Reg. ord. n. 34 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/03/2025 n. 10
Ordinanza del Tribunale di Roma del 20/01/2025
Tra: A .D.
Oggetto:
Reati e pene – Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti – Divieto di prevalenza, con riferimento al reato di cui all’art. 630 cod. pen. (Sequestro di persone a scopo di estorsione), delle circostanze attenuanti generiche ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata ex art. 99, commi secondo e quarto, cod. pen. – Violazione dei principi di uguaglianza, di offensività della condotta e di proporzionalità della pena tendente alla rieducazione del condannato.
Norme impugnate:
codice penale
del
Num.
Art. 69
Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co. 1
Costituzione
Art. 25
Co. 2
Costituzione
Art. 27
Co. 3
Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. SCIARRONE ALIBRANDI
Testo dell'ordinanza
N. 34 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2025
Ordinanza del 20 gennaio 2025 del Tribunale di Roma nel procedimento
penale a carico di A. D e L. P..
Reati e pene - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti -
Divieto di prevalenza, con riferimento al reato di cui all'art. 630
del cod. pen., delle circostanze attenuanti generiche ai sensi
dell'art. 62-bis del cod. pen. sulla recidiva reiterata ex art. 99,
commi secondo e quarto, del cod. pen..
- Codice penale, art. 69, quarto comma.
(GU n. 10 del 05-03-2025)
TRIBUNALE DI ROMA
1° Corte d'Assise
La Corte d'Assise di Roma, 1ª Sezione, letti gli arti del
processo pendente nei confronti di D. A. nato a ... il ..., e di P.
L., nato a ... il ..., imputati, in concorso con P. A., separatamente
giudicato, del:
A) delitto di cui agli articoli 110 e 630 del codice penale
perche' in concorso tra loro allo scopo di conseguire un ingiusto
profitto come prezzo della liberazione, privavano della liberta'
personale C. L costringendolo su una sedia in un angolo del salone
dell'appartamento di Via ... n. ... sc. ... int. ... legandogli i
polsi con del nastro adesivo, bendandolo e percuotendolo con
schiaffi, calci e pugni, nonche' con un mattarello con stracci e con
asciugamani bagnati. In particolare, dopo che C. aveva consumato
cocaina-crack e un rapporto sessuale con P. quest'ultimo gli chiedeva
ulteriore denaro sia per acquistare droga (euro 100,00=) sia per
rimborsarlo per i clienti che aveva perso (euro 250,00=) e al diniego
della p. o. perche' non in possesso di denaro, P. unitamente a D. e
P.:
prima lo percuotevano con calci e pugni cagionandogli le
lesioni di cui al successivo capo B);
poi lo minacciavano dicendogli «Dacci i soldi altrimenti
non esci»;
poi con la sua utenza cellulare chiamavano S. V. madre del
C. alla quale, con voce aggressiva, intimavano di dare la somma di
euro 1.500,00= quale debito del figlio nei loro confronti, altrimenti
non lo avrebbero liberato e costringendo successivamente lo stesso C.
a parlare al telefono con la madre chiedendole la stessa somma, alla
madre, aggiungendo che «non lo lascio andare finche' non mi date i
soldi»;
infine lo prendevano di peso, lo facevano spogliare, gli
applicavano scotch di colore nero sulla bocca e sui polsi, lo
bendavano e lo facevano sedere su una sedia con il viso rivolto verso
la finestra ove, richiedendogli la somma di euro 1.500,00-- come
prezzo della liberazione, lo tenevano sequestrato per tutta la
giornata del 1° agosto, senza poter mangiare, senza bere, senza poter
andare in bagno, filmando anche alcuni momenti della sua detenzione,
fino alla mattina del ... quando, approfittando dell'assenza dei tre,
il C. si liberava e chiedeva aiuto dal balcone della stanza ove era
stato recluso ad una vicina che allertava le forze dell'ordine che
intervenivano sul posto e lo liberavano.
Con la recidiva specifica e reiterata per P. e specifica per
D.
Fatto commesso in ... dal ... al ...
B) delitto di cui agli articoli 110, 81, cpv., 582, 585 e 61,
n. 2, del codice penale, perche' in concorso tra loro con piu' azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di commettere
il delitto di cui al capo A), colpivano a piu' riprese con schiaffi,
calci e pugni, nonche' con un asciugamano bagnato e con un
mattarello, C. L. cagionandogli ecchimosi sul corpo, «frattura dalla
IV alla XI costa destra, frattura soma D10, avvallamento D9, D12, L1,
L2 e L4» refertate da personale sanitario del Pronto Soccorso del
Policlinico Tor Vergata di Roma e giudicate guaribili in gg. 20 s.c.
Con la recidiva specifica e reiterata per P. e semplice per
D.
Fatto commesso in ... dal ... al ...;
C) delitto di cui agli articoli 110, 628, commi 1 e 3, n. 1),
e 61, n. 2, del codice penale perche' nelle medesime circostanze di
cui al capo A), in concorso tra loro ed al fine di procurarsi un
ingiusto profitto, mediante le violenze e minacce di cui ai
precedenti capi A) e B), si impossessavano del telefono cellulare blu
marca Oukitel e della carta di pagamento poste pay n. ... con
scadenza ... sottraendola a C. L.
Con le aggravanti di aver commesso il fatto in piu' persone
per conseguire il profitto di cui al precedente capo A).
Con la recidiva specifica e reiterata per P. e specifica per
D.
Fatto commesso in ... dal ... al ...
D) delitto di cui agli articoli 110, 81 cpv., 493-ter del
codice penale perche' in concorso tra loro e per tre volte, al fine
di trarne profitto, indebitamente utilizzavano, non essendone
titolari, la carta PostePay numero ... con scadenza ... di proprieta'
di C. L.
Fatti commessi in Roma dal ... al ...
Con la recidiva reiterata e specifica per P., specifica per
D., ha pronunciato la seguente ordinanza.
La Corte dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 69, 4
comma del codice penale, nella parte in cui, limitatamente al delitto
di cui all'art. 630 del codice penale, non consente la prevalenza
delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di
cui all'art. 99, commi 2 e 4 del codice penale. Si ritiene altresi'
che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata.
1. Svolgimento del processo.
A seguito di arresto operato dai Carabinieri della Stazione di
Tor Bella Monaca in data ..., D. A. e P. L., in atti generalizzati,
sono stati tratti a giudizio immediato in stato di custodia cautelare
per rispondere delle rubricate imputazioni all'udienza del 5 dicembre
2023.
Celebrato il dibattimento in costanza di custodia, all'odierna
udienza e' stata esaurita la discussione, in occasione della quale il
pubblico ministero ha fatto richiesta della pena di anni 27 di
reclusione ciascuno, ritenuta la sussistenza di tutte le fattispecie
contestate e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti
alla recidiva (anni 25 per il capo A) + anni 2 ai sensi dell'art. 81
del codice penale); le difese hanno richiesto quanto a D.
l'assoluzione perche' il fatto non sussiste o per non avere commesso
il fatto, in subordine l'attenuante del fatto di lieve entita' e le
circostanze attenuanti generiche; quanto a P. l'assoluzione perche'
il fatto non sussiste, in subordine la riqualificazione in minaccia
grave, con la concessione delle circostanze attenuanti sul minimo
della pena e i benefici consentiti.
Ritiratasi in Camera di consiglio, prima di pronunciarsi sul
merito dell'imputazione, ritiene la Corte d'Assise di dover
sospendere il procedimento e sollevare d'ufficio la questione di
legittimita' costituzionale di seguito esposta, non sussistendo -
allo stato - i presupposti per un'assoluzione di alcuno degli
imputati, laddove il terzo concorrente P. A. risulta avere fatto
richiesta di giudizio abbreviato, subendo condanna alla pena di anni
8 di reclusione, applicate le circostanze attenuanti generiche e la
diminuente di cui all'art. 114 del codice penale oltre a quella del
rito.
2. Il fatto storico.
Il presente procedimento trae origine dall'arresto in flagranza
di D. A. e P. L.; (nonche' di P. A. separatamente giudicato). In
particolare, e' emerso che la persona offesa, C. L., concordato in
data ... un incontro a pagamento con una transessuale (il P. alias
Lorena) abbinato ad un comune consumo di cocaina, al prezzo di euro
50,00 complessive (la cd. festa), e recatosi presso l'appartamento
indicato per la prestazione verso le ore 10,00 della medesima
mattina, era stato ricevuto da altra persona (A. D. che risultera'
li' residente), in assenza di Lorena, sopraggiunta in seguito.
Consumata la cocaina gia' presente nell'abitazione e tentato
inutilmente un rapporto orale, erano iniziate da parte dei due nuove
richieste di denaro per acquistare ulteriore sostanza; che il C.
aveva dichiarato di poter soddisfare per sole 40,00 euro, essendo
privo di ulteriore denaro.
Anziche' consentirgli di allontanarsi (la permanenza concordata
avrebbe dovuto esaurirsi al massimo nell'arco di un'ora), erano
iniziate le minacce da parte dei due, dapprima verbali, quindi
fisiche: era stato allora costretto a consegnare il telefono,
documenti, carte di credito, di cui inizialmente si era rifiutato di
comunicare i codici, impedendogli di allontanarsi dall'abitazione.
La situazione era rapidamente degenerata, anche con l'arrivo di
una terza persona (il P.) con un aumento continuo delle richieste di
denaro da parte del P., giunte sino a 2.500,00 euro, asserendo che la
sua presenza gli aveva fatto perdere altri clienti: al suo rifiuto,
lo avevano preso di peso e legati i polsi ad una sedia, ponendogli
uno scotch nero sulla bocca, posizionandolo verso la finestra cosi'
da non consentirgli di vedere quanto accadeva alle spalle,
urinandogli addosso, schiaffeggiandolo e colpendolo con un
asciugamano bagnato sulla schiena e in faccia, mentre tentavano di
estorcergli i codici Pin delle carte e del telefono, intenzionati a
contattare sua madre per chiederle i soldi che asseritamente doveva
loro.
Neppure le sue condizioni fisiche del momento, avendo una
cicatrice sul piede, precedente ai fatti, che gli doleva fortemente,
li aveva fatti desistere: piuttosto, come minacciato dal P., sin dal
primo giorno questi aveva fatto intervenire presso l'abitazione degli
sconosciuti che, a loro volta, l'avevano malmenato, insultato,
schiaffeggiato, dileggiato con riferimento alle sue tendenze
sessuali, al fine di convincerlo a consegnare il denaro a Lorena,
posto che diversamente non sarebbe stato rilasciato.
Per l'intero periodo, protrattosi sino alla mattina del ..., era
rimasto per lo piu' legato e bendato, anche se varie volte era stato
liberato per poi venire nuovamente immobilizzato; inizialmente aveva
pure ricevuto acqua e cibo, successivamente negatigli, cosi' come da
principio non gli era stato consentito di recarsi in bagno,
fornendogli un secchio per le necessita'.
Ha negato di avere mai fatto richiesta di pratiche sadomasochiste
mentre i video rinvenuti sul cellulare del D. realizzati dai tre non
erano genuini poiche' frutto di richieste (quale la consegna di droga
da parte sua) e di simulazioni pretese (quale la sua libera volonta'
di permanere sul posto); in occasione di essi era stato pure
appositamente slegato e travestito.
Con la Postepay Evolution, abbinata al reddito di cittadinanza,
il cui codice era stato infine costretto a rivelargli, avevano fatto
acquisti in piu' occasioni, in particolare cibo e bevande, consumate
solo da loro: anzi, alla fine del pasto, era stato slegato e
costretto a lavare i piatti e pulire la cucina, per poi essere
nuovamente immobilizzato.
Si erano persino recati presso la sua abitazione per prelevare
direttamente il denaro; quindi, intimoriti dai rumori della presenza
di un cane che li aveva fatti desistere; altresi' il P. dapprima
fingendosi un'infermiera, era pure riuscito a convincere sua madre a
consegnargli la somma di euro 1.500/euro 2.000,00, sostenendo
trattarsi di un debito da lui maturato e dandole appuntamento per il
giorno successivo presso l'ufficio postale dove la donna si sarebbe
recata per il prelievo.
Le vessazioni si erano protratte per tutto il ... sino al ...,
quando, approfittando dello stato di torpore degli imputati, indotto
da un protratto consumo di cocaina/crack che nel frattempo era
proseguito da parte loro, avvertiti dei rumori al piano sovrastante,
liberatosi dalla sedia, il C. era riuscito ad attrarre l'attenzione
della vicina uscendo sul balcone dell'abitazione, sollecitandola a
far intervenire le forze dell'ordine.
Sopraggiunti i Carabinieri cui aveva bisbigliato da dietro la
porta la richiesta di aiuto, aveva svegliato il D., essendo
impossibilitato ad aprire la porta, di cui non aveva le chiavi,
quindi riferendo la sua esperienza e provocando, appunto, l'arresto
dei tre soggetti presenti. Recatosi al Pronto Soccorso, gli erano
state riscontrate lesioni varie e diffuse causate dalle percosse,
soprattutto alla schiena, tanto che non aveva potuto muoversi per un
mese (cfr. referto Pronto Soccorso del Policlinico Tor Vergata,
attestante altresi' alcune fratture costali recenti, oltre a
pregresse, e prognosi di giorni 20 s.c.).
Gli operanti, intervenuti dopo le ore ... del ..., quando sono
riusciti ad accedere hanno dichiarato di avere notato il C. a torso
nudo e vistosamente ferito e zoppicante. La perquisizione domiciliare
eseguita all'interno del comodino della carnera da letto dove si
trovavano il P. e il P. consentiva di individuare e sequestrare il
suo telefono, marca Oukitel, risultato bloccato e con PIN modificato,
nonche' privato delle due schede sim che ospitava, mai piu'
ritrovate, una carta Postepay e una carta del reddito di cittadinanza
lui intestate; inoltre entro il domicilio vennero sequestrati un
rotolo di scotch nero da elettricista, un cucchiaino da gelato con
tracce verosimilmente di sostanza stupefacente del tipo cocaina, e,
nel bagno, un secchio azzurro che odorava di urina.
L'analisi dei telefoni cellulari in uso a D. A. e a P. L. ha
consentito di recuperare scambi di messaggi tra i due coerenti con
quanto riferito dal C. sulla cui Postepay venivano rilevate tre
transazioni del ... (ad ore ... per euro 10 presso un esercizio
commerciale non identificato; ad ore ... e ... per un totale di euro
27 presso un ...). Sul cellulare del P. vi era altresi' traccia della
prenotazione della festa da parte del C. al prezzo di euro 70,00,
cosi' come i tabulati telefonici risultavano congruenti con tale
narrativa.
La madre V. A. S. ha confermato di avere ricevuto una prima
chiamata, dal telefono del figlio, da parte di una persona con voce
maschile che le chiedeva la somma di euro 1.500, che lo stesso
avrebbe dovuto corrispondergli per un debito; le numerose richieste
di parlare con suo figlio erano state respinte dall'interlocutore, il
quale le aveva riferito che non lo avrebbe lasciato andare se prima
non avesse ricevuto il denaro, ragion per cui aveva risposto che
sarebbe andata a ritirare la somma richiesta e che gliel'avrebbe
corrisposta il giorno dopo.
Rivoltasi ai Carabinieri e da questi messa in guardia
sull'eventualita' che si trattasse di una truffa ai suoi danni, nella
giornata successiva era stata nuovamente contattata dallo stesso
interlocutore per pianificare l'incontro per la dazione della somma,
ridotta ad un acconto di euro 300,00 perche' aveva una spesa urgente.
Accordatasi per la consegna il ..., quando un emissario avrebbe
ritirato il denaro presso la sua abitazione di ... aveva subito
informato i Carabinieri, che si sarebbero recati sul posto in suo
ausilio: fatto non verificatosi a seguito del diverso svolgimento
degli eventi.
3. La qualificazione giuridica del fatto.
Ritiene la Corte che la condotta, cosi' come ricostruita, sia
pienamente sussumibile nelle fattispecie contestate dall'Ufficio di
Procura, in particolare per cio' che concerne l'ipotesi di cui agli
articoli 110 - 630 del codice penale.
Il fatto di cui - tra i vari - gli imputati sono chiamati a
rispondere in concorso, attiene al sequestro per un tempo non
irrilevante, pari a due intere giornate (dalla tarda mattina del ...
alla liberazione, avvenuta dopo le ... del ...) di C. L., da parte di
tre soggetti, all'esito di un incontro concordato al fine di
usufruire di una prestazione sessuale e di una dose di cocaina che
avrebbero dovuto essere fornite da P. L., soggetto dedito stabilmente
alla prostituzione e avente disponibilita' di sostanza, con cui il C.
aveva pattuito il prezzo di euro 70,00.
Il trattenimento contro la volonta' della vittima, minacciato,
picchiato e presto immobilizzato ad una sedia, bendato, colpito e
ferito dai presenti ed altresi' da sconosciuti fatti appositamente
intervenire, era stato determinato da richieste di denaro ulteriori e
crescenti (sino ad euro 2,500,00), che non trovavano giustificazione,
ne' allora ne' ora, essendo rimasta estranea al processo qualsiasi
ragione di credito ulteriore rispetto a quella pattuita, in capo al
P. e ai suoi coautori, men che meno degli importi violentemente
pretesi persino dall'inerme madre della vittima, forse giustificabili
in un contesto di smodata dedizione alla cocaina da parte degli
imputati.
L'estorsione, operata in forma violenta, dura, dileggiante e
sarcastica, pur inserita nel contesto occasionale e ambientale
volontariamente scelto dal C., e' stata realizzata sottraendo
lungamente la liberta' di movimento al medesimo, lasciato
prevalentemente legato ad una sedia, privato del proprio telefono
cellulare (recuperato dagli operanti con il PIN modificato e, dunque,
divenuto inaccessibile), chiuso a chiave dentro l'appartamento (tanto
da essere costretto a far intervenire il D. per poter fare entrare i
Carabinieri) ed impossibilitato a trovare vie di fuga (ad esempio
calandosi dal terrazzo del primo piano), anche per le condizioni
fisiche precarie che non glielo consentivano.
Si e' affermato che «Il reato di sequestro di persona non
richiede necessariamente la privazione in senso assoluto della
liberta' di movimento del soggetto passivo, potendo realizzarsi anche
come limitazione di tale liberta' di azione, finalizzata ad inibire
le relazioni interpersonali del soggetto stesso, sottraendolo al suo
abituale contesto abitativo» (Sez. 6, n. 39807 del 30 maggio 2019,
Rv. 277367-01); ovvero che esso «non presuppone necessariamente
l'interclusione della vittima, ma puo' consistere in limitazioni
della liberta' personale che derivino da costrizione psichica o dalla
creazione di condizioni di sostanziale impossibilita' alla
locomozione, quali, ad esempio, l'esposizione ad un pericolo per
l'incolumita' personale» (Sez. 3, n. 36823 del 15 giugno 2011, Rv.
251084-01).
Non vi puo' essere dunque dubbio che, a maggior ragione, la
fattispecie sia integrata laddove la persona sia stata mercificata,
sia dal punto di vista patrimoniale sia morale, in ragione della
stretta correlazione posta tra il fine del sequestro, ossia il
profitto ingiusto, e il suo titolo, cioe' il prezzo della
liberazione.
Benche' la giurisprudenza reputi sufficiente, rispetto al
delitto, la limitazione coatta di ogni possibile estrinsecazione
delle facolta' della persona, essendo sufficiente anche solo quella
delle relazioni interpersonali, il caso di specie integra la forma
classica, pura e piu' intensa di violazione del diritto a preservare
la propria liberta' personale, la cui inviolabilita' e' stabilita
dall'art. 13 Cost.: tanto piu' che la cessazione della condotta e'
venuta a coincidere con la liberazione fisica da parte delle forze
dell'ordine da interventi coattivi «sul corpo» del C. che gli avevano
impedito o limitato grandemente tutte quelle espressioni costituenti
il contenuto della liberta' personale, per prima quella di
locomozione, per un periodo di tempo assolutamente significativo.
La condotta degli imputati e' dunque sussumibile, secondo il
diritto vivente, per la parte di diretto interesse, nel paradigma
dell'art. 630 del codice penale in concorso con il P., gia'
separatamente giudicato.
Ad entrambi gli imputati e' stata, altresi', contestata, sulla
base delle risultanze del Casellario giudiziale la recidiva, c.d.
reiterata di cui all'art. 99, comma 4, del codice penale, di tipo
specifico ex art. 99, comma 2, n. 1, codice penale per il P., e di
tipo specifico ex art. 99, comma 2, n. 1 del codice penale per il D.
L'elemento centrale, nella valutazione sull'applicazione
dell'aumento di pena per la recidiva, e' stato individuato nella
maggiore attitudine a delinquere del reo, in quanto aspetto comune
sia alla colpevolezza che alla capacita' di realizzazione di nuovi
reati. La colpevolezza, in questa prospettiva, rileva ai fini della
recidiva nella sua accezione di consolidamento della determinazione
delittuosa pur a fronte del monito delle precedenti condanne, che
sviluppa una maggiore attitudine a delinquere, che sotto questo
profilo costituisce una componente della colpevolezza. Questa
componente, per altro verso, si traduce a sua volta in una
incrementata capacita' delinquenziale, che in questo senso
costituisce la forma espressiva della pericolosita'.
Sotto questo profilo, il P. risulta gravato da una serie
ininterrotta di condanne per fatti specifici a far data dall'anno
2012 e sino all'anno 2023 (tra i vari per fatti di rapina e lesioni
personali in concorso, oltre che per furto e ricettazione),
inframezzate da plurime condanne per evasione (ben quattro) rispetto
alle misure di cautela domiciliare disposte per i piu' gravi fatti in
danno del patrimonio, oltre a numerose pendenze giudiziarie per fatti
recenti.
La sua biografia offre dunque il quadro di una carriera criminale
di durata ultradecennale connotata da reati gravi, contro la persona
e il patrimonio, sintomatici di una crescente pericolosita' sociale,
non contenuta neppure dalle misure di cautela personale nel frattempo
disposte e, a seguire, dai periodi di detenzione ripetutamente
patiti: indubbio sintomo di maggiore colpevolezza e attitudine a
delinquere (per tale nozione, cfr. SS.UU. n. 35738 del 27 maggio
2010, Rv. 247839).
L'odierna contestazione di gravissimi reati che presentano, in
concreto, caratteri fondamentali comuni, in ragione della natura dei
fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati
(sequestro finalizzato ad un profitto illecito, anche operato con
condotte predatorie violente e con una dura aggressione fisica)
collega le condotte stesse ai fatti/reato oggetto delle condanne
precedenti, dimostrando l'incidenza dell'ultima ricaduta nel crimine
nel contrassegnare l'ulteriore incremento dell'attitudine a
delinquere, che giustifica, appunto, la risposta sanzionatoria insita
nella corretta applicazione della recidiva reiterata.
Le recenti Sezioni unite hanno sostenuto che «in tema di recidiva
reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della
relativa applicazione e' sufficiente che, al momento della
consumazione del reato, l'imputato risulti gravato da piu' sentenze
definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una
maggiore pericolosita' sociale, oggetto di specifica ed adeguata
motivazione, senza la necessita' di una previa dichiarazione di
recidiva semplice» (Sez. U., n. 32318 del 30 marzo 2023, Rv. 284878 -
01); pur volendo ritenere il contrario, emerge dal certificato agli
atti che P. L. risulta essere gia' stato dichiarato tale con sentenze
della Corte d'Appello di Roma dd. 21 febbraio 2023 (irr. il 18 maggio
2023); del Tribunale di Roma dd. 25 giugno 2017 (irr. il 17 luglio
2017); Tribunale di Roma 21 giugno 2017 (irr. il 17 ottobre 2017).
Ne' puo' pensare di escludersi la recidiva non gia' perche' non
ve ne siano le condizioni applicative, quanto piuttosto per l'impatto
sproporzionato che ne deriverebbe al trattamento sanzionatorio:
atteso che la correzione di una manifesta sproporzione non puo'
essere di certo realizzata attraverso l'(immotivata) disapplicazione
di una norma, strumentalizzata a fini diversi dai propri e per
tendere ad un risultato eterogeneo rispetto agli scopi della norma
stessa.
Quanto alla concedibilita' delle circostanze attenuanti
generiche, sollecitate dallo stesso pubblico ministero e dalle
Difese, si premette che, secondo lettura condivisa, esse possono
svolgere un ruolo di bilanciamento e di riequilibrio poiche' «hanno
anche la funzione di adeguare la sanzione finale all'effettivo
disvalore del fatto oggetto di giudizio, nella globalita' degli
elementi oggettivi e soggettivi, atteso che la specificita' della
vicenda puo' richiedere un intervento correttivo del giudice che
renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza,
ai sensi dell'art. 3 Cost., e della finalita' rieducativa, di cui
all'art. 27, comma terzo, Cost., di cui la congruita' costituisce
elemento essenziale» (Cass. sez. II n. 5247 del 15 ottobre 2020)
cosi' ponendo a fondamento dell'applicazione dell'attenuante in
parola elementi circostanziali ulteriori rispetto a quelli descritti
in norme che rivelano esclusivamente sotto il profilo obiettivo,
quale quella di cui all'art. 311 del codice penale.
Ritiene la Corte che le concrete condizioni di vita dell'imputato
P. (soggetto tossicodipendente in difficolta' economiche, che ha
intrapreso un percorso di transizione di genere, comprensivo di
trattamenti di tipo farmacologico, organico e fisiologico, al fine di
realizzare l'adeguamento tra identita' fisica e identita' psichica),
il contesto nel quale i fatti sono maturati a fronte della
degenerazione di un rapporto sinallagmatico trasmodato con modalita'
violente, la corretta e leale condotta processuale assunta per
l'intera durata del dibattimento cui il medesimo ha scelto di
presenziare offrendo il proprio utile contributo ricostruttivo del
fatto inducono una valutazione di meritevolezza delle circostanze
stesse che, quand'anche ritenute di peso specifico superiore rispetto
ai profili espressi dalla ritenuta recidiva reiterata, deve
arrestarsi al giudizio di equivalenza, unico consentito dall'art. 69,
comma 4 del codice penale.
Ne' possono sorgere dubbi sulla compatibilita' tra l'applicazione
della recidiva reiterata e il riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, affermata sulla base della ritenuta autonomia e
indipendenza dei giudizi riguardanti i due istituti che non si
sovrappongono, pur potendo interferire: per cui ben puo' il giudice
negare le generiche in considerazione dei precedenti, ma escludere la
recidiva o, al contrario, come si ritiene nel caso di specie,
concedere le generiche, riconoscendo la presenza di un elemento
positivo che le giustifichi, a prescindere dai precedenti, ma, nel
contempo, applicare la recidiva (da ultimo, sulla base di un
indirizzo consolidato, Sez. 4, n. 14647 del 7 aprile 2021, Rv.
281018).
Invero l'aggravante di cui all'art. 99, comma 4 del codice
penale, connota il fatto per il quale si procede, in quanto riflette
una maggiore inclinazione a delinquere del soggetto che,
all'evidenza, non ha saputo proficuamente sfruttare l'opportunita',
offerta dai precedenti moniti giudiziari, di correggere il proprio
comportamento.
Al contempo, le attenuanti generiche riguardano svariati e non
previamente tipizzati profili comportamentali, di condizione sociale
e personale, di disagio emotivo, difficolta' economiche, ecc.
certamente non identificabili con la sola incensuratezza del
soggetto, sicche' la ricorrenza della recidiva reiterata non esclude
automaticamente la meritevolezza delle attenuanti generiche, non
essendo la prima ostativa rispetto al riconoscimento delle seconde,
in quanto riguardanti profili di pericolosita' tra loro non
coincidenti.
4. La rilevanza della questione.
Ritiene la Corte d'Assise che la prospettata questione di
legittimita' costituzionale sia rilevante poiche', in caso di
condanna, la pena detentiva minima applicabile a P. L. dovrebbe
necessariamente essere pari ad anni trenta di reclusione, tenuto
conto da un lato dell'aumento di due terzi per la recidiva ai sensi
dell'art. 99, comma 4 del codice penale, quand'anche sulla pena
minima della fattispecie pari ad anni 25 di reclusione, dall'altro
del disposto dell'art. 81, comma 4 del codice penale per i fatti
avvinti in continuazione, comunque emergenti dalla descrizione del
fatto sopra riportata (rapina, lesioni personali, indebito utilizzo
di uno strumento di pagamento), senza alcuna successiva diminuzione.
Risulta, pertanto, erroneo il calcolo offerto dal pubblico
ministero nelle sue richieste conclusive di pena per il P. in quanto
in contrasto con disposto dell'art. 81, comma 4 del codice penale.
La misura della pena e', infatti, frutto di un calcolo che,
sebbene ancorato al minimo edittale, e' pari ad anni venticinque di
reclusione, aumentata di anni sedici mesi otto a fronte
dell'applicata recidiva (art. 99, comma 4 del codice penale), cui
dovrebbe sommarsi l'ulteriore incremento minimo del terzo della pena
cosi' fissata (art. 81, comma 4 del codice penale). Il criterio
moderatore posto dall'art. 78 del codice penale impone la riduzione
alla pena finale di anni trenta di reclusione.
Supposto il bilanciamento della contestata aggravante speciale
della recidiva con la concessione delle circostanze attenuanti
generiche qui ritenute applicabili, pur partendo dal minimo della
pena, il divieto di prevalenza delle stesse posto dall'art. 69, comma
4 del codice penale, comunque imporrebbe il medesimo trattamento
sanzionatorio finale di anni trenta di reclusione, frutto
dell'aumento in continuazione in misura non inferiore ad un terzo dei
reati satellite rispetto al delitto di sequestro di persona (anni
otto mesi quattro di reclusione rispetto ad anni venticinque, per una
pena finale pari ad anni trentatre' mesi quattro di reclusione),
contenuta in anni trenta per effetto del criterio moderatore di cui
all'art. 78 del codice penale.
Qualsiasi sia l'opzione preferita, a P. L. dovrebbe comunque, in
ipotesi di responsabilita', applicarsi la pena di anni trenta di
reclusione; situazione diversa e', invece, quella di D. A. la cui
contestazione in punto recidiva specifica comunque non osta alle
valutazioni che si vanno ora a proporre.
Relativamente alla rilevanza dell'utilizzo di strumenti volti a
mitigare la severita' del trattamento sanzionatorio, peraltro,
codesta Corte gia' ha avuto modo di specificare che la funzione
«naturale» delle circostanze attenuanti generiche «e' quella di
adeguare la misura della pena alla sussistenza di speciali indicatori
(oggettivi o soggettivi) di un minor disvalore del fatto concreto
all'esame del giudice rispetto alla gravita' ordinaria dei fatti
riconducibili alla fattispecie base di reato; e non gia' quella di
correggere l'eventuale sproporzione dei minimi edittali stabiliti dal
legislatore rispetto a un fatto il cui disvalore sia conforme a
quello che ordinariamente caratterizza la fattispecie criminosa»
(cosi' Corte costituzionale, 10 marzo 2022, n. 63; conf. sentenza n.
46 del 2024; n. 120 del 2023).
Non puo' quindi neppure prendersi in considerazione, rispetto al
dubbio di costituzionalita', la concedibilita' delle circostanze
attenuanti generiche ex art. 62-bis del codice penale: non solo
perche' il giudizio di meritevolezza delle attenuanti verrebbe
condizionato da parametri diversi rispetto a quelli posti dall'art.
133 del codice penale e, in qualche modo, necessitato dall'esigenza
di adeguamento del trattamento sanzionatorio al reale disvalore
offensivo del fatto, cosi' piegando dette circostanze ad una funzione
impropria; ma soprattutto perche' l'effetto pratico risulterebbe
irrilevante a fronte del limite operativo posto dall'art. 69, comma 4
del codice penale, in ogni caso dovendo applicarsi la pena massima,
gia' ridotta, di anni trenta di reclusione per effetto degli aumenti
di pena previsti per i delitti in regime di continuazione.
Altrettanto per l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4 del codice
penale, quanto alla speciale tenuita' del danno patrimoniale arrecato
alla persona offesa, semmai ritenuta: tenuto conto della recente
affermazione, resa in termini di rapina, ma ben estensibile al caso
di specie, dell'insufficienza a tal fine del modestissimo valore
economico preteso quale prezzo (se tale si volesse considerare la
richiesta di somma compresa tra 1.500 e 2.500,00 euro), essendo
necessario valutare anche il danno alla persona contro cui e' stata
esercitata la violenza o la minaccia, trattandosi di reati che ledono
tanto l'integrita' patrimoniale quanto la liberta' fisica e morale
della persona che ne e' vittima, con la conseguenza che solo ove la
valutazione complessiva dei pregiudizi arrecati a entrambi i beni
tutelati sia di speciale tenuita' puo' farsi luogo al riconoscimento
di detta circostanza attenuante (Sez. U. n. 42124 del 27 giugno 2024,
Rv. 287095 - 02).
Le gravi lesioni fisiche refertate alla vittima a seguito del
fatto, guarite in circa trenta giorni, valgono di per se' ad
escludere un apprezzamento di speciale tenuita' del danno complessivo
subito, anche a prescindere dal profilo patrimoniale.
In ogni caso, pur volendo ritenere il contrario, il trattamento
sanzionatorio non muterebbe.
Se per l'imputato D., cui e' contestata la sola recidiva
specifica non vi sono preclusioni normative ad un giudizio di
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, ritiene la Corte
che la misura della pena detentiva applicabile al P., in ogni caso
pari ad anni trenta di reclusione, sia incompatibile con i parametri
costituzionali che saranno di seguito evocati, alla luce della piu'
recente giurisprudenza di codesta Corte in tema di sindacato
giurisdizionale sulla manifesta sproporzione delle pene, valida anche
in relazione alla vicenda che ci occupa, in cui si lamenta
l'irrazionalita' della deroga al regime ordinario di bilanciamento
delle circostanze, come disciplinato dall'art. 69 del codice penale,
rispetto ad una fattispecie assolutamente peculiare, connotata dalla
massima pena detentiva temporanea prevista dal sistema, superiore
persino a quella fissata per l'omicidio, sia nei minimi (anni
venticinque anziche' ventuno), sia nei massimi (anni trenta anziche'
ventiquattro), cosi' da originare una risposta sanzionatoria
manifestamente irragionevole rispetto alla condotta concretamente
posta in essere, benche' non integrante un fatto di lieve entita'.
Si anticipa sin da ora il richiamo al principio secondo cui «Ai
sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 27, terzo comma della
Costituzione l'ampia discrezionalita' di cui dispone il legislatore
nella quantificazione delle pene incontra il proprio limite nella
manifesta sproporzione della singola scelta sanzionatoria, sia in
relazione alle pene previste per altre figure di reato, sia rispetto
alla intrinseca gravita' delle condotte abbracciate da una singola
figura di reato. Il limite in parola esclude, piu' in particolare,
che la severita' della pena comminata dal legislatore possa risultare
manifestamente sproporzionata rispetto alla gravita' oggettiva e
soggettiva del reato: il che accade, in particolare, ove il
legislatore fissi una misura minima della pena troppo elevata,
vincolando cosi' il giudice all'inflizione di pene che potrebbero
risultare, nel caso concreto, chiaramente eccessive rispetto alla sua
gravita'» (Corte Costituzionale, 10 marzo 2022, n. 63, cit. conf.
Corte costituzionale, 1° febbraio 2022, n. 28).
In questo contesto, preme evidenziare quanto lo stesso giudice
delle leggi ha rilevato in piu' occasioni, affermando che «la
giurisprudenza costituzionale piu' recente ha gradatamente affrancato
il sindacato di conformita' al principio di proporzione della pena
edittale dalle strettoie segnate dalla necessita' di individuare un
preciso tertium comparationis da cui mutuare la cornice sanzionatoria
destinata a sostituirsi a quella dichiarata incostituzionale; e ha
spesso privilegiato (almeno a partire dalla sentenza n. 343 del 1993)
un modello di sindacato sulla proporzionalita' "intrinseca" della
pena, che - ferma restando l'ampia discrezionalita' di cui il
legislatore gode nella determinazione delle cornici edittali [...] -
valuta direttamente se la pena comminata debba considerarsi
manifestamente eccessiva rispetto al fatto sanzionato, ricercando poi
nel sistema punti di riferimento gia' esistenti per ricostruire in
via interinale un nuovo quadro sanzionatorio in luogo di quello
colpito dalla declaratoria di incostituzionalita', nelle more di un
sempre possibile intervento legislativo volto a rideterminare la
misura della pena, nel rispetto dei principi costituzionali» (ex
multis Corte costituzionale, 14 dicembre 2019, n. 284, Corte
costituzionale, 10 maggio 2019, n. 112; Corte costituzionale, 5
dicembre 2018, n. 222; Corte costituzionale, 23 marzo 2012, n. 68).
La rilevanza rispetto al caso di specie trova ulteriore conforto
nel dato che l'applicazione della recidiva, oltre a produrre effetti
diretti di incremento sanzionatorio, si riflette indirettamente sul
complessivo, sfavorevole statuto penale e sul trattamento
penitenziario: si fa qui riferimento, per quanto di interesse,
all'aumento di pena non inferiore al terzo per i reati attratti in
continuazione (tra cui il delitto di rapina aggravata) ai sensi
dell'art. 81, comma 4 del codice penale, a mente dell'orientamento
pacifico secondo cui l'incremento in tale misura opera anche quando
il giudice consideri la recidiva reiterata equivalente alle
riconosciute attenuanti, perche' anche in questo caso la recidiva e'
applicata, anche se non determina un aumento di pena (si segnala che
i massimi edittali del delitto di cui all'art. 628, 3° comma del
codice penale, rendono non operanti i limiti di cui al comma 3
dell'art. 81).
Il limite minimo di aumento della pena in continuazione non
varrebbe, invece, quando la recidiva reiterata fosse ritenuta
subvalente rispetto alla circostanza attenuante (v. Sez. U., n. 20808
del 25 ottobre 2018, dep. 2019, .... Rv. 275319, in motivazione, §
11.2; Sez. U., n. 35738 del 27 maggio 2010, ..., Rv. 247839, da
ultimo, Sez. 4, n. 36906 del 27 giugno 2024, Rv. 287008; Sez. 2, n.
27098 del 3 maggio 2023, Rv. 284797) proprio perche' in tal caso la
funzione delle circostanze attenuanti ha modo di esplicarsi nella sua
pienezza: interpretazione consolidata che mostra chiaramente
l'effetto distorsivo rispetto ai principi fondamentali del giusto
trattamento sanzionatorio indotto dalla norma dell'art. 69, comma 4
del codice penale nel caso di specie atteso che, se ora la pena
minima irrogabile e' pari ad anni trenta di reclusione, il ripristino
dell'ordinaria regola di bilanciamento tra circostanze eterogenee di
cui ai primi tre commi dell'art. 69 del codice penale consentirebbe
alla Corte di infliggere una pena di poco superiore a sedici anni e
otto mesi di reclusione (anni venticinque, ridotti di un terzo per la
prevalenza delle circostanze attenuanti, con un ridotto aumento nei
termini posti dall'art. 81, comma 2 del codice penale).
Evidente quindi l'enorme divario sanzionatorio che vi e' laddove
sia applicata la regola vigente di cui all'art. 69, comma 4 del
codice penale ovvero supposta la sua insussistenza, limitatamente
alla fattispecie del sequestro di persona a scopo estorsivo che qui
viene in rilievo, congiuntamente ai reati ad essa connessi.
E' bene noto che il contesto normativo di riferimento e' stato,
piu' volte, interessato da pronunce di legittimita'; in particolare,
a) per il delitto di sequestro di persona - a seguito della sentenza
n. 68 del 2012 della Corte costituzionale - e' possibile procedere
all'applicazione dell'attenuante discrezionale o indeterminata di cui
all'art. 311 del codice penale e che b) la medesima consulta con la
sentenza n. 143 del 2021 ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 69, quarto comma, codice penale nella parte
in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza
attenuante del fatto di lieve entita' cosi' introdotta sulla
circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, quarto
comma del codice penale.
Tuttavia il quadro normativo attuale non appare appagante
rispetto al caso di specie, laddove la Corte non ritiene che le
modalita' del fatto - ossia la sua durata e le condotte di violenza
che lo hanno accompagnato - siano tali da farlo inquadrare tra quelli
di lieve entita' del fatto, cosi da renderlo meritevole
dell'attenuante di cui all'art. 311 del codice penale, con la
connessa disciplina della recidiva.
Per orientamento del tutto consolidato «l'attenuante della lieve
entita' del fatto, prevista dall'art. 311 del codice penale ed
applicabile anche al delitto di sequestro di persona a scopo di
estorsione a seguito della sentenza della Corte costituzionale 19
marzo 2012, n. 68, presuppone una valutazione oggettivamente riferita
al fatto nel suo complesso, sicche' essa non e' configurabile se il
requisito della lieve entita' manchi o in rapporto all'evento di per
se' considerato; ovvero in rapporto a natura, specie, mezzi,
modalita' e circostanze della condotta; ovvero, ancora, in rapporto
all'entita' del danno o del pericolo conseguente al reato, avuto
riguardo a tempi, luoghi e modalita' della privazione della liberta'
personale ed all'ammontare delle somme oggetto della finalita'
estorsiva» (Sez. 5, sentenza n. 18981 del 22 febbraio 2017, Rv.
269933 - 01; da ultimo, in termini, Sez. 2, n. 9912 del 26 gennaio
2024, Rv. 286076-01; Sez. 2, n. 9820 del 26 gennaio 2024, Rv.
286092-01).
La durata temporalmente apprezzabile del sequestro (pari a
quarantotto ore), l'entita' dell'importo richiesto coinvolgendo pure
l'anziana genitrice, soprattutto le modalita' attuative, a fronte
delle serie lesioni fisiche inflitte dai tre correi e da sconosciuti
appositamente fatti intervenire per picchiarlo, minacciarlo e
dileggiarlo, tanto da determinare un ricovero per quattro giornate,
le contemporanee aggressioni volte ad impadronirsi delle sue carte di
pagamento e dell'utenza cellulare, integranti in se' le ipotesi di
rapina aggravata, escludono una valutazione in termini di oggettiva,
lieve entita', peraltro reputata insussistente anche nel processo
celebrato a carico del concorrente P., tanto piu' andando essa
riferita al contributo non del singolo concorrente ma all'attivita'
complessiva dei compartecipi.
Gli strumenti normativi ad oggi presenti nell'ordinamento non
consentono dunque di applicare un trattamento sanzionatorio tale da
superare i dubbi di costituzionalita' che si andranno ad esplicitare
rispetto alla varieta' delle situazioni soggettive che sono
riconducibili all'ipotesi base, non modulabili in termini di lievita'
oggettiva, ancora una volta non essendo consentito forzare gli
istituti al solo fine di ottenere il risultato di una pena sentita
come giusta.
5. La non manifesta infondatezza della questione.
5.1. Tanto premesso in punto di rilevanza della questione,
ritiene la Corte che la disposizione censurata violi gli articoli 3,
25, comma 2 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione per i motivi di
seguito esposti.
Quanto alle importanti evoluzioni storiche subite dalla
formulazione normativa del reato di sequestro di persona a scopo di
estorsione e alla ratio dell'inasprimento sanzionatorio, e' noto che
la fattispecie, gia' presente nel Codice Zanardelli del 1889 sotto la
rubrica «ricatto», prevedeva una cornice sanzionatoria compresa tra
gli otto e i quindici anni di reclusione, con aumento da dodici a
diciotto nel caso in cui il reo avesse effettivamente ottenuto
l'ambito profitto.
Negli anni '70, alla luce del notevolissimo aumento del fenomeno,
il legislatore, facendo ampio ricorso alla decretazione d'urgenza,
intervenne lungo una duplice direttrice (cfr. legge n. 497 del 14
ottobre 1974): da una parte, volendo sfruttare l'effetto deterrente a
questo connesso, si punto' ad elevare i limiti edittali portandoli,
gia' per il reato base, nel minimo a dieci e nel massimo a venti
anni; dall'altra, con l'intenzione di incentivare la liberazione
degli ostaggi, vennero introdotte attenuanti per chi si fosse
adoperato in tal senso senza aver previamente ottenuto il pagamento
del riscatto. Infine, a seguito dei noti fatti che hanno visto il
rapimento e poi l'assassinio dell'On. Aldo Moro, la pena e' stata
fissata nella misura attuale, ovvero dai venticinque ai trenta anni
di reclusione.
All'interno della fattispecie, per ripetere le parole della
stessa Corte costituzionale, residuano «episodi marcatamente
dissimili, sul piano criminologico e del tasso di disvalore, rispetto
a quelli avuti di mira dal legislatore dell'emergenza. Si tratta di
fattispecie che - a fronte della marcata flessione dei sequestri di
persona a scopo estorsivo perpetrati «professionalmente» dalla
criminalita' organizzata, registratasi a partire dalla seconda meta'
degli anni '80 dello scorso secolo - hanno finito, di fatto, per
assumere un peso di tutto rilievo, se non pure preponderante, nella
piu' recente casistica dei sequestri estorsivi» (v. sentenza n. 68
del 2012).
E, non a caso, la Consulta ha preso a prestito della propria
argomentazione del 2012 proprio il fatto che «rientrano in tale
ambito, tra le altre, le fattispecie del genere che viene in
discussione nel giudizio a quo: ossia i sequestri di persona attuati
al fine di ottenere una prestazione patrimoniale, pretesa sulla base
di un pregresso rapporto di natura illecita con la vittima».
Pare altresi' opportuna una premessa di carattere generale
relativa ai principi affermati dalla Consulta in numerose
dichiarazioni di illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 69,
comma 4, codice penale.
Si segnalano in proposito la sentenza n. 251 del 2012, relativa
alla circostanza attenuante all'epoca prevista dall'art. 73, comma 5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in tema di lieve
entita' nel reato di produzione. traffico e detenzione illeciti di
sostanze stupefacenti o psicotrope; la sentenza n. 105 del 2014,
relativa alla circostanza attenuante prevista dall'art. 648, comma 2
codice penale, con riguardo alla particolare tenuita' del fatto di
ricettazione; la sentenza n. 106 del 2014, relativa alla circostanza
attenuante prevista dall'art. 609-bis, comma 3 codice penale, in
rapporto ai fatti di minore gravita' del reato di violenza sessuale;
la sentenza n. 74 del 2016, relativa alla circostanza attenuante
prevista dall'art. 73, comma 7, decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, riconosciuta in favore di chi collabori per
evitare che l'attivita' delittuosa connessa alle droghe venga portata
ad ulteriori conseguenze; la sentenza n. 205 del 2017, relativa alla
circostanza attenuante prevista dall'art. 219, comma 3, legge n. 267
del 1942, in tema di speciale tenuita' del danno patrimoniale
arrecato da fatti di bancarotta e ricorso abusivo al credito; la
sentenza n. 73 del 2020, relativa alla fattispecie prevista dall'art.
89 codice penale, concernente la responsabilita' attenuata di colui
che, al momento del fatto, era affetto da un vizio parziale di mente;
la sentenza n. 55 del 2021, relativa all'ipotesi prevista dall'art.
116, comma 2 c.p., del c.d. «concorso anomalo»; la sentenza n. 143
del 2021, relativa alla circostanza attenuante introdotta con la
sentenza additiva della Corte costituzionale n. 68 del 2012 nelle
ipotesi di tenuita' del fatto di sequestro di persona a scopo di
estorsione.
Da ultimo, di grande importanza risultano le sentenze n. 94 del
2023 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma
«nella parte in cui, relativamente ai delitti puniti con la pena
edittale dell'ergastolo, prevede il divieto di prevalenza delle
circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99,
quarto comma, cod. pen.»; n. 141 del 2023 quanto al divieto di
prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 62, numero
4), codice penale sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma,
codice penale; n. 188 del 2023 laddove la recidiva reiterata vieta la
prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648-ter.1,
secondo comma, codice penale in materia di autoriciclaggio; n. 201
del 2023, dichiarativa costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del
codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza
della circostanza attenuante di cui all'art. 74, comma 7, del decreto
del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 sulla recidiva
reiterata.
Pur riconoscendo, in linea generale, che le deroghe al regime
ordinario del bilanciamento tra circostanze sono costituzionalmente
legittime, la Corte ha sottolineato piu' volte che tali scelte,
benche' rientranti nella discrezionalita' del legislatore, non devono
comunque risultare manifestamente irragionevoli, arbitrarie o avere
l'effetto di compromettere gli equilibri stabiliti dalla Costituzione
in materia di responsabilita' penale.
La stessa giurisprudenza della Corte di cassazione e' assestata
da tempo sul principio che, quand'anche non si possa generalizzare il
profilo di un contrasto assoluto in relazione alle singole
circostanze del divieto di prevalenza delle attenuanti generiche
sulla recidiva qualificata, attesa la natura innominata e
sostanzialmente indeterminata delle medesime e l'insostenibilita'
della tesi di una rilevante incidenza di tale divieto sulla
ragionevolezza e proporzionalita' della pena, ha comunque
riconosciuto che il limite alla regola e' dato dall'evenienza in
concreto di situazioni «palesemente sproporzionate» (da ultimo, Sez.
3, n. 29723 del 22 maggio 2024, Rv. 286747).
Per tale via puo' dirsi allora superata l'idea di sottrarre tout
court al controllo della Consulta le scelte del legislatore che si
risolvono in limitazioni al sindacato giudiziale sulla dosimetria
della pena ed, in particolare, sull'impossibilita' di ritenere,
all'esito del bilanciamento, la prevalenza delle circostanze
attenuanti su quella speciale della recidiva reiterata.
Parimenti, puo' dirsi consolidata l'irrilevanza della natura
ordinaria o ad effetto speciale delle circostanze attenuanti
coinvolte nel giudizio di bilanciamento con la recidiva reiterata.
Si deve a questo punto valutare se la previsione del divieto di
bilanciamento in termini di prevalenza sulla recidiva reiterata ex
art. 99, comma 4, codice penale delle circostanze attenuanti
generiche, riferita alla fattispecie criminosa di cui all'art. 630
c.p., risponda ai principi esegetici che la Corte ha fatto propri
nelle sue pronunce.
La risposta al quesito non puo' che essere negativa, per le
ragioni di seguito esposte.
La stessa Consulta ha chiarito che le rationes decidendi delle
sentenze di accoglimento - e quindi delle sottese questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, codice penale -
sono riconducibili a «principi comuni, declinati lungo una triplice
direttrice».
Ritiene questa Corte che la questione odierna partecipi di tutte
le ragioni che la Corte costituzionale ha, nel corso del tempo,
ritenuto decisive ai fini della valutazione di fondatezza delle
questioni.
Nel primo filone si inscrivono tutte quelle fattispecie nelle
quali ricorre una non trascurabile divaricazione tra la pena prevista
per il reato base e quella applicabile all'esito della ritenuta
attenuante: differenza di trattamento che, per potersi affermare
compatibile con i principi costituzionali di eguaglianza (art. 3,
comma 1, della Costituzione), di offensivita' della condotta penale
(art. 25, comma 2, della Costituzione) e di proporzionalita' della
pena tendente alla rieducazione del condannato (art. 27, comma 3,
della Costituzione), esige un ordinario bilanciamento e la
possibilita' per il giudice di valutare prevalenti le attenuanti
rispetto alla recidiva reiterata.
Una limitazione in tal senso, portando alla determinazione della
stessa risposta sanzionatoria per fatti marcatamente diversi, sarebbe
foriera di un'«alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti
nella strutturazione della responsabilita' penale» (Corte cost. n.
251 del 2012).
Come si e' detto, nel caso di specie esiste certamente una
divaricazione importante tra la pena prevista per il reato base e
quella prevista per il reato circostanziato: per il primo, pur
volendo attestarsi sul minimo edittale, si avrebbero venticinque anni
di reclusione, mentre per il secondo, considerando l'attenuante nella
sua massima ampiezza applicativa, si arriverebbe ad una pena di
sedici anni ed otto mesi di reclusione.
Tuttavia, dovendosi applicare nel caso di specie la disciplina
della continuazione e, segnatamente, l'art. 81, comma 4 c.p., la
divaricazione appare ancor piu' sproporzionata poiche' la pena
irrogabile, come si e' visto, e' comunque pari a trent'anni di
reclusione, concesse o meno le circostanze attenuanti (in regime di
equivalenza), mentre l'invocato bilanciamento in termini di
prevalenza condurrebbe ad una pena di poco superiore ad anni sedici e
mesi otto di reclusione, cosi' assumendo i tratti dell'enorme
divaricazione delle cornici edittali» stigmatizzata piu' volte dalla
Consulta laddove la differenza di tredici anni e quattro mesi non
puo' che ritenersi l'effetto di «un'abnorme enfatizzazione delle
componenti soggettive riconducibili alla recidiva reiterata, a
detrimento delle componenti oggettive del reato».
Non si intende certo mettere in discussione in assoluto il
fondamento della norma che pretende la valorizzazione in genere dei
profili della colpevolezza e della pericolosita' che sottendono
l'istituto della recidiva reiterata quale scelta di politica
legislativa, laddove non trasmodi di per se' nella manifesta
irragionevolezza o nell'arbitrio: quanto piuttosto rappresentare che,
in ragione del severissimo quadro punitivo contemplato in una forbice
sanzionatoria assai ristretta per il sequestro estorsivo, l'effetto
dell'applicazione della recidiva reiterata e' perverso rispetto ai
principi fondanti il volto della ragionevolezza della pena, finendo
per livellare situazioni assai diverse tra loro, imponendo, in
assenza di circostanze attenuanti, la pena massima tra quelle
previste nell'ordinamento.
Se in linea generalissima puo' ritenersi «non trasmodante
nell'arbitrio» una blindatura in termini di equivalenza delle
circostanze attenuanti generiche, non vi e' pero' dubbio,
limitatamente al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione,
che la scelta legislativa finisca per decretare, ancor di piu' se il
fatto risulta commesso in continuazione con altri delitti, proprio
quello stravolgimento degli equilibri costituzionali piu' volte
censurato dalla Consulta.
Pare piuttosto a questa Corte manifestamente irragionevole un
aggravio sanzionatorio tendente al raddoppio della pena per un fatto
che, oggettivamente identico, sia commesso da un recidivo reiterato
anziche' da un soggetto incensurato.
D'altra parte gia' e' stata riconosciuta alle circostanze
attenuanti in genere una necessaria funzione riequilibratrice del
marcato divario tra la pena del reato base a fronte di quella che
altrimenti risulterebbe dall'applicazione delle attenuanti di cui
all'art. 62-bis c.p.: con funzione che, «per il rispetto dei principi
di eguaglianza (art. 3, primo comma, della Costituzione), di
offensivita' della condotta sanzionata penalmente (art. 25, secondo
comma, della Costituzione) e di proporzionalita' della pena tendente
alla rieducazione del condannato (art. 27, terzo comma, della
Costituzione), non puo' essere compromessa dal divieto di prevalenza
sulla recidiva reiterata recato dalla disposizione censurata» (nel
caso, relativamente ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo,
Corte costituzionale, sentenza n. 94/2023).
Nella medesima pronuncia, di conseguenza, nell'ambito della
correzione della sproporzione del trattamento sanzionatorio, gia' e'
stata superata la distinzione tra attenuanti comuni ed attenuanti ad
effetto speciale, dichiarando illegittimo l'art. 69, comma 4, codice
penale nella parte in cui, in relazione a tutti i reati punti con
l'ergastolo, non consente alle attenuanti tutte - dunque anche le
attenuanti generiche - di prevalere sulla ritenuta recidiva reiterata
ex art. 99, comma 4, c.p.
5.2. Passando al secondo filone, un'altra rilevante ragione di
accoglimento delle questioni ha riguardato la considerazione che
alcune attenuanti partecipino dell'esigenza «di bilanciare la
particolare ampiezza della fattispecie del reato non circostanziato
che accomuna condotte marcatamente diverse, e che necessitano di
essere differenziate nella determinazione del trattamento
sanzionatorio».
Si e' gia' ampiamente argomentata, quantomeno in termini di non
implausibilita', l'impossibilita' di applicazione alla fattispecie de
qua dell'attenuante speciale della lieve entita', introdotta dalla
Consulta.
Fermo tale inquadramento, ritiene questa Corte che anche in
riferimento alla previsione del sequestro di persona a scopo
estorsivo, non circostanziata dalla lieve entita', ci si trovi
dinanzi ad una fattispecie cui e' possibile ascrivere una casistica
molto vasta ed eterogenea: invero, tra fatti tutti accomunati dalla
non lieve entita', e' comunque possibile rinvenire differenze non
trascurabili di contesto, durata e modalita' attuative del sequestro
di persona a scopo di estorsione, elementi questi particolarmente
impattanti sul disvalore espresso da ciascun fatto di reato.
A titolo esemplificativo e senza pretesa alcuna di esaustivita',
sussumibile nella fattispecie del reato di sequestro ex art. 630
codice penale e' sia una condotta di privazione della liberta' altrui
commessa da soggetto/i legato/i al mondo della criminalita'
organizzata, con modalita' esecutive non improvvisate o disordinate,
ma al contrario particolarmente dure per la vittima (digiuno o
alimentazione insufficiente, luoghi angusti e remoti di detenzione,
ecc.), magari protrattosi per periodi di mesi o anni con richieste di
riscatti ingenti, sia un fatto come quello oggetto del presente
giudizio di merito che, pur grave, e' stato operato da soggetti del
tutto slegati dal mondo associativo od organizzato i quali, in
maniera evidente, hanno agito in forma estemporanea ed istintiva.
Vero che al fine di porre rimedio ad una fattispecie base in cui
e' sussumibile una vasta gamma di fatti il giudice avrebbe a
disposizione proprio l'attenuante della lieve entita' e lo strumento
ermeneutico dell'interpretazione estensiva con effetto pro reo, ma
tale osservazione, pur corretta, non prova piu' di quanto gia'
affermato: non e', infatti, revocabile in dubbio che l'urgenza di
applicare una pena proporzionata non possa spingere l'interprete fino
all'estrema conclusione, a questo punto obbligata, di considerare
praticamente ogni fatto di sequestro verificatosi nel nostro
ordinamento come un fatto di lieve entita' che possa beneficiare
dell'attenuante speciale pur di evitare l'asprissimo carico
sanzionatorio detto, quand'anche determinato nel minimo edittale.
Inoltre, la presenza nel sistema normativo di una (sola)
attenuante che possa (anche questa) avere la funzione «di bilanciare
la particolare ampiezza della fattispecie del reato non
circostanziato», non esclude affatto la possibile presenza di una
diversa ed ulteriore circostanza capace di assolvere alla medesima
funzione ma per ragioni diverse, non potendo ritenersi che la prima
esaurisca la funzione di riequilibrio del trattamento sanzionatorio
rispetto al fatto cosi' come realmente accaduto.
A cio' si aggiunga che non v'e' dubbio alcuno sulla non
sovrapponibilita' ed ontologica diversita' delle due circostanze
attenuanti di cui si sta discutendo, plasticamente evidenziata dalla
considerazione che ben potrebbe il giudice del merito applicare al
medesimo fatto storico la circostanza della lieve entita',
riconoscendo al contempo al reo le circostanze attenuanti generiche,
essendo queste ultime un flessibile strumento che consente di
valorizza e profili soggettivi che sfuggono al giudizio oggettivo
sulla lieve entita' del fatto.
Pertanto, assolto l'onere di motivare l'impossibilita' di
applicazione dell'attenuante ex art. 311 codice penale e
l'opportunita' di applicare invece l'art. 62-bis codice penale in
termini di prevalenza, tanto dovrebbe bastare.
5.3 La natura soggettiva delle attenuanti generiche impone
l'analisi del terzo filone di sentenze di parziale illegittimita'
costituzionale dell'art. 69, comma 4, codice penale e la sottesa
ratio decidendi, in quanto trattasi di pronunce che hanno riguardato
attenuanti strettamente legate al carattere personale - e dunque piu'
marcatamente individuale - della responsabilita' penale.
Il riferimento e' alle circostanze di cui agli articoli 89 e 116,
comma 2, c.p., rispettivamente involgenti il vizio parziale di mente
e il concorso anomalo nel reato.
Ancora una volta ritiene questa Corte che, valorizzando il
carattere soggettivo delle attenuanti generiche ex art. 62-bis codice
penale, si possa esportare tale argomentazione nel caso odierno.
Sono infatti ricorrenti nella giurisprudenza, anche di
legittimita', le affermazioni secondo cui le circostanze attenuanti
generiche svolgono: «un ruolo essenziale per assicurare che la pena
possa essere proporzionalmente ridotta [...] in casi caratterizzati
da una [...] minore colpevolezza dell'autore, ovvero dalla presenza
di ragioni significative che comunque rivelano un suo minor bisogno
di pena» (cfr. Corte costituzionale n. 197/2023).
E ancora il principio secondo il quale: «alle attenuanti
generiche compete piuttosto l'essenziale funzione di attribuire
rilevanza, ai fini della commisurazione della sanzione, a specifiche
e puntuali caratteristiche del [...] suo autore -non tipizzabili ex
ante dal legislatore in ragione della loro estrema varieta', e
diverse da quelle che gia' integrano ipotesi «nominate» di
attenuazione della pena - che connotano il fatto di un minor
disvalore, rispetto a quanto la conformita' della condotta alla
figura astratta del reato lasci a prima vista supporre»; quello
secondo cui «l'art. 62-bis codice penale consente al giudice di
valorizzare tutti gli ulteriori parametri indicati dall'art. 133 cod.
pen. (Cass., n. 20808 del 2019), comprese le circostanze sopravvenute
al fatto di reato, o comunque inerenti alla persona dell'autore, che
siano indicative di una sua minore pericolosita', o che comunque la
rendano meno meritevole e bisognosa di pena»; l'affermazione per cui:
«ad integrare le attenuanti generiche possono essere, anzitutto,
circostanze espressive di una minore offensivita' o di una minore
colpevolezza del fatto:, quest'ultima in ragione della particolare
intensita' e comprensibilita' umana dei motivi che hanno spinto
l'autore a commetterlo, ovvero della presenza di anomale circostanze
concomitanti alla sua condotta, in grado di limitare
significativamente la sua liberta'». (cfr. ex multis, Corte
costituzionale n. 197/2023).
Se, come afferma la Consulta, «il principio di proporzionalita'
della pena desumibile dagli articoli 3 e 27, terzo comma, della
Costituzione esige [...] in via generale, che al minor grado di
rimproverabilita' soggettiva corrisponda una pena inferiore rispetto
a quella che sarebbe applicabile a parita' di disvalore oggettivo del
fatto», non si rinviene una motivazione valida per escludere che il
detti principio sia conferente anche in riferimento alle circostanze
attenuanti generiche, laddove non sia consentita l'esplicazione nella
massima estensione dell'effetto mitigatore loro proprio, se
prevalente rispetto ai parametri sottesi all'applicazione della
recidiva reiterata.
A dimostrazione di cio' basti il seguente ragionamento: se due
soggetti, entrambi recidivi reiterati, avessero commesso un identico
fatto di sequestro estorsivo, sarebbe certamente contrario a principi
costituzionali di proporzionalita' ed uguaglianza irrogare ad
entrambi la medesima, massima sanzione ne! caso in cui per uno
ricorressero anche i presupposti per l'applicazione delle attenuanti
generiche (ad esempio un esemplare comportamento processuale, una
piena collaborazione successiva ai fatti, la dimostrazione di un
sincero pentimento, ecc.) e per l'altro invece mancassero: con cio'
solo introducendo una violazione al principio che pretende pene
diverse per condotte e personalita' diverse.
5.4 Si e' pertanto argomentato funditus sulla riconducibilita'
del caso odierno a ciascuna delle rationes decidendi che la Consulta
ha fatto proprie nel corso degli ultimi armi per giungere alla
dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 69
comma 4, c.p.
Si aggiunge a cio' una ulteriore e fondamentale affermazione
della stessa Corte costituzionale che, nella piu' volte citata
pronuncia n. 94 del 2023, ha affermato testualmente che «queste
ragioni del decidere che reclamano l'ordinario giudizio di
bilanciamento delle circostanze attenuanti, pur in presenza della
recidiva reiterata, ricorrono tutte e, e in maggior grado,
nell'ipotesi in cui il divieto di prevalenza delle attenuanti
comporta che l'unica pena irrogabile e' l'ergastolo».
Un bilanciamento ragionevole si impone, dunque, soprattutto
quando dalla blindatura legislativa derivi una sanzione connotata dai
gatti della fissita', nel caso pari sempre ad anni trenta di
reclusione, non modulabile, per effetto del combinato degli articoli
69, comma 4 e 81 comma 4 del codice penale.
La differenza tra la pena perpetua dell'ergastolo e quella
temporanea della reclusione pari ad anni 30 non pare argomento
valorizzabile al fine di escludere che le stesse garanzie e i
principi costituzionali di proporzionalita', graduabilita', finalita'
rieducativa della pena debbano valere nell'uno e non nell'altro caso
a fronte dell'assoluta asprezza del trattamento sanzionatorio qui in
rilievo, contenibile in trent'anni solo per effetto del criterio
limitatore di cui all'art. 78 del codice penale.
5.5. Tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo cui
la norma censurata, vietando al giudice di ritenere prevalenti le
circostanze attenuanti generiche sulla ritenuta recidiva reiterata,
comporta, in relazione al reato di cui all'art. 630 del codice
penale, una gravissima violazione dei principi costituzionali sanciti
dagli articoli 3, comma 1, 25, comma 2 e 27, comma 3 della
Costituzione, in quanto nega all'interprete la possibilita': irrogare
una pena che, suscettibile di modulazione in riferimento a fatti
diversi, rifletta il concreto disvalore del reato commesso e sia
proporzionata alla pericolosita' soggettiva del reo, soprattutto
laddove siano accertati reati connessi che determinano l'incremento
sanzionatorio di cui all'art. 81, comma 4, codice penale: da un lato
violando il sommo principio della proporzione tra qualita' e
quantita' della sanzione, dall'altro frustrando per tale via anche la
finalita' della pena che la giurisprudenza ha ritenuto a piu' riprese
«non sacrificabile» sull'altare di nessun altro principio, ovvero
quella rieducativa del condannato.
Non appare sostenibile, infatti, che la sola valutazione della
pericolosita' sociale dell'agente, di cui certamente la recidiva e'
espressione, possa avere in tal senso un rilievo esclusivo ed
assorbente, annullando il peso specifico di elementi diversi, tali da
essere comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo; cosi'
come il principio delle necessaria proporzione della pena rispetto
all'offensivita' del fatto resterebbe vanificato da quell'abnorme
enfatizzazione della recidiva, piu' volte sanzionata dalla Corte
laddove, nel processo di individualizzazione della pena, assuma una
rilevanza tale da renderla comparativamente prevalente rispetto al
fatto oggettivo.
Il processo rieducativo sarebbe irrimediabilmente compromesso se
la scelta legislativa imponesse un sacrificio abnorme e
sproporzionato della liberta' personale a fronte di fatti non
connotati da disvalore e offensivita' tali da giustificarne la
misura, atteso che il condannato - con cio' attuando un meccanismo
profondamente umano e ben noto alle scienze sociologiche, consistente
nel maturare una profonda avversione e disprezzo emotivo per tutto
quanto avvertito come ritorsivo ed immeritato - tenderebbe certamente
al rifiuto di una pena ritenuta eccessiva e profondamente ingiusta.
La questione di costituzionalita', dunque, che qui si sottopone
d'ufficio alla Corte, appare rilevante al fine della definizione del
giudizio e non manifestamente infondata avuto riguardo ai parametri
indicati di cui agli articoli 3, 25, comma 2 e 27, commi 1 e 3
Costituzione.
P.Q.M.
Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, del
codice penale, nella parte in cui, con riferimento al reato di cui
all'art. 630 del codice penale, vieta la prevalenza delle circostanze
attenuanti generiche ai sensi dell'art. 62-bis codice penale sulla
recidiva reiterata ex art. 99, commi 2 e 4, del codice penale, per
contrasto con gli articoli 3, comma 1, 25, comma 2 e 27, comma 3
della Costituzione.
Ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza, letta alle parti all'esito del
giudizio, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei
deputati.
Cosi' deciso in Roma e letto all'udienza del 20 gennaio 2025.
Il Presidente: Roja
Oggetto:
Reati e pene – Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti – Divieto di prevalenza, con riferimento al reato di cui all’art. 630 cod. pen. (Sequestro di persone a scopo di estorsione), delle circostanze attenuanti generiche ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. sulla recidiva reiterata ex art. 99, commi secondo e quarto, cod. pen. – Violazione dei principi di uguaglianza, di offensività della condotta e di proporzionalità della pena tendente alla rieducazione del condannato.
Norme impugnate:
codice penale del Num. Art. 69 Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 25 Co. 2
Costituzione Art. 27 Co. 3
Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. SCIARRONE ALIBRANDI
Testo dell'ordinanza
N. 34 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2025 Ordinanza del 20 gennaio 2025 del Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di A. D e L. P.. Reati e pene - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Divieto di prevalenza, con riferimento al reato di cui all'art. 630 del cod. pen., delle circostanze attenuanti generiche ai sensi dell'art. 62-bis del cod. pen. sulla recidiva reiterata ex art. 99, commi secondo e quarto, del cod. pen.. - Codice penale, art. 69, quarto comma. (GU n. 10 del 05-03-2025) TRIBUNALE DI ROMA 1° Corte d'Assise La Corte d'Assise di Roma, 1ª Sezione, letti gli arti del processo pendente nei confronti di D. A. nato a ... il ..., e di P. L., nato a ... il ..., imputati, in concorso con P. A., separatamente giudicato, del: A) delitto di cui agli articoli 110 e 630 del codice penale perche' in concorso tra loro allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, privavano della liberta' personale C. L costringendolo su una sedia in un angolo del salone dell'appartamento di Via ... n. ... sc. ... int. ... legandogli i polsi con del nastro adesivo, bendandolo e percuotendolo con schiaffi, calci e pugni, nonche' con un mattarello con stracci e con asciugamani bagnati. In particolare, dopo che C. aveva consumato cocaina-crack e un rapporto sessuale con P. quest'ultimo gli chiedeva ulteriore denaro sia per acquistare droga (euro 100,00=) sia per rimborsarlo per i clienti che aveva perso (euro 250,00=) e al diniego della p. o. perche' non in possesso di denaro, P. unitamente a D. e P.: prima lo percuotevano con calci e pugni cagionandogli le lesioni di cui al successivo capo B); poi lo minacciavano dicendogli «Dacci i soldi altrimenti non esci»; poi con la sua utenza cellulare chiamavano S. V. madre del C. alla quale, con voce aggressiva, intimavano di dare la somma di euro 1.500,00= quale debito del figlio nei loro confronti, altrimenti non lo avrebbero liberato e costringendo successivamente lo stesso C. a parlare al telefono con la madre chiedendole la stessa somma, alla madre, aggiungendo che «non lo lascio andare finche' non mi date i soldi»; infine lo prendevano di peso, lo facevano spogliare, gli applicavano scotch di colore nero sulla bocca e sui polsi, lo bendavano e lo facevano sedere su una sedia con il viso rivolto verso la finestra ove, richiedendogli la somma di euro 1.500,00-- come prezzo della liberazione, lo tenevano sequestrato per tutta la giornata del 1° agosto, senza poter mangiare, senza bere, senza poter andare in bagno, filmando anche alcuni momenti della sua detenzione, fino alla mattina del ... quando, approfittando dell'assenza dei tre, il C. si liberava e chiedeva aiuto dal balcone della stanza ove era stato recluso ad una vicina che allertava le forze dell'ordine che intervenivano sul posto e lo liberavano. Con la recidiva specifica e reiterata per P. e specifica per D. Fatto commesso in ... dal ... al ... B) delitto di cui agli articoli 110, 81, cpv., 582, 585 e 61, n. 2, del codice penale, perche' in concorso tra loro con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso ed al fine di commettere il delitto di cui al capo A), colpivano a piu' riprese con schiaffi, calci e pugni, nonche' con un asciugamano bagnato e con un mattarello, C. L. cagionandogli ecchimosi sul corpo, «frattura dalla IV alla XI costa destra, frattura soma D10, avvallamento D9, D12, L1, L2 e L4» refertate da personale sanitario del Pronto Soccorso del Policlinico Tor Vergata di Roma e giudicate guaribili in gg. 20 s.c. Con la recidiva specifica e reiterata per P. e semplice per D. Fatto commesso in ... dal ... al ...; C) delitto di cui agli articoli 110, 628, commi 1 e 3, n. 1), e 61, n. 2, del codice penale perche' nelle medesime circostanze di cui al capo A), in concorso tra loro ed al fine di procurarsi un ingiusto profitto, mediante le violenze e minacce di cui ai precedenti capi A) e B), si impossessavano del telefono cellulare blu marca Oukitel e della carta di pagamento poste pay n. ... con scadenza ... sottraendola a C. L. Con le aggravanti di aver commesso il fatto in piu' persone per conseguire il profitto di cui al precedente capo A). Con la recidiva specifica e reiterata per P. e specifica per D. Fatto commesso in ... dal ... al ... D) delitto di cui agli articoli 110, 81 cpv., 493-ter del codice penale perche' in concorso tra loro e per tre volte, al fine di trarne profitto, indebitamente utilizzavano, non essendone titolari, la carta PostePay numero ... con scadenza ... di proprieta' di C. L. Fatti commessi in Roma dal ... al ... Con la recidiva reiterata e specifica per P., specifica per D., ha pronunciato la seguente ordinanza. La Corte dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 69, 4 comma del codice penale, nella parte in cui, limitatamente al delitto di cui all'art. 630 del codice penale, non consente la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99, commi 2 e 4 del codice penale. Si ritiene altresi' che la questione sia rilevante e non manifestamente infondata. 1. Svolgimento del processo. A seguito di arresto operato dai Carabinieri della Stazione di Tor Bella Monaca in data ..., D. A. e P. L., in atti generalizzati, sono stati tratti a giudizio immediato in stato di custodia cautelare per rispondere delle rubricate imputazioni all'udienza del 5 dicembre 2023. Celebrato il dibattimento in costanza di custodia, all'odierna udienza e' stata esaurita la discussione, in occasione della quale il pubblico ministero ha fatto richiesta della pena di anni 27 di reclusione ciascuno, ritenuta la sussistenza di tutte le fattispecie contestate e concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva (anni 25 per il capo A) + anni 2 ai sensi dell'art. 81 del codice penale); le difese hanno richiesto quanto a D. l'assoluzione perche' il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto, in subordine l'attenuante del fatto di lieve entita' e le circostanze attenuanti generiche; quanto a P. l'assoluzione perche' il fatto non sussiste, in subordine la riqualificazione in minaccia grave, con la concessione delle circostanze attenuanti sul minimo della pena e i benefici consentiti. Ritiratasi in Camera di consiglio, prima di pronunciarsi sul merito dell'imputazione, ritiene la Corte d'Assise di dover sospendere il procedimento e sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale di seguito esposta, non sussistendo - allo stato - i presupposti per un'assoluzione di alcuno degli imputati, laddove il terzo concorrente P. A. risulta avere fatto richiesta di giudizio abbreviato, subendo condanna alla pena di anni 8 di reclusione, applicate le circostanze attenuanti generiche e la diminuente di cui all'art. 114 del codice penale oltre a quella del rito. 2. Il fatto storico. Il presente procedimento trae origine dall'arresto in flagranza di D. A. e P. L.; (nonche' di P. A. separatamente giudicato). In particolare, e' emerso che la persona offesa, C. L., concordato in data ... un incontro a pagamento con una transessuale (il P. alias Lorena) abbinato ad un comune consumo di cocaina, al prezzo di euro 50,00 complessive (la cd. festa), e recatosi presso l'appartamento indicato per la prestazione verso le ore 10,00 della medesima mattina, era stato ricevuto da altra persona (A. D. che risultera' li' residente), in assenza di Lorena, sopraggiunta in seguito. Consumata la cocaina gia' presente nell'abitazione e tentato inutilmente un rapporto orale, erano iniziate da parte dei due nuove richieste di denaro per acquistare ulteriore sostanza; che il C. aveva dichiarato di poter soddisfare per sole 40,00 euro, essendo privo di ulteriore denaro. Anziche' consentirgli di allontanarsi (la permanenza concordata avrebbe dovuto esaurirsi al massimo nell'arco di un'ora), erano iniziate le minacce da parte dei due, dapprima verbali, quindi fisiche: era stato allora costretto a consegnare il telefono, documenti, carte di credito, di cui inizialmente si era rifiutato di comunicare i codici, impedendogli di allontanarsi dall'abitazione. La situazione era rapidamente degenerata, anche con l'arrivo di una terza persona (il P.) con un aumento continuo delle richieste di denaro da parte del P., giunte sino a 2.500,00 euro, asserendo che la sua presenza gli aveva fatto perdere altri clienti: al suo rifiuto, lo avevano preso di peso e legati i polsi ad una sedia, ponendogli uno scotch nero sulla bocca, posizionandolo verso la finestra cosi' da non consentirgli di vedere quanto accadeva alle spalle, urinandogli addosso, schiaffeggiandolo e colpendolo con un asciugamano bagnato sulla schiena e in faccia, mentre tentavano di estorcergli i codici Pin delle carte e del telefono, intenzionati a contattare sua madre per chiederle i soldi che asseritamente doveva loro. Neppure le sue condizioni fisiche del momento, avendo una cicatrice sul piede, precedente ai fatti, che gli doleva fortemente, li aveva fatti desistere: piuttosto, come minacciato dal P., sin dal primo giorno questi aveva fatto intervenire presso l'abitazione degli sconosciuti che, a loro volta, l'avevano malmenato, insultato, schiaffeggiato, dileggiato con riferimento alle sue tendenze sessuali, al fine di convincerlo a consegnare il denaro a Lorena, posto che diversamente non sarebbe stato rilasciato. Per l'intero periodo, protrattosi sino alla mattina del ..., era rimasto per lo piu' legato e bendato, anche se varie volte era stato liberato per poi venire nuovamente immobilizzato; inizialmente aveva pure ricevuto acqua e cibo, successivamente negatigli, cosi' come da principio non gli era stato consentito di recarsi in bagno, fornendogli un secchio per le necessita'. Ha negato di avere mai fatto richiesta di pratiche sadomasochiste mentre i video rinvenuti sul cellulare del D. realizzati dai tre non erano genuini poiche' frutto di richieste (quale la consegna di droga da parte sua) e di simulazioni pretese (quale la sua libera volonta' di permanere sul posto); in occasione di essi era stato pure appositamente slegato e travestito. Con la Postepay Evolution, abbinata al reddito di cittadinanza, il cui codice era stato infine costretto a rivelargli, avevano fatto acquisti in piu' occasioni, in particolare cibo e bevande, consumate solo da loro: anzi, alla fine del pasto, era stato slegato e costretto a lavare i piatti e pulire la cucina, per poi essere nuovamente immobilizzato. Si erano persino recati presso la sua abitazione per prelevare direttamente il denaro; quindi, intimoriti dai rumori della presenza di un cane che li aveva fatti desistere; altresi' il P. dapprima fingendosi un'infermiera, era pure riuscito a convincere sua madre a consegnargli la somma di euro 1.500/euro 2.000,00, sostenendo trattarsi di un debito da lui maturato e dandole appuntamento per il giorno successivo presso l'ufficio postale dove la donna si sarebbe recata per il prelievo. Le vessazioni si erano protratte per tutto il ... sino al ..., quando, approfittando dello stato di torpore degli imputati, indotto da un protratto consumo di cocaina/crack che nel frattempo era proseguito da parte loro, avvertiti dei rumori al piano sovrastante, liberatosi dalla sedia, il C. era riuscito ad attrarre l'attenzione della vicina uscendo sul balcone dell'abitazione, sollecitandola a far intervenire le forze dell'ordine. Sopraggiunti i Carabinieri cui aveva bisbigliato da dietro la porta la richiesta di aiuto, aveva svegliato il D., essendo impossibilitato ad aprire la porta, di cui non aveva le chiavi, quindi riferendo la sua esperienza e provocando, appunto, l'arresto dei tre soggetti presenti. Recatosi al Pronto Soccorso, gli erano state riscontrate lesioni varie e diffuse causate dalle percosse, soprattutto alla schiena, tanto che non aveva potuto muoversi per un mese (cfr. referto Pronto Soccorso del Policlinico Tor Vergata, attestante altresi' alcune fratture costali recenti, oltre a pregresse, e prognosi di giorni 20 s.c.). Gli operanti, intervenuti dopo le ore ... del ..., quando sono riusciti ad accedere hanno dichiarato di avere notato il C. a torso nudo e vistosamente ferito e zoppicante. La perquisizione domiciliare eseguita all'interno del comodino della carnera da letto dove si trovavano il P. e il P. consentiva di individuare e sequestrare il suo telefono, marca Oukitel, risultato bloccato e con PIN modificato, nonche' privato delle due schede sim che ospitava, mai piu' ritrovate, una carta Postepay e una carta del reddito di cittadinanza lui intestate; inoltre entro il domicilio vennero sequestrati un rotolo di scotch nero da elettricista, un cucchiaino da gelato con tracce verosimilmente di sostanza stupefacente del tipo cocaina, e, nel bagno, un secchio azzurro che odorava di urina. L'analisi dei telefoni cellulari in uso a D. A. e a P. L. ha consentito di recuperare scambi di messaggi tra i due coerenti con quanto riferito dal C. sulla cui Postepay venivano rilevate tre transazioni del ... (ad ore ... per euro 10 presso un esercizio commerciale non identificato; ad ore ... e ... per un totale di euro 27 presso un ...). Sul cellulare del P. vi era altresi' traccia della prenotazione della festa da parte del C. al prezzo di euro 70,00, cosi' come i tabulati telefonici risultavano congruenti con tale narrativa. La madre V. A. S. ha confermato di avere ricevuto una prima chiamata, dal telefono del figlio, da parte di una persona con voce maschile che le chiedeva la somma di euro 1.500, che lo stesso avrebbe dovuto corrispondergli per un debito; le numerose richieste di parlare con suo figlio erano state respinte dall'interlocutore, il quale le aveva riferito che non lo avrebbe lasciato andare se prima non avesse ricevuto il denaro, ragion per cui aveva risposto che sarebbe andata a ritirare la somma richiesta e che gliel'avrebbe corrisposta il giorno dopo. Rivoltasi ai Carabinieri e da questi messa in guardia sull'eventualita' che si trattasse di una truffa ai suoi danni, nella giornata successiva era stata nuovamente contattata dallo stesso interlocutore per pianificare l'incontro per la dazione della somma, ridotta ad un acconto di euro 300,00 perche' aveva una spesa urgente. Accordatasi per la consegna il ..., quando un emissario avrebbe ritirato il denaro presso la sua abitazione di ... aveva subito informato i Carabinieri, che si sarebbero recati sul posto in suo ausilio: fatto non verificatosi a seguito del diverso svolgimento degli eventi. 3. La qualificazione giuridica del fatto. Ritiene la Corte che la condotta, cosi' come ricostruita, sia pienamente sussumibile nelle fattispecie contestate dall'Ufficio di Procura, in particolare per cio' che concerne l'ipotesi di cui agli articoli 110 - 630 del codice penale. Il fatto di cui - tra i vari - gli imputati sono chiamati a rispondere in concorso, attiene al sequestro per un tempo non irrilevante, pari a due intere giornate (dalla tarda mattina del ... alla liberazione, avvenuta dopo le ... del ...) di C. L., da parte di tre soggetti, all'esito di un incontro concordato al fine di usufruire di una prestazione sessuale e di una dose di cocaina che avrebbero dovuto essere fornite da P. L., soggetto dedito stabilmente alla prostituzione e avente disponibilita' di sostanza, con cui il C. aveva pattuito il prezzo di euro 70,00. Il trattenimento contro la volonta' della vittima, minacciato, picchiato e presto immobilizzato ad una sedia, bendato, colpito e ferito dai presenti ed altresi' da sconosciuti fatti appositamente intervenire, era stato determinato da richieste di denaro ulteriori e crescenti (sino ad euro 2,500,00), che non trovavano giustificazione, ne' allora ne' ora, essendo rimasta estranea al processo qualsiasi ragione di credito ulteriore rispetto a quella pattuita, in capo al P. e ai suoi coautori, men che meno degli importi violentemente pretesi persino dall'inerme madre della vittima, forse giustificabili in un contesto di smodata dedizione alla cocaina da parte degli imputati. L'estorsione, operata in forma violenta, dura, dileggiante e sarcastica, pur inserita nel contesto occasionale e ambientale volontariamente scelto dal C., e' stata realizzata sottraendo lungamente la liberta' di movimento al medesimo, lasciato prevalentemente legato ad una sedia, privato del proprio telefono cellulare (recuperato dagli operanti con il PIN modificato e, dunque, divenuto inaccessibile), chiuso a chiave dentro l'appartamento (tanto da essere costretto a far intervenire il D. per poter fare entrare i Carabinieri) ed impossibilitato a trovare vie di fuga (ad esempio calandosi dal terrazzo del primo piano), anche per le condizioni fisiche precarie che non glielo consentivano. Si e' affermato che «Il reato di sequestro di persona non richiede necessariamente la privazione in senso assoluto della liberta' di movimento del soggetto passivo, potendo realizzarsi anche come limitazione di tale liberta' di azione, finalizzata ad inibire le relazioni interpersonali del soggetto stesso, sottraendolo al suo abituale contesto abitativo» (Sez. 6, n. 39807 del 30 maggio 2019, Rv. 277367-01); ovvero che esso «non presuppone necessariamente l'interclusione della vittima, ma puo' consistere in limitazioni della liberta' personale che derivino da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilita' alla locomozione, quali, ad esempio, l'esposizione ad un pericolo per l'incolumita' personale» (Sez. 3, n. 36823 del 15 giugno 2011, Rv. 251084-01). Non vi puo' essere dunque dubbio che, a maggior ragione, la fattispecie sia integrata laddove la persona sia stata mercificata, sia dal punto di vista patrimoniale sia morale, in ragione della stretta correlazione posta tra il fine del sequestro, ossia il profitto ingiusto, e il suo titolo, cioe' il prezzo della liberazione. Benche' la giurisprudenza reputi sufficiente, rispetto al delitto, la limitazione coatta di ogni possibile estrinsecazione delle facolta' della persona, essendo sufficiente anche solo quella delle relazioni interpersonali, il caso di specie integra la forma classica, pura e piu' intensa di violazione del diritto a preservare la propria liberta' personale, la cui inviolabilita' e' stabilita dall'art. 13 Cost.: tanto piu' che la cessazione della condotta e' venuta a coincidere con la liberazione fisica da parte delle forze dell'ordine da interventi coattivi «sul corpo» del C. che gli avevano impedito o limitato grandemente tutte quelle espressioni costituenti il contenuto della liberta' personale, per prima quella di locomozione, per un periodo di tempo assolutamente significativo. La condotta degli imputati e' dunque sussumibile, secondo il diritto vivente, per la parte di diretto interesse, nel paradigma dell'art. 630 del codice penale in concorso con il P., gia' separatamente giudicato. Ad entrambi gli imputati e' stata, altresi', contestata, sulla base delle risultanze del Casellario giudiziale la recidiva, c.d. reiterata di cui all'art. 99, comma 4, del codice penale, di tipo specifico ex art. 99, comma 2, n. 1, codice penale per il P., e di tipo specifico ex art. 99, comma 2, n. 1 del codice penale per il D. L'elemento centrale, nella valutazione sull'applicazione dell'aumento di pena per la recidiva, e' stato individuato nella maggiore attitudine a delinquere del reo, in quanto aspetto comune sia alla colpevolezza che alla capacita' di realizzazione di nuovi reati. La colpevolezza, in questa prospettiva, rileva ai fini della recidiva nella sua accezione di consolidamento della determinazione delittuosa pur a fronte del monito delle precedenti condanne, che sviluppa una maggiore attitudine a delinquere, che sotto questo profilo costituisce una componente della colpevolezza. Questa componente, per altro verso, si traduce a sua volta in una incrementata capacita' delinquenziale, che in questo senso costituisce la forma espressiva della pericolosita'. Sotto questo profilo, il P. risulta gravato da una serie ininterrotta di condanne per fatti specifici a far data dall'anno 2012 e sino all'anno 2023 (tra i vari per fatti di rapina e lesioni personali in concorso, oltre che per furto e ricettazione), inframezzate da plurime condanne per evasione (ben quattro) rispetto alle misure di cautela domiciliare disposte per i piu' gravi fatti in danno del patrimonio, oltre a numerose pendenze giudiziarie per fatti recenti. La sua biografia offre dunque il quadro di una carriera criminale di durata ultradecennale connotata da reati gravi, contro la persona e il patrimonio, sintomatici di una crescente pericolosita' sociale, non contenuta neppure dalle misure di cautela personale nel frattempo disposte e, a seguire, dai periodi di detenzione ripetutamente patiti: indubbio sintomo di maggiore colpevolezza e attitudine a delinquere (per tale nozione, cfr. SS.UU. n. 35738 del 27 maggio 2010, Rv. 247839). L'odierna contestazione di gravissimi reati che presentano, in concreto, caratteri fondamentali comuni, in ragione della natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati (sequestro finalizzato ad un profitto illecito, anche operato con condotte predatorie violente e con una dura aggressione fisica) collega le condotte stesse ai fatti/reato oggetto delle condanne precedenti, dimostrando l'incidenza dell'ultima ricaduta nel crimine nel contrassegnare l'ulteriore incremento dell'attitudine a delinquere, che giustifica, appunto, la risposta sanzionatoria insita nella corretta applicazione della recidiva reiterata. Le recenti Sezioni unite hanno sostenuto che «in tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativa applicazione e' sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l'imputato risulti gravato da piu' sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosita' sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessita' di una previa dichiarazione di recidiva semplice» (Sez. U., n. 32318 del 30 marzo 2023, Rv. 284878 - 01); pur volendo ritenere il contrario, emerge dal certificato agli atti che P. L. risulta essere gia' stato dichiarato tale con sentenze della Corte d'Appello di Roma dd. 21 febbraio 2023 (irr. il 18 maggio 2023); del Tribunale di Roma dd. 25 giugno 2017 (irr. il 17 luglio 2017); Tribunale di Roma 21 giugno 2017 (irr. il 17 ottobre 2017). Ne' puo' pensare di escludersi la recidiva non gia' perche' non ve ne siano le condizioni applicative, quanto piuttosto per l'impatto sproporzionato che ne deriverebbe al trattamento sanzionatorio: atteso che la correzione di una manifesta sproporzione non puo' essere di certo realizzata attraverso l'(immotivata) disapplicazione di una norma, strumentalizzata a fini diversi dai propri e per tendere ad un risultato eterogeneo rispetto agli scopi della norma stessa. Quanto alla concedibilita' delle circostanze attenuanti generiche, sollecitate dallo stesso pubblico ministero e dalle Difese, si premette che, secondo lettura condivisa, esse possono svolgere un ruolo di bilanciamento e di riequilibrio poiche' «hanno anche la funzione di adeguare la sanzione finale all'effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio, nella globalita' degli elementi oggettivi e soggettivi, atteso che la specificita' della vicenda puo' richiedere un intervento correttivo del giudice che renda, di fatto, la pena rispettosa del principio di ragionevolezza, ai sensi dell'art. 3 Cost., e della finalita' rieducativa, di cui all'art. 27, comma terzo, Cost., di cui la congruita' costituisce elemento essenziale» (Cass. sez. II n. 5247 del 15 ottobre 2020) cosi' ponendo a fondamento dell'applicazione dell'attenuante in parola elementi circostanziali ulteriori rispetto a quelli descritti in norme che rivelano esclusivamente sotto il profilo obiettivo, quale quella di cui all'art. 311 del codice penale. Ritiene la Corte che le concrete condizioni di vita dell'imputato P. (soggetto tossicodipendente in difficolta' economiche, che ha intrapreso un percorso di transizione di genere, comprensivo di trattamenti di tipo farmacologico, organico e fisiologico, al fine di realizzare l'adeguamento tra identita' fisica e identita' psichica), il contesto nel quale i fatti sono maturati a fronte della degenerazione di un rapporto sinallagmatico trasmodato con modalita' violente, la corretta e leale condotta processuale assunta per l'intera durata del dibattimento cui il medesimo ha scelto di presenziare offrendo il proprio utile contributo ricostruttivo del fatto inducono una valutazione di meritevolezza delle circostanze stesse che, quand'anche ritenute di peso specifico superiore rispetto ai profili espressi dalla ritenuta recidiva reiterata, deve arrestarsi al giudizio di equivalenza, unico consentito dall'art. 69, comma 4 del codice penale. Ne' possono sorgere dubbi sulla compatibilita' tra l'applicazione della recidiva reiterata e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, affermata sulla base della ritenuta autonomia e indipendenza dei giudizi riguardanti i due istituti che non si sovrappongono, pur potendo interferire: per cui ben puo' il giudice negare le generiche in considerazione dei precedenti, ma escludere la recidiva o, al contrario, come si ritiene nel caso di specie, concedere le generiche, riconoscendo la presenza di un elemento positivo che le giustifichi, a prescindere dai precedenti, ma, nel contempo, applicare la recidiva (da ultimo, sulla base di un indirizzo consolidato, Sez. 4, n. 14647 del 7 aprile 2021, Rv. 281018). Invero l'aggravante di cui all'art. 99, comma 4 del codice penale, connota il fatto per il quale si procede, in quanto riflette una maggiore inclinazione a delinquere del soggetto che, all'evidenza, non ha saputo proficuamente sfruttare l'opportunita', offerta dai precedenti moniti giudiziari, di correggere il proprio comportamento. Al contempo, le attenuanti generiche riguardano svariati e non previamente tipizzati profili comportamentali, di condizione sociale e personale, di disagio emotivo, difficolta' economiche, ecc. certamente non identificabili con la sola incensuratezza del soggetto, sicche' la ricorrenza della recidiva reiterata non esclude automaticamente la meritevolezza delle attenuanti generiche, non essendo la prima ostativa rispetto al riconoscimento delle seconde, in quanto riguardanti profili di pericolosita' tra loro non coincidenti. 4. La rilevanza della questione. Ritiene la Corte d'Assise che la prospettata questione di legittimita' costituzionale sia rilevante poiche', in caso di condanna, la pena detentiva minima applicabile a P. L. dovrebbe necessariamente essere pari ad anni trenta di reclusione, tenuto conto da un lato dell'aumento di due terzi per la recidiva ai sensi dell'art. 99, comma 4 del codice penale, quand'anche sulla pena minima della fattispecie pari ad anni 25 di reclusione, dall'altro del disposto dell'art. 81, comma 4 del codice penale per i fatti avvinti in continuazione, comunque emergenti dalla descrizione del fatto sopra riportata (rapina, lesioni personali, indebito utilizzo di uno strumento di pagamento), senza alcuna successiva diminuzione. Risulta, pertanto, erroneo il calcolo offerto dal pubblico ministero nelle sue richieste conclusive di pena per il P. in quanto in contrasto con disposto dell'art. 81, comma 4 del codice penale. La misura della pena e', infatti, frutto di un calcolo che, sebbene ancorato al minimo edittale, e' pari ad anni venticinque di reclusione, aumentata di anni sedici mesi otto a fronte dell'applicata recidiva (art. 99, comma 4 del codice penale), cui dovrebbe sommarsi l'ulteriore incremento minimo del terzo della pena cosi' fissata (art. 81, comma 4 del codice penale). Il criterio moderatore posto dall'art. 78 del codice penale impone la riduzione alla pena finale di anni trenta di reclusione. Supposto il bilanciamento della contestata aggravante speciale della recidiva con la concessione delle circostanze attenuanti generiche qui ritenute applicabili, pur partendo dal minimo della pena, il divieto di prevalenza delle stesse posto dall'art. 69, comma 4 del codice penale, comunque imporrebbe il medesimo trattamento sanzionatorio finale di anni trenta di reclusione, frutto dell'aumento in continuazione in misura non inferiore ad un terzo dei reati satellite rispetto al delitto di sequestro di persona (anni otto mesi quattro di reclusione rispetto ad anni venticinque, per una pena finale pari ad anni trentatre' mesi quattro di reclusione), contenuta in anni trenta per effetto del criterio moderatore di cui all'art. 78 del codice penale. Qualsiasi sia l'opzione preferita, a P. L. dovrebbe comunque, in ipotesi di responsabilita', applicarsi la pena di anni trenta di reclusione; situazione diversa e', invece, quella di D. A. la cui contestazione in punto recidiva specifica comunque non osta alle valutazioni che si vanno ora a proporre. Relativamente alla rilevanza dell'utilizzo di strumenti volti a mitigare la severita' del trattamento sanzionatorio, peraltro, codesta Corte gia' ha avuto modo di specificare che la funzione «naturale» delle circostanze attenuanti generiche «e' quella di adeguare la misura della pena alla sussistenza di speciali indicatori (oggettivi o soggettivi) di un minor disvalore del fatto concreto all'esame del giudice rispetto alla gravita' ordinaria dei fatti riconducibili alla fattispecie base di reato; e non gia' quella di correggere l'eventuale sproporzione dei minimi edittali stabiliti dal legislatore rispetto a un fatto il cui disvalore sia conforme a quello che ordinariamente caratterizza la fattispecie criminosa» (cosi' Corte costituzionale, 10 marzo 2022, n. 63; conf. sentenza n. 46 del 2024; n. 120 del 2023). Non puo' quindi neppure prendersi in considerazione, rispetto al dubbio di costituzionalita', la concedibilita' delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis del codice penale: non solo perche' il giudizio di meritevolezza delle attenuanti verrebbe condizionato da parametri diversi rispetto a quelli posti dall'art. 133 del codice penale e, in qualche modo, necessitato dall'esigenza di adeguamento del trattamento sanzionatorio al reale disvalore offensivo del fatto, cosi' piegando dette circostanze ad una funzione impropria; ma soprattutto perche' l'effetto pratico risulterebbe irrilevante a fronte del limite operativo posto dall'art. 69, comma 4 del codice penale, in ogni caso dovendo applicarsi la pena massima, gia' ridotta, di anni trenta di reclusione per effetto degli aumenti di pena previsti per i delitti in regime di continuazione. Altrettanto per l'attenuante di cui all'art. 62, n. 4 del codice penale, quanto alla speciale tenuita' del danno patrimoniale arrecato alla persona offesa, semmai ritenuta: tenuto conto della recente affermazione, resa in termini di rapina, ma ben estensibile al caso di specie, dell'insufficienza a tal fine del modestissimo valore economico preteso quale prezzo (se tale si volesse considerare la richiesta di somma compresa tra 1.500 e 2.500,00 euro), essendo necessario valutare anche il danno alla persona contro cui e' stata esercitata la violenza o la minaccia, trattandosi di reati che ledono tanto l'integrita' patrimoniale quanto la liberta' fisica e morale della persona che ne e' vittima, con la conseguenza che solo ove la valutazione complessiva dei pregiudizi arrecati a entrambi i beni tutelati sia di speciale tenuita' puo' farsi luogo al riconoscimento di detta circostanza attenuante (Sez. U. n. 42124 del 27 giugno 2024, Rv. 287095 - 02). Le gravi lesioni fisiche refertate alla vittima a seguito del fatto, guarite in circa trenta giorni, valgono di per se' ad escludere un apprezzamento di speciale tenuita' del danno complessivo subito, anche a prescindere dal profilo patrimoniale. In ogni caso, pur volendo ritenere il contrario, il trattamento sanzionatorio non muterebbe. Se per l'imputato D., cui e' contestata la sola recidiva specifica non vi sono preclusioni normative ad un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, ritiene la Corte che la misura della pena detentiva applicabile al P., in ogni caso pari ad anni trenta di reclusione, sia incompatibile con i parametri costituzionali che saranno di seguito evocati, alla luce della piu' recente giurisprudenza di codesta Corte in tema di sindacato giurisdizionale sulla manifesta sproporzione delle pene, valida anche in relazione alla vicenda che ci occupa, in cui si lamenta l'irrazionalita' della deroga al regime ordinario di bilanciamento delle circostanze, come disciplinato dall'art. 69 del codice penale, rispetto ad una fattispecie assolutamente peculiare, connotata dalla massima pena detentiva temporanea prevista dal sistema, superiore persino a quella fissata per l'omicidio, sia nei minimi (anni venticinque anziche' ventuno), sia nei massimi (anni trenta anziche' ventiquattro), cosi' da originare una risposta sanzionatoria manifestamente irragionevole rispetto alla condotta concretamente posta in essere, benche' non integrante un fatto di lieve entita'. Si anticipa sin da ora il richiamo al principio secondo cui «Ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 27, terzo comma della Costituzione l'ampia discrezionalita' di cui dispone il legislatore nella quantificazione delle pene incontra il proprio limite nella manifesta sproporzione della singola scelta sanzionatoria, sia in relazione alle pene previste per altre figure di reato, sia rispetto alla intrinseca gravita' delle condotte abbracciate da una singola figura di reato. Il limite in parola esclude, piu' in particolare, che la severita' della pena comminata dal legislatore possa risultare manifestamente sproporzionata rispetto alla gravita' oggettiva e soggettiva del reato: il che accade, in particolare, ove il legislatore fissi una misura minima della pena troppo elevata, vincolando cosi' il giudice all'inflizione di pene che potrebbero risultare, nel caso concreto, chiaramente eccessive rispetto alla sua gravita'» (Corte Costituzionale, 10 marzo 2022, n. 63, cit. conf. Corte costituzionale, 1° febbraio 2022, n. 28). In questo contesto, preme evidenziare quanto lo stesso giudice delle leggi ha rilevato in piu' occasioni, affermando che «la giurisprudenza costituzionale piu' recente ha gradatamente affrancato il sindacato di conformita' al principio di proporzione della pena edittale dalle strettoie segnate dalla necessita' di individuare un preciso tertium comparationis da cui mutuare la cornice sanzionatoria destinata a sostituirsi a quella dichiarata incostituzionale; e ha spesso privilegiato (almeno a partire dalla sentenza n. 343 del 1993) un modello di sindacato sulla proporzionalita' "intrinseca" della pena, che - ferma restando l'ampia discrezionalita' di cui il legislatore gode nella determinazione delle cornici edittali [...] - valuta direttamente se la pena comminata debba considerarsi manifestamente eccessiva rispetto al fatto sanzionato, ricercando poi nel sistema punti di riferimento gia' esistenti per ricostruire in via interinale un nuovo quadro sanzionatorio in luogo di quello colpito dalla declaratoria di incostituzionalita', nelle more di un sempre possibile intervento legislativo volto a rideterminare la misura della pena, nel rispetto dei principi costituzionali» (ex multis Corte costituzionale, 14 dicembre 2019, n. 284, Corte costituzionale, 10 maggio 2019, n. 112; Corte costituzionale, 5 dicembre 2018, n. 222; Corte costituzionale, 23 marzo 2012, n. 68). La rilevanza rispetto al caso di specie trova ulteriore conforto nel dato che l'applicazione della recidiva, oltre a produrre effetti diretti di incremento sanzionatorio, si riflette indirettamente sul complessivo, sfavorevole statuto penale e sul trattamento penitenziario: si fa qui riferimento, per quanto di interesse, all'aumento di pena non inferiore al terzo per i reati attratti in continuazione (tra cui il delitto di rapina aggravata) ai sensi dell'art. 81, comma 4 del codice penale, a mente dell'orientamento pacifico secondo cui l'incremento in tale misura opera anche quando il giudice consideri la recidiva reiterata equivalente alle riconosciute attenuanti, perche' anche in questo caso la recidiva e' applicata, anche se non determina un aumento di pena (si segnala che i massimi edittali del delitto di cui all'art. 628, 3° comma del codice penale, rendono non operanti i limiti di cui al comma 3 dell'art. 81). Il limite minimo di aumento della pena in continuazione non varrebbe, invece, quando la recidiva reiterata fosse ritenuta subvalente rispetto alla circostanza attenuante (v. Sez. U., n. 20808 del 25 ottobre 2018, dep. 2019, .... Rv. 275319, in motivazione, § 11.2; Sez. U., n. 35738 del 27 maggio 2010, ..., Rv. 247839, da ultimo, Sez. 4, n. 36906 del 27 giugno 2024, Rv. 287008; Sez. 2, n. 27098 del 3 maggio 2023, Rv. 284797) proprio perche' in tal caso la funzione delle circostanze attenuanti ha modo di esplicarsi nella sua pienezza: interpretazione consolidata che mostra chiaramente l'effetto distorsivo rispetto ai principi fondamentali del giusto trattamento sanzionatorio indotto dalla norma dell'art. 69, comma 4 del codice penale nel caso di specie atteso che, se ora la pena minima irrogabile e' pari ad anni trenta di reclusione, il ripristino dell'ordinaria regola di bilanciamento tra circostanze eterogenee di cui ai primi tre commi dell'art. 69 del codice penale consentirebbe alla Corte di infliggere una pena di poco superiore a sedici anni e otto mesi di reclusione (anni venticinque, ridotti di un terzo per la prevalenza delle circostanze attenuanti, con un ridotto aumento nei termini posti dall'art. 81, comma 2 del codice penale). Evidente quindi l'enorme divario sanzionatorio che vi e' laddove sia applicata la regola vigente di cui all'art. 69, comma 4 del codice penale ovvero supposta la sua insussistenza, limitatamente alla fattispecie del sequestro di persona a scopo estorsivo che qui viene in rilievo, congiuntamente ai reati ad essa connessi. E' bene noto che il contesto normativo di riferimento e' stato, piu' volte, interessato da pronunce di legittimita'; in particolare, a) per il delitto di sequestro di persona - a seguito della sentenza n. 68 del 2012 della Corte costituzionale - e' possibile procedere all'applicazione dell'attenuante discrezionale o indeterminata di cui all'art. 311 del codice penale e che b) la medesima consulta con la sentenza n. 143 del 2021 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, quarto comma, codice penale nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entita' cosi' introdotta sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, quarto comma del codice penale. Tuttavia il quadro normativo attuale non appare appagante rispetto al caso di specie, laddove la Corte non ritiene che le modalita' del fatto - ossia la sua durata e le condotte di violenza che lo hanno accompagnato - siano tali da farlo inquadrare tra quelli di lieve entita' del fatto, cosi da renderlo meritevole dell'attenuante di cui all'art. 311 del codice penale, con la connessa disciplina della recidiva. Per orientamento del tutto consolidato «l'attenuante della lieve entita' del fatto, prevista dall'art. 311 del codice penale ed applicabile anche al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione a seguito della sentenza della Corte costituzionale 19 marzo 2012, n. 68, presuppone una valutazione oggettivamente riferita al fatto nel suo complesso, sicche' essa non e' configurabile se il requisito della lieve entita' manchi o in rapporto all'evento di per se' considerato; ovvero in rapporto a natura, specie, mezzi, modalita' e circostanze della condotta; ovvero, ancora, in rapporto all'entita' del danno o del pericolo conseguente al reato, avuto riguardo a tempi, luoghi e modalita' della privazione della liberta' personale ed all'ammontare delle somme oggetto della finalita' estorsiva» (Sez. 5, sentenza n. 18981 del 22 febbraio 2017, Rv. 269933 - 01; da ultimo, in termini, Sez. 2, n. 9912 del 26 gennaio 2024, Rv. 286076-01; Sez. 2, n. 9820 del 26 gennaio 2024, Rv. 286092-01). La durata temporalmente apprezzabile del sequestro (pari a quarantotto ore), l'entita' dell'importo richiesto coinvolgendo pure l'anziana genitrice, soprattutto le modalita' attuative, a fronte delle serie lesioni fisiche inflitte dai tre correi e da sconosciuti appositamente fatti intervenire per picchiarlo, minacciarlo e dileggiarlo, tanto da determinare un ricovero per quattro giornate, le contemporanee aggressioni volte ad impadronirsi delle sue carte di pagamento e dell'utenza cellulare, integranti in se' le ipotesi di rapina aggravata, escludono una valutazione in termini di oggettiva, lieve entita', peraltro reputata insussistente anche nel processo celebrato a carico del concorrente P., tanto piu' andando essa riferita al contributo non del singolo concorrente ma all'attivita' complessiva dei compartecipi. Gli strumenti normativi ad oggi presenti nell'ordinamento non consentono dunque di applicare un trattamento sanzionatorio tale da superare i dubbi di costituzionalita' che si andranno ad esplicitare rispetto alla varieta' delle situazioni soggettive che sono riconducibili all'ipotesi base, non modulabili in termini di lievita' oggettiva, ancora una volta non essendo consentito forzare gli istituti al solo fine di ottenere il risultato di una pena sentita come giusta. 5. La non manifesta infondatezza della questione. 5.1. Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, ritiene la Corte che la disposizione censurata violi gli articoli 3, 25, comma 2 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione per i motivi di seguito esposti. Quanto alle importanti evoluzioni storiche subite dalla formulazione normativa del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione e alla ratio dell'inasprimento sanzionatorio, e' noto che la fattispecie, gia' presente nel Codice Zanardelli del 1889 sotto la rubrica «ricatto», prevedeva una cornice sanzionatoria compresa tra gli otto e i quindici anni di reclusione, con aumento da dodici a diciotto nel caso in cui il reo avesse effettivamente ottenuto l'ambito profitto. Negli anni '70, alla luce del notevolissimo aumento del fenomeno, il legislatore, facendo ampio ricorso alla decretazione d'urgenza, intervenne lungo una duplice direttrice (cfr. legge n. 497 del 14 ottobre 1974): da una parte, volendo sfruttare l'effetto deterrente a questo connesso, si punto' ad elevare i limiti edittali portandoli, gia' per il reato base, nel minimo a dieci e nel massimo a venti anni; dall'altra, con l'intenzione di incentivare la liberazione degli ostaggi, vennero introdotte attenuanti per chi si fosse adoperato in tal senso senza aver previamente ottenuto il pagamento del riscatto. Infine, a seguito dei noti fatti che hanno visto il rapimento e poi l'assassinio dell'On. Aldo Moro, la pena e' stata fissata nella misura attuale, ovvero dai venticinque ai trenta anni di reclusione. All'interno della fattispecie, per ripetere le parole della stessa Corte costituzionale, residuano «episodi marcatamente dissimili, sul piano criminologico e del tasso di disvalore, rispetto a quelli avuti di mira dal legislatore dell'emergenza. Si tratta di fattispecie che - a fronte della marcata flessione dei sequestri di persona a scopo estorsivo perpetrati «professionalmente» dalla criminalita' organizzata, registratasi a partire dalla seconda meta' degli anni '80 dello scorso secolo - hanno finito, di fatto, per assumere un peso di tutto rilievo, se non pure preponderante, nella piu' recente casistica dei sequestri estorsivi» (v. sentenza n. 68 del 2012). E, non a caso, la Consulta ha preso a prestito della propria argomentazione del 2012 proprio il fatto che «rientrano in tale ambito, tra le altre, le fattispecie del genere che viene in discussione nel giudizio a quo: ossia i sequestri di persona attuati al fine di ottenere una prestazione patrimoniale, pretesa sulla base di un pregresso rapporto di natura illecita con la vittima». Pare altresi' opportuna una premessa di carattere generale relativa ai principi affermati dalla Consulta in numerose dichiarazioni di illegittimita' costituzionale parziale dell'art. 69, comma 4, codice penale. Si segnalano in proposito la sentenza n. 251 del 2012, relativa alla circostanza attenuante all'epoca prevista dall'art. 73, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in tema di lieve entita' nel reato di produzione. traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope; la sentenza n. 105 del 2014, relativa alla circostanza attenuante prevista dall'art. 648, comma 2 codice penale, con riguardo alla particolare tenuita' del fatto di ricettazione; la sentenza n. 106 del 2014, relativa alla circostanza attenuante prevista dall'art. 609-bis, comma 3 codice penale, in rapporto ai fatti di minore gravita' del reato di violenza sessuale; la sentenza n. 74 del 2016, relativa alla circostanza attenuante prevista dall'art. 73, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, riconosciuta in favore di chi collabori per evitare che l'attivita' delittuosa connessa alle droghe venga portata ad ulteriori conseguenze; la sentenza n. 205 del 2017, relativa alla circostanza attenuante prevista dall'art. 219, comma 3, legge n. 267 del 1942, in tema di speciale tenuita' del danno patrimoniale arrecato da fatti di bancarotta e ricorso abusivo al credito; la sentenza n. 73 del 2020, relativa alla fattispecie prevista dall'art. 89 codice penale, concernente la responsabilita' attenuata di colui che, al momento del fatto, era affetto da un vizio parziale di mente; la sentenza n. 55 del 2021, relativa all'ipotesi prevista dall'art. 116, comma 2 c.p., del c.d. «concorso anomalo»; la sentenza n. 143 del 2021, relativa alla circostanza attenuante introdotta con la sentenza additiva della Corte costituzionale n. 68 del 2012 nelle ipotesi di tenuita' del fatto di sequestro di persona a scopo di estorsione. Da ultimo, di grande importanza risultano le sentenze n. 94 del 2023 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma «nella parte in cui, relativamente ai delitti puniti con la pena edittale dell'ergastolo, prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.»; n. 141 del 2023 quanto al divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 62, numero 4), codice penale sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, codice penale; n. 188 del 2023 laddove la recidiva reiterata vieta la prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 648-ter.1, secondo comma, codice penale in materia di autoriciclaggio; n. 201 del 2023, dichiarativa costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 74, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 sulla recidiva reiterata. Pur riconoscendo, in linea generale, che le deroghe al regime ordinario del bilanciamento tra circostanze sono costituzionalmente legittime, la Corte ha sottolineato piu' volte che tali scelte, benche' rientranti nella discrezionalita' del legislatore, non devono comunque risultare manifestamente irragionevoli, arbitrarie o avere l'effetto di compromettere gli equilibri stabiliti dalla Costituzione in materia di responsabilita' penale. La stessa giurisprudenza della Corte di cassazione e' assestata da tempo sul principio che, quand'anche non si possa generalizzare il profilo di un contrasto assoluto in relazione alle singole circostanze del divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva qualificata, attesa la natura innominata e sostanzialmente indeterminata delle medesime e l'insostenibilita' della tesi di una rilevante incidenza di tale divieto sulla ragionevolezza e proporzionalita' della pena, ha comunque riconosciuto che il limite alla regola e' dato dall'evenienza in concreto di situazioni «palesemente sproporzionate» (da ultimo, Sez. 3, n. 29723 del 22 maggio 2024, Rv. 286747). Per tale via puo' dirsi allora superata l'idea di sottrarre tout court al controllo della Consulta le scelte del legislatore che si risolvono in limitazioni al sindacato giudiziale sulla dosimetria della pena ed, in particolare, sull'impossibilita' di ritenere, all'esito del bilanciamento, la prevalenza delle circostanze attenuanti su quella speciale della recidiva reiterata. Parimenti, puo' dirsi consolidata l'irrilevanza della natura ordinaria o ad effetto speciale delle circostanze attenuanti coinvolte nel giudizio di bilanciamento con la recidiva reiterata. Si deve a questo punto valutare se la previsione del divieto di bilanciamento in termini di prevalenza sulla recidiva reiterata ex art. 99, comma 4, codice penale delle circostanze attenuanti generiche, riferita alla fattispecie criminosa di cui all'art. 630 c.p., risponda ai principi esegetici che la Corte ha fatto propri nelle sue pronunce. La risposta al quesito non puo' che essere negativa, per le ragioni di seguito esposte. La stessa Consulta ha chiarito che le rationes decidendi delle sentenze di accoglimento - e quindi delle sottese questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, codice penale - sono riconducibili a «principi comuni, declinati lungo una triplice direttrice». Ritiene questa Corte che la questione odierna partecipi di tutte le ragioni che la Corte costituzionale ha, nel corso del tempo, ritenuto decisive ai fini della valutazione di fondatezza delle questioni. Nel primo filone si inscrivono tutte quelle fattispecie nelle quali ricorre una non trascurabile divaricazione tra la pena prevista per il reato base e quella applicabile all'esito della ritenuta attenuante: differenza di trattamento che, per potersi affermare compatibile con i principi costituzionali di eguaglianza (art. 3, comma 1, della Costituzione), di offensivita' della condotta penale (art. 25, comma 2, della Costituzione) e di proporzionalita' della pena tendente alla rieducazione del condannato (art. 27, comma 3, della Costituzione), esige un ordinario bilanciamento e la possibilita' per il giudice di valutare prevalenti le attenuanti rispetto alla recidiva reiterata. Una limitazione in tal senso, portando alla determinazione della stessa risposta sanzionatoria per fatti marcatamente diversi, sarebbe foriera di un'«alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti nella strutturazione della responsabilita' penale» (Corte cost. n. 251 del 2012). Come si e' detto, nel caso di specie esiste certamente una divaricazione importante tra la pena prevista per il reato base e quella prevista per il reato circostanziato: per il primo, pur volendo attestarsi sul minimo edittale, si avrebbero venticinque anni di reclusione, mentre per il secondo, considerando l'attenuante nella sua massima ampiezza applicativa, si arriverebbe ad una pena di sedici anni ed otto mesi di reclusione. Tuttavia, dovendosi applicare nel caso di specie la disciplina della continuazione e, segnatamente, l'art. 81, comma 4 c.p., la divaricazione appare ancor piu' sproporzionata poiche' la pena irrogabile, come si e' visto, e' comunque pari a trent'anni di reclusione, concesse o meno le circostanze attenuanti (in regime di equivalenza), mentre l'invocato bilanciamento in termini di prevalenza condurrebbe ad una pena di poco superiore ad anni sedici e mesi otto di reclusione, cosi' assumendo i tratti dell'enorme divaricazione delle cornici edittali» stigmatizzata piu' volte dalla Consulta laddove la differenza di tredici anni e quattro mesi non puo' che ritenersi l'effetto di «un'abnorme enfatizzazione delle componenti soggettive riconducibili alla recidiva reiterata, a detrimento delle componenti oggettive del reato». Non si intende certo mettere in discussione in assoluto il fondamento della norma che pretende la valorizzazione in genere dei profili della colpevolezza e della pericolosita' che sottendono l'istituto della recidiva reiterata quale scelta di politica legislativa, laddove non trasmodi di per se' nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio: quanto piuttosto rappresentare che, in ragione del severissimo quadro punitivo contemplato in una forbice sanzionatoria assai ristretta per il sequestro estorsivo, l'effetto dell'applicazione della recidiva reiterata e' perverso rispetto ai principi fondanti il volto della ragionevolezza della pena, finendo per livellare situazioni assai diverse tra loro, imponendo, in assenza di circostanze attenuanti, la pena massima tra quelle previste nell'ordinamento. Se in linea generalissima puo' ritenersi «non trasmodante nell'arbitrio» una blindatura in termini di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche, non vi e' pero' dubbio, limitatamente al reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, che la scelta legislativa finisca per decretare, ancor di piu' se il fatto risulta commesso in continuazione con altri delitti, proprio quello stravolgimento degli equilibri costituzionali piu' volte censurato dalla Consulta. Pare piuttosto a questa Corte manifestamente irragionevole un aggravio sanzionatorio tendente al raddoppio della pena per un fatto che, oggettivamente identico, sia commesso da un recidivo reiterato anziche' da un soggetto incensurato. D'altra parte gia' e' stata riconosciuta alle circostanze attenuanti in genere una necessaria funzione riequilibratrice del marcato divario tra la pena del reato base a fronte di quella che altrimenti risulterebbe dall'applicazione delle attenuanti di cui all'art. 62-bis c.p.: con funzione che, «per il rispetto dei principi di eguaglianza (art. 3, primo comma, della Costituzione), di offensivita' della condotta sanzionata penalmente (art. 25, secondo comma, della Costituzione) e di proporzionalita' della pena tendente alla rieducazione del condannato (art. 27, terzo comma, della Costituzione), non puo' essere compromessa dal divieto di prevalenza sulla recidiva reiterata recato dalla disposizione censurata» (nel caso, relativamente ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo, Corte costituzionale, sentenza n. 94/2023). Nella medesima pronuncia, di conseguenza, nell'ambito della correzione della sproporzione del trattamento sanzionatorio, gia' e' stata superata la distinzione tra attenuanti comuni ed attenuanti ad effetto speciale, dichiarando illegittimo l'art. 69, comma 4, codice penale nella parte in cui, in relazione a tutti i reati punti con l'ergastolo, non consente alle attenuanti tutte - dunque anche le attenuanti generiche - di prevalere sulla ritenuta recidiva reiterata ex art. 99, comma 4, c.p. 5.2. Passando al secondo filone, un'altra rilevante ragione di accoglimento delle questioni ha riguardato la considerazione che alcune attenuanti partecipino dell'esigenza «di bilanciare la particolare ampiezza della fattispecie del reato non circostanziato che accomuna condotte marcatamente diverse, e che necessitano di essere differenziate nella determinazione del trattamento sanzionatorio». Si e' gia' ampiamente argomentata, quantomeno in termini di non implausibilita', l'impossibilita' di applicazione alla fattispecie de qua dell'attenuante speciale della lieve entita', introdotta dalla Consulta. Fermo tale inquadramento, ritiene questa Corte che anche in riferimento alla previsione del sequestro di persona a scopo estorsivo, non circostanziata dalla lieve entita', ci si trovi dinanzi ad una fattispecie cui e' possibile ascrivere una casistica molto vasta ed eterogenea: invero, tra fatti tutti accomunati dalla non lieve entita', e' comunque possibile rinvenire differenze non trascurabili di contesto, durata e modalita' attuative del sequestro di persona a scopo di estorsione, elementi questi particolarmente impattanti sul disvalore espresso da ciascun fatto di reato. A titolo esemplificativo e senza pretesa alcuna di esaustivita', sussumibile nella fattispecie del reato di sequestro ex art. 630 codice penale e' sia una condotta di privazione della liberta' altrui commessa da soggetto/i legato/i al mondo della criminalita' organizzata, con modalita' esecutive non improvvisate o disordinate, ma al contrario particolarmente dure per la vittima (digiuno o alimentazione insufficiente, luoghi angusti e remoti di detenzione, ecc.), magari protrattosi per periodi di mesi o anni con richieste di riscatti ingenti, sia un fatto come quello oggetto del presente giudizio di merito che, pur grave, e' stato operato da soggetti del tutto slegati dal mondo associativo od organizzato i quali, in maniera evidente, hanno agito in forma estemporanea ed istintiva. Vero che al fine di porre rimedio ad una fattispecie base in cui e' sussumibile una vasta gamma di fatti il giudice avrebbe a disposizione proprio l'attenuante della lieve entita' e lo strumento ermeneutico dell'interpretazione estensiva con effetto pro reo, ma tale osservazione, pur corretta, non prova piu' di quanto gia' affermato: non e', infatti, revocabile in dubbio che l'urgenza di applicare una pena proporzionata non possa spingere l'interprete fino all'estrema conclusione, a questo punto obbligata, di considerare praticamente ogni fatto di sequestro verificatosi nel nostro ordinamento come un fatto di lieve entita' che possa beneficiare dell'attenuante speciale pur di evitare l'asprissimo carico sanzionatorio detto, quand'anche determinato nel minimo edittale. Inoltre, la presenza nel sistema normativo di una (sola) attenuante che possa (anche questa) avere la funzione «di bilanciare la particolare ampiezza della fattispecie del reato non circostanziato», non esclude affatto la possibile presenza di una diversa ed ulteriore circostanza capace di assolvere alla medesima funzione ma per ragioni diverse, non potendo ritenersi che la prima esaurisca la funzione di riequilibrio del trattamento sanzionatorio rispetto al fatto cosi' come realmente accaduto. A cio' si aggiunga che non v'e' dubbio alcuno sulla non sovrapponibilita' ed ontologica diversita' delle due circostanze attenuanti di cui si sta discutendo, plasticamente evidenziata dalla considerazione che ben potrebbe il giudice del merito applicare al medesimo fatto storico la circostanza della lieve entita', riconoscendo al contempo al reo le circostanze attenuanti generiche, essendo queste ultime un flessibile strumento che consente di valorizza e profili soggettivi che sfuggono al giudizio oggettivo sulla lieve entita' del fatto. Pertanto, assolto l'onere di motivare l'impossibilita' di applicazione dell'attenuante ex art. 311 codice penale e l'opportunita' di applicare invece l'art. 62-bis codice penale in termini di prevalenza, tanto dovrebbe bastare. 5.3 La natura soggettiva delle attenuanti generiche impone l'analisi del terzo filone di sentenze di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, codice penale e la sottesa ratio decidendi, in quanto trattasi di pronunce che hanno riguardato attenuanti strettamente legate al carattere personale - e dunque piu' marcatamente individuale - della responsabilita' penale. Il riferimento e' alle circostanze di cui agli articoli 89 e 116, comma 2, c.p., rispettivamente involgenti il vizio parziale di mente e il concorso anomalo nel reato. Ancora una volta ritiene questa Corte che, valorizzando il carattere soggettivo delle attenuanti generiche ex art. 62-bis codice penale, si possa esportare tale argomentazione nel caso odierno. Sono infatti ricorrenti nella giurisprudenza, anche di legittimita', le affermazioni secondo cui le circostanze attenuanti generiche svolgono: «un ruolo essenziale per assicurare che la pena possa essere proporzionalmente ridotta [...] in casi caratterizzati da una [...] minore colpevolezza dell'autore, ovvero dalla presenza di ragioni significative che comunque rivelano un suo minor bisogno di pena» (cfr. Corte costituzionale n. 197/2023). E ancora il principio secondo il quale: «alle attenuanti generiche compete piuttosto l'essenziale funzione di attribuire rilevanza, ai fini della commisurazione della sanzione, a specifiche e puntuali caratteristiche del [...] suo autore -non tipizzabili ex ante dal legislatore in ragione della loro estrema varieta', e diverse da quelle che gia' integrano ipotesi «nominate» di attenuazione della pena - che connotano il fatto di un minor disvalore, rispetto a quanto la conformita' della condotta alla figura astratta del reato lasci a prima vista supporre»; quello secondo cui «l'art. 62-bis codice penale consente al giudice di valorizzare tutti gli ulteriori parametri indicati dall'art. 133 cod. pen. (Cass., n. 20808 del 2019), comprese le circostanze sopravvenute al fatto di reato, o comunque inerenti alla persona dell'autore, che siano indicative di una sua minore pericolosita', o che comunque la rendano meno meritevole e bisognosa di pena»; l'affermazione per cui: «ad integrare le attenuanti generiche possono essere, anzitutto, circostanze espressive di una minore offensivita' o di una minore colpevolezza del fatto:, quest'ultima in ragione della particolare intensita' e comprensibilita' umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commetterlo, ovvero della presenza di anomale circostanze concomitanti alla sua condotta, in grado di limitare significativamente la sua liberta'». (cfr. ex multis, Corte costituzionale n. 197/2023). Se, come afferma la Consulta, «il principio di proporzionalita' della pena desumibile dagli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione esige [...] in via generale, che al minor grado di rimproverabilita' soggettiva corrisponda una pena inferiore rispetto a quella che sarebbe applicabile a parita' di disvalore oggettivo del fatto», non si rinviene una motivazione valida per escludere che il detti principio sia conferente anche in riferimento alle circostanze attenuanti generiche, laddove non sia consentita l'esplicazione nella massima estensione dell'effetto mitigatore loro proprio, se prevalente rispetto ai parametri sottesi all'applicazione della recidiva reiterata. A dimostrazione di cio' basti il seguente ragionamento: se due soggetti, entrambi recidivi reiterati, avessero commesso un identico fatto di sequestro estorsivo, sarebbe certamente contrario a principi costituzionali di proporzionalita' ed uguaglianza irrogare ad entrambi la medesima, massima sanzione ne! caso in cui per uno ricorressero anche i presupposti per l'applicazione delle attenuanti generiche (ad esempio un esemplare comportamento processuale, una piena collaborazione successiva ai fatti, la dimostrazione di un sincero pentimento, ecc.) e per l'altro invece mancassero: con cio' solo introducendo una violazione al principio che pretende pene diverse per condotte e personalita' diverse. 5.4 Si e' pertanto argomentato funditus sulla riconducibilita' del caso odierno a ciascuna delle rationes decidendi che la Consulta ha fatto proprie nel corso degli ultimi armi per giungere alla dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 69 comma 4, c.p. Si aggiunge a cio' una ulteriore e fondamentale affermazione della stessa Corte costituzionale che, nella piu' volte citata pronuncia n. 94 del 2023, ha affermato testualmente che «queste ragioni del decidere che reclamano l'ordinario giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti, pur in presenza della recidiva reiterata, ricorrono tutte e, e in maggior grado, nell'ipotesi in cui il divieto di prevalenza delle attenuanti comporta che l'unica pena irrogabile e' l'ergastolo». Un bilanciamento ragionevole si impone, dunque, soprattutto quando dalla blindatura legislativa derivi una sanzione connotata dai gatti della fissita', nel caso pari sempre ad anni trenta di reclusione, non modulabile, per effetto del combinato degli articoli 69, comma 4 e 81 comma 4 del codice penale. La differenza tra la pena perpetua dell'ergastolo e quella temporanea della reclusione pari ad anni 30 non pare argomento valorizzabile al fine di escludere che le stesse garanzie e i principi costituzionali di proporzionalita', graduabilita', finalita' rieducativa della pena debbano valere nell'uno e non nell'altro caso a fronte dell'assoluta asprezza del trattamento sanzionatorio qui in rilievo, contenibile in trent'anni solo per effetto del criterio limitatore di cui all'art. 78 del codice penale. 5.5. Tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo cui la norma censurata, vietando al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulla ritenuta recidiva reiterata, comporta, in relazione al reato di cui all'art. 630 del codice penale, una gravissima violazione dei principi costituzionali sanciti dagli articoli 3, comma 1, 25, comma 2 e 27, comma 3 della Costituzione, in quanto nega all'interprete la possibilita': irrogare una pena che, suscettibile di modulazione in riferimento a fatti diversi, rifletta il concreto disvalore del reato commesso e sia proporzionata alla pericolosita' soggettiva del reo, soprattutto laddove siano accertati reati connessi che determinano l'incremento sanzionatorio di cui all'art. 81, comma 4, codice penale: da un lato violando il sommo principio della proporzione tra qualita' e quantita' della sanzione, dall'altro frustrando per tale via anche la finalita' della pena che la giurisprudenza ha ritenuto a piu' riprese «non sacrificabile» sull'altare di nessun altro principio, ovvero quella rieducativa del condannato. Non appare sostenibile, infatti, che la sola valutazione della pericolosita' sociale dell'agente, di cui certamente la recidiva e' espressione, possa avere in tal senso un rilievo esclusivo ed assorbente, annullando il peso specifico di elementi diversi, tali da essere comparativamente prevalenti rispetto al fatto oggettivo; cosi' come il principio delle necessaria proporzione della pena rispetto all'offensivita' del fatto resterebbe vanificato da quell'abnorme enfatizzazione della recidiva, piu' volte sanzionata dalla Corte laddove, nel processo di individualizzazione della pena, assuma una rilevanza tale da renderla comparativamente prevalente rispetto al fatto oggettivo. Il processo rieducativo sarebbe irrimediabilmente compromesso se la scelta legislativa imponesse un sacrificio abnorme e sproporzionato della liberta' personale a fronte di fatti non connotati da disvalore e offensivita' tali da giustificarne la misura, atteso che il condannato - con cio' attuando un meccanismo profondamente umano e ben noto alle scienze sociologiche, consistente nel maturare una profonda avversione e disprezzo emotivo per tutto quanto avvertito come ritorsivo ed immeritato - tenderebbe certamente al rifiuto di una pena ritenuta eccessiva e profondamente ingiusta. La questione di costituzionalita', dunque, che qui si sottopone d'ufficio alla Corte, appare rilevante al fine della definizione del giudizio e non manifestamente infondata avuto riguardo ai parametri indicati di cui agli articoli 3, 25, comma 2 e 27, commi 1 e 3 Costituzione. P.Q.M. Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara d'ufficio rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, del codice penale, nella parte in cui, con riferimento al reato di cui all'art. 630 del codice penale, vieta la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche ai sensi dell'art. 62-bis codice penale sulla recidiva reiterata ex art. 99, commi 2 e 4, del codice penale, per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 25, comma 2 e 27, comma 3 della Costituzione. Ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza, letta alle parti all'esito del giudizio, sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma e letto all'udienza del 20 gennaio 2025. Il Presidente: Roja