Reg. ord. n. 24 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/02/2025 n. 8
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria del 23/01/2025
Tra: River Park Hotel srl C/ Comune di Ameglia
Oggetto:
Edilizia e urbanistica - Turismo - Disciplina urbanistica degli alberghi - Norme della Regione Liguria - Proprietari degli immobili soggetti al vincolo di destinazione d’uso ad albergo - Previsione che costoro possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo per sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, a causa dell’impossibilità oggettiva a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile per sussistenza di vincoli di diversa natura o a causa della collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attività alberghiera - Previsione che omette di stabilire come condizione sufficiente ai fini della rimozione del vincolo quella della insostenibilità economica dell’attività - Denunciata compressione della libertà imprenditoriale poiché, qualora la prosecuzione dell’attività non sia più compatibile con lo scopo di conseguimento del profitto, il titolare si troverebbe di fronte all’alternativa tra chiudere l’attività produttiva in perdita o cedere il compendio produttivo - Disposizione che realizza un assetto irragionevole di interessi contrapposti, essendo dubbio che il mantenimento dei livelli di recettività del territorio possa esser perseguito imponendo una destinazione produttiva potenzialmente indeterminata nel tempo, che vincola il proprietario anche nel caso in cui venga meno la redditività dell’utilizzo - Previsione di un rigoroso vincolo che potrebbe dissuadere eventuali operatori economici dal fare ingresso nel settore alberghiero, per timore di non poter dismettere o convertire l’attività intrapresa - Misura inadeguata allo scopo di mantenere i livelli di recettività, poiché non può spingere la continuazione dell’impresa oltre la soglia dell’economicità della gestione - Previsione che ostacola mutamenti di titolarità e provoca la chiusura indefinita dell’attività, con abbandono del compendio immobiliare - Rigidità delle condizioni che, espropriando l’amministrazione di discrezionalità nel caso concreto, impedisce ogni bilanciamento con potenziali usi alternativi della proprietà che potrebbero realizzare una funzione di utilità sociale - Violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità, non avendo il legislatore utilizzato il mezzo più mite tra quelli idonei al raggiungimento dello scopo - Incidenza sulle facoltà di godimento e di disposizione del bene, che limitano le prerogative dominicali - Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile - Previsione di un vincolo qualificabile come espropriativo, privo di un limite temporale e di un indennizzo, lesivo dei principi costituzionali in materia di espropriazione per motivi di interesse generale - Vincolo di destinazione che, anche qualora fosse qualificabile come conformativo del diritto di proprietà, sarebbe irragionevole e sproporzionato - Lesione della proprietà privata come tutelata sia sotto il profilo costituzionale che convenzionale - Violazione degli obblighi internazionali.
Norme impugnate:
legge della Regione Liguria del 07/02/2008 Num. 1 Art. 2 Co. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 42 Co. 2
Costituzione Art. 42 Co. 3
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 1 Co.
Udienza Pubblica del 9 luglio 2025 rel. PITRUZZELLA
Testo dell'ordinanza
N. 24 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 2025 Ordinanza del 23 gennaio 2025 del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sul ricorso proposto da River Park Hotel srl contro il Comune di Ameglia. Edilizia e urbanistica - Turismo - Disciplina urbanistica degli alberghi - Norme della Regione Liguria - Proprietari degli immobili soggetti al vincolo di destinazione d'uso ad albergo - Previsione che costoro possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo per sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, a causa dell'impossibilita' oggettiva a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile per sussistenza di vincoli di diversa natura o a causa della collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attivita' alberghiera - Previsione che omette di stabilire come condizione sufficiente ai fini della rimozione del vincolo quella della insostenibilita' economica dell'attivita'. - Legge della Regione Liguria 7 febbraio 2008, n. 1 (Misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi e disposizioni relative alla disciplina e alla programmazione dell'offerta turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali), art. 2, comma 2. (GU n. 8 del 19-02-2025) IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA Sezione seconda Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 374 del 2024, proposto dalla River Park Hotel s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luciano Barsotti e Sabrina Menichelli, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Menichelli in Sarzana, piazza San Giorgio n. 26; Contro il Comune di Ameglia, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Matteo Borello, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Roma n. 10/3b; Per l'annullamento, previa sospensiva, del provvedimento dell'8 febbraio 2024, prot. 2058, del responsabile SUAP del Comune di Ameglia, recante diniego della istanza di svincolo dalla destinazione alberghiera dell'immobile di proprieta' della ricorrente, nonche' di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente, ivi compresa la nota 27 febbraio 2022 del responsabile dell'area urbanistica del comune; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti l'atto di costituzione in giudizio e la memoria del Comune di Ameglia; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2024 il dott. Nicola Pistilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. Con ricorso notificato in data 5 aprile 2024 e depositato in data 22 aprile 2024 la societa' ricorrente ha impugnato l'atto in epigrafe indicato deducendo quanto segue. 1.1. La ricorrente e' proprietaria di un albergo sito in Ameglia (SP) alla via Del Botteghino n. 17/H, che gestisce a partire dal luglio 1993; la struttura e' attiva da aprile a ottobre e occupa dieci dipendenti e due collaboratori. Stante la concentrazione della richiesta alberghiera degli ultimi anni nei mesi di luglio e agosto, la societa' rappresenta che la struttura necessiterebbe di un ammodernamento per aumentarne la capacita' attrattiva; tuttavia, sulla base di un piano industriale redatto da un professionista (doc. 5 della ricorrente) l'investimento non genererebbe ricavi idonei a garantire la convenienza economica dell'operazione. Per tali ragioni, la ricorrente ha presentato un'istanza di rimozione del vincolo di destinazione alberghiera, ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 7 febbraio 2008, n. 1, chiedendo la trasformazione della struttura in una residenza socio-sanitaria per anziani, dopo aver ottenuto il parere favorevole dell'Azienda sanitaria regionale. 1.2. Con il provvedimento impugnato, il comune ha rigettato l'istanza ritenendo che non sussistessero le condizioni previste dalla normativa regionale, che richiede alternativamente l'impossibilita' di realizzare interventi di adeguamento dell'immobile per l'esistenza di vincoli di varia natura o l'insistenza in un ambito territoriale inidoneo allo svolgimento dell'attivita' alberghiera. Inoltre il comune ha motivato il rigetto rappresentando l'inadeguata capacita' ricettiva nel territorio rispetto alla domanda e la mancata dimostrazione della necessita' di una residenza socio-sanitaria. 2. Avverso il suddetto provvedimento la ricorrente affida il ricorso a plurimi motivi: essenzialmente, censura la violazione della legge regionale, che, in ossequio agli articoli 41 e 42 della Costituzione, non puo' essere interpretata nel senso di imporre la prosecuzione dell'attivita' oltre il limite della convenienza economica; deduce inoltre il difetto di istruttoria con riferimento all'assenza di capacita' ricettiva del territorio e alla necessita' della residenza socio-sanitaria. 3. Costituitosi in giudizio, il comune ribadisce che la circostanza prospettata dalla ricorrente non e' prevista dalla legge regionale come condizione per la rimozione del vincolo; inoltre evidenzia una serie di potenzialita' dell'albergo, riporta dati sul riempimento dello stesso e sulla scarsita' di strutture ricettive nel comune a fronte della crescente domanda nella zona. 4. Alla camera di consiglio dell'8 maggio 2024 parte ricorrente ha rinunciato alla sospensiva. Le parti hanno depositato ulteriori memorie e documenti in vista dell'udienza di discussione dell'11 dicembre 2024, alla quale la causa e' stata chiamata e trattenuta in decisione. 5. Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale della normativa regionale sulla base della quale e' stato emanato provvedimento in questa sede gravato. 6. Al fine di evidenziare la rilevanza della questione, occorre considerare che la ricorrente ha chiesto la rimozione del vincolo alberghiero adducendo la mancanza di convenienza economica nella prosecuzione dell'attivita': piu' nel dettaglio, gli utili risultanti dagli ultimi esercizi (docc. 11-12-13 ricorrente) sono di entita' modesta rispetto alle dimensioni della struttura e al numero di occupati; inoltre dal piano industriale redatto da un professionista emerge l'inopportunita' di realizzare gli investimenti necessari al rilancio della struttura, stante l'esiguita' dei ricavi attesi. Il comune ha rigettato l'istanza essenzialmente richiamando la normativa regionale, che non contempla quella prospettata dall'istante tra le condizioni alle quali e' consentito lo svincolo. L'art. 2 della legge regionale n. 1 del 2008 cosi' dispone: «1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e per il periodo di vigenza dell'elenco di cui al comma 1-ter, sono soggetti a specifico vincolo di destinazione d'uso ad albergo, con divieto di modificare tale destinazione se non alle condizioni previste dal comma 2, gli immobili sedi degli alberghi e le relative aree asservite e di pertinenza: a) classificati albergo ed in esercizio ai sensi della normativa in materia; b) gia' classificati albergo, la cui attivita' sia cessata ma che non siano stati oggetto d'interventi di trasformazione in una diversa destinazione d'uso; c) in corso di realizzazione in forza di uno specifico titolo edilizio. (5) 1-bis. Il vincolo di cui al comma 1 non si applica agli immobili e alle relative aree asservite e di pertinenza, sedi degli alberghi: a) classificati al 1° gennaio 2012 a una o due stelle, con capacita' ricettiva non superiore a diciotto posti letto ed aventi un utilizzo promiscuo della funzione ricettiva con quella residenziale o con altra funzione. Non si configura un utilizzo promiscuo nel caso dell'unita' abitativa ad uso del titolare della struttura ricettiva stessa; b) aventi le stesse caratteristiche di cui alla lettera a) gia' classificati albergo e per i quali l'attivita' alberghiera sia comunque cessata. 1-ter. I comuni effettuano il censimento degli alberghi assoggettati al vincolo di destinazione d'uso ad albergo di cui al comma 1 e approvano l'elenco degli immobili vincolati e delle relative aree asservite e di pertinenza. 2. I proprietari degli immobili soggetti al vincolo di cui al comma 1 possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo con riferimento alla sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, basata su almeno una delle seguenti cause ed accompagnata dalla specificazione della destinazione d'uso che si intende insediare: a) oggettiva impossibilita' a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile, a causa dell'esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non superabili, al livello di qualita' degli standard alberghieri e/o alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie di fuga, scale antincendio e simili) e/o di abbattimento delle barriere architettoniche; b) collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attivita' alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa». 6.1. L'applicazione della disposizione appena riportata condurrebbe alla reiezione del ricorso, in quanto la societa' non ha dedotto, in sede di istanza di svincolo, una delle due condizioni contemplate dal legislatore ragionale, limitandosi ad allegare, nei termini anzidetti, l'impossibilita' di ricavare un congruo profitto dalla prosecuzione dell'attivita'. 6.2. Al contrario, in caso di declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma, quantomeno nella parte in cui non prevede come condizione sufficiente ai fini della rimozione del vincolo quella della insostenibilita' economica dell'attivita', l'amministrazione ed eventualmente il giudice amministrativo sarebbero chiamati a effettuare un vaglio sulla ricorrenza in concreto di tale circostanza. 7. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il Collegio dubita della compatibilita' dell'art. 2, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2008 con gli articoli 3, 41, 42, 117, comma 1, quest'ultimo in relazione all'art. 1 protocollo addizionale CEDU, e 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 7.1. Iniziando dal possibile contrasto con il principio della libera iniziativa economica, per il carattere irragionevole e sproporzionato dei limiti frapposti alla stessa, e' utile ripercorrere alcuni capisaldi fissati in materia dal giudice delle leggi, particolarmente utili a decifrare la questione di legittimita' costituzionale che il Tribunale intende sollevare. Anzitutto, «uno degli aspetti caratterizzanti della liberta' di iniziativa economica e' costituito dalla possibilita' di scelta spettante all'imprenditore: scelta dell'attivita' da svolgere, delle modalita' di reperimento dei capitali, delle forme di organizzazione della stessa attivita', dei sistemi di gestione di quest'ultima e delle tipologie di corrispettivo. Se, dunque, legittimamente in base a quanto previsto all'art. 41 della Costituzione, il legislatore puo' intervenire a limitare e conformare la liberta' d'impresa in funzione di tutela della concorrenza [...] il perseguimento di tale finalita' incontra pur sempre il limite della ragionevolezza e della necessaria considerazione di tutti gli interessi coinvolti. La liberta' d'impresa non puo' subire infatti, nemmeno in ragione del doveroso obiettivo di piena realizzazione dei principi della concorrenza, interventi che ne determinino un radicale svuotamento, come avverrebbe nel caso di un completo sacrificio della facolta' dell'imprenditore di compiere le scelte organizzative che costituiscono tipico oggetto della stessa attivita' d'impresa» (Corte Costituzionale, 23 novembre 2021, n. 218). Siffatta liberta' «riguarda non soltanto la fase iniziale di scelta dell'attivita', ma anche i successivi momenti del suo svolgimento» (Corte Costituzionale, 23 aprile 1965, n. 30). La Consulta ha «costantemente negato che sia "configurabile una lesione della liberta' d'iniziativa economica allorche' l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilita' sociale", oltre, ovviamente, alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana, ai sensi dell'art. 41, secondo comma, della Costituzione, purche', per un verso, l'individuazione dell'utilita' sociale"non appaia arbitraria" e, "per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue, ed in ogni caso che l'intervento legislativo non sia tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado cosi' elevato da indurre la funzionalizzazione dell'attivita' economica di cui si tratta sacrificandone le opzioni di fondo"» (Corte Costituzionale, 31 marzo 2015, n. 56). Particolarmente calzante risulta, infine, la pronuncia 23 novembre 2021, n. 47, per l'esplicito riconoscimento che i limiti alla liberta' d'impresa possono essere assoggettati a una verifica di proporzionalita' e ragionevolezza. Se «uno degli aspetti caratterizzanti della liberta' di iniziativa economica e' costituito dalla possibilita' di scelta spettante all'imprenditore», quest'ultima «non puo' subire [...] interventi che ne determinino un radicale svuotamento, come avverrebbe nel caso di un completo sacrificio della facolta' dell'imprenditore di compiere le scelte organizzative che costituiscono tipico oggetto della stessa attivita' d'impresa». Per affermare il carattere irragionevole e sproporzionato della disposizione in quella sede censurata, la Corte ha valorizzato alcuni indici: l'oggettiva consistenza delle restrizioni, la mancata «differenziazione o graduazione in ragione di elementi rilevanti» e, infine, l'omessa considerazione dell'interesse dei destinatari, che hanno pianificato le proprie strategie sulla base di una regolazione meno rigida o addirittura priva di limitazioni. 7.2. Nel caso di specie, la compressione della liberta' di iniziativa non risulta aderente ai corollari della liberta' di iniziativa economica, in quanto la legislazione regionale assoggetta la facolta' di svincolo alla inadeguatezza della struttura, qualora quest'ultima sia attribuibile a una delle due seguenti cause: «a) oggettiva impossibilita' a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile, a causa dell'esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non superabili, al livello di qualita' degli standard alberghieri e/o alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie di fuga, scale antincendio e simili) e/o di abbattimento delle barriere architettoniche; b) collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attivita' alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa». Cio' significa che, al di fuori del caso in cui la struttura insiste in un ambito astrattamente inidoneo all'attivita' ricettiva, l'incapacita' di far fronte alle esigenze del mercato non puo' di per se' giustificare la cessazione del vincolo, ma solo in quanto sia riconducibile all'impossibilita' assoluta di realizzare interventi per la sussistenza di vincoli di varia natura. Si tratta di una compressione notevole della liberta' imprenditoriale, posto che nel caso in cui la prosecuzione dell'attivita' non sia piu' compatibile con lo scopo, tipico dell'impresa, di conseguimento del profitto, il titolare si verrebbe a trovare dinanzi all'alternativa secca tra chiudere l'attivita' in perdita e cedere il compendio produttivo. 7.3. Giunti a questo punto, il Collegio ritiene che non sia praticabile, a fronte dell'inequivocabile tenore letterale della disposizione, la strada di un'interpretazione costituzionalmente conforme senza fuoriuscire dal perimetro semantico dell'enunciato, che segna il limite di ogni tentativo ermeneutico (tra le piu' recenti Corte costituzionale, 10 novembre 2023, n. 46). Anzitutto, sul piano testuale, non vi sono dubbi sul fatto che l'impossibilita' di adeguamento della struttura al livello di qualita' degli standard alberghieri o alla normativa in materia di sicurezza e di abbattimento delle barriere architettoniche debba essere riconducibile solo ed esclusivamente all'esistenza di una delle tipologie di vincoli enumerati dalla disposizione. Tale conclusione e' rafforzata, adoperando il canone dell'interpretazione storica e sistematica, dalla considerazione che la legge regionale 18 marzo 2013, n. 4, intervenuta a novellare l'originaria versione dell'art. 2, comma 2, ha eliminato il riferimento alla «sopravvenuta inadeguatezza a mantenere la presenza sul mercato dell'offerta ricettiva e alla non sostenibilita' economica della stessa», accentuando l'intenzione del legislatore di scindere ogni legame tra la possibilita' di svincolo e la convenienza economica dell'attivita'. 7.4. La rigidita' della disposizione emerge anche sotto il profilo della durata temporale del vincolo (gia' censurata, seppur sotto un profilo parzialmente diverso, da Corte costituzionale, 28 gennaio 1981, n. 4). Quanto alla prima delle due condizioni, l'impossibilita' assoluta di realizzare interventi di adeguamento alla normativa vincolistica rappresenta un'eventualita' che potrebbe non verificarsi mai in un arco temporale nel quale usualmente un operatore di mercato pianifica le strategie di investimento: dopo l'avvio dell'attivita' potrebbe passare un periodo indefinito senza che intervengano modificazioni a uno dei regimi vincolistici indicati dalla disposizione. Riguardo alla collocazione della struttura in territorio inidoneo allo svolgimento dell'attivita' alberghiera, se si pone mente alla cospicua eccezione degli ambiti «storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa», nonche' alla conformazione del territorio ligure, all'elevata urbanizzazione dei tratti costieri e alla vocazione turistica che lo caratterizza pressoche' indistintamente, la ricorrenza della condizione risulta piuttosto rara. 7.5. In tal modo, la disposizione realizza un assetto irragionevole degli interessi contrapposti, in quanto e' dubbio che lo scopo di mantenimento dei livelli di ricettivita' del territorio possa essere perseguito mediante l'imposizione di una destinazione produttiva potenzialmente indeterminata nel tempo, che astringe il proprietario anche nel caso in cui venga meno la reddittivita' dell'utilizzo. Al contrario, la presenza di un vincolo cosi' rigoroso potrebbe dissuadere eventuali operatori economici dal fare ingresso nel settore alberghiero per il timore di non poter agevolmente dismettere o convertire l'attivita' intrapresa. E' persino dubitabile che la misura si riveli adeguata allo scopo perseguito, quello di mantenere i livelli di ricettivita', posto che da un lato non puo' fisiologicamente spingere la continuazione dell'impresa oltre la soglia dell'economicita' della gestione, dall'altro rischia di ostacolare mutamenti di titolarita' e provocare la chiusura definitiva dell'attivita', con conseguente abbandono del compendio immobiliare. Inoltre, la rigidita' delle condizioni, espropriando l'amministrazione di qualsiasi discrezionalita' nell'apprezzamento del caso concreto, reca con se' ulteriori conseguenze. Da un lato impedisce ogni bilanciamento con potenziali usi alternativi ai quali si puo' riconoscere a pieno titolo la realizzazione di una funzione di «utilita' sociale» prescritta dall'art. 41, comma 2, della Costituzione: si pensi alla destinazione proposta dalla ricorrente, consistente in una residenza socio-sanitaria per anziani. Dall'altro preclude di considerare le peculiarita' della singola struttura e l'interesse del destinatario, che nella pianificazione dell'investimento probabilmente ha anche contemplato la possibilita' di utilizzi diversi dell'immobile sulla base della normativa vigente all'epoca dell'acquisto o della successiva realizzazione dell'albergo. Si tratta di considerazioni che mettono in luce come la norma non possa superare il vaglio in termini di ragionevolezza e proporzionalita', posto che il legislatore regionale non sembra aver accordato «preferenza al "mezzo piu' mite" fra quelli idonei a raggiungere lo scopo, scegliendo, fra i vari strumenti a disposizione, quello che determina il sacrificio minore» (Corte costituzionale, n. 218 del 2021, cit.). 7.8. Anche uno sguardo all'abrogata normativa statale e ad altre leggi regionali consente di apprezzare la rigidita' della disposizione in esame. L'art. 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217, abrogata dalla legge 29 marzo 2001, n. 135, cosi' disponeva: «il vincolo di destinazione puo' essere rimosso su richiesta del proprietario solo se viene comprovata la non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva e previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente percepiti e opportunamente rivalutati ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato». In Campania, l'art. 5 della legge regionale 28 novembre 2000, n. 16, come modificato dall'art. 1, comma 76, della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16: «Il vincolo di destinazione puo' essere rimosso su richiesta del proprietario, solo se viene comprovata la non convenienza economica-produttiva della struttura ricettiva e previa restituzione di contributi ed agevolazioni pubbliche eventualmente percepite ai fini della costruzione o ristrutturazione dell'immobile su cui grava il vincolo». In Emilia Romagna, gli articoli 2 e 3 della legge regionale 9 aprile 1990, n. 28, condizionano la rimozione del vincolo alla «non convenienza economica» dell'attivita'. Nelle Marche, l'art. 73 della legge regionale 11 luglio 2006, n. 9, modificato dall'art. 56 della legge regionale 2 luglio 2020, n. 28, prevede un vincolo di dieci anni per gli immobili che hanno beneficiato di contributi regionali, che puo' essere cancellato «quando sia dimostrata l'impossibilita' o la non economicita' della destinazione delle opere». 8. La panoramica delle discipline analoghe di altre regioni offre lo spunto per passare ad illustrare un ulteriore profilo di possibile incostituzionalita' della disposizione in rilievo, segnatamente per contrasto con gli articoli 117, comma 2, lettera l), e 42, comma 2. 8.1. Nella misura in cui impone sull'immobile un vincolo di destinazione produttiva rimuovibile solo a particolari condizioni, la disciplina realizza una compressione considerevole delle facolta' di godimento del bene, in quanto anche in tal caso - come gia' visto in merito alle scelte imprenditoriali - il titolare che non reputi piu' conveniente l'uso alberghiero si troverebbe costretto a cedere l'attivita'. Considerato il grado di limitazione che la facolta' di godimento subisce - e, seppur indirettamente, anche quella di disposizione - la norma sembra porsi in contrasto con il riparto costituzionale di competenze, che assegna l'«ordinamento civile» alla legislazione statale. 8.2. Nel tentativo di ricostruire i limiti di intervento del legislatore regionale sul diritto di proprieta', la sentenza n. dell'11 luglio 1989, n. 391 (alla quale ha fatto seguito, tra le altre, la sentenze 7 novembre 1994, n. 379) ha stabilito che «la preclusione al potere legislativo regionale di interferenze nella disciplina dei diritti soggettivi riguarda i profili civilistici dei rapporti da cui derivano, cioe' i modi di acquisto e di estinzione, i modi di accertamento, le regole sull'adempimento delle obbligazioni e sulla responsabilita' per inadempimento, la disciplina della responsabilita' extracontrattuale, i limiti dei diritti di proprieta' connessi ai rapporti di vicinato, e via esemplificando. Per quanto attiene, invece, alla normazione conformativa del contenuto dei diritti di proprieta' allo scopo di assicurarne la funzione sociale, la riserva di legge stabilita dall'art. 42 della Costituzione puo' trovare attuazione anche in leggi regionali, nell'ambito, s'intende, delle materie indicate dall'art. 117». 8.3. Dopo la riforma costituzionale del Titolo V, l'apertura della Corte costituzionale a uno spazio di intervento del diritto regionale e' stata molto cauta. La sentenza 21 dicembre 2016, n. 283, muove dalla premessa che «la disciplina dei rapporti privatistici puo' subire un qualche adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza, che vale a soddisfare il rispetto del richiamato principio di eguaglianza» (cosi' gia' sentenza 6 novembre 2001, n. 352) per fissare alcune «condizioni imprescindibili» dell'intervento regionale: «1) la sua marginalita', 2) la connessione con una materia di competenza regionale e 3) il rispetto del principio di ragionevolezza». Sulla scia tracciata da tali arresti si inserisce anche la sentenza 12 luglio 2019, n. 175: dopo aver ribadito che «il legislatore regionale ben puo' conformare anche le facolta' spettanti ai privati, allo scopo di salvaguardare interessi pubblici sovraordinati e di delineare un assetto complessivo e unitario di determinate zone, rispettoso delle peculiarita' dei territori coinvolti», la pronuncia non ritiene conforme al riparto delineato dalla Carta una disposizione regionale che «non interviene su un aspetto specifico correlato al governo del territorio, ma incide su un potere, tradizionalmente oggetto di codificazione, e si prefigge di regolarne il contenuto sostanziale» e che, «con una formulazione di notevole latitudine, esclude in via generale una facolta' che il codice civile considera, per contro, parte integrante del diritto di proprieta'». 8.4. Inquadrata alla luce delle direttive appena ripercorse, la disposizione regionale che si sottopone al vaglio della Corte incide sulle facolta' di godimento e di disposizione in modo da limitare significativamente le prerogative dominicali riconosciute dall'art. 832 del codice civile. Pur nell'esercizio delle competenze in materia di turismo, il legislatore regionale sembra essersi spinto oltre i confini tracciati dalle sentenze della Corte costituzionale, che ammettono un marginale intervento conformativo, dettando invece una disciplina in grado di comprimere in maniera penetrante l'esplicazione del diritto. Dal punto di vista del godimento, il proprietario subisce l'imposizione di un unico utilizzo produttivo, dal quale puo' affrancarsi alle stringenti condizioni gia' viste. La facolta' di disposizione risulta a sua volta condizionata in un duplice senso, seppur indirettamente: anzitutto, il proprietario che non reputi piu' conveniente la prosecuzione dell'attivita' sara' costretto a cedere il bene o a garantirne il godimento ad altri; nella prima eventualita', il valore del compendio immobiliare risentirebbe non poco del vincolo sullo stesso gravante. 9. Quest'ultima notazione induce il Collegio a dubitare della disposizione sotto il profilo della compatibilita' con l'art. 42, comma 3, della Costituzione. 9.1. Al Tribunale e' nota la tradizionale distinzione tra vincoli espropriativi e vincoli conformativi della proprieta', che ha trovato compiuta sistematizzazione, tra le altre, nella sentenza della Corte costituzionale 20 maggio 1999, n. 179. Verosimilmente in ragione dell'applicazione generalizzata e dell'attuazione della destinazione ad opera del privato, il vincolo alberghiero e' stato ricondotto alla seconda delle due categorie dalle poche pronunce che si sono occupate dell'inquadramento dell'istituto (ad es. Consiglio di Stato, Sezione IV, 12 marzo 2009, n. 1468). 9.2. Nondimeno, alcune peculiarita' del vincolo configurato dal legislatore ligure possono indurre a una diversa prospettazione. Anzitutto, nella nota sentenza 29 maggio 1968, n. 55, la Corte costituzionale ha definito come espropriativi quegli «atti di imposizione che, indipendentemente dalla loro forma, conducano tanto ad una traslazione totale o parziale del diritto, quanto ad uno svuotamento di rilevante entita' ed incisivita' del suo contenuto, pur rimanendo intatta l'appartenenza del diritto». Sulla penetrante compressione della facolta' d'uso introdotta dalla legge regionale si e' gia' detto in precedenza. Secondariamente, «il venir meno o una penetrante incisione del [...] valore di scambio» del bene si configura come un ulteriore indice apprezzato dalla Corte per affermare il carattere espropriativo del vincolo, in alternativa alla incisione delle facolta' annesse al diritto di proprieta' (Corte costituzionale, 20 gennaio 1966, n. 6). Anche in merito a tale aspetto, si e' evidenziato che la destinazione impressa sul bene si ripercuote inevitabilmente sul valore dello stesso in un eventuale compravendita. Alla compressione delle prerogative dominicali non si accompagna poi alcuna limitazione temporale e, come gia' visto, la possibilita' di rimozione e' legata a condizionalita' indipendenti dalla sfera di controllo del proprietario. Tali caratteristiche hanno indotto il Supremo consesso della giustizia amministrativa, che si e' pronunciato in merito alla previsione del legislatore ligure, a paventare la possibilita' che «un vincolo stringente nella destinazione ed indefinito nel tempo possa costituire un intervento di fatto espropriativo» (Consiglio di Stato, Sezione IV, 23 novembre 2018, n. 6626, che solleva dubbi anche in merito alla compatibilita' con la liberta' di iniziativa economica). In definitiva, non essendo previsto un limite temporale ne' un in indennizzo (tra le tante, Corte costituzionale, n. 55 del 1968, cit.), nell'eventualita' in cui si attribuisca carattere espropriativo al vincolo in questione, sarebbe evidente il contrasto con l'art. 42, comma 3, della Costituzione. 10. Tuttavia - questo costituisce l'ultimo profilo che il Collegio intende sottoporre alla Corte -, anche qualora si ritenga che il vincolo di destinazione sia piu' propriamente annoverabile tra quelli conformativi del diritto di proprieta', si pone, analogamente a quanto visto con riferimento alla liberta' di iniziativa economica, un problema di proporzionalita' e ragionevolezza dei limiti. La disposizione si espone a un contrasto con gli articoli 3 e 42, comma 2, della Costituzione, nonche' con l'art. 117, comma 1, della Costituzione in relazione all'art. 1 del protocollo addizionale alla CEDU. Infatti, pur ponendosi al di fuori della nozione di privazione della proprieta' («deprivation of property»), contemplata dall'art. 1, paragrafo 1, del protocollo, le misure che determinano un'ingerenza nell'utilizzo del bene («control of use») devono risultare necessarie per la realizzazione di un interesse generale, come lo stesso paragrafo 2 esplicitamente richiede, e proporzionate rispetto allo scopo avuto di mira (tra le altre si veda la sentenza Lindheim e altri contro Norvegia, 12 giugno 2012). Sotto quest'ultimo aspetto, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha tradizionalmente affermato che, per poter riflettere un equo bilanciamento tra l'interesse generale e il diritto individuale, la misura non deve tradursi in un onere eccessivo («excessive burden») per il singolo (ad esempio James e altri comma Regno Unito, 21 febbraio 1986). Si richiamano, tal proposito, tutte le considerazioni sopra esposte, che inducono a dubitare che il legislatore regionale si sia conformato ai canoni della necessita' e del minore sacrificio nella scelta dello strumento piu' adeguato al perseguimento dello scopo avuto di mira (supra, § 7.5). 11. Alla luce di quanto esposto, deve essere rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge regionale Liguria 7 febbraio 2008, n. 1, nei sensi di cui in motivazione, con riferimento agli articoli 3, 41, 42, 117, comma 1, quest'ultimo in relazione all'art. 1 protocollo addizionale alla CEDU, e art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci sulla questione. P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione seconda): Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge regionale Liguria 7 febbraio 2008, n. 1, con riferimento agli articoli 3, 41, 42, 117, comma 1, quest'ultimo in relazione all'art. 1 protocollo addizionale CEDU, e 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione; Dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente pronuncia; Ordina che a cura della segreteria del Tribunale la presente ordinanza sia notificata alle parti e al presidente della giunta regionale della Liguria e comunicata al presidente del consiglio regionale della Liguria. Cosi' deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Luca Morbelli, Presidente; Angelo Vitali, consigliere; Nicola Pistilli, referendario, estensore. Il Presidente: Morbelli L'estensore: Pistilli