Reg. ord. n. 147 del 2025 pubbl. su G.U. del 27/08/2025 n. 35

Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Torino  del 05/06/2025

Tra: N. A.

Oggetto:

Processo penale – Processo minorile – Sospensione del processo e messa alla prova – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito – Denunciata esclusione dell’applicabilità delle disposizioni del comma 1 dell’art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, ai delitti previsti dall’art. 609-bis cod. pen. (violenza sessuale), nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter cod. pen. – Subordinatamente, denunciata preclusione di deroghe per le ipotesi sopra indicate (in rapporto a specie, modalità o circostanze dell’azione e all’osservazione successiva di personalità avente valenza favorevole e, comunque, se detto delitto sia legato dal vincolo della continuazione con altri reati contro la persona contestati nello stesso processo in danno di una medesima parte offesa per i quali sia consentito il beneficio, in particolare con quello di cui all’art. 612-bis cod. pen.) – Contrasto con la finalità di recupero del minore – Violazione del principio di ragionevolezza sotto plurimi profili – Parità di trattamento per condotte di minore gravità – Ingiustificata disparità di trattamento rispetto a tipologie delittuose anche più gravi – Esclusione dell’accesso al beneficio anche in caso di connessione con altri reati per i quali la messa alla prova è compatibile – Presunzione assoluta di inefficacia di percorsi rieducativi basata esclusivamente sulla tipologia delittuosa a prescindere da ulteriori connotazioni attinenti al merito.

Norme impugnate:

decreto del Presidente della Repubblica  del 22/09/1988  Num. 448  Art. 28  Co. 5

decreto-legge  del 15/09/2023  Num. 123  Art. 6  Co. 1

legge  del 13/11/2023  Num. 159



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 31   Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 05 giugno 2025

Ordinanza del 5 giugno 2025 del Tribunale per i minorenni  di  Torino
nel procedimento penale a carico di N. A.. 
 
Processo penale - Processo minorile  -  Sospensione  del  processo  e
  messa alla prova - Modifiche normative ad opera  del  decreto-legge
  n.  123  del  2023,  come  convertito   -   Denunciata   esclusione
  dell'applicabilita' delle disposizioni del comma 1 dell'art. 28 del
  d.P.R. n. 448 del 1988, in tema di  sospensione  del  processo  con
  messa alla prova, ai delitti previsti dall'art. 609-bis  cod.  pen.
  (violenza sessuale), nelle ipotesi  aggravate  ai  sensi  dell'art.
  609-ter cod. pen. e, comunque, preclusione di deroghe. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988,  n.  448
  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale  a  carico  di
  imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis. 


(GU n. 35 del 27-08-2025)

 
                 TRIBUNALE PER I MINORENNI DI TORINO 
            Ufficio del giudice per l'udienza preliminare 
 
    Il GUP composto da: 
        dott.ssa Maria Grazia Devietti Goggia - Presidente; 
        dott.ssa Barbara De Masi - giudice onorario; 
        dott. Alessandro Vito Granaro - giudice onorario; 
    Riunito in Camera di consiglio all'udienza 5 giugno 2025; assunte
le conclusioni delle parti nel processo a carico di .... imputato dei
reati: 
        A) art. 612-bis, commi 1, 2, 3 c.p.,  perche',  con  condotte
reiterate, minacciava e molestava ..... alla quale era legato da  una
relazione affettiva, segnatamente: 
          vietava alla  ....  di  avere  frequentazioni  con  persone
diverse da' lui, che fossero soggetti di sesso maschile o femminile; 
          vietava alla .... di usare i social network e  le  chat  di
comunicazione, se non sotto il suo  stretto  controllo,  arrivando  a
spaccare o danneggiare piu' di un  telefono  in  uso  alla  medesima,
quando  sorpresa  ad  utilizzare  qualsiasi   piattaforma   internet,
arrogandosi il diritto di impossessarsi del  telefono  o  altri  beni
della persona offesa per danneggiarli; 
          tempestava la .... di  chiamate  vocali,  costringendola  a
parlare con lui al telefono piu' volte al giorno; 
          fino  al  ....,  avendo  accesso  al  registro  elettronico
scolastico della ....  ne  controllava  il  rendimento,  picchiandola
quando riportava valutazioni positive, oltre a vietarle  l'uso  della
punteggiatura e di vocaboli  non  di  uso  comune  quando  comunicava
oralmente o per iscritto con lui; 
          impediva alla .... di abbigliarsi secondo i  propri  gusti,
costringendola ad indossare solamente jeans non  attillati  e  felpa,
picchiandola quando lei si vestiva  con  abiti  diversi,  inoltre  le
vietava di truccarsi, di pettinarsi  secondo  i  propri  gusti  o  di
tingersi i capelli, di utilizzare deodoranti e profumi; 
          costringeva la .... a  mangiare  piu'  del  necessario  per
impedirle di perdere peso,  per  poi  denigrarla  con  epiteti  quali
"obesa", "cicciona di merda", e obbligandola a trasmettergli la  foto
della bilancia durante la pesatura; 
          in piu' occasioni aggrediva verbalmente la .... con insulti
ed epiteti quali "troia", "puttana", "vacca", "infame bastarda",  sia
di persona, sia utilizzando strumenti telematici; 
          in piu' occasioni aggrediva fisicamente la  ....  anche  in
pubblico, tirandola per i capelli e colpendola con  dei  calci,  come
accaduto in un episodio tra  ....,  quando,  trovandosi  a  ....  nei
pressi ...., accostava il proprio viso  a  quello  della  ....  e  le
tirava i capelli, ordinandole di accompagnarlo alla stazione, o  come
accaduto il ...., quando, trovandosi alla fermata ...., alla presenza
di .... amica della p.o.. prendeva quest'ultima per i  capelli  e  le
tirava un calcio sugli stinchi; 
          nel  ....,  dopo  aver  incontrata  la  ....   in   strada,
pretendeva che salisse sul motorino con  lui,  quindi,  ottenendo  un
rifiuto, la spingeva facendola cadere in terra e scagliandole  contro
il  casco,  desistendo  da  ulteriori  atti  di  violenza  solo   per
l'intervento fortuito della madre della ragazza; 
          minacciava la ....  di  farle  del  male  o  di  ucciderla,
dicendole, in un'occasione, che avrebbe meritato di fare la  fine  di
Giulia Cecchettin e scrivendole a mezzo WhatsApp un'ingente quantita'
di messaggi anche insultanti,  dal  contenuto  progressivamente  piu'
allarmante, del seguente tenore: 
          il ...., adirandosi per il  sospetto  che  la  ....  avesse
corrisposto via messaggio con una sua amica, cancellando poi la  chat
per tenerlo all'oscuro della conversazione, le scriveva: "per me  sei
morta [ ... ] ti scasso la faccia [ ... ] e appena ti vedo ti  spacco
la faccia [ ... ] gli hai scritto brutta troia [ ... ] muori [ ...  ]
cancelli la chat obesa puttana"; "ti ammazzo io ok  [  ... ]  io  sta
volta ti scanno [ ... ] prendi per il culo un altro  [  ... ]  brutta
bastarda [ ... ] continui a scrivere a quella io ti taglio la  faccia
[ ... ] non DEVI ENTRARE SUL CAZZO DI WHATSAPP"; ancora  il  ....  le
scriveva "minchia allora domani ci vediamo e ti ammazzo"; 
          il ...., riferendosi al fatto che la .... aveva  spento  il
telefono per riposare la  sera  prima,  le  scriveva:  "io  vengo  ad
ammazzarti oggi [ ... ] tu dormi quando lo dico io ok [ ... ]  senno'
ti ammazzo [ ...  ]  ",  successivamente,  nella  medesima  data,  le
scriveva: "dimmi dove sei schifosa obesa bastarda [ .. ]  ti  ammazzo
oggi [ ... ] ti vengo a cercare ovunque [ ... ] e ti scanno"; 
          il  ....,  riferendosi  alla  decisione   della   ....   di
interrompere la loro relazione, le scriveva: "devi morire [  ... ]  a
me questo interessa bastarda [ ... ] CHE CREPI LO HAI CAPITO [  ... ]
che devi morire obesa puttana [ ... ] o hai capito  che  devi  morire
stanotte puttana [ ... ] io mi faccio 30 anni ma ti ammazzo  [  ... ]
ti conviene che lo fai tu [ ... ] voglio che muori";  continuando  il
.... poco dopo la mezzanotte, con i seguenti messaggi: lo hai  capito
brutta bestia di merda [ ... ] io me ne vado a dormire io  spero  che
domani mattina sei morta [ ... ]  senno'  tocca  a  me  poi  fare  il
tutto",  cagionando  con  tali  condotte  alla  persona   offesa   un
perdurante e grave stato di ansia e  di  paura,  nonche'  ingenerando
nella medesima un fondato timore per l'incolumita'  propria  e  delle
persone a lei affettivamente legate,  ed  altresi'  costringendola  a
modificare le proprie abitudini di vita, segnatamente: impedendo alla
.... di avere una vita adeguata alla propria eta', con riguardo  alla
frequentazione  di  altre   persone,   al   desiderio   di   compiere
fruttuosamente il proprio percorso  scolastico,  di  avere  relazioni
familiari serene, costringendola a vivere in una condizione di penosa
dipendenza  psicologica,  sessuale  e  relazionale  da   se   stesso,
nonostante i contatti  gia'  avuti  dall'(imputato)  con  l'Autorita'
giudiziaria e le Forze di  Polizia  per  la  pendenza  di  precedente
procedimento penale per fatti  analoghi,  ascrivibili  a  un  periodo
precedente, intercorsi tra il medesimo indagato e la medesima persona
offesa. 
    Fatto aggravato per essere stato commesso  in  danno  di  persona
minore di eta', con la quale era legato da una  relazione  affettiva,
in talune occasioni attraverso strumenti telematici. 
    In .... dal mese di .... (data dell'arresto). 
    B) artt. 609-bis  e  609-ter  nn.  5  e  5-quater  c.p.,  perche'
costringeva con minaccia (la stessa p.o.) .... a  compiere  e  subire
atti sessuali, segnatamente: trovandosi nei pressi dei bagni pubblici
del parco di .... dopo essersi arrabbiato perche' la .... era  uscita
di casa, contravvenendo alle sue disposizioni, poneva  in  essere  le
condotte  delittuose  meglio  descritte  nel  capo  C),   quindi   la
minacciava di ucciderla,  esigendo  delle  scuse  da  parte  sua,  la
prendeva per i capelli,  cosi'  provocandone  il  pianto,  quindi  le
diceva di seguirlo nel bagno pubblico per compiere un atto  sessuale,
ma, ottenendo il rifiuto della vittima,  si  rivolgeva  nuovamente  a
questa con atteggiamento rabbioso, cosi' costringendola ad andare con
lui all'interno del bagno per masturbarsi reciprocamente. 
    Fatto aggravato per essere stato commesso ai danni di persona che
non ha compiuto i diciotto anni, con cui .... era legato da relazione
affettiva. 
    In .... nella prima settimana di .... 
    C) articoli 61 n. 1, 635 comma 1  c.p.,  perche',  trovandosi  in
strada, prima di commettere il delitto meglio descritto al  capo  B),
dopo  aver  sottratto  (alla  p.o.)   il   telefono   cellulare   per
controllarle le chat, le intimava di consegnargli l'orologio da polso
marca Citizen dalla stessa indossato, minacciando di picchiarla se si
fosse rifiutata, quindi, avuto l'orologio, ne strappava il  cinturino
e lo  gettava  in  terra,  cosi'  rendendolo  in  tutto  o  in  parte
inservibile; subito dopo, accorgendosi che la ... custodiva  quindici
euro in banconote nella custodia del telefono,  dapprima  gettava  il
denaro in terra, poi, quando la  vittima  cercava  di  rientrarne  in
possesso, afferrava le banconote e le strappava. 
    Fatto aggravato per essere stato commesso per  motivi  abietti  o
futili. 
    In .... nella prima settimana di .... 
    D) articoli 61 n. 1, 635 comma  1  c.p.,  perche',  dopo  essersi
incontrati  in  strada,  sottraeva  il   telefono   alla   ....   per
controllarne le chat,  quindi,  sbatteva  l  'apparecchio  contro  la
panchina su cui erano seduti, deteriorandone la scocca posteriore. 
    Fatto aggravato per essere stato commesso per  motivi  abietti  o
futili. 
    In .... il ....del 2024 
    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  di  rimessione  alla   Corte
costituzionale di questione di legittimita' costituzionale. 
    A  conclusione  delle  indagini  preliminari  il  P.M.   chiedeva
emettersi giudizio immediato nei confronti dell'imputato dei  delitti
in epigrafe, a seguito del  quale  veniva  chiesto  dalla  Difesa  il
giudizio abbreviato, disposto all'udienza 6 marzo 2025. 
    In detta udienza il difensore sollevava questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 28, comma 5-bis del decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 448/1988, come modificato dall'art. 6,  comma  1,
lettera C-bis del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito
con modificazioni nella legge 13 novembre 2023, n. 159,  nella  parte
in cui non consente all'imputato di accedere all'istituto della messa
alla prova in relazione a determinate  tipologie  di  reato,  tra  le
quali quella,  contestata  all'imputato  ...  (al  capo  B),  di  cui
all'art. 609-bis c.p. commessa in danno di persona minorenne e legata
all'imputato  da  relazione  affettiva,  dunque  aggravata  ai  sensi
dell'art. 609-ter, comma 1, nn.  5  e  5-quater  c.p.;  la  doglianza
concerne la ritenuta violazione degli articoli 3, comma 1, 31 comma 2
e 24, comma 2, della Costituzione. 
    1) Rilevanza della questione nel giudizio a quo. 
    Ritenuto, quanto al presupposto della rilevanza  della  questione
di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23, comma 2,  legge
n.   87/1953,   che   il   giudizio   non   possa   essere   definito
indipendentemente dalla decisione sulla stessa, posto  che  la  norma
censurata preclude al giudice minorile, con  riferimento  al  delitto
divenuto  ostativo,  di  entrare   nel   merito   della   valutazione
concernente la eventuale sospensione  del  processo  con  messa  alla
prova ai sensi dell'art. 28 decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 448/1988 e la stessa fattibilita' di una previa  verifica  in  tal
senso. In assenza  della  modifica  legislativa,  l'imputato  avrebbe
potuto certamente beneficiare  dell'istituto  della  m.a.p  anche  in
relazione   al   delitto   di   violenza   sessuale   pluriaggravata,
concorrendone i presupposti richiesti dalla norma di cui all'art. 28,
comma 1, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  448/1988,  ed
inoltre essendone evidente la connessione a titolo  di  continuazione
con gli altri reati per cui la m.a.p. e'  consentita,  ossia  con  il
delitto (sub A) di atti persecutori in  danno  della  stessa  vittima
minorenne da molto tempo in atto, ed altresi' con i reati (di cui  ai
capi C e D) commessi, questi, proprio poco prima  della  violenza,  a
scopo ritorsivo  ed  intimidatorio,  secondo  le  costanti  modalita'
reattive utilizzate dall'imputato in caso  di  (raro)  rifiuto  della
p.o. a sottostare alle  "regole"  comportamentali  e  ai  comandi  da
questi imposti, sulla base di un convincimento di superiorita'  sulla
fidanzata (di un anno piu' giovane). 
    L'accertamento della responsabilita' in ordine al delitto oggetto
della novella legislativa e' certo sulla base del complessivo  quadro
probatorio,  e  cio'  stanti:  le  dichiarazioni   della   p.o.;   la
sostanziale ammissione dell'imputato - salvo la negazione in punto di
consapevolezza del suo dissenso, totalmente irrilevante alla  stregua
d  eli'   ormai   consolidato   orientamento   giurisprudenziale   di
legittimita'; il tipo di personalita' del minore, esprimentesi in una
serie  impressionante  di  condotte  persecutorie,  concretanti  ogni
specie di quelle costituenti la casistica del delitto di cui all'art.
612-bis c.p.., nella quale si inseriscono gli atti di  danneggiamento
di beni della fidanzata (capi C e D) cagionanti  ennesima  vessazione
alla  stessa,  esplosa  in  pianto,   e   pressoche'   immediatamente
precedenti la consumazione del rapporto reciprocamente masturbatorio. 
    Non emergono allo stato elementi univoci per ritenere esclusa  la
capacita' di intendere e di volere e/o la maturita' ex art. 98 codice
penale del minore, essendo pervenuta dopo la seconda udienza (6 marzo
2025) la relazione gia' richiesta dei Servizi specialistici, che pone
diagnosi in  termini  di  "disturbo  emergente  di  personalita'  con
caratteristiche  antisociali  e  narcisistiche  (PDM-2),  in  cui  le
fragilita'   narcisistiche   possono   aiutare   a   comprendere    i
comportamenti aggressivi nelle relazioni  affettive",  patologia  che
sulla  base  di  altra  relazione   psicologica   sembra   in   parte
riconducibile  a  dinamiche  familiari  e  sistemi  di   attaccamento
entrambi disfunzionali. Cio' stante, essendo  ipotizzabile  il  nesso
eziologico tra il disturbo e il reato, si e' reso necessario disporre
perizia psichiatrica onde approfondire l'aspetto della  imputabilita'
e della pericolosita' sociale ovvero, a fini sanzionatori, del  vizio
parziale  di  mente  ex  art.  89  c.p.;  ma  allo  stato   apparendo
improbabile la sussistenza di cause di non punibilita' per  la  quale
il nesso eziologico e' solo uno dei  presupposti  per  giurisprudenza
costante- sulla base di tutte le risultanze processuali, dello stesso
lucido comportamento del  minore  in  udienza,  e  soprattutto  delle
proficue sedute con gli operatori (psichiatri;  vari  psicologi)  che
evidenziano    caratteristiche    personologiche    di    sostanziale
consapevolezza del disvalore delle proprie azioni. La  sottoposizione
dell'imputato a misura cautelare (del collocamento in comunita')  per
il  delitto  di  violenza  sessuale  obbliga  alla  pregiudiziale  di
costituzionalita' anche in pendenza delle operazioni peritali. 
    Cio' premesso, le risultanze  processuali  contengono  molteplici
elementi atti ad escludere che la personalita' dell'imputato sia gia'
strutturata in senso deviante,  rendendo  anzi  nel  caso  di  specie
quanto mai opportuna la ammissione alla  m.a.p.,  onde  differire  la
valutazione sulla  evoluzione  della  personalita'  all'esito  di  un
percorso rieducativo  -peraltro  da  tempo  iniziato-  e  riparativo,
fruendo degli specifici strumenti che solo  l'istituto  in  questione
consente di attivare efficacemente. La messa alla prova consentirebbe
la valorizzazione delle risorse presenti  nel  minore  (che  presenta
scarsa autostima, tratti depressivi, e funzioni cognitive  ai  limiti
della  norma)  e  soprattutto  la  preservazione   dal   rischio   di
ingravescenza del disturbo di personalita' ancora al  suo  esordio  e
quindi particolarmente responsivo a trattamenti psicoterapeutici  e/o
farmacologici (questi ultimi gia' cin netta  riduzione  delle  dosi),
tanto piu' che si tratta tuttora di minore in piena  eta'  evolutiva;
ed inoltre consentirebbe di affrontare in modo costante  ed  incisivo
le cause familiari ed ambientali delle problematiche  personologiche,
che gia' dallo stato attuale dell'istruttoria sembrano in gran  parte
ascrivibili a mancanza di solidi modelli educativi e contenitivi,  in
ispecie da parte della  figura  materna  rispetto  alla  quale  viene
descritto un rapporto simbiotico. 
    I suddetti  elementi  prognostici  favorevoli  consistono:  nella
giovanissima eta' all'epoca dei fatti, compresa tra i quindici anni e
mezzo e i sedici e mezzo; nell'incensuratezza, essendo sottoposto  ad
unico altro processo (1) sempre per  atti  persecutori  anteriori  in
danno della stessa vittima; nel tipo di relazione affettiva altamente
"tossica" protrattasi tra  i  due  minori  per  oltre  tre  anni,  in
un'alternanza  di  interruzioni  e  riprese  nonostante   la   totale
intollerabilita'  del  modello  comportamentale  e  di  vita  imposto
dall'imputato, con manifestazioni di attaccamento morboso  reciproche
perdurate anche dopo la prima denunzia, la prima  delle  quali  venne
sporta dalla madre, con scelta a lungo osteggiata  dalla  figlia;  la
frequenza della scuola all'epoca del fatto, pur non senza difficolta'
ed assenze, nel frattempo aderendo con impegno all'offerta  formativa
nella  struttura;  la  totale  estraneita'  all'uso  di  sostanze  di
qualsiasi tipo, indice  prognostico  favorevole  in  prospettiva  del
trattamento  del  disturbo  personologico;  la   piena   e   costante
disponibilita' a sottoporsi a un progetto educativo e terapeutico  da
svolgersi in comunita', ove il minore venne inserito pochi mesi  dopo
la attenuazione della misura cautelare  della  custodia  in  carcere,
individuata in struttura socio-riabilitati va a valenza sanitaria con
intenso supporto di Servizi anche specialistici (interni - incluso il
supporto psichiatrico- ed esterni -  con  altre  figure  di  sostegno
psicologico  alla  struttura  ed  agenti  in   sinergia);   il   buon
comportamento tenuto sia all'I.P.M. durante i pochi mesi di  custodia
cautelare, sia presso la detta comunita',  svolgendo  in  entrambi  i
casi le attivita' ivi previste e mostrandosi collaborativo  e  scevro
da infrazioni disciplinari, nonostante gli atti  di  bullismo  fisico
subiti  fin  dall'inizio  della  detenzione  per  certo   tempo;   il
comportamento  responsabile  e  leale  seguito  alla  ricezione   del
recentissimo messaggio (un "like") su un social  da  parte  della  ex
fidanzata, che la stessa ha giustificato come frutto di un invio  per
mero errore e che invece, sul  momento,  il  giovane  ha  logicamente
interpretato  come  voluto,  riuscendo  a  resistere  all'impulso  di
risponderle  ed  anzi  esibendone  immediatamente   il   testo   agli
operatori. 
    Le  relazioni  pervenute   in   sede   di   udienza   preliminare
attestano un sicuro avvio di rielaborazione critica  sul  reato,  una
certa capacita' introspettiva, la fiducia riposta negli  operatori  e
l'attiva ricerca sia dei sostegni sia delle figure professionali  che
lo affiancano, dimostrata anche nell'ultimo mese con la reazione (pur
comprensibilmente sgomenta) in  sede  di  colloquio  di  restituzione
sulla diagnosi comunicatagli; la stessa sofferenza sperimentata su se
stesso, a cagione delle angherie fisiche in ambito carcerario,  hanno
stimolato  una  maggiore  capacita'  di  immedesimazione  in   quella
inflitta per anni alla ex fidanzata. 
    Inoltre, la prosecuzione del percorso del  (tuttora)  minore,  da
svolgersi   integralmente   in   contesto    contenitivo,    distante
(extraregionale) dal luogo di residenza  della  vittima  che  sarebbe
difficilmente raggiungibile con mezzi pubblici (2)  ,  ridurrebbe  in
misura significativa i rischi di ripresa della relazione, che in caso
opposto  -  all'esito  di  eventuale  scarcerazione  a   fine   pena-
potrebbero  concretizzarsi  presto  o  tardi  a  causa   dei   tratti
personologici di dipendenza affettiva comuni ad entrambi, ed anche su
iniziativa della stessa p.o., versante a sua volta in  condizioni  di
estrema  vulnerabilita',  tanto  che  sia  gli  interventi  di   rete
coinvolgenti le due famiglie, sia l'apertura di una procedura di V.G.
(e di un procedimento amministrativo)  per  la  minore,  non  avevano
sortito  sufficienti  risultati,  persistendo  ambedue  nel  rapporto
asfissiante da cui non riuscivano ad affrancarsi, e rispetto al quale
l'unico episodio di violenza sessuale (contestato) denota una  chiara
componente anche riconciliativa, dopo estenuanti litigi verbali  e  a
volte aggressioni fisiche in danno della minore. 
    E' esclusa una pronunzia con qualsiasi altra formula  del  p.p.m.
per la gravita'  del  delitto,  non  tanto  rispetto  alle  modalita'
esecutive, ma per il suo innesto all'interno di condotte persecutorie
precedenti     e     concomitanti,     iniziate     fin     dall'eta'
infra-quattordicenne in danno della stessa vittima,  proseguite  dopo
la  prima  denunzia  e  connotate  da  forme  di   estrema   violenza
psicologica e fisica, sorretta dall'intimo  convincimento  della  sua
inferiorita' e volte ad annullarne ogni autonomia  decisionale  (cfr.
capo di imputazione), culminate infine in deliranti  minacce  seriali
di morte/suicidio emergenti  dalle  chat  nei  giorni  immediatamente
antecedenti alla denunzia della giovane, la quale solo allora inizio'
a mentalizzare la  gravita'  dei  rischi  corsi  (salvo  il  suddetto
ripensamento recente, ma neppure isolato). 
    2) Non manifesta infondatezza della questione nel giudizio a quo. 
    In ordine al secondo presupposto normativa previsto dall'art. 23,
comma 2, cit., si ritiene che, esclusa ogni valutazione del giudice a
quo sulla fondatezza o meno dell'eccezione di costituzionalita', essa
non appaia manifestamente infondata in due delle  sue  articolazioni,
precludendo in radice la applicabilita' della m.a.p alla  fattispecie
di reato  in  ascrizione,  senza  consentire  all'organo  giudiziario
specializzato e in composizione interdisciplinare il consueto  vaglio
sulla gravita' commisurata all'entita' del fatto ed alla personalita'
del  reo;  ne'  potendosi  nel  caso  di   specie   individuare   una
interpretazione della  novellata  norma  conforme  a  Costituzione  -
secondo  il  noto  percorso  delineato  dalla  C.C.   sul   tentativo
ermeneutico in funzione adeguatrice-  stante  la  natura  generale  e
cogente del divieto introdotto, avente ad oggetto  una  categoria  di
delitti individuati come ostativi, tra cui quello in disamina. 
    La difesa ha indicato i seguenti tre precetti costituzionali  che
assume violati: 
        art. 3 comma primo Cost., per la ingiustificata disparita' di
trattamento tra i minori imputati  del  reato  di  violenza  sessuale
nelle forme aggravate di cui all'art. 609-ter codice  penale,  e  gli
altri minori autori di reati per cui la m.a.p rimane concedibile "pur
essendo gli uni e gli altri su un  piano  di  sicura  parita'  quanto
all'esigenza di recupero e re inserimento sociale"; 
        art. 31 comma secondo Cost., a norma del quale la  Repubblica
''protegge la maternita', l'infanzia e la  gioventu',  favorendo  gli
istituti necessari a tale scopo", da cio' discendendo che il processo
penale minorile "e'  volto  principalmente  al  recupero  del  minore
deviante, mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale
anche attraverso l'attenuazione dell'offensivita' del  processo";  in
tale  ottica  l'automatismo  introdotto  dalla   modifica   normativa
priverebbe l'imputato di uno dei principali strumenti che  consentono
al giudice di valutare  compiutamente  la  personalita'  del  minore,
sotto  l'aspetto  psichico,  sociale  e  ambientale,  anche  ai  fini
dell'apprezzamento  dei  risultati  degli  interventi   di   sostegno
disposti; 
        art. 24 comma secondo Cost. in quanto il minore  si  vedrebbe
negata  la  possibilita'  di  avvalersi  delle  particolari  garanzie
difensive offerte dalla messa alla prova. 
    2-1. Con riferimento al parametro  di  costituzionalita'  di  cui
all'art. 31, comma 2, della Costituzione, come  ritenuto  dalla  C.C.
fin dalla sentenza n. 125 del 1995, "la messa alla prova costituisce,
nell'ambito degli istituti di favore tipici  del  processo  penale  a
carico dei minorenni,  uno  strumento  particolarmente  qualificante,
rispondendo, forse piu' di ogni altro, alle indicate finalita'  della
giustizia minorile ". La finalita' rieducativa connaturata  e  tipica
dell'istituto  e'  stata  recentemente   ribadita   dalla   Corte   a
prescindere dalla tipologia  di  reati,  inclusi  quelli  di  massima
gravita'  (cfr.  sentenza  n.  139  del  2020,  che  costituisce  una
pronunzia  particolarmente  significativa  in  quanto   analizza   il
rapporto tra la messa alla prova dei minori e quella dei maggiorenni,
evidenziando la  finalita'  puramente  rieducativa  della  prima,  di
contro a quella, nella seconda concorrente, di  tipo  sanzionatorio);
sempre ribadendo che  l'istituto  di  cui  all'art.  28  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 448/1988 mira a consentire  la  rapida
fuoriuscita del minore dal circuito penale, qualora capace  di  seria
rivisitazione critica (sentenza n. 23/2025). 
    Sotto questo profilo, l'introdotto automatismo ostativo  preclude
senza eccezioni la valutazione della fattispecie concreta di reato da
parte del  giudice  specializzato  e  interdisciplinare,  sotto  ogni
aspetto caratterizzante la delicata  funzione  minorile  in  rapporto
alle  caratteristiche  di   eta'   dell'imputato,   perdendo   quelle
opportunita' di approfondimento del contesto di maturazione del reato
che spesso emergono, non senza fatica, solo in corso di m.a.p. 
    In rapporto ad entita' e modalita' attuative,  il  divieto  opera
indistintamente anche  per  condotte  di  minor  gravita',  che  tali
appaiono  solo  ex  post  e  altresi'  rispetto   alle   implicazioni
psicologiche,  come  nel  caso  di  specie,  concernente  brevi  atti
masturbatori reciproci con toccamenti  manuali,  nell'ambito  di  una
relazione affettiva che, nei periodi  non  turbolenti,  li  prevedeva
consensualmente; al momento del fatto la p.o.  intendeva  sottrarvisi
perche' nel frangente esasperata  dal  violento  litigio  poco  prima
avvenuto  (in  cui  le  aveva  danneggiato   dei   beni   personali),
determinandosi a soggiacervi per lo stato di timore dovuto al  solito
comportamento del partner, aduso ad esplodere in accessi di  ira  per
motivi  legati   al   controllo   della   fidanzata,   in   caso   di
"disubbidienza" ai suoi dettami involgenti  ogni  aspetto  della  sua
vita. Emergono tuttavia messaggi inequivoci, a distanza di una decina
di giorni dal  reato,  in  cui  la  p.o.  manifesta  pieno  ritrovato
consenso alla relazione sessuale con l'imputato, col quale  si  trova
in quel momento in fase idilliaca; e soprattutto, nel suo vissuto non
fu certo questo l'episodio piu' traumatizzante e che la determino'  a
denunziarlo, tanto che addirittura non ne fece alcuna menzione  nella
denunzia-querela, in cui descrisse invece in  dettaglio  le  condotte
persecutorie  a  sfondo  mai  sessuale,  aggiungendolo   solo   nella
integrazione dell'atto querelatorio il giorno successivo. 
    La novella comporta la separazione dal  contesto  complessivo  in
cui il delitto sessuale puo', come  nel  caso  di  specie,  inserirsi
all'interno di una relazione affettiva insana  da  ambo  le  parti  e
connotata da enormi violenze fisiche e psicologiche, di  cui  esprime
nulla piu'  che  una  particolare  manifestazione,  anche  del  tutto
isolata.  Preclude  al  giudice  di  penetrare  con   la   necessaria
attenzione nel  delicato  terreno  dell'individuazione  di  eventuali
fattori favorenti il delitto, insiti nel percorso di crescita del reo
e in cui assumono un ruolo determinante  i  modelli  familiari  e  il
rispetto per la figura  femminile,  avvalendosi  del  supporto  degli
operatori dei Servizi i quali, nel corso di lunghe messe alla  prova,
riescono talora solo nei colloqui piu' avanzati  a  cogliere  aspetti
prima rimasti sfumati. Parimenti preclude di  valutare  le  complesse
dinamiche relazionali adolescenziali, che (massimamente nel  caso  di
specie), risultano estremamente disfunzionali, e tuttavia, secondo  i
rilievi sopra esposti, concernono  un  unico  partner;  impedisce  di
considerare in senso prognostico favorevole la  condotta  susseguente
all'imputazione,  in  ispecie  manifestata   con   un   comportamento
resipiscente ed autenticamente collaborativo rispetto a ciascuno  dei
sinergici  supporti   socioeducativi,   formativi   e   specialistici
ricevuti. 
    Oltre a cio',  nel  caso  di  specie  si  profila  uno  specifico
ulteriore  profilo  di  irragionevolezza  della  norma   nell'attuale
formulazione tassativa ed inderogabile, nella misura in  cui  esclude
l'accesso alla m.a.p. per il reato in parola anche laddove  esso  sia
commesso ad altri con essa invece compatibili ed espressione  di  una
stessa inclinazione criminosa, tipicamente-  come  nella  fattispecie
oggetto di giudizio - rispetto alla condotta di atti persecutori;  la
quale,  poiche'  connotata  dalle   suesposte   modalita'   esecutive
multiformi e particolarmente vessatorie, appare in concreto,  benche'
punita con sanzione edittale inferiore,  non  certo  meno  allarmante
della violenza sessuale (quale contestata); le  risultanze  obiettive
conclamano che abbia anzi sortito effetti ben piu' devastanti per  la
vittima, tenuto conto della sua concreta  estrinsecazione  alla  luce
della progressiva ingravescenza, della lunga durata (annuale rispetto
ai fatti ascritti; e addirittura  ultra-triennale,  computando  anche
gli episodi da infra-quattordicenne oggetto del primo procedimento) e
dell'annientamento perseguito e  raggiunto  di  ogni  liberta'  della
fidanzata, costretta a chiedere permesso per ogni propria  azione  (a
titolo esemplificativo, financo per  la  frequenza  scolastica  e  lo
studio; sottoposta  a  totale  isolamento  sociale  e  a  limitazioni
inimmaginabili concernenti  il  tipo  di  ·  abbigliamento,  l'igiene
personale, il peso, la possibilita' di utilizzare un lessico adeguato
alle proprie competenze; oltre a quelle piu'  consuete  di  controllo
continuo,   piu'   frequentemente    ricorrenti    nella    casistica
giudiziaria). 
    La compatibilita' normativa  del  delitto  di  atti  persecutori,
anche nelle sue forme piu' estreme, con la sospensione del  processo,
invece espunta dall'ordinamento per alcune forme di reati sessuali  a
volte (ovviamente: riguardati in rapporto di proporzionalita') dotati
di minor offensivita' nel vissuto della stessa vittima, e chiaramente
avvinti dal vincolo della continuazione con il primo, pone un  dubbio
di costituzionalita', oltre che rispetto al parametro di cui all'art.
3, comma  1,  Cost.  (c.f.r.  infra),  anche  rispetto  a  quello  in
trattazione; solo attraverso lo studio delle  rispettive  fattispecie
concrete e' dato cogliere le reciproche entita' e contorni,  malgrado
i primi costituiscano  pur  sempre  i  reati  satellite  nel  computo
dell'aumento a titolo di continuazione. 
    Ed ancora, la sottrazione alla sfera di operativita' della m.a.p.
del delitto sessuale che ne occupa impedisce di tener conto della sua
connessione non  solo  riferita  al  piano  giuridico  ai  sensi  del
combinato disposto degli artt. 12, lettera b),  codice  di  procedura
penale e  81  comma  2  c.p.,  ma  anche  alla  connessione  di  tipo
psicologico - aspetto pur fondamentale nella  materia  minorile,  con
particolare riferimento all'art.  27  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 448/1988, il cui  requisito  della  occasionalita'  del
fatto viene  interpretato  in  senso  non  meramente  cronologico  ma
appunto anche psicologico - malgrado esso possa  scaturire,  e  nella
specie  sia  scaturito,  da  una  identica   spinta   deviante,   non
focalizzata sulla soggiogazione sessuale, ma volta  ad  una  assoluta
sopraffazione generale e sistematica della  p.o.,  alimentata  da  un
disturbo di personalita' a sua  volta  esitato  a  modelli  educativi
ispirati alla iper-protezione e alla giustificazione. 
    Benche' il delitto di violenza  sessuale  aggravato  a  danno  di
minore e/o commesso in costanza o dopo la cessazione di una relazione
costituisca delitto esecrabile e di notevole allarme sociale,  spesso
accade - come nella fattispecie concreta oggetto di causa - che,  pur
configurando reato autonomo concorrente con quello abituale  di  atti
persecutori e piu' gravemente sanzionato, si inserisca nella serie di
condotte integrative di quest'ultimo con connotazioni  mutevoli,  che
solo l'apprezzamento delle specificita' del caso concreto,  demandate
alla  prudente  valutazione  del   giudice   dotato   di   competenze
specializzate, permettono di individuare in profondita', tenuto conto
delle modalita' e delle implicazioni emotive derivate alla p.o. 
    Ne discende che  la  considerazione  del  solo  titolo  di  reato
(609-ter  c.p.)  con  valenza  sempre   prevalente   sulla   funzione
rieducativa e di recupero di minori che lo commettono,  svincolandolo
da ogni altro criterio, quale  la  gravita'  in  concreto,  pone  uno
sbarramento normativa al percorso di  m.a.p  che  appare  affetto  da
vizio di incostituzionalita'; soprattutto considerato nello specifico
che la m.a.p. rimane ammissibile per il delitto di stalking (ed altri
minori,  nella  specie  di  danneggiamento),  legato  alla   violenza
sessuale dal vincolo della continuazione e sorretto  psicologicamente
dalla medesima volonta' di dominio e reificazione del partner,  tanto
che la condotta di cui all'art. 609-ter codice penale costituisce nel
caso concreto, fatto salvo il concorso dei delitti e  i  ben  diversi
limiti edittali, una  tra  le  inesauribili  modalita'  sopraffattive
tipiche di quella persecutoria. 
    L'introduzione dell'u.c. nella norma  di  cui  all'art.  28  cit.
sottende  una  presunzione  assoluta  di  inefficacia   di   percorsi
rieducativi  basata  esclusivamente  sulla  tipologia  delittuosa,  a
prescindere da ulteriori connotazioni attinenti  al  merito,  atte  a
lumeggiare  il  reale  disvalore  dell'agito,   ed   altresi'   dalla
valutazione della  personalita'  dell'autore,  in  contrasto  con  la
complessiva disciplina codicistica  del  p.p.m,  e  segnatamente  col
principio di individualizzazione desumibile dall'art. 9  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 448/1988,  che,  secondo  il  costante
orientamento della Corte costituzionale, ne permea l'intero  impianto
normativa, in ogni sua fase, anche in executivis (fase rispetto  alla
quale, con sentenza n. 90/2017 di accoglimento per violazione appunto
del parametro in disamina, ne ha fatto applicazione per escludere  la
legittimita' di "un rigido  automatismo  fondato  su  presunzione  di
pericolosita' legata al titolo del reato commesso",  proprio  perche'
escludente la "valutazione  del  caso  concreto  e  delle  specifiche
esigenze del minore"). Il suddetto principio  trova  fondamento  ·nel
dettato di cui all'art. 31 Cost. di cui costituisce attuazione  nella
materia penale, attribuendo  al  Potere  Legislativo,  in  ottica  di
protezione di minori resisi autori di reati, strumenti  trattamentali
e sanzionatori atti a favorirne la rieducazione  e  il  reinserimento
nel consesso sociale,  muovendo  dall'imprescindibile  considerazione
delle rilevanti potenzialita' di cambiamento insite nella plasticita'
dell'eta'   evolutiva,   anche   attuando   misure   che   comportino
l'attenuazione della cd. offensivita' del processo, nonche' la rapida
fuoriuscita dal circuito canale, secondo  l'orientamento  consolidato
della C.C (in ispecie, sentenze nn. 222/1983; 206/1987; 125/2002). 
    Sorge dubbio, sufficiente al fine del sindacato  di  legittimita'
costituzionale della norma in parola, circa la conformita'  al  grado
di  avanzata  protezione  assicurata   dall'art.   31   della   Carta
Costituzionale (e da fonti sovranazionali  ed  internazionali)  della
compressione della finalita' rieducativa, in presenza - nel  giudizio
a quo - di aspetti  attinenti  al  merito  e  alla  personalita'  che
lascerebbero ben presumere la positiva  evoluzione  di  personalita',
sulla base della mera tipizzazione di una serie di condotte  ritenute
antologicamente incompatibili con una siffatta evoluzione, pur ove il
beneficio fosse applicato nel massimo limite temporale (un triennio),
e con intero svolgimento in comunita'  idonea,  munita  di  personale
interno avente anche competenze psichiatriche e  psicologiche  ed  in
affiancamento costante agli operatori esterni. L'attuale testo  della
norma denunciata· non consente alcun tipo di valutazione collegata al
fatto   concreto   e   alla   situazione   personale,   familiare   e
socio-ambientale del minore, che potrebbero consentire l'accesso alla
m.a.p., sia pure particolarmente monitorata e in  contesto  altamente
contenitivo, per lungo tempo e su  costante  verifica  da  parte  dei
giudice nell'ambito di udienze in sede  collegiale  a  cadenza  molto
ravvicinata,  con  eventuale  revoca  in  caso  di  interruzione  del
percorso o di ripetute e gravi trasgressioni rivelatrici  di  intento
strumentale  originario  dissimulato,   ovvero   della   sopravvenuta
indisponibilita' o incapacita' al cambiamento. Il complesso  di  tali
modalita' insite nella m.a.p., assicurerebbe per un verso un  intenso
monitoraggio sugli sviluppi della risposta del minore,  e  per  altro
verso l'immediata segnalazione di eventuali allontanamenti  arbitrari
dalla comunita' alla p.o. anche in forme celeri (a mezzo delle  FF.OO
e/o del difensore). 
    Infine, stante l'estraneita' della costituzione di  parte  civile
al p.p.m, la novella censurata esclude anche la mediazioni penale con
la vittima, che in casi - come quello di specie -  di  coinvolgimento
in condotte di  reato  ben  piu'  ampie  (per  durata,  modalita'  ed
effetti),   proprio   a   seguito   di   un   congruo   percorso   di
risocializzazione dell'offensore focalizzato sulla  mancata  gestione
della  rabbia,   su   rafforzamento   dell'autostima,   sulle   turbe
dell'affettivita'  e  del  corretto  esercizio  della  sessualita'  -
obiettivi  richiedenti  interventi  lunghi,  mirati  e  con   stretto
contatto  con  le  figure  professionali  di  riferimento -  potrebbe
condurre a risultati  significativi,  allontanando  il  minore  anche
dall'ambiente che ne ha favorito lo  sviluppo;  obiettivi  che  molto
difficilmente si potrebbero attuare in  forme  cosi'  strutturate  in
carcere e produrrebbero minori effetti positivi  in  fascia  di  eta'
piu' adulta e dopo una condanna. La eventuale riconciliazione con  la
vittima  (obiettivo  perseguito  anche  da  norme  comunitarie,   con
conseguente possibile questione di costituzionalita' anche rispetto a
norme  interposte  ai  sensi  dell'art.  117   Cost,   aspetto   gia'
focalizzato nella ordinanza di rimessione del T.p.m. di Roma  del  17
aprile 2025) non viene qui in considerazione se non  sotto  l'aspetto
riparativo indiretto, posto che  semmai  entrambi  vanno  aiutati  ad
elaborare la reciproca perdita. 
    2.2. Con riferimento al parametro costituzionale di cui  all'art.
3 cit., la violazione del principio di ragionevolezza si pone per  la
ingiustificata  disparita',  sancita  dallo  sbarramento  all'accesso
all'istituto per il delitto de quo, rispetto a  tipologie  delittuose
ancor piu' gravi, tra cui alcune (senza pretesa di completezza: reati
di criminalita' organizzata, strage e sequestro di persona a scopo di
estorsione,  quest'ultimo  in  aumento  nel   Distretto)   che   sono
sanzionate con pene edittali molto piu'  elevate  e  che  inoltre,  a
differenza della violenza sessuale aggravata  o  bi-aggravata,  anche
nelle   singole   modalita'   esecutive    esprimono    costantemente
personalita'  gia'  adultizzate  e  strutturate  in  senso  altamente
deviante, rispetto alle  quali  la  soccombenza  della  finalita'  di
recupero sociale si porrebbe in termini di maggior ragionevolezza;  e
tuttavia esulanti dal divieto. 
    L'esclusione della figura delicti in esame dal novero  dei  reati
rientranti nella previsione normativa contenuta nell'art.  28,  comma
1, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  448/1988  impedisce
inoltre la valutazione della attualita' dell'allarme sociale sancendo
il divieto in modo  avulso  dalla  distanza  cronologica  dal  reato,
spesso considerevole nei processi che, a differenza di quello de quo,
approdano in giudizio preliminare o dibattimentale, concernenti fatti
episodici  talora  risalenti  nel  tempo  (soprattutto  in  caso   di
rivelazioni della p.o. ormai cresciuta, se non adulta;  precipuamente
per  episodi  di  abuso  maturati  in  ambito  familiare),  tali   da
consentirne  la  definizione  con  sentenze  di  perdono  giudiziale,
aspetto che pone ulteriori problemi di ragionevolezza e  di  coerenza
del sistema anche  rispetto  al  principio  di  ragionevolezza  e  di
coerenza del sistema in violazione dell'art. 3  Cost.  Residuando  in
vero un certo margine di applicabilita' del perdono giudiziale -  pur
in casi selezionati, e come effetto  del  computo  delle  circostanze
attenuanti generiche e della diminuente della minore eta'  in  misura
prevalente sulle aggravanti e con l'ulteriore riduzione ex  art.  442
c.p.p. - alle fattispecie di reato di  cui  all'art.  609-ter  codice
penale (tipicamente in danno di familiari in  ambito  domestico),  si
verifica  alla  stregua  della  vigente   normativa   un   paradosso:
l'imputato puo' giovarsi di sentenza ex art.  169  c.p.  senza  dover
sostenere  alcuno  sforzo  per  dimostrare  il  cambiamento  (ad  es.
allorche' a distanza di molti anni dal reato abbia dato prova  di  un
proficuo inserimento scolastico o lavorativo e  non  abbia  riportato
condanne  ne'  altre  pendenze);  laddove  non  potrebbe,  a  parita'
assoluta di condizioni (cioe' lo stesso imputato, per  quello  stesso
fatto) accedere alla m.a.p., che in tal caso  dimostrerebbe  peraltro
una evoluzione positiva particolarissima, sia  collegata  alla  (piu'
meritoria)  scelta   (che   comporta   una   importante   attivazione
progettuale), sia alla luce del suo  compimento  con  buon  esito,  a
tutto beneficio della stessa collettivita'. 
    Si  richiamano  qui  le  precedenti  osservazioni  attinenti   al
rapporto tra il delitto esulante dalla sfera di applicabilita'  della
m.a.p. con quello connesso di stalking con identita' di p.o. 
    2.3. Da ultimo, la doglianza di  costituzionalita'  per  presunta
violazione dell'ulteriore parametro costituzionale di cui all'art. 24
Cost.  e'  manifestamente  infondata,  non  derivando  dalla   scelta
legislativa censurata alcuna violazione del diritto di difesa, che si
esercita nella sua pienezza in sede processuale. 
    3.  In   conclusione,   quanto   al   petitum:   dichiararsi   la
illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art.  28,  comma
5-bis, decreto del Presidente della  Repubblica  n.  448/1988,  nella
parte in cui  vieta  l'applicabilita'  ai  delitti  di  cui  all'art.
609-bis, limitatamente alle ipotesi aggravate di cui all'art. 609-ter
c.p.,  della  sospensione  del  processo  ex  art.  28  decreto   del
Presidente della Repubblica n. 448/1988, nei termini dianzi indicati,
per  contrasto  con  gli  art.  3,  comma  1  e  31  comma  2   della
Costituzione;  subordinatamente,   emettersi   sentenze   di   natura
sostitutiva o manipolativa, volte ad introdurre  eccezioni  al  detto
divieto generale, in  rapporto  a  specie,  modalita'  o  circostanze
dell'azione e alla osservazione  successiva  di  personalita'  avente
valenza favorevole; e, comunque, se  detto  delitto  sia  legato  dal
vincolo  della  continuazione  con  altri  reati  contro  la  persona
contestati nello stesso processo in danno di una medesima p.o. per  i
quali sia consentito il beneficio, in particolare con quello  di  cui
all'art. 612-bis c.p., per contrasto con gli articoli 3 comma 1 e  31
comma 2 della Costituzione. 

(1) Pendente innanzi ad altro giudice attualmente con  rito  diverso,
    ma per cui il difensore (comune ad entrambi i processi)  ha  gia'
    richiesto la riunione,  consentita  dall'evidente  continuazione,
    qualora venisse proposto il giudizio abbreviato. 

(2) E in due ore in automobile, anche ipotizzando nefaste  perduranti
    complicita' della madre dell'imputato (la quale in passato ne  ha
    agevolato gli incontri con la ragazza, pur dissentendo dalla loro
    relazione, descritta dai nuclei familiari  dei  due  protagonisti
    come causativa dei problemi del proprio figlio/a, ma che di fatto
    non hanno entrambi saputo arginare) comunque  evitabili  vietando
    uscite in autonomia. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 2 c.p.p., 23 legge n. 11 marzo 1953, n. 87, 
    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza; 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale,  nei  termini
dianzi indicati, della norma di cui all'art. 28 comma  5-bis  decreto
del Presidente della Repubblica n. 448/1988, per  contrasto  con  gli
articoli 3 comma 1 e 31 comma secondo della Costituzione, nella parte
in cui prevede che le disposizione del comma 1 non  si  applicano  ai
delitti di cui all'art. 609-bis  codice  penale,  limitatamente  alle
ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 609-ter c.p.; comunque  ove  non
consente deroghe per le ipotesi sopra indicate; 
    Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone che a cura della cancelleria la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei  ministri;  e
comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
    Segnala che ai sensi dell'art. 52, lettera B, decreto legislativo
n. 196/2003 e successive modificazioni, in caso di  diffusione  della
presente ordinanza dovranno essere omessi le generalita' ed ogni dato
identificativo dei minorenni. 
      Torino, 5 giugno 2025 
 
                   Il Presidente: Devietti Goggia