del  fatto  che,  nel   vietare   la
collocazione di impianti FTV a terra in aree  agricole,  non  precisa
che da tale divieto sono sottratti tutti gli  impianti  agrivoltaici.
Invero, sia gli FTV con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno  in
comune  la  collocazione  sul  suolo  di  moduli   recanti   pannelli
fotovoltaici. Tuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe  evidenziato  la
differenza, in quanto nei primi la crescita  della  vegetazione  puo'
ostare con la produzione di energia e quindi e' oggetto di interventi
volti a controllarla o impedirla, mentre, nel caso dell'agrivoltaico,
l'impianto (sia avanzato che base) sarebbe  strutturato  in  modo  da
consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola ovvero il
pascolo degli animali, di talche' la  superficie  del  terreno  resta
permeabile e quindi raggiungibile dal sole e  dalla  pioggia,  dunque
pienamente utilizzabile per le normali  esigenze  della  coltivazione
agricola. La previsione in esame, non operando alcuna distinzione  in
merito,  introdurrebbe  un   divieto   concreto,   indiscriminato   e
generalizzato ad ogni tipo  di  impianto  che  usa  tale  tecnologia,
inclusi gli agrivoltaici base o avanzati che siano (motivo III.2). 
    4. Per l'ipotesi in  cui  non  sia  possibile  un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  dell'art.  20,  comma  1-bis,  decreto
legislativo   n.   199/2021,    la    ricorrente    ha    prospettato
l'illegittimita' costituzionale della  disposizione  per  i  seguenti
profili: 
      violazione e falsa applicazione dell'art.  77,  comma  secondo,
della Costituzione: dalla disamina del  «Preambolo»  al decreto-legge
agricoltura si evincerebbe che l'iniziativa  governativa  da  cui  ha
preso le mosse l'approvazione dell'art. 5, comma  1,  del  menzionato
decreto-legge, che  ha  introdotto  la  norma  contestata,  e'  stata
motivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita' e urgenza
di  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione
agricola. Tale presupposto, tuttavia,  non  sarebbe  sussistente,  in
quanto nel territorio italiano la Superficie Agricola Totale (SAT) e'
pari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie Agricola Utilizzata
(SAU) e' pari a 12,5 milioni di ettari. Inoltre, 4 milioni di  ettari
di terreni agricoli sono attualmente abbandonati. Al 2023 sono  stati
installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW. Di questi, secondo
il GSE, 9,2 GW sono  impianti  FTV  a  terra  che  utilizzano  16.400
ettari, che equivalgono solo  allo  0,05%  del  territorio  nazionale
oppure allo 0,13% della SAU. Installare gli 84 GW  di  cui  al  Piano
elettrico  2030/REPowerEU  richiederebbe  fino  a  70.000  ettari   -
considerando l'ipotesi piu' estensiva secondo cui l'intero  obiettivo
fosse  perseguito  mediante  l'utilizzo  della  sola  tecnologia  che
utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e senza  considerare
la quota installabile su edifici -  che  equivalgono  allo  0,2%  del
territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. Si tratterebbe di una
porzione marginale di suoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni
di ettari di terreni agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari
di SAU. Sarebbero stati, pertanto, in origine carenti i requisiti  di
necessita' e urgenza  di  cui  all'art.  77  della  Costituzione  che
avrebbero giustificato il ricorso allo  strumento  eccezionale  della
decretazione d'urgenza (motivo IV); 
      violazione e falsa applicazione degli artt. 117, commi primo  e
terzo,  della  Costituzione,  in  relazione,  rispettivamente,   alla
Direttiva (UE) 2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
dell'11 dicembre 2018,  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da
fonti rinnovabili e all'art. 12 del decreto legislativo  29  dicembre
2003, n.  387  (attuazione  della  Direttiva  2001/77/CE):  la  norma
contestata, nel  prevedere  il  divieto  di  installazione  di  nuovi
impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto  di  aumentare
l'estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe  in
contrasto con i vincoli  derivanti  dall'ordinamento  europeo  e,  in
particolare, con l'obiettivo di garantire la massima diffusione degli
impianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla  direttiva
2001/77/CE, nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della
quale e' stato emanato il  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Sotto
altro profilo, la norma si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi
generali dettati in materia  dallo  stesso  Legislatore  statale,  in
attuazione delle direttive europee, e in particolare con  l'art.  12,
comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli
impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma
1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici», e con  le  linee  guida  del
2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo  le  quali
le zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non
possono essere genericamente considerate aree e  siti  non  idonei  e
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare
porzioni significative del territorio.  Per  contro,  una  norma  che
introduce un divieto generalizzato  a  realizzare  una  tipologia  di
impianto FER su qualsiasi area agricola - a prescindere anche da  una
previa indagine in merito alle tecnologie utilizzate, alle specifiche
qualita' del sito agricolo ovvero alle  colture  ivi  condotte  -  si
porrebbe in conflitto con i summenzionati  principi  fondamentali  di
cui all'art. 117, comma 1, della Costituzione ed all'art.  12,  comma
7, del  decreto  legislativo  n.  387/2003,  attuativi  di  direttive
dell'Unione europea e che  riflettono  anche  impegni  internazionali
volti a favorire l'energia prodotta da fonti rinnovabili (motivo V); 
      violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della  Costituzione
- violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della  Direttiva  (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell'11  dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti  rinnovabili  -
violazione del principio di proporzionalita' -  violazione  dell'art.
11 del TFUE-violazione dell'art. 41 della Costituzione: la scelta  di
introdurre un generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti
FTV  con  moduli  a  terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come
«agricole»  risulterebbe  sproporzionata  e  tale  da  rallentare  la
diffusione  delle  fonti  rinnovabili  in  modo  da  incidere   sugli
obiettivi di tutela dell'ambiente perseguiti. Sul  punto,  l'art.  15
della direttiva 2018/2001 prevede che «Gli Stati membri  prendono  in
particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme  in
materia di autorizzazione, certificazione e  concessione  di  licenze
siano oggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata
sarebbe tutt'altro che una forma di esercizio  "proporzionato»  della
potesta' legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il  principio  di
integrazione delle tutele riconosciuto, sia a livello  europeo  (art.
11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.
152 del  2006,  sia  pure  con  una  formulazione  ellittica  che  lo
sottintende)  -  in  virtu'  del  quale   le   esigenze   di   tutela
dell'ambiente   devono   essere   integrate   nella   definizione   e
nell'attuazione  delle  altre  pertinenti  politiche  pubbliche,   in
particolare al fine di promuovere  lo  sviluppo  sostenibile.  Se  il
principio di proporzionalita' rappresenta il  criterio  alla  stregua
del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori
costituzionali all'interno di un quadro argomentativo  razionale,  il
principio di integrazione costituisce  la  direttiva  di  metodo.  La
tutela dell'ambiente e del paesaggio (nello specifico dell'ambiente e
del contesto agricolo)  non  potrebbero  essere  visti  quali  valori
contrapposti rispetto alla diffusione delle  fonti  rinnovabili,  sia
sotto il profilo della tutela dell'ambiente che  sotto  quello  della
tutela dell'iniziativa economica privata.  Lo  stesso  art.  9  della
Costituzione sancisce che la tutela dei valori ambientali deve essere
perseguita  «anche  nell'interesse  delle  future  generazioni».   Al
contrario, la disposizione in esame  muoverebbe  dall'assunto  di  un
aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e  la
autorizzazione di impianti per  la  produzione  di  energia  mediante
collocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se  le  descritte
finalita'  non  fossero   tra   loro   contemperabili   mediante   la
introduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per
caso, quando e dove consentire o meno la collocazione di impianti che
utilizzano  la  tecnologia  fotovoltaica   a   terra   (inclusi   gli
agrivoltaici base o avanzati) in area agricola (motivo VI). 
    5.  L'Associazione  Elettricita'   futura   e'   intervenuta   ad
adiuvandum, argomentando a sostegno  delle  censure  formulate  dalla
parte ricorrente avverso il decreto ministeriale. 
    6. Si e' costituita la Regione Sardegna, rilevando in primo luogo
la carenza di  un  interesse  concreto  e  attuale  alla  base  della
doglianza circa la genericita' dei criteri  di  individuazione  delle
aree, non essendovi certezza che l'esercizio da parte  delle  regioni
della suddetta delega porra' effettivamente «nel nulla» gli  impianti
per   i    quali    la    Societa'    ha    gia'    avviato    l'iter
progettuale/realizzativo. 
    7. I parametri declinati dall'art. 7 del decreto, in  ogni  caso,
non sarebbero affatto generici, ma soprattutto  sarebbero  funzionali
perseguimento del vero obiettivo sotteso al  medesimo  decreto  e  al
presupposto decreto legislativo N. 199/2021, ossia l'attuazione delle
direttive dell'Unione Europea  che  impongono  il  raggiungimento  da
parte dell'Italia di una determinata soglia di produzione di  energia
da fonti rinnovabili. Ciascuna regione,  infatti,  si  deve  attenere
alla  «traiettoria  di  conseguimento   dell'obiettivo   di   potenza
complessiva da  traguardare  al  2030»  (art.  2,  comma  1,  decreto
ministeriale) di cui alla Tabella A del decreto ministeriale cosi' da
garantire  la  primaria  esigenza   del   rispetto   degli   obblighi
eurounionali. Assicurato tale obiettivo, sarebbe piu'  che  legittimo
che le stesse regioni dispongano di ampia autonomia  nella  mappatura
delle aree idonee e non idonee, a  tutela  degli  interessi  pubblici
afferenti, in particolare, alla tutela dell'ambiente e del paesaggio,
all'utilizzo del territorio e all'agricoltura. 
    8. Infondata sarebbe anche la censura con la  quale  si  sostiene
che il decreto non dovrebbe  occuparsi  delle  aree  non  idonee,  in
quanto il decreto legislativo n. 199/2021  prevede  che  con  decreto
ministeriale debbano essere «stabiliti principi  e  criteri  omogenei
per l'individuazione delle  superfici  e  delle  aree  idonee  e  non
idonee». 
    9. Per cio' che attiene invece alla fonte con la quale le regioni
opereranno tale «mappatura», il fatto che l'individuazione con  legge
e' prevista esplicitamente solo per le aree idonee (art. 20, comma 4,
decreto legislativo n. 199/2021) non significherebbe  necessariamente
che con legge  non  possano  essere  identificate  anche  quelle  non
idonee. 
    10. In ordine invece all'asserita violazione da parte del decreto
ministeriale del principio di massima diffusione degli impianti  FER,
il decreto definirebbe il percorso da seguire  per  il  conseguimento
dell'obiettivo imposto dall'Unione europea di produzione  di  energia
da   fonti   rinnovabili.   Risulterebbe,   pertanto,   correttamente
bilanciata l'ulteriore, ma non recessiva, esigenza di tutela dei beni
culturali e paesaggistici come enucleata dal comma 3 dell'art. 7  del
decreto  ministeriale,  che  fissa  i  criteri  concernenti  la   non
idoneita' proprio delle aree di interesse culturale e  paesaggistico;
cio' in linea con la delega  concessa  dall'art.  20,  comma  3,  del
decreto legislativo n. 199/2021 (secondo il quale occorre tener conto
anche  delle  esigenze  di  6  tutela  del  patrimonio  culturale   e
paesaggistico e delle aree agricole e forestali). 
    11. Con memoria depositata il 30 dicembre 2024 la  ricorrente  ha
evidenziato come la legge della Regione Autonoma  della  Sardegna  n.
20/2024  integri  la  «plastica»  dimostrazione  del  fatto  che   la
disciplina delineata dal decreto ministeriale, laddove  detta  regole
generiche ovvero che deviano  dal  tenore  della  delega  di  cui  al
decreto  legislativo  n.  199/2021.  La  Sardegna,  infatti,  avrebbe
classificato la quasi totalita' del proprio territorio come «area non
idonea»  all'installazione  di  impianti  FER,  includendo  in   tale
classificazione anche le aree che risultavano essere idonee ai  sensi
dell'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021.  Inoltre,
la dedotta illegittimita' della mancanza  di  un  regime  transitorio
dettato dal decreto ministeriale impugnato  avrebbe  consentito  alla
Regione Sardegna di prevedere che  il  divieto  di  realizzazione  si
applica anche agli impianti e  gli  accumuli  FER  la  cui  procedura
autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale  o
statale, e' in corso al momento dell'entrata in vigore della presente
legge, nonche' l'inefficacia dei  provvedimenti  autorizzatori  e  di
tutti i titoli abilitativi comunque denominati gia'  emanati,  aventi
ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee. I disegni di
legge in  discussione  in  altre  Regioni  andrebbero,  peraltro,  in
analoga direzione. 
    12. Con apposita produzione documentale in data 23 dicembre  2024
la ricorrente ha specificamente dedotto in ordine all'impatto che  la
legge della Regione Autonoma della Sardegna n.  20/2024  produce  sui
progetti indicati al punto 2 della presente ordinanza,  evidenziando,
in particolare, che le iniziative «Benetutti», «Carbonia-Iglesias»  e
«Prangili», risulterebbero situati in tutto o in parte  in  area  non
idonea.  Ne  conseguirebbe,  nonostante  le  gia'  avviate  procedure
amministrative  per  la   valutazione   di   impatto   ambientale   e
l'autorizzazione dei  progetti,  la  preclusione  al  loro  ulteriore
sviluppo, in mancanza di criteri di salvezza delle iniziative gia' in
corso e tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta legge,  «E'
vietata la realizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive
aree non idonee». 
    13. All'udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
    14. Il Collegio reputa necessario sospendere il presente giudizio
onde suscitare il controllo incidentale  di  costituzionalita'  sulle
questioni indicate nel prosieguo. 
    15. Preliminarmente, e' tuttavia opportuno chiarire i termini  in
cui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di
cui all'art.  20,  comma  1,  decreto  legislativo  n.  199/2021,  il
concetto di area non idonea all'installazione di impianti  FER.  Tale
esigenza, invero, risulta intrinsecamente  correlata  con  il  tenore
delle censure ricorsuali, in particolare  quelle  articolate  con  il
secondo motivo di ricorso, con le quali, come esposto  in  narrativa,
la societa' ricorrente ha in sostanza contestato: 
      l'indebita contemplazione, nell'ambito della  disciplina  posta
dal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; 
      la  configurazione   delle   aree   non   idonee   quali   aree
incompatibili  e,   quindi,   sostanzialmente   preclusive   rispetto
all'installazione di impianti FER; 
      la genericita' dei criteri posti  dal  decreto  ministeriale  a
fini di indirizzo della successiva attivita' regionale; 
      l'abnorme estensione del perimetro di possibile  individuazione
delle aree non idonee; 
      l'individuazione delle aree non idonee con legge  regionale,  e
non piu' in sede procedimentale; 
      la mancanza di una disciplina di salvaguardia per le iniziative
gia' avviate. 
    16. Il presupposto comune alle censure e' che, avendo il  gravato
decreto  ministeriale  qualificato  le  aree  non  idonee  come  aree
incompatibili con l'installazione di impianti  FER,  il  concetto  di
«area non idonea» sarebbe stato completamente  stravolto  rispetto  a
quello operante nel regime previgente (i.e.,  a  quello  delle  linee
guida). In  particolare,  prima  dell'adozione  del  gravato  decreto
ministeriale la conseguenza correlata al carattere di  non  idoneita'
di un'area era circoscritta al fatto che il soggetto  proponente  non
potesse  accedere   alla   accelerazione   procedimentale   dell'iter
autorizzativo   propedeutico   alla   realizzazione   ed    esercizio
dell'impianto FER - accelerazione che, viceversa, avrebbe operato nel
caso di localizzazione dell'impianto in area idonea -. Per  converso,
nessuna preclusione, aprioristica e assoluta, alla  realizzazione  di
tali impianti risultava discendere dalla loro localizzazione in  aree
non  idonee.  Orbene,  secondo  la  prospettazione   della   societa'
ricorrente, siccome con l'adozione del gravato  decreto  ministeriale
le amministrazioni resistenti avrebbero introdotto una preclusione di
tal guisa, lo stesso risulterebbe illegittimo. 
    17. Il Collegio ritiene che  la  tesi  sostenuta  dalla  societa'
ricorrente non possa essere condivisa per le ragioni  di  diritto  di
seguito esposte. 
    18. Come noto, l'art. 12  del  decreto  legislativo  29  dicembre
2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la  razionalizzazione  e
la semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione
degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A  tal  fine,  l'art.
12, comma 10, del decreto  legislativo  n.  387/2003  ha  inter  alia
previsto che "In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle
attivita' produttive, di concerto con  il  Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le  attivita'
culturali, si  approvano  le  linee  guida  per  lo  svolgimento  del
procedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura  di  autorizzazione
unica, n.d.r.]. Tali linee  guida  sono  volte,  in  particolare,  ad
assicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,  con  specifico
riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione  di  tali
linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree  e
siti  non  idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di
impianti». 
    19. Le linee guida indicate dall'art. 12, comma 10,  del  decreto
legislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero
dello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse  e'  stato
stabilito che: 
      paragrafo 17: «Al fine di accelerare l'iter  di  autorizzazione
alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati  da  fonti
rinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee
guida, le Regioni e  le  Province  autonome  possono  procedere  alla
indicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di
specifiche tipologie di impianti  secondo  le  modalita'  di  cui  al
presente punto e sulla  base  dei  criteri  di  cui  all'allegato  3.
L'individuazione della  non  idoneita'  dell'area  e'  operata  dalle
Regioni attraverso  un'apposita  istruttoria  avente  ad  oggetto  la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che
identificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con
l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede  di
autorizzazione. Gli esiti dell'istruttoria, da  richiamare  nell'atto
di cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in  relazione  a  ciascuna
area individuata come non idonea in relazione a specifiche  tipologie
e/o dimensioni di impianti,  la  descrizione  delle  incompatibilita'
riscontrate  con  gli  obiettivi  di  protezione  individuati   nelle
disposizioni  esaminate  [...].  Le  aree  non  idonee   sono   [...]
individuate dalle Regioni nell'ambito dell'atto di programmazione con
cui  sono  definite  le  misure  e  gli   interventi   necessari   al
raggiungimento  degli  obiettivi  di  burden   sharing   fissati   in
attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione  individua
le aree  non  idonee  tenendo  conto  di  quanto  eventualmente  gia'
previsto dal piano paesaggistico e in  congruenza  con  lo  specifico
obiettivo assegnatole»; 
      allegato 3: «L'individuazione delle aree e dei siti non  idonei
mira non gia' a rallentare la realizzazione degli impianti, bensi' ad
offrire agli operatori un quadro certo  e  chiaro  di  riferimento  e
orientamento per la  localizzazione  dei  progetti.  L'individuazione
delle aree non idonee dovra'  essere  effettuata  dalle  Regioni  con
propri  provvedimenti  tenendo  conto  dei  pertinenti  strumenti  di
pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,  secondo  le
modalita' indicate al paragrafo 17», nonche' sulla base di principi e
criteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei quali, tra
l'altro: «a) l'individuazione  delle  aree  non  idonee  deve  essere
basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad  aspetti
di   tutela   dell'ambiente,   del   paesaggio   e   del   patrimonio
artistico-culturale, connessi alle  caratteristiche  intrinseche  del
territorio e del sito; b) l'individuazione delle aree e dei siti  non
idonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle  diverse
fonti rinnovabili  e  alle  diverse  taglie  di  impianto;  [...]  d)
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare
porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a
tutela   dell'ambiente,    del    paesaggio    e    del    patrimonio
storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di  fasce  di
rispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate
esigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e'   infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed  affidate,
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle
Regioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno  del  procedimento
unico e della procedura di Valutazione  dell'Impatto  Ambientale  nei
casi previsti. L'individuazione delle aree e dei siti non idonei  non
deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto  di
accelerazione e  semplificazione  dell'iter  di  autorizzazione  alla
costruzione  e  all'esercizio,  anche  in  termini  di   opportunita'
localizzative offerte dalle specifiche  caratteristiche  e  vocazioni
del territorio». 
    20. Nel contesto del sistema delineato dall'art.  12,  comma  10,
del decreto  legislativo  n.  387/2003,  come  risulta  dai  pacifici
orientamenti pretori formatisi  in  seno  alla  giurisprudenza  della
Corte costituzionale, le linee  guida  sono  «poste  a  completamento
della normativa primaria «in settori squisitamente tecnici» (sentenze
n. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n.  286  e
n. 86 del 2019, nonche' n. 69 del 2018)  e  connotate  dal  carattere
della inderogabilita' a garanzia di una disciplina «uniforme in tutto
il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69  del
2018)» (sentenza n. 106 del 2020; nello  stesso  senso,  sentenze  n.
221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)»  (cfr.
Corte costituzionale, sentenza n. 27/2023). 
    21. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha  chiarito
che con le disposizioni normative introdotte dal decreto  legislativo
n. 199/2921 «il legislatore statale ha  inteso  superare  il  sistema
dettato dall'art. 12, comma 10, del decreto legislativo  29  dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita') e dal  conseguente
decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10  settembre  2010
(Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabili), contenenti i principi e  i  criteri  di  individuazione
delle aree non idonee. Le regioni,  pertanto,  sono  ora  chiamate  a
individuare le aree «idonee» all'installazione degli impianti,  sulla
scorta dei principi e dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti
interministeriali, previsti dal comma 1 del  citato  art.  20  [...].
Inoltre, l'individuazione delle aree idonee dovra' avvenire non  piu'
in sede amministrativa, come prevedeva la  disciplina  precedente  in
relazione a quelle non idonee, bensi' «con legge» regionale,  secondo
quanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello  stesso  art.  20»
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). 
    22.  Sulla  scorta  di  quanto  chiarito   ed   affermato   negli
orientamenti  giurisprudenziali  teste'  richiamati,   discende   che
nell'applicazione del rinnovato quadro normativo che  ha  interessato
la materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic  et
simpliciter essere trasposti, in  maniera  acritica  e  meccanica,  i
principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale  in  relazione
al pregresso assetto normativo e  regolatorio.  Infatti,  laddove  si
aderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che  e',  poi,  quella
sostanzialmente prospettata dalla societa' ricorrente - si  finirebbe
per obliterare indebitamente il  vigente  contesto  normativo,  avuto
specifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito,  l'art.
20, comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  espressamente
dispone che sia il MASE, di  concerto  con  il  MIC  e  il  MASAF,  a
stabilire con decreto i principi e  i  criteri  omogenei  strumentali
all'individuazione delle aree idonee e non idonee. 
    23. Invero, proprio sulla  scorta  delle  scelte  compiute  dalle
amministrazioni  resistenti  con  l'adozione  del   gravato   decreto
ministeriale, e  condivise  con  gli  enti  territoriali  tramite  lo
strumento dell'intesa in sede di Conferenza unificata - emerge  come,
contrariamente a quanto  sostenuto  dalla  societa'  ricorrente,  nel
complessivo   nuovo   impianto   normativo   e   regolamentare    sia
sostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e  finalita',  la
portata precettiva del concetto di «area non idonea». 
    24.  Infatti,  l'art.  1,  comma  2,  lett.   b),   del   decreto
ministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree  non
idonee» come «aree e siti le cui caratteristiche  sono  incompatibili
con l'installazione di specifiche tipologie di  impianti  secondo  le
modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato  3  delle  linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10
settembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre
2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». 
    25. A dispetto di quanto asserito  dalla  societa'  ricorrente  -
secondo la  quale  la  definizione  di  area  non  idonea  come  area
incompatibile equivarrebbe alla introduzione di un  divieto  assoluto
alla installazione  di  impianti  FER  -  occorre  ricordare  che  il
paragrafo 17 delle Linee guida gia' per il passato specificava che il
processo di ricognizione  delle  aree  non  idonee  dovesse  avvenire
prendendo  in  considerazione  gli  «obiettivi  di   protezione   non
compatibili con l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche
tipologie e/o dimensioni di impianti». 
    26.  Emerge,  quindi,   come   gia'   nel   contesto   previgente
all'adozione del gravato decreto ministeriale le aree non  idonee  si
caratterizzassero   per   essere   aree    incompatibili    con    il
soddisfacimento  degli  obiettivi  di  protezione  che  l'ordinamento
intende perseguire. Tale  forma  di  incompatibilita',  quale  tratto
caratterizzante delle aree  non  idonee,  non  si  traduceva  in  una
preclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo
ad indicare la sussistenza di  «una  elevata  probabilita'  di  esito
negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». 
    27.  L'analisi  diacronica  sinteticamente  svolta  consente   di
affermare che, sotto l'esaminato profilo della «incompatibilita'», la
definizione di «aree non idonee»  contenuta  nell'art.  1,  comma  2,
lett. b), del gravato decreto ministeriale non possiede un  carattere
innovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad effectum,  la
portata del concetto di «area non idonea»,  per  come  declinato  dal
decreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a quella scaturente
dalle Linee guida. 
    28. A sostegno di tale conclusione, d'altronde, milita  anche  il
fatto che lo stesso art. 1, comma 2, lett. b),  del  gravato  decreto
ministeriale  declini  la  dichiarata  incompatibilita'  «secondo  le
modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato  3  delle  Linee
guida».  Ordunque,  benche'  l'ordito  normativo,  con  il   previsto
aggiornamento delle Linee guida «A  seguito  dell'entrata  in  vigore
della  disciplina  statale  e  regionale  per   l'individuazione   di
superfici e aree idonee ai  sensi  dell'art.  20»,  presenti  indubbi
elementi di circolarita' che rendono non del tutto  chiaro  il  ruolo
che le medesime Linee Guida sono  ad  oggi  chiamate  a  svolgere  in
subiecta materia,  e'  preferibile  ritenere  che  il  richiamo  alle
modalita' stabilite dalle Linee Guida sia da intendersi nel senso che
il legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto  al
nuovo  regime,  delle  acquisizioni,  in  termini  di  significato  e
declinazione delle aree non idonee,  gia'  raggiunte  nel  previgente
assetto normativo in  applicazione  delle  previsioni  dettate  dalle
Linee guida. 
    29. Tale opzione esegetica puo' essere legittimamente percorsa in
ossequio al canone ermeneutico dell'interpretazione  conservativa  di
cui all'art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche
agli  atti  amministrativi,  come   chiarito   dalla   giurisprudenza
amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n.  5358  del  4
settembre  2020  e  riferimenti  ivi  citati)  -.  Infatti,  mediante
l'impiego di  tale  legittimo  criterio  interpretativo,  nel  nostro
ordinamento giuridico e' possibile preservare atti e valori giuridici
non affetti da  vizi  di  legittimita'  (ut  res  magis  valeat  quam
pereat),  risultando  cio'  confacente,  peraltro,  ai  principi   di
economicita'  ed  efficacia  dell'attivita'  amministrativa   sanciti
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (cfr.  Cons.
Stato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015)  e  di  cui  il
criterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. 
    30. Se e' vero che non puo' essere sottaciuto il fatto che l'art.
3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le  Regioni
provvedono con legge  alla  individuazione  (anche)  delle  aree  non
idonee  -  e  non  piu'  nell'ambito  di  un  apposito   procedimento
amministrativo, come previsto dalle Linee Guida - e'  del  pari  vero
che, in disparte gli eventuali  profili  di  illegittimita'  di  tale
scelta, non v'e' alcun indice normativo che  faccia  ritenere  che  a
tale cambiamento  sia  correlata  la  conseguenza  prospettata  dalla
societa' ricorrente. 
    31. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo
giuridico  di   approvazione   della   classificazione   delle   aree
potenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e
messa in esercizio di un impianto FER, non  risulta  accompagnato  da
alcuna radicale  trasfigurazione  del  significato  che  il  concetto
giuridico  di   «aree   non   idonee»   esprime   nell'ambito   della
pianificazione del  territorio  necessaria  al  raggiungimento  degli
obiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. 
    32. Ad avviso del Collegio, l'interpretazione  sin  qui  proposta
trova anche il conforto della giurisprudenza  costituzionale  che  ha
riconosciuto la «necessita' di garantire la «massima diffusione degli
impianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del  2019,
in senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n.  216  e  n.  77  del
2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del  2018,  n.  13  del
2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento di ridurre le emissioni di
gas ad effetto serra' (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso  senso,
sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del
2012), onde contrastare il  riscaldamento  globale  e  i  cambiamenti
climatici (sentenza n. 77 del 2022)» (Corte costituzionale,  sentenza
n. 27/2023). 
    33. Va, quindi, radicalmente escluso che  le  «aree  non  idonee»
possano  essere  considerate   aree   del   tutto   interdette   alla
installazione di impianti FER, poiche' opinando diversamente potrebbe
essere  seriamente  pregiudicato  il  conseguimento  degli  obiettivi
energetici strumentali al rispetto degli impegni assunti  dall'Italia
a livello sovranazionale  -  tenuto  anche  conto  della  particolare
ampiezza dei margini di manovra consentiti alle Regioni  dal  decreto
ministeriale impugnato. 
    34. Viceversa, l'interpretazione dell'art. 1, comma 2, lett.  b),
del gravato decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  al  quale  il
Collegio intende aderire - partendo dall'assunto che il carattere  di
non idoneita' di un'area non precluda in radice la  realizzazione  di
impianti FER - e' atta a porre in rilievo come  l'individuazione  con
legge  regionale  delle  aree  non  idonee   non   esclude   che   le
amministrazioni,    nell'ambito    degli    specifici    procedimenti
amministrativi di valutazione delle istanze  di  autorizzazione  alla
realizzazione  di  impianti  FER,  siano  necessariamente  tenute  ad
apprezzare in concreto l'impatto dei progetti proposti sulle esigenze
di  tutela  ambientale,   paesaggistico-territoriale   e   dei   beni
culturali,  anche  laddove  l'area  interessata  rientri  tra  quelle
classificate come non idonee. 
    35. Nel caso di specie, tuttavia, la suesposta ricostruzione  del
concetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal  decreto
ministeriale, e' palesemente smentita dal  tenore  dispositivo  della
legge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024. 
    36. La predetta legge prevede, infatti, che: 
      «E' vietata la realizzazione  degli  impianti  ricadenti  nelle
rispettive aree non idonee cosi' come individuate dagli  allegati  A,
B, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica
anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa
e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e' in
corso al momento dell'entrata in vigore  della  presente  legge.  Non
puo' essere dato  corso  alle  istanze  di  autorizzazione  che,  pur
presentate  prima  dell'entrata  in  vigore  della  presente   legge,
risultino in contrasto con essa e ne  pregiudichino  l'attuazione.  I
provvedimenti autorizzatori e tutti  i  titoli  abilitativi  comunque
denominati gia' emanati, aventi ad  oggetto  gli  impianti  ricadenti
nelle aree non idonee, sono privi di efficacia» (art. 1, comma 5); 
      «Qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso
sia nelle aree definite idonee, di cui all'allegato F, sia nelle aree
definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E, prevale il
criterio di non idoneita'. Nei casi di  cui  al  precedente  periodo,
limitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti di accumulo,
qualora   i   relativi   progetti    di    realizzazione    prevedano
l'installazione  presso  aree  rientranti  nelle  zone   urbanistiche
omogenee D e G, di cui al decreto dell'Assessore regionale degli enti
locali,  finanze  e  urbanistica,  20  dicembre   1983,   n.   2266/U
(Disciplina dei limiti e dei rapporti  relativi  alla  formazione  di
nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei
comuni della Sardegna), non si applicano le fasce di  tutela  di  cui
alle lettere s), x), w) e bb) dell'allegato A qualora l'area  oggetto
del rispettivo  intervento  sia  infrastrutturata  e  urbanizzata  in
misura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente  ai  casi  di
cui al precedente periodo, qualora l'area non sia infrastrutturata  e
urbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce  di  tutela
di cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per  cento.  Qualora
un progetto di  impianto  FER,  ivi  inclusi  gli  accumuli  ad  essi
connessi, sia  finalizzato  all'autoconsumo  o  al  servizio  di  una
comunita' energetica e ricade in  una  delle  condizioni  di  cui  ai
precedenti periodi, prevale il criterio di idoneita'» (art. 1,  comma
7); 
      «Al fine di agevolare  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
transizione energetica, di promozione delle fonti  rinnovabili  e  di
contenimento dei costi energetici  nel  rispetto  delle  peculiarita'
storico-culturali,  paesaggistico-ambientali   e   delle   produzioni
agricole, i comuni hanno facolta' di proporre un'istanza propedeutica
alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di
un'area individuata come non idonea ai sensi  della  presente  legge.
L'istanza e'  finalizzata  al  raggiungimento  di  un'intesa  con  la
Regione. Qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente
in un'area mineraria dismessa  di  proprieta'  regionale  o  di  enti
interamente controllati dalla Regione, l'area medesima e'  trasferita
in proprieta' ai comuni che ne  facciano  richiesta  ai  sensi  della
legge  regionale  5  dicembre  1995,  n.  35  (Alienazione  dei  beni
patrimoniali)» (art. 3). 
    37. Dalle richiamate previsioni di desume, pertanto, che: 
      le aree non idonee costituiscono vere e  proprie  aree  vietate
alla realizzazione degli impianti FER. Oltre che  dal  chiaro  tenore
letterale  dell'art.  1,  comma  5,  cio'  si  desume   anche   dalla
previsione, all'art. 3, di una speciale  procedura  da  attivarsi  su
chiesta dei comuni per la realizzazione di  interventi  in  aree  non
idonee,  peraltro  particolarmente  rigoroso  nella  misura  in   cui
richiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti  i  soggetti
interessati; 
      la  disciplina  non  soltanto  non  prevede  una  clausola   di
salvaguardia per le iniziative  in  corso,  ma  addirittura  sancisce
l'inefficacia  dei   provvedimenti   autorizzatori   e   dei   titoli
abilitativi gia' emanati in caso di impianti ricadenti  in  aree  non
idonee in base alla legge. D'altra parte,  cio'  costituisce  l'ovvio
risvolto  di  quanto  previsto  dall'art.  1,  comma  2,  laddove  si
stabilisce  che  «La  presente  legge  di  governo  del   territorio,
urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico,  si  applica  a
tutto il  territorio  della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le
superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso
di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o
statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una  modifica
irreversibile dello stato dei luoghi», onde  e'  chiaro  che  l'unico
limite  all'operativita'  delle  nuove  previsioni  e'  l'intervenuta
modifica irreversibile dello stato dei luoghi,  come  anche  chiarito
dal successivo comma 5; 
      la legge prevede, altresi', un principio di assoluta prevalenza
del criterio della non idoneita' su quello dell'idoneita' in caso  di
progetti in  zone  promiscue,  salve  le  limitate  deroghe  previste
dall'art. 1, comma 7. 
    38.  La  suindicata  disciplina  solleva  consistenti  dubbi   di
compatibilita'  con  i   canoni   costituzionali,   con   particolare
riferimento agli artt. 3, 9, 11,  41,  97,  117  della  Costituzione,
nonche' all'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli artt.
3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. 
    39. Occorre aggiungere che la  ricorrente  ha  anche  addotto  di
avere in corso di sviluppo un progetto agrivoltaico non avanzato  per
il quale non sono state ancora avviate le pratiche  autorizzatorie  e
abilitative  e  che  risulta,  pertanto,  inciso   dalle   previsioni
dell'art. 5 del decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. 
    40. Tale norma ha introdotto  il  comma  1-bis  all'art.  20  del
decreto  legislativo   n.   199/2021,   il   quale   stabilisce   che
«L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a
terra, in zone classificate agricole dai piani  urbanistici  vigenti,
e' consentita esclusivamente nelle  aree  di  cui  alle  lettere  a),
limitatamente   agli   interventi    per    modifica,    rifacimento,
potenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti   gia'
installati, a condizione  che  non  comportino  incremento  dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e
quelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,
nonche'  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero
ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8
del presente art.. Il primo  periodo  non  si  applica  nel  caso  di
progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a
terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita'  energetica
rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del  presente  decreto  nonche'  in
caso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del
Piano  nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),  approvato  con
decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato
con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del  Piano
nazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui
all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti
necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 
    41. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non  si
applichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del
presente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle
procedure amministrative, comprese quelle di valutazione  ambientale,
necessarie  all'ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e
l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia
stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». 
    42. Il decreto impugnato prevede, all'art. 1,  comma  2,  che  le
Regioni individuino sul rispettivo territorio, tra l'altro, le  «aree
in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige
il divieto di installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  a
terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8
novembre 2021, n. 199». 
    43.  Tale  previsione   costituisce   senz'altro   strumento   di
attuazione, per quanto del tutto vincolato nel contenuto, della norma
primaria. Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree
agricole  in  cui   e'   consentita   l'installazione   di   impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra  facendo  riferimento  alla
classificazione delle aree idonee  come  prevista  dal  comma  8  del
medesimo art. 20 nelle more dell'adozione della disciplina di cui  al
comma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce  che  il
divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche  nel  nuovo  quadro
regolatorio e vincola la potesta'  legislativa  regionale:  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1, infatti, le Regioni sono chiamate a individuare
con legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore
del decreto, le aree di cui all'art. 1, comma  2,  e,  quindi,  anche
quelle in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra. 
    44.  Il  decreto  impugnato  costituisce   anche   l'unico   atto
amministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del
divieto, atteso che: 
      esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; 
      secondo quanto previsto  dal  decreto,  l'individuazione  delle
aree in questione avviene con legge regionale; 
      le  aree  cosi'  individuate  non   sono   «non   idonee»,   ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita'
dell'intervento con i valori confliggenti. 
    45. La ricorrente ha contestato che la  disciplina  rimessa  alla
determinazione ministeriale  concernente  l'adozione  di  principi  e
criteri omogenei per l'individuazione delle superfici  e  delle  aree
idonee e non idonee consentisse anche l'individuazione  di  aree  «in
cui e' vietata» la installazione di impianti fotovoltaici a terra. 
    46.  Tuttavia,   occorre   ritenere   che   per   effetto   della
sopravvenienza  normativa  costituita  dal   disposto   dell'art.   5
del decreto-legge n. 63/2024, il decreto di cui al comma 1  dell'art.
20 del  decreto  legislativo  n.  199/2021  non  avrebbe  potuto  che
prendere atto dei divieti cosi'  introdotti  e  ribadire,  anche  nel
contesto della disciplina da esso posta, le relative preclusioni. Nel
momento in cui il legislatore ha inteso vietare ulteriori  interventi
concernenti impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra  nelle
aree  classificate  agricole,  tale  rinnovata  valutazione   si   e'
inevitabilmente sovrapposta alle previgenti  direttive  normative  in
materia di individuazione delle aree idonee, sicche'  ai  fini  della
relativa  implementazione  non  era  necessaria  alcuna  espressa   e
specifica  delega,  potendone  l'Autorita'  amministrativa   soltanto
prendere atto. 
    47. Con una seconda censura  la  ricorrente  contesta  l'art.  1,
comma 2, lett. d), del decreto nella parte in cui non precisa che  da
tale  divieto  sono  sottratti  tutti  gli   impianti   agrivoltaici.
Tuttavia, l'ambito di applicazione del divieto posto dall'art. 5  del
decreto-legge  n.  63/2024  e'  definito  direttamente  dalla   norma
primaria e la relativa  individuazione  appartiene  all'attivita'  di
interpretazione degli  enunciati  normativi:  la  mancata,  ulteriore
specificazione del medesimo da  parte  di  un  atto  applicativo  non
integra, pertanto, sotto alcun profilo un vizio  di  legittimita'  di
quest'ultimo. 
    48.  Per  l'ipotesi  in  cui  non  sia  possibile   procedere   a
un'interpretazione  conforme  a  Costituzione,   la   ricorrente   ha
sollevato talune eccezioni di costituzionalita' della disciplina.  Il
Collegio ritiene, al riguardo,  che  un'interpretazione  della  norma
satisfattiva dell'interesse di parte ricorrente non sia possibile. 
    49. L'ambito del regime  preclusivo  introdotto  dalla  norma  va
ricostruito a partire dal «significato proprio delle  parole  secondo
la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,
comma 1, disp. prel. c.c.). 
    50. L'oggetto della previsione normativa riguarda  specificamente
l'installazione degli impianti fotovoltaici «con moduli  collocati  a
terra [...] in zone classificate agricole» e si colloca  in  funzione
servente rispetto alla dichiarata «straordinaria necessita' e urgenza
di  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione
agricola». 
    51. Dalle richiamate coordinate normative  si  ricava,  pertanto,
che  l'oggetto  del  divieto  riguarda  gli   impianti   fotovoltaici
caratterizzati  da  una  ben  determinata   caratteristica   -   i.e.
l'installazione  dei  moduli  a  terra  -  in  quanto  ritenuta   dal
legislatore incompatibile con l'utilizzo del suolo per  l'agricoltura
e, quindi, con la finalita' di contrastare il  fenomeno  del  consumo
del suolo a vocazione agricola. 
    52.  Le  Linee  guida  MITE  del  2022  in  materia  di  impianti
agrivoltaici individuano come segue i  requisiti  che  tali  impianti
debbono  possedere  per  rispondere  alla  finalita'  per  cui   sono
realizzati: 
      «Requisito A: Il sistema e' progettato e realizzato in modo  da
adottare   una   configurazione   spaziale   ed   opportune    scelte
tecnologiche,  tali  da  consentire  l'integrazione   fra   attivita'
agricola  e  produzione  elettrica  e   valorizzare   il   potenziale
produttivo di entrambi i sottosistemi; 
      Requisito B: Il sistema agrivoltaico  e'  esercito,  nel  corso
della vita tecnica, in maniera da garantire la  produzione  sinergica
di energia elettrica e  prodotti  agricoli  e  non  compromettere  la
continuita' dell'attivita' agricola e pastorale; 
      Requisito C: L'impianto agrivoltaico adotta soluzioni integrate
innovative con moduli  elevati  da  terra,  volte  a  ottimizzare  le
prestazioni del sistema agrivoltaico sia in  termini  energetici  che
agricoli; 
      Requisito D: Il sistema agrivoltaico e' dotato di un sistema di
monitoraggio che consenta di verificare l'impatto sulle  colture,  il
risparmio idrico, la produttivita' agricola per le diverse  tipologie
di colture e la continuita' delle attivita'  delle  aziende  agricole
interessate; 
      Requisito E: Il sistema agrivoltaico e' dotato di un sistema di
monitoraggio che, oltre a rispettare  il  requisito  D,  consenta  di
verificare il recupero della fertilita' del suolo, il microclima,  la
resilienza ai cambiamenti climatici». 
    53. Le medesime linee guida chiariscono, poi,  che  «Il  rispetto
dei  requisiti  A,  B  e'  necessario  per   definire   un   impianto
fotovoltaico realizzato in area  agricola  come  «agrivoltaico».  Per
tali impianti dovrebbe inoltre previsto  il  rispetto  del  requisito
D.2», mentre il rispetto «dei requisiti A, B, C e D e' necessario per
soddisfare la definizione di «impianto agrivoltaico avanzato»  e,  in
conformita'  a  quanto  stabilito  dall'art.  65,  comma  1-quater  e
1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1,  classificare
l'impianto come meritevole  dell'accesso  agli  incentivi  statali  a
valere sulle tariffe elettriche». 
    54. Dalla classificazione tipologica degli impianti  agrivoltaici
contenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto  per  gli
impianti agrivoltaici di tipo avanzato e' senz'altro  soddisfatto  il
requisito C, consistente nell'utilizzo di moduli elevati da terra. Il
suddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo'  assumere  una  delle
due seguenti configurazioni: 
      «l'altezza minima dei moduli e' studiata in modo da  consentire
la continuita' delle attivita' agricole (o zootecniche)  anche  sotto
ai moduli fotovoltaici.  Si  configura  una  condizione  nella  quale
esiste un doppio uso del  suolo,  ed  una  integrazione  massima  tra
l'impianto agrivoltaico e la coltura, e cioe' i  moduli  fotovoltaici
svolgono una funzione sinergica alla coltura, che si  puo'  esplicare
nella  prestazione  di  protezione  della   coltura   (da   eccessivo
soleggiamento, grandine, etc.) compiuta dai moduli  fotovoltaici.  In
questa condizione la superficie occupata dalle colture e  quella  del
sistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi
dell'impianto che poggiano a terra e che  inibiscono  l'attivita'  in
zone circoscritte del suolo»; 
      «i moduli fotovoltaici sono  disposti  in  posizione  verticale
[...].  L'altezza   minima   dei   moduli   da   terra   non   incide
significativamente sulle possibilita' di  coltivazione  (se  non  per
l'ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo'  influenzare
il grado di connessione dell'area, e  cioe'  il  possibile  passaggio
degli animali, con  implicazioni  sull'uso  dell'area  per  attivita'
legate alla zootecnia.  Per  contro,  l'integrazione  tra  l'impianto
agrivoltaico e la coltura si puo' esplicare  nella  protezione  della
coltura compiuta dai moduli fotovoltaici che  operano  come  barriere
frangivento». 
    55. In considerazione del  tenore  letterale  e  della  finalita'
dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, e' possibile  ritenere  che
il divieto ivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di
tipo avanzato, in quanto  in  relazione  ai  suddetti  impianti,  non
realizzandosi l'installazione di moduli collocati  a  terra,  non  si
verifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini  che  la  norma
intende contrastare. 
    56.  Tale  conclusione  e'  peraltro  confermata   dallo   stesso
orientamento assunto in sede ministeriale nell'interpretazione  della
norma censurata (si veda la risposta del  Ministro  dell'agricoltura,
della  sovranita'  alimentare  e  delle  foreste   all'interrogazione
parlamentare n. 3-01225, laddove e' stato precisato che «Sara'  [...]
possibile installare pannelli  sospesi,  il  cosiddetto  agrivoltaico
avanzato, sotto il quale si puo' coltivare e portare a termine  tutti
i progetti legati al PNRR» - cfr. il resoconto della  seduta  n.  297
del 22 maggio 2024 presso la Camera dei Deputati),  oltre  che  dalle
attivita' in corso di implementazione  delle  misure  introdotte  dal
decreto impugnato (cfr. il disegno di legge della Regione  Puglia  n.
222/2024, depositato agli atti, che all'art. 8, comma  4,  stabilisce
che «nel caso di utilizzo della tecnologia fotovoltaica,  nelle  zone
classificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati
esclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). 
    57. Se puo' residuare un margine di  incertezza  in  ordine  agli
impianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle  lettere
a), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti  dalla
lett. d), non sono qualificabili come impianti agrivoltaici avanzati,
sebbene utilizzino moduli sollevati da  terra,  cio'  che  rileva  in
questa sede e' che parte la ricorrente ha allegato, in ordine  a  uno
dei progetti cui ha fatto  riferimento  per  corroborare  il  proprio
interesse all'impugnativa (progetto «Monreale»), che da un lato  esso
soddisfa i solo requisiti di cui alle lettere  A),  B)  e  D.2  delle
linee guida e, dall'altro, non rientra nella  norma  di  salvaguardia
prevista dall'art. 5, comma  2,  del  decreto-legge  n.  63/2024,  in
quanto per  detto  impianto  non  sono  state  avviate  le  procedure
amministrative di autorizzazione e abilitazione. 
    58. Tipologie di  impianti  come  quelle  di  cui  ai  richiamati
progetti rientrano senz'altro nel divieto previsto  dalla  norma.  In
primo luogo, infatti, essi si caratterizzano per l'installazione  dei
moduli a terra; in secondo luogo, essi in ogni  caso  determinano  il
consumo di suolo a  vocazione  agricola,  sia  pure  in  misura  piu'
limitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. Soltanto nel
caso degli impianti con  moduli  sollevati  da  terra,  infatti,  «la
superficie occupata dalle colture e quella del  sistema  agrivoltaico
coincidono, fatti salvi gli elementi  costruttivi  dell'impianto  che
poggiano a terra e che inibiscono l'attivita'  in  zone  circoscritte
del suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). 
    59. Un'interpretazione diversa, quale quella  volta  a  escludere
qualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall'applicazione del
divieto, sfiderebbe, oltre al dato letterale della  norma,  anche  le
sue  finalita'  e  si  porrebbe  in  inammissibile  contrasto  con  i
tradizionali e inderogabili criteri di ermeneutica giuridica. 
    60. Al riguardo, non si puo' fare a meno di osservare che: 
      «la  lettera  della  norma  costituisce  il  limite  cui   deve
arrestarsi  anche  l'interpretazione   costituzionalmente   orientata
dovendo, infatti, essere sollevato l'incidente  di  costituzionalita'
ogni  qual  volta   l'opzione   ermeneutica   supposta   conforme   a
Costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale  della  norma
stessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di  specie,
non c'e' dubbio che gli impianti agrivoltaici di  tipo  tradizionale,
in quanto si risolvano nell'installazione  di  pannelli  collocati  a
terra,  rientrino  nella  previsione  che   vieta,   per   l'appunto,
l'installazione  di  impianti  «con  moduli   collocati   a   terra»;
-l'ampiezza del divieto introdotto con l'art. 5 del decreto-legge  n.
63/2024, che si risolve  nella  preclusione  assoluta  di  realizzare
impianti  con  moduli  collocati  a  terra   sull'intero   territorio
nazionale,  induce  a  ritenere  che   l'obiettivo   perseguito   dal
legislatore fosse quello di contrastare la sia pur  minima  riduzione
del territorio a vocazione agricola per l'effetto  dell'installazione
di impianti fotovoltaici. Un'interpretazione che escludesse tutte  le
tipologie di impianti agrivoltaici dall'ambito di applicazione  della
norma in questione, anche a dispetto di un (pur ridotto)  consumo  di
suolo agricolo, si porrebbe in frontale contrasto con tale obiettivo,
quale  chiaramente   emergente   dai   presupposti   e   dall'oggetto
dell'enunciato normativo, operazione  che  non  puo'  in  alcun  modo
ritenersi consentita all'interprete. 
    61.  Per  le  ragioni  sopra  indicate   neppure   e'   possibile
interpretare l'art. 5, comma 1, decreto-legge n.  63/2024  nel  senso
che il divieto opererebbe soltanto all'esito di specifica istruttoria
nel  rispetto  delle  linee  guida.  Una  siffatta   interpretazione,
infatti, si risolverebbe in un'interpretatio abrogans della norma  e,
in ogni caso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita'
perseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l'utilizzo delle
aree agricole per gli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a
terra esclusivamente nei limiti di cui al citato art.  5:  l'avverbio
«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata  assoluta
del divieto che caratterizza che i progetti e le  aree  agricole  non
contemplati  quali  eccezioni  dall'art.  20,  comma  1-bis,  decreto
legislativo n.  199/2021.  Occorre  allora  procedere  all'esame  dei
profili di rilevanza e non manifesta infondatezza  dei  sopra  citati
profili di incostituzionalita' della  legge  della  Regione  Autonoma
della Sardegna n. 20/2024 e dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. 
    Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche' degli allegati  A,  B,
C, D ed E della  legge  della  Regione  Autonoma  della  Sardegna  n.
20/2024 con riferimento agli artt.  3,  9,  41,  11,  97,  117  della
Costituzione, nonche'  all'art.  10  della  legge  costituzionale  n.
3/2001 e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. 
    62. Come gia' rilevato, per taluni dei progetti  sulla  base  dei
quali la parte ricorrente ha argomentato il  proprio  interesse  alla
presente   impugnativa    ve    ne    sono    alcuni    («Benetutti»,
«Carbonia-Iglesias» e «Prangili») che risultano situati in tutto o in
parte in area non idonea in base alla nuova  disciplina  regionale  e
per i quali sono state gia' avviate le pratiche  per  la  valutazione
d'impatto ambientale. Sulla base del combinato disposto dell'art.  1,
commi  2,  5  e  7,  i  predetti  progetti  non   potrebbero   essere
ulteriormente coltivati, in quanto la finanche parziale  collocazione
in area  non  idonea  determinata,  ai  sensi  del  citato  comma  7,
l'applicazione del comma 5, secondo cui «E' vietata la  realizzazione
degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee». 
    63. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista  dall'art.
7, comma 2, lett. c), del decreto  impugnato,  laddove  si  limita  a
consentire alle regioni la mera «possibilita' di fare salve  le  aree
idonee di cui all'art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre
2021, n. 199 vigente alla data di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto», rivela tutta la sua  insufficienza,  nonche'  il  contrasto
frontale con il criterio di delega di cui all'art. 5, comma 1,  lett.
a), n. 1), della legge delega n. 53/2021, ai  sensi  della  quale  la
disciplina di cui al decreto  ministeriale  avrebbe  dovuto  «prevede
misure di salvaguardia delle iniziative  di  sviluppo  in  corso  che
risultino coerenti con i criteri  di  localizzazione  degli  impianti
preesistenti». Nella misura in cui la richiamata possibilita' di fare
salve le aree idonee si e' tradotta, nelle disposizioni regionali  di
attuazione, nell'assenza di un qualsivoglia regime di salvaguardia  e
addirittura nell'inefficacia ex lege dei  titoli  gia'  concessi,  la
violazione del criterio di delega di cui all'art. 5, comma  1,  lett.
a),  n.  1),  della  legge  n.  53/2021  ha   assunto   una   portata
immediatamente lesiva, trattandosi  di  previsione  di  un  «un  atto
generale [che] incide senz'altro  [...]  sui  comportamenti  e  sulle
scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17.3.2022, n. 1937). 
    64.  L'eventuale  annullamento  del  decreto  sul  punto  sarebbe
peraltro, allo stato e in presenza delle  disposizioni  recate  dalla
legge regionale n. 20/2024, priva  di  ogni  utilita'  per  la  parte
ricorrente.  Essa,  infatti,  non  potrebbe  comunque   ulteriormente
coltivare  i  progetti  sopra  citati,  in   quanto   la   disciplina
legislativa  regionale  costituirebbe  a  tal  riguardo  un  ostacolo
assoluto. 
    65.  Laddove,  invece,   le   disposizioni   menzionate   fossero
dichiarate costituzionalmente illegittime, l'annullamento del decreto
determinerebbe,  medio  tempore,  l'applicazione   della   disciplina
previgente,   che    consentirebbe    la    prosecuzione    dell'iter
autorizzatorio e, sul piano conformativo, l'obbligo per le  autorita'
ministeriali di predisporre una nuova e piu' confacente disciplina di
salvaguardia per le iniziative in corso. 
    66. Deriva da quanto sopra l'indiscutibile rilevanza, ai fini del
presente giudizio, delle questioni di  costituzionalita'  di  seguito
sollevate. 
    Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita'
costituzionale degli artt. 1, c. 2, 5, 7 e  8,  e  3,  nonche'  degli
allegati A, B, C, D ed E della legge  della  Regione  Autonoma  della
Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli artt. 3, 9, 11, 41, 97,  117
della Costituzione, nonche' all'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. 
    67.  La  disciplina  statutaria  assegna  alla  Regione  autonoma
Sardegna  la  competenza  primaria  in   materia   di   «edilizia   e
urbanistica» (art. 3, lettera f), nonche'  la  correlata  «competenza
paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente  della
Repubblica n.  480  del  1975.  L'art.  4,  lettera  e),  prevede  la
competenza  concorrente  nella  materia  «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia elettrica», da  esercitarsi  nel
limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    68. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge  di  governo
del territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»
(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha  ad  oggetto
precipuo «l'individuazione di aree e superfici idonee  e  non  idonee
all'installazione  e  promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
rinnovabile (FER)», e' da  ritenersi  che  afferisca  prevalentemente
alla competenza statutaria in materia di «produzione e  distribuzione
dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). 
    69. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse
-  quella  primaria  di  tutela  del  paesaggio  e  di  edilizia   ed
urbanistica e quella concorrente in materia di  energia  elettrica  -
devono comunque esercitarsi «In  armonia  con  la  Costituzione  e  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto
degli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche'
delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica»,   oltreche',   per   quanto   riguarda   la   competenza
concorrente, nel limite «dei principi  stabiliti  dalle  leggi  dello
Stato», ai sensi dei medesimi artt. 3 e 4 dello Statuto. 
    70. Nel  caso  in  esame,  le  disposizioni  di  cui  alla  legge
regionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge
statale e dalle norme fondamentali di riforma  economico-sociale  che
si impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per  l'espressa
previsione statutaria. 
    71.  Occorre  al  riguardo  previamente  richiamare   il   quadro
normativo unionale. 
    72. L'art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il
resto  del  mondo  l'Unione  afferma  e  promuove  i  suoi  valori  e
interessi, contribuendo alla protezione dei  suoi  cittadini»  A  tal
fine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». 
    73. L'art. 6, par. 1,  TUE  precisa  che  «L'Unione  riconosce  i
diritti, le liberta' e i principi sanciti  nella  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il  12
dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo  stesso  valore  giuridico  dei
trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un livello elevato  di
tutela dell'ambiente e il miglioramento  della  sua  qualita'  devono
essere   integrati   nelle   politiche   dell'Unione   e    garantiti
conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». 
    74. L'art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che  «Le
esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate
nella  definizione  e  nell'attuazione  delle  politiche   e   azioni
dell'Unione,  in  particolare  nella  prospettiva  di  promuovere  lo
sviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). 
      75. Secondo  l'art.  191  TFUE,  «La  politica  dell'Unione  in
materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: 
      salvaguardia,   tutela   e   miglioramento    della    qualita'
dell'ambiente; 
      protezione della salute umana; 
      utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 
      promozione sul  piano  internazionale  di  misure  destinate  a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale  e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 
    2. La politica  dell'Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un
elevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita'  delle
situazioni nelle varie  regioni  dell'Unione.  Essa  e'  fondata  sui
principi della precauzione e dell'azione  preventiva,  sul  principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"». 
    76. Ai sensi dell'art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento  europeo
e  il  Consiglio,  deliberando  secondo  la   procedura   legislativa
ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e  sociale  e
del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono
essere intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi  dell'art.
191». 
    77. L'art. 194 TFUE stabilisce, a  sua  volta,  che  «Nel  quadro
dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e  tenendo
conto  dell'esigenza  di  preservare  e  migliorare  l'ambiente,   la
politica dell'Unione nel  settore  dell'energia  e'  intesa,  in  uno
spirito di solidarieta' tra  Stati  membri,  a  [...]  promuovere  il
risparmio  energetico,  l'efficienza  energetica  e  lo  sviluppo  di
energie nuove e rinnovabili». 
    78. Protezione dell'ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come
si ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l'uso  di
fonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita'  e'
utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione
delle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le
principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea  e  i
suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della
quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi
portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni
e conformarsi al Protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli  altri  impegni
assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle
emissioni dei gas a effetto  serra.  Cio',  peraltro,  e'  funzionale
anche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli
animali, nonche' alla preservazione dei vegetali  (cfr.  le  sentenze
1.7.2014, C573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). 
    79. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l'art.  191
TFUE si limita a  definire  gli  obiettivi  generali  dell'Unione  in
materia ambientale, mentre  l'art.  192  TFUE  affida  al  Parlamento
europeo e al Consiglio dell'Unione europea il compito di decidere  le
azioni da avviare al fine del raggiungimento di detti  obiettivi.  Di
conseguenza, l'art. 191 TFUE non puo' essere invocato in quanto  tale
dai privati al fine di  escludere  l'applicazione  di  una  normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata  in
base all'art. 192 TFUE; viceversa, l'art. 191 TFUE  assume  rilevanza
allorquando esso trovi attuazione nel diritto  derivato  (cfr.  CGUE,
sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). 
    80. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175  TCE  (ora
192 TFUE), sono state introdotte gia' con la Direttiva 2001/77/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 27.9.2001 e,  successivamente,
con la Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio
del 23 aprile 2009. 
    81. Con la Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla
modifica delle disposizioni contenute nella Direttiva 2009/28/CE. Nel
dettare la relativa disciplina e'  stato  considerato,  tra  l'altro,
che: «[...] 
    (2) Ai  sensi  dell'art.  194,  paragrafo  1,  del  trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme
di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della
politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e'  perseguito  dalla
presente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all'energia   da   fonti
rinnovabili  o  all'energia   rinnovabile   costituisce   una   parte
importante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le
emissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni
dell'Unione  nel  quadro  dell'accordo  di  Parigi   del   2015   sui
cambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti
della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti
climatici («accordo  di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche
dell'energia e del clima  all'orizzonte  2030,  compreso  l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e  i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...]. 
    (3) Il maggiore ricorso all'energia  da  fonti  rinnovabili  puo'
svolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la
sicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e
industriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita'  demografica  o  soggetti  a  parziale
deindustrializzazione. 
    (4) In  particolare,  la  riduzione  del  consumo  energetico,  i
maggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all'uso   e   alla
diffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo  di  energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del  riscaldamento  e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua  dipendenza
energetica. 
    (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo  per
la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che fissa
obiettivi  nazionali  vincolanti  in  termini  di  quota  di  energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22
gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e  del
clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del  clima  e
ha promosso un'intesa comune sulle  modalita'  per  sviluppare  dette
politiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo
dell'Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell'Unione
pari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e' stata sostenuta
dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014,  le
quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri
obiettivi nazionali  piu'  ambiziosi,  per  realizzare  i  contributi
all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi  pianificati  e  andare
oltre. 
    (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio 2014,
«Un quadro per le politiche dell'energia e  del  clima  all'orizzonte
2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti nell'ambito  delle
energie  rinnovabili»,  si  e'  spinto  oltre   la   proposta   della
Commissione o le conclusioni del Consiglio, sottolineando  che,  alla
luce dell'accordo di Parigi e delle recenti riduzioni del costo delle
tecnologie rinnovabili, era auspicabile essere molto piu' ambiziosi. 
    [...]. 
    (8) Appare pertanto opportuno stabilire un  obiettivo  vincolante
dell'Unione in relazione alla quota di energia da  fonti  rinnovabili
pari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe valutare se tale
obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce  di  sostanziali
riduzioni del costo della produzione di  energia  rinnovabile,  degli
impegni internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o
in caso di un significativo calo del consumo energetico  nell'Unione.
Gli  Stati  membri  dovrebbero  stabilire  il  loro   contributo   al
conseguimento di tale  obiettivo  nell'ambito  dei  rispettivi  piani
nazionali integrati per l'energia e  il  clima  in  applicazione  del
processo di governance definito nel regolamento  (UE)  2018/1999  del
Parlamento europeo e del Consiglio. 
    [...]. 
    (10)  Al  fine  di  garantire  il  consolidamento  dei  risultati
conseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi
nazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In
nessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...]. 
    (11)  Gli  Stati  membri  dovrebbero  adottare  ulteriori  misure
qualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di almeno  il  32  %  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito  nel
regolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali
integrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure  a  livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo.  Se,  nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull'energia  e
il clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale
lacuna». 
    82. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra
l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il  2030
(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far
si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale
lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La
Commissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il
2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di
ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia
rinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni
internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il
rialzo  e'  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo
energetico nell'Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base
della valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione  segue
la procedura di cui agli artt. 9 e 31 di tale regolamento». 
    83. Il Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 30.6.2021, adottato in forza  dell'art.  192  TFUE,  ha
istituito un quadro per il conseguimento della neutralita' climatica,
nel  presupposto  che:  "(1)  La  minaccia  esistenziale  posta   dai
cambiamenti   climatici   richiede   una   maggiore    ambizione    e
un'intensificazione dell'azione per il clima da parte  dell'Unione  e
degli Stati membri. L'Unione si e' impegnata a potenziare gli  sforzi
per  far  fronte  ai  cambiamenti  climatici  e  a  dare   attuazione
all'accordo di Parigi adottato nell'ambito della  Convenzione  quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («accordo di  Parigi»),
guidata dai suoi principi e  sulla  base  delle  migliori  conoscenze
scientifiche disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine
relativo alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi. 
    [...]. 
    (4) Un obiettivo stabile a  lungo  termine  e'  fondamentale  per
contribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile  e  al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni
Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi
l'obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui
all'accordo di Parigi. 
    [...]. 
    (9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri mira a
tutelare le persone e  il  pianeta,  il  benessere,  la  prosperita',
l'economia, la  salute,  i  sistemi  alimentari,  l'integrita'  degli
ecosistemi e la biodiversita'  contro  la  minaccia  dei  cambiamenti
climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle Nazioni Unite  per  lo
sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli obiettivi dell'accordo
di Parigi; mira inoltre a massimizzare la prosperita' entro i  limiti
del pianeta, incrementare la resilienza e ridurre  la  vulnerabilita'
della societa' ai cambiamenti climatici. In quest'ottica,  le  azioni
dell'Unione e  degli  Stati  membri  dovrebbero  essere  guidate  dal
principio  di  precauzione  e  dal  principio  «chi  inquina   paga»,
istituiti dal  trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,  e
dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza energetica
al primo posto e del principio  del  «non  nuocere»  del  Green  Deal
europeo. 
    [...]. 
    (11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di energia
per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e' indispensabile
realizzare  la  transizione  verso  un  sistema  energetico   sicuro,
sostenibile e a prezzi accessibili,  basato  sulla  diffusione  delle
energie  rinnovabili,  su  un  mercato   interno   dell'energia   ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel  contempo  la  poverta'  energetica.  Anche   la   trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono
fattori  importanti  per  conseguire  l'obiettivo  della  neutralita'
climatica. 
    [...]. 
    (20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,  un
equilibrio all'interno dell'Unione tra  le  emissioni  antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a
effetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...]. 
    (25) La transizione verso  la  neutralita'  climatica  presuppone
cambiamenti  nell'intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e  della  societa',  come
evidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle
conclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono  essere  coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo  della  neutralita'  climatica  e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti. 
    [...] 
    36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri  restino
sulla buona  strada  per  conseguire  l'obiettivo  della  neutralita'
climatica e registrino progressi nell'adattamento, e'  opportuno  che
la Commissione valuti periodicamente i progressi compiuti, sulla base
delle informazioni  di  cui  al  presente  regolamento,  comprese  le
informazioni presentate e comunicate a  norma  del  regolamento  (UE)
2018/1999. [...] Nel caso in  cui  i  progressi  collettivi  compiuti
dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della neutralita' climatica
o all'adattamento siano insufficienti o  che  le  misure  dell'Unione
siano  incoerenti  con  l'obiettivo  della  neutralita'  climatica  o
inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento, rafforzare  la
resilienza o  ridurre  la  vulnerabilita',  la  Commissione  dovrebbe
adottare le misure necessarie conformemente ai trattati. [...] 
    84. Il  Regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050,  in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell'accordo  di  Parigi»,
precisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo
vincolante dell'Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in
una riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra
(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai
livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). 
    85.  Ai  sensi  dell'art.  5  del  Regolamento,  «Le  istituzioni
competenti dell'Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante
progresso nel  miglioramento  della  capacita'  di  adattamento,  nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7  dell'accordo  di
Parigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di
adattamento nell'Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si
sostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le
politiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio
l'adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano
strategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della
strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...]
e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e
di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli
indicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu'  recenti  evidenze
scientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di
adattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura,  e  dei
sistemi idrici e alimentari nonche'  della  sicurezza  alimentare,  e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti  a  presentare  a  norma  dell'art.  19,  paragrafo   1,   del
regolamento (UE) 2018/1999». 
    86. La Direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l'altro,
disposizioni volte a  modificare  la  Direttiva  (UE)  2018/2001,  il
Regolamento (UE) 2018/1999 e la  Direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto
riguarda   la   promozione   dell'energia   da   fonti   rinnovabili,
evidenziando che: «[...] 
    (2) Le energie rinnovabili svolgono  un  ruolo  fondamentale  nel
conseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico
contribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di
gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a
effetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad
affrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita',  e  a
ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione
della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso
un pianeta piu' sano  per  tutti  -  Piano  d'azione  dell'UE:  Verso
l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo».  La  transizione
verde verso un'economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili
contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591
del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi'   a
proteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell'ambiente,
mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo  di
perdita di biodiversita'. [...]. 
    (4) Il contesto generale determinato dall'invasione  dell'Ucraina
da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di  COVID-19  ha
provocato un'impennata dei prezzi  dell'energia  nell'intera  Unione,
evidenziando in tal modo la  necessita'  di  accelerare  l'efficienza
energetica e accrescere l'uso  delle  energie  da  fonti  rinnovabili
nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a lungo termine di  un
sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,  l'Unione  dovrebbe
concentrarsi  sull'accelerazione  della  transizione  verde  e  sulla
garanzia di una politica energetica di riduzione delle emissioni  che
limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e che
favorisca prezzi equi e accessibili per  i  cittadini  e  le  imprese
dell'Unione in tutti i settori dell'economia. 
    (5)  Il  piano  REPowerEU  stabilito  nella  comunicazione  della
Commissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del
2030. Tale  comunicazione  prevede  l'anticipazione  delle  capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale
energia e capacita' supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi
fissati per l'aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio,  gli  Stati
membri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45  %  di  energia  da  fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. 
    (6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri  possano  combinare
diverse  fonti  di  energia  non  fossili  al  fine   di   conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e
della  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che
gli Stati membri decidono di perseguire. 
    [...] 
    (25) Gli  Stati  membri  dovrebbero  sostenere  una  piu'  rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili
e per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone
terrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di
apportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per
il 2030  di  cui  all'art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)
2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell'obiettivo   della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita'  del
regolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero
garantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive
traiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e
dovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli artt. 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. 
    [...]. 
    (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme  di
tali  aree,  specifiche  zone   terrestri   (comprese   superfici   e
sottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le
energie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare
zone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di
accelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei  requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi'  facendo,  gli  Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate
di tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. 
    (27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di  energia
rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle  acque  interne  e
marine,  come  la  produzione  di  alimenti  o  la  protezione  o  il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del  suolo,  delle
acque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione
territoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero
esplorare,  consentire  e  favorire  l'uso  polivalente  delle   zone
individuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri  agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare,  purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra  di  loro  e  possano
coesistere. 
    [...] 
    (36)  In  considerazione  della  necessita'  di   accelerare   la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle
zone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi
progetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all'obbligo   di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle
autorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie
rinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle
autorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l'obiettivo  di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili
dovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto. 
    87.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la
Direttiva ha introdotto, tra  l'altro,  disposizioni  in  materia  di
mappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali
all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile  per  il
2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di
procedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative
autorizzazioni. 
    88. Il Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli artt.  192
e 194  TFUE,  stabilisce  la  necessaria  base  legislativa  per  una
governance  dell'Unione  dell'energia  e  dell'azione  per  il  clima
affidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,
trasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli
obiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell'Unione
dell'energia,  in  linea  con  l'accordo  di  Parigi  del  2015   sui
cambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla
Convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,
attraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte
dell'Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita'
amministrativa. 
    89. Nel configurare tale  meccanismo  e'  stato  considerato,  in
particolare, che: 
      (2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire  cinque  dimensioni:
la   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell'energia;
l'efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'. 
      (3)  L'obiettivo  di  un'Unione   dell'energia   resiliente   e
articolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e'  di
fornire ai consumatori  dell'UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di
promuovere la ricerca e l'innovazione  attraendo  investimenti;  cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, in particolare  promuovendo  l'efficienza  energetica  e  i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile
[...]. 
    [...] 
    (7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il 40 %
delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico entro il
2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente approvato in
occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015, quale contributo
previsto determinato a livello  nazionale,  dell'Unione  e  dei  suoi
Stati membri all'accordo di Parigi.  L'accordo  di  Parigi  e'  stato
ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e' entrato in  vigore
il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio adottato nell'ambito  del
protocollo di Kyoto del 1997,  che  e'  stato  approvato  dall'Unione
mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio (7) e che  non  sara'
prorogato dopo il 2020. E' opportuno  aggiornare  di  conseguenza  il
sistema dell'Unione per il  monitoraggio  e  la  comunicazione  delle
emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra. 
    (8) L'accordo di Parigi ha  innalzato  il  livello  di  ambizione
globale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l'obiettivo  di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto
di 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad
adoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C
rispetto ai livelli preindustriali. [...] 
    (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il Consiglio
europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema  di  governance
affidabile, trasparente, privo di oneri  amministrativi  superflui  e
con  una  sufficiente  flessibilita'  per  gli   Stati   membri   per
contribuire a garantire che l'Unione rispetti  i  suoi  obiettivi  di
politica energetica, nel pieno rispetto della  liberta'  degli  Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...] 
    [...] 
    (18)  Il  principale  obiettivo  del  meccanismo  di   governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi  del
quadro 2030 per il clima e l'energia,  nei  settori  della  riduzione
delle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia
rinnovabili e dell'efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e  dalla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere  considerato  secondario  rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia
e  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo
flessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche'  tale  flessibilita'  sia
compatibile    con    l'ulteriore    integrazione    del     mercato,
l'intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. 
    [...] 
    (36) Gli Stati membri  dovrebbero  elaborare  strategie  a  lungo
termine con una prospettiva di almeno  30  anni  per  contribuire  al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell'UNFCCC  e
all'accordo di Parigi, nel contesto  dell'obiettivo  dell'accordo  di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in  tutti  i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...]. 
    (56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per l'energia e
il clima, o  dei  loro  aggiornamenti,  fosse  insufficiente  per  il
raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione dell'energia e,
nel  primo  periodo,  in  particolare  per  il  raggiungimento  degli
obiettivi 2030 in materia di  energia  rinnovabile  e  di  efficienza
energetica,  la  Commissione  dovrebbe  adottare  misure  a   livello
unionale al fine di garantire il  conseguimento  collettivo  di  tali
obiettivi e traguardi  (in  modo  da  colmare  eventuali  «divari  di
ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali  obiettivi  e
traguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la
Commissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire
il  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi'  eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi'  tenere
conto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il
2020 o nell'attuazione del loro contributo  all'obiettivo  vincolante
dell'Unione di almeno il 32% di  energia  rinnovabile  nel  2030.  In
materia di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un
meccanismo  di  finanziamento  dell'energia  rinnovabile  nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione,  offrendo  cosi'  agli  Stati  membri  la  possibilita'  di
contribuire al  conseguimento  dell'obiettivo  dell'Unione  al  minor
costo possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di
rinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero
essere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza
energetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti. 
    (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati  membri  in  materia  di
energia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all'allegato  I  della
direttiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento. 
    (58)  Se  uno  Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base   di
riferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento
in cui il divario in questione si e' verificato,  sia  ai  sensi  del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». 
    90. Il meccanismo di governance  si  e'  tradotto,  tra  l'altro,
nelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  Direttiva  (UE)
2023/2413): 
      «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio  2029  e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla
Commissione un piano nazionale integrato per  l'energia  e  il  clima
[...]» (art. 3): 
        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato  I,
sezione A, punto 2: 
          a) dimensione «decarbonizzazione»: 
          [...] 
    2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile: 
      al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la
quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo
1, della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di  quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell'aumento
totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il
suo contributo all'obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il  43  %
dell'aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra
l'obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad
almeno il 65 % dell'aumento totale della quota di  energia  da  fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. 
    Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno
il contributo previsto  dello  Stato  membro.  Se  uno  Stato  membro
prevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il
2020, la sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello  che  si
aspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,
nel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di
riferimento  dell'Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all'obiettivo
vincolante dell'Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il
2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.
Indipendentemente dal  suo  contributo  all'obiettivo  dell'Unione  e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi  per
finalita' di politica nazionale» 
    (art. 4); 
    «Nel proprio contributo alla propria quota di  energia  da  fonti
rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  del   2030   e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene
conto degli elementi seguenti: 
      a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; 
      b) misure adottate per conseguire il  traguardo  di  efficienza
energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; 
      c)  altre  misure  esistenti  volte  a   promuovere   l'energia
rinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di
Unione; 
      d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di  energia  da  fonti
rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all'allegato I
della direttiva (EU) 2018/2001. 
      e) le circostanze  pertinenti  che  incidono  sulla  diffusione
dell'energia rinnovabile, quali: 
        i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione; 
        ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL
pro capite; 
        iii)  il  potenziale  per  una   diffusione   delle   energie
rinnovabili efficace sul piano dei costi; 
        iv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi
quelli delle zone e regioni non interconnesse; 
        v) il livello di interconnessione  elettrica  tra  gli  Stati
membri; 
        vi) altre circostanze pertinenti, in particolare  gli  sforzi
pregressi. 
        [...] 
    2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la  somma  dei
rispettivi  contributi  ammonti   almeno   all'obiettivo   vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5). 
    «Se  nel  settore  dell'energia   rinnovabile,   in   base   alla
valutazione di cui all'art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione
conclude che uno  o  piu'  punti  di  riferimento  della  traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all'art.  29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei  rispettivi  punti  di
riferimento nazionali  di  cui  all'art.  4,  lettera  a),  punto  2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: 
        a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare   la   diffusione
dell'energia rinnovabile; 
        b) l'adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili
nel settore del riscaldamento e raffreddamento di  cui  all'art.  23,
paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
        c) l'adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili
nel settore dei trasporti di cui  all'art.  25,  paragrafo  1,  della
direttiva (UE) 2018/2001; 
        d) un  pagamento  finanziario  volontario  al  meccanismo  di
finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile  istituito  a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da
fonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla
Commissione, come indicato all'art. 33; 
        e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione  previsti  dalla
direttiva (UE) 2018/2001» (art. 32). 
    91. La legge 22 aprile  2021,  n.  53,  ha  dettato  «Principi  e
criteri direttivi per l'attuazione della  direttiva  (UE)  2018/2001,
sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», demando
al Governo, tra l'altro: 
      la previsione, previa intesa con la  Conferenza  unificata,  su
proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto  con  il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e
con il Ministero per i  beni  e  le  attivita'  culturali  e  per  il
turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati
nel Piano nazionale integrato per l'energia e il  clima  (PNIEC),  di
una disciplina per l'individuazione  delle  superfici  e  delle  aree
idonee  e  non  idonee  per  l'installazione  di  impianti  a   fonti
rinnovabili nel rispetto delle  esigenze  di  tutela  del  patrimonio
culturale e del paesaggio, delle aree  agricole  e  forestali,  della
qualita' dell'aria e  dei  corpi  idrici,  nonche'  delle  specifiche
competenze dei Ministeri per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo,  delle  politiche  agricole   alimentari   e   forestali   e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando
l'utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni
industriali e parcheggi, e aree non  utilizzabili  per  altri  scopi,
compatibilmente con le  caratteristiche  e  le  disponibilita'  delle
risorse rinnovabili, delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda
elettrica, nonche' tenendo in considerazione  la  dislocazione  della
domanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo
della rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: 
      1) definizione dei criteri per l'individuazione di aree  idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una  potenza
complessiva almeno pari a  quella  individuata  come  necessaria  dal
PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo  delle  fonti
rinnovabili, con indicazione  di  criteri  per  la  ripartizione  fra
regioni e province autonome e previsione di  misure  di  salvaguardia
delle iniziative di sviluppo in corso che risultino  coerenti  con  i
criteri di localizzazione degli impianti preesistenti; 
      2) previsione di un termine di sei mesi  per  la  realizzazione
del processo programmatorio di individuazione delle aree; 
    b) di assicurare il rispetto dei  principi  della  minimizzazione
degli impatti sull'ambiente, sul territorio e  sul  paesaggio,  fermo
restando  il  vincolo   del   raggiungimento   degli   obiettivi   di
decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto  della  sostenibilita'  dei
costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo. 
    92. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione
della  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio,  dell'11  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di
accelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando
disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza
con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico
al 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli
strumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,
finanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli
obiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili
al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto
dei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando
«disposizioni necessarie  all'  attuazione  delle  misure  del  Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia
di energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  Nazionale
Integrato per l'Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con  la
finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,
gia'  orientati  all'aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da
stabilire ai sensi del Regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si
prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione
delle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». 
    93. L'art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: 
      con uno o piu' decreti del Ministro della transizione ecologica
di concerto con il  Ministro  della  cultura,  e  il  Ministro  delle
politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede  di
Conferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri omogenei  per
l'individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una  potenza
complessiva almeno pari a  quella  individuata  come  necessaria  dal
PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo  delle  fonti
rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8; 
      in via prioritaria,  con  i  suddetti  decreti  si  provvede  a
dettare  i   criteri   per   l'individuazione   delle   aree   idonee
all'installazione della potenza eolica e  fotovoltaica  indicata  nel
PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare  il  relativo  impatto
ambientale e la massima porzione di  suolo  occupabile  dai  suddetti
impianti per unita' di superficie, nonche'  dagli  impianti  a  fonti
rinnovabili di produzione di energia elettrica gia' installati  e  le
superfici  tecnicamente  disponibili,  e  altresi'  a   indicare   le
modalita' per individuare  superfici,  aree  industriali  dismesse  e
altre aree compromesse, aree  abbandonate  e  marginali  idonee  alla
installazione di impianti a fonti rinnovabili; 
      i decreti stabiliscono  anche  la  ripartizione  della  potenza
installata fra Regioni e Province  autonome,  prevedendo  sistemi  di
monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri
per il trasferimento statistico fra le medesime  Regioni  e  Province
autonome; 
      nel dettare la disciplina delle  aree  idonee  si  tiene  conto
delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,
delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi
idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche'   di   aree   a
destinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con
le caratteristiche e le  disponibilita'  delle  risorse  rinnovabili,
delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche'
tenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli
eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete
stessa; 
      conformemente ai principi e criteri stabiliti  dai  decreti  di
cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree
idonee; 
      in sede di individuazione delle superfici e delle  aree  idonee
per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull'ambiente,   sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della  sostenibilita'  dei  costi  correlati  al
raggiungimento di tale obiettivo; 
      nelle more dell'individuazione delle aree idonee,  non  possono
essere  disposte  moratorie  ovvero  sospensioni  dei   termini   dei
procedimenti di autorizzazione; 
      le aree non incluse tra  le  aree  idonee  non  possono  essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione  di
energia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee in attesa della disciplina di
cui ai menzionati decreti attuativi, le aree idonee sono  individuate
ex lege dal medesimo decreto legislativo. 
    94. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti da 15 a 29  della
presente ordinanza), il decreto ministeriale 21 giugno  2024  non  ha
innovato il concetto di area non idonea contenuto nelle  linee  guida
di cui al decreto ministeriale 10 settembre  2010.  Queste,  infatti,
continuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione  non
compatibili con l'insediamento  [...]  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di impianti». Detta  incompatibilita',  tuttavia,  non  si
traduce  in  una  preclusione  assoluta,  bensi'  in   «una   elevata
probabilita'  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di
autorizzazione», che dovra' comunque risultare all'esito di specifica
istruttoria. Ne consegue che,  sotto  tale  profilo,  la  definizione
contenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il  concetto
di area non idonea quale gia' enucleato dalle linee guida. 
    95. In contrasto con tali indicazioni, l'art. 1, comma  5,  della
legge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce  che  «E'  vietata  la
realizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive  aree  non
idonee cosi' come individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E  e  dai
commi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione degli artt. 117,
primo e terzo comma della Costituzione in relazione agli artt. 20 del
decreto  legislativo  n.  199/2021,  alle  disposizioni  del  decreto
ministeriale  21  giugno  2024,  nonche'  al  principio  di   massima
diffusione degli  impianti  da  fonti  di  energia  rinnovabile  come
emergente dalla disciplina unionale sopra richiamata. L'inadeguatezza
di una determinata area o di un determinato sito ad ospitare impianti
da  fonti  rinnovabili,   infatti,   non   puo'   derivare   da   una
qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma  puo'  soltanto
conseguire all'esito di un procedimento amministrativo  che  consenta
una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in  ragione
delle relative specificita'. 
    96. L'impatto di un divieto di  tale  portata  e',  inoltre,  del
tutto incerto e, in  ogni  caso,  si  risolve  in  un  severo  limite
all'individuazione delle zone disponibili per  l'installazione  degli
impianti che, a termini dell'art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,
della Direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle
traiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata
delle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani
nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli artt. 3 e
14 del regolamento (UE) 2018/1999». 
    97. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni
dell'art. 1, comma 5, lette in combinato disposto  con  gli  allegati
alla legge, prevedono una sterminata casistica di aree  vietate,  con
un elenco di 45 pagine, definite  peraltro  sulla  base  di  astratte
esigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,
ricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati,  ma
sostanzialmente la maggior parte del territorio  regionale  (cfr.  ad
es. riferimenti  agli  "Ulteriori  elementi  con  valenza  storico  -
culturale, di  natura  archeologica,  architettonica  e  identitaria,
quali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico  vigente
al momento dell'entrata in  vigore  della  presente  legge,  ed  aree
circostanti che distano meno di 3  chilometri,  in  linea  d'aria»  -
allegato A, lettera bb), allegato B, lett. y), allegato C, lett. bb),
allegato D, lett. aa), allegato E, lett.  bb)).  Come  dedotto  dalla
parte ricorrente, non smentita sul punto  dalle  parti  intimate,  la
rete dei divieti previsti dalla legge regionale  comprende  circa  il
98% del territorio regionale. 
    98.  Peraltro,  in  forza  dell'art.  32  del  Regolamento   (UE)
2018/1999, se la  Commissione  conclude  che  uno  o  piu'  punti  di
riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e
2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025  e
2027 sono al  di  sotto  di  uno  o  piu'  dei  rispettivi  punti  di
riferimento nazionali possono essere tenuti  all'adozione  di  misure
supplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al
meccanismo di finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del
territorio di una Regione alla possibilita'  di  installare  impianti
FER  potrebbe,  pertanto,  implicare  l'obbligo  di  adottare  misure
supplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi. 
    99. Nella misura in cui puo' ostacolare il  raggiungimento  degli
obiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie
rinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione
critica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti
climatici  dell'Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi
dell'art.  5  del  Regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni
competenti dell'Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante
progresso nel  miglioramento  della  capacita'  di  adattamento,  nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7  dell'accordo  di
Parigi». Essi, inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in
materia  di  adattamento  nell'Unione  e  negli  Stati  membri  siano
coerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». 
    100. Come precisato dalla Commissione europea nella Comunicazione
COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento  ai
cambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di
crescita  dell'UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla
consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita'  e  che
la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE  ha  mostrato  la
propria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -
impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al
meglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu'  ambiziose  che  si
fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a
lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente
ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti
dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno  in
cui l'Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita'  climatica,
avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo  la
vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con
l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il
raggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie
rinnovabili  costituisce,  all'evidenza,  un  elemento  centrale  per
conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica,
che potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,
come quella censurata, che vieta  in  assoluto  la  realizzazione  di
impianti FER in aree non idonee. 
    101. Il divieto sembra anche  contrastare  con  il  principio  di
integrazione di cui all'art. 11 TFUE e all'art.  37  della  Carta  di
Nizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela  dell'ambiente
devono essere integrate nella  definizione  e  nell'attuazione  delle
politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella  prospettiva  di
promuovere lo sviluppo  sostenibile».  L'integrazione  ambientale  in
tutti i settori politici  pertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,
trasporti, ecc.) e' funzionale a ridurre le  pressioni  sull'ambiente
derivanti dalle politiche e dalle attivita' di altri  settori  e  per
raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici.  La  previsione  in
generale delle aree non idonee come zone vietate  solleva  sul  punto
notevoli perplessita', in  quanto  non  istituisce  alcuna  forma  di
possibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo
un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla  conservazione  dello
stato dei luoghi, in contrasto con l'obiettivo del decreto stesso  di
promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili. 
    102. Da quanto precede risulta anche che la disciplina  censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione  anche
dell'art. 3 Cost. Come la Corte di giustizia ha piu' volte  ribadito,
«il principio  di  proporzionalita'  e'  un  principio  generale  del
diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto  dal  legislatore
comunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza
11 giugno 2009, C- 170/08,  41).  Il  sindacato  di  proporzionalita'
costituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza
delle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde
verificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente
rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da  determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e
pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la  stessa
Corte  ha  precisato,  «Tale  giudizio  deve  svolgersi   «attraverso
ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal
legislatore nella sua insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle
esigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita'  che  intende
perseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle  limitazioni
concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988).  Il  test  di
proporzionalita' utilizzato da  questa  Corte  come  da  molte  delle
giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme  con  quello  di
ragionevolezza, ed essenziale  strumento  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea per il controllo giurisdizionale di  legittimita'
degli atti dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se
la norma oggetto di scrutinio,  con  la  misura  e  le  modalita'  di
applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di
obiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu'  misure
appropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei   diritti   a
confronto  e  stabilisca  oneri  non   sproporzionati   rispetto   al
perseguimento di detti obiettivi» (Corte Costituzionale, sentenza  n.
1 del 2014). 
    103. Inoltre, ai sensi dell'art. 9  Cost.  la  Repubblica  tutela
l'ambiente, la biodiversita' e gli ecosistemi  «anche  nell'interesse
delle future generazioni», con  cio'  incorporando  il  principio  di
sviluppo sostenibile nell'ambito dei principi fondamentali in materia
di tutela ambientale. L'incondizionato sacrificio di tale  principio,
quale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art.  3
Cost.,  nonche'  con  l'art.  9   citato   e   con   la   consolidata
giurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve
essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264  del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata  espansione
di uno dei diritti, che  diverrebbe  «tiranno»  nei  confronti  delle
altre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni
democratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza
pretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non  prefissato  in  anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di
proporzionalita' e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un
sacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   Costituzionale,
sentenza n. 85 del 2013). 
    104. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive, all'art.
7,comma 3, alle Regioni che, «nell'applicazione  del  presente  comma
deve essere contemperata la necessita' di  tutela  dei  beni  con  la
garanzia di raggiungimento degli obiettivi  di  cui  alla  Tabella  A
dell'art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare  che,
anche  prima  dell'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.
199/2021, l'orientamento della giurisprudenza costituzionale era  nel
senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via
generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio  o
a imporre, in  maniera  generalizzata  ed  aprioristica,  limitazioni
(Corte  Costituzionale,  sentenza  n.  69  del  2018).  Per  costante
giurisprudenza  della  Corte,  infatti,  le  Regioni  e  le  Province
autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati
dal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022,  n.  177
del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel  caso  di  specie,  racchiusi  nel
citato decreto legislativo n. 199 del  2021  e  nella  disciplina  di
attuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). 
    105. I divieti posti dalla Regione  Sardegna,  e  in  particolare
l'art. 1, comma 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,
violano pertanto i principi  fondamentali  posti  dallo  Stato  nella
materia  di  legislazione  concorrente   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia», di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione, espressi dal decreto  legislativo  n.  199
del  2021,  nonche'  dal  decreto  ministeriale  21  giugno  2024   e
contrastano con gli  artt.  3,  9,  11  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in quanto incidono sul raggiungimento  degli  obiettivi
di decarbonizzazione fissati a livello europeo. 
    106. L'art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni  della  legge
si applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le  aree  e
le superfici sulle quali insistono impianti a  fonti  rinnovabili  in
corso di  valutazione  ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza
regionale o statale ovvero autorizzati che  non  abbiano  determinato
una modifica irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge
addirittura  incide  sui  titoli  autorizzatori  e  abilitativi  gia'
rilasciati,  comminandone  l'inefficacia,  mentre  in  relazione   ai
progetti gia' realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di
rifacimento,  integrale  ricostruzione,  potenziamento   [...]   sono
ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda
occupata,  nonche',  nel  caso  di  impianti   eolici,   un   aumento
dell'altezza totale  dell'impianto".  Ne  deriva  la  violazione  dei
principi  di  uguaglianza,  certezza  del  diritto  e  del  legittimo
affidamento, nonche' il diritto di liberta' di  iniziativa  economica
di cui all'art.  41  Cost.  Il  legislatore  regionale,  infatti,  ha
imposto l'indiscriminata applicazione del nuovo regime  a  tutti  gli
operatori, senza differenziare la posizione di coloro che  non  hanno
ancora presentato alcun progetto, che  lo  hanno  sviluppato  e  gia'
sottoposto alla valutazione dell'Autorita' amministrativa  sostenendo
i relativi costi di progettazione ovvero che abbiano gia' ottenuto le
autorizzazioni e iniziato a sostenere i costi  di  realizzazione.  In
relazione  ai  progetti  gia'  realizzati,  inoltre,  la   disciplina
regionale da' luogo a un regolamento del tutto irrazionale, in cui le
aree interessate dal progetto gia' realizzato e quelle contermini  si
trasformano, di fatto, in aree vietate ratione personae: il  soggetto
gia'  titolare  di  un  impianto,  infatti,  verrebbe  privato  della
possibilita'  di  apportare  modifiche  a  detto  impianto   che   ne
determinino in qualunque modo  l'aumento  della  superficie  occupata
ovvero dell'altezza totale  (per  gli  impianti  eolici),  senza  che
assumano alcuna rilevanza la qualificazione dell'areea  (idonea,  non
idonea, ordinaria) e l'entita' delle modifiche,  con  violazione  dei
principi  di  uguaglianza,   di   ragionevolezza   e   di   legittimo
affidamento. 
    107. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza
costituzionale  il  valore  del  legittimo  affidamento,  che   trova
copertura costituzionale  nell'art.  3  Cost.,  non  esclude  che  il
legislatore possa  adottare  disposizioni  che  modificano  in  senso
sfavorevole agli interessati la  disciplina  di  rapporti  giuridici,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti. Cio'  puo'  avvenire,  tuttavia,  a  condizione  «che  tali
disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato  di  diritto»  (ex
plurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014,  n.  154
del 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;
ordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di  specie,  invece,  la  Regione
Sardegna  ha  emanato  una  legge  che   contravviene   ai   principi
fondamentali  della   materia,   quali   derivanti   dagli   obblighi
rinvenienti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e  dalla
relativa normativa  statale  di  attuazione,  senza  preoccuparsi  di
operare alcun bilanciamento con tutti i valori  in  gioco,  recedendo
soltanto di fronte all'impossibilita' di  fatto  di  ripristinare  lo
status quo. 
    108. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di
imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione,   e   quindi
dell'art. 97 Cost. Oltre all'irragionevole impatto  che  la  suddetta
normativa  determina  su  procedimenti  gia'  definiti,  essa   osta,
infatti,  a  qualsivoglia  possibilita'  di   realizzare,   in   sede
amministrativa, il piu' opportuno bilanciamento  degli  interessi  in
gioco. A tale riguardo, non e' secondario  osservare  che,  ai  sensi
dell'art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree  non
incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate  non  idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee». Il riferimento specifico alla valutazione operata
«in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli
procedimenti» attesta che la riserva di  procedimento  amministrativo
per la dichiarazione di non idoneita', oltre che prevista dalle linee
guida, e' sancita a livello di normazione primaria anche  nel  regime
di cui ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 20,  comma
1, del decreto, con conseguente  impossibilita'  per  le  regioni  di
impedire  che  tale  valutazioni  si  compia  mediante  il   divieto,
stabilito in via generale e astratta per  legge,  di  realizzare  gli
impianti nelle aree non idonee. 
    109. Non soccorre, al riguardo, la peculiare  procedura  prevista
dall'art.  3  della  legge  che  consente,  su  istanza  dei   comuni
interessati, di proporre un'istanza propedeutica  alla  realizzazione
di  un  impianto  o  di  un  accumulo  FER  all'interno  di   un'area
individuata come non idonea. Tale istanza, che gia' sotto il  profilo
della previsione dell'esclusiva  competenza  propositiva  del  comune
suscita perplessita' per la commistione tra  profili  di  valutazione
politica e amministrativa, da' luogo a una procedura, da svolgersi in
sede di conferenza di servizi, in cui e' pero' prevista  l'unanimita'
ai fini  della  realizzazione  dell'intervento  e  l'inapplicabilita'
dell'istituto  del   silenzio-assenso,   dipartendosi   all'ordinario
funzionamento  della  conferenza   dei   servizi   e   del   silenzio
significativo  di  cui  alla  disciplina  statale  sul   procedimento
amministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla  cui
violazione discende il contrasto con l'art 117, secondo comma,  lett.
m), che attribuisce alla Stato la potesta' legislativa  esclusiva  in
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono  essere  garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale. Al riguardo, occorre ricordare che  l'art.  29,
comma 2-ter della legge n. 241/1990 stabilisce che  «Attengono  [...]
ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117,  secondo
comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della  presente
legge  concernenti  la  presentazione  di  istanze,  segnalazioni   e
comunicazioni, la segnalazione certificata di inizio attivita'  e  il
silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilita' di
individuare, con intese  in  sede  di  Conferenza  unificata  di  cui
all'art. 8  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,  e
successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non
si applicano», mentre ai sensi del comma 2-quater «Le regioni  e  gli
enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi  di  loro
competenza,  non  possono  stabilire  garanzie  inferiori  a   quelle
assicurate  ai  privati  dalle  disposizioni  attinenti  ai   livelli
essenziali delle prestazioni di  cui  ai  commi  2-bis  e  2-ter,  ma
possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con  obbligo  per  le
Regioni a statuto speciale e le Provincie  autonome  di  adeguare  la
propria legislazione a tali previsioni. 
    110. Non c'e' dubbio  che  la  legge  regionale  sarda  rechi  un
livello  inferiore  di  tutela  rispetto  a  quello  garantito  dalla
disciplina statale, imponendo l'unanimita' dei consensi ed escludendo
l'operativita' del silenzio-assenso. 
    111. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un
indirizzo consolidato  del  Giudice  costituzionale,  «[s]petta  alla
legislazione  statale  determinare  presupposti   e   caratteristiche
dell'autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e  delle
semplificazioni della procedura, in ragione della  diversa  incidenza
delle opere sul valore intangibile dell'ambiente»  (sentenza  n.  246
del 2017). Si e', inoltre, affermato che «la  legislazione  regionale
non puo' prevedere una procedura per  l'autorizzazione  paesaggistica
diversa da quella dettata dalla legislazione  statale,  perche'  alle
Regioni  non  e'  consentito  introdurre  deroghe  agli  istituti  di
protezione ambientale che dettano una disciplina  uniforme,  valevole
su  tutto  il  territorio  nazionale,  nel  cui  ambito  deve  essere
annoverata l'autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 189 del 2016;
nello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101
del 2010 e n. 232  del  2008)»  (Corte  Costituzionale,  sentenza  n.
74/2021). 
    112. La procedura prevista  dall'art.  3  della  legge  regionale
Sardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree
sottoposte a  tutela  culturale  o  paesaggistica  per  le  quali  la
normativa statale (artt. 21 e 146 del Testo Unico dei beni culturali)
fissa, per esigenze di uniformita' di  trattamento,  un  procedimento
autorizzatorio apposito da parte della soprintendenza competente,  si
pone anche in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. s), Cost., che
assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la  materia
della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    113. Peraltro, la predetta disciplina e' in ogni caso un  diretto
portato dell'illegittimo  divieto  generalizzato  di  realizzare  gli
impianti in aree non idonee  e  non  puo',  pertanto,  sfuggire  alle
medesime censure suesposte. 
    114.  Per  tutto  quanto  sopra,  va   sollevata   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma  2,  5  e  7,  e  3,
nonche' dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della Regione autonoma
della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli artt. 3, 9,  11,  41,
97 e 117, comma 1, 2, lett. m) e s), e 3, Cost., anche  in  relazione
ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento
(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)  2023/2413,
nonche' dal Regolamento (UE) 2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della
legge costituzionale n. 3/2001 e  degli  artt.  3  e  4  della  legge
costituzionale n. 3/1948. 
    Sulla rilevanza delle questioni delle questioni  di  legittimita'
costituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all'art.
5 del decreto-legge n. 63/2024. 
    115. L'art. 20, comma 1-bis dell'art. 20 del d.lgs. n.  199/2021,
come introdotto dall'art. 5 del decreto-legge n.  63/2024,  definisce
il perimetro delle aree agricole in cui e' consentita l'installazione
di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra  facendo
riferimento alla classificazione delle aree idonee come prevista  dal
comma  8  del  medesimo  art.  20  nelle  more  dell'adozione   della
disciplina  di  cui  al  comma  1.  In  tale  contesto,  il   decreto
ministeriale impugnato ribadisce che il divieto  previsto  dal  comma
1-bis si applica anche nel nuovo  quadro  regolatorio  e  vincola  la
potesta' legislativa  regionale:  ai  sensi  dell'art.  3,  comma  1,
infatti, le Regioni sono chiamate  a  individuare  con  legge,  entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore  del  decreto,  le
aree di cui all'art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle  in  cui  e'
vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati
a terra. 
    116. Il  decreto  ministeriale  costituisce  anche  l'unico  atto
amministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del
divieto, atteso che: 
      esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; 
      secondo quanto previsto  dal  decreto,  l'individuazione  delle
aree in questione avviene con legge regionale; 
      le aree cosi' individuate non sono non idonee, ma assolutamente
vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la  valutazione,
nel singolo procedimento, della compatibilita' dell'intervento con  i
valori confliggenti. 
    117. Al riguardo, occorre ricordare il  consolidato  orientamento
giurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e'
immediatamente  impugnabile  quando  incide  senz'altro  -  senza  la
necessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari»  (Cons.  St.,  IV,
17.3.2022,  n.  1937).  Nel   caso   di   specie,   l'incidenza   sui
comportamenti degli operatori  e'  indubbia,  derivando  dal  divieto
cosi' previsto l'incondizionata preclusione agli interventi di  nuova
installazione sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis,  decreto
legislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti
gia' installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla
lettera dell'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che
comportino   un   incremento   dell'area    occupata.    Ne    deriva
l'indiscutibile  sussistenza  dell'interesse  di   parte   ricorrente
all'impugnazione proposta. 
    118. Il decreto impugnato replica, peraltro, il  divieto  sancito
dalla  norma  primaria,  demandando  alla  legge  regionale  la   sua
pedissequa trasposizione, che determina  ex  se  l'impossibilita'  di
condurre in porto i progetti  menzionati.  La  perdurante  vigenza  e
validita' della  norma  primaria  impedisce  qualsivoglia  intervento
demolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una  previsione
del tutto conforme a legge. 
    119.  In  mancanza  della  declaratoria  di   incostituzionalita'
dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  la  domanda  di
annullamento dell'art. 1 del decreto ministeriale , per la  parte  di
interesse, dovrebbe essere rigettata. 
    120. Viceversa, laddove la  norma  incriminata  fosse  dichiarata
incostituzionale, l'art. 1, comma 2, lett. d), del  decreto  potrebbe
(e dovrebbe) essere  annullato,  ponendo  a  quel  punto  un  divieto
generalizzato   che   nessuna   norma   primaria   contemplerebbe   o
autorizzerebbe e che, per le ragioni che saranno illustrate,  collide
con il principio di massima  diffusione  delle  energie  rinnovabili,
quale desumibile dal diritto dell'Unione, dando peraltro luogo a  una
disciplina  che  non  supera  lo  scrutinio  di  proporzionalita'   e
ragionevolezza. Il predetto divieto, peraltro, ha  diretta  incidenza
sulla parte ricorrente, atteso che il progetto «Monreale», di cui  e'
depositata documentazione  agli  atti,  rientra  senz'altro  tra  gli
interventi vietati ai sensi ai  sensi  del  richiamato  art.  5,  non
trovando per esso applicazione la norma di  salvaguardia  di  cui  al
comma 2 del medesimo art. 5. 
    Sulla   non   manifesta   infondatezza   delle    questioni    di
costituzionalita' sollevate con il V e il VI motivo 121. Con il  V  e
il VI motivo di ricorso la ricorrente ha in sostanza lamentato: 
      la  violazione  dell'art.  117,  commi  primo  e  terzo,  della
Costituzione, in  relazione,  rispettivamente,  alla  Direttiva  (UE)
2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell'11  dicembre
2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti  rinnovabili  e
all'art.  12  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387
(attuazione della Direttiva 2001/77/CE):  la  norma  contestata,  nel
prevedere il divieto di  installazione  di  nuovi  impianti  FTV  con
moduli collocati a terra e il divieto di  aumentare  l'estensione  di
quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con  i
vincoli derivanti dall'ordinamento europeo  e,  in  particolare,  con
l'obiettivo di garantire la massima diffusione  degli  impianti  FER,
perseguito dalla direttiva 2009/28/CE,  dalla  direttiva  2001/77/CE,
nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione  della  quale  e'
stato  emanato  il  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Sotto  altro
profilo, la norma si porrebbe in contrasto con  i  principi  generali
dettati in materia dallo stesso Legislatore  statale,  in  attuazione
delle direttive europee, e in particolare con l'art. 12, comma 7, del
decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti  di
produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1,  lettere
b) e c), possono essere ubicati anche in zone  classificate  agricole
dai vigenti piani urbanistici»,  e  con  le  Linee  guida  del  2010,
introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone
classificate agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non  possono
essere  genericamente  considerate  aree  e   siti   non   idonei   e
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare
porzioni significative del territorio; 
      la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 Cost., dell'art.
15 della Direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  dell'11   dicembre   2018,   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita',
dell'art. 11 del TFUE, dell'art. 41 Cost.: la scelta di introdurre un
generale e indiscriminato  divieto  a  realizzare  impianti  FTV  con
moduli a terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come  «agricole»
risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione  delle
fonti rinnovabili in modo  da  incidere  sugli  obiettivi  di  tutela
dell'ambiente   perseguiti,   dando   luogo    a    una    disciplina
sproporzionata, in contrasto con il principio di  integrazione  delle
tutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. 
    122. Il Collegio ritiene che  la  disciplina  censurata  presenti
profili di contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., sotto il
profilo del mancato rispetto «dei vincoli derivanti  dall'ordinamento
comunitario» e, in particolare, del principio di  massima  diffusione
delle  fonti  di  energia  rinnovabili,  derivante  dalla   normativa
europea. 
    123. Per il richiamo del quadro normativo unionale e' sufficiente
rinviare ai punti da 72 a 90 della presente ordinanza. 
    124. E' sufficiente ora ricordare  che,  secondo  la  consolidata
giurisprudenza costituzionale,  la  normativa  eurounitaria  (nonche'
quella  nazionale)  e'  ispirata  nel  suo   insieme   al   principio
fondamentale  di  massima   diffusione   delle   fonti   di   energia
rinnovabili,  che  tra  l'altro  «trova  attuazione  nella   generale
utilizzabilita'  di  tutti  i  terreni  per  l'inserimento  di   tali
impianti, con le  eccezioni  [...]  ispirate  alla  tutela  di  altri
interessi   costituzionalmente   protetti»   (Corte   Costituzionale,
sentenza n. 13 del 2014). 
    125. La disciplina originariamente  contenuta  nell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all'individuazione  delle
aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti  alimentati
da fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata
rispetto all'utilizzo di terreni classificati agricoli. 
    126. Il comma 3 stabilisce, in effetti,  che  «nella  definizione
della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui  al  comma
1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e
del paesaggio,  delle  aree  agricole  e  forestali,  della  qualita'
dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo  di  superfici
di strutture edificate,  quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,
nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per  servizi
e logistica, e verificando l'idoneita' di aree non  utilizzabili  per
altri scopi, ivi incluse le  superfici  agricole  non  utilizzabili».
Tale disposizione contempla bensi' un'esigenza di tutela  delle  aree
agricole, ma da un lato  non  pone  alcuna  preclusione  assoluta  e,
dall'altro, stabilisce chiaramente  che  le  superfici  agricole  non
utilizzabile costituiscono,  tra  le  altre,  aree  privilegiate  per
l'installazione degli impianti. 
    127. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le  aree  non  incluse
tra  le  aree  idonee  non  possono  essere  dichiarate  non   idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee». 
    128. Il comma 8, inoltre,  nell'individuare  transitoriamente  le
aree idonee sino all'entrata in vigore della disciplina prevista  dal
comma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto  alle  lettere  a),
b), c), c-bis)  e  c-ter),  le  aree  che  non  sono  ricomprese  nel
perimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del   decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone  gravate  da  usi
civici di cui  all'art.  142,  comma  1,  lettera  h),  del  medesimo
decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti  a
tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo
decreto legislativo». 
    129. Il  nuovo  comma  1-bis  stravolge  completamente  l'assetto
previgente,   prevedendo   che   «L'installazione   degli    impianti
fotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate
agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita  esclusivamente
nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per
modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli
impianti gia' installati, a condizione che non comportino  incremento
dell'area occupata, c), incluse le cave gia'  oggetto  di  ripristino
ambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non
ripristinate, nonche' le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi
ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2)  e  3),  del
comma 8 del presente art.. Il primo periodo non si applica  nel  caso
di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati
a terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita'  energetica
rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del  presente  decreto  nonche'  in
caso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del
Piano  Nazionale  di  Ripresa  e  Resilienza  (PNRR),  approvato  con
decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato
con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del  Piano
nazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui
all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti
necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 
    130. In definitiva, in base alla norma introdotta dall'art. 5 del
decreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli
collocati a terra possono essere realizzati soltanto: 
      a) nei siti ove sono  gia'  installati  impianti  della  stessa
fonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,
potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata; 
      b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o  abbandonate
o in condizioni di degrado  ambientale,  o  le  porzioni  di  cave  e
miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; 
      c) presso i siti e  gli  impianti  nelle  disponibilita'  delle
societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di
infrastrutture  ferroviarie  nonche'  delle  societa'  concessionarie
autostradali; 
      d) presso i siti e  gli  impianti  nella  disponibilita'  delle
societa'   di   gestione   aeroportuale   all'interno   dei    sedimi
aeroportuale; 
      e)  nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e   agli
stabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un
perimetro i cui punti distino non piu'  di  500  metri  dal  medesimo
impianto o stabilimento; 
      f) nelle  aree  adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una
distanza non superiore a 300 metri. 
    131. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza,  la
generalita' dei terreni classificati agricoli (circa la  meta'  della
superficie  del  Paese)  e'  preclusa  a  qualsiasi   intervento   di
installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra
che non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,
con conseguente preclusione all'utilizzo di nuovo terreno agricolo. 
    132. Il divieto non  riguarda  i  progetti  attuativi  di  misure
finanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i
progetti necessari al raggiungimento dei target previsti  dal  PNIEC,
che  e'  lo  strumento  previsto  dalla  normativa  eurounitaria  per
conseguire gli obiettivi  vincolanti  dell'Unione  per  la  quota  di
energia rinnovabile. Gia' tale circostanza evidenzia che  un  divieto
di  tale  portata  rischia  di  mettere  seriamente  a   rischio   il
conseguimento di tali obiettivi, nella  misura  in  cui  sottrae  una
larga  porzione  del  territorio  a  ogni  possibile  utilizzo  della
tecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in
ordine alla possibilita' di rispettare le  traiettorie  stabilite  in
merito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello
stato di attuazione della disciplina di cui  all'art.  20,  comma  1,
decreto legislativo  n.  199/2021,  nonche'  degli  ampi  margini  di
flessibilita' che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle  regioni  per
l'individuazione delle aree non idonee, l'impatto di tale divieto  e'
del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve  in  un  severo  limite
all'individuazione delle zone disponibili per  l'installazione  degli
impianti che, a termini dell'art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,
della Direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle
traiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata
delle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani
nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli artt. 3 e
14 del regolamento (UE) 2018/1999». 
    133. Peraltro, si e' gia' visto che, in forza  dell'art.  32  del
Regolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu'
punti di riferimento della traiettoria  indicativa  unionale  per  il
2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che  nel
2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti
di riferimento nazionali possono essere tenuti all'adozione di misure
supplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al
meccanismo di finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del
territorio  nazionale  all'utilizzo  della  tecnologia   fotovoltaica
potrebbe,  pertanto,   implicare   l'obbligo   di   adottare   misure
supplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi. 
    134. La preclusione generalizzata all'installazione  di  impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre  contrastare
con il principio per cui, nell'ambito del processo di  individuazione
delle  zone  necessarie  per  i  contributi  nazionali  all'obiettivo
complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il 2030  ai  sensi
del paragrafo 1 dell'art. 15-ter della Direttiva (UE) 2018/2001, «Gli
Stati membri favoriscono l'uso  polivalente  delle  zone  di  cui  al
paragrafo 1. I  progetti  in  materia  di  energia  rinnovabile  sono
compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.
3). Come gia' rilevato, il considerando (27) della Direttiva  precisa
che «Gli Stati membri dovrebbero  esplorare,  consentire  e  favorire
l'uso polivalente delle zone individuate a seguito  delle  misure  di
pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile  che
gli Stati membri agevolino, ove necessario,  i  cambiamenti  nell'uso
del suolo e del  mare,  purche'  i  diversi  usi  e  attivita'  siano
compatibili tra di loro e possano coesistere". Il divieto  introdotto
dall'art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  istituisce,  invece,  un
insanabile conflitto tra l'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con
moduli collocati a terra e l'uso  del  suolo  a  fini  agricoli  che,
tuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno  per  la
tecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). 
    135. Nella misura in cui puo' ostacolare il raggiungimento  degli
obiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie
rinnovabili,  anche  il  divieto   in   questione,   come   osservato
nell'ambito dell'esposizione relativa alla legge regionale sarda  (v.
punti 99 e 100  della  presente  ordinanza),  si  pone  in  posizione
critica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti
climatici dell'Unione, in quanto  il  raggiungimento  dei  target  di
potenza  installata   delle   tecnologie   rinnovabili   costituisce,
all'evidenza, un elemento centrale per conseguire nel  lungo  termine
l'obiettivo della neutralita' climatica, che  potrebbe  essere  posto
seriamente a rischio da una disciplina, come  quella  censurata,  che
vieta sul tutto il territorio nazionale  la  tecnologia  fotovoltaica
con pannelli collocati  a  terra  su  tutti  i  terreni  classificati
agricoli, corrispondenti a oltre la meta' della superficie nazionale. 
    136. Anche tale divieto sembra contrastare con  il  principio  di
integrazione di cui all'art. 11 TFUE e all'art.  37  della  Carta  di
Nizza.  Il  divieto  introdotto  dall'art.  5  del  decreto-legge  n.
63/2024, nel contesto di una disciplina di attuazione della Direttiva
(UE)  2018/2001  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili quale obiettivo della  politica  energetica  dell'Unione,
solleva sul punto notevoli perplessita': 
      da  un  lato,  infatti,  si  inserisce  nel   complesso   delle
previsioni dell'art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  quale
corpo tendenzialmente estraneo, tant'e' che  le  relative  previsioni
non  risultano  neppure  adeguatamente  coordinate   con   il   resto
dell'articolato (v., ad esempio, il comma 3  del  medesimo  art.  20,
laddove prevede che i decreti di cui  al  comma  1  verifichino,  tra
l'altro, «l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri  scopi,  ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili»); 
      dall'altro lato,  la  norma  non  istituisce  alcuna  forma  di
possibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo
un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla  conservazione  dello
stato dei luoghi  dei  terreni  classificati  agricoli  senza  alcuna
considerazione    finanche    della    loro    possibile,    concreta
utilizzabilita' a fini agricoli, in  contrasto  con  l'obiettivo  del
decreto stesso di promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili. 
    137. Da quanto precede risulta anche che la disciplina  censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione  anche
dell'art. 3 Cost. Innanzitutto, la misura censurata  consiste  in  un
divieto generalizzato e assoluto all'utilizzo, su un'ampia parte  del
territorio  nazionale,  di  una  determinata   tecnologia   a   fonti
rinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto  a
quella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri  valori  che
entrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle
fonti  rinnovabili:  le  esigenze  di  tutela  dell'ambiente,   della
biodiversita', dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,
attraverso  l'individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in
precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi'  zone  in
cui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,
e' altamente  verosimile  un  esito  negativo  della  valutazione  di
compatibilita'  dei  progetti.  Cio',   peraltro,   non   osta   alla
possibilita' di verificare, in concreto  e  nell'ambito  dei  singoli
procedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita' degli
interventi  proposti.  L'art.  5   del   decreto-legge   n.   63/2024
stabilisce,  invece,  una  prevalenza   assoluta   e   incondizionata
dell'interesse alla conservazione dei  suoli  classificati  agricoli,
valutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima
possibilita' di contemperamento con gli  altri  interessi  in  gioco,
anche di rilievo costituzionale. 
    138. Inoltre, si e' visto che  ai  sensi  dell'art.  9  Cost.  la
Repubblica tutela  l'ambiente,  la  biodiversita'  e  gli  ecosistemi
«anche   nell'interesse   delle   future   generazioni»,   con   cio'
incorporando il principio di  sviluppo  sostenibile  nell'ambito  dei
principi   fondamentali   in   materia    di    tutela    ambientale.
L'incondizionato sacrificio  di  tale  principio,  quale  sotteso  al
divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art.  3  Cost.,  nonche'
con  l'art.  9   citato   e   con   la   consolidata   giurisprudenza
costituzionale secondo cui «Tutti  i  diritti  fondamentali  tutelati
dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e
non e' possibile pertanto  individuare  uno  di  essi  che  abbia  la
prevalenza  assoluta  sugli  altri.  La  tutela  deve  essere  sempre
«sistemica e non frazionata in una serie di norme non  coordinate  ed
in potenziale conflitto tra loro» (sentenza  n.  264  del  2012).  Se
cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei
diritti,  che  diverrebbe  «tiranno»  nei   confronti   delle   altre
situazioni  giuridiche  costituzionalmente  riconosciute  e  protette
[...].  La  Costituzione  italiana,  come   le   altre   Costituzioni
democratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza
pretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non  prefissato  in  anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di
proporzionalita' e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un
sacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   Costituzionale,
sentenza n. 85 del 2013). 
    139.  Sotto  altro  profilo,  il  divieto  cosi'  introdotto   e'
operativo  a  partire  dalla  mera  classificazione  dell'area   come
agricola in base ai piani urbanistici,  senza  che  alcuna  rilevanza
assumano il suo concreto utilizzo o la  sua  utilizzabilita'  a  tali
fini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole
e sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita' di contrastare il
consumo di suolo agricolo non e' riscontrabile (o quantomeno non  nei
termini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in  relazione
alle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,
qualsivoglia considerazione della qualita'  e  dell'importanza  delle
colture. 
    140. In raffronto, le attuali  linee  guida  di  cui  al  decreto
ministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: 
      le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non
possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; 
      l'individuazione delle aree e dei  siti  non  idonei  non  puo'
riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente
soggette a tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio
storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di  fasce  di
rispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate
esigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e'   infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle
Regioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno  del  procedimento
unico e della procedura di Valutazione  dell'Impatto  Ambientale  nei
casi previsti; 
      le Regioni possono procedere ad indicare come aree e  siti  non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree
particolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni
territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da
produzioni agricolo-alimentari di  qualita'  (produzioni  biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste
dalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un'elevata
capacita' d'uso del suolo. 
    141. Una siffatta, contestualizzata disciplina  risulta  conforme
alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri
dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui
non  puo'  essere  sviluppata   l'energia   rinnovabile   («zone   di
esclusione»).  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e
trasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle
restrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone
dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere
basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo
perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo  sviluppo
dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli
di  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   Raccomandazione   (UE)
2024/1343 della Commissione del  13  maggio  2024  sull'accelerazione
delle procedure autorizzative per l'energia da fonti rinnovabili e  i
progetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell'esatto opposto,
ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non  fondato
su  dati  concreti  e  certamente  non  rispondente  all'obietto   di
massimizzare la disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti
di energia rinnovabile. 
  Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale 
    142. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti (per quanto
illustrato  ai  punti  62  ss.  della  presente  ordinanza)   e   non
manifestamente infondate (secondo quanto evidenziato ai punti 67 ss.)
le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma  2,
5, 7 e 8, e 3, nonche' dei relativi allegati A, B, C, D ed  E,  della
legge  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  n.   20/2024,   per
violazione degli artt. 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1, 2, lett. m) e
s), e 3,  Cost.,  anche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla
Direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  Regolamento  (UE)  2018/1999,  come
modificati dalla Direttiva (UE) 2023/2413,  nonche'  dal  Regolamento
(UE) 2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. 
    143. Sono, altresi', rilevanti (per quanto  illustrato  ai  punti
115 ss. della presente  ordinanza)  e  non  manifestamente  infondate
(secondo quanto  evidenziato  ai  punti  121  ss.)  le  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma  1,  decreto-legge  n.
63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024,  per
violazione degli artt. 3, 9, 11 e  117,  comma  1,  Cost.,  anche  in
relazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001  e  dal
Regolamento (UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)
2023/2413, nonche' dal Regolamento (UE) 2021/1119. 
    144.   Occorre   solo   aggiungere   che    le    questioni    di
costituzionalita' sollevate in relazione al citato art. 5,  comma  1,
del decreto-legge n. 63/2024 vanno  del  pari  riferite  all'art.  5,
comma 2, laddove pone una disciplina di  salvaguardia  che  ha  quale
presupposto il divieto di cui al comma 1, nonche' all'art.  2,  comma
2, primo periodo, decreto  legislativo  25  novembre  2024,  n.  190,
recante «Disciplina dei regimi amministrativi per  la  produzione  di
energia da fonti rinnovabili», ove prevede che «Gli interventi di cui
all'art.  1,  comma  1,  sono  considerati  di   pubblica   utilita',
indifferibili e urgenti  e  possono  essere  ubicati  anche  in  zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto  di
quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8
novembre 2021, n. 199».  Tale  disposizione,  infatti,  riproduce  il
divieto di cui al citato art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024. 
    145. Il presente giudizio va quindi sospeso per le determinazioni
conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    146.  Il  regolamento  delle  spese  va  rinviato  all'esito  del
giudizio. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  Regionale  per  il  Lazio  (Sezione
Terza) cosi' dispone: 
      a) dichiara  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate,  nei
termini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, 5, 7 e 8,  e  3,  nonche'  dei
relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma
della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli artt. 3, 9,  11,  41,
97 e 117, comma 1, 2, lett. m) e s), e 3, Cost., anche  in  relazione
ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento
(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)  2023/2413,
nonche' dal Regolamento (UE) 2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della
legge costituzionale n. 3/2001 e  degli  artt.  3  e  4  della  legge
costituzionale n. 3/1948; 
      b) dichiara  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate,  nei
termini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1 e 2,  decreto-legge  n.  63/2024,
convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  101/2024,  nonche'
dell'art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024,
per violazione degli artt. 3, 9, 11 e 117, comma 1, Cost.,  anche  in
relazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001  e  dal
Regolamento (UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)
2023/2413, nonche' dal Regolamento (UE) 2021/1119; 
      c) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti  alla
definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi dell'art.
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
      d) dispone la comunicazione della presente ordinanza alle parti
in causa, nonche' la sua notificazione al  Presidente  del  Consiglio
dei  ministri,  al  Presidente  del  Senato  della   Repubblica,   al
Presidente della Camera dei deputati,  al  Presidente  della  Regione
autonoma della Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio  regionale
sardo; 
      e) rinvia ogni ulteriore  statuizione  all'esito  del  giudizio
incidentale promosso con la presente ordinanza. 
    Cosi' deciso in Roma nella  camera  di  consiglio  del  giorno  5
febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati: 
      Elena Stanizzi, Presidente; 
      Luca Biffaro, referendario; 
      Marco Savi, referendario, estensore. 
 
                       Il Presidente: Stanizzi 
 
                                                    L'estensore: Savi