Reg. ord. n. 41 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/03/2025 n. 11

Ordinanza del Tribunale di Siena  del 11/02/2025

Tra: P.A. A.

Oggetto:

Processo penale – Udienza di comparizione predibattimentale – Provvedimenti del giudice – Mancata previsione dell’applicazione, in quanto compatibile, della disposizione di cui all’art. 422 cod. proc. pen. (attività di integrazione probatoria del giudice dell’udienza preliminare), ovvero, in via subordinata, mancata previsione che il giudice possa disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere – Violazione di principi di ragionevolezza e di uguaglianza sostanziale – Violazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e del suo corollario costituito dal principio di completezza delle indagini preliminari – Violazione del principio, anche convenzionale, di ragionevole durata del processo.

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 554

decreto legislativo  del 10/10/2022  Num. 150  Art. 32  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 111   Co.

Costituzione  Art. 112   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 41 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 2025

Ordinanza  dell'11  febbraio  2025  del  Tribunale   di   Siena   nel
procedimento penale a carico di P.A. A.. 
 
Processo  penale  -  Udienza  di  comparizione  predibattimentale   -
  Provvedimenti del giudice - Mancata  previsione  dell'applicazione,
  in quanto compatibile, della disposizione di cui all'art. 422  cod.
  proc. pen. ovvero, in via subordinata, mancata  previsione  che  il
  giudice possa disporre, anche d'ufficio, l'assunzione  delle  prove
  dalle quali appare evidente la decisivita' ai fini  della  sentenza
  di non luogo a procedere. 
- Codice di procedura penale, art. 554-ter,  inserito  dall'art.  32,
  comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10  ottobre  2022,  n.
  150 (Attuazione della legge 27  settembre  2021,  n.  134,  recante
  delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche'  in
  materia di  giustizia  riparativa  e  disposizioni  per  la  celere
  definizione dei procedimenti giudiziari). 


(GU n. 11 del 12-03-2025)

 
                   IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA 
                           sezione penale 
                     in composizione monocratica 
 
    in persona del giudice Simone Spina, all'udienza  del  giorno  11
febbraio 2025, ha emesso la presente ordinanza ai sensi  degli  artt.
134 Costituzione, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e  23,
legge 11 marzo 1953 n. 87 - nell'ambito del  procedimento  penale  di
primo grado iscritto ai numeri di registro in epigrafe  indicati  nei
confronti di A P A , nato a il con domicilio dichiarato a , in ; 
    assistito e difeso, di fiducia, dall'avv. Marco Caroppo, del Foro
di Siena; 
 
                              Imputato 
 
      a) del delitto di cui all'art. 624 del codice penale,  perche',
al fine di trarne profitto, all'esterno dell'esercizio commerciale  «
», sito in ,  sottraeva  un  portafogli  trovato  all'interno  di  un
carrello, precedentemente lasciato da F R , e si  impossessava  della
somma di denaro di 2.000,00 euro ivi contenuta, per poi  lasciare  il
portafogli all'interno del medesimo carrello. 
      In , il 
    Ritenuto  che,  con  decreto  di  citazione  diretta  a  giudizio
depositato in data 20 marzo 2024, il pubblico ministero ha  tratto  a
giudizio l'odierno imputato, accusandolo di essersi  impossessato  di
banconote per una somma pari a 2.000 euro, dopo averle  sottratte  da
un portafogli, di proprieta' di  R  F  ,  rinvenuto  in  un  carrello
metallico lasciato all'esterno dell'esercizio commerciale « »; 
      che la persona offesa, in sede  di  querela,  ha  affermato  di
essersi recata, il , presso l'esercizio  commerciale  predetto,  dove
per le compere si e' servita di un carrello metallico, al cui interno
ha riposto il suo borsello; 
      che l'arco di tempo in cui la persona  offesa  ha  riferito  di
essere rimasta nell'esercizio commerciale e' ricompreso  tra  le  ore
18.15 e le ore 18.30; 
      che, sempre in sede  di  querela,  la  persona  offesa  ha  poi
aggiunto di essersi allontanata verso  le  ore  18.30  dall'esercizio
commerciale in questione, accorgendosi soltanto  piu'  tardi  di  non
avere piu' con se' il proprio borsello; 
      che la medesima persona offesa ha precisato di  avere  dapprima
telefonato all'esercizio  commerciale,  di  avere  quindi  fatto  ivi
ritorno  e  di  essere  infine  tornata  in  possesso  del  borsello,
consegnatole da una dipendente di nome S B ,  chiarendo  altresi'  di
essersi accorta poco dopo che, dall'interno dello  stesso,  mancavano
banconote per una somma pari a 2.000 euro; 
      che la telefonata fatta dalla persona offesa  risale  alle  ore
19.00,  come  riferito  a  sommarie  informazioni  testimoniali   dal
dipendente A M , che tale  telefonata  ha  personalmente  raccolto  e
ricevuto; 
      che la dipendente S  B  ,  in  sede  di  sommarie  informazioni
testimoniali,  ha  dichiarato  di  essersi  messa  alla  ricerca  del
borsello, subito dopo la ricezione di quella telefonata,  aggiungendo
di avere poco dopo rinvenuto il borsello della persona  offesa,  alle
ore  19.05  circa,  all'interno  di  un  carrello  metallico,   posto
all'esterno dell'esercizio commerciale « .»; 
      che, secondo quanto riferito dal dipendente A M , dopo  il  suo
rinvenimento  il  borsello  e'  stato  poi   portato   e   trattenuto
all'interno dell'esercizio commerciale e, quindi, restituito verso le
ore 19.15 circa alla persona offesa, che  si  e'  subito  allontanata
senza controllarne il contenuto; 
      che  alle  ore  19.30  circa,  verso  il  momento  di  chiusura
dell'esercizio  commerciale,  la  persona  offesa,   secondo   quanto
riportato a sommarie informazioni testimoniali da A M , ha nuovamente
telefonato all'esercizio commerciale in questione, riferendo come non
fossero piu' presenti, all'interno del proprio portafogli,  banconote
per un ammontare complessivo di  2.000  euro,  costituente  il  fondo
cassa della societa' dal medesimo amministrata; 
      che le attivita'  di  investigazione,  condotte  dalla  polizia
giudiziaria, sono consistite nella visione delle riprese del circuito
di   video   sorveglianza   installato   all'esterno   dell'esercizio
commerciale « »; 
      che  la  polizia  giudiziaria,  nell'occasione,   ha   tuttavia
provveduto   ad   estrapolare,   dal    server    dell'impianto    di
videosorveglianza   dell'esercizio   commerciale,   il   file   video
contenente la sequenza di videoriprese  relative  a  quanto  avvenuto
all'esterno di detto esercizio, nell'arco di tempo che va  dalle  ore
18.00 alle ore 20.00 del , trasferendo  tale  file  video  su  di  un
supporto fisico del tipo CD-ROM; 
      che la polizia giudiziaria, tuttavia, non ha mai  trasmesso  al
pubblico  ministero  siffatto  CD-ROM,  riferendo  piuttosto,   nella
comunicazione di notizia di reato redatta il , come lo  stesso  fosse
«trattenuto agli atti» dell'ufficio cui appartiene  il  personale  di
polizia giudiziaria che ha svolto l'attivita' investigativa; 
      che  la  polizia  giudiziaria  ha  invece  estrapolato,   dalla
sequenza di videoriprese di  cui  si  e'  detto,  soltanto  alcuni  e
isolati fotogrammi, che ha poi incluso in un'annotazione redatta il ,
trasmessa al pubblico ministero quale allegato alla comunicazione  di
notizia di reato datata 26 marzo  ,  acquisita  nel  fascicolo  delle
indagini preliminari; 
      che tali fotogrammi, in cui si apprezza la condizione di buio e
di estremamente scarsa visibilita' nei luoghi ripresi,  colgono  solo
taluni frammenti  dell'arco  di  tempo  coinvolto  della  complessiva
sequenza videoripresa, senza che risultino essere stati  estrapolati,
in particolare, fotogrammi relativi  al  segmento  temporale  che  va
dalle ore 18.30 alle ore 18.55, del quale non v'e' peraltro  menzione
alcuna in siffatta annotazione di polizia giudiziaria; 
      che,  secondo  quanto  sinteticamente  descritto   nella   gia'
menzionata  annotazione,  la  polizia  giudiziaria  ha  rilevato   la
presenza di un individuo che, dopo essersi avvicinato alle  18.55  ad
un carrello metallico, se ne e' poi allontanato per salire a bordo di
una  autovettura,  per  infine  avvicinarsi  nuovamente  al  carrello
metallico; 
      che nessun  fotogramma  e'  stato  estrapolato,  tuttavia,  con
riguardo al segmento temporale in  cui  l'individuo  sale  e  permane
all'interno dell'autovettura  in  questione,  ne'  e'  stata  fornita
alcuna descrizione, nell'annotazione in parola, di quanto avvenuto in
tale frangente; 
      che detta autovettura, grazie  al  sistema  di  lettura  ottica
delle  targhe,  e'  poi   risultata   essere   nella   disponibilita'
dell'odierno imputato; 
      che l'odierno imputato, all'esito della notifica dell'avviso di
conclusione  delle  indagini  preliminari,  ha  chiesto   di   essere
sottoposto ad interrogatorio, poi  delegato  dal  pubblico  ministero
alla polizia giudiziaria; 
      che,  nell'ambito  di  tale   interrogatorio,   l'imputato   ha
dichiarato di avere, in quel  giorno,  fatto  compere  nel  precitato
esercizio commerciale e di avere riportato il suo carrello  metallico
nel luogo a  cio'  destinato,  una  volta  terminate  dette  compere,
aggiungendo di essersi in quel momento accorto della presenza  di  un
borsello da uomo,  posizionato  all'interno  di  altro  carrello  ivi
presente; 
      che, sempre in sede di  interrogatorio,  l'imputato  ha  quindi
aggiunto di avere preso il borsello e di  essersi  diretto,  data  la
condizione  di  scarsa  luminosita'  del  luogo,  verso  la   propria
autovettura, onde poter meglio verificare  se  vi  fossero  documenti
contenuti al suo interno, di esservi salito a bordo e  di  avere  qui
acceso la luce interna del veicolo, di avere  quindi  controllato  il
portafogli, di averlo trovato vuoto, di essere  cosi'  subito  uscito
dall'autovettura e di avere riposto il borsello nello stesso carrello
metallico dove l'aveva rinvenuto; 
      che la difesa, in sede di memoria  depositata  all'esito  della
notifica dell'avviso di conclusione delle  indagini  preliminari,  ha
evidenziato come la versione dell'odierno imputato, allora  indagato,
possa essere facilmente verificata e riscontrata proprio grazie  alla
visione  diretta  delle  videoriprese  effettuate  dal  circuito   di
videosorveglianza; 
      che di tale  segmento  temporale,  come  detto,  non  e'  stato
tuttavia  estrapolato  alcun  fotogramma,  da  parte  della   polizia
giudiziaria, ne' dello stesso si fa menzione alcuna, nell'annotazione
predetta, cosi' come nessun cenno o  descrizione  vengono  fatti,  in
tale annotazione, di quanto avvenuto nell'arco di tempo compreso  tra
le ore 18.30 e 18.55, in ordine al  quale  non  sono  stati  estratti
fotogrammi; 
      che, in assenza di richieste di definizioni  alternative,  allo
scrivente  giudice  spetta,  all'odierna  udienza   di   comparizione
predibattimentale, il compito di adottare uno dei  due  provvedimenti
previsti  dal  primo  o,  rispettivamente,  terzo   comma   dell'art.
554-quater del codice di procedura penale; 
      che l'assenza della videoripresa in  questione,  nel  materiale
probatorio contenuto nel fascicolo delle  indagini  preliminari,  non
consente tuttavia al giudice di svolgere appieno la propria attivita'
di «giudizio», intesa come esame di «prove» posto in essere  al  fine
di  pervenire  ad  una  delle  due  «decisioni  di  merito»  previste
dall'art. 554-quater, primo e rispettivamente terzo comma del  codice
di procedura penale, ossia all'adozione vuoi di una sentenza  di  non
luogo a procedere, vuoi  di  un  provvedimento  di  prosecuzione  del
giudizio davanti a un giudice diverso; 
      che il documento filmico di cui al  CD-Rom  «trattenuto»  dalla
polizia  giudiziaria,  e  non  gia'  i  fotogrammi  da   quest'ultima
estrapolati, costituisce infatti la «prova», di  natura  documentale,
in  base  alla  quale  il  giudice   dell'udienza   di   comparizione
predibattimentale,  unitamente  al  restante   materiale   probatorio
contenuto nel fascicolo delle indagini preliminari, deve  valutare  e
vagliare la fondatezza dell'accusa elevata nei confronti dell'odierno
imputato; 
      che, a  fronte  di  tale  palese  incompletezza  del  materiale
raccolto  nel  fascicolo  delle  indagini  preliminari,  al   giudice
dell'udienza di comparizione predibattimentale non sono tuttavia dati
nessun potere ne' possibilita'  alcuna  di  disporre  un'integrazione
probatoria, al fine di colmare siffatta lacuna evidente, diversamente
da quanto  normativamente  previsto,  dall'art.  422  del  codice  di
procedura penale, per il giudice dell'udienza preliminare; 
      che detto documento filmico, di cui sono certe tanto  l'attuale
esistenza quanto la sua conservazione presso un  ufficio  di  polizia
giudiziaria, si atteggia altresi' come prova, allo stato degli  atti,
potenzialmente decisiva  ai  fini  della  sentenza  di  non  luogo  a
procedere, in relazione sia al contegno tenuto dall'odierno  imputato
nel segmento temporale che lo vede accedere all'interno della propria
autovettura, sia degli eventi occorsi nel precedente  arco  di  tempo
che  va  dalle  ore  18.30  alle  ore  18.55,  segmento  oggetto   di
videoripresa, ma di cui non si fa menzione o descrizione  alcuna,  in
seno all'annotazione di polizia giudiziaria in atti; 
      che nell'attuale quadro probatorio, connotato dalla carenza  di
una prova documentale che puo', in ipotesi, assumere il carattere  di
decisivita'  rispetto  all'uno  o  all'altro  degli  esiti   decisori
previsti  dal  primo  o,  rispettivamente,  terzo   comma   dell'art.
554-quater del codice di procedura penale, al tribunale non pare  sia
data possibilita' di decidere nell'un senso o nell'altro,  se  non  a
prezzo,  in  ciascuno  dei  due  casi,  di  conseguenze   del   tutto
irragionevoli; 
      che, infatti, non appare ragionevolmente  praticabile,  per  un
verso, la strada della definizione del giudizio mediante sentenza  di
non  luogo  a  procedere,  fondata  sulla  tale  riscontrata   lacuna
probatoria, la' dove si consideri come di tale  sentenza  possa,  sin
d'ora,  prevedersi  la  futura  revoca,  su  richiesta  del  pubblico
ministero, ove la successiva acquisizione della videoripresa, cui  in
questa sede non puo' pervenirsi per difetto di poteri  istruttori  in
capo al giudice, determini l'utile svolgimento del giudizio, ai sensi
dell'art. 554-quinquies del codice di procedura penale; 
      che non appare, per altro  verso,  ragionevolmente  praticabile
neppure l'alternativa via costituita dal fissare, per la prosecuzione
del giudizio, la  data  dell'udienza  dibattimentale  davanti  ad  un
giudice diverso, sol  che  si  consideri  come  tale  giudizio  possa
risultare del tutto superfluo e non necessario, la' dove in  capo  al
giudice  dell'udienza  di  comparizione  predibattimentale,   proprio
grazie ai contenuti probatori della videoripresa in questione,  possa
formarsi il convincimento che  il  complesso  di  elementi  probatori
disponibili per la decisione non sia tale da fondare, in sede di loro
«ripetizione» dibattimentale ex art.  512  del  codice  di  procedura
penale,  una  «ragionevole  previsione  di  condanna»  della  persona
imputata, imponendosi cosi' sin d'ora la definizione del giudizio con
una sentenza di non luogo a procedere, ai  sensi  dell'art.  554-ter,
primo comma del codice di procedura penale. 
    Considerato che, alla luce di quanto previsto dagli artt.  553  e
554-ter, terzo comma del  codice  di  procedura  penale,  il  giudice
dell'udienza  di  comparizione  predibattimentale,  in   assenza   di
«definizioni  alternative»  del  giudizio,  e'  tenuto   a   compiere
valutazioni e ad assumere decisioni esclusivamente «sulla base  degli
atti» trasmessi dal pubblico ministero, costituiti dal «fascicolo del
dibattimento... unitamente al fascicolo del pubblico ministero»; 
      che  la  base   conoscitiva   del   giudice   dell'udienza   di
comparizione  predibattimentale,  in  altri  termini,  e'  costituita
esclusivamente «dal complesso degli atti delle  indagini  preliminari
condotte  dall'organo  inquirente,   oltre   che   dagli   atti   che
confluiscono nel fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art. 431
del codice di procedura penale» (cosi' Corte costituzionale, sentenza
n. 179 del 2024); 
      che l'udienza  di  comparizione  predibattimentale,  per  altro
verso, si atteggia come snodo processuale inserito all'interno  della
piu' ampia e unitaria fase dibattimentale,  nonche'  successivo  alla
formulazione dell'imputazione e alla citazione dell'imputato, operate
dal pubblico ministero; 
      che, la' dove si individuino lacune, nel materiale probatorio a
disposizione    del    giudice    dell'udienza    di     comparizione
predibattimentale, non e' tuttavia prevista  alcuna  possibilita'  di
disporre, in tale snodo processuale, un supplemento di indagini,  ne'
e' prevista la possibilita', ove i dati probatori mancanti siano gia'
individuati, di acquisirli o  su  impulso  di  parte  ovvero  in  via
officiosa, ad opera del giudice; 
      che  tale  impossibilita'  di  colmare  lacune   evidenti   nel
materiale probatorio contrasta, ad avviso del tribunale, con  plurimi
principi  costituzionali,   quali   quelli   di   ragionevolezza   ed
eguaglianza  sostanziale  di  cui   all'art.   3   Costituzione,   di
obbligatorieta' dell'azione penale e del  suo  corollario  costituito
dal principio  di  completezza  delle  indagini  preliminari  di  cui
all'art.  112  Costituzione,  nonche'  di  ragionevole   durata   del
processo, di cui agli artt. 111 Costituzione e  6,  primo  paragrafo,
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; 
      che, per quel che riguarda  l'articolo  3  della  Costituzione,
all'impossibilita' per il giudice dell'udienza  predibattimentale  di
assumere mezzi di prova, specie ove  di  questi  appaia  evidente  la
decisivita' ai fini di una sentenza di  non  luogo  a  procedere,  si
oppone  invece  la  possibilita',   per   il   giudice   dell'udienza
preliminare, di operare siffatte acquisizioni probatorie; 
      che, in capo al giudice dell'udienza preliminare, e'  stato  in
effetti previsto, dall'art. 422 del codice di  procedura  penale,  un
espresso potere di integrazione probatoria; 
      che l'udienza preliminare e le decisioni che la concludono sono
infatti, ormai da tempo, venute a caratterizzarsi per  la  necessaria
«completezza del quadro probatorio di cui il giudice  deve  disporre,
dato  che  il  giudice   dell'udienza   preliminare   puo'   disporre
l'integrazione delle indagini (art. 421-bis del codice  di  procedura
penale) e assumere anche d'ufficio le prove che appaiano con evidenza
decisive ai fini della sentenza di non luogo a  procedere  (art.  422
del codice di procedura penale)» (v. Corte  costituzionale,  sentenza
n. 335 del 2002); che la necessaria completezza del quadro probatorio
di  cui  il  giudice  dell'udienza  preliminare  deve   disporre   e'
strettamente legata al compito, spettante a tale giudice, di  operare
una verifica preventiva circa la necessita'  della  celebrazione  del
dibattimento, a garanzia del corretto esercizio dell'azione penale da
parte  dell'organo  requirente,  cosi'   fungendo   da   «filtro»   a
dibattimenti ingiustificati e,  comunque,  perseguendo  in  tal  modo
finalita' deflattive e di semplificazione; 
      che  l'udienza  preliminare,   a   seguito   delle   importanti
innovazioni introdotte, in particolare, dalla legge 16 dicembre 1999,
n. 479, ha piu' in particolare subito  «una  profonda  trasformazione
sul piano sia della quantita' e qualita' di elementi  valutativi  che
vi  possono  trovare  ingresso,  sia  dei   poteri   correlativamente
attribuiti al giudice» (v. Corte costituzionale, ordinanza n. 150 del
2024 e sentenza n. 224 del 2001); 
      che   detti   poteri   attribuiti   al   giudice   dell'udienza
preliminare,  correlativi  alla  necessita'  di  avere  un  compendio
probatorio completo, sono stati conferiti nel quadro  delle  generali
finalita' di semplificare e deflazionare il processo penale,  nonche'
allo scopo di evitare dibattimenti non necessari; 
      che, d'altra parte,  tra  le  funzioni  dalla  legge  assegnate
all'udienza di comparizione predibattimentale vi e' proprio quella di
fungere da ««filtro» a dibattimenti ingiustificati... perseguendo  in
tal modo finalita' deflattive  e  di  semplificazione»,  mediante  un
«vaglio  preventivo   della   necessita'   della   celebrazione   del
dibattimento» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024); 
      che lo stesso legislatore delegato  ha,  peraltro,  individuato
proprio nell'udienza preliminare il «modello di udienza "filtro"» (v.
Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024) cui riferirsi, per la
disciplina dell'udienza di comparizione predibattimentale,  la'  dove
ha previsto che a tale udienza «si applicano, in quanto  compatibili,
le disposizioni di cui agli articoli 424, commi 2, 3 e 4, 425,  comma
2, 426 e 427» del codice di procedura penale (cosi'  l'art.  554-ter,
comma 1 del codice di procedura penale); 
      che da questo punto di vista sussiste, tra giudice dell'udienza
preliminare e giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale,
una «evidente  simmetria,  in  relazione  alla  penetrante  attivita'
valutativa che sono chiamati a compiere», consistente in  un  «vaglio
penetrante del merito dell'accusa» (v. Corte costituzionale, sentenza
n. 179 del 2024); 
      che  tale  evidente   simmetria,   tra   giudice   dell'udienza
preliminare e giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale,
e'  tuttavia  interrotta   e   troncata,   in   maniera   del   tutto
irragionevole, nel momento in cui soltanto al primo  giudice,  e  non
anche al secondo, e' stata data la possibilita' di acquisire elementi
di prova, ove di questi appaia evidente la decisivita' ai fini  della
sentenza di non luogo a procedere; 
      che l'art. 554-ter del codice di procedura  penale,  introdotto
dall'art. 32, primo comma, lettera d), decreto legislativo 10 ottobre
2022, n. 150, pur facendo invece rinvio alle disposizioni di cui agli
artt. 424, commi 2, 3 e 4, 425, comma 2, 426  e  427  del  codice  di
procedura penale, da applicarsi in quanto compatibili, non  richiama,
invece, l'art. 422 del codice di procedura penale; 
      che  questo  trattamento   differenziato   non   trova   alcuna
ragionevole  giustificazione,  a  fronte  di  udienze,  quali  quella
preliminare  e  quella  predibattimentale,  entrambe  destinate  alla
medesima funzione di «filtro» della domanda penale e  orientate  alla
medesima finalita' di evitare dibattimenti non necessari; 
      che manifestamente irragionevole, da  questo  punto  di  vista,
appare infatti la ratio correlata all'omessa previsione di un  potere
d'integrazione  probatoria  in  capo  al  giudice   dell'udienza   di
comparizione predibattimentale, individuata dal legislatore  delegato
nel carattere di «piu' snello» del «vaglio  preliminare»  affidato  a
tale giudice rispetto a quello «previsto dagli articoli 416  ss.  del
codice di procedura penale, circa  la  fondatezza  e  la  completezza
dell'azione penale» (cosi'  la  relazione  illustrativa  del  decreto
legislativo  10  ottobre  2022,  n.  150,  pubblicata   in   Gazzetta
Ufficiale, serie generale n. 245 del  19  ottobre  2022,  supplemento
straordinario n. 5); 
      che   tale   maggiore   «snellezza»,    rispetto    all'udienza
preliminare,  dell'udienza  di  comparizione  predibattimentale  puo'
invero apprezzarsi nella scelta, non irragionevole,  di  omettere  un
momento dialettico, nella sede camerale di cui all'art.  554-bis  del
codice di procedura penale, del tipo di quello previsto dall'art. 421
del codice di procedura penale, in cui il giudice dapprima ammette  o
meno i documenti esibiti dai contraddittori, indi dichiara aperta  la
discussione, con l'esordio affidato al pubblico ministero, chiamato a
dare sintetica esposizione dei dati probatori  raccolti  in  sede  di
indagini   e   a   formulare   le   proprie   conclusioni,    seguito
dall'esposizione degli argomenti a  difesa  e  delle  conclusioni  da
parte  dei   difensori,   nell'ordine   in   cui   parlerebbero   nel
dibattimento, da ultimo prevedendosi prima  la  possibilita'  di  una
sola replica da  parte  dei  contraddittori  e  poi  l'interlocuzione
finale del giudice, che dichiara chiusa  la  discussione  ove  reputi
possibile decidere allo stato degli atti; 
      che  il  connotato  di  «snellezza»,  proprio  dell'udienza  di
comparizione predibattimentale in confronto all'udienza  preliminare,
deve tuttavia mantenersi in sintonia con l'esigenza  di  «rendere  il
procedimento penale piu'  celere  ed  efficiente»,  ratio  che  anima
l'intera riforma del rito penale, come  d'altra  parte  espressamente
previsto dal titolo della legge-delega 27  settembre  2021,  n.  134,
nonche' dal generale criterio direttivo cui  deve  essere  improntato
l'esercizio della delega legislativa  conferita  al  Governo  con  la
legge  citata,  dovendo  per  l'appunto  «il  decreto  o  i   decreti
legislativi recanti disposizioni dirette a  rendere  il  procedimento
penale piu' celere ed efficiente» (v. art. 1, sesto e settimo  comma,
legge 27 settembre 2021,  n.  134,  recante  delega  al  Governo  per
l'efficienza del processo penale  nonche'  in  materia  di  giustizia
riparativa e disposizioni per la celere definizione dei  procedimenti
giudiziari); 
      che,  tuttavia,  l'omessa  previsione  della  possibilita'   di
acquisire, in sede di udienza di comparizione predibattimentale,  una
prova decisiva ai fini  della  sentenza  di  non  luogo  a  procedere
comporta non gia' maggiore celerita', bensi' un'evidente  dilatazione
dei  tempi  dell'intero  procedimento  penale,  perche'   impone   la
celebrazione   di   un   ulteriore   segmento   processuale,   quello
dibattimentale, destinato a concludersi con un esito  assolutorio  e,
quindi, all'evidenza superfluo; 
      che  la  mancata  previsione  di  un  potere  di   integrazione
probatoria, ove si tratti di  acquisire  una  prova  di  cui  risulti
evidente la decisivita'  ai  fini  della  sentenza  di  non  luogo  a
procedere,  si  risolve  pertanto  in   un'omissione   manifestamente
irragionevole, in  quanto  palesemente  disfunzionale  rispetto  agli
obiettivi  di  efficienza  e  riduzione  del  carico  dibattimentale,
perseguiti dal legislatore di cui al decreto legislativo  10  ottobre
2022, n. 150; 
      che   la   palese   irragionevolezza   di   tale    trattamento
differenziato  si  manifesta,  vieppiu',  ove   si   abbia   riguardo
all'estensione - operata  dall'art.  32,  primo  comma,  lettera  a),
decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 - del catalogo  di  reati
per i quali l'azione penale deve essere  esercitata  non  piu'  nelle
forme di cui all'art. 416 del  codice  di  procedura  penale,  ma  in
quelle di cui all'art. 552 del codice di procedura penale; 
      che per detta categoria di reati l'effetto della  mutata  forma
di esercizio dell'azione  penale,  in  ragione  della  qui  censurata
omissione, finisce per privare gli imputati di un vaglio  preliminare
dell'accusa piu'  penetrante,  perche'  relativo  anche  a  materiale
probatorio non acquisito ma comunque acquisibile, ove di quest'ultimo
appaia evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo  a
procedere; 
      che la preclusione  della  possibilita',  per  il  giudice,  di
disporre l'assunzione di mezzi di prova la' dove il quadro probatorio
appaia manifestamente carente, in uno con il correlativo obbligo  per
questi di decidere esclusivamente allo stato degli atti, e' evenienza
in se' idonea  a  produrre  «una  alterazione  dei  caratteri  propri
dell'esercizio   della   funzione    giurisdizionale»    (v.    Corte
costituzionale, sentenze n. 115 del 2001, n. 92 del 1992 e n. 318 del
1992, nonche' sentenze n. 56 del 1993 e n. 442 del 1994); 
      che, d'altro canto, un «intervento riequilibratore del  giudice
atto a supplire» alle carenze istruttorie di taluna  delle  parti  e'
stato ritenuto, seppur in altro contesto processuale qual  e'  quello
dibattimentale, in «armonia con  l'obiettivo  di  eliminazione  delle
disuguaglianze di fatto  posto  dall'art.  3,  secondo  comma,  della
Costituzione»,  potendo  «la  «parita'  delle   armi»   delle   parti
normativamente enunciata... talvolta non  trovare  concreta  verifica
nella realta' effettuale» (v. Corte costituzionale, sentenza  n.  111
del 1993); 
      che l'omessa previsione di un simile  congegno  istruttorio  si
pone, ancora, in evidente contrasto  con  il  dovere  di  completezza
delle indagini preliminari, correlato al principio di obbligatorieta'
dell'azione penale, di cui all'articolo 112 della Costituzione; 
      che tale dovere, nella struttura del rito penale,  assolve  una
duplice funzione, assicurando da una parte la completa  ed  esaustiva
individuazione del quadro probatorio, in  vista  del  «riconoscimento
del  diritto  dell'imputato  ad  essere  giudicato,  ove  ne   faccia
richiesta, con il rito abbreviato» (v. Corte costituzionale, sentenza
n. 115 del 2001), nonche'  fungendo,  per  altro  verso,  da  «argine
contro eventuali prassi di esercizio «apparente» dell'azione  penale,
che, avviando la verifica  giurisdizionale  sulla  base  di  indagini
troppo superficiali, lacunose  o  monche,  si  risolverebbero  in  un
ingiustificato  aggravio  del  carico   dibattimentale»   (v.   Corte
costituzionale, sentenza n. 88 del 1991); 
      che l'esigenza di completezza delle indagini  preliminari  deve
ritenersi,   ad   avviso   della   stessa    Corte    costituzionale,
significativamente  valutabile,  in  sede  di  udienza   preliminare,
proprio perche' «al giudice e' attribuito il potere  di  integrazione
concernente  i  mezzi  di  prova»,  questi  potendo  «assumere  anche
d'ufficio le prove delle quali appaia evidente la decisivita' ai fini
della sentenza di non luogo a  procedere  (art.  422  del  codice  di
procedura penale)» (v. Corte  costituzionale,  sentenza  n.  224  del
2001); 
      che l'omessa previsione, in capo  al  giudice  dell'udienza  di
comparizione  predibattimentale,  di  un   potere   di   integrazione
probatoria, costruito sulla falsa riga di quello di cui all'art.  422
del codice di procedura penale, si pone da ultimo in contrasto  anche
con il principio  della  ragionevole  durata  del  processo,  di  cui
all'art. 111, secondo comma, della Costituzione; 
      che   detto   principio   e'   inoltre   sancito,   a   livello
sovranazionale, dall'articolo 6, primo paragrafo, CEDU, nonche' dalla
interpretazione formatasi su tale articolo ad opera  della  Corte  di
Strasburgo, che ha delineato la ragionevole durata del processo  come
un diritto soggettivo spettante  direttamente  all'accusato,  cui  si
correla  un  obbligo,  gravante  su  tutti  gli  Stati  parte   della
Convenzione, di organizzare i propri sistemi giudiziari in  modo  che
la giurisdizione possa assolvere ad ognuna delle esigenze dettate dal
citato articolo 6, in particolare per quel  che  riguarda  la  durata
ragionevole del processo (tra le molte, v. Grand Chamber, case of  v.
Italy, n. 36813/97, §183); 
      che detto principio, quindi, corrisponde «a un  preciso  dovere
costituzionale» posto in capo al legislatore, su cui grava  l'obbligo
di «conformare la disciplina vigente all'obiettivo di assicurare  una
sollecita definizione dei processi, dal momento  che  la  ragionevole
durata e' un connotato identitario della giustizia del processo»  (v.
Corte costituzionale, sentenze n. 113 del 2023 e 74 del 2022). 
      che  la  nozione  di  ragionevole  durata  del  processo,   con
particolare riferimento al processo penale, e' comunque il «frutto di
un bilanciamento particolarmente delicato tra i molteplici  -  e  tra
loro confliggenti - interessi pubblici e privati  coinvolti,  su  uno
sfondo fattuale  caratterizzato  da  risorse  umane  e  organizzative
necessariamente limitate» (v. Corte costituzionale, sentenza  n.  260
del 2020); 
      che una violazione del principio della ragionevole  durata  del
processo, alla luce  di  tali  premesse,  puo'  ravvisarsi  allorche'
«l'effetto di dilatazione dei tempi processuali  determinato  da  una
specifica disciplina non sia sorretto da alcuna logica esigenza e  si
riveli invece privo di qualsiasi legittima ratio giustificativa»  (v.
Corte costituzionale, sentenze n. 113 del 2023, 12 del 2016,  n.  159
del 2014, n. 63 e n. 56 del 2009); 
      che l'omessa previsione, in capo  al  giudice  dell'udienza  di
comparizione  predibattimentale,  di  un   potere   di   integrazione
probatoria non appare sorretta da alcuna logica  esigenza,  la'  dove
rispetto al materiale probatorio raccolto dal pubblico  ministero  si
apprezzi l'assenza di un elemento di prova che possa essere  decisivo
ai fini della sentenza di non luogo a procedere; 
      che,  sotto  questo  profilo,  l'omessa  acquisizione  di  tale
elemento di prova, da parte del giudice dell'udienza di  comparizione
predibattimentale, porta infatti ad una irragionevole dilatazione dei
tempi processuali,  imponendo  la  celebrazione  di  un  dibattimento
superfluo, perche' destinato a concludersi  con  un  esito,  qual  e'
quello  assolutorio,  gia'  anticipabile  in  sede  di   udienza   di
comparizione predibattimentale, mediante adozione di una sentenza  di
non luogo a procedere; 
      che si nutrono, quindi, seri dubbi in ordine alla conformita' a
Costituzione di una disciplina, qual e'  quella  delineata  dall'art.
554-ter del codice di procedura penale, in cui non e'  prevista,  per
il  giudice  dell'udienza  di  comparizione   predibattimentale,   la
possibilita' di applicare, in quanto compatibile, la disposizione  di
cui all'art. 422 del codice di procedura penale, ovvero di  disporre,
anche d'ufficio, l'assunzione delle prove dalle quali appare evidente
la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo  a  procedere,  in
ragione del contrasto di tale vulnus normativo con  gli  articoli  3,
primo e secondo comma, 111, secondo comma, 112 e  117,  primo  comma,
della Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6,  primo
paragrafo, della CEDU; 
      che, a fronte del riscontrato vulnus ai  suddetti  principi  di
rango costituzionale e sovranazionale, l'invocato intervento additivo
appare invero ammissibile, potendosi  riscontrare,  nell'ordinamento,
la presenza di almeno una  soluzione  costituzionalmente  adeguata  a
sostituirsi a quella della cui  legittimita'  costituzionale  qui  si
dubita, costituita dalla previsione di cui all'art. 422 del codice di
procedura penale; 
      che il ricorso a tale soluzione, infatti, appare  in  grado  di
inserirsi  nel  tessuto  normativo  coerentemente   con   la   logica
perseguita dallo stesso legislatore di cui al decreto legislativo  10
ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto e istituito,  allo  scopo  di
deflazionare il carico dibattimentale, l'udienza  prevista  dall'art.
554-bis del codice di procedura penale, prendendo a modello l'udienza
di cui agli artt. 418 e ss. del codice di procedura  penale,  con  il
giudice dell'una e dell'altra udienza chiamati, entrambi, a  compiere
la medesima  «penetrante  attivita'  valutativa»,  costituita  da  un
«vaglio  preventivo   della   necessita'   della   celebrazione   del
dibattimento» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024). 

 
                               P. Q. M. 
 
    Il tribunale ordinario di  Siena,  in  composizione  monocratica,
visti gli artt. 134 Costituzione, nonche' 1, legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, 
    solleva d'ufficio - in  riferimento  agli  articoli  3,  primo  e
secondo comma, 111, secondo comma, 112  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'articolo   6,   primo
paragrafo,  della  Convenzione  per  la  salvaguardia   dei   diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848  -  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo
554-ter del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo  32,
primo comma, lettera d), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150,
nella parte in cui non prevede che si applica, in quanto compatibile,
la disposizione di cui  all'articolo  422  del  codice  di  procedura
penale, ovvero, in via subordinata, nella parte in  cui  non  prevede
che il giudice possa disporre, anche  d'ufficio,  l'assunzione  delle
prove dalle quali  appare  evidente  la  decisivita'  ai  fini  della
sentenza di non luogo a procedere; 
    Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulle  proposte
questioni di legittimita' costituzionale; 
    Ordina l'immediata trasmissione  alla  Corte  costituzionale  del
presente provvedimento, insieme con gli atti del giudizio  e  con  la
prova delle notificazioni e comunicazioni ad esso relative; 
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia
notificata  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'
comunicata alle Presidenze della Camera dei  deputati  e  del  Senato
della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Siena, all'udienza del giorno 11 febbraio 2025. 
 
                         Il Giudice: Spina