Reg. ord. n. 37 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/03/2025 n. 10
Ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria del 24/10/2024
Tra: G. B.
Oggetto:
Reati e pene – Armi - Previsione che la custodia delle armi di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975 deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica – Previsione, in caso di inosservanza delle prescrizioni, dell'arresto da uno a tre mesi o dell'ammenda fino a euro 516 – Violazione del principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale, a fronte del richiamo al concetto asseritamente indefinito e discrezionale di “diligenza”, preclusivo della possibilità di comprendere in termini di prevedibilità e conoscibilità l’ambito della scelta punitiva del legislatore – Lesione del diritto di difesa – Inosservanza degli obblighi internazionali in relazione all’art. 7 della CEDU - Incidenza negativa sulla vita privata del consociato – Irragionevolezza.
Norme impugnate:
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 2
Co.
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 24
Co.
Costituzione
Art. 25
Co. 2
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 7
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 ottobre 2024
Ordinanza del 24 ottobre 2024 del Tribunale di Reggio Calabria nel
procedimento penale a carico di G. B..
Reati e pene - Armi - Previsione che la custodia delle armi di cui
agli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975 deve essere assicurata
con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica -
Previsione, in caso di inosservanza delle prescrizioni,
dell'arresto da uno a tre mesi o dell'ammenda fino a euro 516.
- Legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina
vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli
esplosivi), art. 20, primo comma, primo periodo, e secondo comma,
in combinato disposto.
(GU n. 10 del 05-03-2025)
TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO CALABRIA
Sezione penale
Il Tribunale di Reggio Calabria, in persona del giudice
dell'udienza pre-dibattimentale, dott. Andrea Iacovelli.
Nel procedimento nei confronti di: B. G., nato a ... il ...
imputato del seguente reato: reato previsto e punito dall'art. 20,
comma secondo della legge n. 110/1975, perche' nella custodia della
armi corte e lunghe (con munizionamento), legalmente detenute presso
la sua abitazione di ... n. ..., non osservava la diligenza
necessaria a garantire un facile accesso alle stesse da parte di
soggetti non legittimati, mettendo cosi' a repentaglio la pubblica
sicurezza.
Fatti accertati in ... il ....
Premesso che:
con decreto di citazione diretta a giudizio emesso dalla
Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Reggio
Calabria in data 27 maggio 2024, l'odierno imputato veniva invitato a
comparire dinanzi questo ufficio all'udienza predibattimentale ex
art. 554-bis codice di procedura penale del 24 ottobre 2024 per
rispondere del reato sopra indicato;
che questo giudice, all'esito della valutazione
dell'effettiva regolarita' del contraddittorio, ritiene che la
fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 20, comma 1, primo
periodo, e 2 legge n. 110/1975 si ponga in contrasto con gli articoli
2, 3, 24, 25, comma 2 della Costituzione, 117 della Costituzione in
relazione all'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
Osserva
1. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
Deve, anzitutto, valutarsi la rilevanza della questione di
legittimita' costituzionale nel presente giudizio; premettendo, - e'
doveroso precisarlo - l'impregiudicatezza di ogni valutazione nel
merito delle accuse elevate dal P.M., che il Tribunale, in veste di
giudice dell'udienza pre-dibattimentale, si riserva di svolgere alla
ripresa del giudizio, nell'ambito dello specifico sindacato devoluto
al giudice dell'udienza pre-dibattimentale ai sensi dell'art. 554-ter
codice procedura penale.
Orbene deve osservarsi che la fattispecie contravvenzionale
astratta contestata all'imputato ex art. 20, comma 2 e 1, primo
periodo, legge n. 110/1975 «chiunque non osserva le prescrizioni di
cui al precedente comma e' punito, se il fatto non costituisce piu'
grave reato, con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda fino a
euro 516,00», richiamando il comma 1 che prevede «La custodia delle
armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2 e degli esplosivi deve
essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza
pubblica») risulta astrattamente applicabile al presente processo in
cui e' stato contestato all'imputato, non esercente attivita' di
commercio o raccolta di anni, la negligente custodia delle stesse
all'interno della sua abitazione sita in ... via ... n. ..., in
ragione della circostanza che, nella giornata del ..., si verificava
un gravissimo e drammatico incidente endo-familiare.
In particolare il figlio dell'imputato, B. F. G. (nato il ...), a
completa insaputa del genitore, ha posto in essere, mediante
l'utilizzo di un'arma (in particolare mediante un fucile automatico
«marca Franchi, calibro 12, modello presti. Avente matricola ...»),
dei gesti autolesionistici determinanti anche il necessario ed
immediato accesso in pari data al nosocomio, come dimostrato dall'
anamnesi del verbale di pronto soccorso in atti («ferita d'arma da
fuoco»), dall'esame obbiettivo contenuto nello stesso dove si evince
la presenza «intorno alla ferita di corpi estranei (verosimilmente
metallici) ritenuti nel sottocute».
L'inconsapevolezza ed estraneita' dell'imputato rispetto al gesto
del figlio risulta suffragato, invece, sotto un primo profilo,
dall'esame dello stesso certificato medico di accesso al pronto
soccorso; nella cui occasione B. F. G. ha riferito, sempre in sede di
anamnesi, di aver tentato il suicidio.
Sotto altro angolo visuale, il fratello del predetto, B. A. F.,
intervenuto nell'immediatezza presso l'abitazione familiare, ha
dichiarato di aver interloquito con D. E., madre dei due fratelli e
li' presente, la quale gli aveva comunicato che F. G. si era sparato.
Quest'ultimo peraltro, nel colloquiare nell'immediatezza del
drammatico episodio con il fratello, gli aveva rappresentato, nel
giustificare la sua contingente perdita di sangue, «che si voleva
uccidere».
La sussistenza effettiva di armi comuni da sparo, anche in
termini di rilevante quantita', nell'abitazione dell'imputato veniva
effettivamente constatata, invece, sulla base del verbale di
perquisizione e sequestro del ... nel quale, oltre alla suindicata
arma utilizzata dal figlio dell'imputato, venivano rinvenute altre
meglio indicate nel medesimo verbale, in particolare «
un fucile da caccia sovrapposto calibro 12 marca Beretta mod.
556 e con matricola n. ...;
un fucile sovrapposto marca Franchi Calibro 12 matricola n.
...;
un fucile sovrapposto calibro 20 marca Zangletti matricola al
momento non rilevata;
un fucile sovrapposto calibro 12 marca Fabarm matricola ...;
una pistola calibro 7,65 marca Bernardelli matricola n. ...
con relative cartucce».
Tali armi erano collocate all'interno di un armadietto blindato
collocato lungo il corridoio dell'abitazione (cfr. annotazione di
polizia giudiziaria e fascicolo fotografico in atti). La titolarita'
delle armi in capo all'imputato veniva riscontrata sulla base di
accertamenti effettuati mediante i sistemi interni in uso al
personale di p.g., che riscontrava anche la sussistenza in capo al B.
G. di un porto d'armi n. ... rilasciato in data ....
Orbene, in via generale deve osservarsi, sempre in punto di
rilevanza della questione, che secondo il consolidato orientamento
della giurisprudenza di legittimita' condiviso da questo giudice
«L'obbligo di diligenza nella custodia delle armi, previsto dall'art.
20 della legge n. 110/1975 - quando non si tratti di soggetti che
esercitino professionalmente attivita' in materia di armi ed
esplosivi - deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che
risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di
fatto, possono esigersi da una persona di normale prudenza, secondo
il criterio dell'"id quod plerumque accidit"» (cfr. Cassazione pen.
Sez. I, sentenza n. 35453 dell'11 maggio 2021; n. 46265/2004;
8027/2011; 7154/2000; 6827/2013).
Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche deve osservarsi nel
caso di specie che, sebbene le armi fossero effettivamente collocate
all'interno di un armadietto blindato (di cui peraltro non si e'
compreso se lo stesso fosse nell'immediatezza chiuso a chiave e di
cui deve comunque osservarsi la sua collocazione in un corridoio e
quindi l'astratta fruibilita' da parte di tutti i componenti del
nucleo familiare), il grado di diligenza esigibile nei confronti
dell'imputato, alla luce delle specifiche circostanze gia'
rappresentate e che si illustreranno, doveva essere secondo l'«id
quod plerumque accidit» maggiore.
Sulla base della lettura degli atti contenuti nel fascicolo del
pubblico ministero utilizzabili ex art. 553 codice procedura penale,
infatti, il figlio dell'imputato, B. F. G. (cl. ...), convivente con
l'imputato (cfr. sul punto verbale di s.i.t. di B. A. F.) e
utilizzatore dell'arma detenuta dallo stesso, era da tempo in cura
per strutturate gravissime condizioni psichiche; come emerso sia
dalle dichiarazioni di persone informate dei fatti sia dagli
accertamenti medici effettuati nell'interesse di B. F. G.
nell'immediatezza dell'accesso al pronto soccorso.
Sotto il primo profilo, infatti, B. A. F., premettendo di essere
figlio dell'imputato e fratello di F. G., ha riferito che
quest'ultimo «soffriva di problemi psichici da almeno vent'anni ed e'
in cura col centro di igiene mentale sito in via ...»; in aggiunta il
teste ha riferito che, nel tragitto di accompagnamento del fratello
presso il pronto soccorso in occasione del gesto autolesionistico
suindicato, lo stesso era come «assente».
Tale aspetto veniva riferito anche da M. G., cognato di B. F. G.
e di A. F., il quale, premettendo di essere intervenuto
nell'immediatezza presso l'abitazione dell'imputato e di aver visto
F. G. con una tovaglia sporca di sangue appoggiata sul fianco
sinistro, ha dichiarato che «F. da parecchi anni soffre di
depressione per la quale per quanto so io e' in cura».
Tale particolare precarieta' psicologica di B. F. G. veniva
constatata anche da B. C., vicina di casa dell'imputato e
sopraggiunta anche lei, nell'immediatezza, nell'abitazione del
medesimo a seguito della percezione di grida; in particolare la teste
ha riferito che «F. appariva confuso e aveva lo sguardo perso» e che
«da tempo soffre di depressione ed e' attualmente in cura».
In aggiunta, tale difficile condizione mentale del figlio
dell'imputato, risulta corroborata per tabulas dagli accertamenti
medici effettuati in occasione dell'accesso di B. F. G. presso il
pronto soccorso del G.O.M. di ... in data ....
Quest'ultimo, in sede di anamnesi - e' doveroso ancora una volta
evidenziare - ha riferito infatti agli operatori sanitari di essere
giunto presso il nosocomio «per tentato omicidio»; di soffrire di
schizofrenia e di essere in terapia con «clozapina brintellix,
aprazolam tavor».
Nei confronti del B. F. G., dopo che quest'ultimo veniva altresi'
sottoposto a visita psichiatrica, veniva diagnosticata «ferita d'arma
da fuoco in tentato suicidio in paz schizofrenico» con prognosi di
venti giorni.
Tale specifica e grave situazione del nucleo familiare
dell'imputato esigeva pertanto, anche in considerazione dello stabile
rapporto di convivenza intercorrente tra figlio e il padre idoneo ad
ingenerare un costante pericolo di uso improprio da parte di F. G. di
una delle plurime armi detenute dall'imputato, uno standard di
diligenza nella complessiva attivita' di custodia delle anni
superiore a quello concretamente osservato; tenuto conto
dell'evidente facile accesso alla disponibilita' materiale delle armi
da parte del B. F. G..
Da ultimo, sempre in punto di rilevanza della questione, deve
evidenziarsi che nel caso di specie non sono evincibili dall'esame
del fascicolo del pubblico ministero ulteriori reati (peraltro non
contestati nel presente processo) tali da determinare l'operativita'
della clausola di sussidiarieta' prevista dal comma 2 dell'art. 20,
legge n. 110/1975 del salvo «che il fatto costituisca piu' grave
reato»; eventualmente apprezzabili da questo giudice nell'esercizio
dei poteri riconosciuti ai sensi dell'art. 554-bis, comma 6 codice
procedura penale.
A tal riguardo deve osservarsi infatti che non sono ravvisabili
in capo all'imputato ne' profili di responsabilita' omissiva
impropria per lesioni a titolo doloso ex articoli 40 cpv./582 codice
penale ne' profili di responsabilita' omissiva per lesioni colpose ex
art. 40 cpv./590 codice penale per le seguenti considerazioni.
Circa tali eventuali profili di responsabilita', infatti, deve
rilevarsi la carenza sull'imputato dell'«obbligo giuridico di
impedire l'evento» nei confronti del figlio B. F. G.; in altro modo,
la maggiore eta' del B. F. G. al momento del fatto (cl. ...)
impedisce di enucleare un'attuale responsabilita' genitoriale
dell'imputato come prevista dall'art. 316, comma 1 del codice civile,
idonea a fondare ex lege un obbligo di protezione dei diritti
fondamentali legati alla persona e la conseguente «posizione di
garanzia».
Sotto altro profilo deve osservarsi che, sebbene B. F. versasse
all'epoca dei fatti contestati in una critica situazione psichica,
quest'ultimo non risulta, dagli atti contenuti nel fascicolo del
pubblico ministero, sottoposto ad alcun formale provvedimento di
interdizione legale tale da poter fa nascere, anche in altro modo, ex
lege quell'obbligo di impedire l'evento previsto ex art. 40, comma 2
codice penale.
Tanto premesso, questo giudice, in sede di udienza
pre-dibattimentale, e' chiamato, ai sensi dell'art. 554-ter codice
procedura penale, ad effettuare una valutazione di «ragionevole
previsione di condanna» sulla quale fondare la decisione se fissare ,
ai sensi dell'art. 554-ter, comma 3 codice procedura penale, la data
dell'udienza dibattimentale per la prosecuzione del giudizio o
emettere una sentenza di non luogo a procedere, definitoria della
specifica fase del processo; introdotta ai sensi dell'art. 32, comma
1, lettera d), decreto legislativo n. 150/2022 come modificato
dall'art. 6, decreto-legge n. 162/2022 convertito con modificazioni
nella legge n. 199/2022.
Ebbene, la questione da deferire al giudice costituzionale
risulta rilevante posto che gli elementi fattuali raccolti e
illustrati deporrerebbero, in assenza di cause estintive del reato e
tenuto conto della illustrata gravita' del caso concreto tale da
precludere in questa sede la riconduzione del fatto nell'istituto
dell'art. 131-bis codice penale, per la prosecuzione del
dibattimento; l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della
predetta disposizione determinerebbe, invece, contribuendo a
concretizzare la ratio di «filtro» attribuita dal legislatore
all'udienza pre-dibattimentale, una immediata definizione del
processo con l'emissione di una sentenza di non luogo procedere
perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, a seguito,
appunto, della dichiarazione di incostituzionalita' che comporta
l'espunzione dall'ordinamento giuridico, con effetti ex tunc, della
norma penale costituzionalmente censurata.
2. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale
Tanto premesso in punto di rilevanza, deve osservarsi che sul
giudice comune grava un vero e proprio obbligo di sollevare questione
di legittimita' costituzionale in caso di serio dubbio di conformita'
delle disposizioni di legge o degli atti aventi forza di legge
rispetto alle disposizioni e ai principi contenuti nella carta
fondamentale.
Spetta, infatti, alla Corte costituzionale, quale giudice delle
leggi, valutare la fondatezza o meno delle questioni di legittimita',
dovendosi limitare il giudice a quo a prendere atto (oltre che della
rilevanza nel giudizio, di cui si e' gia' detto) della non manifesta
infondatezza delle questioni di costituzionalita' poste dalle parti o
rilevabili d'ufficio.
Il deciso favor dell'ordinamento giuridico-costituzionale in
ordine alla sollevazione della questione di costituzionalita' in caso
di possibile (ovvero dubbio, purche' serio) contrasto della normativa
di rango primario con la carta fondamentale emerge chiaramente - non
solo dall'art. 1, comma 1, legge costituzionale n. 1/1948, che
prevede l'obbligo di rimessione della questione («e' rimessa») quando
questa «non sia ritenuta dal giudice manifestamente infondata» e
dall'art. 23, legge n. 87/1953 che, dal canto suo, contempla il
potere/dovere di sollevare questione di legittimita' «qualora il
giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale e non
ritenga che la questione sia manifestamente infondata» - ma e'
indirettamente affermato anche dall'art. 24, legge n. 87/1953 laddove
prevede che «l'ordinanza che respinga l'eccezione di illegittimita'
costituzionale per manifesta irrilevanza o infondatezza, deve essere
adeguatamente motivata».
A ben vedere, inoltre, il favor dell'ordinamento in merito alla
rimessione delle questioni di legittimita' da parte del giudice
comune e' dovuto all'assetto del controllo di costituzionalita', di
tipo accentrato, e rimesso ad un organo, la Corte costituzionale, che
notoriamente non puo' svolgere d'ufficio lo scrutinio di legittimita'
costituzionale, ma di regola e' investito di tale compito a seguito
di rimessione da parte del giudice comune che rilevi incidentalmente
una questione nel corso di un giudizio pendente avanti a se'.
2.1 Violazione degli articoli 25, comma 2, 24 della Costituzione,
117, comma 1 della Costituzione in relazione all'art. 7 C.E.D.U.
(Firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con
legge 4 agosto 1955, n. 848)
Orbene, in punto di non manifesta infondatezza della questione
devoluta al giudice costituzionale, questo magistrato censura la
conformita' della fattispecie di reato di cui al comma 2 e comma 1,
primo periodo, dell'art. 20, legge n. 110/1975, rispetto ai
suindicati parametri costituzionali e sovrannazionali, nella parte in
cui punisce, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, con
l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 516,00 «chi
non osserva le prescrizioni di cui al precedente comma...».
Nel caso di specie viene in gioco esclusivamente il primo periodo
del comma 1 dell'art. 20, legge n. 110/1975 in particolare «La
custodia delle armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2 e degli
esplosivi deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse
della sicurezza pubblica»; non essendo applicabile come gia'
premesso, il secondo periodo espressamente riferito a coloro che
esercitano in forma professionale attivita' in materia di armi o
esplosivi o sono autorizzati alla raccolta o alla collezione di armi.
Ad avviso di questo giudice, infatti, tale specifico precetto
penale risulta totalmente generico ed indeterminato e pertanto
contrastante, sotto un primo profilo, con il principio di
tassativita' e determinatezza imposto all'art. 25, comma 2 della
Costituzione in forza del quale «Nessuno puo' essere punito se non in
forza di una lene che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso».
E' evidente, infatti, la contestuale contraddittorieta' e
genericita' della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 20,
comma 1, primo periodo, e 2 legge n. 110/1975 laddove, nel punire
l'inosservanza delle «prescrizioni» di cui al comma 1 dell'art. 20
legge n. 110/1975 (utilizzando pertanto una locuzione verbale
astrattamente idonea a suggerire la sussistenza di un elenco
specifico e analitico di comandi/divieti), svilisce di fatto il
significato generale di tale terminologia, giungendo ad operare
esclusivamente un richiamo al concetto indefinito e discrezionale di
«diligenza», e creando, conseguentemente, un perimetro di tipicita'
assolutamente indefinito in quanto eretto esclusivamente sulla
punizione dell'inosservanza di «ogni diligenza».
Le «modalita' prescritte dalla autorita' di pubblica sicurezza»,
previste dal secondo periodo del comma 1 dell'art. 20, legge n.
110/1975 sono infatti evidentemente riferite soltanto all'autore del
reato che eserciti «professionalmente attivita' in materia di armi o
di esplosivi o e' autorizzato alla raccolta o alla collezione di
armi»; non potendo le stesse essere estese, se non tramite
un'inammissibile interpretazione «contro voluntas legis», ai soggetti
che non esercitino tali attivita'.
Tanto premesso, deve evidenziarsi che costituisce orientamento
consolidato e risalente della giurisprudenza costituzionale
«l'esigenza di evitare arbitri nell'applicazione di misure limitative
di quel bene sommo ed inviolabile costituito dalla liberta'
personale; costituendo onere della legge penale quello di determinare
la fattispecie criminosa con connotati precisi in modo che
l'interprete possa comprendere con specificita' e concretezza il
contenuto del comando» (cfr. Corte costituzionale n. 96/1981).
Questo giudice e' altresi' consapevole, condividendola,
dell'ulteriore declinazione del principio di tassativita' o
determinatezza offerto dalla Corte costituzionale, consolidata
nell'ultimo trentennio, secondo la quale per verificare il rispetto
di tale principio «occorre non gia' valutare isolatamente il singolo
elemento descrittivo dell'illecito, bensi' collegarlo con gli altri
elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui
questa s'inserisce; in particolare, l'inclusione nella formula
descrittiva dell'illecito di espressioni sommarie, di vocaboli
polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non
comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la
descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al
giudice - avuto riguardo alle finalita' perseguite
dall'incriminazione ed al piu' ampio contesto ordinamentale in cui
essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento
mediante un'operazione interpretativa non esorbitante dall'ordinario
compito a lui affidato: quando cioe' quella descrizione consenta di
esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta
alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico
controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della
norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata
del relativo valore precettivo» (cfr. Corte costituzionale sentenza
n. 327/2008; n. 5/2004; n. 34/1995; 122/1993).
Sulla scorta di tali rilievi della giurisprudenza costituzionale,
deve tuttavia ancora una volta osservarsi, che la tipicita' della
fattispecie contravvenzionale attenzionata - rectius la descrizione
del fatto incriminato - e' caratterizzata sic et simpliciter dalla
mera omissione dell'osservanza di ogni tipo diligenza, senza pertanto
essere neanche astrattamente consentita all'interprete un'operazione
ermeneutica di tipo complessivo; essendo peraltro difficoltoso
apprezzare, oltre alla precisa tipicita' di tale reato, la linea di
confine dell'elemento oggettivo dal coefficiente psicologico
specificamente richiesto.
Il richiamo esclusivo a «ogni diligenza», in altro modo, rende
impossibile l'attribuzione alla fattispecie penale in oggetto di quel
contenuto oggettivo e tassativo; impedendo ai consociati altresi' la
possibilita' di comprendere, in termini di prevedibilita' e
conoscibilita', il preciso perimetro materiale della scelta punitiva
manifestata dal legislatore, conseguentemente incidendo
negativamente, nell'ambito di un eventuale giudizio penale, sul
concreto ed effettivo esercizio del diritto di difesa ex art. 24
della Costituzione; essendo «expressis verbis» richiesto uno sforzo
di diligenza «totalizzante» e pertanto inindividuabile.
Tale vulnus al principio di determinatezza e tassativita'
contrasta altresi', in forza del dovere sancito all'art. 117 della
Costituzione di osservare gli obblighi internazionali assunti, con
l'art. 7 C.E.D.U. (Convenzione europea dei diritti dell'uomo oggetto
di ratifica ed esecuzione con legge nazionale n. 848/1955) in forza
del quale «nessuno puo' essere condannato per una azione od omissione
che, nel momento in cui e' stata commessa, non costituiva reato
secondo la legge nazionale o internazionale.».
La portata normativa di tale disposizione costituisce ormai
oggetto di indirizzo consolidato della Corte europea dei Diritti
dell'uomo, come sugellata dalla pronuncia della Grande Camera del 23
febbraio 2017 che ha deciso il caso «...» contro Italia mediante la
quale la Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine all'art. 7
della Convenzione ha statuito «uno dei requisiti derivanti
dall'espressione "prevista dalla legge" e' la prevedibilita'.
Pertanto, una norma non puo' essere considerata una "legge" se non e'
formulata con sufficiente precisione in modo da consentire ai
cittadini di regolare la loro condotta; essi devono essere in grado -
se necessario, mediante appropriata consulenza - di prevedere, a un
livello ragionevole nelle specifiche circostanze, le conseguenze che
un determinato atto puo' comportare» (si vedano tra le altre pronunce
sul punto della Corte europea dei diritti dell'uomo: Sunday Times c.
Regno Unito, 26 aprile 1979; Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993;
Rekvenyi c. Ungheria (GC) n. 25390/1994; ... e ... c. Italia).
Orbene tale pronuncia nel caso sovrannazionale «...» risulta
particolarmente significativa nella valutazione della non manifesta
infondatezza della questione oggi sollevata, non soltanto nell'ambito
dell'esigenza di «nomofilachia convenzionale» in ordine al raggio di
operativita' dell'art. 7 CEDU, ma anche in ragione della specifica
norma nazionale penale che era stata sottoposta all'attenzione della
Corte europea dei diritti dell'uomo; in particolare l'art. 75, comma
2 decreto legislativo n. 159/2011 nella parte in cui attribuiva
rilevanza penale all'inosservanza delle «prescrizioni» del «vivere
onestamente e rispettare le leggi» indicate nelle misure di
prevenzione.
Tale citato reato infatti risultava avere, prima della pronuncia
della sentenza della Corte costituzionale n. 25/2019 che di seguito
si indichera', un perimetro di tipicita' analogo e, ad avviso di
questo giudice, ancora piu' determinato/tassativo di quello previsto
dall'art. 20, comma 1, primo periodo e 2 legge n. 110/1975 che
punisce, infatti, come ampiamente illustrato, chi non osserva le
prescrizioni costituite da «ogni diligenza» nella custodia delle
armi.
Ebbene, la suindicata Grande Camera della Corte EDU ha dichiarato
che le prescrizioni di «vivere onestamente e rispettare le leggi»
contrastino con l'art. 7 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo; in quanto prescrizioni non sufficientemente dettagliate e
pertanto non prevedibili e non conoscibili.
Sulla scorta di tale «monito» sovranazionale, l'ordinamento
nazionale ha concretamente reagito dinanzi a tale vizio di
determinatezza dell'art. 75, comma 2 decreto legislativo n. 159/2011
dichiarando l'incostituzionalita' dello stesso nella parte in cui
prevede come reato la violazione degli obblighi e delle prescrizioni
inerenti la misura della sorveglianza speciale, con obblighi o
divieto di soggiorno, ove consistente nell'inosservanza delle
prescrizioni di «vivere onestamente» e di «rispettare le leggi».
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 25 del 27 settembre 2019).
In definitiva e' evidente che per ragioni di coerenza
ordinamentale, alla stregua della vicinitas di tipicita' della
fattispecie ex art. 75, comma 2 decreto legislativo n. 159 (ante
sentenza n. 25/2019 Corte costituzionale) a quella oggi questionata,
sia indispensabile promuovere un vaglio di costituzionalita' in
ordine alla conformita' agli articoli 25, comma 2 della Costituzione
e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 CEDU dell'art. 20,
comma 2 e comma 1, primo periodo, legge n. 110/1975, laddove sanziona
la violazione di «prescrizioni» del tutto indefinite, e riducibili
peraltro all'inosservanza di «ogni diligenza».
2.2. Violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione.
Da ultimo deve ossersarsi che l'assoluta indeterminatezza ed
imprecisione come argomentata della norma penale in oggetto, avente
al suo interno anche una consistente componente
precauzionale/cautelare laddove impone nella custodia delle armi un
dovere di osservare ogni diligenza ex art. 20, comma 1, primo
periodo, legge n. 110/1975, incide negativamente ed irragionevolmente
ex art. 2 della Costituzione sulla vita privata del consociato, sullo
sviluppo della sua personalita' e delle quotidiane e delle
complessive formazioni sociali del medesimo, imponendo infatti
astrattamente e costantemente all'individuo uno sforzo
qualitatitativo e quantitativo nell'osservanza del dovere di «ogni
diligenza» imprecisato e pertanto «inesigibile»; da cio' desumendosi
anche la totale irragionevolezza del precetto di cui all'art. 20,
comma 1 primo periodo e comma 2, legge n. 110/1975.
3. Impossibilita' di un'interpretazione conforme
Alla luce dello specifico e rigoroso tenore normativo del
combinato disposto di cui ai commi 1 e 2 legge n. 110/1975 non
risultano percorribili interpretazioni della norma qui censurata in
senso conforme alle citate disposizioni della Costituzione e alle
norme ad essa interposte; trattandosi di una norma che punisce sic et
simpliciter l'inosservanza di ogni tipo di diligenza nella custodia
delle armi.
4. Sospensione del giudizio e della prescrizione - statuizioni
connesse
In via conclusiva, ritenuta la questione rilevante e non
manifestamente infondata, in virtu' del combinato disposto degli
articoli 23, legge n. 87/1953 e 159 codice penale, deve ordinarsi la
sospensione del giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la
conseguente sospensione della prescrizione con riferimento al reato
contestato nel presente procedimento.
In punto di sospensione della prescrizione si precisa che questo
giudice aderisce ed intende dare attuazione al principio
giurisprudenziale, condivisibile e ormai consolidato, secondo cui «In
tema di prescrizione, nel caso di sospensione del procedimento a
seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la
risoluzione di una questione di legittimita' costituzionale, la data
di cessazione dell'effetto sospensivo e, pertanto, la data finale del
periodo di sospensione del termine di prescrizionale coincide con
quella in cui gli atti sono restituiti al giudice remittente» (cfr.
Cassazione, sez. V, sentenza n. 7553 del 14 novembre 2012; sez. IV
sentenza n. 3086/1979).
Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4, legge n.
87/1953 l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione
della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del
fascicolo processuale alla Corte costituzionale.
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale
n. 1/1948 e 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante
e non manifestamente infondata,
solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione al
reato di cui al combinato disposto dei comma 2 e 1, primo periodo,
dell'art. 20, legge n. 110/1975 per la violazione degli articoli 2,
3, 24, 25 comma 2, 117, comma 1 della Costituzione (in relazione
degli obblighi discendenti dall'art. 7, comma 1 della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848);
sospende il giudizio in corso nei confronti dell'imputato ed i
relativi termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale con restituzione degli
atti al giudice procedente;
dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale;
manda la cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Cosi' deciso, Reggio Calabria il 24 ottobre 2024
Il giudice: Iacovelli
Oggetto:
Reati e pene – Armi - Previsione che la custodia delle armi di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975 deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica – Previsione, in caso di inosservanza delle prescrizioni, dell'arresto da uno a tre mesi o dell'ammenda fino a euro 516 – Violazione del principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale, a fronte del richiamo al concetto asseritamente indefinito e discrezionale di “diligenza”, preclusivo della possibilità di comprendere in termini di prevedibilità e conoscibilità l’ambito della scelta punitiva del legislatore – Lesione del diritto di difesa – Inosservanza degli obblighi internazionali in relazione all’art. 7 della CEDU - Incidenza negativa sulla vita privata del consociato – Irragionevolezza.
Norme impugnate:
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Costituzione Art. 25 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 7 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 ottobre 2024 Ordinanza del 24 ottobre 2024 del Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento penale a carico di G. B.. Reati e pene - Armi - Previsione che la custodia delle armi di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975 deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica - Previsione, in caso di inosservanza delle prescrizioni, dell'arresto da uno a tre mesi o dell'ammenda fino a euro 516. - Legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), art. 20, primo comma, primo periodo, e secondo comma, in combinato disposto. (GU n. 10 del 05-03-2025) TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO CALABRIA Sezione penale Il Tribunale di Reggio Calabria, in persona del giudice dell'udienza pre-dibattimentale, dott. Andrea Iacovelli. Nel procedimento nei confronti di: B. G., nato a ... il ... imputato del seguente reato: reato previsto e punito dall'art. 20, comma secondo della legge n. 110/1975, perche' nella custodia della armi corte e lunghe (con munizionamento), legalmente detenute presso la sua abitazione di ... n. ..., non osservava la diligenza necessaria a garantire un facile accesso alle stesse da parte di soggetti non legittimati, mettendo cosi' a repentaglio la pubblica sicurezza. Fatti accertati in ... il .... Premesso che: con decreto di citazione diretta a giudizio emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Reggio Calabria in data 27 maggio 2024, l'odierno imputato veniva invitato a comparire dinanzi questo ufficio all'udienza predibattimentale ex art. 554-bis codice di procedura penale del 24 ottobre 2024 per rispondere del reato sopra indicato; che questo giudice, all'esito della valutazione dell'effettiva regolarita' del contraddittorio, ritiene che la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 20, comma 1, primo periodo, e 2 legge n. 110/1975 si ponga in contrasto con gli articoli 2, 3, 24, 25, comma 2 della Costituzione, 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; Osserva 1. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale Deve, anzitutto, valutarsi la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel presente giudizio; premettendo, - e' doveroso precisarlo - l'impregiudicatezza di ogni valutazione nel merito delle accuse elevate dal P.M., che il Tribunale, in veste di giudice dell'udienza pre-dibattimentale, si riserva di svolgere alla ripresa del giudizio, nell'ambito dello specifico sindacato devoluto al giudice dell'udienza pre-dibattimentale ai sensi dell'art. 554-ter codice procedura penale. Orbene deve osservarsi che la fattispecie contravvenzionale astratta contestata all'imputato ex art. 20, comma 2 e 1, primo periodo, legge n. 110/1975 «chiunque non osserva le prescrizioni di cui al precedente comma e' punito, se il fatto non costituisce piu' grave reato, con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 516,00», richiamando il comma 1 che prevede «La custodia delle armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2 e degli esplosivi deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica») risulta astrattamente applicabile al presente processo in cui e' stato contestato all'imputato, non esercente attivita' di commercio o raccolta di anni, la negligente custodia delle stesse all'interno della sua abitazione sita in ... via ... n. ..., in ragione della circostanza che, nella giornata del ..., si verificava un gravissimo e drammatico incidente endo-familiare. In particolare il figlio dell'imputato, B. F. G. (nato il ...), a completa insaputa del genitore, ha posto in essere, mediante l'utilizzo di un'arma (in particolare mediante un fucile automatico «marca Franchi, calibro 12, modello presti. Avente matricola ...»), dei gesti autolesionistici determinanti anche il necessario ed immediato accesso in pari data al nosocomio, come dimostrato dall' anamnesi del verbale di pronto soccorso in atti («ferita d'arma da fuoco»), dall'esame obbiettivo contenuto nello stesso dove si evince la presenza «intorno alla ferita di corpi estranei (verosimilmente metallici) ritenuti nel sottocute». L'inconsapevolezza ed estraneita' dell'imputato rispetto al gesto del figlio risulta suffragato, invece, sotto un primo profilo, dall'esame dello stesso certificato medico di accesso al pronto soccorso; nella cui occasione B. F. G. ha riferito, sempre in sede di anamnesi, di aver tentato il suicidio. Sotto altro angolo visuale, il fratello del predetto, B. A. F., intervenuto nell'immediatezza presso l'abitazione familiare, ha dichiarato di aver interloquito con D. E., madre dei due fratelli e li' presente, la quale gli aveva comunicato che F. G. si era sparato. Quest'ultimo peraltro, nel colloquiare nell'immediatezza del drammatico episodio con il fratello, gli aveva rappresentato, nel giustificare la sua contingente perdita di sangue, «che si voleva uccidere». La sussistenza effettiva di armi comuni da sparo, anche in termini di rilevante quantita', nell'abitazione dell'imputato veniva effettivamente constatata, invece, sulla base del verbale di perquisizione e sequestro del ... nel quale, oltre alla suindicata arma utilizzata dal figlio dell'imputato, venivano rinvenute altre meglio indicate nel medesimo verbale, in particolare « un fucile da caccia sovrapposto calibro 12 marca Beretta mod. 556 e con matricola n. ...; un fucile sovrapposto marca Franchi Calibro 12 matricola n. ...; un fucile sovrapposto calibro 20 marca Zangletti matricola al momento non rilevata; un fucile sovrapposto calibro 12 marca Fabarm matricola ...; una pistola calibro 7,65 marca Bernardelli matricola n. ... con relative cartucce». Tali armi erano collocate all'interno di un armadietto blindato collocato lungo il corridoio dell'abitazione (cfr. annotazione di polizia giudiziaria e fascicolo fotografico in atti). La titolarita' delle armi in capo all'imputato veniva riscontrata sulla base di accertamenti effettuati mediante i sistemi interni in uso al personale di p.g., che riscontrava anche la sussistenza in capo al B. G. di un porto d'armi n. ... rilasciato in data .... Orbene, in via generale deve osservarsi, sempre in punto di rilevanza della questione, che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita' condiviso da questo giudice «L'obbligo di diligenza nella custodia delle armi, previsto dall'art. 20 della legge n. 110/1975 - quando non si tratti di soggetti che esercitino professionalmente attivita' in materia di armi ed esplosivi - deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di fatto, possono esigersi da una persona di normale prudenza, secondo il criterio dell'"id quod plerumque accidit"» (cfr. Cassazione pen. Sez. I, sentenza n. 35453 dell'11 maggio 2021; n. 46265/2004; 8027/2011; 7154/2000; 6827/2013). Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche deve osservarsi nel caso di specie che, sebbene le armi fossero effettivamente collocate all'interno di un armadietto blindato (di cui peraltro non si e' compreso se lo stesso fosse nell'immediatezza chiuso a chiave e di cui deve comunque osservarsi la sua collocazione in un corridoio e quindi l'astratta fruibilita' da parte di tutti i componenti del nucleo familiare), il grado di diligenza esigibile nei confronti dell'imputato, alla luce delle specifiche circostanze gia' rappresentate e che si illustreranno, doveva essere secondo l'«id quod plerumque accidit» maggiore. Sulla base della lettura degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero utilizzabili ex art. 553 codice procedura penale, infatti, il figlio dell'imputato, B. F. G. (cl. ...), convivente con l'imputato (cfr. sul punto verbale di s.i.t. di B. A. F.) e utilizzatore dell'arma detenuta dallo stesso, era da tempo in cura per strutturate gravissime condizioni psichiche; come emerso sia dalle dichiarazioni di persone informate dei fatti sia dagli accertamenti medici effettuati nell'interesse di B. F. G. nell'immediatezza dell'accesso al pronto soccorso. Sotto il primo profilo, infatti, B. A. F., premettendo di essere figlio dell'imputato e fratello di F. G., ha riferito che quest'ultimo «soffriva di problemi psichici da almeno vent'anni ed e' in cura col centro di igiene mentale sito in via ...»; in aggiunta il teste ha riferito che, nel tragitto di accompagnamento del fratello presso il pronto soccorso in occasione del gesto autolesionistico suindicato, lo stesso era come «assente». Tale aspetto veniva riferito anche da M. G., cognato di B. F. G. e di A. F., il quale, premettendo di essere intervenuto nell'immediatezza presso l'abitazione dell'imputato e di aver visto F. G. con una tovaglia sporca di sangue appoggiata sul fianco sinistro, ha dichiarato che «F. da parecchi anni soffre di depressione per la quale per quanto so io e' in cura». Tale particolare precarieta' psicologica di B. F. G. veniva constatata anche da B. C., vicina di casa dell'imputato e sopraggiunta anche lei, nell'immediatezza, nell'abitazione del medesimo a seguito della percezione di grida; in particolare la teste ha riferito che «F. appariva confuso e aveva lo sguardo perso» e che «da tempo soffre di depressione ed e' attualmente in cura». In aggiunta, tale difficile condizione mentale del figlio dell'imputato, risulta corroborata per tabulas dagli accertamenti medici effettuati in occasione dell'accesso di B. F. G. presso il pronto soccorso del G.O.M. di ... in data .... Quest'ultimo, in sede di anamnesi - e' doveroso ancora una volta evidenziare - ha riferito infatti agli operatori sanitari di essere giunto presso il nosocomio «per tentato omicidio»; di soffrire di schizofrenia e di essere in terapia con «clozapina brintellix, aprazolam tavor». Nei confronti del B. F. G., dopo che quest'ultimo veniva altresi' sottoposto a visita psichiatrica, veniva diagnosticata «ferita d'arma da fuoco in tentato suicidio in paz schizofrenico» con prognosi di venti giorni. Tale specifica e grave situazione del nucleo familiare dell'imputato esigeva pertanto, anche in considerazione dello stabile rapporto di convivenza intercorrente tra figlio e il padre idoneo ad ingenerare un costante pericolo di uso improprio da parte di F. G. di una delle plurime armi detenute dall'imputato, uno standard di diligenza nella complessiva attivita' di custodia delle anni superiore a quello concretamente osservato; tenuto conto dell'evidente facile accesso alla disponibilita' materiale delle armi da parte del B. F. G.. Da ultimo, sempre in punto di rilevanza della questione, deve evidenziarsi che nel caso di specie non sono evincibili dall'esame del fascicolo del pubblico ministero ulteriori reati (peraltro non contestati nel presente processo) tali da determinare l'operativita' della clausola di sussidiarieta' prevista dal comma 2 dell'art. 20, legge n. 110/1975 del salvo «che il fatto costituisca piu' grave reato»; eventualmente apprezzabili da questo giudice nell'esercizio dei poteri riconosciuti ai sensi dell'art. 554-bis, comma 6 codice procedura penale. A tal riguardo deve osservarsi infatti che non sono ravvisabili in capo all'imputato ne' profili di responsabilita' omissiva impropria per lesioni a titolo doloso ex articoli 40 cpv./582 codice penale ne' profili di responsabilita' omissiva per lesioni colpose ex art. 40 cpv./590 codice penale per le seguenti considerazioni. Circa tali eventuali profili di responsabilita', infatti, deve rilevarsi la carenza sull'imputato dell'«obbligo giuridico di impedire l'evento» nei confronti del figlio B. F. G.; in altro modo, la maggiore eta' del B. F. G. al momento del fatto (cl. ...) impedisce di enucleare un'attuale responsabilita' genitoriale dell'imputato come prevista dall'art. 316, comma 1 del codice civile, idonea a fondare ex lege un obbligo di protezione dei diritti fondamentali legati alla persona e la conseguente «posizione di garanzia». Sotto altro profilo deve osservarsi che, sebbene B. F. versasse all'epoca dei fatti contestati in una critica situazione psichica, quest'ultimo non risulta, dagli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, sottoposto ad alcun formale provvedimento di interdizione legale tale da poter fa nascere, anche in altro modo, ex lege quell'obbligo di impedire l'evento previsto ex art. 40, comma 2 codice penale. Tanto premesso, questo giudice, in sede di udienza pre-dibattimentale, e' chiamato, ai sensi dell'art. 554-ter codice procedura penale, ad effettuare una valutazione di «ragionevole previsione di condanna» sulla quale fondare la decisione se fissare , ai sensi dell'art. 554-ter, comma 3 codice procedura penale, la data dell'udienza dibattimentale per la prosecuzione del giudizio o emettere una sentenza di non luogo a procedere, definitoria della specifica fase del processo; introdotta ai sensi dell'art. 32, comma 1, lettera d), decreto legislativo n. 150/2022 come modificato dall'art. 6, decreto-legge n. 162/2022 convertito con modificazioni nella legge n. 199/2022. Ebbene, la questione da deferire al giudice costituzionale risulta rilevante posto che gli elementi fattuali raccolti e illustrati deporrerebbero, in assenza di cause estintive del reato e tenuto conto della illustrata gravita' del caso concreto tale da precludere in questa sede la riconduzione del fatto nell'istituto dell'art. 131-bis codice penale, per la prosecuzione del dibattimento; l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della predetta disposizione determinerebbe, invece, contribuendo a concretizzare la ratio di «filtro» attribuita dal legislatore all'udienza pre-dibattimentale, una immediata definizione del processo con l'emissione di una sentenza di non luogo procedere perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, a seguito, appunto, della dichiarazione di incostituzionalita' che comporta l'espunzione dall'ordinamento giuridico, con effetti ex tunc, della norma penale costituzionalmente censurata. 2. Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale Tanto premesso in punto di rilevanza, deve osservarsi che sul giudice comune grava un vero e proprio obbligo di sollevare questione di legittimita' costituzionale in caso di serio dubbio di conformita' delle disposizioni di legge o degli atti aventi forza di legge rispetto alle disposizioni e ai principi contenuti nella carta fondamentale. Spetta, infatti, alla Corte costituzionale, quale giudice delle leggi, valutare la fondatezza o meno delle questioni di legittimita', dovendosi limitare il giudice a quo a prendere atto (oltre che della rilevanza nel giudizio, di cui si e' gia' detto) della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita' poste dalle parti o rilevabili d'ufficio. Il deciso favor dell'ordinamento giuridico-costituzionale in ordine alla sollevazione della questione di costituzionalita' in caso di possibile (ovvero dubbio, purche' serio) contrasto della normativa di rango primario con la carta fondamentale emerge chiaramente - non solo dall'art. 1, comma 1, legge costituzionale n. 1/1948, che prevede l'obbligo di rimessione della questione («e' rimessa») quando questa «non sia ritenuta dal giudice manifestamente infondata» e dall'art. 23, legge n. 87/1953 che, dal canto suo, contempla il potere/dovere di sollevare questione di legittimita' «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale e non ritenga che la questione sia manifestamente infondata» - ma e' indirettamente affermato anche dall'art. 24, legge n. 87/1953 laddove prevede che «l'ordinanza che respinga l'eccezione di illegittimita' costituzionale per manifesta irrilevanza o infondatezza, deve essere adeguatamente motivata». A ben vedere, inoltre, il favor dell'ordinamento in merito alla rimessione delle questioni di legittimita' da parte del giudice comune e' dovuto all'assetto del controllo di costituzionalita', di tipo accentrato, e rimesso ad un organo, la Corte costituzionale, che notoriamente non puo' svolgere d'ufficio lo scrutinio di legittimita' costituzionale, ma di regola e' investito di tale compito a seguito di rimessione da parte del giudice comune che rilevi incidentalmente una questione nel corso di un giudizio pendente avanti a se'. 2.1 Violazione degli articoli 25, comma 2, 24 della Costituzione, 117, comma 1 della Costituzione in relazione all'art. 7 C.E.D.U. (Firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848) Orbene, in punto di non manifesta infondatezza della questione devoluta al giudice costituzionale, questo magistrato censura la conformita' della fattispecie di reato di cui al comma 2 e comma 1, primo periodo, dell'art. 20, legge n. 110/1975, rispetto ai suindicati parametri costituzionali e sovrannazionali, nella parte in cui punisce, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 516,00 «chi non osserva le prescrizioni di cui al precedente comma...». Nel caso di specie viene in gioco esclusivamente il primo periodo del comma 1 dell'art. 20, legge n. 110/1975 in particolare «La custodia delle armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2 e degli esplosivi deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica»; non essendo applicabile come gia' premesso, il secondo periodo espressamente riferito a coloro che esercitano in forma professionale attivita' in materia di armi o esplosivi o sono autorizzati alla raccolta o alla collezione di armi. Ad avviso di questo giudice, infatti, tale specifico precetto penale risulta totalmente generico ed indeterminato e pertanto contrastante, sotto un primo profilo, con il principio di tassativita' e determinatezza imposto all'art. 25, comma 2 della Costituzione in forza del quale «Nessuno puo' essere punito se non in forza di una lene che sia entrata in vigore prima del fatto commesso». E' evidente, infatti, la contestuale contraddittorieta' e genericita' della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 20, comma 1, primo periodo, e 2 legge n. 110/1975 laddove, nel punire l'inosservanza delle «prescrizioni» di cui al comma 1 dell'art. 20 legge n. 110/1975 (utilizzando pertanto una locuzione verbale astrattamente idonea a suggerire la sussistenza di un elenco specifico e analitico di comandi/divieti), svilisce di fatto il significato generale di tale terminologia, giungendo ad operare esclusivamente un richiamo al concetto indefinito e discrezionale di «diligenza», e creando, conseguentemente, un perimetro di tipicita' assolutamente indefinito in quanto eretto esclusivamente sulla punizione dell'inosservanza di «ogni diligenza». Le «modalita' prescritte dalla autorita' di pubblica sicurezza», previste dal secondo periodo del comma 1 dell'art. 20, legge n. 110/1975 sono infatti evidentemente riferite soltanto all'autore del reato che eserciti «professionalmente attivita' in materia di armi o di esplosivi o e' autorizzato alla raccolta o alla collezione di armi»; non potendo le stesse essere estese, se non tramite un'inammissibile interpretazione «contro voluntas legis», ai soggetti che non esercitino tali attivita'. Tanto premesso, deve evidenziarsi che costituisce orientamento consolidato e risalente della giurisprudenza costituzionale «l'esigenza di evitare arbitri nell'applicazione di misure limitative di quel bene sommo ed inviolabile costituito dalla liberta' personale; costituendo onere della legge penale quello di determinare la fattispecie criminosa con connotati precisi in modo che l'interprete possa comprendere con specificita' e concretezza il contenuto del comando» (cfr. Corte costituzionale n. 96/1981). Questo giudice e' altresi' consapevole, condividendola, dell'ulteriore declinazione del principio di tassativita' o determinatezza offerto dalla Corte costituzionale, consolidata nell'ultimo trentennio, secondo la quale per verificare il rispetto di tale principio «occorre non gia' valutare isolatamente il singolo elemento descrittivo dell'illecito, bensi' collegarlo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa s'inserisce; in particolare, l'inclusione nella formula descrittiva dell'illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice - avuto riguardo alle finalita' perseguite dall'incriminazione ed al piu' ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento mediante un'operazione interpretativa non esorbitante dall'ordinario compito a lui affidato: quando cioe' quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo» (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 327/2008; n. 5/2004; n. 34/1995; 122/1993). Sulla scorta di tali rilievi della giurisprudenza costituzionale, deve tuttavia ancora una volta osservarsi, che la tipicita' della fattispecie contravvenzionale attenzionata - rectius la descrizione del fatto incriminato - e' caratterizzata sic et simpliciter dalla mera omissione dell'osservanza di ogni tipo diligenza, senza pertanto essere neanche astrattamente consentita all'interprete un'operazione ermeneutica di tipo complessivo; essendo peraltro difficoltoso apprezzare, oltre alla precisa tipicita' di tale reato, la linea di confine dell'elemento oggettivo dal coefficiente psicologico specificamente richiesto. Il richiamo esclusivo a «ogni diligenza», in altro modo, rende impossibile l'attribuzione alla fattispecie penale in oggetto di quel contenuto oggettivo e tassativo; impedendo ai consociati altresi' la possibilita' di comprendere, in termini di prevedibilita' e conoscibilita', il preciso perimetro materiale della scelta punitiva manifestata dal legislatore, conseguentemente incidendo negativamente, nell'ambito di un eventuale giudizio penale, sul concreto ed effettivo esercizio del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione; essendo «expressis verbis» richiesto uno sforzo di diligenza «totalizzante» e pertanto inindividuabile. Tale vulnus al principio di determinatezza e tassativita' contrasta altresi', in forza del dovere sancito all'art. 117 della Costituzione di osservare gli obblighi internazionali assunti, con l'art. 7 C.E.D.U. (Convenzione europea dei diritti dell'uomo oggetto di ratifica ed esecuzione con legge nazionale n. 848/1955) in forza del quale «nessuno puo' essere condannato per una azione od omissione che, nel momento in cui e' stata commessa, non costituiva reato secondo la legge nazionale o internazionale.». La portata normativa di tale disposizione costituisce ormai oggetto di indirizzo consolidato della Corte europea dei Diritti dell'uomo, come sugellata dalla pronuncia della Grande Camera del 23 febbraio 2017 che ha deciso il caso «...» contro Italia mediante la quale la Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine all'art. 7 della Convenzione ha statuito «uno dei requisiti derivanti dall'espressione "prevista dalla legge" e' la prevedibilita'. Pertanto, una norma non puo' essere considerata una "legge" se non e' formulata con sufficiente precisione in modo da consentire ai cittadini di regolare la loro condotta; essi devono essere in grado - se necessario, mediante appropriata consulenza - di prevedere, a un livello ragionevole nelle specifiche circostanze, le conseguenze che un determinato atto puo' comportare» (si vedano tra le altre pronunce sul punto della Corte europea dei diritti dell'uomo: Sunday Times c. Regno Unito, 26 aprile 1979; Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993; Rekvenyi c. Ungheria (GC) n. 25390/1994; ... e ... c. Italia). Orbene tale pronuncia nel caso sovrannazionale «...» risulta particolarmente significativa nella valutazione della non manifesta infondatezza della questione oggi sollevata, non soltanto nell'ambito dell'esigenza di «nomofilachia convenzionale» in ordine al raggio di operativita' dell'art. 7 CEDU, ma anche in ragione della specifica norma nazionale penale che era stata sottoposta all'attenzione della Corte europea dei diritti dell'uomo; in particolare l'art. 75, comma 2 decreto legislativo n. 159/2011 nella parte in cui attribuiva rilevanza penale all'inosservanza delle «prescrizioni» del «vivere onestamente e rispettare le leggi» indicate nelle misure di prevenzione. Tale citato reato infatti risultava avere, prima della pronuncia della sentenza della Corte costituzionale n. 25/2019 che di seguito si indichera', un perimetro di tipicita' analogo e, ad avviso di questo giudice, ancora piu' determinato/tassativo di quello previsto dall'art. 20, comma 1, primo periodo e 2 legge n. 110/1975 che punisce, infatti, come ampiamente illustrato, chi non osserva le prescrizioni costituite da «ogni diligenza» nella custodia delle armi. Ebbene, la suindicata Grande Camera della Corte EDU ha dichiarato che le prescrizioni di «vivere onestamente e rispettare le leggi» contrastino con l'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; in quanto prescrizioni non sufficientemente dettagliate e pertanto non prevedibili e non conoscibili. Sulla scorta di tale «monito» sovranazionale, l'ordinamento nazionale ha concretamente reagito dinanzi a tale vizio di determinatezza dell'art. 75, comma 2 decreto legislativo n. 159/2011 dichiarando l'incostituzionalita' dello stesso nella parte in cui prevede come reato la violazione degli obblighi e delle prescrizioni inerenti la misura della sorveglianza speciale, con obblighi o divieto di soggiorno, ove consistente nell'inosservanza delle prescrizioni di «vivere onestamente» e di «rispettare le leggi». (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 25 del 27 settembre 2019). In definitiva e' evidente che per ragioni di coerenza ordinamentale, alla stregua della vicinitas di tipicita' della fattispecie ex art. 75, comma 2 decreto legislativo n. 159 (ante sentenza n. 25/2019 Corte costituzionale) a quella oggi questionata, sia indispensabile promuovere un vaglio di costituzionalita' in ordine alla conformita' agli articoli 25, comma 2 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 CEDU dell'art. 20, comma 2 e comma 1, primo periodo, legge n. 110/1975, laddove sanziona la violazione di «prescrizioni» del tutto indefinite, e riducibili peraltro all'inosservanza di «ogni diligenza». 2.2. Violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione. Da ultimo deve ossersarsi che l'assoluta indeterminatezza ed imprecisione come argomentata della norma penale in oggetto, avente al suo interno anche una consistente componente precauzionale/cautelare laddove impone nella custodia delle armi un dovere di osservare ogni diligenza ex art. 20, comma 1, primo periodo, legge n. 110/1975, incide negativamente ed irragionevolmente ex art. 2 della Costituzione sulla vita privata del consociato, sullo sviluppo della sua personalita' e delle quotidiane e delle complessive formazioni sociali del medesimo, imponendo infatti astrattamente e costantemente all'individuo uno sforzo qualitatitativo e quantitativo nell'osservanza del dovere di «ogni diligenza» imprecisato e pertanto «inesigibile»; da cio' desumendosi anche la totale irragionevolezza del precetto di cui all'art. 20, comma 1 primo periodo e comma 2, legge n. 110/1975. 3. Impossibilita' di un'interpretazione conforme Alla luce dello specifico e rigoroso tenore normativo del combinato disposto di cui ai commi 1 e 2 legge n. 110/1975 non risultano percorribili interpretazioni della norma qui censurata in senso conforme alle citate disposizioni della Costituzione e alle norme ad essa interposte; trattandosi di una norma che punisce sic et simpliciter l'inosservanza di ogni tipo di diligenza nella custodia delle armi. 4. Sospensione del giudizio e della prescrizione - statuizioni connesse In via conclusiva, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, in virtu' del combinato disposto degli articoli 23, legge n. 87/1953 e 159 codice penale, deve ordinarsi la sospensione del giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la conseguente sospensione della prescrizione con riferimento al reato contestato nel presente procedimento. In punto di sospensione della prescrizione si precisa che questo giudice aderisce ed intende dare attuazione al principio giurisprudenziale, condivisibile e ormai consolidato, secondo cui «In tema di prescrizione, nel caso di sospensione del procedimento a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione di una questione di legittimita' costituzionale, la data di cessazione dell'effetto sospensivo e, pertanto, la data finale del periodo di sospensione del termine di prescrizionale coincide con quella in cui gli atti sono restituiti al giudice remittente» (cfr. Cassazione, sez. V, sentenza n. 7553 del 14 novembre 2012; sez. IV sentenza n. 3086/1979). Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4, legge n. 87/1953 l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. P.Q.M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale n. 1/1948 e 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione al reato di cui al combinato disposto dei comma 2 e 1, primo periodo, dell'art. 20, legge n. 110/1975 per la violazione degli articoli 2, 3, 24, 25 comma 2, 117, comma 1 della Costituzione (in relazione degli obblighi discendenti dall'art. 7, comma 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848); sospende il giudizio in corso nei confronti dell'imputato ed i relativi termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale con restituzione degli atti al giudice procedente; dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale; manda la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Cosi' deciso, Reggio Calabria il 24 ottobre 2024 Il giudice: Iacovelli