Reg. ord. n. 39 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/03/2025 n. 11
Ordinanza del Tribunale di Milano del 28/01/2025
Tra: E.H. E.F.
Oggetto:
Processo penale – Incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento – Giudizio di rinvio dopo l'annullamento da parte della Corte di cassazione – Mancata previsione dell’incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca (anche parziale) ex art. 669 cod. proc. pen. di sentenze di condanna irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto – Ingiustificata disparità di trattamento tra le fasi di cognizione e dell'esecuzione – Violazione del principio di terzietà e imparzialità del giudice.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 34
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 623
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 111
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio 2025
Ordinanza del 28 gennaio 2025 del Tribunale di Milano nel
procedimento penale a carico di E.H. E.F..
Processo penale - Incompatibilita' del giudice determinata da atti
compiuti nel procedimento - Giudizio di rinvio dopo l'annullamento
da parte della Corte di cassazione - Mancata previsione
dell'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo
al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di
rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca (anche
parziale) ex art. 669 cod. proc. pen. di sentenze di condanna
irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto.
- Codice di procedura penale, artt. 34 e 623, comma 1, lettera a).
(GU n. 11 del 12-03-2025)
IL TRIBUNALE DI MILANO
Sezione ottava penale
In composizione collegiale e in funzione di giudice
dell'esecuzione, in persona dei giudici:
dott.ssa Alfonsa Maria FERRARO - Presidente;
dott.ssa Orsola DE CRISTOFARO - Giudice;
dott.ssa Nicoletta MARCHEGIANI - Giudice est.
deliberando, all'esito dell'udienza camerale svoltasi in data 8
gennaio 2025, ha pronunziato la seguente
Ordinanza
letti gli atti del proc. n. 54/24 SIGE instaurato su istanza di E
F E H (nato a il );
ritenuta la propria competenza, quale giudice dell'esecuzione, ex
art. 676 c.p.p., osserva con sentenza del 19 giugno 2024 la Suprema
Corte annullava con rinvio l'ordinanza emessa in data 27 marzo 2024
con la quale questo Tribunale rigettava la richiesta del condannato E
F E H avente ad oggetto la revoca della sentenza n. 1267/07, emessa
dal Tribunale di Milano - in composizione collegiale - in data 29
novembre 2007, confermata dalla Corte di Appello di Milano in data 27
marzo 2009 e divenuta irrevocabile il 24 marzo 2010 con riferimento
alla parte di condanna per il reato di cui al capo 1) - art. 74
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, sostenendo
trattarsi di «bis in idem» rispetto alla condanna pronunciata, con
riguardo al reato associativo (da considerarsi, secondo la difesa, il
medesimo) ritenuto sussistente con la sentenza n. 1156/06 pronunciata
dal Tribunale di Genova in data 30 gennaio 2006, confermata dalla
Corte di Appello di Genova in data 9 giugno 2008, divenuta
irrevocabile il 20 marzo 2009.
A sostegno dell'istanza la difesa si riportava anche al contenuto
della ordinanza emessa dal Tribunale di Milano - Sez. XI - in data 7
maggio 2014 nei confronti della condannata D V - moglie di E ,F E H e
coimputata, con il coniuge, nei due reati associativi e in alcuni dei
reati cd. fine, oggetto delle due sentenze citate.
Con l'ordinanza del 7 maggio 2014 il Tribunale di Milano,
accogliendo l'istanza ex art. 669 c.p.p. avanzata dalla D aveva
ritenuto che il delitto associativo giudicato con le due sentenze
sopra indicate fosse il «medesimo» per identita' di soggetti
partecipanti, identita' del ruolo rivestito dalla D nelle due
associazioni e medesimo contesto temporale delle condotte (da a
del ).
La Suprema Corte, nell'annullare con rinvio l'ordinanza
impugnata, ha osservato che pur in presenza di una motivazione
«articolata», essa e', per alcuni aspetti, «contradditoria e
carente».
In particolare, pur prendendo atto della «non vincolanza» della
precedente ordinanza del 7 maggio 2014, ha rilevato che il Tribunale,
nel provvedimento impugnato, aveva attribuito rilevanza al dato che i
due procedimenti penali erano nati da due attivita' investigative
compiute da organi differenti di polizia giudiziaria che avevano
condotto a filoni di indagini autonome, afferenti l'uno
all'importazione di cocaina dall'Olanda e l'altro all'importazione di
hashish dal Marocco, cosi' dando rilevanza alla diversita'
dell'oggetto del traffico di sostanze accertato nei due processi; si
sarebbe invece dovuto approfondire il tema della «duplicita' di
entita' associative» anche tenuto conto del fatto che la diversa
tipologia di sostanze stupefacenti trattate dalle due associazioni
(dato questo svalutato nell'ordinanza del 7 maggio 2014) non era
stato preso in considerazione, pur per discostarsene, in base a una
diversa lettura delle due decisioni di merito considerate.
Inoltre, questo Tribunale - in funzione di GE - non aveva svolto
considerazioni adeguate con riferimento alla verifica del gruppo di
associati risultati partecipi di entrambe le associazioni (E F ,D e F
) sondando il ruolo svolto da ciascuno di questi e verificando se
pienamente corrispondente in entrambe le consorterie criminali, anche
con riguardo alla individuazione del livello apicale.
Ancora, non era stato approfondito il ruolo attribuito (1) dal
Tribunale di Genova all'attivita' nel traffico di stupefacenti
dell'associazione posta in essere da R K , soggetto annoverato fra i
partecipi dell'associazione «milanese».
Il giudice dell'esecuzione, si legge, «avrebbe dovuto dare conto
dell'avvenuta analisi della fattispecie associativa compiuta nella
corrispondente sentenza della fase cognitoria resa dal Tribunale di
Milano e verificare se l'ambito di quella associazione, per come in
concreto accertata nella sua dimensione storico-naturalistica.
intercettava e ricomprendeva - o meno- l'attivita' associata dal
canto suo accertata, sempre in concreto, dal Tribunale di Genova,
prendendo atto che il Tribunale di Milano aveva elencato tutte le
evidenze, anche captative, ritenute influenti fra le quali compariva
anche una, intercorsa tra E F e D , avente ad oggetto
l'arresto di H H , ossia una delle persone che la sentenza del
Tribunale di Genova aveva annoverato tra gli associati, seppure
assoggettata a separato procedimento, sicche' sarebbe occorso
l'approfondimento dell'emersione - o meno del coinvolgimento degli H
anche nella complessiva attivita' accertata dal Tribunale di Milano».
A fronte dei rilievi critici sopra riassunti e' necessario, per
la Suprema Corte, un nuovo esame del merito dei relativi
provvedimenti per spiegare, con adeguata motivazione, la sussistenza
- o meno - di due organismi associativi distinti e autonomi di cui E
F nello svolgimento del ruolo apicale riconnesso alla sua condotta,
abbia contemporaneamente fatto parte o, invece, due articolazioni
della medesima compagine criminale che erano state indagate e
processualmente inquadrate dai diversi angoli visuali segnalati dalla
pregressa ordinanza esecutiva.
E' stato pertanto disposto l'annullamento con rinvio degli atti,
per un nuovo giudizio al Tribunale di Milano.
La Presidente della Sezione Ottava ha trasmesso il procedimento
al Presidente delegato del Tribunale per incompatibilita' del
Collegio giudicante e per impossibilita' di formarne un altro
differente con provvedimento del 23 ottobre 2024 il Presidente
delegato ha rigettato
l'istanza di riassegnazione non ravvisando alcuna
incompatibilita' ai sensi dell'art. 34 c.p.p., rilevando che la
decisione non verte in tema di rideterminazione pena, ne' di quella
che la Corte Costituzionale n. 7/2022 individua come «parentesi
cognitiva» delle sede esecutiva.
All'udienza camerale dell'8 gennaio 2025 - fissata per la nuova
discussione - la difesa del condannato ha, in principalita',
insistito sul profilo di «incompatibilita'» a partecipare al giudizio
di rinvio del (medesimo) giudice dell'esecuzione che si era gia'
pronunciato, con ordinanza di rigetto, sull'istanza ex art. 669
c.p.p.
Il Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
questione e, pertanto, con la presente ordinanza, solleva anche
d'ufficio, ai sensi dell'art. 1 della legge Costituzionale n. 1 del 9
febbraio 1948 e 23, comma 3 Lg. 11 marzo 1953 n. 87 questione di
legittimita' costituzionale degli articoli 34 e 623, comma 1, lettera
a) del codice di procedura penale per contrasto con gli articoli 3 e
111, comma 2, della Costituzione nella parte in cui non prevedono
l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al
giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o
di accoglimento) della richiesta di revoca, ex art. 669 c.p.p., di
sentenza per «bis in idem» annullata dalla Corte di Cassazione.
La «rilevanza» della questione risulta evidente nel caso di
specie dal momento che, in caso di accoglimento, sarebbe precluso a
questo Collegio valutare nuovamente soggetto dell'istanza difensiva
ex art. 669 c.p.p. per ragioni di incompatibilita'.
Difatti, l'approfondimento dei temi evidenziati dalla Suprema
Corte, richiede un giudizio sostanzialmente di «merito» dato che la
verifica dei presupposti per ritenere l'unicita' o meno di due
associazioni postula un non secondario esame sugli autori, sulle
modalita' e circostanze delle condotte anche attraverso le prove
assunte e le intercettazioni acquisite, valutazioni che non possono
non integrare gli estremi del «giudizio» che la previsione dell'art.
34 c.p.p. pone come limite al Giudice chiamato nuovamente a decidere
e cio' anche se trattasi di annullamento di una ordinanza (e non di
una sentenza).
La questione e' anche determinante in «concreto»: la Suprema
Corte infatti ha indicato al Tribunale i «temi» da riesaminare ed i
principi di diritto a cui attenersi evidenziando, come gia' sopra
scritto, la necessita' di riesaminare il dato della diversita' di
sostanze trattate dalle due associazioni, la verifica dei componenti
dei due gruppi ed i loro ruoli, il ruolo svolto da R K e da H
H anche attraverso l'esame delle conversazioni telefoniche citate
nella sentenza milanese.
Ebbene tale analisi presuppone, da parte del Tribunale, un
giudizio di merito che e' gia' stato fatto, seppur nelle forme della
ordinanza e che, laddove fosse chiamato nuovamente a pronunciarsi
sulla questione, non potrebbe che ribadire le proprie valutazioni
gia' esposte nella ordinanza annullata avendo gia' illustrato gli
elementi di fatto in forza dei quali le due associazioni devono
ritenersi distinte.
Tali considerazioni coinvolgono certamente la previsione di cui
all'art. 111., 2 comma Cost. che richiede la terzieta' e
l'imparzialita' del Giudice, requisiti questi essenziali per un
giusto processo che non verrebbero rispettati se a (ri)pronunciarsi
sulla istanza ex art. 669 c.p.p. fosse il medesimo Tribunale che si
e' gia' espresso sulla stessa.
Pertanto, deve ritenersi non manifestamente infondata la
questione di illegittimita' costituzionale degli articoli 623, comma
1, lettera a) c.p.p. e 34 c.p.p. nella parte in cui non prevedono
l'incompatibilita' di cui si tratta per contrasto con il principio
dell'imparzialita' e terzieta' del giudice stabilita dall'art. 111
della Costituzione.
Si ritiene, inoltre, che l'attuale formulazione dell'art. 34
c.p.p. si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione sotto il
profilo della ingiustificata disparita' di trattamento tra la fase
della cognizione e quella dell'esecuzione (laddove si tratti di
decisioni attinenti alla valutazione della pronuncia di piu' sentenze
di condanna, emesse contro la stessa persona, per il medesimo fatto).
Nel caso in cui, infatti, il Giudice abbia pronunciato sentenza,
in sede di cognizione l'annullamento con rinvio della sua decisione
comporta, ex art. 623 comma 1, lettera d) c.p.p. l'impossibilita' per
quel giudice (persona fisica) di pronunciarsi nuovamente sulla
vicenda e disposizione analoga e' prevista dall'art. 34 c.p.p.; se,
invece, analoga valutazione e' richiesta in fase esecutiva, a seguito
di annullamento con rinvio, in questa sede non e' prevista un'analoga
situazione di incompatibilita'.
Per tutto quanto sopra esposto, deve essere dichiarata rilevante
e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale degli articoli 34 e 623 comma 1, lettera a) del codice
di procedura penale per contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. nella
parte in cui non prevedono l'incompatibilita' a partecipare al
giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia
pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta
di revoca (anche parziale) ex art. 669 c.p.p. di sentenze di condanna
irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto.
(1) Ruolo di intersezione occasionale o, al contrario, di comunanza
organizzativa.
P.Q.M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale degli articoli 34 e 623 comma 1, lettera
a) del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono
l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al
giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o
di accoglimento) della richiesta di revoca (anche parziale) ex art.
669 c.p.p. di sentenze di condanna irrevocabili emesse contro la
stessa persona per il medesimo fatto.
Dispone la sospensione del presente giudizio;
Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
Costituzionale;
Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia
notificata al condannato E F E H , al difensore, al Presidente del
Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Milano, 8 gennaio 2025
Il Presidente: Ferraro
I giudici: De Cristofaro - Marchigiani
Oggetto:
Processo penale – Incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento – Giudizio di rinvio dopo l'annullamento da parte della Corte di cassazione – Mancata previsione dell’incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca (anche parziale) ex art. 669 cod. proc. pen. di sentenze di condanna irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto – Ingiustificata disparità di trattamento tra le fasi di cognizione e dell'esecuzione – Violazione del principio di terzietà e imparzialità del giudice.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 34
codice di procedura penale del Num. Art. 623 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio 2025 Ordinanza del 28 gennaio 2025 del Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di E.H. E.F.. Processo penale - Incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento - Giudizio di rinvio dopo l'annullamento da parte della Corte di cassazione - Mancata previsione dell'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca (anche parziale) ex art. 669 cod. proc. pen. di sentenze di condanna irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto. - Codice di procedura penale, artt. 34 e 623, comma 1, lettera a). (GU n. 11 del 12-03-2025) IL TRIBUNALE DI MILANO Sezione ottava penale In composizione collegiale e in funzione di giudice dell'esecuzione, in persona dei giudici: dott.ssa Alfonsa Maria FERRARO - Presidente; dott.ssa Orsola DE CRISTOFARO - Giudice; dott.ssa Nicoletta MARCHEGIANI - Giudice est. deliberando, all'esito dell'udienza camerale svoltasi in data 8 gennaio 2025, ha pronunziato la seguente Ordinanza letti gli atti del proc. n. 54/24 SIGE instaurato su istanza di E F E H (nato a il ); ritenuta la propria competenza, quale giudice dell'esecuzione, ex art. 676 c.p.p., osserva con sentenza del 19 giugno 2024 la Suprema Corte annullava con rinvio l'ordinanza emessa in data 27 marzo 2024 con la quale questo Tribunale rigettava la richiesta del condannato E F E H avente ad oggetto la revoca della sentenza n. 1267/07, emessa dal Tribunale di Milano - in composizione collegiale - in data 29 novembre 2007, confermata dalla Corte di Appello di Milano in data 27 marzo 2009 e divenuta irrevocabile il 24 marzo 2010 con riferimento alla parte di condanna per il reato di cui al capo 1) - art. 74 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/90, sostenendo trattarsi di «bis in idem» rispetto alla condanna pronunciata, con riguardo al reato associativo (da considerarsi, secondo la difesa, il medesimo) ritenuto sussistente con la sentenza n. 1156/06 pronunciata dal Tribunale di Genova in data 30 gennaio 2006, confermata dalla Corte di Appello di Genova in data 9 giugno 2008, divenuta irrevocabile il 20 marzo 2009. A sostegno dell'istanza la difesa si riportava anche al contenuto della ordinanza emessa dal Tribunale di Milano - Sez. XI - in data 7 maggio 2014 nei confronti della condannata D V - moglie di E ,F E H e coimputata, con il coniuge, nei due reati associativi e in alcuni dei reati cd. fine, oggetto delle due sentenze citate. Con l'ordinanza del 7 maggio 2014 il Tribunale di Milano, accogliendo l'istanza ex art. 669 c.p.p. avanzata dalla D aveva ritenuto che il delitto associativo giudicato con le due sentenze sopra indicate fosse il «medesimo» per identita' di soggetti partecipanti, identita' del ruolo rivestito dalla D nelle due associazioni e medesimo contesto temporale delle condotte (da a del ). La Suprema Corte, nell'annullare con rinvio l'ordinanza impugnata, ha osservato che pur in presenza di una motivazione «articolata», essa e', per alcuni aspetti, «contradditoria e carente». In particolare, pur prendendo atto della «non vincolanza» della precedente ordinanza del 7 maggio 2014, ha rilevato che il Tribunale, nel provvedimento impugnato, aveva attribuito rilevanza al dato che i due procedimenti penali erano nati da due attivita' investigative compiute da organi differenti di polizia giudiziaria che avevano condotto a filoni di indagini autonome, afferenti l'uno all'importazione di cocaina dall'Olanda e l'altro all'importazione di hashish dal Marocco, cosi' dando rilevanza alla diversita' dell'oggetto del traffico di sostanze accertato nei due processi; si sarebbe invece dovuto approfondire il tema della «duplicita' di entita' associative» anche tenuto conto del fatto che la diversa tipologia di sostanze stupefacenti trattate dalle due associazioni (dato questo svalutato nell'ordinanza del 7 maggio 2014) non era stato preso in considerazione, pur per discostarsene, in base a una diversa lettura delle due decisioni di merito considerate. Inoltre, questo Tribunale - in funzione di GE - non aveva svolto considerazioni adeguate con riferimento alla verifica del gruppo di associati risultati partecipi di entrambe le associazioni (E F ,D e F ) sondando il ruolo svolto da ciascuno di questi e verificando se pienamente corrispondente in entrambe le consorterie criminali, anche con riguardo alla individuazione del livello apicale. Ancora, non era stato approfondito il ruolo attribuito (1) dal Tribunale di Genova all'attivita' nel traffico di stupefacenti dell'associazione posta in essere da R K , soggetto annoverato fra i partecipi dell'associazione «milanese». Il giudice dell'esecuzione, si legge, «avrebbe dovuto dare conto dell'avvenuta analisi della fattispecie associativa compiuta nella corrispondente sentenza della fase cognitoria resa dal Tribunale di Milano e verificare se l'ambito di quella associazione, per come in concreto accertata nella sua dimensione storico-naturalistica. intercettava e ricomprendeva - o meno- l'attivita' associata dal canto suo accertata, sempre in concreto, dal Tribunale di Genova, prendendo atto che il Tribunale di Milano aveva elencato tutte le evidenze, anche captative, ritenute influenti fra le quali compariva anche una, intercorsa tra E F e D , avente ad oggetto l'arresto di H H , ossia una delle persone che la sentenza del Tribunale di Genova aveva annoverato tra gli associati, seppure assoggettata a separato procedimento, sicche' sarebbe occorso l'approfondimento dell'emersione - o meno del coinvolgimento degli H anche nella complessiva attivita' accertata dal Tribunale di Milano». A fronte dei rilievi critici sopra riassunti e' necessario, per la Suprema Corte, un nuovo esame del merito dei relativi provvedimenti per spiegare, con adeguata motivazione, la sussistenza - o meno - di due organismi associativi distinti e autonomi di cui E F nello svolgimento del ruolo apicale riconnesso alla sua condotta, abbia contemporaneamente fatto parte o, invece, due articolazioni della medesima compagine criminale che erano state indagate e processualmente inquadrate dai diversi angoli visuali segnalati dalla pregressa ordinanza esecutiva. E' stato pertanto disposto l'annullamento con rinvio degli atti, per un nuovo giudizio al Tribunale di Milano. La Presidente della Sezione Ottava ha trasmesso il procedimento al Presidente delegato del Tribunale per incompatibilita' del Collegio giudicante e per impossibilita' di formarne un altro differente con provvedimento del 23 ottobre 2024 il Presidente delegato ha rigettato l'istanza di riassegnazione non ravvisando alcuna incompatibilita' ai sensi dell'art. 34 c.p.p., rilevando che la decisione non verte in tema di rideterminazione pena, ne' di quella che la Corte Costituzionale n. 7/2022 individua come «parentesi cognitiva» delle sede esecutiva. All'udienza camerale dell'8 gennaio 2025 - fissata per la nuova discussione - la difesa del condannato ha, in principalita', insistito sul profilo di «incompatibilita'» a partecipare al giudizio di rinvio del (medesimo) giudice dell'esecuzione che si era gia' pronunciato, con ordinanza di rigetto, sull'istanza ex art. 669 c.p.p. Il Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione e, pertanto, con la presente ordinanza, solleva anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 1 della legge Costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948 e 23, comma 3 Lg. 11 marzo 1953 n. 87 questione di legittimita' costituzionale degli articoli 34 e 623, comma 1, lettera a) del codice di procedura penale per contrasto con gli articoli 3 e 111, comma 2, della Costituzione nella parte in cui non prevedono l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca, ex art. 669 c.p.p., di sentenza per «bis in idem» annullata dalla Corte di Cassazione. La «rilevanza» della questione risulta evidente nel caso di specie dal momento che, in caso di accoglimento, sarebbe precluso a questo Collegio valutare nuovamente soggetto dell'istanza difensiva ex art. 669 c.p.p. per ragioni di incompatibilita'. Difatti, l'approfondimento dei temi evidenziati dalla Suprema Corte, richiede un giudizio sostanzialmente di «merito» dato che la verifica dei presupposti per ritenere l'unicita' o meno di due associazioni postula un non secondario esame sugli autori, sulle modalita' e circostanze delle condotte anche attraverso le prove assunte e le intercettazioni acquisite, valutazioni che non possono non integrare gli estremi del «giudizio» che la previsione dell'art. 34 c.p.p. pone come limite al Giudice chiamato nuovamente a decidere e cio' anche se trattasi di annullamento di una ordinanza (e non di una sentenza). La questione e' anche determinante in «concreto»: la Suprema Corte infatti ha indicato al Tribunale i «temi» da riesaminare ed i principi di diritto a cui attenersi evidenziando, come gia' sopra scritto, la necessita' di riesaminare il dato della diversita' di sostanze trattate dalle due associazioni, la verifica dei componenti dei due gruppi ed i loro ruoli, il ruolo svolto da R K e da H H anche attraverso l'esame delle conversazioni telefoniche citate nella sentenza milanese. Ebbene tale analisi presuppone, da parte del Tribunale, un giudizio di merito che e' gia' stato fatto, seppur nelle forme della ordinanza e che, laddove fosse chiamato nuovamente a pronunciarsi sulla questione, non potrebbe che ribadire le proprie valutazioni gia' esposte nella ordinanza annullata avendo gia' illustrato gli elementi di fatto in forza dei quali le due associazioni devono ritenersi distinte. Tali considerazioni coinvolgono certamente la previsione di cui all'art. 111., 2 comma Cost. che richiede la terzieta' e l'imparzialita' del Giudice, requisiti questi essenziali per un giusto processo che non verrebbero rispettati se a (ri)pronunciarsi sulla istanza ex art. 669 c.p.p. fosse il medesimo Tribunale che si e' gia' espresso sulla stessa. Pertanto, deve ritenersi non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale degli articoli 623, comma 1, lettera a) c.p.p. e 34 c.p.p. nella parte in cui non prevedono l'incompatibilita' di cui si tratta per contrasto con il principio dell'imparzialita' e terzieta' del giudice stabilita dall'art. 111 della Costituzione. Si ritiene, inoltre, che l'attuale formulazione dell'art. 34 c.p.p. si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ingiustificata disparita' di trattamento tra la fase della cognizione e quella dell'esecuzione (laddove si tratti di decisioni attinenti alla valutazione della pronuncia di piu' sentenze di condanna, emesse contro la stessa persona, per il medesimo fatto). Nel caso in cui, infatti, il Giudice abbia pronunciato sentenza, in sede di cognizione l'annullamento con rinvio della sua decisione comporta, ex art. 623 comma 1, lettera d) c.p.p. l'impossibilita' per quel giudice (persona fisica) di pronunciarsi nuovamente sulla vicenda e disposizione analoga e' prevista dall'art. 34 c.p.p.; se, invece, analoga valutazione e' richiesta in fase esecutiva, a seguito di annullamento con rinvio, in questa sede non e' prevista un'analoga situazione di incompatibilita'. Per tutto quanto sopra esposto, deve essere dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 34 e 623 comma 1, lettera a) del codice di procedura penale per contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. nella parte in cui non prevedono l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca (anche parziale) ex art. 669 c.p.p. di sentenze di condanna irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto. (1) Ruolo di intersezione occasionale o, al contrario, di comunanza organizzativa. P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 34 e 623 comma 1, lettera a) del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono l'incompatibilita' a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell'esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di revoca (anche parziale) ex art. 669 c.p.p. di sentenze di condanna irrevocabili emesse contro la stessa persona per il medesimo fatto. Dispone la sospensione del presente giudizio; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Ordina che a cura della Cancelleria la presente ordinanza sia notificata al condannato E F E H , al difensore, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Milano, 8 gennaio 2025 Il Presidente: Ferraro I giudici: De Cristofaro - Marchigiani