Reg. ord. n. 3 del 2025 pubbl. su G.U. del 29/01/2025 n. 5

Ordinanza del Tribunale di Bologna  del 17/12/2024

Tra: V. R.

Oggetto:

Reati e pene – Favoreggiamento della prostituzione – Trattamento sanzionatorio - Previsione della reclusione da due a sei anni anziché fino a sei anni - In subordine: mancata previsione della possibilità di attenuare il trattamento sanzionatorio per i casi di lieve entità – Contrasto con i principi di uguaglianza-ragionevolezza e di proporzionalità della sanzione penale.

Norme impugnate:

legge  del 20/02/1958  Num. 75  Art. 3  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 3 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 dicembre 2024

Ordinanza  del  17  dicembre  2024  del  Tribunale  di  Bologna   nel
procedimento penale a carico di V. R., A. A. e E. G.. 
 
Reati e pene -  Favoreggiamento  della  prostituzione  -  Trattamento
  sanzionatorio - Previsione della  reclusione  da  due  a  sei  anni
  anziche' fino a sei anni - In subordine: mancata  previsione  della
  possibilita' di attenuare il trattamento sanzionatorio per  i  casi
  di lieve entita'. 
- Legge 20 febbraio 1958, n. 75  (Abolizione  della  regolamentazione
  della  prostituzione  e  lotta   contro   lo   sfruttamento   della
  prostituzione altrui), art. 3, primo comma, numero 8). 


(GU n. 5 del 29-01-2025)

 
                        TRIBUNALE DI BOLOGNA 
                        Sezione prima penale 
 
    Il Tribunale, in composizione collegiale, composta  dai  seguenti
magistrati: 
        dott. Massimiliano Cenni, presidente; 
        dott. Claudia Gualtieri, giudice; 
        dott. Ines Rigoli, giudice, 
nel proc. pen. n. 4514/22 r.g. dib. - 2809/22  r.g.n.r.  indicato  in
epigrafe a carico di V. R., E. G. e A. A. generalizzati in atti,  del
reato di favoreggiamento della prostituzione di cui all'art. 3, comma
1, n. 8) della legge 20 febbraio 1958, n. 75; 
    Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto di  seguito
piu' approfonditamente esposto, in applicazione  degli  articoli  134
della Costituzione, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23
legge 11 marzo 1953, n. 87, ha pronunciato la presente ordinanza; 
    1.  Il  Tribunale  dubita   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 3, comma 1, n. 8) della legge  20  febbraio  1958,  n.  75,
nella parte in cui commina la pena della reclusione  «da  due  a  sei
anni» anziche'  «fino  a  sei  anni»  o,  comunque,  non  prevede  la
possibilita' di attenuare il trattamento sanzionatorio per i casi  di
minore   gravita',   determinando   l'applicazione   di   un   regime
sanzionatorio   irragionevole   e   sproporzionato   rispetto    alle
circostanze di fatto del caso  concreto  nonche'  alle  finalita'  di
tutela della dignita' della persona sottese alla fattispecie. 
    2. Gli imputati sono stati tratti a giudizio per  rispondere  del
delitto di favoreggiamento della prostituzione previsto dall'art.  3,
comma 1, n. 8) della legge 20 febbraio 1958, n. 75, che punisce,  con
la pena della reclusione da due a sei anni,  «chiunque  in  qualsiasi
modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui». 
    Al sig. G. viene contestato di  aver  favorito  la  prostituzione
della sig.ra V. C. con una pluralita' di azioni  distinte,  esecutive
di un medesimo disegno criminoso, consistite nell'aver stipulato  con
la  stessa  un  contratto  di  lavoro,  in  realta'   simulato,   per
consentirle di ottenere il rilascio (o il rinnovo)  del  permesso  di
soggiorno nonche' nell'averla accompagnata sui luoghi ove era  solita
prostituirsi, premurandosi, poi, di  riaccompagnarla  presso  la  sua
abitazione di residenza. 
    Al sig. R. viene contestato di aver favorito la prostituzione  di
tre ragazze (V. O., D. Q. e D. M.),  con  una  pluralita'  di  azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, consistite nello  stipulare
il contratto di locazione di un appartamento, poi  ceduto  ad  O.  V.
affinche' la stessa  vi  potesse  esercitare  la  prostituzione,  nel
contrarre matrimonio simulato  con  D.  Q.,  cosi'  consentendole  di
ottenere il rilascio del permesso di soggiorno, nonche' accompagnando
abitualmente la Q. e La D. sui luoghi ove erano solite  prostituirsi,
riaccompagnandole poi presso le rispettive abitazioni di residenza. 
    Al sig. A. viene contestato di aver favorito la prostituzione  di
due ragazze (L. S. e E. T.), con una pluralita' di  azioni  esecutive
del  medesimo  disegno  criminoso,  consistite  nello  stipulare   il
contratto di locazione di un appartamento, poi ceduto in uso alla  T.
affinche' vi  potesse  esercitare  la  prostituzione,  nel  contrarre
matrimonio simulato con L. S., cosi'  consentendole  di  ottenere  il
rilascio  del  permesso  di  soggiorno,   nonche'   nell'accompagnare
abitualmente la L. sui luoghi del meretrico,  premurandosi,  poi,  di
riaccompagnarla presso la sua rispettiva abitazione di residenza. 
    Coinvolgendo le condotte di questi ultimi due  imputati  piu'  di
una ragazza (rispettivamente due e tre), per esse e' contestata anche
l'aggravante di cui all'art.  4,  comma  1,  n.  7)  della  legge  n.
75/1958, che prevede un raddoppio del trattamento  sanzionatorio  per
le ipotesi in cui il fatto risulti commesso ai danni di piu' persone. 
    3.  In  punto  di  rilevanza  della  questione,  e'   sufficiente
osservare che a tutti e tre gli  imputati  e'  contestata,  sia  pure
unitamente ad altre,  la  condotta  consistita  nell'accompagnare  le
ragazze nei luoghi  di  meretricio,  la  quale  assume  nel  contesto
dell'imputazione un ruolo centrale. 
    Il servizio di trasporto che caratterizza tutte e tre i  capi  di
imputazione veniva  eseguito  dagli  imputati  in  assenza  di  alcun
compenso e su richiesta esplicita delle ragazze, le quali  chiedevano
loro la cortesia di poter fruire di un passaggio e di evitare, cosi',
di dover prendere i mezzi pubblici. 
    Peraltro, e' emerso che  uno  degli  imputati,  G.,  si  mostrava
spesso contrario al fatto che la sig. C. (della quale e' accusato  di
aver favorito la prostituzione) si  prostituisse  e,  essendo  i  due
legati  da  una  relazione  sentimentale,  le  manifestava  in   piu'
occasioni la propria  gelosia,  cercando  di  dissuaderla  dall'avere
rapporti sessuali con altre persone e dallo svolgere tale  attivita'.
Litigavano frequentemente  per  questi  motivi  e  lui  acconsentiva,
quindi, ad accompagnarla nei luoghi in cui era  solita  prostituirsi,
cosi' come dal medico o in ogni altro posto in cui  dovesse  recarsi,
per ragioni essenzialmente riconducibili al loro rapporto personale. 
    Ne' pare errato considerare, con  riguardo  a  tutti  e  tre  gli
imputati, che le loro condotte, oltre ad essere state animate  da  un
intento solidaristico, aspiravano a tutelare le persone offese  sotto
il  profilo  sia  della  loro  sicurezza  personale,   evitando   che
rimanessero sole per strada nei luoghi in cui si svolgeva l'attivita'
di prostituzione. 
    Una valutazione globale del caso concreto, che tenga conto  delle
modalita' esecutive, dei mezzi  utilizzati  e  dell'intensita'  della
lesione del bene giuridico protetto, pur non consentendo di formulare
un giudizio di atipicita' della condotta in ragione dell'ampiezza del
dato normativo e del diritto vivente che su di esso  si  e'  formato,
rivela la possibilita' di  considerare  tali  fatti  come  di  minore
gravita'. 
    Sotto il profilo della  tipicita'  della  condotta,  infatti,  la
giurisprudenza  e'  assolutamente   costante   nell'interpretare   la
fattispecie in senso piuttosto ampio, ritenendo  che:  «Il  reato  di
favoreggiamento della prostituzione si perfeziona con ogni  forma  di
interposizione agevolativi e con qualunque attivita' che sia idonea a
procurare piu' facili condizioni per  l'esercizio  del  meretricio  e
venga posta in essere dall'agente con la consapevolezza di facilitare
l'altrui attivita' di prostituzione, senza  che  abbia  rilevanza  il
movente od il fine di tale condotta» (Cass. pen., sez. 3, Sentenza n.
15502/2019). 
    Vi sono plurime decisioni che riconducono  in  maniera  netta  la
condotta degli imputati,  consistita  nell'accompagnare  abitualmente
una o piu' donne nel luogo in cui esse  esercitavano  il  meretricio,
all'ipotesi di favoreggiamento (si v., ex multis, Cassazione  penale,
Sez. 3, n. 11575 del 4 febbraio 2009 ud., dep. 17 marzo 2009, in Ced.
Cassazione Rv. 243121 - 01; Cassazione pen., Sez. 3, n. 15502 del  15
febbraio 2019 ud., dep. 9 aprile 2019, in Ced. Cassazione Rv.  275843
- 01; Cassazione pen., sez. 3, n. 54205/2018). 
    La rilevanza della condotta sul  piano  oggettivo  viene  esclusa
unicamente nel caso in cui l'agente  sia  un  cliente  che,  dopo  la
consumazione  del  rapporto,  riaccompagni  la  donna  nel  luogo  di
esercizio della prostituzione, con cio' creando  plurime  difficolta'
sul piano dell'accertamento dei fatti. In  questo  caso,  secondo  la
giurisprudenza di legittimita' difetterebbe la posizione di terzieta'
del favoreggiatore  rispetto  agli  attori  necessari  (prostituta  e
cliente) e l'attivita'  di  intermediazione  tra  offerta  e  domanda
diretta a realizzare il  futuro  accordo  relativo  alla  prestazione
sessuale (Cass. pen., sez. 3, sentenza n. 36392 del  18  maggio  2011
ud., dep. 7 ottobre 2011, in Ced. Cassazione Rv. 251232 - 01). Al  di
la' di tali requisiti oggettivi, tale condotta accessoria al rapporto
sessuale mercenario non appare  meritevole  di  sanzione  perche'  e'
antitetica rispetto alla ratio dell'incriminazione,  essendo  animata
da un sentimento di cortesia e di rispetto della prostituta  e  della
sua stessa dignita'. 
    Avendo il legislatore parificato, sotto il profilo sanzionatorio,
le condotte di favoreggiamento e di sfruttamento,  la  giurisprudenza
ha, poi, ricondotto alla seconda fattispecie i casi in  cui  l'agente
risulti aver tratto un indebito vantaggio economico dall'attivita' di
prostituzione, anche a seguito di spontanea  iniziativa  di  cessione
del ricavato da parte della stessa prostituta (Cass.  pen.,  sez.  3,
sentenza n. 15502 del 15 febbraio 2019 ud., dep. 9  aprile  2019,  in
Ced. Cassazione Rv. 275843 - 01). 
    Il fatto che la distinzione tra le due ipotesi  -  pur  incidendo
sulle dinamiche dell'istruttoria dibattimentale -  non  trovi  alcuna
ricaduta sul piano delle conseguenze sanzionatorie,  imbrigliando  il
giudizio entro il  medesimo  quadro  punitivo,  determina,  in  tutta
evidenza, un primo squilibrio, peraltro sottolineato dagli interpreti
piu' autorevoli sin dall'introduzione della fattispecie. 
    Appare, poi, irragionevole che non  vi  sia  la  possibilita'  di
graduare la risposta  sanzionatoria  rispetto  a  condotte  che,  pur
avendo avuto  l'inevitabile  conseguenza  di  agevolare,  anche  solo
temporaneamente, la prostituzione, siano espressione di un'istanza di
tutela nei confronti della persona individualmente e  volontariamente
coinvolta in tale attivita'. 
    L'ampiezza della  littera  legis  e  la  stabilita'  del  diritto
vivente   non   consentono,   dunque,   di   operare   una    diversa
interpretazione, anche in ragione dei principi ermeneutici sviluppati
dalle sentenze n. 141 e 278 del 2019 della Corte  costituzionale,  di
cui si dira' oltre. 
    L'irragionevolezza di un cosi' gravoso trattamento  sanzionatorio
non puo', poi, considerarsi mitigata dalla possibilita' di  applicare
le diminuzioni di pena conseguenti  ad  eventuali  attenuanti,  anche
generiche, o ancora di  ritenere  il  fatto  non  punibile  ai  sensi
dell'art. 131-bis del codice penale (per vero non applicabile in caso
di comportamenti abituali  o  reiterati),  ovvero  di  accedere  alla
sospensione condizionale della pena o comunque a pene sostitutive  di
carattere non detentivo. 
    In primo luogo, in  ossequio  alla  ricostruzione  fatta  propria
dalla Corte costituzionale, l'attribuzione alla fattispecie de qua di
un ruolo di presidio della dignita' della persona, ossia di  un  bene
indisponibile, impedisce di poter attribuire rilevanza,  ad  esempio,
alla sussistenza o meno di un consenso (o financo  di  una  richiesta
come nel caso di specie), delle persone coinvolte  nell'attivita'  di
favoreggiamento  attraverso  l'ipotesi  del  concorso  doloso   della
persona offesa (art. 62, comma 1,  n.  5)  del  codice  penale.  Cio'
pregiudica, quindi, un ulteriore strumento di  possibile  mitigazione
della risposta sanzionatoria per quei casi in cui  l'interazione  tra
l'agente e la  prostituta  arreca  a  quest'ultima  un  vantaggio  o,
comunque, le assicura una forma di tutela. 
    Quanto alle circostanze attenuanti  generiche,  come  piu'  volte
ribadito dalla Corte costituzionale, esse non hanno  la  funzione  di
riequilibrare  un  trattamento   sanzionatorio   gia'   in   partenza
sproporzionato rispetto alle esigenze di tutela del bene giuridico ma
solo quella di  consentire  al  giudice  di  attribuire  rilevanza  a
specifiche e puntuali caratteristiche del singolo  fatto  o  del  suo
autore, «senza che, invece, il  giudice  sia  di  fatto  costretto  a
riconoscere  le  attenuanti  generiche  al  solo  scopo  di   evitare
l'irrogazione di una  pena  sproporzionata,  altrimenti  imposta  dal
minimo  edittale,  in  relazione  all'esiguo  disvalore   del   fatto
concreto» (Corte cost. n. 197 del 2023, n. 63 del  2022,  n.  46  del
2024). 
    Il  medesimo   principio   e'   stato   applicato   dalla   Corte
costituzionale con riguardo alla possibilita' di invocare  l'istituto
di cui al 131-bis c.p., volto ad accertare la meritevolezza di punire
determinati fatti che, pur avendo superato la soglia di offensivita',
appaiono immeritevoli di sanzione  sotto  il  profilo  dell'effettivo
«bisogno di pena». 
    Peraltro, con riferimento alla fattispecie in esame, rileva anche
il fatto che la giurisprudenza  considera  il  favoreggiamento  della
prostituzione come un'ipotesi di reato eventualmente abituale, che si
puo', cioe', configurare tanto  in  un'unica  condotta  quanto  nella
reiterazione di piu' azioni omogenee le quali, pur costituendo di per
se' reato se considerate isolatamente, danno vita ad un  unico  reato
(Cass. pen., Sez. 3, sentenza n. 364 del 17 settembre 2019 ud.,  dep.
9 gennaio 2020, in Ced. Cassazione Rv. 278392 - 04). Tale profilo  di
«potenziale abitualita'» - oltre a rafforzare la  necessita'  che  vi
sia uno strumento effettivo sul piano della dosimetria  sanzionatoria
che  consenta  di  differenziare  condotte  dotate  di  una   diversa
«intensita' temporale» - restringe, evidentemente,  le  potenzialita'
applicative dell'istituto di cui all'art. 131-bis c.p. 
    Inoltre, occorre tenere presente  che  la  cornice  edittale  del
reato impedisce l'accesso all'istituto della sospensione del processo
con messa alla prova (art. 168-bis c.p.), che postula  l'applicazione
di una pena non superiore nel massimo a quattro  anni,  senza  tenere
conto delle circostanze del reato. Tale richiesta e' stata, peraltro,
formulata dalla difesa del sig. G.  e  rigettata  dal  Tribunale  con
ordinanza del 17 gennaio 2023 proprio per queste ragioni. 
    4. Sempre sul piano  della  rilevanza,  appare,  poi,  necessario
considerare che l'art. 4 della legge  citata  prevede  una  serie  di
circostanze aggravanti ad effetto speciale che,  nel  determinare  un
raddoppio  secco  della  pena,  appaiono  espressione  di  un  rigore
sanzionatorio che appare incompatibile con i principi  costituzionali
che informano l'illecito penale. 
    Tra queste vi e', appunto,  quella,  contestata  nell'ipotesi  in
esame ai sig.ri R. e A., relativa al  caso  in  cui  la  condotta  di
favoreggiamento  abbia  coinvolto  piu'  persone  (art.  4,  n.   7);
circostanza che ha natura oggettiva  e  che  comporta  un  automatico
raddoppio della pena. 
    Le  considerazioni  che  seguono   sono,   quindi,   rivolte   ad
evidenziare la rilevanza della questione con riguardo alla  posizione
specifica del sig. R. il quale, per aver accompagnato due ragazze nei
luoghi ove queste erano solite prostituirsi, dovrebbe  essere  punito
con una pena rientrante nella cornice edittale  raddoppiata  rispetto
alla fattispecie base e che, quindi, dovra' attestarsi tra un  minimo
di quattro fino ad un massimo di dodici anni di reclusione. 
    Al netto  dell'abitualita'  della  condotta,  la  fissazione  del
minimo edittale in due anni di reclusione  per  la  fattispecie  base
preclude di fatto al sig. R. - a differenza degli altri imputati - la
possibilita' di utilizzare lo strumento dell'art. 131-bis del  codice
penale in ragione del raddoppio derivante, appunto, dall'applicazione
dell'aggravante in esame. 
    Ne' vi sono strumenti che consentano di contrastare  o  mitigare,
sulla base di  altri  indici  fattuali  meritevoli  di  apprezzamento
(come, ad  esempio,  l'occasionalita'  delle  condotte  o  la  scarsa
incidenza di queste sulla sfera personale  dei  soggetti  coinvolti),
l'automatismo sanzionatorio della circostanza in questione. 
    La giurisprudenza di legittimita' ha,  invero,  chiarito  che  la
circostanza aggravante in parola costituisce una deroga agli istituti
della continuazione e del concorso formale di reati, in quanto  rende
unico il fatto commesso mediante  piu'  condotte  in  danno  di  piu'
persone, prescindendo dalla simultaneita' della  loro  prostituzione,
essendo sufficiente che l'attivita' sia esplicata  o  contestualmente
nei confronti di due o piu' persone, ovvero in successione  temporale
nei riguardi di una o dell'altra; ne consegue che tale circostanza e'
compatibile con la continuazione solo  in  presenza  di  piu'  fatti,
ciascuno  dei  quali  commesso  in  danno  di   piu'   persone,   che
costituiscano autonomi reati ai sensi dell'art. 3, legge  n.  75  del
1958, ovvero nel caso di rapporti  intersoggettivi  distinti,  quando
alla cessazione di plurimi episodi di contemporaneo favoreggiamento o
sfruttamento della prostituzione di piu' persone segua la commissione
di altre condotte analoghe (Cass. pen., sez. 3, sentenza n. 20847 del
13 febbraio 2020 ud., dep. 15 luglio 2020, in  Ced.  Cassazione,  Rv.
279705 - 01). 
    Tale  scelta  legislativa  -  oltre  ad  aver   determinato   uno
spostamento in avanti del termine prescrizionale, che viene, infatti,
individuato dal diritto vivente con riferimento all'ultima condotta -
porta con se' un aggravamento del trattamento sanzionatorio  rispetto
alla regola generale perche' impone di applicare un  raddoppio  secco
anziche'  il  regime  dell'aumento  fino  al  triplo  proprio   della
disciplina di cui all'art. 81 c.p., indipendentemente  dall'effettivo
numero di prostitute coinvolte. 
    Cio' ha un effetto inesorabilmente e  ingiustificatamente  severo
nel caso in cui la condotta commessa «ai danni di  piu'  persone»  ne
coinvolga solo due. 
    Occorre, poi, richiamare anche  per  la  posizione  del  sig.  R.
quanto gia'  detto  con  riferimento  all'irrilevanza  dell'eventuale
applicabilita' delle circostanze attenuanti generiche per  l'invocato
sindacato di proporzionalita' della pena. 
    5.  Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione,
occorre ricordare che la latitudine applicativa della disposizione di
cui all'art. 3, comma n. 1), n. 8 e' stata recentemente sottoposta al
vaglio  della  Corte  costituzionale,   rilevandone   un   potenziale
contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 25, secondo comma, 27 e 41 della
Costituzione «nella parte in cui configura come  illecito  penale  il
reclutamento    ed    il    favoreggiamento    della    prostituzione
volontariamente e consapevolmente  esercitata».  In  particolare,  la
Corte d'appello di Bari dubito' della legittimita' della  fattispecie
de qua in ragione del fatto che, nell'attuale  contesto  storico,  vi
sono forme di prostituzione che non  presuppongono  alcuna  forma  di
coartazione della volonta' e  che  appaiono,  piuttosto,  espressione
della liberta' di autodeterminazione sessuale della persona e che, in
quanto  tali,  dovrebbero  essere  ritenute  protette  dal   disposto
dell'art.  2  della   Costituzione.   Tale   liberta',   di'   natura
intrinsecamente «relazionale», risulterebbe, percio', compromessa  da
disposizioni che sanzionino penalmente attivita' di terzi che - senza
incidere sull'autodeterminazione  della  persona  -  si  limitino  ad
agevolare la sua attivita'. 
    Con sentenza n. 141/2019, la Corte costituzionale  ha  dichiarato
infondate le questioni rilevando, in  primo  luogo,  l'impossibilita'
ontologica  di   qualificare   la   prostituzione   come   forma   di
auto-affermazione personale, ritenendo trattarsi, piuttosto,  di  una
forma di attivita' economica soggetta,  in  quanto  tale,  ai  limiti
della sicurezza,  della  liberta'  e  della  dignita'  umana  di  cui
all'art.  41  della  Costituzione.  In  quest'ottica,  la  Corte   ha
riconosciuto  alla  fattispecie  di  favoreggiamento  in  esame   una
funzione di presidio della dignita' umana, reputando, quindi, che  la
prostituzione,   anche   pienamente    volontaria,    possa    essere
legittimamente considerata dal legislatore un'attivita' che degrada e
svilisce l'individuo, in quanto riduce la  sfera  piu'  intima  della
corporeita' a livello di merce a disposizione del cliente. 
    Cosi'  facendo,  la  Corte  ha,  quindi,  avallato  quel   filone
interpretativo secondo il quale  il  bene  giuridico  tutelato  dalla
legge n. 75/1958 non andrebbe individuato ne' nella morale  pubblica,
ne' nella liberta' di autodeterminazione sessuale, dovendo  piuttosto
farsi riferimento alla dignita' della persona, che, per  sua  natura,
non  e'  suscettibile  di  disposizione  neppure  da  parte  del  suo
titolare. 
    Sulla base di questa ricostruzione, ha, poi, affidato al  giudice
del merito il compito di selezionare - sulla base  del  principio  di
offensivita' - le  condotte  prive  di  rilevanza  penale  in  quanto
sprovviste di ogni potenzialita' lesiva. 
    L'applicazione  di  tale  visione  binaria  (offensivita'  -  non
offensivita' del fatto) ad una fattispecie di cosi' ampia  latitudine
applicativi rischia, pero', di determinare  -  secondo  il  Tribunale
rimettente  -  una  violazione  degli  articoli  3,  13  e  27  della
Costituzione sotto il profilo, in particolare, della proporzionalita'
del trattamento sanzionatorio. 
    Occorre,  infatti,  rilevare  che  difettano  all'interno   della
previsione de qua strumenti che - una volta superato il vaglio minimo
di  offensivita'   -   consentano   di   calibrare   le   conseguenze
sanzionatorie  al  reale  disvalore  del  fatto.   Cio'   soprattutto
considerando  che,  gia'  sul  piano  astratto,  il  legislatore   ha
ricompreso  all'interno  della  stessa   ipotesi   le   condotte   di
favoreggiamento e di sfruttamento, dotate di una palese differenza in
termini di capacita' lesiva della dignita' personale. Proprio a voler
ragionare sul piano della dignita'  della  persona,  nel  caso  dello
sfruttamento di fatto vi e' un  duplice  mercimonio  del  corpo:  una
prima volta nei confronti del cliente  per  il  compimento  dell'atto
sessuale  ed  una  seconda  volta  a  favore  del  soggetto  che   si
avvantaggia indebitamente dei profitti conseguiti dalla prostituta. 
    Parificare tale condotta a quella di chi si limita, ad esempio, a
dare un passaggio alla prostituta per evitare alla stessa di  sostare
piu' a lungo nel luogo di meretricio o a doversi esporre  a  pericoli
nel muoversi da sola o con mezzi pubblici  determina,  evidentemente,
una violazione del principio di uguaglianza di cui all'art.  3  della
Costituzione che  porta  con  se'  un  pregiudizio  per  la  funzione
rieducativa della pena dell'art. 27 della Costituzione. 
    Non e', infatti, possibile  negare  che  la  seconda  ipotesi,  a
differenza della  prima,  possa  risultare  sorretta  da  un  intento
solidaristico o che, comunque, possa esser accompagnata da un effetto
protettivo nei confronti della persona, della sua incolumita' e della
sua dignita'. 
    Peraltro,  la  differenza  concettuale  tra   favoreggiamento   e
sfruttamento emerge in piu' punti all'interno del nostro ordinamento. 
    Emblematico e', ad esempio, l'ambito dei  reati  di  immigrazione
clandestina,   nei   quali   il   legislatore   ha    previsto    una
fattispecie-base  di  favoreggiamento  (art.  12,   comma   1,   t.u.
immigrazione) e un'ipotesi aggravata (art. 12, comma 3-ter, t.u.) che
determina un aumento da  un  terzo  alla  meta'  della  pena  per  le
condotte che risultino sorrette  dal  dolo  specifico  di  trarne  un
profitto, anche indiretto. Aldila' dell'entita' delle pene  edittali,
da  tale  disciplina  emerge,  evidentemente,   anche   una   diversa
valutazione del legislatore, con una  conseguente  gradualita'  delle
sanzioni irrogate, a seconda  che  la  condotta  favoreggiatrice  sia
ispirata da finalita' lucrative  o  meno,  con  un  trattamento  piu'
favorevole in questo secondo caso; mentre una simile distinzione  non
viene  recepita  in  tema  di   sfruttamento   della   prostituzione,
parificando    cosi',    in    maniera     irragionevole,     ipotesi
significativamente differenti. 
    D'altronde,  va  sottolineato  come  nel  caso  dell'immigrazione
clandestina la condotta di favoreggiamento acceda ad un comportamento
gia' di per se' illecito, elemento che, invece, difetta  radicalmente
nell'agevolazione della prostituzione, dove, per espressa scelta  del
legislatore, non vi e'  alcuna  punizione  per  il  soggetto  che  si
prostituisce, ne' per il fruitore della prestazione.  Ancora,  sempre
per  sottolineare  l'anomalia  nella  regolazione   del   trattamento
sanzionatorio della norma in esame, si puo' notare come nel caso  del
favoreggiamento  dell'immigrazione  che  riguardi  piu'  persone  sia
necessario, per far scattare un aggravamento di pena,  che  vi  siano
non solo due, ma piu' di cinque persone coinvolte (art. 12, comma  3,
lettera a, t.u. immigrazione). 
    Se, quindi, appare doversi riconoscere e riservare al legislatore
piena  discrezionalita'  nel  tracciare  il  confine  tra  lecito   e
illecito, e' anche evidente che l'impiego di tale monopolio non  puo'
sfociare nella previsione di sanzioni che, nella  loro  applicazione,
si  rivelino  sproporzionate  rispetto  alla  gravita'  del  fatto  e
disfunzionali  rispetto  agli  obiettivi  di  tutela  che  le   hanno
ispirate. 
    Appare, poi, significativo  che  sia  proprio  il  confronto  con
l'ipotesi «generale» di  favoreggiamento  di  cui  all'art.  378  del
codice penale ad evidenziare un'evidente sproporzione del trattamento
sanzionatorio  prescelto  per   il   reato   oggetto   del   presente
procedimento. La fattispecie di cui all'art. 378  del  codice  penale
punisce, infatti, con una pena significativamente minore  (reclusione
fino a quattro anni) una condotta dotata di un disvalore  sicuramente
superiore a quello proprio del favoreggiamento  della  prostituzione,
non foss'altro per il fatto che ha ad oggetto  un  comportamento  che
accede ad una condotta punibile dell'autore  principale,  mentre  nel
caso di specie, il contegno della prostituta non e' punibile. 
    Peraltro, oltre alla sproporzione  interna  alla  fattispecie  in
esame, data dalla parificazione di ipotesi dotate di  caratteristiche
alquanto  differenti   sul   piano   criminale   (favoreggiamento   e
sfruttamento), occorre rilevare  come  il  trattamento  sanzionatorio
appaia anche sproporzionato rispetto  a  quello  riservato  ad  altre
ipotesi di reato, dotate di un'indiscussa maggiore lesivita' sotto il
profilo della tutela dell'individuo. 
    Pur essendo difficile individuare  un  tertium  comparationis  in
fattispecie parimenti incidenti  sulla  dignita'  della  persona,  si
puo',  ad  esempio,  considerare  che,  anche  applicando  il  minimo
edittale  di   due   anni,   l'ipotesi   di   favoreggiamento   della
prostituzione viene ad essere punita al pari della violenza  sessuale
di lieve entita' (art. 609-bis, comma 3, c.p.), che  si  caratterizza
per  un'intrusione  nella  sfera   intima   della   persona   neppure
paragonabile a quella in esame. 
    Ancora,  cercando  qualche  riferimento   tra   le   ipotesi   di
agevolazione, si puo' rilevare che la pena  per  il  reato  in  esame
risulta superiore, ad esempio, a quella riservata alla fattispecie di
istigazione a commettere tortura (art.  3-ter  c.p.,  punita  con  la
reclusione da sei mesi a tre anni), nonche', addirittura, parificato,
sotto il profilo del minimo edittale (quattro  anni  di  reclusione),
nel caso del favoreggiamento aggravato, proprio a quello  di  tortura
(art. 613-bis c.p.). 
    Per tutti questi profili, si ritiene che la disposizione in esame
violi i principi di personalita' della responsabilita' penale e della
finalita' rieducativa della pena, sanciti rispettivamente  dai  commi
primo e  terzo  dell'art.  27  della  Costituzione:  la  sproporzione
derivante dalla costruzione di siffatta cornice  edittale  pregiudica
la  possibilita'  di  operare   una   concreta   e   individualizzata
modulazione  della  pena   e,   percio',   squalifica   la   funzione
rieducativa, posto che una pena sproporzionata verrebbe percepita dal
condannato come ingiusta. 
    La particolare severita' del trattamento sanzionatorio impedisce,
dunque, di irrogare una pena congrua rispetto al caso concreto  e  la
rende irragionevolmente sproporzionata  rispetto  alle  finalita'  di
tutela della dignita' della persona sottese alla fattispecie. 
    Per porre rimedio a situazioni similari, la Corte  costituzionale
e' recentemente intervenuta sulla dosimetria sanzionatoria  di  varie
fattispecie, introducendo, la' dove mancante, la possibilita' per  il
giudice di riconoscere un'attenuazione del trattamento  sanzionatorio
per le ipotesi di minore gravita' (Corte costituzionale  n.  120  del
2023, n. 86 del 2024; n. 91 del 2024) o  incidendo  direttamente  sul
minimo edittale della pena (Cort costituzionale n. 46 del 2024). 
    Nella perimetrazione del sindacato di legittimita' costituzionale
sulla   «proporzionalita'   intrinseca   della   pena»    la    Corte
costituzionale ha, infatti, da tempo riconosciuto particolare rilievo
a quelle  ipotesi  caratterizzate,  come  quella  in  esame,  da  una
notevole latitudine descrittiva atta a coinvolgere una vasta gamma di
condotte dal diversificato disvalore, riconoscendo in  tali  casi  la
necessita'   di   introdurre   delle    «valvole    di    sicurezza»,
alternativamente   individuate   nei   rimedi,   sopra    menzionati,
dell'introduzione di una circostanza attenuante o  dell'ablazione  di
un  minimo  edittale  considerato  irragionevole,   con   contestuale
riespansione della regola generale di cui all'art. 23 c.p. 
    Entrambi  gli  invocati  interventi  sulla  fattispecie  di   cui
all'art. 3 della legge n. 75/1958 inciderebbero, evidentemente, anche
sul trattamento sanzionatorio proprio dell'aggravante di cui all'art.
4. n. 7) della medesima legge, elidendo la censurata sproporzione che
essa  attualmente  determina.  Infatti,  nel   caso   di   intervento
«correttivo» sul minimo edittale di pena, anche  il  raddoppio  della
stessa   ne   risulterebbe   proporzionalmente    mitigato;    mentre
l'introduzione  di  un'attenuante  per  il  fatto  di  lieve  entita'
consentirebbe al giudice di bilanciare la stessa  con  la  contestata
aggravante.  

 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge n. 53 del 1987, dichiara rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, n. 8) della  legge  20  febbraio
1958, n. 75, relativamente alla  condotta  di  favoreggiamento  della
prostituzione, nella parte in cui commina la  pena  della  reclusione
«da due a sei anni» anziche' «fino a sei anni» o, in subordine, nella
parte in cui non prevede la possibilita' di attenuare il  trattamento
sanzionatorio per i casi  di  lieve  entita',  per  contrasto  con  i
principi di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione)  e
di proporzionalita' della sanzione penale (articoli 3,  27,  comma  3
della Costituzione). 
    Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale a cura della cancelleria. 
    Visto l'art. 159, comma 1, n. 2) c.p., sospende  il  corso  della
prescrizione. 
    Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
Consiglio dei ministri e sia comunicata ai  Presidenti  delle  Camere
del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Bologna il 17 dicembre 2024 
 
                        Il Presidente: Cenni 
 
 
                                        I Giudici: Gualtieri - Rigoli