Reg. ord. n. 35 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/03/2025 n. 10

Ordinanza del Tribunale di Civitavecchia  del 17/01/2025

Tra: M.L. D.S.  C/ J. N.M.



Oggetto:

Adozione e affidamento - Adozione di maggiorenni – Condizioni – Previsione che consente l’adozione alle persone che non hanno discendenti – Interpretazione, all’esito delle sentenze della Corte costituzionale n. 577 (recte: 557) del 1988 e n. 345 del 1992, nel senso che il divieto di adozione di maggiorenni si applica a coloro che hanno figli minori o figli maggiorenni (capaci e) non consenzienti - Deroga al divieto, in assenza di pregiudizio ai discendenti minori derivante dall’adozione, rimessa alla valutazione del giudice – Omessa previsione - Denunciato automatismo del divieto – Irragionevole e non proporzionata ingerenza dello Stato nei rapporti privati e familiari in contrasto con le previsioni della CEDU sul diritto dell'individuo al rispetto della propria vita privata e familiare – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali – Lesione del diritto all’identità personale nelle formazioni sociali.

Norme impugnate:

codice civile  del  Num.  Art. 291  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. SAN GIORGIO


Testo dell'ordinanza

                        N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2025

Ordinanza del 17 gennaio 2025  del  Tribunale  di  Civitavecchia  nel
procedimento civile vertente tra M.L. d.S., C. P. e J. N. M. e C.  R.
nella qualita' di curatore speciale dei minori S.P. e C.P.. 
 
Adozione e affidamento -  Adozione  di  maggiorenni  -  Condizioni  -
  Previsione che consente  l'adozione  alle  persone  che  non  hanno
  discendenti - Interpretazione, all'esito delle sentenze della Corte
  costituzionale n. 577 (recte: 557) del 1988 e n. 345 del 1992,  nel
  senso che il divieto di adozione di maggiorenni si applica a coloro
  che  hanno  figli  minori  o  figli  maggiorenni  (capaci  e)   non
  consenzienti - Deroga al divieto,  in  assenza  di  pregiudizio  ai
  discendenti   minori   derivante   dall'adozione,   rimessa    alla
  valutazione del giudice - Omessa previsione. 
- Codice civile, art. 291, primo comma. 


(GU n. 10 del 05-03-2025)

 
                 TRIBUNALE ORDINARIO DI CIVITAVECCHIA 
 
 
                           Sezione civile 
 
    Il  Tribunale  Ordinario  di   Civitavecchia,   in   composizione
collegiale, riunito in Camera di consiglio, in persona di: 
      dott. Gianluca Gelso - Presidente; 
      dott.ssa Silvia Vitelli - Giudice; 
      dott. Andrea Barzelletti - Giudice Rel.; 
    a scioglimento della riserva assunta all'udienza del  1°  ottobre
2024, ha emesso la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    nell'ambito del procedimento iscritto al  n.  1052  del  registro
degli affari di volontaria giurisdizione per  l'anno  2024,  vertente
tra  M.L. d.S. e C.P.   elettivamente  domiciliati  in  Civitavecchia
(RM), viale Guido Baccelli n. 9, presso lo studio  dell'avv.  Adriano
Sansonetti, che li rappresenta e difende, giusta  procura  rilasciata
su foglio separato e unito telematicamente al ricorso depositato il 3
luglio 2024. Ricorrente  e J. N. M. ,  elettivamente  domiciliato  in
Civitavecchia (RM), viale Guido  Baccelli  n.  1,  presso  lo  studio
dell'avv. Tiziana Piccinini, che lo  rappresenta  e  difende,  giusta
procura rilasciata su foglio separato e  unito  telematicamente  alla
memoria di costituzione depositata il 16 luglio  2024.  Resistente  e
 C. R. nella  qualita'  di  curatore  speciale  dei  minori  S. P.  e
C. P.  rappresentata e difesa  da  se'  stessa  ex  art.  86  c.p.c.,
elettivamente domiciliata presso il suo studio in Civitavecchia (RM),
via G. Marconi n. 34. 
    Intervenuto e pubblico ministero in sede. 
    Intervenuto e PM in sede. 
    Intervenuto  
    1. Giudizio a quo e individuazione  della  disposizione  ritenuta
incostituzionale 
    M.L. d.S. con  ricorso  presentato  il  3  luglio  2024  -  hanno
domandato a questo Tribunale di  adottare  il  maggiorenne   J.N.M., 
nato a (                ) il                     . 
    Si rileva che a fronte della domanda di adozione  presentata  dai
ricorrenti M.L.  d.S.   veniva  iscritto   il   procedimento   n.r.g.
1052/2024. 
    Preliminarmente,  si  richiama  l'orientamento  risalente  -   ma
confermato   nel   tempo   -   della   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale che ha ritenuto  ammissibile  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale anche in sede di volontaria giurisdizione
(cfr. sentenza n. 129 del 1957). 
    L'adottando J.N.M. con memoria presentata il 16 luglio 2024 -  si
e' costituito nel detto procedimento e ha aderito alla domanda  della
sua adozione presentata dai ricorrenti. 
    Risulta regolarmente instaurato il contraddittorio nei  confronti
dei  genitori  dell'adottando  che  non  si   sono   costituiti   nel
procedimento (cfr.  nota  presentata  il  13  agosto  2024  di  parte
ricorrente). 
    I   ricorrenti   sono   genitori    dei    figli    S.P.,    nato
a              il                e    C.P., nata     a               
il                          . 
    Pertanto,  questo  Tribunale  ha  ritenuto   -   per   consentire
l'adeguata rappresentanza  processuale  dei  minori  nell'ambito  del
detto procedimento - la nomina di un  curatore  speciale  individuato
nell C.R.  che - con memoria presentata il 31 agosto  2024  -  si  e'
costituita nel detto procedimento. 
    Ne discende che viene di immediata applicazione  la  disposizione
ex art. 291, I co., c.c. che dispone  «l'adozione  e'  permessa  alle
persone che non  hanno  discendenti,  che  hanno  compiuto  gli  anni
trentacinque e che superano di diciotto anni  l'eta'  di  coloro  che
intendono adottare». 
    Pertanto,  il  profilo  che  viene  di  interesse  alla  presente
questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  l'inciso  del  primo
periodo della disposizione ex art. 291, I co.,  c.c.  «l'adozione  e'
permessa alle persone che  non  hanno  discendenti»  dalla  quale  si
ricava la norma che l'adozione del maggiorenne non  e'  consentita  -
salvo quanto si dira' nel  paragrafo  3  -  alle  persone  che  hanno
discendenti. 
    2. Sulla necessaria applicazione della disposizione 
    L'indagine eseguita attraverso il  Servizio  Sociale  del  Comune
di            ha dato conto che  la  ricorrente  M.L.  d.S. impiegata
presso  la  scuola                         di                      ha
conosciuto,  J.N.M. nell'ambito  di  un  progetto  per   l'inclusione
organizzato  presso  detto  istituto  scolastico,   ove   l'adottanda
frequentava un corso professionale per elettricista e  che  «In  tale
contesto la sig.ra D. S., nell'approfondire sia la conoscenza con  il
ragazzo ed il suo vissuto di solitudine nel contesto territoriale che
strutturando con lo stesso un rapporto empatico basato sul rispetto e
la fiducia reciproca, ha espresso il desiderio di fornire ospitalita'
a J confrontandosi con il suo  nucleo  familiare.  Quest'ultimo  dopo
aver conosciuto gradualmente il ragazzo ha aderito al desiderio della
sig.ra  D.  S.,  di  fornire   ospitalita'   in   casa   al   giovane
concretizzando  in  seguito  il  desiderio  di  adottarlo  anche   se
maggiorenne». 
    Il Servizio Sociale ha rappresentato  di  aver  incontrato  anche
adottando e che  J. , durante il  colloquio  e'  apparso  un  ragazzo
rispettoso, tranquillo, timido e riservato, ha risposto alle  domande
poste dalla scrivente rispetto  ai  suoi  rapporti  con  la  famiglia
d'origine che vive in                     con  la  quale  sembra  non
avere alcun tipo di relazione, ed ha raccontato  la  sua  storia,  di
essere giunto in Italia quando aveva solamente  quattordici  anni  di
eta'   e   di   essere   stato   collocato   dapprima    presso    la
Comunita' «                           » di                    per poi
essere inserito presso la               di                   dove  e'
rimasto fino al compimento del diciottesimo  anno  di  eta'  per  poi
trasferirsi presso  l'abitazione  dei  sig.ri P.D.S. «e  che»  «J. ha
riferito  di  non   avere   figure   parentali   in   Italia   e   la
famiglia  P.     rappresenta per lui un saldo  punto  di  riferimento
affettivo al quale si mostra significativamente legato». 
    In merito al  rapporto  tra  l'adottando   J.N.M.   e  le  figlie
minori degli adottanti, il Servizio  Sociale  ha  rilevato  che  «Per
quanto   riguarda   le   figure   minori   della   coppia genitoriale
P.S. di        anni e P.C. di       sono apparse molto legate a J.  e
hanno espresso gioia rispetto alla presenza del  ragazzo  nella  loro
vita.  Anche  per  loro  inizialmente  la  relazione  affettiva   con
J.  sarebbe  nata  gradualmente  per  poi  stabilizzarsi  nel  tempo.
Durante il colloquio con  le  minori  non  sono  emersi  elementi  di
disagio e/o pregiudizievoli rispetto alla  presenza  del  giovane  in
casa percepito come il fratello maggiore». 
    L'istruttoria ha rilevato che gli adottanti M.L. d.S. e C.P. sono
risultati soggetti incensurati e che non risultano gravati nemmeno da
annotazioni di P.S. 
    All'udienza  del  1°  ottobre  2024   l'adottante   M.L.   d.  ha
ricostruito   le   modalita'   con    le    quali    ha    conosciuto
l'adottando J.N.M. rappresentando «ho conosciuto quando lui andava  a
scuola,   era   un   centro   di   formazione   professionale   della
Regione                   . Si trovava qui  a                       .
Lui aveva sedici anni,  lui  aveva  gia'  vissuto  in  una  comunita'
a                   lui si era trasferito alla                       
. Lavoravo li' a scuola e ero una referente  per  l'integrazione,  la
scuola era molto piccola e era facile conoscersi. Il rapporto con  J.
e' nata con il gioco. A lui piace molto il calcio e aveva difficolta'
per tesserarsi in quanto la FIGC ha  difficolta'  a  tessere  ragazzi
minori non  cittadini  specie  se  giunti  in  Italia  con  i  flussi
migratori,  quindi  io  e  mio   marito   abbiamo   offerto   a J. la
possibilita' di fare la residenza a  casa  nostra  una  volta  uscito
dalla comunita'. Questo momento e' coinciso con l'inizio del lavoro e
lui ha scelto di andare a lavorare in quanto gli  impegni  di  lavoro
non erano compatibili con un impegno  sportivo  professionistico.  In
quel periodo, io e mio marito abbiamo  scoperto  la  possibilita'  di
fare l'adozione anche del maggiorenne. Preciso che J. ha  iniziato  a
vivere a casa nostra quando lui ha compiuto la  maggiore  eta'  e  e'
uscito dalla struttura. Lui poteva continuare a stare in struttura». 
    La  volonta'  di  adottare  e'   stata   confermata   anche   dal
ricorrente C.P. che ha rappresentato che «J. ha conosciuto prima  mia
moglie dopo l'ho conosciuto anche io e le bambine circa  due  anni  e
mezzo fa. La scelta di adottare J. e' stata una conclusione  naturale
perche' lo abbiamo sentito come parte della nostra famiglia  fin  dal
primo momento. La domanda che ci siamo posti non e' perche' farlo  ma
perche' non farlo. Con le bambine, ricordo che ci fu  un  momento  in
cui  si   studiano   ma   ora   ci   sta   confidenza.   Le   bambine
ritengono  J.     un fratello». 
    Ricostruzione che e' stata confermata - a detta udienza  -  anche
dall'adottando J.N.M.    , che ha ricordato  le  difficolta'  vissute
per giungere dal suo paese di origine in Italia e di aver trovato nel
nucleo familiare degli adottanti un polo affettivo. 
    Peraltro, a detta udienza anche il Servizi Sociale -  in  persona
della dott.ssa   S.L.  - ha dato  conto  del  riconoscibile  rapporto
affettivo tra gli adottanti e l'adottando, posto che ha riferito  che
«ho conosciuto la famiglia dopo la richiesta del Tribunale e ho fatto
colloqui con le bambine, confermo quanto indicato in relazione e  non
e' emerso alcun profilo di pregiudizio  per  le  bambine.  E'  emerso
che  J.  non ha relazioni con la sua famiglia di origine tanto che si
e' svincolato molto presto dal nucleo familiare di origine. 
    I ricorrenti hanno strutturato la loro vita con questa  scelta  e
hanno comprato una nuova casa piu' idonea e ampia  per  le  figlie  e
per J.   . Non ho avuto sentore di elementi di pregiudizio. Anche  le
bambine non hanno manifestato situazioni  di  disagio  derivante  dal
percorso adottivo tanto che hanno  riferito  che  la  loro  vita  non
sarebbe la stessa senza J.   . Ho sentito anche gli  operatori  della
struttura  e  anche  loro  non  hanno  mai  ravvisato  situazioni  di
pregiudizio  derivante  dall'inclusione  di  J.  nella  famiglia  dei
ricorrenti». 
    All'udienza del 1° ottobre 2024, il Giudice relatore ha ascoltato
le  minori S.P.  e  C.P.       ,  le  quali  -   secondo   il   grado
discernimento in relazione alla loro eta' - hanno rappresentato: 
      C.P. «ricordo di aver conosciuto  J. circa tre anni fa, ricordo
che eravamo usciti. vive a casa  mia,  lui  ha  una  stanza  sua.  Ho
sentito J. come parte della famiglia» e che con mamma e papa' le cose
vanno bene. Faccio la  quarta  elementare  a                    ,  mi
piace matematica e scienze e vorrei fare da grande la  maestra  e  la
scienziata. Faccio pattinaggio. Mamma e papa' mi hanno detto di voler
adottare J.  e so che cosi' lui fara' parte  della  famiglia»  e  che
«ricordo che inizialmente lui veniva e andava da casa e  che  lui  e'
venuto a vivere a casa nostra dopo che mamma e papa'  hanno  comprato
casa nuova»; 
      S.P. «Confermo che mamma  e  papa'  mi  hanno  informato  sulla
volonta' di adottare J.   e so che questo lui entrera'  a  far  parte
della mia famiglia» e che «faccio la terza media e faccio pattinaggio
artistico. A me piacciono le materie umanistiche  e  vorrei  fare  il
liceo linguistico. Ricordo di aver conosciuto J. circa tre  anni  fa,
ero con mamma, papa' C.  e  stavamo  al                             .
Mamma gia' lo conosceva da tempo e ci parlava di lui a  casa.  Quando
l'ho incontrato ero felice perche' mi  sembrava  una  brava  persona.
Inizialmente quando vivevamo a                 , stavamo in  affitto,
lui veniva a casa e poi andava via. Circa due anni fa quando  abbiamo
cambiato casa lui ha iniziato a vivere con noi. Oggi  vive  con  noi.
Noi abbiamo una casa grande, lui vive al piano  di  sotto  e  noi  al
piano di sopra. I rapporti con J. sono buoni. Mi  sono  trovata  bene
fin da subito e lo sento come un fratello. Lui non  e'  aggressivo  o
violento e  mi  farebbe  piacere  che  lui  faccia  parte  della  mia
famiglia». 
    All'udienza del 1° ottobre 2024 il curatore speciale delle minori
ha rappresentato che «ho incontrato  il  17  luglio  le  bambine  che
rispetto alla presenza di J.     nella loro casa e nella loro vita si
sono dimostrate felici e serena della sua presenza che  ritengono  un
loro fratello. Loro sono due bambine e  possono  essere  prese  dalla
situazione,  unica  perplessita'  e'  la  tenuta  futura  di   questa
situazione inclusiva. Ritengo questa una considerazioneche di per se'
ritengo non ostativa all'eventuale adozione. Dopo, ho preso  contezza
della relazione del Servizio  Sociale e            che J.   ha  avuto
sempre un buon comportamento e che e' un ragazzo tranquillo e non  ho
nulla da opporre nel merito». 
    Questo Tribunale ritiene che la valutazione ex art. 312 c.c.  per
quanto  concerne  la  convenienza  dell'adozione,  in   una   lettura
costituzionalmente    orientata,    alla    luce    del     principio
dell'inviolabilita' della liberta' di autodeterminazione  individuale
anche in relazione alla sfera familiare (artt. 2  e  29  Cost.),  non
deve e non puo' essere compiuta dal giudice, posto che - diversamente
- il giudice si sovrapporrebbe alla  volonta'  degli  adottandi  che,
unitamente a quella degli adottanti, concorre alla formazione  di  un
negozio giuridico (sul punto, dott. Cassazione  16  aprile  1992,  n.
4694) rispetto al quale lo stesso giudice non puo' essere chiamato ad
una valutazione  «intrinseca»  essendo  invece  tenuto,  secondo  uno
schema autorizzatorio, ad una  mera  valutazione  «estrinseca»,  come
tale incentrata sull'esistenza delle volonta' e  dei  presupposti  di
legge 
    Nondimeno,  risulta  utile  rappresentare  che  l'istruttoria  ha
rilevato l'esistenza di un concreto e  rilevante  rapporto  affettivo
tra gli adottanti  M.L. d. S. - C.P. , e l'adottando J. N.  M.    . 
    Rapporto affettivo  che  si  e'  strutturato  nell'ambito  di  un
rapporto duraturo, sorto in occasione di un progetto per l'inclusione
frequentato dall'adottando - quando era ancora minorenne - che lo  ha
posto in contatto con M. L. d. S. per evolversi in una  significativa
quotidianita'. 
    Apprezzabile e' il profilo dell'investimento  affettivo  che  gli
adottanti sono stati capaci di offrire,  posto  che  se  inizialmente
hanno avuto un ruolo di supporto per J. N. M.  che era  impegnato  in
diversi progetti di inclusione,  successivamente  detto  rapporto  e'
divenuto esso stesso fattore di inclusione dell'adottando. 
    Adottando che si e' allontanato dal paese origine per cercare una
vita migliore e che ha  trovato  negli  adottandi M.L.  d.S. un  polo
affettivo che lo ha incluso nella loro  famiglia  fino  a  diventarne
parte. 
    Rilevante e' anche il profilo che gli adottanti  D.S.P.  o  hanno
adeguato il loro quotidiano per consentire l'ingresso di  J.  N.  M. 
nella loro famiglia ma senza che detto inserimento potesse  avere  un
esito negativo sulle loro figlie minori, di  talche'  gli  stessi  si
sono impegnati nel trovare un'abitazione piu' grande  e  idonea  alle
esigenze di crescita delle minori (dr. relazione del Servizio Sociale
del Comune . 
    Le minori S.P. e C.P. hanno rappresentato il loro  buon  rapporto
con J.   N.       M.      , che lo vedono come  un  fratello,  e  che
detto riconoscimento risulta presente anche nell'adottando. 
    Pertanto, l'istruttoria ha confermato la presenza di  un  sincero
rapporto affettivo tra gli adottanti e l'adottando e l'assenza - come
anche rilevato dal curatore speciale  delle  minori  e  dal  Servizio
Sociale - di eventuali profili di pregiudizio per le minori derivanti
dal progetto adottivo a fronte del quale i  loro  genitori  intendono
adottare il maggiorenne: J.      N.      M.. 
    Sennonche', ritiene il Collegio la presenza  di  un  ostacolo  di
legge al  farsi  luogo  detta  adozione  a  fronte  della  richiamata
disposizione ex art. 291, I co., c.c.  nella  parte  che  prevede  il
divieto di adottare da parte di coloro che hanno discendenti. 
    Peraltro, il divieto concerne solo coloro che  hanno  discendenti
minori a fronte del fatto che detta disposizione e' stata  dichiarata
incostituzionale  nella  parte  che  non  consente   l'adozione   del
maggiorenne  a  chi  abbia  discendenti  maggiorenni  e  consenzienti
all'adozione (Corte Cost., sentenza 19 maggio 1988 n. 557). 
    Ne discende che ove detto divieto non fosse presente e/  o  fosse
calibrato su un divieto relativo - del tipo l'assenza in concreto  di
un pregiudizio per il discendente minore da valutare caso per caso  -
potrebbe farsi luogo all'adozione a fronte della riscontrata presenza
della volonta' degli  adottanti  e  dell'adottando;  dell'assenza  di
opposizione da parte dei genitori  dell'adottando  che  non  si  sono
costituiti nel procedimento; la presenza di  un  effettivo  e  valido
rapporto affettivo tra adottanti e adottando e  tra  adottando  e  le
figlie minori degli adottanti e l'assenza  di  eventuali  profili  di
pregiudizio per le figlie  minori  degli  adottanti  derivanti  dalla
detta adozione; l'avvenuta rappresentanza dei minori con la nomina di
un curatore speciale che ha rappresentato l'assenza di pregiudizi per
i minori e la mancata opposizione all'adozione da parte dei  genitori
dell'adottando. 
    Questo Tribunale non ignora che parte  della  giurisprudenza  del
distretto di riferimento - Corte di Appello di Roma (cfr. sentenza n.
2637 del 2020) e Tribunale Ordinario di Roma -  dispongono  il  farsi
luogo all'adozione del maggiorenne pur in presenza  di  figli  minori
degli  adottanti  attraverso  un'interpretazione   costituzionalmente
orientata  della  disposizione  ex  art.  291  c.c.   attraverso   la
valorizzazione della tutela del rapporto affettivo in  ragione  delle
disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8 Carta EDU. 
    Nondimeno, questo Tribunale - per  quanto  ritenga  condivisibile
l'approdo ermeneutico espresso dalla giurisprudenza del  distretto  -
ritiene non condivisibile la metodologia attraverso la  quale  si  e'
raggiunto detto  approdo,  posto  che  detto  approdo  -  ritiene  il
Collegio  -  non  risulta  raggiungibile   se   non   attraverso   il
sollevamento di una questione di legittimita' costituzionale. 
    Peraltro, la disciplina dell'adozione  di  maggiorenne  e'  stata
oggetto di recenti  interventi  della  giurisprudenza  costituzionale
posto che: 
      art. 299, I co., c.c. dichiarato incostituzionale  nella  parte
che non consente con la sentenza di adozione di  aggiungere  anziche'
anteporre il cognome dell'adottante a quello  dell'adottato  maggiore
d'eta' (Corte Cost., sentenza 4 luglio 2023 n. 135); 
      art. 291, I co., c.c. nella parte che non consente  al  giudice
di ridurre - nei casi di esigua differenza e  sempre  che  sussistano
motivi  meritevoli,  l'intervallo  di  eta'  di  diciotto  anni   fra
adottante e adottando (Corte Cost., sentenza n. 18  gennaio  2024  n.
5). 
    Detta  ultima  decisione  risulta  rilevante  anche  al  fine  di
apprezzare l'approdo di questo Tribunale di  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale, a fronte del fatto chela  giurisprudenza
di legittimita' aveva da diversi anni  ritenuto  legittimo  il  farsi
luogo all'adozione pur a fronte  dell'assenza  del  divario  di  eta'
previsto dalla disposizione ex  art.  291,  I  co.,  c.c.  ove  fosse
presente l'interesse della tutela del rapporto affettivo tra le parti
(Cass., Sez. I civile, 3 aprile 2020 n. 7667), ma che -  nondimeno  -
la Corte costituzionale ha ritenuto dover  comunque  dichiarare  -  a
fronte della ritenuta  fondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale - l'illegittimita' costituzionale  della  disposizione
che  frapponeva  limiti  d'eta'  all'adozione  del  maggiorenne   con
sacrificio della tutela dei rapporti affettivi tra le parti. 
    Peraltro, ritiene il Collegio che il dover sollevare questione di
legittimita' costituzionale e' modo  di  procedere  coerente  con  la
natura  del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  del   nostro
ordinamento che prevede un giudizio  di  legittimita'  costituzionale
accentrato e attribuito alla Corte costituzionale. 
    3. Sulla ritenuta incostituzionalita' della disposizione ex  art.
291, I co., c.c. per il divieto di adottare a chi  abbia  discendenti
minori. 
    a. premessa 
    Questo  Tribunale  rileva  preliminarmente  che  il  divieto   di
adottare a chi abbia discendenti e' limitato a chi abbia  discendenti
minori posto che la disposizione e' stata dichiarata incostituzionale
nella parte che non  consente  l'adozione  a  chi  abbia  discendenti
maggiorenni e consenzienti (Corte Cost., sentenza 19 maggio  1988  n.
557). 
    Tracciata  la  linea  di  partenza,  si  rileva  che   la   Corte
costituzionale si e' pronunciata con sentenza 7 luglio  1992  n.  345
sulla  questione  di  legittimita'  costituzionale»  in   riferimento
all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 291 del codice civile, nella
parte in cui non consente che  si  possa  procedere  all'adozione  di
persone  maggiori  di  eta',  in  presenza  di  figli   legittimi   o
legittimati dell'adottante, incapaci di esprimere il consenso perche'
interdetti» a fronte di quanto deciso dalla Corte costituzionale  con
sentenza n. 557 del 1988. 
    La  Corte  costituzionale  ha  ritenuto  che  «La  questione  ora
sollevata dalla Corte di appello di Napoli ha per logico  presupposto
la ritenuta necessita' ed  inderogabilita'  della  manifestazione  di
volonta', da parte del figlio legittimo o legittimato, in ordine alla
adozione di altra persona maggiorenne voluta dal proprio genitore. Si
tratta di una prospettazione che non tiene adeguatamente conto  della
specifica disciplina normativa dettata dall'art. 297,  secondo  comma
ultima parte, del codice civile, per il caso in cui  sia  impossibile
ottenere  l'assenso  all'adozione,  per  incapacita'  delle   persone
chiamate ad esprimerlo. In tal  caso  il  Tribunale  puo'  egualmente
pronunziare l'adozione, con le modalita' previste dall'art.  297  del
codice  civile,  apprezzando  gli  interessi  indicati  nella  stessa
disposizione.  Questa  specifica  disciplina,  pur  se  inserita  nel
contesto delle disposizioni relative all'assenso del  coniuge  e  dei
genitori,  assume,  nel  rispetto  del  tenore  letterale  del  testo
normativo che si riferisce a tutte le persone chiamate  ad  esprimere
il proprio assenso alla adozione,  un  significato  ed  un  contenuto
generale e quindi, a seguito della sentenza di questa  Corte  n.  557
del 1988, deve essere applicata  anche  ai  discendenti  legittimi  o
legittimati dell'adottante, quando e' impossibile  ottenere  il  loro
assenso per incapacita'», dichiarando non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    Ne discende che  all'esito  delle  richiamate  decisioni  risulta
conservato  il  divieto  di  adottare  il  maggiorenne  a  chi  abbia
discendenti minori. 
    Peraltro, la Corte costituzionale  sul  divieto  di  adozione  da
parte di chi abbia discendenti sia stata la sentenza 20  luglio  2004
n. 245 che ha dichiarato l'incostituzionalita' della disposizione ove
limitava il divieto a  chi  avesse  discendenti  minori  legittimi  o
legittimati  e  quindi  estendo  il  divieto  anche  a   chi   avesse
discendenti naturali per quanto la diversificazione sia  venuta  meno
con l'introduzione dello status unitario di figlio in  ragione  della
disposizione ex art. 315 c.c. introdotto con legge 10  dicembre  2012
n. 219. 
    Nondimeno, detta decisione rilevava  limitatamente  all'esistenza
di un profilo discriminatorio tra figli legittimi e legittimati con i
figli  naturali,  tanto  che  la  decisione   non   approfondiva   la
costituzionalita' del divieto in se' esulando detta valutazione dalla
questione di legittimata' costituzionale sollevata. 
    Sul divieto di adozione del maggiorenne da  parte  di  chi  abbia
discendenti minori risulta: 
      Corte costituzionale 23 febbraio 1994 n. 54 che  ha  dichiarato
non  fondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale   della
disposizione ex art.  291,  I  co.,  c.c.  a  fronte  della  ritenuta
diversita' di situazioni  derivanti  dalla  presenza  di  discendenti
minori e discendenti maggiorenni ma incapaci di prestare il consenso; 
      Corte costituzionale  16  luglio  1996  n.  252  che  dichiaro'
inammissibile la questione di legittimita'  costituzionale  ritenendo
che la pronuncia richiesta invadesse le attribuzioni del  Legislatore
ma rilevando in via  incidentale  che  all'adozione  del  maggiorenne
doveva riconoscersi una funzione nuova rispetta a quella tradizionale
di consentire di avere discendenti a chi non ne avesse avuti; 
      Corte costituzionale 23 maggio 2003  n.  170  che  ha  ritenuto
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
della detta disposizione posto «che, come  piu'  volte  affermato  da
questa Corte, l'adozione di persone  maggiori  di  eta',  anche  dopo
l'entrata in vigore della  legge  4  maggio  1983,  n.  184,  che  ha
riformato la disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei  minori,
continua ad essere  caratterizzata,  diversamente  dall'adozione  dei
minorenni, dalla originaria finalita' di «procurare un figlio  a  chi
non lo  ha  avuto  da  natura  mediante  il  matrimonio  (adoptio  in
hereditatem)»  il  che  comporta  sensibili  ricadute  in  merito  ai
relativi effetti (v. sentenze n. 89 del 1993, n. 53 del 1994, n.  252
del 1996, n. 240 del 1998, n. 500 del 2000, n.  120  del  2001);  che
tale situazione e' rimasta inalterata anche dopo l'entrata in  vigore
della legge 28 marzo 2001, n. 149, la quale, oltre  a  modificare  la
citata legge n. 184 del 1983, ha inciso sulla disciplina  codicistica
dell'adozione di persone maggiori di eta' soltanto per alcuni aspetti
processuali; che la suddetta struttura dell'istituto presuppone,  fra
l'altro,  la  necessita'  che  i  membri  della  famiglia   legittima
dell'adottante  (coniuge  e  figli)  siano  adeguatamente  posti   in
condizione di valutare le conseguenze che, sia sul piano  morale  sia
sul piano patrimoniale, ha l'adozione di una persona  maggiorenne  da
parte del loro congiunto;  che  siffatta  valutazione  e'  assicurata
dalla prestazione del rispettivo assenso; che  tale  sistema  non  e'
stato modificato dalle sentenze di questa Corte n. 557 del 1988 e  n.
345 del 1992, la seconda  delle  quali  si  e'  limitata  a  ritenere
applicabile ai figli legittimi o  legittimati  maggiorenni  la  norma
dettata dall'art. 297, secondo comma, ultima  parte,  codice  civile,
per l'ipotesi di impossibilita' di ottenere l'assenso all'adozione da
parte delle persone  chiamate  ad  esprimerlo,  a  causa  della  loro
incapacita'; che, nel caso ora in esame,  si  chiede  alla  Corte  un
intervento di revisione della suddetta  normativa  di  tipo  diverso,
perche' diretto ad escludere l'assenso dei figli  minori  anziche'  a
far fronte alla relativa incapacita' di esprimere la  loro  volonta',
in linea con quanto deciso da questa Corte nella sentenza  da  ultimo
citata». 
    Peraltro,  dette  decisioni  della  Corte  costituzionale  furono
richiamate dalla giurisprudenza di legittimita' nella  decisione  che
espresse il seguente principio di diritto» in  tema  di  adozione  di
persone maggiori di eta', la presenza  di  figli  minori  (legittimi,
legittimati o  naturali)  dell'adottante,  come  tali  incapaci,  per
ragioni di eta', di esprimere un  valido  consenso,  costituisce,  di
norma, ai sensi dell'art. 291  codice  civile,  un  impedimento  alla
richiesta adozione. Ove, tuttavia, l'adozione di maggiorenne riguardi
un soggetto, il figlio del coniuge, che gia' appartenga,  insieme  al
proprio genitore naturale ed ai fratelli, minorenni, ex  uno  latere,
al contesto affettivo della famiglia di  accoglienza  dell'adottante,
la presenza dei figli minori dell'adottante non preclude in  assoluto
l'adozione, fermo restando il potere - dovere del Giudice del  merito
di procedere alla audizione personale di costoro, se aventi capacita'
di discernimento,  e  del  loro  curatore  speciale,  ai  fini  della
formulazione del complessivo giudizio di  convenienza  nell'interesse
dell'adottanda, richiesto dall'art. 312 c.c. , comma  1,  numero  2),
giacche' tale convenienza in tanto  sussiste  in  quanto  l'interesse
dell'adottanda  trovi   una   effettiva   e   reale   rispondenza   -
eventualmente da apprezzare all'esito dell'acquisizione  anche  delle
opportune informazioni - nella comunione di intenti di tutti i membri
della famiglia, compresi i figli dell'adottante». 
    Approdo ritenuto dalla giurisprudenza di  legittimita'  a  fronte
del  fatto  che  «Alla  stregua  del  quadro  normativo  come   sopra
ricostruito, deve pertanto  ritenersi  (e  convenirsi  con  la  Corte
milanese) che, normalmente, la presenza di figli  minori  (legittimi,
legittimati o naturali) dell'adottante e' di ostacolo  alla  adozione
ordinaria di un maggiorenne. 3.5. - Occorre tuttavia considerare  che
l'istituto dell'adozione di persone maggiori  di  eta'  non  persegue
soltanto la funzione tradizionale di  trasmissione  del  nome  e  del
patrimonio. L'adozione ordinaria  -  figura  estremamente  duttile  -
viene utilizzata nella prassi anche per consentire il  raggiungimento
di funzioni nuove, come quella  di  consolidamento  dell'unita'  gia'
sperimentato e concretamente vissuto: evenienza nient'affatto esclusa
ne' resa improbabile dal raggiungimento  della  soglia  dei  diciotto
anni da parte dell'adottanda, sensibilmente piu' lungo essendo  oggi,
di regola, il periodo di permanenza dei figli presso i  genitori.  E'
quanto avviene nel  caso  all'esame  del  Collegio,  dove  l'elemento
specifico  e  al  contempo  qualificante  e  dato   dal   fatto   che
l'adottanda, non riconosciuta dall'altro genitore, e' figlia naturale
del coniuge dell'adottante, sorella da parte di  madre  delle  figlie
legittime di questo e affettivamente partecipe della vita del  nucleo
familiare, nel quale l'adozione la immetterebbe anche formalmente. In
altri termini, l'adottanda maggiorenne e' non solo figlia del coniuge
dell'adottante, ma parte integrante - insieme  all'adottante  stesso,
alla madre ed alle sorelle uterine - di un comune  nucleo  familiare,
ove e' stata inserita sin da quando l'adottante e la di lui madre  si
sono uniti in matrimonio. In un caso siffatto,  l'adozione  ordinaria
viene chiamata ad  assolvere  quella  stessa  funzione  espressamente
prevista dal legislatore nell'ipotesi di adozione di minori  in  casi
particolari (ai sensi della legge n. 184 del 1963, art. 44, comma  1,
lettera b); sicche' fra adozione di maggiorenne e adozione di  minore
in casi particolari si crea una  notevole  vicinanza  sul  piano  dei
valori, l'una e l'altra, mirando a favorire la coesione  affettiva  e
l'unita' della famiglia come  comunita'.  Proprio  facendo  leva  sui
profili personalistici della figura, presenti nel  caso  di  adozione
del figlio  maggiorenne  del  coniuge  che  sia  gia'  partecipe  del
contesto affettivo ed organizzativo della  famiglia  di  accoglienza,
questa Corte (sentenza 14 gennaio 1999, n. 354, cit.) ha ritenuto che
il Giudice, previo attento esame delle circostanze del caso  concreto
(allora consistenti nel fatto che l'adottanda era  orfano  dell'altro
genitore, aveva un fratello germano minorenne,  adottabile  ai  sensi
del citato art. 44, comma 1, lettera b, edera  stabilmente  inserito,
insieme a tale fratello e ad altri due fratelli consanguinei  minori,
nella famiglia costituita dall'altro genitore e dall'adottante), puo'
accordare una ragionevole riduzione della differenza minima  di  eta'
di diciotto anni tra adottante e adottando, sempre che  tale  divario
rientri dell'ambito dell'imitatio naturae, in tal  modo  riconoscendo
ammissibile l'adozione, pur in presenza di una differenza di eta' tra
adottante ed adottando inferiore a  quella  stabilita  dall'art.  291
c.c. Nella medesima pronuncia, la Corte ha giudicato non ostativa  la
contestuale presenza di  figli  legittimi  minorenni  dell'adottante,
osservando che questi  ultimi  «beneficeranno  dei  riflessi  morali,
sociali ed affettivi dell'intervenuto vincolo personale tra  la  loro
madre e gli altri figli dello stesso  padre,  in  quanto  i  rapporti
derivanti dall'adozione sono da porsi ad ogni  effetto  sullo  stesso
piano delle relazioni della famiglia biologica ove  hanno  importanza
preminente solo i vincoli personali ed affettivi. 3.6. - II  Collegio
intende  dare  continuita'  a  questa  giurisprudenza.  Il   consenso
all'adozione  dei   figli   (legittimi,   legittimati   o   naturali)
maggiorenni  dell'adottante,  di  cui  all'art.  291  codice  civile,
rappresenta lo strumento per realizzare un bilanciamento di interessi
la tutela dei membri della famiglia legittima o naturale, da un lato;
il  favor  verso  l'istituto  dell'adozione,  dall'altro.  La   Corte
costituzionale,   facendo   cadere   le   limitazioni   irragionevoli
all'ammissibilita' dell'adozione, ha affidato (alla stregua di quanto
gia'  previsto  dal  codice  per  il   coniuge   dell'adottante)   la
salvaguardia  dei  diritti  dei  membri  della   famiglia   biologica
all'autorizzazione privata di coloro che,  essendo  interessati,  sia
sotto  l'aspetto  patrimoniale  che   sotto   quello   morale,   alla
costituzione del vincolo, risentirebbero degli effetti  del  rapporto
senza essere parti dello stesso. Ma quando l'adozione di  maggiorenne
riguardi un soggetto, il figlio del  coniuge,  che  gia'  sia  membro
della comunita' di affetti della famiglia  dell'adottante,  non  v'e'
spazio per un consenso dei figli (legittimi, legittimati o  naturali)
dell'adottante medesimo, inteso  come  condizione  di  ammissibilita'
dell'adozione.  Tale  consenso  infatti,  cessando  di   fungere   da
strumento di compatibilita' tra interessi  contrapposti,  verrebbe  a
preservare l'uniti e l'esclusivita' di un gruppo, non  nei  confronti
di un terzo estraneo, ma nei riguardi di un  soggetto  gia'  inserito
nel contesto di quel nucleo familiare, al quale, con  l'adozione,  lo
si  vuole  anche  formalmente  ascrivere.  In  una  tale   situazione
peculiare, l'interesse patrimoniale  dei  figli  dell'adottante  deve
ritenersi subordinato rispetto alla finalita'  di  assicurare  legami
piu'  stabili  all'interno  della  famiglia  di  accoglienza,   nello
specifico interesse  anche  di  costoro,  oltre  che  dell'adottanda,
sebbene l'adozione costituisca un rapporto personale tra adottato  ed
adottante (ancora, Cassazione n. 354 del 1999, cit.)» (Cass., Sez.  I
civile, 3 febbraio 2006 n. 2426). 
    Pertanto, all'esito del percorso giurisprudenziale ora richiamato
il divieto  di  adozione  del  maggiorenne  da  parte  di  chi  abbia
discendenti e' stato eroso dalla formulazione originale con l'approdo
che il divieto  non  risulta  applicabile  a  chi  abbia  discendenti
maggiorenni  e  consenzienti  e/o  minori  ma   figli   del   coniuge
dell'adottante. 
    b. Ritenuta incostituzionalita' e norma parametro 
    Questo Tribunale ritiene che la disposizione ex art. 291 c.c. per
quanto concerne il divieto di adottare il  maggiorenne  a  chi  abbia
discendenti  minorenni  sia  incostituzionale  per  violazione  delle
disposizioni ex articoli 2,3 Cost. e 8 Carta EDU  in  relazione  alla
disposizione ex art. 117, I co., Cost. 
    La ritenuta illegittimita' costituzionale  del  divieto  e'  data
dalla perentorieta' del divieto posto che impedisce  di  graduare  il
divieto alla situazione concreta che puo' richiedere il  farsi  luogo
all'adozione  per  tutelare  i   rapporti   affettivi   e   familiari
dell'adottante e dell'adottando ma anche i rapporti affettivi  tra  i
membri della famiglia dell'adottante  -  che  possono  essere  minori
legati affettivamente all'adottando come nel caso in esame dinanzi  a
questo Tribunale - e dell'adottando. 
    La ritenuta incostituzionalita' del divieto della disposizione ex
art. 291 c.c. di adottare il maggiorenne in presenza di figli  minori
e' dato quindi dall'impossibilita' digradare il divieto nel  caso  di
specie, di talche' si ritiene la disposizione incostituzionale  nella
parte  in  cui,  per  quanto  concerne  il  divieto  di  adottare  il
maggiorenne in presenza  di  discendenti  -  minori  -,  non  preveda
l'inciso o indicazione «salvo che emerga nel caso concreto  l'assenza
di profili di pregiudizio per i minori» e quindi nella parte che  non
consente al  giudice  di  valutare  caso  per  caso  se  farsi  luogo
all'adozione se in concreto non emerga alcun profilo  di  pregiudizio
per i minori. 
    Pertanto, non e' l'equiparazione della  disciplina  dell'adozione
del maggiorenne  alla  disciplina  dell'adozione  del  minore  -  che
manifestamente hanno profili di diversita'  -  ma  e'  l'assenza  del
profilo di merito con la quale consentire al giudice una  valutazione
caso per caso se farsi luogo all'adozione del maggiorenne in presenza
di discendenti minorenni dell'adottante. 
    Ne discende che il divieto  di  adozione  in  presenza  di  figli
minori  si  risolve  in  un  automatismo  che  non  consente   alcuna
valutazione da parte del giudice. 
    Peraltro, il richiamo al pregiudizio del minore non  e'  concetto
indefinito in quanto  -  allo  stato  -  ampiamente  declinato  dalla
giurisprudenza di legittimita' per il profilo  rilevante  in  ragione
delle disposizioni ex articoli 330 e 333 c.c. e in particolare  della
disposizione ex art.  333,  I  co.,  c.c.  che  utilizza  il  termine
«pregiudizio» per il minore  (cfr.  Cassazione,  Sez.  I  civile,  16
settembre 2024 n. 24708). 
    Il divieto risulta, allo stato, interpretato in quanto i minori -
quali soggetti incapaci - non sono in grado di esprimere un  consenso
proprio e informato rispetto alla prospettata  adozione  che  i  loro
genitori intendano ottenere come ha indicato la Corte  costituzionale
con la richiamata - per quanto  risalente  -  giurisprudenza  che  ha
rilevato che «che la suddetta struttura dell'istituto presuppone, fra
l'altro,  la  necessita'  che  i  membri  della  famiglia   legittima
dell'adottante  (coniuge  e  figli)  siano  adeguatamente  posti   in
condizione di valutare le conseguenze che, sia sul piano  morale  sia
sul piano patrimoniale, ha l'adozione di una persona  maggiorenne  da
parte del loro congiunto;  che  siffatta  valutazione  e'  assicurata
dalla prestazione del rispettivo assenso; che  tale  sistema  non  e'
stato modificato dalle sentenze di questa Corte n. 557 del 1988 e  n.
345 del 1992, la seconda  delle  quali  si  e'  limitata  a  ritenere
applicabile ai figli legittimi o  legittimati  maggiorenni  la  norma
dettata dall'art. 297, secondo comma, ultima  parte,  codice  civile,
per l'ipotesi di impossibilita' di ottenere l'assenso all'adozione da
parte delle persone  chiamate  ad  esprimerlo,  a  causa  della  loro
incapacita'» (Corte Cost. 170 del 2003). 
    Il Collegio ritiene che la giustificazione del divieto  a  fronte
del fatto che il minore sia un soggetto  incapace  -  quindi  non  in
grado di esprimere in modo consapevole il consenso all'adozione - sia
un eccessivo pregiudizio rispetto all'esigenza di tutelare i rapporti
affettivi e di quotidianita' che legano adottante  e  adottando  -  e
anche i rapporti tra  i  membri  della  famiglia  dell'adottante  con
l'adottando, posto che il divieto -  cosi'  interpretato  -  si  puo'
esaurire pertanto nella sterile  attesa  del  decorso  del  tempo  in
attesa che il discendente minore  diventi  maggiorenne  e  posto  che
detto discendente potrebbe - come nel caso in esame -  essere  legato
da un rapporto affettivo con l'adottando e che pertanto  -  diventato
maggiorenne - ben prestera' il suo consenso all'adozione. 
    Questo Tribunale ritiene  che  la  rappresentanza  processuale  e
sostanziale del minore - nell'ambito del procedimento di adozione del
maggiorenne - puo' e/o deve essere assicurata attraverso la nomina di
un curatore speciale coerentemente  alla  disciplina  internazionale,
sovranazionale e nazionale. 
    La disposizione ex art. 10 Convenzione europea sull'esercizio dei
diritti dei minori impone l'adeguata rappresentanza  dei  minori  nei
procedimenti che li interessano e l'approdo che considera  la  nomina
di un curatore speciale provvedimento obbligatorio - in  presenza  di
un conflitto di interessi tra minore e esercenti  la  responsabilita'
genitoriale - a pena di  nullita'  della  decisione  (Cass.,  Sez.  I
civile, 29 novembre 2023 n. 33185). 
    Peraltro, ritiene il Collegio  che  l'espressione  dell'eventuale
consenso  all'adozione  risulta  costituire  atto  di  rappresentanza
sostanziale ma che l'ordinamento conosce l'esistenza della figura del
curatore speciale del minore che puo' esercitare - oltre un ruolo  di
rappresentanza processuale - anche di rappresentanza sostanziale  per
il compimento di attivita' negoziali come il curatore previsto  dalle
disposizioni ex articoli 316 e 320 c.c. e anche in modo generalizzato
- con la riforma eseguita con legge 10 ottobre 2022 n. 149 -  con  la
disposizione ex art. 473-bis. 7, II comma lettera «b», c.p.c. 
    Ne discende che  il  consenso  all'adozione  per  il  discendente
minore - ex art. 297 c.c.- puo' costituire oggetto di incarico  a  un
curatore speciale che possa rappresentare il minore per la  cura  dei
suoi  interessi  del  minore  nel  procedimento   di   adozione   del
maggiorenne e quindi poter rappresentare anche gli elementi  ostativi
al farsi luogo all'adozione che - allo stato - risultano  irrilevanti
a fronte dell'assenza di ogni spazio di  valutazione  del  merito  in
ragione dell'automatismo del divieto ex art. 291, I co., c.c. 
    Ritiene quindi  il  Collegio  che  il  divieto  di  adozione  del
maggiorenne a chi abbia discendenti minori risulta costituzionalmente
compatibile ove interpretato quale misura protettiva per  il  minore,
ossia ove l'adozione del maggiorenne possa arrecare pregiudizio  alla
cura, all'educazione e all'istruzione dei minori a fronte del rilievo
costituzionale - ex articoli  2,  3  e  32  Cost.  -  della  funzione
educativa dei minori. 
    Ne discende che in caso di assenza  di  un  concreto  pregiudizio
alla cura, alla crescita e all'educazione nonche' al  patrimonio  dei
minori derivante dall'adozione del maggiorenne compiuta dai  genitori
esercenti  la   responsabilita'   genitoriale   possa   farsi   luogo
all'adozione. 
    Peraltro, ritiene il Collegio che la valutazione dell'assenza  di
un  profilo  di  pregiudizio  per  i  discendenti  minori   derivanti
dall'adozione del  maggiorenne  non  pregiudichi  la  competenza  del
Tribunale per i Minorenni. 
    La  decisione   dell'adozione   del   maggiorenne   concerne   un
maggiorenne e che risulta  quindi  esulante  da  profili  concernenti
l'emissione di provvedimenti ablativi o limitativi la responsabilita'
genitoriale o l'adozione di un minorenne. 
    Peraltro, la dottrina e la giurisprudenza che  in  passato  aveva
sollevato - per  quanto  concerne  la  disciplina  dell'adozione  del
maggiorenne - un possibile  conflitto  di  competenze  tra  Tribunale
Ordinario e Tribunale per i Minorenni risulta datata  e  superata  in
quanto opinione espressa prima della riforma eseguita con  legge  219
del 2012, in un contesto che vedeva ampie ed esclusive competenze del
Tribunale per i Minorenni che - allo stato - sono venute meno o  sono
in concorso con il Tribunale  Ordinario,  concorso  che  peraltro  si
risolve - ex  art.  38  disp.  att.  c.c.-  a  favore  del  Tribunale
Ordinario  per  la  riconosciuta  preminenza  della  sua   competenza
funzionale quale strumento  per  la  prospettata  unificazione  della
giurisdizione per le famiglie, per i minori e per le persone. 
    La ritenuta illegittimita'  costituzionale  e'  quindi  derivante
dall'automatica  applicazione  del  divieto  che  -  non  consentendo
valutazioni caso per caso - costituisce una gravosa  ingerenza  dello
Stato  nei  rapporti  privati  e   familiari   con   la   conseguente
incompatibilita' con le disposizioni ex articoli 2  e  3  Cost.  e  8
Carta EDU in riferimento alla disposizione ex art. 117 Cost. 
    L'aggregazione affettiva tra adottante e adottando e tra i membri
della famiglia dell'adottante e dell'adottando - ex articoli 2  e  29
Cost. - costituisce  ambito  rientrante  nella  definizione  di  vita
privata a familiare  rilevante  ex  art.  8  Carta  EDU,  di  talche'
l'esistenza di un divieto automatico a dare una forma giuridica  -  e
quindi di tutela giuridica -  al  rapporto  affettivo  cosi'  formato
costituisce un'evidente e non proporzionale ingerenza dello Stato nei
rapporti privati e familiari. 
    4. L'adozione del maggiorenne e sul tertium comparationis 
    L'adozione del maggiorenne e' stata tradizionalmente  qualificata
con il riconoscimento di una  finalita'  patrimoniale,  ricostruzione
tradizionale secondo cui l'interesse  dell'adozione  del  maggiorenne
sia   diretta   a   realizzare   l'interesse   economico   e   morale
dell'adottando quanto  l'interesse  dell'adottante  a  perpetuare  la
discendenza in assenza di filiazione biologica. 
    Eppure il riscontro alla  natura  di  istituzione  con  finalita'
patrimoniali dell'adozione del maggiorenne e in termini piu' generale
dell'adozione puo' risultare - ove riguardata  alla  sua  complessiva
storia - come un  qualcosa  che  semmai  puo'  arricchire  la  natura
dell'istituto e non anche definirlo nella sua completezza. 
    L'adozione  nella   storia   moderna   conosce   nuovo   sviluppo
applicativo con il decreto del 18 gennaio 1792 quando il  legislatore
rivoluzionario     introduce      nell'ordinamento      l'istituzione
dell'adozione, approdo questo dell'apporto del pensiero illuministico
di coloro che ritenevano l'adozione un dovere sacro e ineludibile per
i cittadini privi di figli e  per  coloro  -  pensiero  riportato  al
rapporto del 9 agosto 1793 al primo progetto  di  Code  civil  -  che
consideravano l'adozione un'istituzione ammirevole che consentiva  la
divisione  della  fortuna  senza  crisi-  liti  -  e  di  coloro  che
ritenevano l'adozione un atto di liberalita' e  di  beneficienza  per
proteggere fanciulli privi di genitori e che l'ammettevano anche  per
coloro che avessero figli. 
    Cosi'  nel  detto  rapport  del  9  agosto   1793   il   relatore
rappresentava  l'adozione  «L'adoption  est  tout  a'  la  fois   une
institution de bienfaisance et la vivante image  de  la  nature.  I.e
respect dû a' cette double qualite' a determine'  le  mode  que  nous
venons de vous soumettre.  L'adoption  donne  plus  d'etendue  a'  la
paternite', plus d'activite'  a'  l'amour  filial;  elle  vivifie  la
Famille par l'emulation; ella la repare par de nouveaux choix; et  en
corrigeant les erreurs de la nature, elle en  acquitte  la  dette  en
agrandissant son empire. C'est le rameau etranger ente' sur un  tronc
antique; il en ranime la  seve;  il  embellit  la  tige  de  nouveaux
rejetons; et, par cette insertion  heureuse,  elle  couronne  l'arbre
d'une nouvelle moisson de fleurs et de fruits: admirable  institution
que vous  avez  eu  la  gloire  de  renouveler,  et  qui  se  lie  si
naturellement a' la constitution de la republique, puisque elle amene
sans crise la division des grandes fortunes». 
    Il travagliato percorso rivoluzionario dell'adozione approda alla
data fondamentale del 5 dicembre 1801 ove il primo Console di Francia
ritenne doveroso confermare l'adozione quale «une espece  de  nouveau
sacrement»  rafforzato  dal  potere   legislativo   posto   che   «Le
legislateur, comme un pontife, donnera le caractere sacre'». 
    Cosi' la disciplina del Code Civil. - diventante  a  partire  dal
1806 il codice del Regno d'Italia - articoli 343 - 360  consentiva  -
in particolare - l'adozione in presenza del fatto che l'adottante sia
nell'impossibilita' di avere figli, abbia almeno cinquanta anni e che
la differenza di eta' tra quest'ultimo e  l'adottato  sia  di  almeno
quindici anni, che l'adottato sia maggiore di eta' e, se ha il  padre
e la madre, o uno solo di essi, ottenga, fino ai venticinque anni, il
loro consenso e, dopo  questa  eta',  il  loro  «consiglio»  mediante
l'atto rispettoso, che infine (in tal caso si deroga  alla  rigidita'
di principi prima affermata riguardo alla  minore  eta')  l'adottante
abbia avuto, almeno per un periodo di sei anni, durante l'eta' minore
del pupillo, cura di lui «con somministrargli sussidi». 
    La natura duale dell'adozione  -  tra  interesse  patrimoniale  e
interessi personalistici della cura della persona -  affiorano  anche
nella dottrina italiana che lavoro' al  progetto  del  c.c.del  Regno
d'Italia - 1806 - e di quella che lavoro' al codice parmense - lavori
1814 e 1815 e 1820 - specie di quelli esitati dalla c.d.  commissione
milanese - articoli 189 - 218 - che escludevano l'adozione «se avendo
avuto figli anteriormente all'adozione fosse incorso nella perdita, o
privazione della patria podesta' nei casi contemplati dagli  articoli
135, e 137, quelli  che  volontariamente  si  fossero  privati  della
potenza di generare, quelli che fossero stati condannati per  delitti
di procurato aborto, di  esposizione  d'infante,  d'infanticidio,  di
omicidio  in  linea  discendente  o  nel  coniuge»  rivelando  quindi
l'aspirazione  del  legislatore  a   qualificare   l'adozione   quale
strumento diretto alla cura della persona e non solo alla  tutela  di
interessi di natura patrimoniale. 
    Il  discrimine  tra  i  due  punti  di  vista  dell'adozione   fu
individuata da parte della dottrina in una  ritenuta  sovrapposizione
tra adoptio - arrogatio di  diritto  romano  con  l'adozione  che  il
legislatore  illuministico  intendeva  introdurre,   tanto   che   il
redattore del codice  parmense  ammoni'  l'assemblea  legislativa  da
deviazioni  rispetto  al  modello  romanistico,  rilevando  che   «le
adozioni dovevano ritenersi nel nuovo Codice non gia'  per  l'uso  di
esse fra noi, ma pel rispetto  dovuto  ad  una  istituzione  romana",
sebbene  il  codice  definitivo  parmense  -  per  quanto   riducesse
l'apporto  innovativo   dei   lavori   della   commissione   milanese
adeguendosi al modello offerto dal Code civil - nondimeno riconosceva
l'importanza della presenza dell'idoneita' dell'adottante  alla  cura
della persona dell'adottanda. 
    Peraltro, il divieto  di  adottare  in  presenza  di  discendenti
risulta  oggetto  di  ermeneusi  da  parte  di  eccellente   dottrina
formatasi sotto il Codice delle leggi  civili  del  Regno  delle  Due
Sicilie del 1819 che rilevava che l'adozione era «solo in sollievo di
coloro che non hanno  figli,  si'  perche'  essa  non  dev'essere  di
pregiudizio a' diritti de' figliuoli legittimi». 
    La dualita' delle  finalita'  dell'adozione  trova  un  apparente
blocco nei lavoratori preparatori del codice unitario del  1865,  ove
il Guardasigilli ritenne di non introdurre nel  progetto  l'adozione,
ritenendo che detto istituto rispecchiasse un'idea  aristocratica  di
beneficienza - quindi distante dalla predominante ideologia  borghese
dell'epoca - e  nel  timore  che  l'istituto  potesse  consentire  la
legittimazione  di  figli   naturali,   ma   trovando   l'opposizione
dell'assemblea e in particolare di eccellente opinione  che  rilevava
che «L'adozione, gia' nota agli Egiziani, agli Ebrei, ai Greci  e  ad
altri popoli dell'antichita' piu' remota, trovo'  il  massimo  favore
presso il popolo di Roma, che le diede anche carattere  d'istituzione
politica, carattere che, caduta la Repubblica,  scomparve  a  poco  a
poco sotto l'Impero, finche' nel diritto pretorio, e piu' ancora  nel
nuovissimo diritto giustinianeo, l'adozione null'altro divenne che un
atto di beneficenza che non muta i rapporti dell'adottato  colla  sua
famiglia naturale. Questa indole conserva ancora al di' d'oggi,  dopo
avere traversato presso alcuni popoli diverse  vicende.  Nel  diritto
italico si puo' affermare  che  sempre  si  sono  conservate  intorno
all'adozione le ultime tradizioni romane, e se le adozioni  piu'  non
si possono dire frequenti, non sono neppure tanto  rare  che  non  ne
resti ancora viva e gradita la  memoria  nell'opinione  generale.  Un
puro sentimento di beneficenza che avra' l'umanita', e  il  desiderio
naturale all'uomo di vivere nei posteri  hanno  in  origine  ispirato
questa imitazione della natura a sollievo di  coloro  che  figli  non
ebbero, o ne rimasero orbati... Mentre si muove accusa, forse non del
tutto immeritata, di freddo egoismo agli uomini  del  nostro  secolo,
improvvido  consiglio  sarebbe  l'avvalorarla  collo   spegnere   una
istituzione filantropica, la quale nutre  ed  avviva  i  piu'  nobili
sentimenti di generosita' e di beneficenza ... L'adozione non altera,
non falsa, ma favoreggia e supplisce la  natura.  E'  una  invenzione
pietosa della legge, la quale e' destinata a colmate un vuoto che una
sorte avara ed avversa lascia non di rado nella vita dell'uomo» e che
per il timore che  con  l'adozione  si  potessero  legittimare  figli
naturali che «rimane vietato ai genitori  l'adozione  di  figli  nati
fuori di matrimonio,  e  sebbene  la  loro  ricerca  sia  interdetta,
possono tuttavia e debbono i  magistrati  chiamati  ad  approvare  le
adozioni, indagare e vegliare  che  a  tale  divieto  non  si  faccia
frode». 
    La disciplina che esitava dai lavori - ex articoli  202  e  segg.
Cod. abr. - prevedeva, per i fini  che  interessano,  il  divieto  di
adozione da parte di chi avesse discendenti legittimi e legittimati e
che l'adozione era prevista anche per il maggiorenne - posto  che  le
disposizioni ex articoli 206, 207 e 208 Cod. abr. avevano la funzione
di specificare che il minore potesse  essere  adotto  purche'  avesse
compiuto diciotto anni - la maggiore eta' era a ventuno anni ex  art.
240 Cod. abr. - e vi fosse il consenso dei genitori o  del  tutore  e
del consiglio di famiglia (in tal senso la disposizione ex art.  208,
II co., Cod. abr. prevedeva il consenso del coniuge dell'adottato con
la conseguenza che l'adozione non  era  limitata  solo  ai  minorenni
maggiori di anni diciotto ma che le disposizioni ex artt. 207 e segg.
avevano la funzione di  specificare  che  anche  i  minori  potessero
essere adottati  con  la  specificazione  che  l'eta'  per  contrarre
matrimonio era fissata all'epoca a quindici anni). 
    La  breve  ricostruzione  storica  e'   utile   a   veicolare   -
preliminarmente  -   l'ermeneusi   dalla   disciplina   dell'adozione
attraverso un criterio interpretativo che tenga conto  delle  origini
storiche dell'istituto. 
    L'adozione pertanto originariamente non prevedeva un taglio netto
- come il  nostro  ordinamento  -  tra  adozione  del  maggiorenne  e
adozione   del   minorenne,   ma   condivideva   una    ricostruzione
interpretativa  che  -  pur  non   disconoscendo   la   funzione   di
perpetuazione della discendenza al fine di conservare il patrimonio e
il cognome dell'adottante  -  nondimeno  conosceva  una  funzione  di
istituto per la cura  degli  aspetti  strettamenti  personalistici  e
anche con finalita' umanitarie. 
    Questo  Tribunale  ritiene  -  al  fine  di  contenere  il   dato
motivazionale  della  ritenuta  illegittimita'  costituzionale  della
disposizione ex art. 291, I co., c.c. - non utile  soffermarsi  sulla
legge 5 giugno 1967 n. 431 che introdusse - articoli 314/1  -  314/28
c.c. - l'adozione speciale a favore di minori dichiarati in stato  di
adottabilita' e poi abrogata a fronte della riforma operata con legge
4 maggio 1983 n. 184 e modificata legge 28 marzo 2001 n. 149  se  non
al fine di rilevare il dato che  la  giurisprudenza  ha  ritenuto  la
diversita'  dell'adozione  del  minorenne  rispetto  a   quella   del
maggiorenne. 
    Il Collegio non ignora che la  giurisprudenza  costituzionale  ha
rilevato  che  «L'organica  disciplina  della  adozione  dei  minori,
dettata dalla legge n. 184 del 1983, ha come essenziale  e  dominante
obiettivo - in conformita' alle convenzioni  internazionali  volte  a
disciplinare e proteggere in modo specifico  i  minori  (si  veda  in
proposito  la  Convenzione  di  Strasburgo   sulla   loro   adozione,
ratificata in forza della legge 22 maggio 1974, n. 357) - l'interesse
dei minori stessi ad un ambiente familiare stabile ed armonioso,  nel
quale si  possa  sviluppare  la  loro  personalita',  godendo  di  un
equilibrato contesto affettivo ed educativo che ha  come  riferimento
idonei genitori adottivi. Coessenziali all'adozione dei  minori  sono
l'inserimento nella famiglia di definitiva accoglienza ed il rapporto
con  i  genitori  adottivi,  i  quali  assumono  la   responsabilita'
educativa dei minori adottati. Ne deriva l'attribuzione ad essi delle
potesta' e dei doveri che caratterizzano la  posizione  dei  genitori
nei confronti dei figli, anche quando, come nella  adozione  in  casi
particolari (art. 48 della legge n. 184  del  1983),  il  minore  non
sempre versi in stato di abbandono e non cessino del tutto i rapporti
con i genitori  di  origine.  In  questo  contesto,  che  implica  di
necessita' il pieno inserimento del minore nella comunita'  familiare
adottiva, si colloca l'obbligo dell'adottante di mantenere,  istruire
ed educare l'adottato, in conformita' a quanto  prescritto  dall'art.
147 del c.c.per i figli nati nel matrimonio (art. 48 della  legge  n.
184 del  1983).  La  specialita'  di  questa  disciplina  legislativa
risponde alla specificita' delle esigenze di protezione  del  minore.
In  funzione  dell'interesse  di  quest'ultimo  il  provvedimento  di
adozione e' circondato  di  particolari  cautele  ed  e'  pronunciato
all'esito di un procedimento che implica un  incisivo  controllo  del
Tribunale per i minorenni,  volto  a  verificare,  al  di  la'  della
volonta'  delle  parti  interessate,  se   l'adozione   realizza   il
preminente  interesse  del  minore»  e  che  «L'adozione  di  persone
maggiori di eta' si caratterizza in  modo  ben  diverso  da  come  in
precedenza delineato. Essa non implica necessariamente  l'instaurarsi
o  il  permanere  della  convivenza  familiare,  non   determina   la
soggezione  alla  potesta'  dei   genitori   adottivi,   ne'   impone
all'adottante l'obbligo di mantenere, istruire ed educare l'adottato.
Inoltre l'adozione di persone  maggiori  di  eta'  e'  essenzialmente
determinata dal consenso dell'adottante e dell'adottanda, giacche' il
controllo  del  Tribunale  verte  sui   requisiti   che   legittimano
l'adozione,  essendo  rimesso  al  giudice  il  ristretto  potere  di
valutare se l'adozione «conviene» all'adottanda (art. 312 del  codice
civile). Nell'adozione di persone maggiori di eta' al giudice non  e'
attribuito alcun  discrezionale  apprezzamento  dell'interesse  della
persona dell'adottanda; ne' possono essere effettuati quegli incisivi
controlli previsti per l'adozione di minori,  che  significativamente
rispecchiano la diversita' di presupposti  e  di  finalita'  dei  due
istituti» (Corte Cost., sentenza 8 marzo 1993 n. 89). 
    L'approdo richiamato ritenne - all'epoca - che fosse coerente con
il sistema - a fronte della diversita' tra adozione del  minorenne  e
del maggiorenne - consentire la derogabilita' dei divieti di adozioni
concernenti di eta' solo per  l'adozione  del  minorenne  secondo  la
disciplina della disposizione ex art. 44 legge 184 del 1983  dopo  la
parziale dichiarazione di incostituzionalita'  nella  parte  che  non
consentiva  al  giudice  di  ridurre   l'intervallo   temporale   per
l'adozione in  presenza  di  «validi  motivi»  per  la  realizzazione
dell'unita' familiare (Corte Cost., sentenza 2 febbraio 1990  n.  44;
cfr. per la deroga ai limiti temporali Corte Cost. 18 marzo  1992  n.
148). 
    Nondimeno, la linea ermeneutica tracciata da Corte Cost.  89  del
1993  risulta  si'   condivisa   dal   recente   orientamento   della
giurisprudenza di legittimita' - che ha ritenuto non dover  sollevare
questione  di  legittimita'  costituzionale  -  ma  ha  rilevato  che
l'adozione  «nell'accezione  e  configurazione  sociologica   assunta
dall'istituto negli ultimi decenni, in cui - come e'  indiscusso  sia
in dottrina che nella giurisprudenza - ha  perso  la  sua  originaria
connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuita' della
sua casata  e  del  suo  patrimonio,  per  assumere  la  funzione  di
riconoscimento giuridico  di  una  relazione  sociale,  affettiva  ed
identitaria,  nonche'  di  una  storia  personale,  di  adottante   e
adottando, con la  finalita'  di  strumento  volto  a  consentire  la
formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra
loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili. In sostanza,
l'istituto ha perso la sua originaria natura  di  strumento  volto  a
tutelare l'adottante per  assumere  una  valenza  solidaristica  che,
seppure distinta da quella inerente all'adozione di  minori,  non  e'
immeritevole di tutela. In tale mutato contesto sociale, il  suddetto
limite  di  (Omissis)  anni   appare   un   ostacolo   rilevante   ed
ingiustificato   all'adozione   dei   maggiorenni,   un'indebita   ed
anacronistica  ingerenza  dello  Stato  nell'assetto   familiare   in
contrasto con l'art. 8 Cedu, interpretato nella  sua  accezione  piu'
ampia riguardo ai  principi  del  rispetto  della  vita  familiare  e
privata. Infatti, la Corte Europea  dei  Diritti  dell'Uomo  ha  piu'
volte affermato che, al di la' della protezione contro  le  ingerenze
arbitrarie, l'art. 8,  pone  a  carico  dello  Stato  degli  obblighi
positivi dl rispetto effettivo della vita  familiare.  In  tal  modo,
laddove e' accertata l'esistenza di un  legame  familiare,  lo  Stato
deve in linea di principio agire in modo tale da  permettere  a  tale
legame di svilupparsi» (Sentenza CEDU del 13 ottobre 2015, su ricorso
n. 52557/14)» (Cass., Sez. I civile, 3 aprile 2020 n. 7667). 
    La decisione  di  legittimita'  risulta  fondamentale  perche'  a
fronte della riconosciuta  natura  dell'adozione  di  maggiorenne  di
istituto diretto a completare e tutelare la vita privata e  familiare
della  persona  -  ex  art.  8  Carta  EDU  -  la  giurisprudenza  di
legittimita' ha ritenuto legittimo il superamento del  limite  d'eta'
ex art. 291 c.c.  all'adozione  da  parte  del  giudice  al  fine  di
tutelare situazioni familiari consolidatesi nel tempo. 
    Questo Tribunale ritiene che il tracciato evolutivo dell'adozione
e - in particolare - dell'adozione del maggiorenne ora data sia stata
recepita anche dal condivisibile orientamento della giurisprudenza di
legittimita' con la sentenza del 18 gennaio 2024 n. 5. 
    Preme a questo  Collegio  rilevare  che  la  detta  decisione  ha
interessato la stessa disposizione oggetto della presente  ordinanza,
ossia la disposizione ex art. 291, I co., c.c. che pone i divieti  e/
o limitazioni per l'adozione del maggiorenne che si richiama: 
      «l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti,
che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano  di  diciotto
anni l'eta' di coloro che intendono adottare». 
    La  Corte  ha  affrontato  preliminarmente  la  questione  se  la
disposizione ex art. 291, I  co.,  c.c.  potesse  essere  oggetto  di
interpretazione costituzionalmente orientata a fronte del  fatto  che
il  giudice  remittente  ritenne  non  condivisibile  la   richiamata
decisione  3  aprile  2020  n.  7667  limitatamente   alla   ritenuta
possibilita' di interpretare detto divieto in modo costituzionalmente
orientato. 
    La  Corte  ha   quindi   ritenuto   che   «Deve,   al   riguardo,
preliminarmente darsi atto che correttamente  il  giudice  a  quo  ha
escluso  la  possibilita'  di  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata  della  disposizione  censurata,  cosi'  sottoponendo  allo
scrutinio di questa Corte il  proprio  dubbio.  Secondo  la  costante
giurisprudenza costituzionale, infatti, «l'onere  di  interpretazione
conforme  viene   meno,   lasciando   il   passo   all'incidente   di
costituzionalita', allorche' il giudice rimettente sostenga, come nel
caso di specie,  che  il  tenore  letterale  della  disposizione  non
consenta tale interpretazione»  (sentenza  n.  104  del  2023;  nello
stesso senso, sentenze n. 102 del 2021, n. 253 del 2020 e n. 232  del
2013). Nella specie, la formula perentoria del primo comma  dell'art.
291 codice civile,  nella  parte  in  cui  legittima  l'adozione  dei
maggiorenni ai richiedenti che  «superano  di  almeno  diciotto  anni
l'eta' di coloro che essi intendono adottare»,  integra  all'evidenza
detto limite all'onere di interpretazione conforme». 
    Peraltro, la  Corte  ha  anche  rilevato  che  «Questa  Corte  ha
ripetutamente  affermato  che  l'ammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'   costituzionale   risulta   condizionata   non    tanto
dall'esistenza di un'unica  soluzione  costituzionalmente  obbligata,
quanto dalla  presenza  nell'ordinamento  di  una  o  piu'  soluzioni
costituzionalmente adeguate, che si inseriscano nel tessuto normativo
coerentemente con la logica perseguita dal legislatore (ex  plurimis,
sentenze n. 221 del 2023, n. 252 e n. 224 del 2020). Solo  «se  manca
una soluzione costituzionalmente adeguata o se  «il  superamento  dei
prospettati dubbi di legittimita' costituzionale esige un  intervento
di sistema del legislatore» (sentenza n.  47  del  2023),  allora  la
questione e' inammissibile» (sentenza n. 221 del 2023, che  cita,  in
termini, le sentenze n. 202, n. 143, n. 100 e n. 1 del 2022, n.  151,
n. 59, n. 33 e n. 32 del 2021, n. 80 e n. 47 del 2020)». 
    La Corte  ha  quindi  ritenuto  che  «La  censura  relativa  alla
violazione dell'art. 2 Cost. e' fondata.  Induce  alla  rimeditazione
dell'illustrato orientamento della  giurisprudenza  costituzionale  -
peraltro sviluppatosi essenzialmente sul solo tema  delle  differenze
di struttura, funzione ed effetti tra l'adozione  del  maggiorenne  e
quella del minore in casi particolari - la descritta linea  evolutiva
della  stessa  giurisprudenza   costituzionale   e   di   quella   di
legittimita'  in   relazione   anche   alla   mutata   configurazione
sociologica dell'adozione del maggiorenne, sottolineata dal giudice a
quo. In siffatto quadro complessivo, in cui l'istituto ha  da  ultimo
assunto anche  la  funzione  di  riconoscimento  giuridico  di  nuove
formazioni sociali in cui vivano relazioni identitarie ed  affettive,
il giudice a quo -  senza  contestare  il  significato  sotteso  alla
generale previsione di un tendenziale divario di eta' tra adottante e
adottato - correttamente si  duole  dell'automatismo  del  meccanismo
che,   nella    sua    fissita',    che    prescinde    completamente
dall'apprezzamento della esiguita' dello  scostamento  rispetto  alla
differenza minima di eta' prescritta, sacrifica aprioristicamente  il
diritto alla identita' della  persona.  6.2.  L'adozione  di  persone
maggiori di eta'  non  persegue  piu',  e  soltanto,  per  come  vive
attualmente   nell'ordinamento,   la   funzione    tradizionale    di
trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze  destinate
a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti  e
alle successioni, ma e' divenuto uno strumento  duttile  e  sensibile
alle  sollecitazioni  della  societa',  in  cui  assumono   crescente
rilevanza i profili personalistici, accanto  a  quelli  patrimoniali.
L'istituto - suggellando sovente l'effettiva e definitiva coincidenza
tra   situazione   di   fatto   e   status   -   formalizza    legami
affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo  e  preesistenti
al  riconoscimento  giuridico,  sono  rappresentativi  dell'identita'
dell'individuo». 
    Pertanto, la  Corte  ha  rilevato  che  «L'attuale  conformazione
dell'istituto rende, anche in questo caso, «palese l'irragionevolezza
di una regola priva di un margine di flessibilita'» (sentenza n.  135
del 2023, punto 7.2. del Considerato in diritto), in quanto destinata
ad entrare in frizione, nell'assolutezza  della  previsione,  con  il
diritto costituzionale inviolabile all'identita' personale. 
    7. L'esigenza della temperata derogabilita' dei  limiti  di  eta'
nell'adozione   ha   gia'   trovato   ripetuta   affermazione   nella
giurisprudenza  di  questa  Corte   (vedi   supra,   punto   5.4.1.).
L'ordinario  divario  di  eta'  tra  adottante  e  adottato  mantiene
intatta, del resto, la sua valenza. E' la assoluta inderogabilita' di
esso che entra in frizione con i richiamati principi  costituzionali.
Il punto di equilibrio e' nell'accertamento rimesso al giudice  (come
previsto, in tema di assensi, dall'art. 297,  secondo  comma,  codice
civile), che, caso per  caso  e  nel  bilanciamento  degli  interessi
coinvolti,  individuati  in   ragione   della   nuova   funzionalita'
dell'istituto,  provvedera'  ad   apprezzare   se   esistano   motivi
meritevoli che consentano di derogarvi nel caso in cui  la  riduzione
di quel divario risulti esigua. Non e' necessario che la  nozione  di
esiguita' sia ulteriormente definita tramite l'indicazione di criteri
piu' specifici, ai quali il giudice dovrebbe ispirarsi nel valutare i
singoli casi in cui il limite minimo dei diciotto anni  possa  essere
derogato. Essa rappresenta una clausola generale,  e/te  richiama  la
necessita' di  conservare  una  ragionevole  imitazione  del  divario
esistente in natura tra genitore  e  figlio,  la  cui  impellenza  e'
destinata ad affievolirsi via via che aumenta  l'eta'  dell'adottato.
8. L'art. 291, primo comma, cod. civ. deve essere pertanto dichiarato
costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, per l'adozione del
maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi  di  esigua
differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di
eta' di diciotto anni fra adottante e adottando». 
    Peraltro,  questo  Tribunale  richiama  -  quale  ritenuto  utile
precedente per il tertium comparationis per  censurare  l'automatismo
del divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia discendenti minori
la decisione  della  Corte  costituzionale  con  la  quale  e'  stata
dichiarata  l'incostituzionalita'  della  disposizione  ex  art.  569
codice penale «nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna
pronunciata contro il genitore  per  il  delitto  di  alterazione  di
stato, previsto dall'art. 567,  secondo  comma,  del  codice  penale,
consegua di diritto la  perdita  della  potesta'  genitoriale,  cosi'
precludendo   al   giudice   ogni   possibilita'    di    valutazione
dell'interesse del minore nel caso concreto» (Corte  Cost.,  sentenza
23 febbraio 2012 n. 31). 
    La disposizione comportava  automaticamente  la  pena  accessoria
della sospensione della responsabilita' genitoriale  per  coloro  che
fossero  stati  condannati  per  uno  dei  delitti   previsti   dalle
disposizioni ex articoli 566 e segg. c.p. 
    L'approdo ermeneutico della Corte costituzionale ha rilevato  che
la sanzione automatica fosse una eccessiva ingerenza del potere dello
Stato nei  rapporti  privati  e  familiari  posto  che  l'automatismo
impediva' di valutare il  caso  concreto  in  quanto  i  delitti  cui
accedeva non recavano in se' l'inidoneita' del soggetto all'esercizio
del ruolo genitoriale. 
    Questo Tribunale ritiene che pena e  divieto  siano  limiti  alla
sfera del privato e che per  essere  legittimi  devono  anche  essere
proporzionali all'interesse che sono diretti a tutelare. 
    Ritiene il Collegio che  il  divieto  di  adottare  a  chi  abbia
discendenti abbia  l'origine  nella  tutela  della  trasmissione  del
patrimonio ai discendenti legittimi  e  legittimati  -  impedendo  la
dispersione del patrimonio familiare - e quale strumento rafforzativo
il divieto di legittimare figli naturali quale  afflato  di  un'epoca
che teneva in grande considerazione  la  presenza  della  discendenza
legittima e che faceva quindi da sfondo a un'opinione  dottrinaria  e
storica di ostilita' all'adozione, per quanto  la  costruzione  e  la
conservazione   dell'adozione   sia   stata   realizzata   attraverso
l'opionione  liberal  -  illuministica  di  coloro   che   ne   hanno
evidenziato la finalita' umanitaria. 
    Questo Tribunale ritiene che il giudice investito  della  domanda
di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia discendenti  minori
debba poter modulare la finalita' della conservazione del  patrimonio
familiare con la tutela dei legami familiari e affettivi e che  detta
modulazione e' -  allo  stato  -  impedito  dalla  perentorieta'  del
divieto posto dalla disposizione ex art. 291, I co., c.c. 
    L'origine del divieto per un verso  delinea  anche  l'assenza  di
poter  conservare  detto  divieto  sulla  base  dell'inidoneita'  del
discendente minore  a  esprimere  un  consenso  proprio  per  la  sua
incapacita', posto che detta situazione risulta obliterabile  con  la
sola attesa del decorso del tempo  -  in  attesa  del  raggiungimento
della maggiore eta' - e in quanto volonta' veicolabile attraverso  un
soggetto esterno e  indipendente  dai  soggetti  coinvolti  quale  un
curatore speciale. 
    Ritiene  quindi  il  Collegio  che  il  divieto  di  adottare  il
maggiorenne in presenza  di  discendenti  minori  e'  compatibile  se
interpretato quale misura  di  protezione  del  minore  da  eventuali
pregiudizi  derivanti  dall'adozione   ma   che   risulta   nondimeno
illegittimo  nella  sua  portata   automatica   che   preclude   ogni
valutazione caso per caso da parte del Giudice. 
    Ne discende che la portata automatica del divieto di adottare  il
maggiorenne  a  chi  abbia  discendenti  minori  in   ragione   della
disposizione ex art.  291,  I  co.,  c.c.  e'  incompatibile  con  le
disposizioni ex  articoli  2  e  3  Cost.  e  art.  8  Carta  EDU  in
riferimento alla disposizione ex art. 117, I co., Cost. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale di Civitavecchia, in composizione  collegiali,  cosi
provvede: 
      Dichiara rilevante nel presente giudizio e  non  manifestamente
infondata  la  questione   di   legittimita'   costituzionale   dalla
disposizione ex art. 291, I co., c.c. nella  parte  che  prevede  che
«l'adozione e' permessa alle persone che  non  hanno  discendenti»  -
come interpretata all'esito della sentenza n. 577 del  1988  e  della
sentenza n. 345 del 1992 della Corte costituzionale - nella parte  in
cui non consente una deroga al divieto in assenza di  pregiudizio  ai
discedenti minori derivante dall'adozione  rimessa  alla  valutazione
del giudice a fronte dell'automatismo del divieto per  la  violazione
delle disposizioni ex  articoli  2  e  3  Cost.  e  8  Carta  EDU  in
riferimento alla disposizione ex art. 117, I co., Cost.; 
      sospende il giudizio; 
      dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura  della
cancelleria, alle parti e alla Presidenza del Consiglio dei ministri,
e sia comunicata ai Presidenti del Senato della  Repubblica  e  della
Camera dei deputati; 
      ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del giudizio  insieme  con  la  prova
delle comunicazioni e notificazioni di cui al precedene capoverso. 
    Cosi' deciso nella Camera di consiglio in  Civitavecchia,  il  13
gennaio 2025. 
 
                        Il Presidente: Gelso  
 
 
                                              Il giudice: Barzellotti