Reg. ord. n. 35 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/03/2025 n. 10
Ordinanza del Tribunale di Civitavecchia del 17/01/2025
Tra: M.L. D.S. C/ J. N.M.
Oggetto:
Adozione e affidamento - Adozione di maggiorenni – Condizioni – Previsione che consente l’adozione alle persone che non hanno discendenti – Interpretazione, all’esito delle sentenze della Corte costituzionale n. 577 (recte: 557) del 1988 e n. 345 del 1992, nel senso che il divieto di adozione di maggiorenni si applica a coloro che hanno figli minori o figli maggiorenni (capaci e) non consenzienti - Deroga al divieto, in assenza di pregiudizio ai discendenti minori derivante dall’adozione, rimessa alla valutazione del giudice – Omessa previsione - Denunciato automatismo del divieto – Irragionevole e non proporzionata ingerenza dello Stato nei rapporti privati e familiari in contrasto con le previsioni della CEDU sul diritto dell'individuo al rispetto della propria vita privata e familiare – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali – Lesione del diritto all’identità personale nelle formazioni sociali.
Norme impugnate:
codice civile del Num. Art. 291 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 8 Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2025 Ordinanza del 17 gennaio 2025 del Tribunale di Civitavecchia nel procedimento civile vertente tra M.L. d.S., C. P. e J. N. M. e C. R. nella qualita' di curatore speciale dei minori S.P. e C.P.. Adozione e affidamento - Adozione di maggiorenni - Condizioni - Previsione che consente l'adozione alle persone che non hanno discendenti - Interpretazione, all'esito delle sentenze della Corte costituzionale n. 577 (recte: 557) del 1988 e n. 345 del 1992, nel senso che il divieto di adozione di maggiorenni si applica a coloro che hanno figli minori o figli maggiorenni (capaci e) non consenzienti - Deroga al divieto, in assenza di pregiudizio ai discendenti minori derivante dall'adozione, rimessa alla valutazione del giudice - Omessa previsione. - Codice civile, art. 291, primo comma. (GU n. 10 del 05-03-2025) TRIBUNALE ORDINARIO DI CIVITAVECCHIA Sezione civile Il Tribunale Ordinario di Civitavecchia, in composizione collegiale, riunito in Camera di consiglio, in persona di: dott. Gianluca Gelso - Presidente; dott.ssa Silvia Vitelli - Giudice; dott. Andrea Barzelletti - Giudice Rel.; a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 1° ottobre 2024, ha emesso la seguente Ordinanza nell'ambito del procedimento iscritto al n. 1052 del registro degli affari di volontaria giurisdizione per l'anno 2024, vertente tra M.L. d.S. e C.P. elettivamente domiciliati in Civitavecchia (RM), viale Guido Baccelli n. 9, presso lo studio dell'avv. Adriano Sansonetti, che li rappresenta e difende, giusta procura rilasciata su foglio separato e unito telematicamente al ricorso depositato il 3 luglio 2024. Ricorrente e J. N. M. , elettivamente domiciliato in Civitavecchia (RM), viale Guido Baccelli n. 1, presso lo studio dell'avv. Tiziana Piccinini, che lo rappresenta e difende, giusta procura rilasciata su foglio separato e unito telematicamente alla memoria di costituzione depositata il 16 luglio 2024. Resistente e C. R. nella qualita' di curatore speciale dei minori S. P. e C. P. rappresentata e difesa da se' stessa ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliata presso il suo studio in Civitavecchia (RM), via G. Marconi n. 34. Intervenuto e pubblico ministero in sede. Intervenuto e PM in sede. Intervenuto 1. Giudizio a quo e individuazione della disposizione ritenuta incostituzionale M.L. d.S. con ricorso presentato il 3 luglio 2024 - hanno domandato a questo Tribunale di adottare il maggiorenne J.N.M., nato a ( ) il . Si rileva che a fronte della domanda di adozione presentata dai ricorrenti M.L. d.S. veniva iscritto il procedimento n.r.g. 1052/2024. Preliminarmente, si richiama l'orientamento risalente - ma confermato nel tempo - della giurisprudenza della Corte costituzionale che ha ritenuto ammissibile sollevare questione di legittimita' costituzionale anche in sede di volontaria giurisdizione (cfr. sentenza n. 129 del 1957). L'adottando J.N.M. con memoria presentata il 16 luglio 2024 - si e' costituito nel detto procedimento e ha aderito alla domanda della sua adozione presentata dai ricorrenti. Risulta regolarmente instaurato il contraddittorio nei confronti dei genitori dell'adottando che non si sono costituiti nel procedimento (cfr. nota presentata il 13 agosto 2024 di parte ricorrente). I ricorrenti sono genitori dei figli S.P., nato a il e C.P., nata a il . Pertanto, questo Tribunale ha ritenuto - per consentire l'adeguata rappresentanza processuale dei minori nell'ambito del detto procedimento - la nomina di un curatore speciale individuato nell C.R. che - con memoria presentata il 31 agosto 2024 - si e' costituita nel detto procedimento. Ne discende che viene di immediata applicazione la disposizione ex art. 291, I co., c.c. che dispone «l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano di diciotto anni l'eta' di coloro che intendono adottare». Pertanto, il profilo che viene di interesse alla presente questione di legittimita' costituzionale e' l'inciso del primo periodo della disposizione ex art. 291, I co., c.c. «l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti» dalla quale si ricava la norma che l'adozione del maggiorenne non e' consentita - salvo quanto si dira' nel paragrafo 3 - alle persone che hanno discendenti. 2. Sulla necessaria applicazione della disposizione L'indagine eseguita attraverso il Servizio Sociale del Comune di ha dato conto che la ricorrente M.L. d.S. impiegata presso la scuola di ha conosciuto, J.N.M. nell'ambito di un progetto per l'inclusione organizzato presso detto istituto scolastico, ove l'adottanda frequentava un corso professionale per elettricista e che «In tale contesto la sig.ra D. S., nell'approfondire sia la conoscenza con il ragazzo ed il suo vissuto di solitudine nel contesto territoriale che strutturando con lo stesso un rapporto empatico basato sul rispetto e la fiducia reciproca, ha espresso il desiderio di fornire ospitalita' a J confrontandosi con il suo nucleo familiare. Quest'ultimo dopo aver conosciuto gradualmente il ragazzo ha aderito al desiderio della sig.ra D. S., di fornire ospitalita' in casa al giovane concretizzando in seguito il desiderio di adottarlo anche se maggiorenne». Il Servizio Sociale ha rappresentato di aver incontrato anche adottando e che J. , durante il colloquio e' apparso un ragazzo rispettoso, tranquillo, timido e riservato, ha risposto alle domande poste dalla scrivente rispetto ai suoi rapporti con la famiglia d'origine che vive in con la quale sembra non avere alcun tipo di relazione, ed ha raccontato la sua storia, di essere giunto in Italia quando aveva solamente quattordici anni di eta' e di essere stato collocato dapprima presso la Comunita' « » di per poi essere inserito presso la di dove e' rimasto fino al compimento del diciottesimo anno di eta' per poi trasferirsi presso l'abitazione dei sig.ri P.D.S. «e che» «J. ha riferito di non avere figure parentali in Italia e la famiglia P. rappresenta per lui un saldo punto di riferimento affettivo al quale si mostra significativamente legato». In merito al rapporto tra l'adottando J.N.M. e le figlie minori degli adottanti, il Servizio Sociale ha rilevato che «Per quanto riguarda le figure minori della coppia genitoriale P.S. di anni e P.C. di sono apparse molto legate a J. e hanno espresso gioia rispetto alla presenza del ragazzo nella loro vita. Anche per loro inizialmente la relazione affettiva con J. sarebbe nata gradualmente per poi stabilizzarsi nel tempo. Durante il colloquio con le minori non sono emersi elementi di disagio e/o pregiudizievoli rispetto alla presenza del giovane in casa percepito come il fratello maggiore». L'istruttoria ha rilevato che gli adottanti M.L. d.S. e C.P. sono risultati soggetti incensurati e che non risultano gravati nemmeno da annotazioni di P.S. All'udienza del 1° ottobre 2024 l'adottante M.L. d. ha ricostruito le modalita' con le quali ha conosciuto l'adottando J.N.M. rappresentando «ho conosciuto quando lui andava a scuola, era un centro di formazione professionale della Regione . Si trovava qui a . Lui aveva sedici anni, lui aveva gia' vissuto in una comunita' a lui si era trasferito alla . Lavoravo li' a scuola e ero una referente per l'integrazione, la scuola era molto piccola e era facile conoscersi. Il rapporto con J. e' nata con il gioco. A lui piace molto il calcio e aveva difficolta' per tesserarsi in quanto la FIGC ha difficolta' a tessere ragazzi minori non cittadini specie se giunti in Italia con i flussi migratori, quindi io e mio marito abbiamo offerto a J. la possibilita' di fare la residenza a casa nostra una volta uscito dalla comunita'. Questo momento e' coinciso con l'inizio del lavoro e lui ha scelto di andare a lavorare in quanto gli impegni di lavoro non erano compatibili con un impegno sportivo professionistico. In quel periodo, io e mio marito abbiamo scoperto la possibilita' di fare l'adozione anche del maggiorenne. Preciso che J. ha iniziato a vivere a casa nostra quando lui ha compiuto la maggiore eta' e e' uscito dalla struttura. Lui poteva continuare a stare in struttura». La volonta' di adottare e' stata confermata anche dal ricorrente C.P. che ha rappresentato che «J. ha conosciuto prima mia moglie dopo l'ho conosciuto anche io e le bambine circa due anni e mezzo fa. La scelta di adottare J. e' stata una conclusione naturale perche' lo abbiamo sentito come parte della nostra famiglia fin dal primo momento. La domanda che ci siamo posti non e' perche' farlo ma perche' non farlo. Con le bambine, ricordo che ci fu un momento in cui si studiano ma ora ci sta confidenza. Le bambine ritengono J. un fratello». Ricostruzione che e' stata confermata - a detta udienza - anche dall'adottando J.N.M. , che ha ricordato le difficolta' vissute per giungere dal suo paese di origine in Italia e di aver trovato nel nucleo familiare degli adottanti un polo affettivo. Peraltro, a detta udienza anche il Servizi Sociale - in persona della dott.ssa S.L. - ha dato conto del riconoscibile rapporto affettivo tra gli adottanti e l'adottando, posto che ha riferito che «ho conosciuto la famiglia dopo la richiesta del Tribunale e ho fatto colloqui con le bambine, confermo quanto indicato in relazione e non e' emerso alcun profilo di pregiudizio per le bambine. E' emerso che J. non ha relazioni con la sua famiglia di origine tanto che si e' svincolato molto presto dal nucleo familiare di origine. I ricorrenti hanno strutturato la loro vita con questa scelta e hanno comprato una nuova casa piu' idonea e ampia per le figlie e per J. . Non ho avuto sentore di elementi di pregiudizio. Anche le bambine non hanno manifestato situazioni di disagio derivante dal percorso adottivo tanto che hanno riferito che la loro vita non sarebbe la stessa senza J. . Ho sentito anche gli operatori della struttura e anche loro non hanno mai ravvisato situazioni di pregiudizio derivante dall'inclusione di J. nella famiglia dei ricorrenti». All'udienza del 1° ottobre 2024, il Giudice relatore ha ascoltato le minori S.P. e C.P. , le quali - secondo il grado discernimento in relazione alla loro eta' - hanno rappresentato: C.P. «ricordo di aver conosciuto J. circa tre anni fa, ricordo che eravamo usciti. vive a casa mia, lui ha una stanza sua. Ho sentito J. come parte della famiglia» e che con mamma e papa' le cose vanno bene. Faccio la quarta elementare a , mi piace matematica e scienze e vorrei fare da grande la maestra e la scienziata. Faccio pattinaggio. Mamma e papa' mi hanno detto di voler adottare J. e so che cosi' lui fara' parte della famiglia» e che «ricordo che inizialmente lui veniva e andava da casa e che lui e' venuto a vivere a casa nostra dopo che mamma e papa' hanno comprato casa nuova»; S.P. «Confermo che mamma e papa' mi hanno informato sulla volonta' di adottare J. e so che questo lui entrera' a far parte della mia famiglia» e che «faccio la terza media e faccio pattinaggio artistico. A me piacciono le materie umanistiche e vorrei fare il liceo linguistico. Ricordo di aver conosciuto J. circa tre anni fa, ero con mamma, papa' C. e stavamo al . Mamma gia' lo conosceva da tempo e ci parlava di lui a casa. Quando l'ho incontrato ero felice perche' mi sembrava una brava persona. Inizialmente quando vivevamo a , stavamo in affitto, lui veniva a casa e poi andava via. Circa due anni fa quando abbiamo cambiato casa lui ha iniziato a vivere con noi. Oggi vive con noi. Noi abbiamo una casa grande, lui vive al piano di sotto e noi al piano di sopra. I rapporti con J. sono buoni. Mi sono trovata bene fin da subito e lo sento come un fratello. Lui non e' aggressivo o violento e mi farebbe piacere che lui faccia parte della mia famiglia». All'udienza del 1° ottobre 2024 il curatore speciale delle minori ha rappresentato che «ho incontrato il 17 luglio le bambine che rispetto alla presenza di J. nella loro casa e nella loro vita si sono dimostrate felici e serena della sua presenza che ritengono un loro fratello. Loro sono due bambine e possono essere prese dalla situazione, unica perplessita' e' la tenuta futura di questa situazione inclusiva. Ritengo questa una considerazioneche di per se' ritengo non ostativa all'eventuale adozione. Dopo, ho preso contezza della relazione del Servizio Sociale e che J. ha avuto sempre un buon comportamento e che e' un ragazzo tranquillo e non ho nulla da opporre nel merito». Questo Tribunale ritiene che la valutazione ex art. 312 c.c. per quanto concerne la convenienza dell'adozione, in una lettura costituzionalmente orientata, alla luce del principio dell'inviolabilita' della liberta' di autodeterminazione individuale anche in relazione alla sfera familiare (artt. 2 e 29 Cost.), non deve e non puo' essere compiuta dal giudice, posto che - diversamente - il giudice si sovrapporrebbe alla volonta' degli adottandi che, unitamente a quella degli adottanti, concorre alla formazione di un negozio giuridico (sul punto, dott. Cassazione 16 aprile 1992, n. 4694) rispetto al quale lo stesso giudice non puo' essere chiamato ad una valutazione «intrinseca» essendo invece tenuto, secondo uno schema autorizzatorio, ad una mera valutazione «estrinseca», come tale incentrata sull'esistenza delle volonta' e dei presupposti di legge Nondimeno, risulta utile rappresentare che l'istruttoria ha rilevato l'esistenza di un concreto e rilevante rapporto affettivo tra gli adottanti M.L. d. S. - C.P. , e l'adottando J. N. M. . Rapporto affettivo che si e' strutturato nell'ambito di un rapporto duraturo, sorto in occasione di un progetto per l'inclusione frequentato dall'adottando - quando era ancora minorenne - che lo ha posto in contatto con M. L. d. S. per evolversi in una significativa quotidianita'. Apprezzabile e' il profilo dell'investimento affettivo che gli adottanti sono stati capaci di offrire, posto che se inizialmente hanno avuto un ruolo di supporto per J. N. M. che era impegnato in diversi progetti di inclusione, successivamente detto rapporto e' divenuto esso stesso fattore di inclusione dell'adottando. Adottando che si e' allontanato dal paese origine per cercare una vita migliore e che ha trovato negli adottandi M.L. d.S. un polo affettivo che lo ha incluso nella loro famiglia fino a diventarne parte. Rilevante e' anche il profilo che gli adottanti D.S.P. o hanno adeguato il loro quotidiano per consentire l'ingresso di J. N. M. nella loro famiglia ma senza che detto inserimento potesse avere un esito negativo sulle loro figlie minori, di talche' gli stessi si sono impegnati nel trovare un'abitazione piu' grande e idonea alle esigenze di crescita delle minori (dr. relazione del Servizio Sociale del Comune . Le minori S.P. e C.P. hanno rappresentato il loro buon rapporto con J. N. M. , che lo vedono come un fratello, e che detto riconoscimento risulta presente anche nell'adottando. Pertanto, l'istruttoria ha confermato la presenza di un sincero rapporto affettivo tra gli adottanti e l'adottando e l'assenza - come anche rilevato dal curatore speciale delle minori e dal Servizio Sociale - di eventuali profili di pregiudizio per le minori derivanti dal progetto adottivo a fronte del quale i loro genitori intendono adottare il maggiorenne: J. N. M.. Sennonche', ritiene il Collegio la presenza di un ostacolo di legge al farsi luogo detta adozione a fronte della richiamata disposizione ex art. 291, I co., c.c. nella parte che prevede il divieto di adottare da parte di coloro che hanno discendenti. Peraltro, il divieto concerne solo coloro che hanno discendenti minori a fronte del fatto che detta disposizione e' stata dichiarata incostituzionale nella parte che non consente l'adozione del maggiorenne a chi abbia discendenti maggiorenni e consenzienti all'adozione (Corte Cost., sentenza 19 maggio 1988 n. 557). Ne discende che ove detto divieto non fosse presente e/ o fosse calibrato su un divieto relativo - del tipo l'assenza in concreto di un pregiudizio per il discendente minore da valutare caso per caso - potrebbe farsi luogo all'adozione a fronte della riscontrata presenza della volonta' degli adottanti e dell'adottando; dell'assenza di opposizione da parte dei genitori dell'adottando che non si sono costituiti nel procedimento; la presenza di un effettivo e valido rapporto affettivo tra adottanti e adottando e tra adottando e le figlie minori degli adottanti e l'assenza di eventuali profili di pregiudizio per le figlie minori degli adottanti derivanti dalla detta adozione; l'avvenuta rappresentanza dei minori con la nomina di un curatore speciale che ha rappresentato l'assenza di pregiudizi per i minori e la mancata opposizione all'adozione da parte dei genitori dell'adottando. Questo Tribunale non ignora che parte della giurisprudenza del distretto di riferimento - Corte di Appello di Roma (cfr. sentenza n. 2637 del 2020) e Tribunale Ordinario di Roma - dispongono il farsi luogo all'adozione del maggiorenne pur in presenza di figli minori degli adottanti attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione ex art. 291 c.c. attraverso la valorizzazione della tutela del rapporto affettivo in ragione delle disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8 Carta EDU. Nondimeno, questo Tribunale - per quanto ritenga condivisibile l'approdo ermeneutico espresso dalla giurisprudenza del distretto - ritiene non condivisibile la metodologia attraverso la quale si e' raggiunto detto approdo, posto che detto approdo - ritiene il Collegio - non risulta raggiungibile se non attraverso il sollevamento di una questione di legittimita' costituzionale. Peraltro, la disciplina dell'adozione di maggiorenne e' stata oggetto di recenti interventi della giurisprudenza costituzionale posto che: art. 299, I co., c.c. dichiarato incostituzionale nella parte che non consente con la sentenza di adozione di aggiungere anziche' anteporre il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore d'eta' (Corte Cost., sentenza 4 luglio 2023 n. 135); art. 291, I co., c.c. nella parte che non consente al giudice di ridurre - nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di eta' di diciotto anni fra adottante e adottando (Corte Cost., sentenza n. 18 gennaio 2024 n. 5). Detta ultima decisione risulta rilevante anche al fine di apprezzare l'approdo di questo Tribunale di sollevare questione di legittimita' costituzionale, a fronte del fatto chela giurisprudenza di legittimita' aveva da diversi anni ritenuto legittimo il farsi luogo all'adozione pur a fronte dell'assenza del divario di eta' previsto dalla disposizione ex art. 291, I co., c.c. ove fosse presente l'interesse della tutela del rapporto affettivo tra le parti (Cass., Sez. I civile, 3 aprile 2020 n. 7667), ma che - nondimeno - la Corte costituzionale ha ritenuto dover comunque dichiarare - a fronte della ritenuta fondatezza della questione di legittimita' costituzionale - l'illegittimita' costituzionale della disposizione che frapponeva limiti d'eta' all'adozione del maggiorenne con sacrificio della tutela dei rapporti affettivi tra le parti. Peraltro, ritiene il Collegio che il dover sollevare questione di legittimita' costituzionale e' modo di procedere coerente con la natura del giudizio di legittimita' costituzionale del nostro ordinamento che prevede un giudizio di legittimita' costituzionale accentrato e attribuito alla Corte costituzionale. 3. Sulla ritenuta incostituzionalita' della disposizione ex art. 291, I co., c.c. per il divieto di adottare a chi abbia discendenti minori. a. premessa Questo Tribunale rileva preliminarmente che il divieto di adottare a chi abbia discendenti e' limitato a chi abbia discendenti minori posto che la disposizione e' stata dichiarata incostituzionale nella parte che non consente l'adozione a chi abbia discendenti maggiorenni e consenzienti (Corte Cost., sentenza 19 maggio 1988 n. 557). Tracciata la linea di partenza, si rileva che la Corte costituzionale si e' pronunciata con sentenza 7 luglio 1992 n. 345 sulla questione di legittimita' costituzionale» in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 291 del codice civile, nella parte in cui non consente che si possa procedere all'adozione di persone maggiori di eta', in presenza di figli legittimi o legittimati dell'adottante, incapaci di esprimere il consenso perche' interdetti» a fronte di quanto deciso dalla Corte costituzionale con sentenza n. 557 del 1988. La Corte costituzionale ha ritenuto che «La questione ora sollevata dalla Corte di appello di Napoli ha per logico presupposto la ritenuta necessita' ed inderogabilita' della manifestazione di volonta', da parte del figlio legittimo o legittimato, in ordine alla adozione di altra persona maggiorenne voluta dal proprio genitore. Si tratta di una prospettazione che non tiene adeguatamente conto della specifica disciplina normativa dettata dall'art. 297, secondo comma ultima parte, del codice civile, per il caso in cui sia impossibile ottenere l'assenso all'adozione, per incapacita' delle persone chiamate ad esprimerlo. In tal caso il Tribunale puo' egualmente pronunziare l'adozione, con le modalita' previste dall'art. 297 del codice civile, apprezzando gli interessi indicati nella stessa disposizione. Questa specifica disciplina, pur se inserita nel contesto delle disposizioni relative all'assenso del coniuge e dei genitori, assume, nel rispetto del tenore letterale del testo normativo che si riferisce a tutte le persone chiamate ad esprimere il proprio assenso alla adozione, un significato ed un contenuto generale e quindi, a seguito della sentenza di questa Corte n. 557 del 1988, deve essere applicata anche ai discendenti legittimi o legittimati dell'adottante, quando e' impossibile ottenere il loro assenso per incapacita'», dichiarando non fondata la questione di legittimita' costituzionale. Ne discende che all'esito delle richiamate decisioni risulta conservato il divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia discendenti minori. Peraltro, la Corte costituzionale sul divieto di adozione da parte di chi abbia discendenti sia stata la sentenza 20 luglio 2004 n. 245 che ha dichiarato l'incostituzionalita' della disposizione ove limitava il divieto a chi avesse discendenti minori legittimi o legittimati e quindi estendo il divieto anche a chi avesse discendenti naturali per quanto la diversificazione sia venuta meno con l'introduzione dello status unitario di figlio in ragione della disposizione ex art. 315 c.c. introdotto con legge 10 dicembre 2012 n. 219. Nondimeno, detta decisione rilevava limitatamente all'esistenza di un profilo discriminatorio tra figli legittimi e legittimati con i figli naturali, tanto che la decisione non approfondiva la costituzionalita' del divieto in se' esulando detta valutazione dalla questione di legittimata' costituzionale sollevata. Sul divieto di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia discendenti minori risulta: Corte costituzionale 23 febbraio 1994 n. 54 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale della disposizione ex art. 291, I co., c.c. a fronte della ritenuta diversita' di situazioni derivanti dalla presenza di discendenti minori e discendenti maggiorenni ma incapaci di prestare il consenso; Corte costituzionale 16 luglio 1996 n. 252 che dichiaro' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale ritenendo che la pronuncia richiesta invadesse le attribuzioni del Legislatore ma rilevando in via incidentale che all'adozione del maggiorenne doveva riconoscersi una funzione nuova rispetta a quella tradizionale di consentire di avere discendenti a chi non ne avesse avuti; Corte costituzionale 23 maggio 2003 n. 170 che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della detta disposizione posto «che, come piu' volte affermato da questa Corte, l'adozione di persone maggiori di eta', anche dopo l'entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184, che ha riformato la disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, continua ad essere caratterizzata, diversamente dall'adozione dei minorenni, dalla originaria finalita' di «procurare un figlio a chi non lo ha avuto da natura mediante il matrimonio (adoptio in hereditatem)» il che comporta sensibili ricadute in merito ai relativi effetti (v. sentenze n. 89 del 1993, n. 53 del 1994, n. 252 del 1996, n. 240 del 1998, n. 500 del 2000, n. 120 del 2001); che tale situazione e' rimasta inalterata anche dopo l'entrata in vigore della legge 28 marzo 2001, n. 149, la quale, oltre a modificare la citata legge n. 184 del 1983, ha inciso sulla disciplina codicistica dell'adozione di persone maggiori di eta' soltanto per alcuni aspetti processuali; che la suddetta struttura dell'istituto presuppone, fra l'altro, la necessita' che i membri della famiglia legittima dell'adottante (coniuge e figli) siano adeguatamente posti in condizione di valutare le conseguenze che, sia sul piano morale sia sul piano patrimoniale, ha l'adozione di una persona maggiorenne da parte del loro congiunto; che siffatta valutazione e' assicurata dalla prestazione del rispettivo assenso; che tale sistema non e' stato modificato dalle sentenze di questa Corte n. 557 del 1988 e n. 345 del 1992, la seconda delle quali si e' limitata a ritenere applicabile ai figli legittimi o legittimati maggiorenni la norma dettata dall'art. 297, secondo comma, ultima parte, codice civile, per l'ipotesi di impossibilita' di ottenere l'assenso all'adozione da parte delle persone chiamate ad esprimerlo, a causa della loro incapacita'; che, nel caso ora in esame, si chiede alla Corte un intervento di revisione della suddetta normativa di tipo diverso, perche' diretto ad escludere l'assenso dei figli minori anziche' a far fronte alla relativa incapacita' di esprimere la loro volonta', in linea con quanto deciso da questa Corte nella sentenza da ultimo citata». Peraltro, dette decisioni della Corte costituzionale furono richiamate dalla giurisprudenza di legittimita' nella decisione che espresse il seguente principio di diritto» in tema di adozione di persone maggiori di eta', la presenza di figli minori (legittimi, legittimati o naturali) dell'adottante, come tali incapaci, per ragioni di eta', di esprimere un valido consenso, costituisce, di norma, ai sensi dell'art. 291 codice civile, un impedimento alla richiesta adozione. Ove, tuttavia, l'adozione di maggiorenne riguardi un soggetto, il figlio del coniuge, che gia' appartenga, insieme al proprio genitore naturale ed ai fratelli, minorenni, ex uno latere, al contesto affettivo della famiglia di accoglienza dell'adottante, la presenza dei figli minori dell'adottante non preclude in assoluto l'adozione, fermo restando il potere - dovere del Giudice del merito di procedere alla audizione personale di costoro, se aventi capacita' di discernimento, e del loro curatore speciale, ai fini della formulazione del complessivo giudizio di convenienza nell'interesse dell'adottanda, richiesto dall'art. 312 c.c. , comma 1, numero 2), giacche' tale convenienza in tanto sussiste in quanto l'interesse dell'adottanda trovi una effettiva e reale rispondenza - eventualmente da apprezzare all'esito dell'acquisizione anche delle opportune informazioni - nella comunione di intenti di tutti i membri della famiglia, compresi i figli dell'adottante». Approdo ritenuto dalla giurisprudenza di legittimita' a fronte del fatto che «Alla stregua del quadro normativo come sopra ricostruito, deve pertanto ritenersi (e convenirsi con la Corte milanese) che, normalmente, la presenza di figli minori (legittimi, legittimati o naturali) dell'adottante e' di ostacolo alla adozione ordinaria di un maggiorenne. 3.5. - Occorre tuttavia considerare che l'istituto dell'adozione di persone maggiori di eta' non persegue soltanto la funzione tradizionale di trasmissione del nome e del patrimonio. L'adozione ordinaria - figura estremamente duttile - viene utilizzata nella prassi anche per consentire il raggiungimento di funzioni nuove, come quella di consolidamento dell'unita' gia' sperimentato e concretamente vissuto: evenienza nient'affatto esclusa ne' resa improbabile dal raggiungimento della soglia dei diciotto anni da parte dell'adottanda, sensibilmente piu' lungo essendo oggi, di regola, il periodo di permanenza dei figli presso i genitori. E' quanto avviene nel caso all'esame del Collegio, dove l'elemento specifico e al contempo qualificante e dato dal fatto che l'adottanda, non riconosciuta dall'altro genitore, e' figlia naturale del coniuge dell'adottante, sorella da parte di madre delle figlie legittime di questo e affettivamente partecipe della vita del nucleo familiare, nel quale l'adozione la immetterebbe anche formalmente. In altri termini, l'adottanda maggiorenne e' non solo figlia del coniuge dell'adottante, ma parte integrante - insieme all'adottante stesso, alla madre ed alle sorelle uterine - di un comune nucleo familiare, ove e' stata inserita sin da quando l'adottante e la di lui madre si sono uniti in matrimonio. In un caso siffatto, l'adozione ordinaria viene chiamata ad assolvere quella stessa funzione espressamente prevista dal legislatore nell'ipotesi di adozione di minori in casi particolari (ai sensi della legge n. 184 del 1963, art. 44, comma 1, lettera b); sicche' fra adozione di maggiorenne e adozione di minore in casi particolari si crea una notevole vicinanza sul piano dei valori, l'una e l'altra, mirando a favorire la coesione affettiva e l'unita' della famiglia come comunita'. Proprio facendo leva sui profili personalistici della figura, presenti nel caso di adozione del figlio maggiorenne del coniuge che sia gia' partecipe del contesto affettivo ed organizzativo della famiglia di accoglienza, questa Corte (sentenza 14 gennaio 1999, n. 354, cit.) ha ritenuto che il Giudice, previo attento esame delle circostanze del caso concreto (allora consistenti nel fatto che l'adottanda era orfano dell'altro genitore, aveva un fratello germano minorenne, adottabile ai sensi del citato art. 44, comma 1, lettera b, edera stabilmente inserito, insieme a tale fratello e ad altri due fratelli consanguinei minori, nella famiglia costituita dall'altro genitore e dall'adottante), puo' accordare una ragionevole riduzione della differenza minima di eta' di diciotto anni tra adottante e adottando, sempre che tale divario rientri dell'ambito dell'imitatio naturae, in tal modo riconoscendo ammissibile l'adozione, pur in presenza di una differenza di eta' tra adottante ed adottando inferiore a quella stabilita dall'art. 291 c.c. Nella medesima pronuncia, la Corte ha giudicato non ostativa la contestuale presenza di figli legittimi minorenni dell'adottante, osservando che questi ultimi «beneficeranno dei riflessi morali, sociali ed affettivi dell'intervenuto vincolo personale tra la loro madre e gli altri figli dello stesso padre, in quanto i rapporti derivanti dall'adozione sono da porsi ad ogni effetto sullo stesso piano delle relazioni della famiglia biologica ove hanno importanza preminente solo i vincoli personali ed affettivi. 3.6. - II Collegio intende dare continuita' a questa giurisprudenza. Il consenso all'adozione dei figli (legittimi, legittimati o naturali) maggiorenni dell'adottante, di cui all'art. 291 codice civile, rappresenta lo strumento per realizzare un bilanciamento di interessi la tutela dei membri della famiglia legittima o naturale, da un lato; il favor verso l'istituto dell'adozione, dall'altro. La Corte costituzionale, facendo cadere le limitazioni irragionevoli all'ammissibilita' dell'adozione, ha affidato (alla stregua di quanto gia' previsto dal codice per il coniuge dell'adottante) la salvaguardia dei diritti dei membri della famiglia biologica all'autorizzazione privata di coloro che, essendo interessati, sia sotto l'aspetto patrimoniale che sotto quello morale, alla costituzione del vincolo, risentirebbero degli effetti del rapporto senza essere parti dello stesso. Ma quando l'adozione di maggiorenne riguardi un soggetto, il figlio del coniuge, che gia' sia membro della comunita' di affetti della famiglia dell'adottante, non v'e' spazio per un consenso dei figli (legittimi, legittimati o naturali) dell'adottante medesimo, inteso come condizione di ammissibilita' dell'adozione. Tale consenso infatti, cessando di fungere da strumento di compatibilita' tra interessi contrapposti, verrebbe a preservare l'uniti e l'esclusivita' di un gruppo, non nei confronti di un terzo estraneo, ma nei riguardi di un soggetto gia' inserito nel contesto di quel nucleo familiare, al quale, con l'adozione, lo si vuole anche formalmente ascrivere. In una tale situazione peculiare, l'interesse patrimoniale dei figli dell'adottante deve ritenersi subordinato rispetto alla finalita' di assicurare legami piu' stabili all'interno della famiglia di accoglienza, nello specifico interesse anche di costoro, oltre che dell'adottanda, sebbene l'adozione costituisca un rapporto personale tra adottato ed adottante (ancora, Cassazione n. 354 del 1999, cit.)» (Cass., Sez. I civile, 3 febbraio 2006 n. 2426). Pertanto, all'esito del percorso giurisprudenziale ora richiamato il divieto di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia discendenti e' stato eroso dalla formulazione originale con l'approdo che il divieto non risulta applicabile a chi abbia discendenti maggiorenni e consenzienti e/o minori ma figli del coniuge dell'adottante. b. Ritenuta incostituzionalita' e norma parametro Questo Tribunale ritiene che la disposizione ex art. 291 c.c. per quanto concerne il divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia discendenti minorenni sia incostituzionale per violazione delle disposizioni ex articoli 2,3 Cost. e 8 Carta EDU in relazione alla disposizione ex art. 117, I co., Cost. La ritenuta illegittimita' costituzionale del divieto e' data dalla perentorieta' del divieto posto che impedisce di graduare il divieto alla situazione concreta che puo' richiedere il farsi luogo all'adozione per tutelare i rapporti affettivi e familiari dell'adottante e dell'adottando ma anche i rapporti affettivi tra i membri della famiglia dell'adottante - che possono essere minori legati affettivamente all'adottando come nel caso in esame dinanzi a questo Tribunale - e dell'adottando. La ritenuta incostituzionalita' del divieto della disposizione ex art. 291 c.c. di adottare il maggiorenne in presenza di figli minori e' dato quindi dall'impossibilita' digradare il divieto nel caso di specie, di talche' si ritiene la disposizione incostituzionale nella parte in cui, per quanto concerne il divieto di adottare il maggiorenne in presenza di discendenti - minori -, non preveda l'inciso o indicazione «salvo che emerga nel caso concreto l'assenza di profili di pregiudizio per i minori» e quindi nella parte che non consente al giudice di valutare caso per caso se farsi luogo all'adozione se in concreto non emerga alcun profilo di pregiudizio per i minori. Pertanto, non e' l'equiparazione della disciplina dell'adozione del maggiorenne alla disciplina dell'adozione del minore - che manifestamente hanno profili di diversita' - ma e' l'assenza del profilo di merito con la quale consentire al giudice una valutazione caso per caso se farsi luogo all'adozione del maggiorenne in presenza di discendenti minorenni dell'adottante. Ne discende che il divieto di adozione in presenza di figli minori si risolve in un automatismo che non consente alcuna valutazione da parte del giudice. Peraltro, il richiamo al pregiudizio del minore non e' concetto indefinito in quanto - allo stato - ampiamente declinato dalla giurisprudenza di legittimita' per il profilo rilevante in ragione delle disposizioni ex articoli 330 e 333 c.c. e in particolare della disposizione ex art. 333, I co., c.c. che utilizza il termine «pregiudizio» per il minore (cfr. Cassazione, Sez. I civile, 16 settembre 2024 n. 24708). Il divieto risulta, allo stato, interpretato in quanto i minori - quali soggetti incapaci - non sono in grado di esprimere un consenso proprio e informato rispetto alla prospettata adozione che i loro genitori intendano ottenere come ha indicato la Corte costituzionale con la richiamata - per quanto risalente - giurisprudenza che ha rilevato che «che la suddetta struttura dell'istituto presuppone, fra l'altro, la necessita' che i membri della famiglia legittima dell'adottante (coniuge e figli) siano adeguatamente posti in condizione di valutare le conseguenze che, sia sul piano morale sia sul piano patrimoniale, ha l'adozione di una persona maggiorenne da parte del loro congiunto; che siffatta valutazione e' assicurata dalla prestazione del rispettivo assenso; che tale sistema non e' stato modificato dalle sentenze di questa Corte n. 557 del 1988 e n. 345 del 1992, la seconda delle quali si e' limitata a ritenere applicabile ai figli legittimi o legittimati maggiorenni la norma dettata dall'art. 297, secondo comma, ultima parte, codice civile, per l'ipotesi di impossibilita' di ottenere l'assenso all'adozione da parte delle persone chiamate ad esprimerlo, a causa della loro incapacita'» (Corte Cost. 170 del 2003). Il Collegio ritiene che la giustificazione del divieto a fronte del fatto che il minore sia un soggetto incapace - quindi non in grado di esprimere in modo consapevole il consenso all'adozione - sia un eccessivo pregiudizio rispetto all'esigenza di tutelare i rapporti affettivi e di quotidianita' che legano adottante e adottando - e anche i rapporti tra i membri della famiglia dell'adottante con l'adottando, posto che il divieto - cosi' interpretato - si puo' esaurire pertanto nella sterile attesa del decorso del tempo in attesa che il discendente minore diventi maggiorenne e posto che detto discendente potrebbe - come nel caso in esame - essere legato da un rapporto affettivo con l'adottando e che pertanto - diventato maggiorenne - ben prestera' il suo consenso all'adozione. Questo Tribunale ritiene che la rappresentanza processuale e sostanziale del minore - nell'ambito del procedimento di adozione del maggiorenne - puo' e/o deve essere assicurata attraverso la nomina di un curatore speciale coerentemente alla disciplina internazionale, sovranazionale e nazionale. La disposizione ex art. 10 Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei minori impone l'adeguata rappresentanza dei minori nei procedimenti che li interessano e l'approdo che considera la nomina di un curatore speciale provvedimento obbligatorio - in presenza di un conflitto di interessi tra minore e esercenti la responsabilita' genitoriale - a pena di nullita' della decisione (Cass., Sez. I civile, 29 novembre 2023 n. 33185). Peraltro, ritiene il Collegio che l'espressione dell'eventuale consenso all'adozione risulta costituire atto di rappresentanza sostanziale ma che l'ordinamento conosce l'esistenza della figura del curatore speciale del minore che puo' esercitare - oltre un ruolo di rappresentanza processuale - anche di rappresentanza sostanziale per il compimento di attivita' negoziali come il curatore previsto dalle disposizioni ex articoli 316 e 320 c.c. e anche in modo generalizzato - con la riforma eseguita con legge 10 ottobre 2022 n. 149 - con la disposizione ex art. 473-bis. 7, II comma lettera «b», c.p.c. Ne discende che il consenso all'adozione per il discendente minore - ex art. 297 c.c.- puo' costituire oggetto di incarico a un curatore speciale che possa rappresentare il minore per la cura dei suoi interessi del minore nel procedimento di adozione del maggiorenne e quindi poter rappresentare anche gli elementi ostativi al farsi luogo all'adozione che - allo stato - risultano irrilevanti a fronte dell'assenza di ogni spazio di valutazione del merito in ragione dell'automatismo del divieto ex art. 291, I co., c.c. Ritiene quindi il Collegio che il divieto di adozione del maggiorenne a chi abbia discendenti minori risulta costituzionalmente compatibile ove interpretato quale misura protettiva per il minore, ossia ove l'adozione del maggiorenne possa arrecare pregiudizio alla cura, all'educazione e all'istruzione dei minori a fronte del rilievo costituzionale - ex articoli 2, 3 e 32 Cost. - della funzione educativa dei minori. Ne discende che in caso di assenza di un concreto pregiudizio alla cura, alla crescita e all'educazione nonche' al patrimonio dei minori derivante dall'adozione del maggiorenne compiuta dai genitori esercenti la responsabilita' genitoriale possa farsi luogo all'adozione. Peraltro, ritiene il Collegio che la valutazione dell'assenza di un profilo di pregiudizio per i discendenti minori derivanti dall'adozione del maggiorenne non pregiudichi la competenza del Tribunale per i Minorenni. La decisione dell'adozione del maggiorenne concerne un maggiorenne e che risulta quindi esulante da profili concernenti l'emissione di provvedimenti ablativi o limitativi la responsabilita' genitoriale o l'adozione di un minorenne. Peraltro, la dottrina e la giurisprudenza che in passato aveva sollevato - per quanto concerne la disciplina dell'adozione del maggiorenne - un possibile conflitto di competenze tra Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minorenni risulta datata e superata in quanto opinione espressa prima della riforma eseguita con legge 219 del 2012, in un contesto che vedeva ampie ed esclusive competenze del Tribunale per i Minorenni che - allo stato - sono venute meno o sono in concorso con il Tribunale Ordinario, concorso che peraltro si risolve - ex art. 38 disp. att. c.c.- a favore del Tribunale Ordinario per la riconosciuta preminenza della sua competenza funzionale quale strumento per la prospettata unificazione della giurisdizione per le famiglie, per i minori e per le persone. La ritenuta illegittimita' costituzionale e' quindi derivante dall'automatica applicazione del divieto che - non consentendo valutazioni caso per caso - costituisce una gravosa ingerenza dello Stato nei rapporti privati e familiari con la conseguente incompatibilita' con le disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8 Carta EDU in riferimento alla disposizione ex art. 117 Cost. L'aggregazione affettiva tra adottante e adottando e tra i membri della famiglia dell'adottante e dell'adottando - ex articoli 2 e 29 Cost. - costituisce ambito rientrante nella definizione di vita privata a familiare rilevante ex art. 8 Carta EDU, di talche' l'esistenza di un divieto automatico a dare una forma giuridica - e quindi di tutela giuridica - al rapporto affettivo cosi' formato costituisce un'evidente e non proporzionale ingerenza dello Stato nei rapporti privati e familiari. 4. L'adozione del maggiorenne e sul tertium comparationis L'adozione del maggiorenne e' stata tradizionalmente qualificata con il riconoscimento di una finalita' patrimoniale, ricostruzione tradizionale secondo cui l'interesse dell'adozione del maggiorenne sia diretta a realizzare l'interesse economico e morale dell'adottando quanto l'interesse dell'adottante a perpetuare la discendenza in assenza di filiazione biologica. Eppure il riscontro alla natura di istituzione con finalita' patrimoniali dell'adozione del maggiorenne e in termini piu' generale dell'adozione puo' risultare - ove riguardata alla sua complessiva storia - come un qualcosa che semmai puo' arricchire la natura dell'istituto e non anche definirlo nella sua completezza. L'adozione nella storia moderna conosce nuovo sviluppo applicativo con il decreto del 18 gennaio 1792 quando il legislatore rivoluzionario introduce nell'ordinamento l'istituzione dell'adozione, approdo questo dell'apporto del pensiero illuministico di coloro che ritenevano l'adozione un dovere sacro e ineludibile per i cittadini privi di figli e per coloro - pensiero riportato al rapporto del 9 agosto 1793 al primo progetto di Code civil - che consideravano l'adozione un'istituzione ammirevole che consentiva la divisione della fortuna senza crisi- liti - e di coloro che ritenevano l'adozione un atto di liberalita' e di beneficienza per proteggere fanciulli privi di genitori e che l'ammettevano anche per coloro che avessero figli. Cosi' nel detto rapport del 9 agosto 1793 il relatore rappresentava l'adozione «L'adoption est tout a' la fois une institution de bienfaisance et la vivante image de la nature. I.e respect dû a' cette double qualite' a determine' le mode que nous venons de vous soumettre. L'adoption donne plus d'etendue a' la paternite', plus d'activite' a' l'amour filial; elle vivifie la Famille par l'emulation; ella la repare par de nouveaux choix; et en corrigeant les erreurs de la nature, elle en acquitte la dette en agrandissant son empire. C'est le rameau etranger ente' sur un tronc antique; il en ranime la seve; il embellit la tige de nouveaux rejetons; et, par cette insertion heureuse, elle couronne l'arbre d'une nouvelle moisson de fleurs et de fruits: admirable institution que vous avez eu la gloire de renouveler, et qui se lie si naturellement a' la constitution de la republique, puisque elle amene sans crise la division des grandes fortunes». Il travagliato percorso rivoluzionario dell'adozione approda alla data fondamentale del 5 dicembre 1801 ove il primo Console di Francia ritenne doveroso confermare l'adozione quale «une espece de nouveau sacrement» rafforzato dal potere legislativo posto che «Le legislateur, comme un pontife, donnera le caractere sacre'». Cosi' la disciplina del Code Civil. - diventante a partire dal 1806 il codice del Regno d'Italia - articoli 343 - 360 consentiva - in particolare - l'adozione in presenza del fatto che l'adottante sia nell'impossibilita' di avere figli, abbia almeno cinquanta anni e che la differenza di eta' tra quest'ultimo e l'adottato sia di almeno quindici anni, che l'adottato sia maggiore di eta' e, se ha il padre e la madre, o uno solo di essi, ottenga, fino ai venticinque anni, il loro consenso e, dopo questa eta', il loro «consiglio» mediante l'atto rispettoso, che infine (in tal caso si deroga alla rigidita' di principi prima affermata riguardo alla minore eta') l'adottante abbia avuto, almeno per un periodo di sei anni, durante l'eta' minore del pupillo, cura di lui «con somministrargli sussidi». La natura duale dell'adozione - tra interesse patrimoniale e interessi personalistici della cura della persona - affiorano anche nella dottrina italiana che lavoro' al progetto del c.c.del Regno d'Italia - 1806 - e di quella che lavoro' al codice parmense - lavori 1814 e 1815 e 1820 - specie di quelli esitati dalla c.d. commissione milanese - articoli 189 - 218 - che escludevano l'adozione «se avendo avuto figli anteriormente all'adozione fosse incorso nella perdita, o privazione della patria podesta' nei casi contemplati dagli articoli 135, e 137, quelli che volontariamente si fossero privati della potenza di generare, quelli che fossero stati condannati per delitti di procurato aborto, di esposizione d'infante, d'infanticidio, di omicidio in linea discendente o nel coniuge» rivelando quindi l'aspirazione del legislatore a qualificare l'adozione quale strumento diretto alla cura della persona e non solo alla tutela di interessi di natura patrimoniale. Il discrimine tra i due punti di vista dell'adozione fu individuata da parte della dottrina in una ritenuta sovrapposizione tra adoptio - arrogatio di diritto romano con l'adozione che il legislatore illuministico intendeva introdurre, tanto che il redattore del codice parmense ammoni' l'assemblea legislativa da deviazioni rispetto al modello romanistico, rilevando che «le adozioni dovevano ritenersi nel nuovo Codice non gia' per l'uso di esse fra noi, ma pel rispetto dovuto ad una istituzione romana", sebbene il codice definitivo parmense - per quanto riducesse l'apporto innovativo dei lavori della commissione milanese adeguendosi al modello offerto dal Code civil - nondimeno riconosceva l'importanza della presenza dell'idoneita' dell'adottante alla cura della persona dell'adottanda. Peraltro, il divieto di adottare in presenza di discendenti risulta oggetto di ermeneusi da parte di eccellente dottrina formatasi sotto il Codice delle leggi civili del Regno delle Due Sicilie del 1819 che rilevava che l'adozione era «solo in sollievo di coloro che non hanno figli, si' perche' essa non dev'essere di pregiudizio a' diritti de' figliuoli legittimi». La dualita' delle finalita' dell'adozione trova un apparente blocco nei lavoratori preparatori del codice unitario del 1865, ove il Guardasigilli ritenne di non introdurre nel progetto l'adozione, ritenendo che detto istituto rispecchiasse un'idea aristocratica di beneficienza - quindi distante dalla predominante ideologia borghese dell'epoca - e nel timore che l'istituto potesse consentire la legittimazione di figli naturali, ma trovando l'opposizione dell'assemblea e in particolare di eccellente opinione che rilevava che «L'adozione, gia' nota agli Egiziani, agli Ebrei, ai Greci e ad altri popoli dell'antichita' piu' remota, trovo' il massimo favore presso il popolo di Roma, che le diede anche carattere d'istituzione politica, carattere che, caduta la Repubblica, scomparve a poco a poco sotto l'Impero, finche' nel diritto pretorio, e piu' ancora nel nuovissimo diritto giustinianeo, l'adozione null'altro divenne che un atto di beneficenza che non muta i rapporti dell'adottato colla sua famiglia naturale. Questa indole conserva ancora al di' d'oggi, dopo avere traversato presso alcuni popoli diverse vicende. Nel diritto italico si puo' affermare che sempre si sono conservate intorno all'adozione le ultime tradizioni romane, e se le adozioni piu' non si possono dire frequenti, non sono neppure tanto rare che non ne resti ancora viva e gradita la memoria nell'opinione generale. Un puro sentimento di beneficenza che avra' l'umanita', e il desiderio naturale all'uomo di vivere nei posteri hanno in origine ispirato questa imitazione della natura a sollievo di coloro che figli non ebbero, o ne rimasero orbati... Mentre si muove accusa, forse non del tutto immeritata, di freddo egoismo agli uomini del nostro secolo, improvvido consiglio sarebbe l'avvalorarla collo spegnere una istituzione filantropica, la quale nutre ed avviva i piu' nobili sentimenti di generosita' e di beneficenza ... L'adozione non altera, non falsa, ma favoreggia e supplisce la natura. E' una invenzione pietosa della legge, la quale e' destinata a colmate un vuoto che una sorte avara ed avversa lascia non di rado nella vita dell'uomo» e che per il timore che con l'adozione si potessero legittimare figli naturali che «rimane vietato ai genitori l'adozione di figli nati fuori di matrimonio, e sebbene la loro ricerca sia interdetta, possono tuttavia e debbono i magistrati chiamati ad approvare le adozioni, indagare e vegliare che a tale divieto non si faccia frode». La disciplina che esitava dai lavori - ex articoli 202 e segg. Cod. abr. - prevedeva, per i fini che interessano, il divieto di adozione da parte di chi avesse discendenti legittimi e legittimati e che l'adozione era prevista anche per il maggiorenne - posto che le disposizioni ex articoli 206, 207 e 208 Cod. abr. avevano la funzione di specificare che il minore potesse essere adotto purche' avesse compiuto diciotto anni - la maggiore eta' era a ventuno anni ex art. 240 Cod. abr. - e vi fosse il consenso dei genitori o del tutore e del consiglio di famiglia (in tal senso la disposizione ex art. 208, II co., Cod. abr. prevedeva il consenso del coniuge dell'adottato con la conseguenza che l'adozione non era limitata solo ai minorenni maggiori di anni diciotto ma che le disposizioni ex artt. 207 e segg. avevano la funzione di specificare che anche i minori potessero essere adottati con la specificazione che l'eta' per contrarre matrimonio era fissata all'epoca a quindici anni). La breve ricostruzione storica e' utile a veicolare - preliminarmente - l'ermeneusi dalla disciplina dell'adozione attraverso un criterio interpretativo che tenga conto delle origini storiche dell'istituto. L'adozione pertanto originariamente non prevedeva un taglio netto - come il nostro ordinamento - tra adozione del maggiorenne e adozione del minorenne, ma condivideva una ricostruzione interpretativa che - pur non disconoscendo la funzione di perpetuazione della discendenza al fine di conservare il patrimonio e il cognome dell'adottante - nondimeno conosceva una funzione di istituto per la cura degli aspetti strettamenti personalistici e anche con finalita' umanitarie. Questo Tribunale ritiene - al fine di contenere il dato motivazionale della ritenuta illegittimita' costituzionale della disposizione ex art. 291, I co., c.c. - non utile soffermarsi sulla legge 5 giugno 1967 n. 431 che introdusse - articoli 314/1 - 314/28 c.c. - l'adozione speciale a favore di minori dichiarati in stato di adottabilita' e poi abrogata a fronte della riforma operata con legge 4 maggio 1983 n. 184 e modificata legge 28 marzo 2001 n. 149 se non al fine di rilevare il dato che la giurisprudenza ha ritenuto la diversita' dell'adozione del minorenne rispetto a quella del maggiorenne. Il Collegio non ignora che la giurisprudenza costituzionale ha rilevato che «L'organica disciplina della adozione dei minori, dettata dalla legge n. 184 del 1983, ha come essenziale e dominante obiettivo - in conformita' alle convenzioni internazionali volte a disciplinare e proteggere in modo specifico i minori (si veda in proposito la Convenzione di Strasburgo sulla loro adozione, ratificata in forza della legge 22 maggio 1974, n. 357) - l'interesse dei minori stessi ad un ambiente familiare stabile ed armonioso, nel quale si possa sviluppare la loro personalita', godendo di un equilibrato contesto affettivo ed educativo che ha come riferimento idonei genitori adottivi. Coessenziali all'adozione dei minori sono l'inserimento nella famiglia di definitiva accoglienza ed il rapporto con i genitori adottivi, i quali assumono la responsabilita' educativa dei minori adottati. Ne deriva l'attribuzione ad essi delle potesta' e dei doveri che caratterizzano la posizione dei genitori nei confronti dei figli, anche quando, come nella adozione in casi particolari (art. 48 della legge n. 184 del 1983), il minore non sempre versi in stato di abbandono e non cessino del tutto i rapporti con i genitori di origine. In questo contesto, che implica di necessita' il pieno inserimento del minore nella comunita' familiare adottiva, si colloca l'obbligo dell'adottante di mantenere, istruire ed educare l'adottato, in conformita' a quanto prescritto dall'art. 147 del c.c.per i figli nati nel matrimonio (art. 48 della legge n. 184 del 1983). La specialita' di questa disciplina legislativa risponde alla specificita' delle esigenze di protezione del minore. In funzione dell'interesse di quest'ultimo il provvedimento di adozione e' circondato di particolari cautele ed e' pronunciato all'esito di un procedimento che implica un incisivo controllo del Tribunale per i minorenni, volto a verificare, al di la' della volonta' delle parti interessate, se l'adozione realizza il preminente interesse del minore» e che «L'adozione di persone maggiori di eta' si caratterizza in modo ben diverso da come in precedenza delineato. Essa non implica necessariamente l'instaurarsi o il permanere della convivenza familiare, non determina la soggezione alla potesta' dei genitori adottivi, ne' impone all'adottante l'obbligo di mantenere, istruire ed educare l'adottato. Inoltre l'adozione di persone maggiori di eta' e' essenzialmente determinata dal consenso dell'adottante e dell'adottanda, giacche' il controllo del Tribunale verte sui requisiti che legittimano l'adozione, essendo rimesso al giudice il ristretto potere di valutare se l'adozione «conviene» all'adottanda (art. 312 del codice civile). Nell'adozione di persone maggiori di eta' al giudice non e' attribuito alcun discrezionale apprezzamento dell'interesse della persona dell'adottanda; ne' possono essere effettuati quegli incisivi controlli previsti per l'adozione di minori, che significativamente rispecchiano la diversita' di presupposti e di finalita' dei due istituti» (Corte Cost., sentenza 8 marzo 1993 n. 89). L'approdo richiamato ritenne - all'epoca - che fosse coerente con il sistema - a fronte della diversita' tra adozione del minorenne e del maggiorenne - consentire la derogabilita' dei divieti di adozioni concernenti di eta' solo per l'adozione del minorenne secondo la disciplina della disposizione ex art. 44 legge 184 del 1983 dopo la parziale dichiarazione di incostituzionalita' nella parte che non consentiva al giudice di ridurre l'intervallo temporale per l'adozione in presenza di «validi motivi» per la realizzazione dell'unita' familiare (Corte Cost., sentenza 2 febbraio 1990 n. 44; cfr. per la deroga ai limiti temporali Corte Cost. 18 marzo 1992 n. 148). Nondimeno, la linea ermeneutica tracciata da Corte Cost. 89 del 1993 risulta si' condivisa dal recente orientamento della giurisprudenza di legittimita' - che ha ritenuto non dover sollevare questione di legittimita' costituzionale - ma ha rilevato che l'adozione «nell'accezione e configurazione sociologica assunta dall'istituto negli ultimi decenni, in cui - come e' indiscusso sia in dottrina che nella giurisprudenza - ha perso la sua originaria connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuita' della sua casata e del suo patrimonio, per assumere la funzione di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria, nonche' di una storia personale, di adottante e adottando, con la finalita' di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili. In sostanza, l'istituto ha perso la sua originaria natura di strumento volto a tutelare l'adottante per assumere una valenza solidaristica che, seppure distinta da quella inerente all'adozione di minori, non e' immeritevole di tutela. In tale mutato contesto sociale, il suddetto limite di (Omissis) anni appare un ostacolo rilevante ed ingiustificato all'adozione dei maggiorenni, un'indebita ed anacronistica ingerenza dello Stato nell'assetto familiare in contrasto con l'art. 8 Cedu, interpretato nella sua accezione piu' ampia riguardo ai principi del rispetto della vita familiare e privata. Infatti, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha piu' volte affermato che, al di la' della protezione contro le ingerenze arbitrarie, l'art. 8, pone a carico dello Stato degli obblighi positivi dl rispetto effettivo della vita familiare. In tal modo, laddove e' accertata l'esistenza di un legame familiare, lo Stato deve in linea di principio agire in modo tale da permettere a tale legame di svilupparsi» (Sentenza CEDU del 13 ottobre 2015, su ricorso n. 52557/14)» (Cass., Sez. I civile, 3 aprile 2020 n. 7667). La decisione di legittimita' risulta fondamentale perche' a fronte della riconosciuta natura dell'adozione di maggiorenne di istituto diretto a completare e tutelare la vita privata e familiare della persona - ex art. 8 Carta EDU - la giurisprudenza di legittimita' ha ritenuto legittimo il superamento del limite d'eta' ex art. 291 c.c. all'adozione da parte del giudice al fine di tutelare situazioni familiari consolidatesi nel tempo. Questo Tribunale ritiene che il tracciato evolutivo dell'adozione e - in particolare - dell'adozione del maggiorenne ora data sia stata recepita anche dal condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimita' con la sentenza del 18 gennaio 2024 n. 5. Preme a questo Collegio rilevare che la detta decisione ha interessato la stessa disposizione oggetto della presente ordinanza, ossia la disposizione ex art. 291, I co., c.c. che pone i divieti e/ o limitazioni per l'adozione del maggiorenne che si richiama: «l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano di diciotto anni l'eta' di coloro che intendono adottare». La Corte ha affrontato preliminarmente la questione se la disposizione ex art. 291, I co., c.c. potesse essere oggetto di interpretazione costituzionalmente orientata a fronte del fatto che il giudice remittente ritenne non condivisibile la richiamata decisione 3 aprile 2020 n. 7667 limitatamente alla ritenuta possibilita' di interpretare detto divieto in modo costituzionalmente orientato. La Corte ha quindi ritenuto che «Deve, al riguardo, preliminarmente darsi atto che correttamente il giudice a quo ha escluso la possibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, cosi' sottoponendo allo scrutinio di questa Corte il proprio dubbio. Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, infatti, «l'onere di interpretazione conforme viene meno, lasciando il passo all'incidente di costituzionalita', allorche' il giudice rimettente sostenga, come nel caso di specie, che il tenore letterale della disposizione non consenta tale interpretazione» (sentenza n. 104 del 2023; nello stesso senso, sentenze n. 102 del 2021, n. 253 del 2020 e n. 232 del 2013). Nella specie, la formula perentoria del primo comma dell'art. 291 codice civile, nella parte in cui legittima l'adozione dei maggiorenni ai richiedenti che «superano di almeno diciotto anni l'eta' di coloro che essi intendono adottare», integra all'evidenza detto limite all'onere di interpretazione conforme». Peraltro, la Corte ha anche rilevato che «Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'ammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale risulta condizionata non tanto dall'esistenza di un'unica soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla presenza nell'ordinamento di una o piu' soluzioni costituzionalmente adeguate, che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore (ex plurimis, sentenze n. 221 del 2023, n. 252 e n. 224 del 2020). Solo «se manca una soluzione costituzionalmente adeguata o se «il superamento dei prospettati dubbi di legittimita' costituzionale esige un intervento di sistema del legislatore» (sentenza n. 47 del 2023), allora la questione e' inammissibile» (sentenza n. 221 del 2023, che cita, in termini, le sentenze n. 202, n. 143, n. 100 e n. 1 del 2022, n. 151, n. 59, n. 33 e n. 32 del 2021, n. 80 e n. 47 del 2020)». La Corte ha quindi ritenuto che «La censura relativa alla violazione dell'art. 2 Cost. e' fondata. Induce alla rimeditazione dell'illustrato orientamento della giurisprudenza costituzionale - peraltro sviluppatosi essenzialmente sul solo tema delle differenze di struttura, funzione ed effetti tra l'adozione del maggiorenne e quella del minore in casi particolari - la descritta linea evolutiva della stessa giurisprudenza costituzionale e di quella di legittimita' in relazione anche alla mutata configurazione sociologica dell'adozione del maggiorenne, sottolineata dal giudice a quo. In siffatto quadro complessivo, in cui l'istituto ha da ultimo assunto anche la funzione di riconoscimento giuridico di nuove formazioni sociali in cui vivano relazioni identitarie ed affettive, il giudice a quo - senza contestare il significato sotteso alla generale previsione di un tendenziale divario di eta' tra adottante e adottato - correttamente si duole dell'automatismo del meccanismo che, nella sua fissita', che prescinde completamente dall'apprezzamento della esiguita' dello scostamento rispetto alla differenza minima di eta' prescritta, sacrifica aprioristicamente il diritto alla identita' della persona. 6.2. L'adozione di persone maggiori di eta' non persegue piu', e soltanto, per come vive attualmente nell'ordinamento, la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze destinate a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti e alle successioni, ma e' divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della societa', in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali. L'istituto - suggellando sovente l'effettiva e definitiva coincidenza tra situazione di fatto e status - formalizza legami affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell'identita' dell'individuo». Pertanto, la Corte ha rilevato che «L'attuale conformazione dell'istituto rende, anche in questo caso, «palese l'irragionevolezza di una regola priva di un margine di flessibilita'» (sentenza n. 135 del 2023, punto 7.2. del Considerato in diritto), in quanto destinata ad entrare in frizione, nell'assolutezza della previsione, con il diritto costituzionale inviolabile all'identita' personale. 7. L'esigenza della temperata derogabilita' dei limiti di eta' nell'adozione ha gia' trovato ripetuta affermazione nella giurisprudenza di questa Corte (vedi supra, punto 5.4.1.). L'ordinario divario di eta' tra adottante e adottato mantiene intatta, del resto, la sua valenza. E' la assoluta inderogabilita' di esso che entra in frizione con i richiamati principi costituzionali. Il punto di equilibrio e' nell'accertamento rimesso al giudice (come previsto, in tema di assensi, dall'art. 297, secondo comma, codice civile), che, caso per caso e nel bilanciamento degli interessi coinvolti, individuati in ragione della nuova funzionalita' dell'istituto, provvedera' ad apprezzare se esistano motivi meritevoli che consentano di derogarvi nel caso in cui la riduzione di quel divario risulti esigua. Non e' necessario che la nozione di esiguita' sia ulteriormente definita tramite l'indicazione di criteri piu' specifici, ai quali il giudice dovrebbe ispirarsi nel valutare i singoli casi in cui il limite minimo dei diciotto anni possa essere derogato. Essa rappresenta una clausola generale, e/te richiama la necessita' di conservare una ragionevole imitazione del divario esistente in natura tra genitore e figlio, la cui impellenza e' destinata ad affievolirsi via via che aumenta l'eta' dell'adottato. 8. L'art. 291, primo comma, cod. civ. deve essere pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, per l'adozione del maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di eta' di diciotto anni fra adottante e adottando». Peraltro, questo Tribunale richiama - quale ritenuto utile precedente per il tertium comparationis per censurare l'automatismo del divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia discendenti minori la decisione della Corte costituzionale con la quale e' stata dichiarata l'incostituzionalita' della disposizione ex art. 569 codice penale «nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato, previsto dall'art. 567, secondo comma, del codice penale, consegua di diritto la perdita della potesta' genitoriale, cosi' precludendo al giudice ogni possibilita' di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto» (Corte Cost., sentenza 23 febbraio 2012 n. 31). La disposizione comportava automaticamente la pena accessoria della sospensione della responsabilita' genitoriale per coloro che fossero stati condannati per uno dei delitti previsti dalle disposizioni ex articoli 566 e segg. c.p. L'approdo ermeneutico della Corte costituzionale ha rilevato che la sanzione automatica fosse una eccessiva ingerenza del potere dello Stato nei rapporti privati e familiari posto che l'automatismo impediva' di valutare il caso concreto in quanto i delitti cui accedeva non recavano in se' l'inidoneita' del soggetto all'esercizio del ruolo genitoriale. Questo Tribunale ritiene che pena e divieto siano limiti alla sfera del privato e che per essere legittimi devono anche essere proporzionali all'interesse che sono diretti a tutelare. Ritiene il Collegio che il divieto di adottare a chi abbia discendenti abbia l'origine nella tutela della trasmissione del patrimonio ai discendenti legittimi e legittimati - impedendo la dispersione del patrimonio familiare - e quale strumento rafforzativo il divieto di legittimare figli naturali quale afflato di un'epoca che teneva in grande considerazione la presenza della discendenza legittima e che faceva quindi da sfondo a un'opinione dottrinaria e storica di ostilita' all'adozione, per quanto la costruzione e la conservazione dell'adozione sia stata realizzata attraverso l'opionione liberal - illuministica di coloro che ne hanno evidenziato la finalita' umanitaria. Questo Tribunale ritiene che il giudice investito della domanda di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia discendenti minori debba poter modulare la finalita' della conservazione del patrimonio familiare con la tutela dei legami familiari e affettivi e che detta modulazione e' - allo stato - impedito dalla perentorieta' del divieto posto dalla disposizione ex art. 291, I co., c.c. L'origine del divieto per un verso delinea anche l'assenza di poter conservare detto divieto sulla base dell'inidoneita' del discendente minore a esprimere un consenso proprio per la sua incapacita', posto che detta situazione risulta obliterabile con la sola attesa del decorso del tempo - in attesa del raggiungimento della maggiore eta' - e in quanto volonta' veicolabile attraverso un soggetto esterno e indipendente dai soggetti coinvolti quale un curatore speciale. Ritiene quindi il Collegio che il divieto di adottare il maggiorenne in presenza di discendenti minori e' compatibile se interpretato quale misura di protezione del minore da eventuali pregiudizi derivanti dall'adozione ma che risulta nondimeno illegittimo nella sua portata automatica che preclude ogni valutazione caso per caso da parte del Giudice. Ne discende che la portata automatica del divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia discendenti minori in ragione della disposizione ex art. 291, I co., c.c. e' incompatibile con le disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e art. 8 Carta EDU in riferimento alla disposizione ex art. 117, I co., Cost. P.Q.M. Il Tribunale di Civitavecchia, in composizione collegiali, cosi provvede: Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dalla disposizione ex art. 291, I co., c.c. nella parte che prevede che «l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti» - come interpretata all'esito della sentenza n. 577 del 1988 e della sentenza n. 345 del 1992 della Corte costituzionale - nella parte in cui non consente una deroga al divieto in assenza di pregiudizio ai discedenti minori derivante dall'adozione rimessa alla valutazione del giudice a fronte dell'automatismo del divieto per la violazione delle disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8 Carta EDU in riferimento alla disposizione ex art. 117, I co., Cost.; sospende il giudizio; dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alle parti e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati; ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del giudizio insieme con la prova delle comunicazioni e notificazioni di cui al precedene capoverso. Cosi' deciso nella Camera di consiglio in Civitavecchia, il 13 gennaio 2025. Il Presidente: Gelso Il giudice: Barzellotti