Reg. ord. n. 24 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/02/2025 n. 8

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria  del 23/01/2025

Tra: River Park Hotel srl  C/ Comune di Ameglia



Oggetto:

Edilizia e urbanistica - Turismo - Disciplina urbanistica degli alberghi - Norme della Regione Liguria - Proprietari degli immobili soggetti al vincolo di destinazione d’uso ad albergo - Previsione che costoro possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo per sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, a causa dell’impossibilità oggettiva a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile per sussistenza di vincoli di diversa natura o a causa della collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attività alberghiera - Previsione che omette di stabilire come condizione sufficiente ai fini della rimozione del vincolo quella della insostenibilità economica dell’attività - Denunciata compressione della libertà imprenditoriale poiché, qualora la prosecuzione dell’attività non sia più compatibile con lo scopo di conseguimento del profitto, il titolare si troverebbe di fronte all’alternativa tra chiudere l’attività produttiva in perdita o cedere il compendio produttivo - Disposizione che realizza un assetto irragionevole di interessi contrapposti, essendo dubbio che il mantenimento dei livelli di recettività del territorio possa esser perseguito imponendo una destinazione produttiva potenzialmente indeterminata nel tempo, che vincola il proprietario anche nel caso in cui venga meno la redditività dell’utilizzo - Previsione di un rigoroso vincolo che potrebbe dissuadere eventuali operatori economici dal fare ingresso nel settore alberghiero, per timore di non poter dismettere o convertire l’attività intrapresa - Misura inadeguata allo scopo di mantenere i livelli di recettività, poiché non può spingere la continuazione dell’impresa oltre la soglia dell’economicità della gestione - Previsione che ostacola mutamenti di titolarità e provoca la chiusura indefinita dell’attività, con abbandono del compendio immobiliare - Rigidità delle condizioni che, espropriando l’amministrazione di discrezionalità nel caso concreto, impedisce ogni bilanciamento con potenziali usi alternativi della proprietà che potrebbero realizzare una funzione di utilità sociale - Violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalità, non avendo il legislatore utilizzato il mezzo più mite tra quelli idonei al raggiungimento dello scopo - Incidenza sulle facoltà di godimento e di disposizione del bene, che limitano le prerogative dominicali - Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile - Previsione di un vincolo qualificabile come espropriativo, privo di un limite temporale e di un indennizzo, lesivo dei principi costituzionali in materia di espropriazione per motivi di interesse generale - Vincolo di destinazione che, anche qualora fosse qualificabile come conformativo del diritto di proprietà, sarebbe irragionevole e sproporzionato - Lesione della proprietà privata come tutelata sia sotto il profilo costituzionale che convenzionale - Violazione degli obblighi internazionali.

Norme impugnate:

legge della Regione Liguria  del 07/02/2008  Num. 1  Art. 2  Co. 2



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 42   Co.

Costituzione  Art. 42   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  



Udienza Pubblica del 9 luglio 2025 rel. PITRUZZELLA


Testo dell'ordinanza

                        N. 24 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 2025

Ordinanza del 23 gennaio 2025 del Tribunale amministrativo  regionale
per la Liguria sul ricorso proposto da River Park Hotel srl contro il
Comune di Ameglia. 
 
Edilizia e urbanistica  -  Turismo  -  Disciplina  urbanistica  degli
  alberghi - Norme della Regione Liguria - Proprietari degli immobili
  soggetti al vincolo di destinazione d'uso ad albergo  -  Previsione
  che costoro possono, in qualsiasi  momento,  presentare,  in  forma
  individuale e/o aggregata, al comune  territorialmente  competente,
  motivata  e  documentata  istanza  di  svincolo  per   sopravvenuta
  inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze  del
  mercato,  a  causa  dell'impossibilita'  oggettiva   a   realizzare
  interventi di adeguamento complessivo dell'immobile per sussistenza
  di vincoli di diversa natura o a  causa  della  collocazione  della
  struttura  in  ambiti  territoriali   inidonei   allo   svolgimento
  dell'attivita' alberghiera - Previsione  che  omette  di  stabilire
  come condizione sufficiente ai fini  della  rimozione  del  vincolo
  quella della insostenibilita' economica dell'attivita'. 
- Legge della Regione Liguria 7 febbraio 2008, n. 1  (Misure  per  la
  salvaguardia e la  valorizzazione  degli  alberghi  e  disposizioni
  relative  alla  disciplina  e  alla   programmazione   dell'offerta
  turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali), art.  2,
  comma 2. 


(GU n. 8 del 19-02-2025)

 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA 
                           Sezione seconda 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 374 del  2024,  proposto  dalla  River  Park  Hotel
s.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentato e difeso dagli  avvocati  Luciano  Barsotti  e  Sabrina
Menichelli, con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da  registri  di
giustizia  e  domicilio  eletto  presso   lo   studio   dell'avvocato
Menichelli in Sarzana, piazza San Giorgio n. 26; 
    Contro il Comune di Ameglia, in persona del  sindaco  in  carica,
rappresentato e difeso dall'avvocato Matteo  Borello,  con  domicilio
digitale come da PEC da registri  di  giustizia  e  domicilio  eletto
presso il suo studio in Genova, via Roma n. 10/3b; 
    Per l'annullamento, previa sospensiva, del  provvedimento  dell'8
febbraio 2024, prot.  2058,  del  responsabile  SUAP  del  Comune  di
Ameglia, recante diniego della istanza di svincolo dalla destinazione
alberghiera dell'immobile di proprieta' della ricorrente, nonche'  di
ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente, ivi compresa  la
nota 27 febbraio 2022  del  responsabile  dell'area  urbanistica  del
comune; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti l'atto di costituzione in giudizio e la memoria del  Comune
di Ameglia; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  11  dicembre  2024  il
dott.  Nicola  Pistilli  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. Con ricorso notificato in data 5 aprile 2024 e  depositato  in
data 22 aprile 2024 la societa' ricorrente  ha  impugnato  l'atto  in
epigrafe indicato deducendo quanto segue. 
    1.1. La ricorrente e' proprietaria di un albergo sito in  Ameglia
(SP) alla via Del Botteghino n. 17/H,  che  gestisce  a  partire  dal
luglio 1993; la struttura e' attiva da  aprile  a  ottobre  e  occupa
dieci dipendenti e due collaboratori. 
    Stante la concentrazione della richiesta alberghiera degli ultimi
anni nei mesi di luglio e agosto,  la  societa'  rappresenta  che  la
struttura necessiterebbe  di  un  ammodernamento  per  aumentarne  la
capacita' attrattiva; tuttavia, sulla base di  un  piano  industriale
redatto da un professionista (doc. 5 della ricorrente) l'investimento
non genererebbe ricavi idonei a garantire  la  convenienza  economica
dell'operazione. 
    Per tali ragioni,  la  ricorrente  ha  presentato  un'istanza  di
rimozione del vincolo di destinazione alberghiera, ai sensi dell'art.
2  della  legge  regionale  7  febbraio  2008,  n.  1,  chiedendo  la
trasformazione della struttura in una residenza  socio-sanitaria  per
anziani,  dopo  aver  ottenuto  il  parere  favorevole   dell'Azienda
sanitaria regionale. 
    1.2. Con il  provvedimento  impugnato,  il  comune  ha  rigettato
l'istanza ritenendo che  non  sussistessero  le  condizioni  previste
dalla   normativa   regionale,    che    richiede    alternativamente
l'impossibilita'   di   realizzare    interventi    di    adeguamento
dell'immobile  per  l'esistenza  di  vincoli  di   varia   natura   o
l'insistenza in un  ambito  territoriale  inidoneo  allo  svolgimento
dell'attivita' alberghiera. Inoltre il comune ha motivato il  rigetto
rappresentando  l'inadeguata  capacita'  ricettiva   nel   territorio
rispetto alla domanda e la mancata dimostrazione della necessita'  di
una residenza socio-sanitaria. 
    2. Avverso il suddetto  provvedimento  la  ricorrente  affida  il
ricorso a plurimi motivi: essenzialmente, censura la violazione della
legge regionale, che,  in  ossequio  agli  articoli  41  e  42  della
Costituzione, non puo' essere interpretata nel senso  di  imporre  la
prosecuzione  dell'attivita'  oltre  il  limite   della   convenienza
economica; deduce inoltre il difetto di istruttoria  con  riferimento
all'assenza di capacita' ricettiva del territorio e  alla  necessita'
della residenza socio-sanitaria. 
    3.  Costituitosi  in  giudizio,  il  comune  ribadisce   che   la
circostanza prospettata dalla ricorrente non e' prevista dalla  legge
regionale come condizione  per  la  rimozione  del  vincolo;  inoltre
evidenzia una serie di potenzialita' dell'albergo, riporta  dati  sul
riempimento dello stesso e sulla scarsita' di strutture ricettive nel
comune a fronte della crescente domanda nella zona. 
    4. Alla camera di consiglio dell'8 maggio 2024  parte  ricorrente
ha rinunciato alla sospensiva. Le parti  hanno  depositato  ulteriori
memorie e documenti in  vista  dell'udienza  di  discussione  dell'11
dicembre 2024, alla quale la causa e' stata chiamata e trattenuta  in
decisione. 
    5. Il Collegio dubita  della  legittimita'  costituzionale  della
normativa  regionale  sulla  base  della  quale  e'   stato   emanato
provvedimento in questa sede gravato. 
    6. Al fine di evidenziare la rilevanza della  questione,  occorre
considerare che la ricorrente ha chiesto  la  rimozione  del  vincolo
alberghiero adducendo la  mancanza  di  convenienza  economica  nella
prosecuzione dell'attivita': piu' nel dettaglio, gli utili risultanti
dagli ultimi esercizi (docc. 11-12-13  ricorrente)  sono  di  entita'
modesta rispetto alle dimensioni  della  struttura  e  al  numero  di
occupati; inoltre dal piano industriale redatto da un  professionista
emerge l'inopportunita' di realizzare gli investimenti  necessari  al
rilancio della struttura, stante l'esiguita' dei ricavi attesi. 
    Il comune ha rigettato l'istanza  essenzialmente  richiamando  la
normativa   regionale,   che   non   contempla   quella   prospettata
dall'istante tra le condizioni alle quali e' consentito lo  svincolo.
L'art. 2 della legge regionale n. 1 del 2008 cosi' dispone: 
        «1. Dalla data di entrata in vigore della  presente  legge  e
per il periodo di vigenza dell'elenco di cui  al  comma  1-ter,  sono
soggetti a specifico vincolo di destinazione d'uso  ad  albergo,  con
divieto di  modificare  tale  destinazione  se  non  alle  condizioni
previste dal comma 2, gli immobili sedi degli alberghi e le  relative
aree asservite e di pertinenza: 
          a) classificati albergo ed  in  esercizio  ai  sensi  della
normativa in materia; 
          b) gia' classificati albergo, la cui attivita' sia  cessata
ma che non siano stati oggetto d'interventi di trasformazione in  una
diversa destinazione d'uso; 
          c) in corso di realizzazione  in  forza  di  uno  specifico
titolo edilizio. (5) 
        1-bis. Il vincolo di cui al  comma  1  non  si  applica  agli
immobili e alle relative aree asservite e di pertinenza,  sedi  degli
alberghi: 
          a) classificati al 1° gennaio 2012 a una o due stelle,  con
capacita' ricettiva non superiore a diciotto posti letto ed aventi un
utilizzo promiscuo della funzione ricettiva con quella residenziale o
con altra funzione. Non si configura un utilizzo promiscuo  nel  caso
dell'unita' abitativa ad uso del titolare della  struttura  ricettiva
stessa; 
          b) aventi le stesse caratteristiche di cui alla lettera  a)
gia' classificati albergo e per i quali l'attivita'  alberghiera  sia
comunque cessata. 
        1-ter. I  comuni  effettuano  il  censimento  degli  alberghi
assoggettati al vincolo di destinazione d'uso ad albergo  di  cui  al
comma 1  e  approvano  l'elenco  degli  immobili  vincolati  e  delle
relative aree asservite e di pertinenza. 
        2. I proprietari degli immobili soggetti al vincolo di cui al
comma  1  possono,  in  qualsiasi  momento,  presentare,   in   forma
individuale e/o aggregata,  al  comune  territorialmente  competente,
motivata e documentata  istanza  di  svincolo  con  riferimento  alla
sopravvenuta inadeguatezza della struttura  ricettiva  rispetto  alle
esigenze del mercato, basata su almeno una delle  seguenti  cause  ed
accompagnata dalla specificazione della  destinazione  d'uso  che  si
intende insediare: 
          a) oggettiva  impossibilita'  a  realizzare  interventi  di
adeguamento complessivo  dell'immobile,  a  causa  dell'esistenza  di
vincoli     monumentali,     paesaggistici,     architettonici     od
urbanistico-edilizi non superabili,  al  livello  di  qualita'  degli
standard alberghieri e/o  alla  normativa  in  materia  di  sicurezza
(quali accessi, vie di fuga,  scale  antincendio  e  simili)  e/o  di
abbattimento delle barriere architettoniche; 
          b) collocazione  della  struttura  in  ambiti  territoriali
inidonei allo svolgimento dell'attivita' alberghiera, con  esclusione
comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano  a  prevalente
destinazione residenziale e degli  immobili  collocati  nella  fascia
entro 300 metri dalla costa». 
    6.1.   L'applicazione   della   disposizione   appena   riportata
condurrebbe alla reiezione del ricorso, in quanto la societa' non  ha
dedotto, in sede di istanza di svincolo,  una  delle  due  condizioni
contemplate dal legislatore ragionale, limitandosi ad  allegare,  nei
termini anzidetti, l'impossibilita' di ricavare un  congruo  profitto
dalla prosecuzione dell'attivita'. 
    6.2. Al contrario, in  caso  di  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della norma, quantomeno nella parte in cui non prevede
come condizione sufficiente  ai  fini  della  rimozione  del  vincolo
quella    della    insostenibilita'     economica     dell'attivita',
l'amministrazione  ed   eventualmente   il   giudice   amministrativo
sarebbero  chiamati  a  effettuare  un  vaglio  sulla  ricorrenza  in
concreto di tale circostanza. 
    7. Quanto alla non manifesta  infondatezza  della  questione,  il
Collegio dubita della compatibilita'  dell'art.  2,  comma  2,  della
legge regionale n. 1 del 2008 con gli articoli 3, 41, 42, 117,  comma
1, quest'ultimo in relazione all'art. 1 protocollo addizionale  CEDU,
e 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 
    7.1. Iniziando dal possibile contrasto  con  il  principio  della
libera  iniziativa  economica,  per  il  carattere  irragionevole   e
sproporzionato  dei  limiti   frapposti   alla   stessa,   e'   utile
ripercorrere alcuni capisaldi fissati in materia  dal  giudice  delle
leggi, particolarmente utili a decifrare la questione di legittimita'
costituzionale che il Tribunale intende sollevare. 
    Anzitutto, «uno degli aspetti caratterizzanti della  liberta'  di
iniziativa economica  e'  costituito  dalla  possibilita'  di  scelta
spettante all'imprenditore: scelta dell'attivita' da svolgere,  delle
modalita' di reperimento dei capitali, delle forme di  organizzazione
della stessa attivita', dei sistemi di  gestione  di  quest'ultima  e
delle tipologie di corrispettivo. Se, dunque, legittimamente in  base
a quanto previsto all'art. 41 della Costituzione, il legislatore puo'
intervenire a limitare e conformare la liberta' d'impresa in funzione
di tutela della concorrenza [...] il perseguimento di tale  finalita'
incontra pur sempre il limite della ragionevolezza e della necessaria
considerazione  di  tutti  gli  interessi  coinvolti.   La   liberta'
d'impresa non puo' subire infatti, nemmeno in  ragione  del  doveroso
obiettivo di piena  realizzazione  dei  principi  della  concorrenza,
interventi  che  ne  determinino  un   radicale   svuotamento,   come
avverrebbe  nel  caso  di  un  completo  sacrificio  della   facolta'
dell'imprenditore   di   compiere   le   scelte   organizzative   che
costituiscono tipico oggetto della stessa attivita' d'impresa» (Corte
Costituzionale, 23 novembre 2021, n. 218). 
    Siffatta liberta' «riguarda non  soltanto  la  fase  iniziale  di
scelta  dell'attivita',  ma  anche  i  successivi  momenti  del   suo
svolgimento» (Corte Costituzionale, 23 aprile 1965, n. 30). 
    La Consulta ha «costantemente negato che sia  "configurabile  una
lesione della liberta' d'iniziativa economica allorche' l'apposizione
di  limiti  di  ordine  generale   al   suo   esercizio   corrisponda
all'utilita' sociale", oltre, ovviamente, alla protezione  di  valori
primari attinenti alla persona umana, ai sensi dell'art. 41,  secondo
comma, della Costituzione, purche', per  un  verso,  l'individuazione
dell'utilita' sociale"non appaia arbitraria" e, "per altro verso, gli
interventi  del  legislatore  non  la  perseguano   mediante   misure
palesemente incongrue, ed in ogni caso che  l'intervento  legislativo
non sia tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado cosi'
elevato da indurre la funzionalizzazione dell'attivita' economica  di
cui  si  tratta  sacrificandone  le   opzioni   di   fondo"»   (Corte
Costituzionale, 31 marzo 2015, n. 56). 
    Particolarmente  calzante  risulta,  infine,  la   pronuncia   23
novembre 2021, n. 47, per l'esplicito  riconoscimento  che  i  limiti
alla liberta' d'impresa possono essere assoggettati a una verifica di
proporzionalita'   e   ragionevolezza.   Se   «uno   degli    aspetti
caratterizzanti della liberta' di iniziativa economica e'  costituito
dalla   possibilita'   di   scelta    spettante    all'imprenditore»,
quest'ultima «non puo' subire [...] interventi che ne determinino  un
radicale  svuotamento,  come  avverrebbe  nel  caso  di  un  completo
sacrificio della facolta' dell'imprenditore  di  compiere  le  scelte
organizzative che costituiscono tipico oggetto della stessa attivita'
d'impresa». Per affermare il carattere irragionevole e sproporzionato
della disposizione in quella sede censurata, la Corte ha  valorizzato
alcuni indici: l'oggettiva consistenza delle restrizioni, la  mancata
«differenziazione o graduazione in ragione di elementi rilevanti»  e,
infine, l'omessa considerazione dell'interesse dei  destinatari,  che
hanno pianificato le proprie strategie sulla base di una  regolazione
meno rigida o addirittura priva di limitazioni. 
    7.2. Nel caso  di  specie,  la  compressione  della  liberta'  di
iniziativa non  risulta  aderente  ai  corollari  della  liberta'  di
iniziativa economica, in quanto la legislazione regionale  assoggetta
la facolta' di svincolo alla inadeguatezza della  struttura,  qualora
quest'ultima sia attribuibile a una delle  due  seguenti  cause:  «a)
oggettiva  impossibilita'  a  realizzare  interventi  di  adeguamento
complessivo  dell'immobile,  a  causa   dell'esistenza   di   vincoli
monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non
superabili, al livello di qualita'  degli  standard  alberghieri  e/o
alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie  di  fuga,
scale antincendio  e  simili)  e/o  di  abbattimento  delle  barriere
architettoniche;  b)   collocazione   della   struttura   in   ambiti
territoriali inidonei allo  svolgimento  dell'attivita'  alberghiera,
con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano
a prevalente destinazione residenziale  e  degli  immobili  collocati
nella fascia entro 300 metri dalla costa». 
    Cio' significa che, al di fuori del  caso  in  cui  la  struttura
insiste in un ambito astrattamente inidoneo all'attivita'  ricettiva,
l'incapacita' di far fronte alle esigenze del mercato non puo' di per
se' giustificare la cessazione del vincolo, ma  solo  in  quanto  sia
riconducibile all'impossibilita' assoluta  di  realizzare  interventi
per la sussistenza di vincoli di  varia  natura.  Si  tratta  di  una
compressione notevole della liberta' imprenditoriale, posto  che  nel
caso in cui la prosecuzione dell'attivita' non sia  piu'  compatibile
con lo scopo, tipico dell'impresa, di conseguimento del profitto,  il
titolare si verrebbe a  trovare  dinanzi  all'alternativa  secca  tra
chiudere l'attivita' in perdita e cedere il compendio produttivo. 
    7.3. Giunti a questo punto,  il  Collegio  ritiene  che  non  sia
praticabile, a  fronte  dell'inequivocabile  tenore  letterale  della
disposizione,  la  strada  di  un'interpretazione  costituzionalmente
conforme senza fuoriuscire dal  perimetro  semantico  dell'enunciato,
che segna il limite  di  ogni  tentativo  ermeneutico  (tra  le  piu'
recenti Corte costituzionale, 10 novembre 2023,  n.  46).  Anzitutto,
sul piano testuale, non vi sono dubbi sul fatto che  l'impossibilita'
di adeguamento della struttura al livello di qualita' degli  standard
alberghieri  o  alla  normativa  in  materia  di   sicurezza   e   di
abbattimento   delle   barriere    architettoniche    debba    essere
riconducibile solo  ed  esclusivamente  all'esistenza  di  una  delle
tipologie di vincoli enumerati dalla disposizione.  Tale  conclusione
e' rafforzata, adoperando il canone  dell'interpretazione  storica  e
sistematica, dalla considerazione che la  legge  regionale  18  marzo
2013, n. 4, intervenuta a novellare l'originaria  versione  dell'art.
2,  comma  2,  ha  eliminato  il   riferimento   alla   «sopravvenuta
inadeguatezza  a  mantenere  la  presenza  sul  mercato  dell'offerta
ricettiva  e  alla  non  sostenibilita'  economica   della   stessa»,
accentuando l'intenzione del legislatore di scindere ogni legame  tra
la   possibilita'   di   svincolo   e   la   convenienza    economica
dell'attivita'. 
    7.4. La  rigidita'  della  disposizione  emerge  anche  sotto  il
profilo della durata temporale del vincolo  (gia'  censurata,  seppur
sotto un profilo parzialmente diverso, da  Corte  costituzionale,  28
gennaio  1981,  n.  4).  Quanto  alla  prima  delle  due  condizioni,
l'impossibilita' assoluta di  realizzare  interventi  di  adeguamento
alla normativa vincolistica rappresenta un'eventualita' che  potrebbe
non verificarsi mai in un arco  temporale  nel  quale  usualmente  un
operatore di mercato pianifica le  strategie  di  investimento:  dopo
l'avvio dell'attivita' potrebbe passare un periodo  indefinito  senza
che intervengano modificazioni a uno dei regimi vincolistici indicati
dalla disposizione. Riguardo alla  collocazione  della  struttura  in
territorio inidoneo allo svolgimento dell'attivita'  alberghiera,  se
si pone mente alla  cospicua  eccezione  degli  ambiti  «storici,  di
quelli in ambito urbano  a  prevalente  destinazione  residenziale  e
degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri  dalla  costa»,
nonche'  alla  conformazione  del  territorio   ligure,   all'elevata
urbanizzazione dei tratti costieri e alla vocazione turistica che  lo
caratterizza  pressoche'   indistintamente,   la   ricorrenza   della
condizione risulta piuttosto rara. 
    7.5.  In  tal  modo,  la   disposizione   realizza   un   assetto
irragionevole degli interessi contrapposti, in quanto e'  dubbio  che
lo scopo di mantenimento dei livelli di ricettivita'  del  territorio
possa essere perseguito mediante l'imposizione  di  una  destinazione
produttiva potenzialmente indeterminata nel tempo,  che  astringe  il
proprietario anche nel  caso  in  cui  venga  meno  la  reddittivita'
dell'utilizzo. Al contrario, la presenza di un vincolo cosi' rigoroso
potrebbe dissuadere eventuali operatori economici dal  fare  ingresso
nel settore alberghiero  per  il  timore  di  non  poter  agevolmente
dismettere o convertire l'attivita' intrapresa. 
    E' persino dubitabile che la misura si riveli adeguata allo scopo
perseguito, quello di mantenere i livelli di ricettivita', posto  che
da un  lato  non  puo'  fisiologicamente  spingere  la  continuazione
dell'impresa  oltre  la  soglia  dell'economicita'  della   gestione,
dall'altro rischia di ostacolare mutamenti di titolarita' e provocare
la chiusura definitiva dell'attivita', con conseguente abbandono  del
compendio immobiliare. 
    Inoltre,   la   rigidita'    delle    condizioni,    espropriando
l'amministrazione di  qualsiasi  discrezionalita'  nell'apprezzamento
del caso concreto, reca con se' ulteriori  conseguenze.  Da  un  lato
impedisce ogni bilanciamento con potenziali usi alternativi ai  quali
si puo' riconoscere a pieno titolo la realizzazione di  una  funzione
di  «utilita'  sociale»  prescritta  dall'art.  41,  comma  2,  della
Costituzione: si pensi alla destinazione proposta  dalla  ricorrente,
consistente in una residenza socio-sanitaria per anziani.  Dall'altro
preclude di considerare le peculiarita'  della  singola  struttura  e
l'interesse    del    destinatario,    che    nella    pianificazione
dell'investimento probabilmente ha anche contemplato la  possibilita'
di utilizzi diversi dell'immobile sulla base della normativa  vigente
all'epoca   dell'acquisto   o    della    successiva    realizzazione
dell'albergo. 
    Si tratta di considerazioni che mettono in luce come la norma non
possa  superare  il   vaglio   in   termini   di   ragionevolezza   e
proporzionalita', posto che il legislatore regionale non sembra  aver
accordato «preferenza al  "mezzo  piu'  mite"  fra  quelli  idonei  a
raggiungere  lo  scopo,  scegliendo,   fra   i   vari   strumenti   a
disposizione, quello  che  determina  il  sacrificio  minore»  (Corte
costituzionale, n. 218 del 2021, cit.). 
    7.8. Anche uno sguardo all'abrogata normativa statale e ad  altre
leggi  regionali  consente   di   apprezzare   la   rigidita'   della
disposizione in esame. 
    L'art. 9 della legge 17 maggio 1983, n. 217, abrogata dalla legge
29 marzo 2001, n. 135, cosi' disponeva: «il vincolo  di  destinazione
puo' essere rimosso su  richiesta  del  proprietario  solo  se  viene
comprovata la non convenienza  economico-produttiva  della  struttura
ricettiva  e  previa  restituzione  di  contributi   e   agevolazioni
pubbliche eventualmente percepiti e opportunamente rivalutati ove  lo
svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato». 
    In Campania, l'art. 5 della legge regionale 28 novembre 2000,  n.
16, come modificato dall'art. 1, comma 76, della  legge  regionale  7
agosto 2014, n. 16: «Il vincolo di destinazione puo'  essere  rimosso
su richiesta del  proprietario,  solo  se  viene  comprovata  la  non
convenienza economica-produttiva della struttura ricettiva  e  previa
restituzione di contributi ed  agevolazioni  pubbliche  eventualmente
percepite ai fini della costruzione o ristrutturazione  dell'immobile
su cui grava il vincolo». 
    In Emilia Romagna, gli articoli 2 e 3  della  legge  regionale  9
aprile 1990, n. 28, condizionano la rimozione del vincolo  alla  «non
convenienza economica» dell'attivita'. 
    Nelle Marche, l'art. 73 della legge regionale 11 luglio 2006,  n.
9, modificato dall'art. 56 della legge regionale 2  luglio  2020,  n.
28, prevede un vincolo di dieci  anni  per  gli  immobili  che  hanno
beneficiato di  contributi  regionali,  che  puo'  essere  cancellato
«quando sia dimostrata l'impossibilita' o la non  economicita'  della
destinazione delle opere». 
    8. La panoramica delle discipline analoghe di altre regioni offre
lo spunto per passare ad illustrare un ulteriore profilo di possibile
incostituzionalita' della disposizione in rilievo,  segnatamente  per
contrasto con gli articoli 117, comma 2, lettera l), e 42, comma 2. 
    8.1. Nella misura in  cui  impone  sull'immobile  un  vincolo  di
destinazione produttiva rimuovibile solo a particolari condizioni, la
disciplina realizza una compressione considerevole delle facolta'  di
godimento del bene, in quanto anche in tal caso - come gia' visto  in
merito alle scelte imprenditoriali - il titolare che non reputi  piu'
conveniente  l'uso  alberghiero  si  troverebbe  costretto  a  cedere
l'attivita'. 
    Considerato il grado di limitazione che la facolta' di  godimento
subisce - e, seppur indirettamente, anche quella di disposizione - la
norma sembra porsi in contrasto  con  il  riparto  costituzionale  di
competenze, che  assegna  l'«ordinamento  civile»  alla  legislazione
statale. 
    8.2. Nel tentativo di ricostruire  i  limiti  di  intervento  del
legislatore regionale sul  diritto  di  proprieta',  la  sentenza  n.
dell'11 luglio 1989, n. 391 (alla quale  ha  fatto  seguito,  tra  le
altre, la sentenze 7 novembre 1994, n.  379)  ha  stabilito  che  «la
preclusione al potere legislativo  regionale  di  interferenze  nella
disciplina dei diritti soggettivi riguarda i profili civilistici  dei
rapporti da cui derivano, cioe' i modi di acquisto e di estinzione, i
modi di accertamento, le regole sull'adempimento delle obbligazioni e
sulla  responsabilita'  per  inadempimento,   la   disciplina   della
responsabilita' extracontrattuale, i limiti dei diritti di proprieta'
connessi ai rapporti di vicinato, e via  esemplificando.  Per  quanto
attiene, invece,  alla  normazione  conformativa  del  contenuto  dei
diritti di proprieta' allo scopo di assicurarne la funzione  sociale,
la riserva di legge stabilita dall'art. 42  della  Costituzione  puo'
trovare attuazione anche in leggi regionali, nell'ambito,  s'intende,
delle materie indicate dall'art. 117». 
    8.3. Dopo la riforma  costituzionale  del  Titolo  V,  l'apertura
della Corte costituzionale a uno spazio  di  intervento  del  diritto
regionale e' stata molto cauta. 
    La sentenza 21 dicembre 2016, n. 283, muove  dalla  premessa  che
«la disciplina dei  rapporti  privatistici  puo'  subire  un  qualche
adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia
di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza, che
vale  a  soddisfare  il  rispetto   del   richiamato   principio   di
eguaglianza» (cosi' gia'  sentenza  6  novembre  2001,  n.  352)  per
fissare   alcune   «condizioni    imprescindibili»    dell'intervento
regionale: «1) la sua marginalita', 2) la connessione con una materia
di  competenza  regionale  e  3)  il  rispetto   del   principio   di
ragionevolezza». 
    Sulla scia tracciata  da  tali  arresti  si  inserisce  anche  la
sentenza  12  luglio  2019,  n.  175:  dopo  aver  ribadito  che  «il
legislatore regionale ben puo' conformare anche le facolta' spettanti
ai  privati,  allo  scopo   di   salvaguardare   interessi   pubblici
sovraordinati e di delineare un assetto  complessivo  e  unitario  di
determinate  zone,  rispettoso  delle  peculiarita'   dei   territori
coinvolti», la pronuncia non ritiene conforme  al  riparto  delineato
dalla Carta una disposizione regionale  che  «non  interviene  su  un
aspetto specifico correlato al governo del territorio, ma  incide  su
un potere, tradizionalmente oggetto di codificazione, e  si  prefigge
di regolarne il contenuto sostanziale» e che, «con  una  formulazione
di notevole latitudine, esclude in via generale una facolta'  che  il
codice civile considera, per contro, parte integrante del diritto  di
proprieta'». 
    8.4. Inquadrata alla luce delle direttive appena  ripercorse,  la
disposizione regionale che si sottopone al vaglio della Corte  incide
sulle facolta' di godimento e di disposizione  in  modo  da  limitare
significativamente le prerogative dominicali  riconosciute  dall'art.
832 del codice civile. Pur nell'esercizio delle competenze in materia
di turismo, il legislatore regionale sembra essersi  spinto  oltre  i
confini tracciati dalle  sentenze  della  Corte  costituzionale,  che
ammettono un marginale intervento conformativo, dettando  invece  una
disciplina   in   grado   di   comprimere   in   maniera   penetrante
l'esplicazione del diritto. Dal punto  di  vista  del  godimento,  il
proprietario subisce l'imposizione di un unico  utilizzo  produttivo,
dal quale puo' affrancarsi alle stringenti condizioni gia' viste.  La
facolta' di disposizione risulta  a  sua  volta  condizionata  in  un
duplice senso, seppur indirettamente: anzitutto, il proprietario  che
non reputi piu'  conveniente  la  prosecuzione  dell'attivita'  sara'
costretto a cedere il bene o a  garantirne  il  godimento  ad  altri;
nella  prima  eventualita',  il  valore  del  compendio   immobiliare
risentirebbe non poco del vincolo sullo stesso gravante. 
    9. Quest'ultima notazione induce il  Collegio  a  dubitare  della
disposizione sotto il profilo della  compatibilita'  con  l'art.  42,
comma 3, della Costituzione. 
    9.1. Al Tribunale e' nota la tradizionale distinzione tra vincoli
espropriativi e vincoli conformativi della proprieta', che ha trovato
compiuta sistematizzazione, tra le altre, nella sentenza della  Corte
costituzionale 20 maggio 1999,  n.  179.  Verosimilmente  in  ragione
dell'applicazione generalizzata e dell'attuazione della  destinazione
ad opera del privato, il vincolo alberghiero e' stato ricondotto alla
seconda delle due categorie dalle poche pronunce che si sono occupate
dell'inquadramento dell'istituto (ad es. Consiglio di Stato,  Sezione
IV, 12 marzo 2009, n. 1468). 
    9.2. Nondimeno, alcune peculiarita' del vincolo  configurato  dal
legislatore ligure possono indurre a una diversa prospettazione. 
    Anzitutto, nella nota sentenza 29 maggio 1968, n.  55,  la  Corte
costituzionale  ha  definito  come  espropriativi  quegli  «atti   di
imposizione che, indipendentemente dalla loro forma, conducano  tanto
ad una traslazione totale o  parziale  del  diritto,  quanto  ad  uno
svuotamento di rilevante entita' ed incisivita'  del  suo  contenuto,
pur rimanendo intatta l'appartenenza del diritto».  Sulla  penetrante
compressione della facolta' d'uso introdotta dalla legge regionale si
e' gia' detto in precedenza. 
    Secondariamente, «il venir meno o una  penetrante  incisione  del
[...] valore di scambio» del bene  si  configura  come  un  ulteriore
indice  apprezzato   dalla   Corte   per   affermare   il   carattere
espropriativo  del  vincolo,  in  alternativa  alla  incisione  delle
facolta' annesse al diritto di proprieta' (Corte  costituzionale,  20
gennaio  1966,  n.  6).  Anche  in  merito  a  tale  aspetto,  si  e'
evidenziato che la  destinazione  impressa  sul  bene  si  ripercuote
inevitabilmente   sul   valore   dello   stesso   in   un   eventuale
compravendita. 
    Alla compressione delle prerogative dominicali non si  accompagna
poi alcuna limitazione temporale e, come gia' visto, la  possibilita'
di rimozione e' legata a condizionalita' indipendenti dalla sfera  di
controllo del proprietario. 
    Tali caratteristiche hanno  indotto  il  Supremo  consesso  della
giustizia amministrativa,  che  si  e'  pronunciato  in  merito  alla
previsione del legislatore ligure, a paventare  la  possibilita'  che
«un vincolo stringente nella destinazione  ed  indefinito  nel  tempo
possa costituire un intervento di fatto espropriativo» (Consiglio  di
Stato, Sezione IV, 23 novembre 2018, n. 6626, che solleva dubbi anche
in  merito  alla  compatibilita'  con  la  liberta'   di   iniziativa
economica). 
    In definitiva, non essendo previsto un limite temporale ne' un in
indennizzo (tra le tante,  Corte  costituzionale,  n.  55  del  1968,
cit.),   nell'eventualita'   in   cui   si   attribuisca    carattere
espropriativo al vincolo in questione, sarebbe evidente il  contrasto
con l'art. 42, comma 3, della Costituzione. 
    10.  Tuttavia  -  questo  costituisce  l'ultimo  profilo  che  il
Collegio intende sottoporre alla Corte -, anche  qualora  si  ritenga
che il vincolo di destinazione sia piu' propriamente annoverabile tra
quelli conformativi del diritto di proprieta', si pone,  analogamente
a quanto visto con riferimento alla liberta' di iniziativa economica,
un problema di  proporzionalita'  e  ragionevolezza  dei  limiti.  La
disposizione si espone a un contrasto con gli articoli 3 e 42,  comma
2, della  Costituzione,  nonche'  con  l'art.  117,  comma  1,  della
Costituzione in relazione all'art. 1 del protocollo addizionale  alla
CEDU. 
    Infatti, pur ponendosi al di fuori della  nozione  di  privazione
della proprieta' («deprivation of property»),  contemplata  dall'art.
1,  paragrafo  1,  del  protocollo,   le   misure   che   determinano
un'ingerenza  nell'utilizzo  del  bene  («control  of  use»)   devono
risultare necessarie per la realizzazione di un  interesse  generale,
come lo stesso paragrafo 2 esplicitamente richiede,  e  proporzionate
rispetto allo scopo avuto di mira (tra le altre si veda  la  sentenza
Lindheim e altri contro Norvegia, 12 giugno 2012). Sotto quest'ultimo
aspetto, la Corte europea dei diritti dell'uomo  ha  tradizionalmente
affermato  che,  per  poter  riflettere  un  equo  bilanciamento  tra
l'interesse generale e il diritto individuale,  la  misura  non  deve
tradursi in un onere eccessivo («excessive burden»)  per  il  singolo
(ad esempio James e altri comma Regno Unito, 21 febbraio 1986). 
    Si richiamano,  tal  proposito,  tutte  le  considerazioni  sopra
esposte, che inducono a dubitare che il legislatore regionale si  sia
conformato ai canoni della necessita' e del minore  sacrificio  nella
scelta dello strumento piu' adeguato  al  perseguimento  dello  scopo
avuto di mira (supra, § 7.5). 
    11. Alla luce di quanto esposto, deve essere rimessa  alla  Corte
costituzionale, ai sensi dell'art. 1  della  legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23, della legge 11  marzo  1953,  n.
87, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,
della legge regionale Liguria 7 febbraio 2008, n. 1, nei sensi di cui
in motivazione, con riferimento agli articoli 3, 41, 42,  117,  comma
1, quest'ultimo in relazione all'art. 1 protocollo  addizionale  alla
CEDU, e art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 
    Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del  giudizio
e la rimessione degli atti alla Corte  costituzionale,  affinche'  si
pronunci sulla questione. 

 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale  per  la  Liguria  (Sezione
seconda): 
        Dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2,  della
legge regionale Liguria 7 febbraio 2008, n. 1, con  riferimento  agli
articoli 3, 41, 42, 117, comma 1, quest'ultimo in relazione  all'art.
1 protocollo addizionale CEDU, e 117,  comma  2,  lettera  l),  della
Costituzione, nei sensi di cui in motivazione; 
        Dispone la sospensione del giudizio e la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
        Rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle
spese di lite all'esito del  giudizio  incidentale  promosso  con  la
presente pronuncia; 
        Ordina che a cura della segreteria del Tribunale la  presente
ordinanza sia notificata alle parti  e  al  presidente  della  giunta
regionale della Liguria e  comunicata  al  presidente  del  consiglio
regionale della Liguria. 
    Cosi' deciso in Genova nella camera di consiglio  del  giorno  11
dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati: 
        Luca Morbelli, Presidente; 
        Angelo Vitali, consigliere; 
        Nicola Pistilli, referendario, estensore. 
 
                       Il Presidente: Morbelli 
 
 
                                                L'estensore: Pistilli