Reg. ord. n. 32 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/02/2025 n. 9

Ordinanza del Tribunale di Roma  del 14/01/2025

Tra: P.P. A.d.P.  C/ Ordine degli psicologi del Lazio



Oggetto:

Professioni – Albi - Ordinamento della professione di psicologo - Sanzioni disciplinari – Previsione che la radiazione è pronunciata di diritto quando l'iscritto, con sentenza passata in giudicato, è stato condannato a pena detentiva non inferiore a due anni per reato non colposo - Denunciata previsione di un automatismo della sanzione della radiazione irragionevole e contrastante con il principio di proporzione, posto a presidio della razionalità che informa il principio di uguaglianza – Norma che, contemplando la radiazione di diritto solo per gli psicologi, confligge con il principio di uguaglianza, attesa l’intervenuta soppressione dell’istituto della destituzione di diritto nel campo del pubblico impiego. 

Norme impugnate:

legge  del 18/02/1989  Num. 56  Art. 26  Co. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  



Udienza Pubblica del 24 settembre 2025 rel. SANDULLI M. A.


Testo dell'ordinanza

                        N. 32 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 gennaio 2025

Ordinanza del 14 gennaio 2025 del Tribunale di Roma nel  procedimento
civile promosso da P.P.A. d.P.  contro  Ordine  degli  psicologi  del
Lazio. 
 
Professioni - Albi - Ordinamento della  professione  di  psicologo  -
  Sanzioni disciplinari - Previsione che la radiazione e' pronunciata
  di diritto quando l'iscritto, con sentenza passata in giudicato, e'
  stato condannato a pena detentiva non  inferiore  a  due  anni  per
  reato non colposo. 
- Legge 18 febbraio 1989, n. 56  (Ordinamento  della  professione  di
  psicologo), art. 26, comma 3. 


(GU n. 9 del 26-02-2025)

 
                        IL TRIBUNALE DI ROMA 
                      Undicesima sezione civile 
 
    Riunito in camera di consiglio e composto dai magistrati: 
        dott. Giampiero Barrasso - presidente; 
        dott.ssa Paola Grimaldi - giudice; 
        dott.ssa Clelia Buonocore - giudice relatore. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n. 33648/2024 R.G., promosso da dott. P.P.A. d.P., nato a ... il  ...
(codice fiscale ...), elettivamente domiciliato  in  Roma,  al  viale
Parioli n. 44, presso lo studio  dell'avv.  Paolo  Mazzoli  che,  con
l'avv. Giovanni Caprara, lo rappresenta  e  difende  per  mandato  in
calce al ricorso. 
    Ricorrente contro Ordine degli psicologi del Lazio, con  sede  in
Roma, alla via del Conservatorio n. 91 (codice fiscale  96251290589),
in  persona  del  presidente  del  Consiglio  dell'ordine  e   legale
rappresentante p.t., dott. Federico Conte, elettivamente  domiciliato
in Roma, alla via Eustachio Manfredi n. 5, presso lo studio dell'avv.
Paolo Caruso, che lo rappresenta e difende per mandato in calce  alla
comparsa di costituzione e risposta. 
    Convenuto premesso che con delibera n. ... del ..., il  consiglio
dell'Ordine degli psicologi del Lazio, a definizione del procedimento
disciplinare n. ..., ha irrogato al dott.  P.P.A.  d.P.  la  sanzione
disciplinare della radiazione dall'albo. 
    La suindicata sanzione e' stata irrogata in ossequio al  disposto
dell'art. 26, comma  3  della  legge  n.  56  del  18  febbraio  1989
(Ordinamento della professione di psicologo) e  sul  rilievo  che  il
dott. P.P.A. d.P. con sentenza  n.  1291/2018  -  resa  dal  GUP  del
Tribunale di Roma il 22 giugno 2018  e  divenuta  irrevocabile  il  6
ottobre 2018 - era  stato  ritenuto  responsabile,  in  concorso  con
altri, del delitto previsto e punito dagli articoli 223, comma 2,  n.
2, e 219, comma 1, L.F. 
    Con ricorso depositato il 12 agosto 2024, il dott. P.P.A. d.P. ha
impugnato il  suindicato  provvedimento  disciplinare,  ponendo,  tra
l'altro, la questione della legittimita' costituzionale del  comma  3
dell'art. 26 della legge n. 56/1989, in rapporto agli articoli 3, 24,
27 e 111 della Costituzione «ed ai  relativi  vincoli  comunitari  ed
obblighi internazionali». 
    Nel giudizio di impugnazione, si  e'  costituito  l'Ordine  degli
psicologi del Lazio che, del pari, ha sollecitato la rimessione  alla
Consulta della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
comma 3 della legge n.  56/1989,  «per  violazione  dei  principi  di
gradualita' e proporzionalita'  della  sanzione  disciplinare  e  dei
principi di ragionevolezza e di uguaglianza, nella misura in  cui  la
norma introduce un automatismo sanzionatorio sacrificando  del  tutto
la valutazione discrezionale dell'organo disciplinare e impedendo  di
valutare l'adeguatezza della sanzione rispetto all'illecito». 
 
                               Osserva 
 
    Ritiene il collegio che si palesi rilevante e non  manifestamente
infondata la questione afferente la legittimita' costituzionale,  per
contrasto con l'art. 3 della Costituzione, del comma 3  dell'art.  26
della legge 18 febbraio 1989, n. 56, che cosi' recita: «La radiazione
e' pronunciata di diritto quando l'iscritto, con sentenza passata  in
giudicato, e' stato condannato a pena detentiva non inferiore  a  due
anni per reato non colposo». 
    La cennata questione e' indubbiamente  rilevante,  in  quanto  la
definizione del giudizio di impugnazione promosso  dal  dott.  P.P.A.
d.P. non puo' prescindere dall'applicazione della norma censurata. 
    Invero, il consiglio dell'Ordine degli psicologi del  Lazio,  con
la  delibera  oggetto  di  impugnazione  nel  presente  giudizio,  ha
irrogato al dott.  P.P.A.  d.P.  a  la  sanzione  disciplinare  della
radiazione (ovvero,  la  piu'  grave  tra  le  sanzioni  disciplinari
contemplate dall'art. 13 del proprio  regolamento  disciplinare)  sul
mero rilievo che la stessa conseguiva di diritto - in via  del  tutto
automatica - alla circostanza che il  predetto  professionista  aveva
riportato una condanna definitiva alla pena detentiva di anni due per
un reato non  colposo  (bancarotta  fraudolenta  aggravata),  essendo
prevista e prescritta, appunto, dal citato comma 3 dell'art. 26 della
legge n. 56/1989. 
    Ritiene, poi, il collegio che - anche alla luce dei  principi  da
tempo espressi dalla consulta in relazione a disposizioni analoghe  a
quella all'attenzione - la questione di  legittimita'  costituzionale
all'attenzione sia, altresi', non manifestamente infondata. 
    In proposito va rammentato che la Corte  costituzionale  ha  gia'
dichiarato  l'illegittimita',  per  contrasto  con  l'art.  3   della
Costituzione, di norme che, in vari settori, prevedevano l'automatica
destituzione di dipendenti pubblici o l'automatica  cancellazione  di
professionisti dall'albo, in conseguenza della loro condanna in  sede
penale. 
    Segnatamente, la consulta, con sentenza n. 971/1988 ha dichiarato
l'illegittimita'   costituzionale   della   norma   contemplante   la
destituzione di diritto degli impiegati  civili  dello  Stato  e  dei
dipendenti degli enti locali della Regione  Siciliana  a  seguito  di
condanna per taluni delitti; con sentenza n. 40/1990  e'  intervenuta
sulla norma contemplante la destituzione automatica  dei  notai;  con
sentenza n. 158/1990 ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
della  norma  relativa  alla  radiazione   automatica   dei   dottori
commercialisti;   con   sentenza    n.    16/1991    ha    dichiarato
l'illegittimita' della disposizione concernente  la  destituzione  di
diritto del dipendente regionale; con  sentenza  n.  197/1993  si  e'
pronunciata sulla destituzione di diritto  del  personale  dipendente
delle amministrazioni pubbliche a seguito del passaggio in  giudicato
della  sentenza  di  condanna  per   taluni   reati,   ovvero   della
definitivita'  del  provvedimento  applicativo  di  una   misura   di
prevenzione per appartenenza ad associazione di tipo mafioso; ancora,
con sentenza n. 2/1999 ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale
di norma  -  analoga  a  quella  che  ci  occupa  -  contemplante  la
radiazione automatica dall'albo dei ragionieri e periti  commerciali;
con   sentenza   n.   268/2016   ha    dichiarato    l'illegittimita'
costituzionale di una disciplina, relativa al personale militare, che
non prevedeva l'instaurazione del procedimento  disciplinare  per  la
cessazione dal servizio per perdita del grado, conseguente alla  pena
accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici irrogata
dal giudice penale; piu' recentemente, con  sentenza  n.  51/2024  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 5  del
decreto legislativo n. 109/2006 in tema di illeciti disciplinari  dei
magistrati. 
    Nelle suindicate pronunce la Corte costituzionale ha  evidenziato
come sia necessario che le sanzioni destitutive, sia  nel  campo  del
pubblico impiego che in quello delle professioni inquadrate in ordini
o collegi professionali, non siano disposte in modo automatico  dalla
legge,  ma  siano  irrogate  solo  a  seguito  di   un   procedimento
disciplinare che consenta di adeguare la sanzione  al  caso  concreto
secondo il principio di proporzione. 
    In particolare, con la citata  sentenza  n.  51/2024  il  giudice
delle leggi,  richiamate  le  proprie  precedenti  pronunce  rese  su
disposizioni contemplanti la destituzione o radiazione di diritto del
dipendente o del professionista, per precedente condanna riportata in
sede  penale,  ha  rimarcato  come,  nel  vagliare  la   legittimita'
costituzionale delle norme in materia di sanzioni disciplinari, debba
tenersi conto di due principi essenziali e tra loro in  correlazione,
ovvero  di  quello,  generale,  di  proporzionalita'  della  sanzione
disciplinare rispetto  alla  gravita'  della  condotta,  nonche'  del
principio della autonomia  della  valutazione  in  sede  disciplinare
rispetto a quella del giudice penale, fatta salva  la  vincolativita'
di quanto accertato in fatto nel giudizio penale. 
    Sempre nella pronuncia da ultimo  richiamata,  la  consulta,  con
riferimento al  requisito  della  necessaria  proporzionalita'  della
sanzione  disciplinare,  ha  evidenziato   come   lo   stesso   possa
«normalmente,  essere  soddisfatto  soltanto   da   una   valutazione
individualizzata della gravita' dell'illecito, alla quale la risposta
sanzionatoria deve essere calibrata [...]. Le  sanzioni  fisse  sono,
per contro, tendenzialmente in contrasto con questo principio, a meno
che [...] esse risultino non manifestamente  sproporzionate  rispetto
all'intera gamma dei  comportamenti  riconducibili  alla  fattispecie
astratta  dell'illecito  sanzionato  [...]  Al  di  fuori  di  questa
ipotesi,  che  presuppone  un  certo  grado  di   omogeneita'   della
fattispecie astratta sotto il profilo della gravita' delle condotte a
essa  riconducibili,  il  corollario  dell'individualizzazione  della
sanzione esige una gradualita' della risposta, affinche'  essa  possa
risultare adeguata al concreto disvalore della condotta». 
    Nella medesima sentenza n. 51/2024 la  Corte  costituzionale  ha,
poi,  rimarcato  «la  centralita'  della  valutazione   discrezionale
dell'organo disciplinare nell'irrogazione della sanzione che  a  tale
organo compete», precisando come  «tale  valutazione  non  possa  mai
essere in toto pretermessa, per  essere  semplicemente  surrogata  da
quella del  giudice  penale.  E  cio'  specie  quando  si  tratta  di
applicare sanzioni disciplinari definitive come la destituzione o  la
cancellazione dall'albo professionale». 
    La consulta, sul punto, ha, in  particolare,  cosi'  argomentato:
«Il significato della riserva di uno spazio autonomo  di  valutazione
all'organo disciplinare pur a  fronte  di  una  condanna  penale  e',
d'altronde, chiaro: spetta a  quest'ultimo  apprezzare  non  gia'  la
(generica) gravita' dell'illecito commesso, ma - piu'  specificamente
- la significativita'  di  tale  illecito  rispetto  al  giudizio  di
persistente idoneita' dell'interessato a svolgere le proprie funzioni
o la propria professione». 
    Cio' posto, appare evidente come il comma 3  dell'art.  26  della
legge n.  56/1989  si  ponga  non  in  linea  con  i  principi  sopra
enunciati. 
    Infatti, la norma in questione ricollega, in via  automatica,  la
radiazione di diritto del  professionista  alla  circostanza  che  lo
stesso, con sentenza definitiva, sia stato in  precedenza  condannato
ad una pena detentiva non inferiore ad anni  due,  per  un  qualunque
reato non colposo; e - come pure gia' evidenziato dalla  consulta  in
fattispecie analoga a quella che ci occupa - un  automatismo  di  tal
fatta, «ancorato non gia' a una «species facti», bensi'  a  una  mera
«species  poenae»»,  preclude  in  radice  qualunque  valutazione  di
proporzionalita' della sanzione. 
    Inoltre,  la  disposizione  censurata   sottrae,   al   consiglio
dell'Ordine degli psicologi - titolare del  potere  disciplinare  nei
confronti dei propri iscritti - ogni margine di  apprezzamento  sulla
sanzione da applicare (che il legislatore individua,  appunto,  nella
sola radiazione dall'albo). 
    E, come ancora evidenziato dalla consulta nella  citata  sentenza
n. 51/2024, in forza della norma censurata «non solo l'an ma anche il
quomodo   della   responsabilita'   disciplinare   sono   interamente
determinati  dalla  previa  decisione  del  giudice  penale:  al  cui
orizzonte conoscitivo e valutativo resta, pero', del  tutto  estranea
la questione  se  possa  considerarsi  proporzionata,  rispetto  allo
specifico fascio di interessi di cui si fa carico la  responsabilita'
disciplinare,  la  successiva  sanzione   della»   radiazione   dello
psicologo dall'albo «che - pure - discendera'  automaticamente  dalla
condanna da lui pronunciata». 
    In conclusione,  dunque,  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale del  comma  3  dell'art.  26
della  legge  n.  56/1989,  per  contrasto   con   l'art.   3   della
Costituzione, puo' apprezzarsi per un duplice profilo: 
        a)  l'automatismo  della  sanzione  della  radiazione,   come
previsto dalla norma censurata, appare  irragionevole,  «contrastando
con il principio di proporzione che e' alla base  della  razionalita'
che informa il principio di uguaglianza» (cfr. sentenza  della  Corte
costituzionale n. 2/1999); 
        b) inoltre, attesa l'intervenuta «soppressione» dell'istituto
della destituzione di diritto nel campo del pubblico impiego e  della
radiazione di  diritto  per  talune  professioni  «protette»,  appare
contraria al principio di uguaglianza una norma che  contempli  detta
radiazione di diritto  solo  per  gli  esercenti  la  professione  di
psicologo. 
    Pertanto, previa rimessione della causa  sul  ruolo,  va  rimessa
alla consulta la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
26, comma 3 della legge 18 febbraio 1989, n. 56. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale di  Roma,  come  sopra  composto,  pronunciando  nel
procedimento iscritto al n. 33648/2024 R.G., cosi' provvede: 
previa rimessione della causa sul ruolo 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, apparendo, il comma 3 dell'art.  26  della  legge  18
febbraio 1989, n. 56, in contrasto con l'art. 3  della  Costituzione,
per i motivi e profili indicati in premessa; 
    Sospende il presente giudizio; 
    Conferma la gia' disposta sospensione provvisoria della efficacia
esecutiva del provvedimento impugnato; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
sia, altresi', comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati  e
del Senato della Repubblica. 
        Cosi' deciso, in Roma, il 13 gennaio 2025. 
 
                       Il Presidente: Barrasso