Reg. ord. n. 147 del 2025 pubbl. su G.U. del 27/08/2025 n. 35
Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Torino del 05/06/2025
Tra: N. A.
Oggetto:
Processo penale – Processo minorile – Sospensione del processo e messa alla prova – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito – Denunciata esclusione dell’applicabilità delle disposizioni del comma 1 dell’art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, ai delitti previsti dall’art. 609-bis cod. pen. (violenza sessuale), nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter cod. pen. – Subordinatamente, denunciata preclusione di deroghe per le ipotesi sopra indicate (in rapporto a specie, modalità o circostanze dell’azione e all’osservazione successiva di personalità avente valenza favorevole e, comunque, se detto delitto sia legato dal vincolo della continuazione con altri reati contro la persona contestati nello stesso processo in danno di una medesima parte offesa per i quali sia consentito il beneficio, in particolare con quello di cui all’art. 612-bis cod. pen.) – Contrasto con la finalità di recupero del minore – Violazione del principio di ragionevolezza sotto plurimi profili – Parità di trattamento per condotte di minore gravità – Ingiustificata disparità di trattamento rispetto a tipologie delittuose anche più gravi – Esclusione dell’accesso al beneficio anche in caso di connessione con altri reati per i quali la messa alla prova è compatibile – Presunzione assoluta di inefficacia di percorsi rieducativi basata esclusivamente sulla tipologia delittuosa a prescindere da ulteriori connotazioni attinenti al merito.
Norme impugnate:
decreto del Presidente della Repubblica
del 22/09/1988
Num. 448
Art. 28
Co. 5
decreto-legge
del 15/09/2023
Num. 123
Art. 6
Co. 1
legge
del 13/11/2023
Num. 159
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co. 1
Costituzione
Art. 31
Co. 2
Testo dell'ordinanza
N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 05 giugno 2025
Ordinanza del 5 giugno 2025 del Tribunale per i minorenni di Torino
nel procedimento penale a carico di N. A..
Processo penale - Processo minorile - Sospensione del processo e
messa alla prova - Modifiche normative ad opera del decreto-legge
n. 123 del 2023, come convertito - Denunciata esclusione
dell'applicabilita' delle disposizioni del comma 1 dell'art. 28 del
d.P.R. n. 448 del 1988, in tema di sospensione del processo con
messa alla prova, ai delitti previsti dall'art. 609-bis cod. pen.
(violenza sessuale), nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art.
609-ter cod. pen. e, comunque, preclusione di deroghe.
- Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448
(Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di
imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis.
(GU n. 35 del 27-08-2025)
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI TORINO
Ufficio del giudice per l'udienza preliminare
Il GUP composto da:
dott.ssa Maria Grazia Devietti Goggia - Presidente;
dott.ssa Barbara De Masi - giudice onorario;
dott. Alessandro Vito Granaro - giudice onorario;
Riunito in Camera di consiglio all'udienza 5 giugno 2025; assunte
le conclusioni delle parti nel processo a carico di .... imputato dei
reati:
A) art. 612-bis, commi 1, 2, 3 c.p., perche', con condotte
reiterate, minacciava e molestava ..... alla quale era legato da una
relazione affettiva, segnatamente:
vietava alla .... di avere frequentazioni con persone
diverse da' lui, che fossero soggetti di sesso maschile o femminile;
vietava alla .... di usare i social network e le chat di
comunicazione, se non sotto il suo stretto controllo, arrivando a
spaccare o danneggiare piu' di un telefono in uso alla medesima,
quando sorpresa ad utilizzare qualsiasi piattaforma internet,
arrogandosi il diritto di impossessarsi del telefono o altri beni
della persona offesa per danneggiarli;
tempestava la .... di chiamate vocali, costringendola a
parlare con lui al telefono piu' volte al giorno;
fino al ...., avendo accesso al registro elettronico
scolastico della .... ne controllava il rendimento, picchiandola
quando riportava valutazioni positive, oltre a vietarle l'uso della
punteggiatura e di vocaboli non di uso comune quando comunicava
oralmente o per iscritto con lui;
impediva alla .... di abbigliarsi secondo i propri gusti,
costringendola ad indossare solamente jeans non attillati e felpa,
picchiandola quando lei si vestiva con abiti diversi, inoltre le
vietava di truccarsi, di pettinarsi secondo i propri gusti o di
tingersi i capelli, di utilizzare deodoranti e profumi;
costringeva la .... a mangiare piu' del necessario per
impedirle di perdere peso, per poi denigrarla con epiteti quali
"obesa", "cicciona di merda", e obbligandola a trasmettergli la foto
della bilancia durante la pesatura;
in piu' occasioni aggrediva verbalmente la .... con insulti
ed epiteti quali "troia", "puttana", "vacca", "infame bastarda", sia
di persona, sia utilizzando strumenti telematici;
in piu' occasioni aggrediva fisicamente la .... anche in
pubblico, tirandola per i capelli e colpendola con dei calci, come
accaduto in un episodio tra ...., quando, trovandosi a .... nei
pressi ...., accostava il proprio viso a quello della .... e le
tirava i capelli, ordinandole di accompagnarlo alla stazione, o come
accaduto il ...., quando, trovandosi alla fermata ...., alla presenza
di .... amica della p.o.. prendeva quest'ultima per i capelli e le
tirava un calcio sugli stinchi;
nel ...., dopo aver incontrata la .... in strada,
pretendeva che salisse sul motorino con lui, quindi, ottenendo un
rifiuto, la spingeva facendola cadere in terra e scagliandole contro
il casco, desistendo da ulteriori atti di violenza solo per
l'intervento fortuito della madre della ragazza;
minacciava la .... di farle del male o di ucciderla,
dicendole, in un'occasione, che avrebbe meritato di fare la fine di
Giulia Cecchettin e scrivendole a mezzo WhatsApp un'ingente quantita'
di messaggi anche insultanti, dal contenuto progressivamente piu'
allarmante, del seguente tenore:
il ...., adirandosi per il sospetto che la .... avesse
corrisposto via messaggio con una sua amica, cancellando poi la chat
per tenerlo all'oscuro della conversazione, le scriveva: "per me sei
morta [ ... ] ti scasso la faccia [ ... ] e appena ti vedo ti spacco
la faccia [ ... ] gli hai scritto brutta troia [ ... ] muori [ ... ]
cancelli la chat obesa puttana"; "ti ammazzo io ok [ ... ] io sta
volta ti scanno [ ... ] prendi per il culo un altro [ ... ] brutta
bastarda [ ... ] continui a scrivere a quella io ti taglio la faccia
[ ... ] non DEVI ENTRARE SUL CAZZO DI WHATSAPP"; ancora il .... le
scriveva "minchia allora domani ci vediamo e ti ammazzo";
il ...., riferendosi al fatto che la .... aveva spento il
telefono per riposare la sera prima, le scriveva: "io vengo ad
ammazzarti oggi [ ... ] tu dormi quando lo dico io ok [ ... ] senno'
ti ammazzo [ ... ] ", successivamente, nella medesima data, le
scriveva: "dimmi dove sei schifosa obesa bastarda [ .. ] ti ammazzo
oggi [ ... ] ti vengo a cercare ovunque [ ... ] e ti scanno";
il ...., riferendosi alla decisione della .... di
interrompere la loro relazione, le scriveva: "devi morire [ ... ] a
me questo interessa bastarda [ ... ] CHE CREPI LO HAI CAPITO [ ... ]
che devi morire obesa puttana [ ... ] o hai capito che devi morire
stanotte puttana [ ... ] io mi faccio 30 anni ma ti ammazzo [ ... ]
ti conviene che lo fai tu [ ... ] voglio che muori"; continuando il
.... poco dopo la mezzanotte, con i seguenti messaggi: lo hai capito
brutta bestia di merda [ ... ] io me ne vado a dormire io spero che
domani mattina sei morta [ ... ] senno' tocca a me poi fare il
tutto", cagionando con tali condotte alla persona offesa un
perdurante e grave stato di ansia e di paura, nonche' ingenerando
nella medesima un fondato timore per l'incolumita' propria e delle
persone a lei affettivamente legate, ed altresi' costringendola a
modificare le proprie abitudini di vita, segnatamente: impedendo alla
.... di avere una vita adeguata alla propria eta', con riguardo alla
frequentazione di altre persone, al desiderio di compiere
fruttuosamente il proprio percorso scolastico, di avere relazioni
familiari serene, costringendola a vivere in una condizione di penosa
dipendenza psicologica, sessuale e relazionale da se stesso,
nonostante i contatti gia' avuti dall'(imputato) con l'Autorita'
giudiziaria e le Forze di Polizia per la pendenza di precedente
procedimento penale per fatti analoghi, ascrivibili a un periodo
precedente, intercorsi tra il medesimo indagato e la medesima persona
offesa.
Fatto aggravato per essere stato commesso in danno di persona
minore di eta', con la quale era legato da una relazione affettiva,
in talune occasioni attraverso strumenti telematici.
In .... dal mese di .... (data dell'arresto).
B) artt. 609-bis e 609-ter nn. 5 e 5-quater c.p., perche'
costringeva con minaccia (la stessa p.o.) .... a compiere e subire
atti sessuali, segnatamente: trovandosi nei pressi dei bagni pubblici
del parco di .... dopo essersi arrabbiato perche' la .... era uscita
di casa, contravvenendo alle sue disposizioni, poneva in essere le
condotte delittuose meglio descritte nel capo C), quindi la
minacciava di ucciderla, esigendo delle scuse da parte sua, la
prendeva per i capelli, cosi' provocandone il pianto, quindi le
diceva di seguirlo nel bagno pubblico per compiere un atto sessuale,
ma, ottenendo il rifiuto della vittima, si rivolgeva nuovamente a
questa con atteggiamento rabbioso, cosi' costringendola ad andare con
lui all'interno del bagno per masturbarsi reciprocamente.
Fatto aggravato per essere stato commesso ai danni di persona che
non ha compiuto i diciotto anni, con cui .... era legato da relazione
affettiva.
In .... nella prima settimana di ....
C) articoli 61 n. 1, 635 comma 1 c.p., perche', trovandosi in
strada, prima di commettere il delitto meglio descritto al capo B),
dopo aver sottratto (alla p.o.) il telefono cellulare per
controllarle le chat, le intimava di consegnargli l'orologio da polso
marca Citizen dalla stessa indossato, minacciando di picchiarla se si
fosse rifiutata, quindi, avuto l'orologio, ne strappava il cinturino
e lo gettava in terra, cosi' rendendolo in tutto o in parte
inservibile; subito dopo, accorgendosi che la ... custodiva quindici
euro in banconote nella custodia del telefono, dapprima gettava il
denaro in terra, poi, quando la vittima cercava di rientrarne in
possesso, afferrava le banconote e le strappava.
Fatto aggravato per essere stato commesso per motivi abietti o
futili.
In .... nella prima settimana di ....
D) articoli 61 n. 1, 635 comma 1 c.p., perche', dopo essersi
incontrati in strada, sottraeva il telefono alla .... per
controllarne le chat, quindi, sbatteva l 'apparecchio contro la
panchina su cui erano seduti, deteriorandone la scocca posteriore.
Fatto aggravato per essere stato commesso per motivi abietti o
futili.
In .... il ....del 2024
Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale di questione di legittimita' costituzionale.
A conclusione delle indagini preliminari il P.M. chiedeva
emettersi giudizio immediato nei confronti dell'imputato dei delitti
in epigrafe, a seguito del quale veniva chiesto dalla Difesa il
giudizio abbreviato, disposto all'udienza 6 marzo 2025.
In detta udienza il difensore sollevava questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 28, comma 5-bis del decreto del Presidente
della Repubblica n. 448/1988, come modificato dall'art. 6, comma 1,
lettera C-bis del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito
con modificazioni nella legge 13 novembre 2023, n. 159, nella parte
in cui non consente all'imputato di accedere all'istituto della messa
alla prova in relazione a determinate tipologie di reato, tra le
quali quella, contestata all'imputato ... (al capo B), di cui
all'art. 609-bis c.p. commessa in danno di persona minorenne e legata
all'imputato da relazione affettiva, dunque aggravata ai sensi
dell'art. 609-ter, comma 1, nn. 5 e 5-quater c.p.; la doglianza
concerne la ritenuta violazione degli articoli 3, comma 1, 31 comma 2
e 24, comma 2, della Costituzione.
1) Rilevanza della questione nel giudizio a quo.
Ritenuto, quanto al presupposto della rilevanza della questione
di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge
n. 87/1953, che il giudizio non possa essere definito
indipendentemente dalla decisione sulla stessa, posto che la norma
censurata preclude al giudice minorile, con riferimento al delitto
divenuto ostativo, di entrare nel merito della valutazione
concernente la eventuale sospensione del processo con messa alla
prova ai sensi dell'art. 28 decreto del Presidente della Repubblica
n. 448/1988 e la stessa fattibilita' di una previa verifica in tal
senso. In assenza della modifica legislativa, l'imputato avrebbe
potuto certamente beneficiare dell'istituto della m.a.p anche in
relazione al delitto di violenza sessuale pluriaggravata,
concorrendone i presupposti richiesti dalla norma di cui all'art. 28,
comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, ed
inoltre essendone evidente la connessione a titolo di continuazione
con gli altri reati per cui la m.a.p. e' consentita, ossia con il
delitto (sub A) di atti persecutori in danno della stessa vittima
minorenne da molto tempo in atto, ed altresi' con i reati (di cui ai
capi C e D) commessi, questi, proprio poco prima della violenza, a
scopo ritorsivo ed intimidatorio, secondo le costanti modalita'
reattive utilizzate dall'imputato in caso di (raro) rifiuto della
p.o. a sottostare alle "regole" comportamentali e ai comandi da
questi imposti, sulla base di un convincimento di superiorita' sulla
fidanzata (di un anno piu' giovane).
L'accertamento della responsabilita' in ordine al delitto oggetto
della novella legislativa e' certo sulla base del complessivo quadro
probatorio, e cio' stanti: le dichiarazioni della p.o.; la
sostanziale ammissione dell'imputato - salvo la negazione in punto di
consapevolezza del suo dissenso, totalmente irrilevante alla stregua
d eli' ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di
legittimita'; il tipo di personalita' del minore, esprimentesi in una
serie impressionante di condotte persecutorie, concretanti ogni
specie di quelle costituenti la casistica del delitto di cui all'art.
612-bis c.p.., nella quale si inseriscono gli atti di danneggiamento
di beni della fidanzata (capi C e D) cagionanti ennesima vessazione
alla stessa, esplosa in pianto, e pressoche' immediatamente
precedenti la consumazione del rapporto reciprocamente masturbatorio.
Non emergono allo stato elementi univoci per ritenere esclusa la
capacita' di intendere e di volere e/o la maturita' ex art. 98 codice
penale del minore, essendo pervenuta dopo la seconda udienza (6 marzo
2025) la relazione gia' richiesta dei Servizi specialistici, che pone
diagnosi in termini di "disturbo emergente di personalita' con
caratteristiche antisociali e narcisistiche (PDM-2), in cui le
fragilita' narcisistiche possono aiutare a comprendere i
comportamenti aggressivi nelle relazioni affettive", patologia che
sulla base di altra relazione psicologica sembra in parte
riconducibile a dinamiche familiari e sistemi di attaccamento
entrambi disfunzionali. Cio' stante, essendo ipotizzabile il nesso
eziologico tra il disturbo e il reato, si e' reso necessario disporre
perizia psichiatrica onde approfondire l'aspetto della imputabilita'
e della pericolosita' sociale ovvero, a fini sanzionatori, del vizio
parziale di mente ex art. 89 c.p.; ma allo stato apparendo
improbabile la sussistenza di cause di non punibilita' per la quale
il nesso eziologico e' solo uno dei presupposti per giurisprudenza
costante- sulla base di tutte le risultanze processuali, dello stesso
lucido comportamento del minore in udienza, e soprattutto delle
proficue sedute con gli operatori (psichiatri; vari psicologi) che
evidenziano caratteristiche personologiche di sostanziale
consapevolezza del disvalore delle proprie azioni. La sottoposizione
dell'imputato a misura cautelare (del collocamento in comunita') per
il delitto di violenza sessuale obbliga alla pregiudiziale di
costituzionalita' anche in pendenza delle operazioni peritali.
Cio' premesso, le risultanze processuali contengono molteplici
elementi atti ad escludere che la personalita' dell'imputato sia gia'
strutturata in senso deviante, rendendo anzi nel caso di specie
quanto mai opportuna la ammissione alla m.a.p., onde differire la
valutazione sulla evoluzione della personalita' all'esito di un
percorso rieducativo -peraltro da tempo iniziato- e riparativo,
fruendo degli specifici strumenti che solo l'istituto in questione
consente di attivare efficacemente. La messa alla prova consentirebbe
la valorizzazione delle risorse presenti nel minore (che presenta
scarsa autostima, tratti depressivi, e funzioni cognitive ai limiti
della norma) e soprattutto la preservazione dal rischio di
ingravescenza del disturbo di personalita' ancora al suo esordio e
quindi particolarmente responsivo a trattamenti psicoterapeutici e/o
farmacologici (questi ultimi gia' cin netta riduzione delle dosi),
tanto piu' che si tratta tuttora di minore in piena eta' evolutiva;
ed inoltre consentirebbe di affrontare in modo costante ed incisivo
le cause familiari ed ambientali delle problematiche personologiche,
che gia' dallo stato attuale dell'istruttoria sembrano in gran parte
ascrivibili a mancanza di solidi modelli educativi e contenitivi, in
ispecie da parte della figura materna rispetto alla quale viene
descritto un rapporto simbiotico.
I suddetti elementi prognostici favorevoli consistono: nella
giovanissima eta' all'epoca dei fatti, compresa tra i quindici anni e
mezzo e i sedici e mezzo; nell'incensuratezza, essendo sottoposto ad
unico altro processo (1) sempre per atti persecutori anteriori in
danno della stessa vittima; nel tipo di relazione affettiva altamente
"tossica" protrattasi tra i due minori per oltre tre anni, in
un'alternanza di interruzioni e riprese nonostante la totale
intollerabilita' del modello comportamentale e di vita imposto
dall'imputato, con manifestazioni di attaccamento morboso reciproche
perdurate anche dopo la prima denunzia, la prima delle quali venne
sporta dalla madre, con scelta a lungo osteggiata dalla figlia; la
frequenza della scuola all'epoca del fatto, pur non senza difficolta'
ed assenze, nel frattempo aderendo con impegno all'offerta formativa
nella struttura; la totale estraneita' all'uso di sostanze di
qualsiasi tipo, indice prognostico favorevole in prospettiva del
trattamento del disturbo personologico; la piena e costante
disponibilita' a sottoporsi a un progetto educativo e terapeutico da
svolgersi in comunita', ove il minore venne inserito pochi mesi dopo
la attenuazione della misura cautelare della custodia in carcere,
individuata in struttura socio-riabilitati va a valenza sanitaria con
intenso supporto di Servizi anche specialistici (interni - incluso il
supporto psichiatrico- ed esterni - con altre figure di sostegno
psicologico alla struttura ed agenti in sinergia); il buon
comportamento tenuto sia all'I.P.M. durante i pochi mesi di custodia
cautelare, sia presso la detta comunita', svolgendo in entrambi i
casi le attivita' ivi previste e mostrandosi collaborativo e scevro
da infrazioni disciplinari, nonostante gli atti di bullismo fisico
subiti fin dall'inizio della detenzione per certo tempo; il
comportamento responsabile e leale seguito alla ricezione del
recentissimo messaggio (un "like") su un social da parte della ex
fidanzata, che la stessa ha giustificato come frutto di un invio per
mero errore e che invece, sul momento, il giovane ha logicamente
interpretato come voluto, riuscendo a resistere all'impulso di
risponderle ed anzi esibendone immediatamente il testo agli
operatori.
Le relazioni pervenute in sede di udienza preliminare
attestano un sicuro avvio di rielaborazione critica sul reato, una
certa capacita' introspettiva, la fiducia riposta negli operatori e
l'attiva ricerca sia dei sostegni sia delle figure professionali che
lo affiancano, dimostrata anche nell'ultimo mese con la reazione (pur
comprensibilmente sgomenta) in sede di colloquio di restituzione
sulla diagnosi comunicatagli; la stessa sofferenza sperimentata su se
stesso, a cagione delle angherie fisiche in ambito carcerario, hanno
stimolato una maggiore capacita' di immedesimazione in quella
inflitta per anni alla ex fidanzata.
Inoltre, la prosecuzione del percorso del (tuttora) minore, da
svolgersi integralmente in contesto contenitivo, distante
(extraregionale) dal luogo di residenza della vittima che sarebbe
difficilmente raggiungibile con mezzi pubblici (2) , ridurrebbe in
misura significativa i rischi di ripresa della relazione, che in caso
opposto - all'esito di eventuale scarcerazione a fine pena-
potrebbero concretizzarsi presto o tardi a causa dei tratti
personologici di dipendenza affettiva comuni ad entrambi, ed anche su
iniziativa della stessa p.o., versante a sua volta in condizioni di
estrema vulnerabilita', tanto che sia gli interventi di rete
coinvolgenti le due famiglie, sia l'apertura di una procedura di V.G.
(e di un procedimento amministrativo) per la minore, non avevano
sortito sufficienti risultati, persistendo ambedue nel rapporto
asfissiante da cui non riuscivano ad affrancarsi, e rispetto al quale
l'unico episodio di violenza sessuale (contestato) denota una chiara
componente anche riconciliativa, dopo estenuanti litigi verbali e a
volte aggressioni fisiche in danno della minore.
E' esclusa una pronunzia con qualsiasi altra formula del p.p.m.
per la gravita' del delitto, non tanto rispetto alle modalita'
esecutive, ma per il suo innesto all'interno di condotte persecutorie
precedenti e concomitanti, iniziate fin dall'eta'
infra-quattordicenne in danno della stessa vittima, proseguite dopo
la prima denunzia e connotate da forme di estrema violenza
psicologica e fisica, sorretta dall'intimo convincimento della sua
inferiorita' e volte ad annullarne ogni autonomia decisionale (cfr.
capo di imputazione), culminate infine in deliranti minacce seriali
di morte/suicidio emergenti dalle chat nei giorni immediatamente
antecedenti alla denunzia della giovane, la quale solo allora inizio'
a mentalizzare la gravita' dei rischi corsi (salvo il suddetto
ripensamento recente, ma neppure isolato).
2) Non manifesta infondatezza della questione nel giudizio a quo.
In ordine al secondo presupposto normativa previsto dall'art. 23,
comma 2, cit., si ritiene che, esclusa ogni valutazione del giudice a
quo sulla fondatezza o meno dell'eccezione di costituzionalita', essa
non appaia manifestamente infondata in due delle sue articolazioni,
precludendo in radice la applicabilita' della m.a.p alla fattispecie
di reato in ascrizione, senza consentire all'organo giudiziario
specializzato e in composizione interdisciplinare il consueto vaglio
sulla gravita' commisurata all'entita' del fatto ed alla personalita'
del reo; ne' potendosi nel caso di specie individuare una
interpretazione della novellata norma conforme a Costituzione -
secondo il noto percorso delineato dalla C.C. sul tentativo
ermeneutico in funzione adeguatrice- stante la natura generale e
cogente del divieto introdotto, avente ad oggetto una categoria di
delitti individuati come ostativi, tra cui quello in disamina.
La difesa ha indicato i seguenti tre precetti costituzionali che
assume violati:
art. 3 comma primo Cost., per la ingiustificata disparita' di
trattamento tra i minori imputati del reato di violenza sessuale
nelle forme aggravate di cui all'art. 609-ter codice penale, e gli
altri minori autori di reati per cui la m.a.p rimane concedibile "pur
essendo gli uni e gli altri su un piano di sicura parita' quanto
all'esigenza di recupero e re inserimento sociale";
art. 31 comma secondo Cost., a norma del quale la Repubblica
''protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli
istituti necessari a tale scopo", da cio' discendendo che il processo
penale minorile "e' volto principalmente al recupero del minore
deviante, mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale
anche attraverso l'attenuazione dell'offensivita' del processo"; in
tale ottica l'automatismo introdotto dalla modifica normativa
priverebbe l'imputato di uno dei principali strumenti che consentono
al giudice di valutare compiutamente la personalita' del minore,
sotto l'aspetto psichico, sociale e ambientale, anche ai fini
dell'apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno
disposti;
art. 24 comma secondo Cost. in quanto il minore si vedrebbe
negata la possibilita' di avvalersi delle particolari garanzie
difensive offerte dalla messa alla prova.
2-1. Con riferimento al parametro di costituzionalita' di cui
all'art. 31, comma 2, della Costituzione, come ritenuto dalla C.C.
fin dalla sentenza n. 125 del 1995, "la messa alla prova costituisce,
nell'ambito degli istituti di favore tipici del processo penale a
carico dei minorenni, uno strumento particolarmente qualificante,
rispondendo, forse piu' di ogni altro, alle indicate finalita' della
giustizia minorile ". La finalita' rieducativa connaturata e tipica
dell'istituto e' stata recentemente ribadita dalla Corte a
prescindere dalla tipologia di reati, inclusi quelli di massima
gravita' (cfr. sentenza n. 139 del 2020, che costituisce una
pronunzia particolarmente significativa in quanto analizza il
rapporto tra la messa alla prova dei minori e quella dei maggiorenni,
evidenziando la finalita' puramente rieducativa della prima, di
contro a quella, nella seconda concorrente, di tipo sanzionatorio);
sempre ribadendo che l'istituto di cui all'art. 28 decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988 mira a consentire la rapida
fuoriuscita del minore dal circuito penale, qualora capace di seria
rivisitazione critica (sentenza n. 23/2025).
Sotto questo profilo, l'introdotto automatismo ostativo preclude
senza eccezioni la valutazione della fattispecie concreta di reato da
parte del giudice specializzato e interdisciplinare, sotto ogni
aspetto caratterizzante la delicata funzione minorile in rapporto
alle caratteristiche di eta' dell'imputato, perdendo quelle
opportunita' di approfondimento del contesto di maturazione del reato
che spesso emergono, non senza fatica, solo in corso di m.a.p.
In rapporto ad entita' e modalita' attuative, il divieto opera
indistintamente anche per condotte di minor gravita', che tali
appaiono solo ex post e altresi' rispetto alle implicazioni
psicologiche, come nel caso di specie, concernente brevi atti
masturbatori reciproci con toccamenti manuali, nell'ambito di una
relazione affettiva che, nei periodi non turbolenti, li prevedeva
consensualmente; al momento del fatto la p.o. intendeva sottrarvisi
perche' nel frangente esasperata dal violento litigio poco prima
avvenuto (in cui le aveva danneggiato dei beni personali),
determinandosi a soggiacervi per lo stato di timore dovuto al solito
comportamento del partner, aduso ad esplodere in accessi di ira per
motivi legati al controllo della fidanzata, in caso di
"disubbidienza" ai suoi dettami involgenti ogni aspetto della sua
vita. Emergono tuttavia messaggi inequivoci, a distanza di una decina
di giorni dal reato, in cui la p.o. manifesta pieno ritrovato
consenso alla relazione sessuale con l'imputato, col quale si trova
in quel momento in fase idilliaca; e soprattutto, nel suo vissuto non
fu certo questo l'episodio piu' traumatizzante e che la determino' a
denunziarlo, tanto che addirittura non ne fece alcuna menzione nella
denunzia-querela, in cui descrisse invece in dettaglio le condotte
persecutorie a sfondo mai sessuale, aggiungendolo solo nella
integrazione dell'atto querelatorio il giorno successivo.
La novella comporta la separazione dal contesto complessivo in
cui il delitto sessuale puo', come nel caso di specie, inserirsi
all'interno di una relazione affettiva insana da ambo le parti e
connotata da enormi violenze fisiche e psicologiche, di cui esprime
nulla piu' che una particolare manifestazione, anche del tutto
isolata. Preclude al giudice di penetrare con la necessaria
attenzione nel delicato terreno dell'individuazione di eventuali
fattori favorenti il delitto, insiti nel percorso di crescita del reo
e in cui assumono un ruolo determinante i modelli familiari e il
rispetto per la figura femminile, avvalendosi del supporto degli
operatori dei Servizi i quali, nel corso di lunghe messe alla prova,
riescono talora solo nei colloqui piu' avanzati a cogliere aspetti
prima rimasti sfumati. Parimenti preclude di valutare le complesse
dinamiche relazionali adolescenziali, che (massimamente nel caso di
specie), risultano estremamente disfunzionali, e tuttavia, secondo i
rilievi sopra esposti, concernono un unico partner; impedisce di
considerare in senso prognostico favorevole la condotta susseguente
all'imputazione, in ispecie manifestata con un comportamento
resipiscente ed autenticamente collaborativo rispetto a ciascuno dei
sinergici supporti socioeducativi, formativi e specialistici
ricevuti.
Oltre a cio', nel caso di specie si profila uno specifico
ulteriore profilo di irragionevolezza della norma nell'attuale
formulazione tassativa ed inderogabile, nella misura in cui esclude
l'accesso alla m.a.p. per il reato in parola anche laddove esso sia
commesso ad altri con essa invece compatibili ed espressione di una
stessa inclinazione criminosa, tipicamente- come nella fattispecie
oggetto di giudizio - rispetto alla condotta di atti persecutori; la
quale, poiche' connotata dalle suesposte modalita' esecutive
multiformi e particolarmente vessatorie, appare in concreto, benche'
punita con sanzione edittale inferiore, non certo meno allarmante
della violenza sessuale (quale contestata); le risultanze obiettive
conclamano che abbia anzi sortito effetti ben piu' devastanti per la
vittima, tenuto conto della sua concreta estrinsecazione alla luce
della progressiva ingravescenza, della lunga durata (annuale rispetto
ai fatti ascritti; e addirittura ultra-triennale, computando anche
gli episodi da infra-quattordicenne oggetto del primo procedimento) e
dell'annientamento perseguito e raggiunto di ogni liberta' della
fidanzata, costretta a chiedere permesso per ogni propria azione (a
titolo esemplificativo, financo per la frequenza scolastica e lo
studio; sottoposta a totale isolamento sociale e a limitazioni
inimmaginabili concernenti il tipo di · abbigliamento, l'igiene
personale, il peso, la possibilita' di utilizzare un lessico adeguato
alle proprie competenze; oltre a quelle piu' consuete di controllo
continuo, piu' frequentemente ricorrenti nella casistica
giudiziaria).
La compatibilita' normativa del delitto di atti persecutori,
anche nelle sue forme piu' estreme, con la sospensione del processo,
invece espunta dall'ordinamento per alcune forme di reati sessuali a
volte (ovviamente: riguardati in rapporto di proporzionalita') dotati
di minor offensivita' nel vissuto della stessa vittima, e chiaramente
avvinti dal vincolo della continuazione con il primo, pone un dubbio
di costituzionalita', oltre che rispetto al parametro di cui all'art.
3, comma 1, Cost. (c.f.r. infra), anche rispetto a quello in
trattazione; solo attraverso lo studio delle rispettive fattispecie
concrete e' dato cogliere le reciproche entita' e contorni, malgrado
i primi costituiscano pur sempre i reati satellite nel computo
dell'aumento a titolo di continuazione.
Ed ancora, la sottrazione alla sfera di operativita' della m.a.p.
del delitto sessuale che ne occupa impedisce di tener conto della sua
connessione non solo riferita al piano giuridico ai sensi del
combinato disposto degli artt. 12, lettera b), codice di procedura
penale e 81 comma 2 c.p., ma anche alla connessione di tipo
psicologico - aspetto pur fondamentale nella materia minorile, con
particolare riferimento all'art. 27 decreto del Presidente della
Repubblica n. 448/1988, il cui requisito della occasionalita' del
fatto viene interpretato in senso non meramente cronologico ma
appunto anche psicologico - malgrado esso possa scaturire, e nella
specie sia scaturito, da una identica spinta deviante, non
focalizzata sulla soggiogazione sessuale, ma volta ad una assoluta
sopraffazione generale e sistematica della p.o., alimentata da un
disturbo di personalita' a sua volta esitato a modelli educativi
ispirati alla iper-protezione e alla giustificazione.
Benche' il delitto di violenza sessuale aggravato a danno di
minore e/o commesso in costanza o dopo la cessazione di una relazione
costituisca delitto esecrabile e di notevole allarme sociale, spesso
accade - come nella fattispecie concreta oggetto di causa - che, pur
configurando reato autonomo concorrente con quello abituale di atti
persecutori e piu' gravemente sanzionato, si inserisca nella serie di
condotte integrative di quest'ultimo con connotazioni mutevoli, che
solo l'apprezzamento delle specificita' del caso concreto, demandate
alla prudente valutazione del giudice dotato di competenze
specializzate, permettono di individuare in profondita', tenuto conto
delle modalita' e delle implicazioni emotive derivate alla p.o.
Ne discende che la considerazione del solo titolo di reato
(609-ter c.p.) con valenza sempre prevalente sulla funzione
rieducativa e di recupero di minori che lo commettono, svincolandolo
da ogni altro criterio, quale la gravita' in concreto, pone uno
sbarramento normativa al percorso di m.a.p che appare affetto da
vizio di incostituzionalita'; soprattutto considerato nello specifico
che la m.a.p. rimane ammissibile per il delitto di stalking (ed altri
minori, nella specie di danneggiamento), legato alla violenza
sessuale dal vincolo della continuazione e sorretto psicologicamente
dalla medesima volonta' di dominio e reificazione del partner, tanto
che la condotta di cui all'art. 609-ter codice penale costituisce nel
caso concreto, fatto salvo il concorso dei delitti e i ben diversi
limiti edittali, una tra le inesauribili modalita' sopraffattive
tipiche di quella persecutoria.
L'introduzione dell'u.c. nella norma di cui all'art. 28 cit.
sottende una presunzione assoluta di inefficacia di percorsi
rieducativi basata esclusivamente sulla tipologia delittuosa, a
prescindere da ulteriori connotazioni attinenti al merito, atte a
lumeggiare il reale disvalore dell'agito, ed altresi' dalla
valutazione della personalita' dell'autore, in contrasto con la
complessiva disciplina codicistica del p.p.m, e segnatamente col
principio di individualizzazione desumibile dall'art. 9 decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988, che, secondo il costante
orientamento della Corte costituzionale, ne permea l'intero impianto
normativa, in ogni sua fase, anche in executivis (fase rispetto alla
quale, con sentenza n. 90/2017 di accoglimento per violazione appunto
del parametro in disamina, ne ha fatto applicazione per escludere la
legittimita' di "un rigido automatismo fondato su presunzione di
pericolosita' legata al titolo del reato commesso", proprio perche'
escludente la "valutazione del caso concreto e delle specifiche
esigenze del minore"). Il suddetto principio trova fondamento ·nel
dettato di cui all'art. 31 Cost. di cui costituisce attuazione nella
materia penale, attribuendo al Potere Legislativo, in ottica di
protezione di minori resisi autori di reati, strumenti trattamentali
e sanzionatori atti a favorirne la rieducazione e il reinserimento
nel consesso sociale, muovendo dall'imprescindibile considerazione
delle rilevanti potenzialita' di cambiamento insite nella plasticita'
dell'eta' evolutiva, anche attuando misure che comportino
l'attenuazione della cd. offensivita' del processo, nonche' la rapida
fuoriuscita dal circuito canale, secondo l'orientamento consolidato
della C.C (in ispecie, sentenze nn. 222/1983; 206/1987; 125/2002).
Sorge dubbio, sufficiente al fine del sindacato di legittimita'
costituzionale della norma in parola, circa la conformita' al grado
di avanzata protezione assicurata dall'art. 31 della Carta
Costituzionale (e da fonti sovranazionali ed internazionali) della
compressione della finalita' rieducativa, in presenza - nel giudizio
a quo - di aspetti attinenti al merito e alla personalita' che
lascerebbero ben presumere la positiva evoluzione di personalita',
sulla base della mera tipizzazione di una serie di condotte ritenute
antologicamente incompatibili con una siffatta evoluzione, pur ove il
beneficio fosse applicato nel massimo limite temporale (un triennio),
e con intero svolgimento in comunita' idonea, munita di personale
interno avente anche competenze psichiatriche e psicologiche ed in
affiancamento costante agli operatori esterni. L'attuale testo della
norma denunciata· non consente alcun tipo di valutazione collegata al
fatto concreto e alla situazione personale, familiare e
socio-ambientale del minore, che potrebbero consentire l'accesso alla
m.a.p., sia pure particolarmente monitorata e in contesto altamente
contenitivo, per lungo tempo e su costante verifica da parte dei
giudice nell'ambito di udienze in sede collegiale a cadenza molto
ravvicinata, con eventuale revoca in caso di interruzione del
percorso o di ripetute e gravi trasgressioni rivelatrici di intento
strumentale originario dissimulato, ovvero della sopravvenuta
indisponibilita' o incapacita' al cambiamento. Il complesso di tali
modalita' insite nella m.a.p., assicurerebbe per un verso un intenso
monitoraggio sugli sviluppi della risposta del minore, e per altro
verso l'immediata segnalazione di eventuali allontanamenti arbitrari
dalla comunita' alla p.o. anche in forme celeri (a mezzo delle FF.OO
e/o del difensore).
Infine, stante l'estraneita' della costituzione di parte civile
al p.p.m, la novella censurata esclude anche la mediazioni penale con
la vittima, che in casi - come quello di specie - di coinvolgimento
in condotte di reato ben piu' ampie (per durata, modalita' ed
effetti), proprio a seguito di un congruo percorso di
risocializzazione dell'offensore focalizzato sulla mancata gestione
della rabbia, su rafforzamento dell'autostima, sulle turbe
dell'affettivita' e del corretto esercizio della sessualita' -
obiettivi richiedenti interventi lunghi, mirati e con stretto
contatto con le figure professionali di riferimento - potrebbe
condurre a risultati significativi, allontanando il minore anche
dall'ambiente che ne ha favorito lo sviluppo; obiettivi che molto
difficilmente si potrebbero attuare in forme cosi' strutturate in
carcere e produrrebbero minori effetti positivi in fascia di eta'
piu' adulta e dopo una condanna. La eventuale riconciliazione con la
vittima (obiettivo perseguito anche da norme comunitarie, con
conseguente possibile questione di costituzionalita' anche rispetto a
norme interposte ai sensi dell'art. 117 Cost, aspetto gia'
focalizzato nella ordinanza di rimessione del T.p.m. di Roma del 17
aprile 2025) non viene qui in considerazione se non sotto l'aspetto
riparativo indiretto, posto che semmai entrambi vanno aiutati ad
elaborare la reciproca perdita.
2.2. Con riferimento al parametro costituzionale di cui all'art.
3 cit., la violazione del principio di ragionevolezza si pone per la
ingiustificata disparita', sancita dallo sbarramento all'accesso
all'istituto per il delitto de quo, rispetto a tipologie delittuose
ancor piu' gravi, tra cui alcune (senza pretesa di completezza: reati
di criminalita' organizzata, strage e sequestro di persona a scopo di
estorsione, quest'ultimo in aumento nel Distretto) che sono
sanzionate con pene edittali molto piu' elevate e che inoltre, a
differenza della violenza sessuale aggravata o bi-aggravata, anche
nelle singole modalita' esecutive esprimono costantemente
personalita' gia' adultizzate e strutturate in senso altamente
deviante, rispetto alle quali la soccombenza della finalita' di
recupero sociale si porrebbe in termini di maggior ragionevolezza; e
tuttavia esulanti dal divieto.
L'esclusione della figura delicti in esame dal novero dei reati
rientranti nella previsione normativa contenuta nell'art. 28, comma
1, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 impedisce
inoltre la valutazione della attualita' dell'allarme sociale sancendo
il divieto in modo avulso dalla distanza cronologica dal reato,
spesso considerevole nei processi che, a differenza di quello de quo,
approdano in giudizio preliminare o dibattimentale, concernenti fatti
episodici talora risalenti nel tempo (soprattutto in caso di
rivelazioni della p.o. ormai cresciuta, se non adulta; precipuamente
per episodi di abuso maturati in ambito familiare), tali da
consentirne la definizione con sentenze di perdono giudiziale,
aspetto che pone ulteriori problemi di ragionevolezza e di coerenza
del sistema anche rispetto al principio di ragionevolezza e di
coerenza del sistema in violazione dell'art. 3 Cost. Residuando in
vero un certo margine di applicabilita' del perdono giudiziale - pur
in casi selezionati, e come effetto del computo delle circostanze
attenuanti generiche e della diminuente della minore eta' in misura
prevalente sulle aggravanti e con l'ulteriore riduzione ex art. 442
c.p.p. - alle fattispecie di reato di cui all'art. 609-ter codice
penale (tipicamente in danno di familiari in ambito domestico), si
verifica alla stregua della vigente normativa un paradosso:
l'imputato puo' giovarsi di sentenza ex art. 169 c.p. senza dover
sostenere alcuno sforzo per dimostrare il cambiamento (ad es.
allorche' a distanza di molti anni dal reato abbia dato prova di un
proficuo inserimento scolastico o lavorativo e non abbia riportato
condanne ne' altre pendenze); laddove non potrebbe, a parita'
assoluta di condizioni (cioe' lo stesso imputato, per quello stesso
fatto) accedere alla m.a.p., che in tal caso dimostrerebbe peraltro
una evoluzione positiva particolarissima, sia collegata alla (piu'
meritoria) scelta (che comporta una importante attivazione
progettuale), sia alla luce del suo compimento con buon esito, a
tutto beneficio della stessa collettivita'.
Si richiamano qui le precedenti osservazioni attinenti al
rapporto tra il delitto esulante dalla sfera di applicabilita' della
m.a.p. con quello connesso di stalking con identita' di p.o.
2.3. Da ultimo, la doglianza di costituzionalita' per presunta
violazione dell'ulteriore parametro costituzionale di cui all'art. 24
Cost. e' manifestamente infondata, non derivando dalla scelta
legislativa censurata alcuna violazione del diritto di difesa, che si
esercita nella sua pienezza in sede processuale.
3. In conclusione, quanto al petitum: dichiararsi la
illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 28, comma
5-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, nella
parte in cui vieta l'applicabilita' ai delitti di cui all'art.
609-bis, limitatamente alle ipotesi aggravate di cui all'art. 609-ter
c.p., della sospensione del processo ex art. 28 decreto del
Presidente della Repubblica n. 448/1988, nei termini dianzi indicati,
per contrasto con gli art. 3, comma 1 e 31 comma 2 della
Costituzione; subordinatamente, emettersi sentenze di natura
sostitutiva o manipolativa, volte ad introdurre eccezioni al detto
divieto generale, in rapporto a specie, modalita' o circostanze
dell'azione e alla osservazione successiva di personalita' avente
valenza favorevole; e, comunque, se detto delitto sia legato dal
vincolo della continuazione con altri reati contro la persona
contestati nello stesso processo in danno di una medesima p.o. per i
quali sia consentito il beneficio, in particolare con quello di cui
all'art. 612-bis c.p., per contrasto con gli articoli 3 comma 1 e 31
comma 2 della Costituzione.
(1) Pendente innanzi ad altro giudice attualmente con rito diverso,
ma per cui il difensore (comune ad entrambi i processi) ha gia'
richiesto la riunione, consentita dall'evidente continuazione,
qualora venisse proposto il giudizio abbreviato.
(2) E in due ore in automobile, anche ipotizzando nefaste perduranti
complicita' della madre dell'imputato (la quale in passato ne ha
agevolato gli incontri con la ragazza, pur dissentendo dalla loro
relazione, descritta dai nuclei familiari dei due protagonisti
come causativa dei problemi del proprio figlio/a, ma che di fatto
non hanno entrambi saputo arginare) comunque evitabili vietando
uscite in autonomia.
P.Q.M.
Visti gli articoli 2 c.p.p., 23 legge n. 11 marzo 1953, n. 87,
Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza;
Solleva questione di legittimita' costituzionale, nei termini
dianzi indicati, della norma di cui all'art. 28 comma 5-bis decreto
del Presidente della Repubblica n. 448/1988, per contrasto con gli
articoli 3 comma 1 e 31 comma secondo della Costituzione, nella parte
in cui prevede che le disposizione del comma 1 non si applicano ai
delitti di cui all'art. 609-bis codice penale, limitatamente alle
ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter c.p.; comunque ove non
consente deroghe per le ipotesi sopra indicate;
Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale;
Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri; e
comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
Segnala che ai sensi dell'art. 52, lettera B, decreto legislativo
n. 196/2003 e successive modificazioni, in caso di diffusione della
presente ordinanza dovranno essere omessi le generalita' ed ogni dato
identificativo dei minorenni.
Torino, 5 giugno 2025
Il Presidente: Devietti Goggia
Oggetto:
Processo penale – Processo minorile – Sospensione del processo e messa alla prova – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito – Denunciata esclusione dell’applicabilità delle disposizioni del comma 1 dell’art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, ai delitti previsti dall’art. 609-bis cod. pen. (violenza sessuale), nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter cod. pen. – Subordinatamente, denunciata preclusione di deroghe per le ipotesi sopra indicate (in rapporto a specie, modalità o circostanze dell’azione e all’osservazione successiva di personalità avente valenza favorevole e, comunque, se detto delitto sia legato dal vincolo della continuazione con altri reati contro la persona contestati nello stesso processo in danno di una medesima parte offesa per i quali sia consentito il beneficio, in particolare con quello di cui all’art. 612-bis cod. pen.) – Contrasto con la finalità di recupero del minore – Violazione del principio di ragionevolezza sotto plurimi profili – Parità di trattamento per condotte di minore gravità – Ingiustificata disparità di trattamento rispetto a tipologie delittuose anche più gravi – Esclusione dell’accesso al beneficio anche in caso di connessione con altri reati per i quali la messa alla prova è compatibile – Presunzione assoluta di inefficacia di percorsi rieducativi basata esclusivamente sulla tipologia delittuosa a prescindere da ulteriori connotazioni attinenti al merito.
Norme impugnate:
decreto del Presidente della Repubblica del 22/09/1988 Num. 448 Art. 28 Co. 5
decreto-legge del 15/09/2023 Num. 123 Art. 6 Co. 1
legge del 13/11/2023 Num. 159
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 31 Co. 2
Testo dell'ordinanza
N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 05 giugno 2025 Ordinanza del 5 giugno 2025 del Tribunale per i minorenni di Torino nel procedimento penale a carico di N. A.. Processo penale - Processo minorile - Sospensione del processo e messa alla prova - Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito - Denunciata esclusione dell'applicabilita' delle disposizioni del comma 1 dell'art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, ai delitti previsti dall'art. 609-bis cod. pen. (violenza sessuale), nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter cod. pen. e, comunque, preclusione di deroghe. - Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis. (GU n. 35 del 27-08-2025) TRIBUNALE PER I MINORENNI DI TORINO Ufficio del giudice per l'udienza preliminare Il GUP composto da: dott.ssa Maria Grazia Devietti Goggia - Presidente; dott.ssa Barbara De Masi - giudice onorario; dott. Alessandro Vito Granaro - giudice onorario; Riunito in Camera di consiglio all'udienza 5 giugno 2025; assunte le conclusioni delle parti nel processo a carico di .... imputato dei reati: A) art. 612-bis, commi 1, 2, 3 c.p., perche', con condotte reiterate, minacciava e molestava ..... alla quale era legato da una relazione affettiva, segnatamente: vietava alla .... di avere frequentazioni con persone diverse da' lui, che fossero soggetti di sesso maschile o femminile; vietava alla .... di usare i social network e le chat di comunicazione, se non sotto il suo stretto controllo, arrivando a spaccare o danneggiare piu' di un telefono in uso alla medesima, quando sorpresa ad utilizzare qualsiasi piattaforma internet, arrogandosi il diritto di impossessarsi del telefono o altri beni della persona offesa per danneggiarli; tempestava la .... di chiamate vocali, costringendola a parlare con lui al telefono piu' volte al giorno; fino al ...., avendo accesso al registro elettronico scolastico della .... ne controllava il rendimento, picchiandola quando riportava valutazioni positive, oltre a vietarle l'uso della punteggiatura e di vocaboli non di uso comune quando comunicava oralmente o per iscritto con lui; impediva alla .... di abbigliarsi secondo i propri gusti, costringendola ad indossare solamente jeans non attillati e felpa, picchiandola quando lei si vestiva con abiti diversi, inoltre le vietava di truccarsi, di pettinarsi secondo i propri gusti o di tingersi i capelli, di utilizzare deodoranti e profumi; costringeva la .... a mangiare piu' del necessario per impedirle di perdere peso, per poi denigrarla con epiteti quali "obesa", "cicciona di merda", e obbligandola a trasmettergli la foto della bilancia durante la pesatura; in piu' occasioni aggrediva verbalmente la .... con insulti ed epiteti quali "troia", "puttana", "vacca", "infame bastarda", sia di persona, sia utilizzando strumenti telematici; in piu' occasioni aggrediva fisicamente la .... anche in pubblico, tirandola per i capelli e colpendola con dei calci, come accaduto in un episodio tra ...., quando, trovandosi a .... nei pressi ...., accostava il proprio viso a quello della .... e le tirava i capelli, ordinandole di accompagnarlo alla stazione, o come accaduto il ...., quando, trovandosi alla fermata ...., alla presenza di .... amica della p.o.. prendeva quest'ultima per i capelli e le tirava un calcio sugli stinchi; nel ...., dopo aver incontrata la .... in strada, pretendeva che salisse sul motorino con lui, quindi, ottenendo un rifiuto, la spingeva facendola cadere in terra e scagliandole contro il casco, desistendo da ulteriori atti di violenza solo per l'intervento fortuito della madre della ragazza; minacciava la .... di farle del male o di ucciderla, dicendole, in un'occasione, che avrebbe meritato di fare la fine di Giulia Cecchettin e scrivendole a mezzo WhatsApp un'ingente quantita' di messaggi anche insultanti, dal contenuto progressivamente piu' allarmante, del seguente tenore: il ...., adirandosi per il sospetto che la .... avesse corrisposto via messaggio con una sua amica, cancellando poi la chat per tenerlo all'oscuro della conversazione, le scriveva: "per me sei morta [ ... ] ti scasso la faccia [ ... ] e appena ti vedo ti spacco la faccia [ ... ] gli hai scritto brutta troia [ ... ] muori [ ... ] cancelli la chat obesa puttana"; "ti ammazzo io ok [ ... ] io sta volta ti scanno [ ... ] prendi per il culo un altro [ ... ] brutta bastarda [ ... ] continui a scrivere a quella io ti taglio la faccia [ ... ] non DEVI ENTRARE SUL CAZZO DI WHATSAPP"; ancora il .... le scriveva "minchia allora domani ci vediamo e ti ammazzo"; il ...., riferendosi al fatto che la .... aveva spento il telefono per riposare la sera prima, le scriveva: "io vengo ad ammazzarti oggi [ ... ] tu dormi quando lo dico io ok [ ... ] senno' ti ammazzo [ ... ] ", successivamente, nella medesima data, le scriveva: "dimmi dove sei schifosa obesa bastarda [ .. ] ti ammazzo oggi [ ... ] ti vengo a cercare ovunque [ ... ] e ti scanno"; il ...., riferendosi alla decisione della .... di interrompere la loro relazione, le scriveva: "devi morire [ ... ] a me questo interessa bastarda [ ... ] CHE CREPI LO HAI CAPITO [ ... ] che devi morire obesa puttana [ ... ] o hai capito che devi morire stanotte puttana [ ... ] io mi faccio 30 anni ma ti ammazzo [ ... ] ti conviene che lo fai tu [ ... ] voglio che muori"; continuando il .... poco dopo la mezzanotte, con i seguenti messaggi: lo hai capito brutta bestia di merda [ ... ] io me ne vado a dormire io spero che domani mattina sei morta [ ... ] senno' tocca a me poi fare il tutto", cagionando con tali condotte alla persona offesa un perdurante e grave stato di ansia e di paura, nonche' ingenerando nella medesima un fondato timore per l'incolumita' propria e delle persone a lei affettivamente legate, ed altresi' costringendola a modificare le proprie abitudini di vita, segnatamente: impedendo alla .... di avere una vita adeguata alla propria eta', con riguardo alla frequentazione di altre persone, al desiderio di compiere fruttuosamente il proprio percorso scolastico, di avere relazioni familiari serene, costringendola a vivere in una condizione di penosa dipendenza psicologica, sessuale e relazionale da se stesso, nonostante i contatti gia' avuti dall'(imputato) con l'Autorita' giudiziaria e le Forze di Polizia per la pendenza di precedente procedimento penale per fatti analoghi, ascrivibili a un periodo precedente, intercorsi tra il medesimo indagato e la medesima persona offesa. Fatto aggravato per essere stato commesso in danno di persona minore di eta', con la quale era legato da una relazione affettiva, in talune occasioni attraverso strumenti telematici. In .... dal mese di .... (data dell'arresto). B) artt. 609-bis e 609-ter nn. 5 e 5-quater c.p., perche' costringeva con minaccia (la stessa p.o.) .... a compiere e subire atti sessuali, segnatamente: trovandosi nei pressi dei bagni pubblici del parco di .... dopo essersi arrabbiato perche' la .... era uscita di casa, contravvenendo alle sue disposizioni, poneva in essere le condotte delittuose meglio descritte nel capo C), quindi la minacciava di ucciderla, esigendo delle scuse da parte sua, la prendeva per i capelli, cosi' provocandone il pianto, quindi le diceva di seguirlo nel bagno pubblico per compiere un atto sessuale, ma, ottenendo il rifiuto della vittima, si rivolgeva nuovamente a questa con atteggiamento rabbioso, cosi' costringendola ad andare con lui all'interno del bagno per masturbarsi reciprocamente. Fatto aggravato per essere stato commesso ai danni di persona che non ha compiuto i diciotto anni, con cui .... era legato da relazione affettiva. In .... nella prima settimana di .... C) articoli 61 n. 1, 635 comma 1 c.p., perche', trovandosi in strada, prima di commettere il delitto meglio descritto al capo B), dopo aver sottratto (alla p.o.) il telefono cellulare per controllarle le chat, le intimava di consegnargli l'orologio da polso marca Citizen dalla stessa indossato, minacciando di picchiarla se si fosse rifiutata, quindi, avuto l'orologio, ne strappava il cinturino e lo gettava in terra, cosi' rendendolo in tutto o in parte inservibile; subito dopo, accorgendosi che la ... custodiva quindici euro in banconote nella custodia del telefono, dapprima gettava il denaro in terra, poi, quando la vittima cercava di rientrarne in possesso, afferrava le banconote e le strappava. Fatto aggravato per essere stato commesso per motivi abietti o futili. In .... nella prima settimana di .... D) articoli 61 n. 1, 635 comma 1 c.p., perche', dopo essersi incontrati in strada, sottraeva il telefono alla .... per controllarne le chat, quindi, sbatteva l 'apparecchio contro la panchina su cui erano seduti, deteriorandone la scocca posteriore. Fatto aggravato per essere stato commesso per motivi abietti o futili. In .... il ....del 2024 Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale. A conclusione delle indagini preliminari il P.M. chiedeva emettersi giudizio immediato nei confronti dell'imputato dei delitti in epigrafe, a seguito del quale veniva chiesto dalla Difesa il giudizio abbreviato, disposto all'udienza 6 marzo 2025. In detta udienza il difensore sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma 5-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, lettera C-bis del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni nella legge 13 novembre 2023, n. 159, nella parte in cui non consente all'imputato di accedere all'istituto della messa alla prova in relazione a determinate tipologie di reato, tra le quali quella, contestata all'imputato ... (al capo B), di cui all'art. 609-bis c.p. commessa in danno di persona minorenne e legata all'imputato da relazione affettiva, dunque aggravata ai sensi dell'art. 609-ter, comma 1, nn. 5 e 5-quater c.p.; la doglianza concerne la ritenuta violazione degli articoli 3, comma 1, 31 comma 2 e 24, comma 2, della Costituzione. 1) Rilevanza della questione nel giudizio a quo. Ritenuto, quanto al presupposto della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla decisione sulla stessa, posto che la norma censurata preclude al giudice minorile, con riferimento al delitto divenuto ostativo, di entrare nel merito della valutazione concernente la eventuale sospensione del processo con messa alla prova ai sensi dell'art. 28 decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 e la stessa fattibilita' di una previa verifica in tal senso. In assenza della modifica legislativa, l'imputato avrebbe potuto certamente beneficiare dell'istituto della m.a.p anche in relazione al delitto di violenza sessuale pluriaggravata, concorrendone i presupposti richiesti dalla norma di cui all'art. 28, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, ed inoltre essendone evidente la connessione a titolo di continuazione con gli altri reati per cui la m.a.p. e' consentita, ossia con il delitto (sub A) di atti persecutori in danno della stessa vittima minorenne da molto tempo in atto, ed altresi' con i reati (di cui ai capi C e D) commessi, questi, proprio poco prima della violenza, a scopo ritorsivo ed intimidatorio, secondo le costanti modalita' reattive utilizzate dall'imputato in caso di (raro) rifiuto della p.o. a sottostare alle "regole" comportamentali e ai comandi da questi imposti, sulla base di un convincimento di superiorita' sulla fidanzata (di un anno piu' giovane). L'accertamento della responsabilita' in ordine al delitto oggetto della novella legislativa e' certo sulla base del complessivo quadro probatorio, e cio' stanti: le dichiarazioni della p.o.; la sostanziale ammissione dell'imputato - salvo la negazione in punto di consapevolezza del suo dissenso, totalmente irrilevante alla stregua d eli' ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimita'; il tipo di personalita' del minore, esprimentesi in una serie impressionante di condotte persecutorie, concretanti ogni specie di quelle costituenti la casistica del delitto di cui all'art. 612-bis c.p.., nella quale si inseriscono gli atti di danneggiamento di beni della fidanzata (capi C e D) cagionanti ennesima vessazione alla stessa, esplosa in pianto, e pressoche' immediatamente precedenti la consumazione del rapporto reciprocamente masturbatorio. Non emergono allo stato elementi univoci per ritenere esclusa la capacita' di intendere e di volere e/o la maturita' ex art. 98 codice penale del minore, essendo pervenuta dopo la seconda udienza (6 marzo 2025) la relazione gia' richiesta dei Servizi specialistici, che pone diagnosi in termini di "disturbo emergente di personalita' con caratteristiche antisociali e narcisistiche (PDM-2), in cui le fragilita' narcisistiche possono aiutare a comprendere i comportamenti aggressivi nelle relazioni affettive", patologia che sulla base di altra relazione psicologica sembra in parte riconducibile a dinamiche familiari e sistemi di attaccamento entrambi disfunzionali. Cio' stante, essendo ipotizzabile il nesso eziologico tra il disturbo e il reato, si e' reso necessario disporre perizia psichiatrica onde approfondire l'aspetto della imputabilita' e della pericolosita' sociale ovvero, a fini sanzionatori, del vizio parziale di mente ex art. 89 c.p.; ma allo stato apparendo improbabile la sussistenza di cause di non punibilita' per la quale il nesso eziologico e' solo uno dei presupposti per giurisprudenza costante- sulla base di tutte le risultanze processuali, dello stesso lucido comportamento del minore in udienza, e soprattutto delle proficue sedute con gli operatori (psichiatri; vari psicologi) che evidenziano caratteristiche personologiche di sostanziale consapevolezza del disvalore delle proprie azioni. La sottoposizione dell'imputato a misura cautelare (del collocamento in comunita') per il delitto di violenza sessuale obbliga alla pregiudiziale di costituzionalita' anche in pendenza delle operazioni peritali. Cio' premesso, le risultanze processuali contengono molteplici elementi atti ad escludere che la personalita' dell'imputato sia gia' strutturata in senso deviante, rendendo anzi nel caso di specie quanto mai opportuna la ammissione alla m.a.p., onde differire la valutazione sulla evoluzione della personalita' all'esito di un percorso rieducativo -peraltro da tempo iniziato- e riparativo, fruendo degli specifici strumenti che solo l'istituto in questione consente di attivare efficacemente. La messa alla prova consentirebbe la valorizzazione delle risorse presenti nel minore (che presenta scarsa autostima, tratti depressivi, e funzioni cognitive ai limiti della norma) e soprattutto la preservazione dal rischio di ingravescenza del disturbo di personalita' ancora al suo esordio e quindi particolarmente responsivo a trattamenti psicoterapeutici e/o farmacologici (questi ultimi gia' cin netta riduzione delle dosi), tanto piu' che si tratta tuttora di minore in piena eta' evolutiva; ed inoltre consentirebbe di affrontare in modo costante ed incisivo le cause familiari ed ambientali delle problematiche personologiche, che gia' dallo stato attuale dell'istruttoria sembrano in gran parte ascrivibili a mancanza di solidi modelli educativi e contenitivi, in ispecie da parte della figura materna rispetto alla quale viene descritto un rapporto simbiotico. I suddetti elementi prognostici favorevoli consistono: nella giovanissima eta' all'epoca dei fatti, compresa tra i quindici anni e mezzo e i sedici e mezzo; nell'incensuratezza, essendo sottoposto ad unico altro processo (1) sempre per atti persecutori anteriori in danno della stessa vittima; nel tipo di relazione affettiva altamente "tossica" protrattasi tra i due minori per oltre tre anni, in un'alternanza di interruzioni e riprese nonostante la totale intollerabilita' del modello comportamentale e di vita imposto dall'imputato, con manifestazioni di attaccamento morboso reciproche perdurate anche dopo la prima denunzia, la prima delle quali venne sporta dalla madre, con scelta a lungo osteggiata dalla figlia; la frequenza della scuola all'epoca del fatto, pur non senza difficolta' ed assenze, nel frattempo aderendo con impegno all'offerta formativa nella struttura; la totale estraneita' all'uso di sostanze di qualsiasi tipo, indice prognostico favorevole in prospettiva del trattamento del disturbo personologico; la piena e costante disponibilita' a sottoporsi a un progetto educativo e terapeutico da svolgersi in comunita', ove il minore venne inserito pochi mesi dopo la attenuazione della misura cautelare della custodia in carcere, individuata in struttura socio-riabilitati va a valenza sanitaria con intenso supporto di Servizi anche specialistici (interni - incluso il supporto psichiatrico- ed esterni - con altre figure di sostegno psicologico alla struttura ed agenti in sinergia); il buon comportamento tenuto sia all'I.P.M. durante i pochi mesi di custodia cautelare, sia presso la detta comunita', svolgendo in entrambi i casi le attivita' ivi previste e mostrandosi collaborativo e scevro da infrazioni disciplinari, nonostante gli atti di bullismo fisico subiti fin dall'inizio della detenzione per certo tempo; il comportamento responsabile e leale seguito alla ricezione del recentissimo messaggio (un "like") su un social da parte della ex fidanzata, che la stessa ha giustificato come frutto di un invio per mero errore e che invece, sul momento, il giovane ha logicamente interpretato come voluto, riuscendo a resistere all'impulso di risponderle ed anzi esibendone immediatamente il testo agli operatori. Le relazioni pervenute in sede di udienza preliminare attestano un sicuro avvio di rielaborazione critica sul reato, una certa capacita' introspettiva, la fiducia riposta negli operatori e l'attiva ricerca sia dei sostegni sia delle figure professionali che lo affiancano, dimostrata anche nell'ultimo mese con la reazione (pur comprensibilmente sgomenta) in sede di colloquio di restituzione sulla diagnosi comunicatagli; la stessa sofferenza sperimentata su se stesso, a cagione delle angherie fisiche in ambito carcerario, hanno stimolato una maggiore capacita' di immedesimazione in quella inflitta per anni alla ex fidanzata. Inoltre, la prosecuzione del percorso del (tuttora) minore, da svolgersi integralmente in contesto contenitivo, distante (extraregionale) dal luogo di residenza della vittima che sarebbe difficilmente raggiungibile con mezzi pubblici (2) , ridurrebbe in misura significativa i rischi di ripresa della relazione, che in caso opposto - all'esito di eventuale scarcerazione a fine pena- potrebbero concretizzarsi presto o tardi a causa dei tratti personologici di dipendenza affettiva comuni ad entrambi, ed anche su iniziativa della stessa p.o., versante a sua volta in condizioni di estrema vulnerabilita', tanto che sia gli interventi di rete coinvolgenti le due famiglie, sia l'apertura di una procedura di V.G. (e di un procedimento amministrativo) per la minore, non avevano sortito sufficienti risultati, persistendo ambedue nel rapporto asfissiante da cui non riuscivano ad affrancarsi, e rispetto al quale l'unico episodio di violenza sessuale (contestato) denota una chiara componente anche riconciliativa, dopo estenuanti litigi verbali e a volte aggressioni fisiche in danno della minore. E' esclusa una pronunzia con qualsiasi altra formula del p.p.m. per la gravita' del delitto, non tanto rispetto alle modalita' esecutive, ma per il suo innesto all'interno di condotte persecutorie precedenti e concomitanti, iniziate fin dall'eta' infra-quattordicenne in danno della stessa vittima, proseguite dopo la prima denunzia e connotate da forme di estrema violenza psicologica e fisica, sorretta dall'intimo convincimento della sua inferiorita' e volte ad annullarne ogni autonomia decisionale (cfr. capo di imputazione), culminate infine in deliranti minacce seriali di morte/suicidio emergenti dalle chat nei giorni immediatamente antecedenti alla denunzia della giovane, la quale solo allora inizio' a mentalizzare la gravita' dei rischi corsi (salvo il suddetto ripensamento recente, ma neppure isolato). 2) Non manifesta infondatezza della questione nel giudizio a quo. In ordine al secondo presupposto normativa previsto dall'art. 23, comma 2, cit., si ritiene che, esclusa ogni valutazione del giudice a quo sulla fondatezza o meno dell'eccezione di costituzionalita', essa non appaia manifestamente infondata in due delle sue articolazioni, precludendo in radice la applicabilita' della m.a.p alla fattispecie di reato in ascrizione, senza consentire all'organo giudiziario specializzato e in composizione interdisciplinare il consueto vaglio sulla gravita' commisurata all'entita' del fatto ed alla personalita' del reo; ne' potendosi nel caso di specie individuare una interpretazione della novellata norma conforme a Costituzione - secondo il noto percorso delineato dalla C.C. sul tentativo ermeneutico in funzione adeguatrice- stante la natura generale e cogente del divieto introdotto, avente ad oggetto una categoria di delitti individuati come ostativi, tra cui quello in disamina. La difesa ha indicato i seguenti tre precetti costituzionali che assume violati: art. 3 comma primo Cost., per la ingiustificata disparita' di trattamento tra i minori imputati del reato di violenza sessuale nelle forme aggravate di cui all'art. 609-ter codice penale, e gli altri minori autori di reati per cui la m.a.p rimane concedibile "pur essendo gli uni e gli altri su un piano di sicura parita' quanto all'esigenza di recupero e re inserimento sociale"; art. 31 comma secondo Cost., a norma del quale la Repubblica ''protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo", da cio' discendendo che il processo penale minorile "e' volto principalmente al recupero del minore deviante, mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale anche attraverso l'attenuazione dell'offensivita' del processo"; in tale ottica l'automatismo introdotto dalla modifica normativa priverebbe l'imputato di uno dei principali strumenti che consentono al giudice di valutare compiutamente la personalita' del minore, sotto l'aspetto psichico, sociale e ambientale, anche ai fini dell'apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno disposti; art. 24 comma secondo Cost. in quanto il minore si vedrebbe negata la possibilita' di avvalersi delle particolari garanzie difensive offerte dalla messa alla prova. 2-1. Con riferimento al parametro di costituzionalita' di cui all'art. 31, comma 2, della Costituzione, come ritenuto dalla C.C. fin dalla sentenza n. 125 del 1995, "la messa alla prova costituisce, nell'ambito degli istituti di favore tipici del processo penale a carico dei minorenni, uno strumento particolarmente qualificante, rispondendo, forse piu' di ogni altro, alle indicate finalita' della giustizia minorile ". La finalita' rieducativa connaturata e tipica dell'istituto e' stata recentemente ribadita dalla Corte a prescindere dalla tipologia di reati, inclusi quelli di massima gravita' (cfr. sentenza n. 139 del 2020, che costituisce una pronunzia particolarmente significativa in quanto analizza il rapporto tra la messa alla prova dei minori e quella dei maggiorenni, evidenziando la finalita' puramente rieducativa della prima, di contro a quella, nella seconda concorrente, di tipo sanzionatorio); sempre ribadendo che l'istituto di cui all'art. 28 decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 mira a consentire la rapida fuoriuscita del minore dal circuito penale, qualora capace di seria rivisitazione critica (sentenza n. 23/2025). Sotto questo profilo, l'introdotto automatismo ostativo preclude senza eccezioni la valutazione della fattispecie concreta di reato da parte del giudice specializzato e interdisciplinare, sotto ogni aspetto caratterizzante la delicata funzione minorile in rapporto alle caratteristiche di eta' dell'imputato, perdendo quelle opportunita' di approfondimento del contesto di maturazione del reato che spesso emergono, non senza fatica, solo in corso di m.a.p. In rapporto ad entita' e modalita' attuative, il divieto opera indistintamente anche per condotte di minor gravita', che tali appaiono solo ex post e altresi' rispetto alle implicazioni psicologiche, come nel caso di specie, concernente brevi atti masturbatori reciproci con toccamenti manuali, nell'ambito di una relazione affettiva che, nei periodi non turbolenti, li prevedeva consensualmente; al momento del fatto la p.o. intendeva sottrarvisi perche' nel frangente esasperata dal violento litigio poco prima avvenuto (in cui le aveva danneggiato dei beni personali), determinandosi a soggiacervi per lo stato di timore dovuto al solito comportamento del partner, aduso ad esplodere in accessi di ira per motivi legati al controllo della fidanzata, in caso di "disubbidienza" ai suoi dettami involgenti ogni aspetto della sua vita. Emergono tuttavia messaggi inequivoci, a distanza di una decina di giorni dal reato, in cui la p.o. manifesta pieno ritrovato consenso alla relazione sessuale con l'imputato, col quale si trova in quel momento in fase idilliaca; e soprattutto, nel suo vissuto non fu certo questo l'episodio piu' traumatizzante e che la determino' a denunziarlo, tanto che addirittura non ne fece alcuna menzione nella denunzia-querela, in cui descrisse invece in dettaglio le condotte persecutorie a sfondo mai sessuale, aggiungendolo solo nella integrazione dell'atto querelatorio il giorno successivo. La novella comporta la separazione dal contesto complessivo in cui il delitto sessuale puo', come nel caso di specie, inserirsi all'interno di una relazione affettiva insana da ambo le parti e connotata da enormi violenze fisiche e psicologiche, di cui esprime nulla piu' che una particolare manifestazione, anche del tutto isolata. Preclude al giudice di penetrare con la necessaria attenzione nel delicato terreno dell'individuazione di eventuali fattori favorenti il delitto, insiti nel percorso di crescita del reo e in cui assumono un ruolo determinante i modelli familiari e il rispetto per la figura femminile, avvalendosi del supporto degli operatori dei Servizi i quali, nel corso di lunghe messe alla prova, riescono talora solo nei colloqui piu' avanzati a cogliere aspetti prima rimasti sfumati. Parimenti preclude di valutare le complesse dinamiche relazionali adolescenziali, che (massimamente nel caso di specie), risultano estremamente disfunzionali, e tuttavia, secondo i rilievi sopra esposti, concernono un unico partner; impedisce di considerare in senso prognostico favorevole la condotta susseguente all'imputazione, in ispecie manifestata con un comportamento resipiscente ed autenticamente collaborativo rispetto a ciascuno dei sinergici supporti socioeducativi, formativi e specialistici ricevuti. Oltre a cio', nel caso di specie si profila uno specifico ulteriore profilo di irragionevolezza della norma nell'attuale formulazione tassativa ed inderogabile, nella misura in cui esclude l'accesso alla m.a.p. per il reato in parola anche laddove esso sia commesso ad altri con essa invece compatibili ed espressione di una stessa inclinazione criminosa, tipicamente- come nella fattispecie oggetto di giudizio - rispetto alla condotta di atti persecutori; la quale, poiche' connotata dalle suesposte modalita' esecutive multiformi e particolarmente vessatorie, appare in concreto, benche' punita con sanzione edittale inferiore, non certo meno allarmante della violenza sessuale (quale contestata); le risultanze obiettive conclamano che abbia anzi sortito effetti ben piu' devastanti per la vittima, tenuto conto della sua concreta estrinsecazione alla luce della progressiva ingravescenza, della lunga durata (annuale rispetto ai fatti ascritti; e addirittura ultra-triennale, computando anche gli episodi da infra-quattordicenne oggetto del primo procedimento) e dell'annientamento perseguito e raggiunto di ogni liberta' della fidanzata, costretta a chiedere permesso per ogni propria azione (a titolo esemplificativo, financo per la frequenza scolastica e lo studio; sottoposta a totale isolamento sociale e a limitazioni inimmaginabili concernenti il tipo di · abbigliamento, l'igiene personale, il peso, la possibilita' di utilizzare un lessico adeguato alle proprie competenze; oltre a quelle piu' consuete di controllo continuo, piu' frequentemente ricorrenti nella casistica giudiziaria). La compatibilita' normativa del delitto di atti persecutori, anche nelle sue forme piu' estreme, con la sospensione del processo, invece espunta dall'ordinamento per alcune forme di reati sessuali a volte (ovviamente: riguardati in rapporto di proporzionalita') dotati di minor offensivita' nel vissuto della stessa vittima, e chiaramente avvinti dal vincolo della continuazione con il primo, pone un dubbio di costituzionalita', oltre che rispetto al parametro di cui all'art. 3, comma 1, Cost. (c.f.r. infra), anche rispetto a quello in trattazione; solo attraverso lo studio delle rispettive fattispecie concrete e' dato cogliere le reciproche entita' e contorni, malgrado i primi costituiscano pur sempre i reati satellite nel computo dell'aumento a titolo di continuazione. Ed ancora, la sottrazione alla sfera di operativita' della m.a.p. del delitto sessuale che ne occupa impedisce di tener conto della sua connessione non solo riferita al piano giuridico ai sensi del combinato disposto degli artt. 12, lettera b), codice di procedura penale e 81 comma 2 c.p., ma anche alla connessione di tipo psicologico - aspetto pur fondamentale nella materia minorile, con particolare riferimento all'art. 27 decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, il cui requisito della occasionalita' del fatto viene interpretato in senso non meramente cronologico ma appunto anche psicologico - malgrado esso possa scaturire, e nella specie sia scaturito, da una identica spinta deviante, non focalizzata sulla soggiogazione sessuale, ma volta ad una assoluta sopraffazione generale e sistematica della p.o., alimentata da un disturbo di personalita' a sua volta esitato a modelli educativi ispirati alla iper-protezione e alla giustificazione. Benche' il delitto di violenza sessuale aggravato a danno di minore e/o commesso in costanza o dopo la cessazione di una relazione costituisca delitto esecrabile e di notevole allarme sociale, spesso accade - come nella fattispecie concreta oggetto di causa - che, pur configurando reato autonomo concorrente con quello abituale di atti persecutori e piu' gravemente sanzionato, si inserisca nella serie di condotte integrative di quest'ultimo con connotazioni mutevoli, che solo l'apprezzamento delle specificita' del caso concreto, demandate alla prudente valutazione del giudice dotato di competenze specializzate, permettono di individuare in profondita', tenuto conto delle modalita' e delle implicazioni emotive derivate alla p.o. Ne discende che la considerazione del solo titolo di reato (609-ter c.p.) con valenza sempre prevalente sulla funzione rieducativa e di recupero di minori che lo commettono, svincolandolo da ogni altro criterio, quale la gravita' in concreto, pone uno sbarramento normativa al percorso di m.a.p che appare affetto da vizio di incostituzionalita'; soprattutto considerato nello specifico che la m.a.p. rimane ammissibile per il delitto di stalking (ed altri minori, nella specie di danneggiamento), legato alla violenza sessuale dal vincolo della continuazione e sorretto psicologicamente dalla medesima volonta' di dominio e reificazione del partner, tanto che la condotta di cui all'art. 609-ter codice penale costituisce nel caso concreto, fatto salvo il concorso dei delitti e i ben diversi limiti edittali, una tra le inesauribili modalita' sopraffattive tipiche di quella persecutoria. L'introduzione dell'u.c. nella norma di cui all'art. 28 cit. sottende una presunzione assoluta di inefficacia di percorsi rieducativi basata esclusivamente sulla tipologia delittuosa, a prescindere da ulteriori connotazioni attinenti al merito, atte a lumeggiare il reale disvalore dell'agito, ed altresi' dalla valutazione della personalita' dell'autore, in contrasto con la complessiva disciplina codicistica del p.p.m, e segnatamente col principio di individualizzazione desumibile dall'art. 9 decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, che, secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, ne permea l'intero impianto normativa, in ogni sua fase, anche in executivis (fase rispetto alla quale, con sentenza n. 90/2017 di accoglimento per violazione appunto del parametro in disamina, ne ha fatto applicazione per escludere la legittimita' di "un rigido automatismo fondato su presunzione di pericolosita' legata al titolo del reato commesso", proprio perche' escludente la "valutazione del caso concreto e delle specifiche esigenze del minore"). Il suddetto principio trova fondamento ·nel dettato di cui all'art. 31 Cost. di cui costituisce attuazione nella materia penale, attribuendo al Potere Legislativo, in ottica di protezione di minori resisi autori di reati, strumenti trattamentali e sanzionatori atti a favorirne la rieducazione e il reinserimento nel consesso sociale, muovendo dall'imprescindibile considerazione delle rilevanti potenzialita' di cambiamento insite nella plasticita' dell'eta' evolutiva, anche attuando misure che comportino l'attenuazione della cd. offensivita' del processo, nonche' la rapida fuoriuscita dal circuito canale, secondo l'orientamento consolidato della C.C (in ispecie, sentenze nn. 222/1983; 206/1987; 125/2002). Sorge dubbio, sufficiente al fine del sindacato di legittimita' costituzionale della norma in parola, circa la conformita' al grado di avanzata protezione assicurata dall'art. 31 della Carta Costituzionale (e da fonti sovranazionali ed internazionali) della compressione della finalita' rieducativa, in presenza - nel giudizio a quo - di aspetti attinenti al merito e alla personalita' che lascerebbero ben presumere la positiva evoluzione di personalita', sulla base della mera tipizzazione di una serie di condotte ritenute antologicamente incompatibili con una siffatta evoluzione, pur ove il beneficio fosse applicato nel massimo limite temporale (un triennio), e con intero svolgimento in comunita' idonea, munita di personale interno avente anche competenze psichiatriche e psicologiche ed in affiancamento costante agli operatori esterni. L'attuale testo della norma denunciata· non consente alcun tipo di valutazione collegata al fatto concreto e alla situazione personale, familiare e socio-ambientale del minore, che potrebbero consentire l'accesso alla m.a.p., sia pure particolarmente monitorata e in contesto altamente contenitivo, per lungo tempo e su costante verifica da parte dei giudice nell'ambito di udienze in sede collegiale a cadenza molto ravvicinata, con eventuale revoca in caso di interruzione del percorso o di ripetute e gravi trasgressioni rivelatrici di intento strumentale originario dissimulato, ovvero della sopravvenuta indisponibilita' o incapacita' al cambiamento. Il complesso di tali modalita' insite nella m.a.p., assicurerebbe per un verso un intenso monitoraggio sugli sviluppi della risposta del minore, e per altro verso l'immediata segnalazione di eventuali allontanamenti arbitrari dalla comunita' alla p.o. anche in forme celeri (a mezzo delle FF.OO e/o del difensore). Infine, stante l'estraneita' della costituzione di parte civile al p.p.m, la novella censurata esclude anche la mediazioni penale con la vittima, che in casi - come quello di specie - di coinvolgimento in condotte di reato ben piu' ampie (per durata, modalita' ed effetti), proprio a seguito di un congruo percorso di risocializzazione dell'offensore focalizzato sulla mancata gestione della rabbia, su rafforzamento dell'autostima, sulle turbe dell'affettivita' e del corretto esercizio della sessualita' - obiettivi richiedenti interventi lunghi, mirati e con stretto contatto con le figure professionali di riferimento - potrebbe condurre a risultati significativi, allontanando il minore anche dall'ambiente che ne ha favorito lo sviluppo; obiettivi che molto difficilmente si potrebbero attuare in forme cosi' strutturate in carcere e produrrebbero minori effetti positivi in fascia di eta' piu' adulta e dopo una condanna. La eventuale riconciliazione con la vittima (obiettivo perseguito anche da norme comunitarie, con conseguente possibile questione di costituzionalita' anche rispetto a norme interposte ai sensi dell'art. 117 Cost, aspetto gia' focalizzato nella ordinanza di rimessione del T.p.m. di Roma del 17 aprile 2025) non viene qui in considerazione se non sotto l'aspetto riparativo indiretto, posto che semmai entrambi vanno aiutati ad elaborare la reciproca perdita. 2.2. Con riferimento al parametro costituzionale di cui all'art. 3 cit., la violazione del principio di ragionevolezza si pone per la ingiustificata disparita', sancita dallo sbarramento all'accesso all'istituto per il delitto de quo, rispetto a tipologie delittuose ancor piu' gravi, tra cui alcune (senza pretesa di completezza: reati di criminalita' organizzata, strage e sequestro di persona a scopo di estorsione, quest'ultimo in aumento nel Distretto) che sono sanzionate con pene edittali molto piu' elevate e che inoltre, a differenza della violenza sessuale aggravata o bi-aggravata, anche nelle singole modalita' esecutive esprimono costantemente personalita' gia' adultizzate e strutturate in senso altamente deviante, rispetto alle quali la soccombenza della finalita' di recupero sociale si porrebbe in termini di maggior ragionevolezza; e tuttavia esulanti dal divieto. L'esclusione della figura delicti in esame dal novero dei reati rientranti nella previsione normativa contenuta nell'art. 28, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 impedisce inoltre la valutazione della attualita' dell'allarme sociale sancendo il divieto in modo avulso dalla distanza cronologica dal reato, spesso considerevole nei processi che, a differenza di quello de quo, approdano in giudizio preliminare o dibattimentale, concernenti fatti episodici talora risalenti nel tempo (soprattutto in caso di rivelazioni della p.o. ormai cresciuta, se non adulta; precipuamente per episodi di abuso maturati in ambito familiare), tali da consentirne la definizione con sentenze di perdono giudiziale, aspetto che pone ulteriori problemi di ragionevolezza e di coerenza del sistema anche rispetto al principio di ragionevolezza e di coerenza del sistema in violazione dell'art. 3 Cost. Residuando in vero un certo margine di applicabilita' del perdono giudiziale - pur in casi selezionati, e come effetto del computo delle circostanze attenuanti generiche e della diminuente della minore eta' in misura prevalente sulle aggravanti e con l'ulteriore riduzione ex art. 442 c.p.p. - alle fattispecie di reato di cui all'art. 609-ter codice penale (tipicamente in danno di familiari in ambito domestico), si verifica alla stregua della vigente normativa un paradosso: l'imputato puo' giovarsi di sentenza ex art. 169 c.p. senza dover sostenere alcuno sforzo per dimostrare il cambiamento (ad es. allorche' a distanza di molti anni dal reato abbia dato prova di un proficuo inserimento scolastico o lavorativo e non abbia riportato condanne ne' altre pendenze); laddove non potrebbe, a parita' assoluta di condizioni (cioe' lo stesso imputato, per quello stesso fatto) accedere alla m.a.p., che in tal caso dimostrerebbe peraltro una evoluzione positiva particolarissima, sia collegata alla (piu' meritoria) scelta (che comporta una importante attivazione progettuale), sia alla luce del suo compimento con buon esito, a tutto beneficio della stessa collettivita'. Si richiamano qui le precedenti osservazioni attinenti al rapporto tra il delitto esulante dalla sfera di applicabilita' della m.a.p. con quello connesso di stalking con identita' di p.o. 2.3. Da ultimo, la doglianza di costituzionalita' per presunta violazione dell'ulteriore parametro costituzionale di cui all'art. 24 Cost. e' manifestamente infondata, non derivando dalla scelta legislativa censurata alcuna violazione del diritto di difesa, che si esercita nella sua pienezza in sede processuale. 3. In conclusione, quanto al petitum: dichiararsi la illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 28, comma 5-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, nella parte in cui vieta l'applicabilita' ai delitti di cui all'art. 609-bis, limitatamente alle ipotesi aggravate di cui all'art. 609-ter c.p., della sospensione del processo ex art. 28 decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, nei termini dianzi indicati, per contrasto con gli art. 3, comma 1 e 31 comma 2 della Costituzione; subordinatamente, emettersi sentenze di natura sostitutiva o manipolativa, volte ad introdurre eccezioni al detto divieto generale, in rapporto a specie, modalita' o circostanze dell'azione e alla osservazione successiva di personalita' avente valenza favorevole; e, comunque, se detto delitto sia legato dal vincolo della continuazione con altri reati contro la persona contestati nello stesso processo in danno di una medesima p.o. per i quali sia consentito il beneficio, in particolare con quello di cui all'art. 612-bis c.p., per contrasto con gli articoli 3 comma 1 e 31 comma 2 della Costituzione. (1) Pendente innanzi ad altro giudice attualmente con rito diverso, ma per cui il difensore (comune ad entrambi i processi) ha gia' richiesto la riunione, consentita dall'evidente continuazione, qualora venisse proposto il giudizio abbreviato. (2) E in due ore in automobile, anche ipotizzando nefaste perduranti complicita' della madre dell'imputato (la quale in passato ne ha agevolato gli incontri con la ragazza, pur dissentendo dalla loro relazione, descritta dai nuclei familiari dei due protagonisti come causativa dei problemi del proprio figlio/a, ma che di fatto non hanno entrambi saputo arginare) comunque evitabili vietando uscite in autonomia. P.Q.M. Visti gli articoli 2 c.p.p., 23 legge n. 11 marzo 1953, n. 87, Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza; Solleva questione di legittimita' costituzionale, nei termini dianzi indicati, della norma di cui all'art. 28 comma 5-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, per contrasto con gli articoli 3 comma 1 e 31 comma secondo della Costituzione, nella parte in cui prevede che le disposizione del comma 1 non si applicano ai delitti di cui all'art. 609-bis codice penale, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter c.p.; comunque ove non consente deroghe per le ipotesi sopra indicate; Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri; e comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Segnala che ai sensi dell'art. 52, lettera B, decreto legislativo n. 196/2003 e successive modificazioni, in caso di diffusione della presente ordinanza dovranno essere omessi le generalita' ed ogni dato identificativo dei minorenni. Torino, 5 giugno 2025 Il Presidente: Devietti Goggia