Reg. ord. n. 37 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/03/2025 n. 10

Ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria  del 24/10/2024

Tra: G. B.

Oggetto:

Reati e pene – Armi - Previsione che la custodia delle armi di cui agli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975 deve essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica – Previsione, in caso di inosservanza delle prescrizioni, dell'arresto da uno a tre mesi o dell'ammenda fino a euro 516 – Violazione del principio di tassatività e determinatezza della fattispecie penale, a fronte del richiamo al concetto asseritamente indefinito e discrezionale di “diligenza”, preclusivo della possibilità di comprendere in termini di prevedibilità e conoscibilità l’ambito della scelta punitiva del legislatore – Lesione del diritto di difesa – Inosservanza degli obblighi internazionali in relazione all’art. 7 della CEDU - Incidenza negativa sulla vita privata del consociato – Irragionevolezza. 

Norme impugnate:

legge  del 18/04/1975  Num. 110  Art. 20  Co. 1

legge  del 18/04/1975  Num. 110  Art. 20  Co. 2



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 ottobre 2024

Ordinanza del 24 ottobre 2024 del Tribunale di  Reggio  Calabria  nel
procedimento penale a carico di G. B.. 
 
Reati e pene - Armi - Previsione che la custodia delle  armi  di  cui
  agli artt. 1 e 2 della legge n. 110 del 1975 deve essere assicurata
  con  ogni  diligenza  nell'interesse  della  sicurezza  pubblica  -
  Previsione,   in   caso   di   inosservanza   delle   prescrizioni,
  dell'arresto da uno a tre mesi o dell'ammenda fino a euro 516. 
- Legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme  integrative  della  disciplina
  vigente per il  controllo  delle  armi,  delle  munizioni  e  degli
  esplosivi), art. 20, primo comma, primo periodo, e  secondo  comma,
  in combinato disposto. 


(GU n. 10 del 05-03-2025)

 
               TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO CALABRIA 
                           Sezione penale 
 
    Il  Tribunale  di  Reggio  Calabria,  in  persona   del   giudice
dell'udienza pre-dibattimentale, dott. Andrea Iacovelli. 
    Nel procedimento nei confronti di: B.  G.,  nato  a  ...  il  ...
imputato del seguente reato: reato previsto e  punito  dall'art.  20,
comma secondo della legge n. 110/1975, perche' nella  custodia  della
armi corte e lunghe (con munizionamento), legalmente detenute  presso
la  sua  abitazione  di  ...  n.  ...,  non  osservava  la  diligenza
necessaria a garantire un facile accesso  alle  stesse  da  parte  di
soggetti non legittimati, mettendo cosi' a  repentaglio  la  pubblica
sicurezza. 
    Fatti accertati in ... il .... 
    Premesso che: 
        con decreto di citazione  diretta  a  giudizio  emesso  dalla
Procura della Repubblica presso  il  Tribunale  ordinario  di  Reggio
Calabria in data 27 maggio 2024, l'odierno imputato veniva invitato a
comparire dinanzi questo  ufficio  all'udienza  predibattimentale  ex
art. 554-bis codice di procedura  penale  del  24  ottobre  2024  per
rispondere del reato sopra indicato; 
        che   questo    giudice,    all'esito    della    valutazione
dell'effettiva  regolarita'  del  contraddittorio,  ritiene  che   la
fattispecie contravvenzionale di cui  all'art.  20,  comma  1,  primo
periodo, e 2 legge n. 110/1975 si ponga in contrasto con gli articoli
2, 3, 24, 25, comma 2 della Costituzione, 117 della  Costituzione  in
relazione all'art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; 
 
                               Osserva 
 
  1. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 
    Deve,  anzitutto,  valutarsi  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale nel presente giudizio; premettendo, -  e'
doveroso precisarlo - l'impregiudicatezza  di  ogni  valutazione  nel
merito delle accuse elevate dal P.M., che il Tribunale, in  veste  di
giudice dell'udienza pre-dibattimentale, si riserva di svolgere  alla
ripresa del giudizio, nell'ambito dello specifico sindacato  devoluto
al giudice dell'udienza pre-dibattimentale ai sensi dell'art. 554-ter
codice procedura penale. 
    Orbene  deve  osservarsi  che  la  fattispecie  contravvenzionale
astratta contestata all'imputato ex art.  20,  comma  2  e  1,  primo
periodo, legge n. 110/1975 «chiunque non osserva le  prescrizioni  di
cui al precedente comma e' punito, se il fatto non  costituisce  piu'
grave reato, con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda  fino  a
euro 516,00», richiamando il comma 1 che prevede «La  custodia  delle
armi di cui ai precedenti articoli 1  e  2  e  degli  esplosivi  deve
essere assicurata con ogni diligenza nell'interesse  della  sicurezza
pubblica») risulta astrattamente applicabile al presente processo  in
cui e' stato contestato  all'imputato,  non  esercente  attivita'  di
commercio o raccolta di anni, la  negligente  custodia  delle  stesse
all'interno della sua abitazione sita in  ...  via  ...  n.  ...,  in
ragione della circostanza che, nella giornata del ..., si  verificava
un gravissimo e drammatico incidente endo-familiare. 
    In particolare il figlio dell'imputato, B. F. G. (nato il ...), a
completa  insaputa  del  genitore,  ha  posto  in  essere,   mediante
l'utilizzo di un'arma (in particolare mediante un  fucile  automatico
«marca Franchi, calibro 12, modello presti. Avente  matricola  ...»),
dei  gesti  autolesionistici  determinanti  anche  il  necessario  ed
immediato accesso in pari data al nosocomio,  come  dimostrato  dall'
anamnesi del verbale di pronto soccorso in atti  («ferita  d'arma  da
fuoco»), dall'esame obbiettivo contenuto nello stesso dove si  evince
la presenza «intorno alla ferita di  corpi  estranei  (verosimilmente
metallici) ritenuti nel sottocute». 
    L'inconsapevolezza ed estraneita' dell'imputato rispetto al gesto
del figlio  risulta  suffragato,  invece,  sotto  un  primo  profilo,
dall'esame dello stesso  certificato  medico  di  accesso  al  pronto
soccorso; nella cui occasione B. F. G. ha riferito, sempre in sede di
anamnesi, di aver tentato il suicidio. 
    Sotto altro angolo visuale, il fratello del predetto, B.  A.  F.,
intervenuto  nell'immediatezza  presso  l'abitazione  familiare,   ha
dichiarato di aver interloquito con D. E., madre dei due  fratelli  e
li' presente, la quale gli aveva comunicato che F. G. si era sparato.
Quest'ultimo  peraltro,   nel   colloquiare   nell'immediatezza   del
drammatico episodio con il fratello,  gli  aveva  rappresentato,  nel
giustificare la sua contingente perdita di  sangue,  «che  si  voleva
uccidere». 
    La sussistenza effettiva  di  armi  comuni  da  sparo,  anche  in
termini di rilevante quantita', nell'abitazione dell'imputato  veniva
effettivamente  constatata,  invece,  sulla  base  del   verbale   di
perquisizione e sequestro del ... nel quale,  oltre  alla  suindicata
arma utilizzata dal figlio dell'imputato,  venivano  rinvenute  altre
meglio indicate nel medesimo verbale, in particolare « 
        un fucile da caccia sovrapposto calibro 12 marca Beretta mod.
556 e con matricola n. ...; 
        un fucile sovrapposto marca Franchi Calibro 12  matricola  n.
...; 
        un fucile sovrapposto calibro 20 marca Zangletti matricola al
momento non rilevata; 
        un fucile sovrapposto calibro 12 marca Fabarm matricola ...; 
        una pistola calibro 7,65 marca Bernardelli matricola  n.  ...
con relative cartucce». 
    Tali armi erano collocate all'interno di un  armadietto  blindato
collocato lungo il corridoio  dell'abitazione  (cfr.  annotazione  di
polizia giudiziaria e fascicolo fotografico in atti). La  titolarita'
delle armi in capo all'imputato  veniva  riscontrata  sulla  base  di
accertamenti  effettuati  mediante  i  sistemi  interni  in  uso   al
personale di p.g., che riscontrava anche la sussistenza in capo al B.
G. di un porto d'armi n. ... rilasciato in data .... 
    Orbene, in via generale  deve  osservarsi,  sempre  in  punto  di
rilevanza della questione, che secondo  il  consolidato  orientamento
della giurisprudenza di  legittimita'  condiviso  da  questo  giudice
«L'obbligo di diligenza nella custodia delle armi, previsto dall'art.
20 della legge n. 110/1975 - quando non si  tratti  di  soggetti  che
esercitino  professionalmente  attivita'  in  materia  di   armi   ed
esplosivi  -  deve  ritenersi  adempiuto  alla  sola  condizione  che
risultino adottate le cautele che,  nelle  specifiche  situazioni  di
fatto, possono esigersi da una persona di normale  prudenza,  secondo
il criterio dell'"id quod plerumque accidit"» (cfr.  Cassazione  pen.
Sez. I,  sentenza  n.  35453  dell'11  maggio  2021;  n.  46265/2004;
8027/2011; 7154/2000; 6827/2013). 
    Sulla scorta di tali coordinate ermeneutiche deve osservarsi  nel
caso di specie che, sebbene le armi fossero effettivamente  collocate
all'interno di un armadietto blindato (di  cui  peraltro  non  si  e'
compreso se lo stesso fosse nell'immediatezza chiuso a  chiave  e  di
cui deve comunque osservarsi la sua collocazione in  un  corridoio  e
quindi l'astratta fruibilita' da parte  di  tutti  i  componenti  del
nucleo familiare), il grado  di  diligenza  esigibile  nei  confronti
dell'imputato,  alla   luce   delle   specifiche   circostanze   gia'
rappresentate e che si illustreranno,  doveva  essere  secondo  l'«id
quod plerumque accidit» maggiore. 
    Sulla base della lettura degli atti contenuti nel  fascicolo  del
pubblico ministero utilizzabili ex art. 553 codice procedura  penale,
infatti, il figlio dell'imputato, B. F. G. (cl. ...), convivente  con
l'imputato (cfr.  sul  punto  verbale  di  s.i.t.  di  B.  A.  F.)  e
utilizzatore dell'arma detenuta dallo stesso, era da  tempo  in  cura
per strutturate gravissime  condizioni  psichiche;  come  emerso  sia
dalle  dichiarazioni  di  persone  informate  dei  fatti  sia   dagli
accertamenti  medici  effettuati   nell'interesse   di   B.   F.   G.
nell'immediatezza dell'accesso al pronto soccorso. 
    Sotto il primo profilo, infatti, B. A. F., premettendo di  essere
figlio  dell'imputato  e  fratello  di  F.  G.,   ha   riferito   che
quest'ultimo «soffriva di problemi psichici da almeno vent'anni ed e'
in cura col centro di igiene mentale sito in via ...»; in aggiunta il
teste ha riferito che, nel tragitto di accompagnamento  del  fratello
presso il pronto soccorso in  occasione  del  gesto  autolesionistico
suindicato, lo stesso era come «assente». 
    Tale aspetto veniva riferito anche da M. G., cognato di B. F.  G.
e  di  A.  F.,  il   quale,   premettendo   di   essere   intervenuto
nell'immediatezza presso l'abitazione dell'imputato e di  aver  visto
F. G. con  una  tovaglia  sporca  di  sangue  appoggiata  sul  fianco
sinistro,  ha  dichiarato  che  «F.  da  parecchi  anni   soffre   di
depressione per la quale per quanto so io e' in cura». 
    Tale particolare precarieta'  psicologica  di  B.  F.  G.  veniva
constatata  anche  da  B.  C.,  vicina  di   casa   dell'imputato   e
sopraggiunta  anche  lei,  nell'immediatezza,   nell'abitazione   del
medesimo a seguito della percezione di grida; in particolare la teste
ha riferito che «F. appariva confuso e aveva lo sguardo perso» e  che
«da tempo soffre di depressione ed e' attualmente in cura». 
    In  aggiunta,  tale  difficile  condizione  mentale  del   figlio
dell'imputato, risulta corroborata  per  tabulas  dagli  accertamenti
medici effettuati in occasione dell'accesso di B.  F.  G.  presso  il
pronto soccorso del G.O.M. di ... in data .... 
    Quest'ultimo, in sede di anamnesi - e' doveroso ancora una  volta
evidenziare - ha riferito infatti agli operatori sanitari  di  essere
giunto presso il nosocomio «per tentato  omicidio»;  di  soffrire  di
schizofrenia e  di  essere  in  terapia  con  «clozapina  brintellix,
aprazolam tavor». 
    Nei confronti del B. F. G., dopo che quest'ultimo veniva altresi'
sottoposto a visita psichiatrica, veniva diagnosticata «ferita d'arma
da fuoco in tentato suicidio in paz schizofrenico»  con  prognosi  di
venti giorni. 
    Tale  specifica  e  grave   situazione   del   nucleo   familiare
dell'imputato esigeva pertanto, anche in considerazione dello stabile
rapporto di convivenza intercorrente tra figlio e il padre idoneo  ad
ingenerare un costante pericolo di uso improprio da parte di F. G. di
una delle  plurime  armi  detenute  dall'imputato,  uno  standard  di
diligenza  nella  complessiva  attivita'  di  custodia   delle   anni
superiore   a   quello   concretamente   osservato;   tenuto    conto
dell'evidente facile accesso alla disponibilita' materiale delle armi
da parte del B. F. G.. 
    Da ultimo, sempre in punto di  rilevanza  della  questione,  deve
evidenziarsi che nel caso di specie non  sono  evincibili  dall'esame
del fascicolo del pubblico ministero ulteriori  reati  (peraltro  non
contestati nel presente processo) tali da determinare  l'operativita'
della clausola di sussidiarieta' prevista dal comma 2  dell'art.  20,
legge n. 110/1975 del salvo «che  il  fatto  costituisca  piu'  grave
reato»; eventualmente apprezzabili da questo  giudice  nell'esercizio
dei poteri riconosciuti ai sensi dell'art. 554-bis,  comma  6  codice
procedura penale. 
    A tal riguardo deve osservarsi infatti che non  sono  ravvisabili
in  capo  all'imputato  ne'  profili  di   responsabilita'   omissiva
impropria per lesioni a titolo doloso ex articoli 40 cpv./582  codice
penale ne' profili di responsabilita' omissiva per lesioni colpose ex
art. 40 cpv./590 codice penale per le seguenti considerazioni. 
    Circa tali eventuali profili di  responsabilita',  infatti,  deve
rilevarsi  la  carenza  sull'imputato  dell'«obbligo   giuridico   di
impedire l'evento» nei confronti del figlio B. F. G.; in altro  modo,
la maggiore eta' del  B.  F.  G.  al  momento  del  fatto  (cl.  ...)
impedisce  di  enucleare   un'attuale   responsabilita'   genitoriale
dell'imputato come prevista dall'art. 316, comma 1 del codice civile,
idonea a fondare  ex  lege  un  obbligo  di  protezione  dei  diritti
fondamentali legati alla  persona  e  la  conseguente  «posizione  di
garanzia». 
    Sotto altro profilo deve osservarsi che, sebbene B.  F.  versasse
all'epoca dei fatti contestati in una  critica  situazione  psichica,
quest'ultimo non risulta, dagli  atti  contenuti  nel  fascicolo  del
pubblico ministero, sottoposto  ad  alcun  formale  provvedimento  di
interdizione legale tale da poter fa nascere, anche in altro modo, ex
lege quell'obbligo di impedire l'evento previsto ex art. 40, comma  2
codice penale. 
    Tanto   premesso,   questo   giudice,   in   sede   di    udienza
pre-dibattimentale, e' chiamato, ai sensi  dell'art.  554-ter  codice
procedura penale,  ad  effettuare  una  valutazione  di  «ragionevole
previsione di condanna» sulla quale fondare la decisione se fissare ,
ai sensi dell'art. 554-ter, comma 3 codice procedura penale, la  data
dell'udienza  dibattimentale  per  la  prosecuzione  del  giudizio  o
emettere una sentenza di non luogo  a  procedere,  definitoria  della
specifica fase del processo; introdotta ai sensi dell'art. 32,  comma
1, lettera  d),  decreto  legislativo  n.  150/2022  come  modificato
dall'art. 6, decreto-legge n. 162/2022 convertito  con  modificazioni
nella legge n. 199/2022. 
    Ebbene,  la  questione  da  deferire  al  giudice  costituzionale
risulta  rilevante  posto  che  gli  elementi  fattuali  raccolti   e
illustrati deporrerebbero, in assenza di cause estintive del reato  e
tenuto conto della illustrata gravita'  del  caso  concreto  tale  da
precludere in questa sede la  riconduzione  del  fatto  nell'istituto
dell'art.  131-bis   codice   penale,   per   la   prosecuzione   del
dibattimento;  l'eventuale  pronuncia  di  incostituzionalita'  della
predetta  disposizione   determinerebbe,   invece,   contribuendo   a
concretizzare  la  ratio  di  «filtro»  attribuita  dal   legislatore
all'udienza  pre-dibattimentale,  una   immediata   definizione   del
processo con l'emissione di  una  sentenza  di  non  luogo  procedere
perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato,  a  seguito,
appunto, della  dichiarazione  di  incostituzionalita'  che  comporta
l'espunzione dall'ordinamento giuridico, con effetti ex  tunc,  della
norma penale costituzionalmente censurata. 
  2. Non  manifesta  infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale 
    Tanto premesso in punto di rilevanza,  deve  osservarsi  che  sul
giudice comune grava un vero e proprio obbligo di sollevare questione
di legittimita' costituzionale in caso di serio dubbio di conformita'
delle disposizioni di legge  o  degli  atti  aventi  forza  di  legge
rispetto alle  disposizioni  e  ai  principi  contenuti  nella  carta
fondamentale. 
    Spetta, infatti, alla Corte costituzionale, quale  giudice  delle
leggi, valutare la fondatezza o meno delle questioni di legittimita',
dovendosi limitare il giudice a quo a prendere atto (oltre che  della
rilevanza nel giudizio, di cui si e' gia' detto) della non  manifesta
infondatezza delle questioni di costituzionalita' poste dalle parti o
rilevabili d'ufficio. 
    Il  deciso  favor  dell'ordinamento  giuridico-costituzionale  in
ordine alla sollevazione della questione di costituzionalita' in caso
di possibile (ovvero dubbio, purche' serio) contrasto della normativa
di rango primario con la carta fondamentale emerge chiaramente -  non
solo dall'art. 1,  comma  1,  legge  costituzionale  n.  1/1948,  che
prevede l'obbligo di rimessione della questione («e' rimessa») quando
questa «non sia ritenuta  dal  giudice  manifestamente  infondata»  e
dall'art. 23, legge n. 87/1953  che,  dal  canto  suo,  contempla  il
potere/dovere di sollevare  questione  di  legittimita'  «qualora  il
giudizio  non   possa   essere   definito   indipendentemente   dalla
risoluzione della questione  di  legittimita'  costituzionale  e  non
ritenga che la  questione  sia  manifestamente  infondata»  -  ma  e'
indirettamente affermato anche dall'art. 24, legge n. 87/1953 laddove
prevede che «l'ordinanza che respinga l'eccezione  di  illegittimita'
costituzionale per manifesta irrilevanza o infondatezza, deve  essere
adeguatamente motivata». 
    A ben vedere, inoltre, il favor dell'ordinamento in  merito  alla
rimessione delle questioni  di  legittimita'  da  parte  del  giudice
comune e' dovuto all'assetto del controllo di  costituzionalita',  di
tipo accentrato, e rimesso ad un organo, la Corte costituzionale, che
notoriamente non puo' svolgere d'ufficio lo scrutinio di legittimita'
costituzionale, ma di regola e' investito di tale compito  a  seguito
di rimessione da parte del giudice comune che rilevi  incidentalmente
una questione nel corso di un giudizio pendente avanti a se'. 
  2.1 Violazione degli articoli 25, comma 2, 24  della  Costituzione,
117, comma 1 della Costituzione  in  relazione  all'art.  7  C.E.D.U.
(Firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa  esecutiva  con
legge 4 agosto 1955, n. 848) 
    Orbene, in punto di non manifesta  infondatezza  della  questione
devoluta al giudice  costituzionale,  questo  magistrato  censura  la
conformita' della fattispecie di reato di cui al comma 2 e  comma  1,
primo  periodo,  dell'art.  20,  legge  n.  110/1975,   rispetto   ai
suindicati parametri costituzionali e sovrannazionali, nella parte in
cui punisce, salvo che il fatto non costituisca piu' grave reato, con
l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda fino a euro  516,00  «chi
non osserva le prescrizioni di cui al precedente comma...». 
    Nel caso di specie viene in gioco esclusivamente il primo periodo
del comma 1 dell'art.  20,  legge  n.  110/1975  in  particolare  «La
custodia delle armi di cui ai precedenti  articoli  1  e  2  e  degli
esplosivi deve essere assicurata con  ogni  diligenza  nell'interesse
della  sicurezza  pubblica»;  non  essendo  applicabile   come   gia'
premesso, il secondo periodo  espressamente  riferito  a  coloro  che
esercitano in forma professionale attivita'  in  materia  di  armi  o
esplosivi o sono autorizzati alla raccolta o alla collezione di armi. 
    Ad avviso di questo giudice,  infatti,  tale  specifico  precetto
penale  risulta  totalmente  generico  ed  indeterminato  e  pertanto
contrastante,  sotto  un  primo  profilo,   con   il   principio   di
tassativita' e determinatezza imposto  all'art.  25,  comma  2  della
Costituzione in forza del quale «Nessuno puo' essere punito se non in
forza di  una  lene  che  sia  entrata  in  vigore  prima  del  fatto
commesso». 
    E'  evidente,  infatti,  la  contestuale   contraddittorieta'   e
genericita' della fattispecie  incriminatrice  di  cui  all'art.  20,
comma 1, primo periodo, e 2 legge n.  110/1975  laddove,  nel  punire
l'inosservanza delle «prescrizioni» di cui al comma  1  dell'art.  20
legge  n.  110/1975  (utilizzando  pertanto  una  locuzione   verbale
astrattamente  idonea  a  suggerire  la  sussistenza  di  un   elenco
specifico e analitico  di  comandi/divieti),  svilisce  di  fatto  il
significato generale  di  tale  terminologia,  giungendo  ad  operare
esclusivamente un richiamo al concetto indefinito e discrezionale  di
«diligenza», e creando, conseguentemente, un perimetro  di  tipicita'
assolutamente  indefinito  in  quanto  eretto  esclusivamente   sulla
punizione dell'inosservanza di «ogni diligenza». 
    Le «modalita' prescritte dalla autorita' di pubblica  sicurezza»,
previste dal secondo periodo del  comma  1  dell'art.  20,  legge  n.
110/1975 sono infatti evidentemente riferite soltanto all'autore  del
reato che eserciti «professionalmente attivita' in materia di armi  o
di esplosivi o e' autorizzato alla  raccolta  o  alla  collezione  di
armi»;  non  potendo  le  stesse  essere  estese,  se   non   tramite
un'inammissibile interpretazione «contro voluntas legis», ai soggetti
che non esercitino tali attivita'. 
    Tanto premesso, deve evidenziarsi  che  costituisce  orientamento
consolidato   e   risalente   della   giurisprudenza   costituzionale
«l'esigenza di evitare arbitri nell'applicazione di misure limitative
di  quel  bene  sommo  ed  inviolabile  costituito   dalla   liberta'
personale; costituendo onere della legge penale quello di determinare
la  fattispecie  criminosa  con  connotati  precisi   in   modo   che
l'interprete possa comprendere  con  specificita'  e  concretezza  il
contenuto del comando» (cfr. Corte costituzionale n. 96/1981). 
    Questo   giudice   e'   altresi'   consapevole,   condividendola,
dell'ulteriore  declinazione  del   principio   di   tassativita'   o
determinatezza  offerto  dalla  Corte   costituzionale,   consolidata
nell'ultimo trentennio, secondo la quale per verificare  il  rispetto
di tale principio «occorre non gia' valutare isolatamente il  singolo
elemento descrittivo dell'illecito, bensi' collegarlo con  gli  altri
elementi costitutivi della fattispecie e con  la  disciplina  in  cui
questa  s'inserisce;  in  particolare,  l'inclusione  nella   formula
descrittiva  dell'illecito  di  espressioni  sommarie,  di   vocaboli
polisensi, ovvero di  clausole  generali  o  concetti  elastici,  non
comporta un vulnus del parametro costituzionale  evocato,  quando  la
descrizione complessiva del fatto incriminato  consenta  comunque  al
giudice    -    avuto    riguardo    alle    finalita'     perseguite
dall'incriminazione ed al piu' ampio contesto  ordinamentale  in  cui
essa si colloca -  di  stabilire  il  significato  di  tale  elemento
mediante un'operazione interpretativa non esorbitante  dall'ordinario
compito a lui affidato: quando cioe' quella descrizione  consenta  di
esprimere un giudizio di corrispondenza  della  fattispecie  concreta
alla fattispecie astratta,  sorretto  da  un  fondamento  ermeneutico
controllabile; e, correlativamente, permetta  al  destinatario  della
norma di avere una percezione sufficientemente  chiara  ed  immediata
del relativo valore precettivo» (cfr. Corte  costituzionale  sentenza
n. 327/2008; n. 5/2004; n. 34/1995; 122/1993). 
    Sulla scorta di tali rilievi della giurisprudenza costituzionale,
deve tuttavia ancora una volta osservarsi,  che  la  tipicita'  della
fattispecie contravvenzionale attenzionata - rectius  la  descrizione
del fatto incriminato - e' caratterizzata sic  et  simpliciter  dalla
mera omissione dell'osservanza di ogni tipo diligenza, senza pertanto
essere neanche astrattamente consentita all'interprete  un'operazione
ermeneutica  di  tipo  complessivo;  essendo  peraltro   difficoltoso
apprezzare, oltre alla precisa tipicita' di tale reato, la  linea  di
confine  dell'elemento   oggettivo   dal   coefficiente   psicologico
specificamente richiesto. 
    Il richiamo esclusivo a «ogni diligenza», in  altro  modo,  rende
impossibile l'attribuzione alla fattispecie penale in oggetto di quel
contenuto oggettivo e tassativo; impedendo ai consociati altresi'  la
possibilita'  di  comprendere,  in  termini   di   prevedibilita'   e
conoscibilita', il preciso perimetro materiale della scelta  punitiva
manifestata    dal    legislatore,     conseguentemente     incidendo
negativamente, nell'ambito  di  un  eventuale  giudizio  penale,  sul
concreto ed effettivo esercizio del diritto  di  difesa  ex  art.  24
della Costituzione; essendo «expressis verbis» richiesto  uno  sforzo
di diligenza «totalizzante» e pertanto inindividuabile. 
    Tale  vulnus  al  principio  di  determinatezza  e   tassativita'
contrasta altresi', in forza del dovere sancito  all'art.  117  della
Costituzione di osservare gli obblighi  internazionali  assunti,  con
l'art. 7 C.E.D.U. (Convenzione europea dei diritti dell'uomo  oggetto
di ratifica ed esecuzione con legge nazionale n. 848/1955)  in  forza
del quale «nessuno puo' essere condannato per una azione od omissione
che, nel momento in cui  e'  stata  commessa,  non  costituiva  reato
secondo la legge nazionale o internazionale.». 
    La portata  normativa  di  tale  disposizione  costituisce  ormai
oggetto di indirizzo consolidato  della  Corte  europea  dei  Diritti
dell'uomo, come sugellata dalla pronuncia della Grande Camera del  23
febbraio 2017 che ha deciso il caso «...» contro Italia  mediante  la
quale la Corte europea dei diritti dell'uomo  in  ordine  all'art.  7
della  Convenzione  ha  statuito   «uno   dei   requisiti   derivanti
dall'espressione  "prevista  dalla  legge"  e'   la   prevedibilita'.
Pertanto, una norma non puo' essere considerata una "legge" se non e'
formulata  con  sufficiente  precisione  in  modo  da  consentire  ai
cittadini di regolare la loro condotta; essi devono essere in grado -
se necessario, mediante appropriata consulenza - di prevedere,  a  un
livello ragionevole nelle specifiche circostanze, le conseguenze  che
un determinato atto puo' comportare» (si vedano tra le altre pronunce
sul punto della Corte europea dei diritti dell'uomo: Sunday Times  c.
Regno Unito, 26 aprile 1979; Kokkinakis c. Grecia,  25  maggio  1993;
Rekvenyi c. Ungheria (GC) n. 25390/1994; ... e ... c. Italia). 
    Orbene tale pronuncia  nel  caso  sovrannazionale  «...»  risulta
particolarmente significativa nella valutazione della  non  manifesta
infondatezza della questione oggi sollevata, non soltanto nell'ambito
dell'esigenza di «nomofilachia convenzionale» in ordine al raggio  di
operativita' dell'art. 7 CEDU, ma anche in  ragione  della  specifica
norma nazionale penale che era stata sottoposta all'attenzione  della
Corte europea dei diritti dell'uomo; in particolare l'art. 75,  comma
2 decreto legislativo n.  159/2011  nella  parte  in  cui  attribuiva
rilevanza penale all'inosservanza delle  «prescrizioni»  del  «vivere
onestamente  e  rispettare  le  leggi»  indicate  nelle   misure   di
prevenzione. 
    Tale citato reato infatti risultava avere, prima della  pronuncia
della sentenza della Corte costituzionale n. 25/2019 che  di  seguito
si indichera', un perimetro di tipicita'  analogo  e,  ad  avviso  di
questo giudice, ancora piu' determinato/tassativo di quello  previsto
dall'art. 20, comma 1, primo  periodo  e  2  legge  n.  110/1975  che
punisce, infatti, come ampiamente  illustrato,  chi  non  osserva  le
prescrizioni costituite da  «ogni  diligenza»  nella  custodia  delle
armi. 
    Ebbene, la suindicata Grande Camera della Corte EDU ha dichiarato
che le prescrizioni di «vivere onestamente  e  rispettare  le  leggi»
contrastino con  l'art.  7  della  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo; in quanto prescrizioni non sufficientemente dettagliate  e
pertanto non prevedibili e non conoscibili. 
    Sulla  scorta  di  tale  «monito»  sovranazionale,  l'ordinamento
nazionale  ha  concretamente  reagito  dinanzi  a   tale   vizio   di
determinatezza dell'art. 75, comma 2 decreto legislativo n.  159/2011
dichiarando l'incostituzionalita' dello stesso  nella  parte  in  cui
prevede come reato la violazione degli obblighi e delle  prescrizioni
inerenti la  misura  della  sorveglianza  speciale,  con  obblighi  o
divieto  di  soggiorno,  ove  consistente   nell'inosservanza   delle
prescrizioni di «vivere onestamente»  e  di  «rispettare  le  leggi».
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 25 del 27 settembre 2019). 
    In  definitiva  e'  evidente  che   per   ragioni   di   coerenza
ordinamentale,  alla  stregua  della  vicinitas  di  tipicita'  della
fattispecie ex art. 75, comma 2  decreto  legislativo  n.  159  (ante
sentenza n. 25/2019 Corte costituzionale) a quella oggi  questionata,
sia indispensabile  promuovere  un  vaglio  di  costituzionalita'  in
ordine alla conformita' agli articoli 25, comma 2 della  Costituzione
e 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 CEDU  dell'art.  20,
comma 2 e comma 1, primo periodo, legge n. 110/1975, laddove sanziona
la violazione di «prescrizioni» del tutto  indefinite,  e  riducibili
peraltro all'inosservanza di «ogni diligenza». 
  2.2. Violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione. 
    Da ultimo deve  ossersarsi  che  l'assoluta  indeterminatezza  ed
imprecisione come argomentata della norma penale in  oggetto,  avente
al    suo    interno     anche     una     consistente     componente
precauzionale/cautelare laddove impone nella custodia delle  armi  un
dovere di osservare  ogni  diligenza  ex  art.  20,  comma  1,  primo
periodo, legge n. 110/1975, incide negativamente ed irragionevolmente
ex art. 2 della Costituzione sulla vita privata del consociato, sullo
sviluppo  della  sua  personalita'  e  delle   quotidiane   e   delle
complessive  formazioni  sociali  del  medesimo,  imponendo   infatti
astrattamente    e    costantemente    all'individuo    uno    sforzo
qualitatitativo e quantitativo nell'osservanza del  dovere  di  «ogni
diligenza» imprecisato e pertanto «inesigibile»; da cio'  desumendosi
anche la totale irragionevolezza del precetto  di  cui  all'art.  20,
comma 1 primo periodo e comma 2, legge n. 110/1975. 
  3. Impossibilita' di un'interpretazione conforme 
    Alla  luce  dello  specifico  e  rigoroso  tenore  normativo  del
combinato disposto di cui ai commi  1  e  2  legge  n.  110/1975  non
risultano percorribili interpretazioni della norma qui  censurata  in
senso conforme alle citate disposizioni  della  Costituzione  e  alle
norme ad essa interposte; trattandosi di una norma che punisce sic et
simpliciter l'inosservanza di ogni tipo di diligenza  nella  custodia
delle armi. 
  4. Sospensione del giudizio  e  della  prescrizione  -  statuizioni
connesse 
    In  via  conclusiva,  ritenuta  la  questione  rilevante  e   non
manifestamente infondata, in  virtu'  del  combinato  disposto  degli
articoli 23, legge n. 87/1953 e 159 codice penale, deve ordinarsi  la
sospensione del giudizio in corso nei confronti  dell'imputato  e  la
conseguente sospensione della prescrizione con riferimento  al  reato
contestato nel presente procedimento. 
    In punto di sospensione della prescrizione si precisa che  questo
giudice  aderisce   ed   intende   dare   attuazione   al   principio
giurisprudenziale, condivisibile e ormai consolidato, secondo cui «In
tema di prescrizione, nel caso  di  sospensione  del  procedimento  a
seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale  per  la
risoluzione di una questione di legittimita' costituzionale, la  data
di cessazione dell'effetto sospensivo e, pertanto, la data finale del
periodo di sospensione del termine  di  prescrizionale  coincide  con
quella in cui gli atti sono restituiti al giudice  remittente»  (cfr.
Cassazione, sez. V, sentenza n. 7553 del 14 novembre  2012;  sez.  IV
sentenza n. 3086/1979). 
    Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4,  legge  n.
87/1953 l'immediata trasmissione degli  atti  del  procedimento  alla
Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la  notificazione
della presente ordinanza al Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica e per la  successiva  trasmissione  del
fascicolo processuale alla Corte costituzionale. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale
n. 1/1948 e 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione  rilevante
e non manifestamente infondata, 
    solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione  al
reato di cui al combinato disposto dei comma 2 e  1,  primo  periodo,
dell'art. 20, legge n. 110/1975 per la violazione degli  articoli  2,
3, 24, 25 comma 2, 117, comma  1  della  Costituzione  (in  relazione
degli obblighi discendenti dall'art. 7,  comma  1  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848); 
    sospende il giudizio in corso nei confronti  dell'imputato  ed  i
relativi termini di prescrizione fino alla definizione  del  giudizio
incidentale di legittimita'  costituzionale  con  restituzione  degli
atti al giudice procedente; 
    dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale; 
    manda  la  cancelleria  per  la  notificazione   della   presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
        Cosi' deciso, Reggio Calabria il 24 ottobre 2024 
 
                        Il giudice: Iacovelli