Reg. ord. n. 41 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/03/2025 n. 11
Ordinanza del Tribunale di Siena del 11/02/2025
Tra: P.A. A.
Oggetto:
Processo penale – Udienza di comparizione predibattimentale – Provvedimenti del giudice – Mancata previsione dell’applicazione, in quanto compatibile, della disposizione di cui all’art. 422 cod. proc. pen. (attività di integrazione probatoria del giudice dell’udienza preliminare), ovvero, in via subordinata, mancata previsione che il giudice possa disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere – Violazione di principi di ragionevolezza e di uguaglianza sostanziale – Violazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e del suo corollario costituito dal principio di completezza delle indagini preliminari – Violazione del principio, anche convenzionale, di ragionevole durata del processo.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 554
decreto legislativo
del 10/10/2022
Num. 150
Art. 32
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co. 1
Costituzione
Art. 3
Co. 2
Costituzione
Art. 111
Co. 2
Costituzione
Art. 112
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 6
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 41 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 2025
Ordinanza dell'11 febbraio 2025 del Tribunale di Siena nel
procedimento penale a carico di P.A. A..
Processo penale - Udienza di comparizione predibattimentale -
Provvedimenti del giudice - Mancata previsione dell'applicazione,
in quanto compatibile, della disposizione di cui all'art. 422 cod.
proc. pen. ovvero, in via subordinata, mancata previsione che il
giudice possa disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove
dalle quali appare evidente la decisivita' ai fini della sentenza
di non luogo a procedere.
- Codice di procedura penale, art. 554-ter, inserito dall'art. 32,
comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.
150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante
delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in
materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere
definizione dei procedimenti giudiziari).
(GU n. 11 del 12-03-2025)
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA
sezione penale
in composizione monocratica
in persona del giudice Simone Spina, all'udienza del giorno 11
febbraio 2025, ha emesso la presente ordinanza ai sensi degli artt.
134 Costituzione, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23,
legge 11 marzo 1953 n. 87 - nell'ambito del procedimento penale di
primo grado iscritto ai numeri di registro in epigrafe indicati nei
confronti di A P A , nato a il con domicilio dichiarato a , in ;
assistito e difeso, di fiducia, dall'avv. Marco Caroppo, del Foro
di Siena;
Imputato
a) del delitto di cui all'art. 624 del codice penale, perche',
al fine di trarne profitto, all'esterno dell'esercizio commerciale «
», sito in , sottraeva un portafogli trovato all'interno di un
carrello, precedentemente lasciato da F R , e si impossessava della
somma di denaro di 2.000,00 euro ivi contenuta, per poi lasciare il
portafogli all'interno del medesimo carrello.
In , il
Ritenuto che, con decreto di citazione diretta a giudizio
depositato in data 20 marzo 2024, il pubblico ministero ha tratto a
giudizio l'odierno imputato, accusandolo di essersi impossessato di
banconote per una somma pari a 2.000 euro, dopo averle sottratte da
un portafogli, di proprieta' di R F , rinvenuto in un carrello
metallico lasciato all'esterno dell'esercizio commerciale « »;
che la persona offesa, in sede di querela, ha affermato di
essersi recata, il , presso l'esercizio commerciale predetto, dove
per le compere si e' servita di un carrello metallico, al cui interno
ha riposto il suo borsello;
che l'arco di tempo in cui la persona offesa ha riferito di
essere rimasta nell'esercizio commerciale e' ricompreso tra le ore
18.15 e le ore 18.30;
che, sempre in sede di querela, la persona offesa ha poi
aggiunto di essersi allontanata verso le ore 18.30 dall'esercizio
commerciale in questione, accorgendosi soltanto piu' tardi di non
avere piu' con se' il proprio borsello;
che la medesima persona offesa ha precisato di avere dapprima
telefonato all'esercizio commerciale, di avere quindi fatto ivi
ritorno e di essere infine tornata in possesso del borsello,
consegnatole da una dipendente di nome S B , chiarendo altresi' di
essersi accorta poco dopo che, dall'interno dello stesso, mancavano
banconote per una somma pari a 2.000 euro;
che la telefonata fatta dalla persona offesa risale alle ore
19.00, come riferito a sommarie informazioni testimoniali dal
dipendente A M , che tale telefonata ha personalmente raccolto e
ricevuto;
che la dipendente S B , in sede di sommarie informazioni
testimoniali, ha dichiarato di essersi messa alla ricerca del
borsello, subito dopo la ricezione di quella telefonata, aggiungendo
di avere poco dopo rinvenuto il borsello della persona offesa, alle
ore 19.05 circa, all'interno di un carrello metallico, posto
all'esterno dell'esercizio commerciale « .»;
che, secondo quanto riferito dal dipendente A M , dopo il suo
rinvenimento il borsello e' stato poi portato e trattenuto
all'interno dell'esercizio commerciale e, quindi, restituito verso le
ore 19.15 circa alla persona offesa, che si e' subito allontanata
senza controllarne il contenuto;
che alle ore 19.30 circa, verso il momento di chiusura
dell'esercizio commerciale, la persona offesa, secondo quanto
riportato a sommarie informazioni testimoniali da A M , ha nuovamente
telefonato all'esercizio commerciale in questione, riferendo come non
fossero piu' presenti, all'interno del proprio portafogli, banconote
per un ammontare complessivo di 2.000 euro, costituente il fondo
cassa della societa' dal medesimo amministrata;
che le attivita' di investigazione, condotte dalla polizia
giudiziaria, sono consistite nella visione delle riprese del circuito
di video sorveglianza installato all'esterno dell'esercizio
commerciale « »;
che la polizia giudiziaria, nell'occasione, ha tuttavia
provveduto ad estrapolare, dal server dell'impianto di
videosorveglianza dell'esercizio commerciale, il file video
contenente la sequenza di videoriprese relative a quanto avvenuto
all'esterno di detto esercizio, nell'arco di tempo che va dalle ore
18.00 alle ore 20.00 del , trasferendo tale file video su di un
supporto fisico del tipo CD-ROM;
che la polizia giudiziaria, tuttavia, non ha mai trasmesso al
pubblico ministero siffatto CD-ROM, riferendo piuttosto, nella
comunicazione di notizia di reato redatta il , come lo stesso fosse
«trattenuto agli atti» dell'ufficio cui appartiene il personale di
polizia giudiziaria che ha svolto l'attivita' investigativa;
che la polizia giudiziaria ha invece estrapolato, dalla
sequenza di videoriprese di cui si e' detto, soltanto alcuni e
isolati fotogrammi, che ha poi incluso in un'annotazione redatta il ,
trasmessa al pubblico ministero quale allegato alla comunicazione di
notizia di reato datata 26 marzo , acquisita nel fascicolo delle
indagini preliminari;
che tali fotogrammi, in cui si apprezza la condizione di buio e
di estremamente scarsa visibilita' nei luoghi ripresi, colgono solo
taluni frammenti dell'arco di tempo coinvolto della complessiva
sequenza videoripresa, senza che risultino essere stati estrapolati,
in particolare, fotogrammi relativi al segmento temporale che va
dalle ore 18.30 alle ore 18.55, del quale non v'e' peraltro menzione
alcuna in siffatta annotazione di polizia giudiziaria;
che, secondo quanto sinteticamente descritto nella gia'
menzionata annotazione, la polizia giudiziaria ha rilevato la
presenza di un individuo che, dopo essersi avvicinato alle 18.55 ad
un carrello metallico, se ne e' poi allontanato per salire a bordo di
una autovettura, per infine avvicinarsi nuovamente al carrello
metallico;
che nessun fotogramma e' stato estrapolato, tuttavia, con
riguardo al segmento temporale in cui l'individuo sale e permane
all'interno dell'autovettura in questione, ne' e' stata fornita
alcuna descrizione, nell'annotazione in parola, di quanto avvenuto in
tale frangente;
che detta autovettura, grazie al sistema di lettura ottica
delle targhe, e' poi risultata essere nella disponibilita'
dell'odierno imputato;
che l'odierno imputato, all'esito della notifica dell'avviso di
conclusione delle indagini preliminari, ha chiesto di essere
sottoposto ad interrogatorio, poi delegato dal pubblico ministero
alla polizia giudiziaria;
che, nell'ambito di tale interrogatorio, l'imputato ha
dichiarato di avere, in quel giorno, fatto compere nel precitato
esercizio commerciale e di avere riportato il suo carrello metallico
nel luogo a cio' destinato, una volta terminate dette compere,
aggiungendo di essersi in quel momento accorto della presenza di un
borsello da uomo, posizionato all'interno di altro carrello ivi
presente;
che, sempre in sede di interrogatorio, l'imputato ha quindi
aggiunto di avere preso il borsello e di essersi diretto, data la
condizione di scarsa luminosita' del luogo, verso la propria
autovettura, onde poter meglio verificare se vi fossero documenti
contenuti al suo interno, di esservi salito a bordo e di avere qui
acceso la luce interna del veicolo, di avere quindi controllato il
portafogli, di averlo trovato vuoto, di essere cosi' subito uscito
dall'autovettura e di avere riposto il borsello nello stesso carrello
metallico dove l'aveva rinvenuto;
che la difesa, in sede di memoria depositata all'esito della
notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, ha
evidenziato come la versione dell'odierno imputato, allora indagato,
possa essere facilmente verificata e riscontrata proprio grazie alla
visione diretta delle videoriprese effettuate dal circuito di
videosorveglianza;
che di tale segmento temporale, come detto, non e' stato
tuttavia estrapolato alcun fotogramma, da parte della polizia
giudiziaria, ne' dello stesso si fa menzione alcuna, nell'annotazione
predetta, cosi' come nessun cenno o descrizione vengono fatti, in
tale annotazione, di quanto avvenuto nell'arco di tempo compreso tra
le ore 18.30 e 18.55, in ordine al quale non sono stati estratti
fotogrammi;
che, in assenza di richieste di definizioni alternative, allo
scrivente giudice spetta, all'odierna udienza di comparizione
predibattimentale, il compito di adottare uno dei due provvedimenti
previsti dal primo o, rispettivamente, terzo comma dell'art.
554-quater del codice di procedura penale;
che l'assenza della videoripresa in questione, nel materiale
probatorio contenuto nel fascicolo delle indagini preliminari, non
consente tuttavia al giudice di svolgere appieno la propria attivita'
di «giudizio», intesa come esame di «prove» posto in essere al fine
di pervenire ad una delle due «decisioni di merito» previste
dall'art. 554-quater, primo e rispettivamente terzo comma del codice
di procedura penale, ossia all'adozione vuoi di una sentenza di non
luogo a procedere, vuoi di un provvedimento di prosecuzione del
giudizio davanti a un giudice diverso;
che il documento filmico di cui al CD-Rom «trattenuto» dalla
polizia giudiziaria, e non gia' i fotogrammi da quest'ultima
estrapolati, costituisce infatti la «prova», di natura documentale,
in base alla quale il giudice dell'udienza di comparizione
predibattimentale, unitamente al restante materiale probatorio
contenuto nel fascicolo delle indagini preliminari, deve valutare e
vagliare la fondatezza dell'accusa elevata nei confronti dell'odierno
imputato;
che, a fronte di tale palese incompletezza del materiale
raccolto nel fascicolo delle indagini preliminari, al giudice
dell'udienza di comparizione predibattimentale non sono tuttavia dati
nessun potere ne' possibilita' alcuna di disporre un'integrazione
probatoria, al fine di colmare siffatta lacuna evidente, diversamente
da quanto normativamente previsto, dall'art. 422 del codice di
procedura penale, per il giudice dell'udienza preliminare;
che detto documento filmico, di cui sono certe tanto l'attuale
esistenza quanto la sua conservazione presso un ufficio di polizia
giudiziaria, si atteggia altresi' come prova, allo stato degli atti,
potenzialmente decisiva ai fini della sentenza di non luogo a
procedere, in relazione sia al contegno tenuto dall'odierno imputato
nel segmento temporale che lo vede accedere all'interno della propria
autovettura, sia degli eventi occorsi nel precedente arco di tempo
che va dalle ore 18.30 alle ore 18.55, segmento oggetto di
videoripresa, ma di cui non si fa menzione o descrizione alcuna, in
seno all'annotazione di polizia giudiziaria in atti;
che nell'attuale quadro probatorio, connotato dalla carenza di
una prova documentale che puo', in ipotesi, assumere il carattere di
decisivita' rispetto all'uno o all'altro degli esiti decisori
previsti dal primo o, rispettivamente, terzo comma dell'art.
554-quater del codice di procedura penale, al tribunale non pare sia
data possibilita' di decidere nell'un senso o nell'altro, se non a
prezzo, in ciascuno dei due casi, di conseguenze del tutto
irragionevoli;
che, infatti, non appare ragionevolmente praticabile, per un
verso, la strada della definizione del giudizio mediante sentenza di
non luogo a procedere, fondata sulla tale riscontrata lacuna
probatoria, la' dove si consideri come di tale sentenza possa, sin
d'ora, prevedersi la futura revoca, su richiesta del pubblico
ministero, ove la successiva acquisizione della videoripresa, cui in
questa sede non puo' pervenirsi per difetto di poteri istruttori in
capo al giudice, determini l'utile svolgimento del giudizio, ai sensi
dell'art. 554-quinquies del codice di procedura penale;
che non appare, per altro verso, ragionevolmente praticabile
neppure l'alternativa via costituita dal fissare, per la prosecuzione
del giudizio, la data dell'udienza dibattimentale davanti ad un
giudice diverso, sol che si consideri come tale giudizio possa
risultare del tutto superfluo e non necessario, la' dove in capo al
giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, proprio
grazie ai contenuti probatori della videoripresa in questione, possa
formarsi il convincimento che il complesso di elementi probatori
disponibili per la decisione non sia tale da fondare, in sede di loro
«ripetizione» dibattimentale ex art. 512 del codice di procedura
penale, una «ragionevole previsione di condanna» della persona
imputata, imponendosi cosi' sin d'ora la definizione del giudizio con
una sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell'art. 554-ter,
primo comma del codice di procedura penale.
Considerato che, alla luce di quanto previsto dagli artt. 553 e
554-ter, terzo comma del codice di procedura penale, il giudice
dell'udienza di comparizione predibattimentale, in assenza di
«definizioni alternative» del giudizio, e' tenuto a compiere
valutazioni e ad assumere decisioni esclusivamente «sulla base degli
atti» trasmessi dal pubblico ministero, costituiti dal «fascicolo del
dibattimento... unitamente al fascicolo del pubblico ministero»;
che la base conoscitiva del giudice dell'udienza di
comparizione predibattimentale, in altri termini, e' costituita
esclusivamente «dal complesso degli atti delle indagini preliminari
condotte dall'organo inquirente, oltre che dagli atti che
confluiscono nel fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art. 431
del codice di procedura penale» (cosi' Corte costituzionale, sentenza
n. 179 del 2024);
che l'udienza di comparizione predibattimentale, per altro
verso, si atteggia come snodo processuale inserito all'interno della
piu' ampia e unitaria fase dibattimentale, nonche' successivo alla
formulazione dell'imputazione e alla citazione dell'imputato, operate
dal pubblico ministero;
che, la' dove si individuino lacune, nel materiale probatorio a
disposizione del giudice dell'udienza di comparizione
predibattimentale, non e' tuttavia prevista alcuna possibilita' di
disporre, in tale snodo processuale, un supplemento di indagini, ne'
e' prevista la possibilita', ove i dati probatori mancanti siano gia'
individuati, di acquisirli o su impulso di parte ovvero in via
officiosa, ad opera del giudice;
che tale impossibilita' di colmare lacune evidenti nel
materiale probatorio contrasta, ad avviso del tribunale, con plurimi
principi costituzionali, quali quelli di ragionevolezza ed
eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Costituzione, di
obbligatorieta' dell'azione penale e del suo corollario costituito
dal principio di completezza delle indagini preliminari di cui
all'art. 112 Costituzione, nonche' di ragionevole durata del
processo, di cui agli artt. 111 Costituzione e 6, primo paragrafo,
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848;
che, per quel che riguarda l'articolo 3 della Costituzione,
all'impossibilita' per il giudice dell'udienza predibattimentale di
assumere mezzi di prova, specie ove di questi appaia evidente la
decisivita' ai fini di una sentenza di non luogo a procedere, si
oppone invece la possibilita', per il giudice dell'udienza
preliminare, di operare siffatte acquisizioni probatorie;
che, in capo al giudice dell'udienza preliminare, e' stato in
effetti previsto, dall'art. 422 del codice di procedura penale, un
espresso potere di integrazione probatoria;
che l'udienza preliminare e le decisioni che la concludono sono
infatti, ormai da tempo, venute a caratterizzarsi per la necessaria
«completezza del quadro probatorio di cui il giudice deve disporre,
dato che il giudice dell'udienza preliminare puo' disporre
l'integrazione delle indagini (art. 421-bis del codice di procedura
penale) e assumere anche d'ufficio le prove che appaiano con evidenza
decisive ai fini della sentenza di non luogo a procedere (art. 422
del codice di procedura penale)» (v. Corte costituzionale, sentenza
n. 335 del 2002); che la necessaria completezza del quadro probatorio
di cui il giudice dell'udienza preliminare deve disporre e'
strettamente legata al compito, spettante a tale giudice, di operare
una verifica preventiva circa la necessita' della celebrazione del
dibattimento, a garanzia del corretto esercizio dell'azione penale da
parte dell'organo requirente, cosi' fungendo da «filtro» a
dibattimenti ingiustificati e, comunque, perseguendo in tal modo
finalita' deflattive e di semplificazione;
che l'udienza preliminare, a seguito delle importanti
innovazioni introdotte, in particolare, dalla legge 16 dicembre 1999,
n. 479, ha piu' in particolare subito «una profonda trasformazione
sul piano sia della quantita' e qualita' di elementi valutativi che
vi possono trovare ingresso, sia dei poteri correlativamente
attribuiti al giudice» (v. Corte costituzionale, ordinanza n. 150 del
2024 e sentenza n. 224 del 2001);
che detti poteri attribuiti al giudice dell'udienza
preliminare, correlativi alla necessita' di avere un compendio
probatorio completo, sono stati conferiti nel quadro delle generali
finalita' di semplificare e deflazionare il processo penale, nonche'
allo scopo di evitare dibattimenti non necessari;
che, d'altra parte, tra le funzioni dalla legge assegnate
all'udienza di comparizione predibattimentale vi e' proprio quella di
fungere da ««filtro» a dibattimenti ingiustificati... perseguendo in
tal modo finalita' deflattive e di semplificazione», mediante un
«vaglio preventivo della necessita' della celebrazione del
dibattimento» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024);
che lo stesso legislatore delegato ha, peraltro, individuato
proprio nell'udienza preliminare il «modello di udienza "filtro"» (v.
Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024) cui riferirsi, per la
disciplina dell'udienza di comparizione predibattimentale, la' dove
ha previsto che a tale udienza «si applicano, in quanto compatibili,
le disposizioni di cui agli articoli 424, commi 2, 3 e 4, 425, comma
2, 426 e 427» del codice di procedura penale (cosi' l'art. 554-ter,
comma 1 del codice di procedura penale);
che da questo punto di vista sussiste, tra giudice dell'udienza
preliminare e giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale,
una «evidente simmetria, in relazione alla penetrante attivita'
valutativa che sono chiamati a compiere», consistente in un «vaglio
penetrante del merito dell'accusa» (v. Corte costituzionale, sentenza
n. 179 del 2024);
che tale evidente simmetria, tra giudice dell'udienza
preliminare e giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale,
e' tuttavia interrotta e troncata, in maniera del tutto
irragionevole, nel momento in cui soltanto al primo giudice, e non
anche al secondo, e' stata data la possibilita' di acquisire elementi
di prova, ove di questi appaia evidente la decisivita' ai fini della
sentenza di non luogo a procedere;
che l'art. 554-ter del codice di procedura penale, introdotto
dall'art. 32, primo comma, lettera d), decreto legislativo 10 ottobre
2022, n. 150, pur facendo invece rinvio alle disposizioni di cui agli
artt. 424, commi 2, 3 e 4, 425, comma 2, 426 e 427 del codice di
procedura penale, da applicarsi in quanto compatibili, non richiama,
invece, l'art. 422 del codice di procedura penale;
che questo trattamento differenziato non trova alcuna
ragionevole giustificazione, a fronte di udienze, quali quella
preliminare e quella predibattimentale, entrambe destinate alla
medesima funzione di «filtro» della domanda penale e orientate alla
medesima finalita' di evitare dibattimenti non necessari;
che manifestamente irragionevole, da questo punto di vista,
appare infatti la ratio correlata all'omessa previsione di un potere
d'integrazione probatoria in capo al giudice dell'udienza di
comparizione predibattimentale, individuata dal legislatore delegato
nel carattere di «piu' snello» del «vaglio preliminare» affidato a
tale giudice rispetto a quello «previsto dagli articoli 416 ss. del
codice di procedura penale, circa la fondatezza e la completezza
dell'azione penale» (cosi' la relazione illustrativa del decreto
legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, pubblicata in Gazzetta
Ufficiale, serie generale n. 245 del 19 ottobre 2022, supplemento
straordinario n. 5);
che tale maggiore «snellezza», rispetto all'udienza
preliminare, dell'udienza di comparizione predibattimentale puo'
invero apprezzarsi nella scelta, non irragionevole, di omettere un
momento dialettico, nella sede camerale di cui all'art. 554-bis del
codice di procedura penale, del tipo di quello previsto dall'art. 421
del codice di procedura penale, in cui il giudice dapprima ammette o
meno i documenti esibiti dai contraddittori, indi dichiara aperta la
discussione, con l'esordio affidato al pubblico ministero, chiamato a
dare sintetica esposizione dei dati probatori raccolti in sede di
indagini e a formulare le proprie conclusioni, seguito
dall'esposizione degli argomenti a difesa e delle conclusioni da
parte dei difensori, nell'ordine in cui parlerebbero nel
dibattimento, da ultimo prevedendosi prima la possibilita' di una
sola replica da parte dei contraddittori e poi l'interlocuzione
finale del giudice, che dichiara chiusa la discussione ove reputi
possibile decidere allo stato degli atti;
che il connotato di «snellezza», proprio dell'udienza di
comparizione predibattimentale in confronto all'udienza preliminare,
deve tuttavia mantenersi in sintonia con l'esigenza di «rendere il
procedimento penale piu' celere ed efficiente», ratio che anima
l'intera riforma del rito penale, come d'altra parte espressamente
previsto dal titolo della legge-delega 27 settembre 2021, n. 134,
nonche' dal generale criterio direttivo cui deve essere improntato
l'esercizio della delega legislativa conferita al Governo con la
legge citata, dovendo per l'appunto «il decreto o i decreti
legislativi recanti disposizioni dirette a rendere il procedimento
penale piu' celere ed efficiente» (v. art. 1, sesto e settimo comma,
legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per
l'efficienza del processo penale nonche' in materia di giustizia
riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti
giudiziari);
che, tuttavia, l'omessa previsione della possibilita' di
acquisire, in sede di udienza di comparizione predibattimentale, una
prova decisiva ai fini della sentenza di non luogo a procedere
comporta non gia' maggiore celerita', bensi' un'evidente dilatazione
dei tempi dell'intero procedimento penale, perche' impone la
celebrazione di un ulteriore segmento processuale, quello
dibattimentale, destinato a concludersi con un esito assolutorio e,
quindi, all'evidenza superfluo;
che la mancata previsione di un potere di integrazione
probatoria, ove si tratti di acquisire una prova di cui risulti
evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a
procedere, si risolve pertanto in un'omissione manifestamente
irragionevole, in quanto palesemente disfunzionale rispetto agli
obiettivi di efficienza e riduzione del carico dibattimentale,
perseguiti dal legislatore di cui al decreto legislativo 10 ottobre
2022, n. 150;
che la palese irragionevolezza di tale trattamento
differenziato si manifesta, vieppiu', ove si abbia riguardo
all'estensione - operata dall'art. 32, primo comma, lettera a),
decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 - del catalogo di reati
per i quali l'azione penale deve essere esercitata non piu' nelle
forme di cui all'art. 416 del codice di procedura penale, ma in
quelle di cui all'art. 552 del codice di procedura penale;
che per detta categoria di reati l'effetto della mutata forma
di esercizio dell'azione penale, in ragione della qui censurata
omissione, finisce per privare gli imputati di un vaglio preliminare
dell'accusa piu' penetrante, perche' relativo anche a materiale
probatorio non acquisito ma comunque acquisibile, ove di quest'ultimo
appaia evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a
procedere;
che la preclusione della possibilita', per il giudice, di
disporre l'assunzione di mezzi di prova la' dove il quadro probatorio
appaia manifestamente carente, in uno con il correlativo obbligo per
questi di decidere esclusivamente allo stato degli atti, e' evenienza
in se' idonea a produrre «una alterazione dei caratteri propri
dell'esercizio della funzione giurisdizionale» (v. Corte
costituzionale, sentenze n. 115 del 2001, n. 92 del 1992 e n. 318 del
1992, nonche' sentenze n. 56 del 1993 e n. 442 del 1994);
che, d'altro canto, un «intervento riequilibratore del giudice
atto a supplire» alle carenze istruttorie di taluna delle parti e'
stato ritenuto, seppur in altro contesto processuale qual e' quello
dibattimentale, in «armonia con l'obiettivo di eliminazione delle
disuguaglianze di fatto posto dall'art. 3, secondo comma, della
Costituzione», potendo «la «parita' delle armi» delle parti
normativamente enunciata... talvolta non trovare concreta verifica
nella realta' effettuale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 111
del 1993);
che l'omessa previsione di un simile congegno istruttorio si
pone, ancora, in evidente contrasto con il dovere di completezza
delle indagini preliminari, correlato al principio di obbligatorieta'
dell'azione penale, di cui all'articolo 112 della Costituzione;
che tale dovere, nella struttura del rito penale, assolve una
duplice funzione, assicurando da una parte la completa ed esaustiva
individuazione del quadro probatorio, in vista del «riconoscimento
del diritto dell'imputato ad essere giudicato, ove ne faccia
richiesta, con il rito abbreviato» (v. Corte costituzionale, sentenza
n. 115 del 2001), nonche' fungendo, per altro verso, da «argine
contro eventuali prassi di esercizio «apparente» dell'azione penale,
che, avviando la verifica giurisdizionale sulla base di indagini
troppo superficiali, lacunose o monche, si risolverebbero in un
ingiustificato aggravio del carico dibattimentale» (v. Corte
costituzionale, sentenza n. 88 del 1991);
che l'esigenza di completezza delle indagini preliminari deve
ritenersi, ad avviso della stessa Corte costituzionale,
significativamente valutabile, in sede di udienza preliminare,
proprio perche' «al giudice e' attribuito il potere di integrazione
concernente i mezzi di prova», questi potendo «assumere anche
d'ufficio le prove delle quali appaia evidente la decisivita' ai fini
della sentenza di non luogo a procedere (art. 422 del codice di
procedura penale)» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 224 del
2001);
che l'omessa previsione, in capo al giudice dell'udienza di
comparizione predibattimentale, di un potere di integrazione
probatoria, costruito sulla falsa riga di quello di cui all'art. 422
del codice di procedura penale, si pone da ultimo in contrasto anche
con il principio della ragionevole durata del processo, di cui
all'art. 111, secondo comma, della Costituzione;
che detto principio e' inoltre sancito, a livello
sovranazionale, dall'articolo 6, primo paragrafo, CEDU, nonche' dalla
interpretazione formatasi su tale articolo ad opera della Corte di
Strasburgo, che ha delineato la ragionevole durata del processo come
un diritto soggettivo spettante direttamente all'accusato, cui si
correla un obbligo, gravante su tutti gli Stati parte della
Convenzione, di organizzare i propri sistemi giudiziari in modo che
la giurisdizione possa assolvere ad ognuna delle esigenze dettate dal
citato articolo 6, in particolare per quel che riguarda la durata
ragionevole del processo (tra le molte, v. Grand Chamber, case of v.
Italy, n. 36813/97, §183);
che detto principio, quindi, corrisponde «a un preciso dovere
costituzionale» posto in capo al legislatore, su cui grava l'obbligo
di «conformare la disciplina vigente all'obiettivo di assicurare una
sollecita definizione dei processi, dal momento che la ragionevole
durata e' un connotato identitario della giustizia del processo» (v.
Corte costituzionale, sentenze n. 113 del 2023 e 74 del 2022).
che la nozione di ragionevole durata del processo, con
particolare riferimento al processo penale, e' comunque il «frutto di
un bilanciamento particolarmente delicato tra i molteplici - e tra
loro confliggenti - interessi pubblici e privati coinvolti, su uno
sfondo fattuale caratterizzato da risorse umane e organizzative
necessariamente limitate» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 260
del 2020);
che una violazione del principio della ragionevole durata del
processo, alla luce di tali premesse, puo' ravvisarsi allorche'
«l'effetto di dilatazione dei tempi processuali determinato da una
specifica disciplina non sia sorretto da alcuna logica esigenza e si
riveli invece privo di qualsiasi legittima ratio giustificativa» (v.
Corte costituzionale, sentenze n. 113 del 2023, 12 del 2016, n. 159
del 2014, n. 63 e n. 56 del 2009);
che l'omessa previsione, in capo al giudice dell'udienza di
comparizione predibattimentale, di un potere di integrazione
probatoria non appare sorretta da alcuna logica esigenza, la' dove
rispetto al materiale probatorio raccolto dal pubblico ministero si
apprezzi l'assenza di un elemento di prova che possa essere decisivo
ai fini della sentenza di non luogo a procedere;
che, sotto questo profilo, l'omessa acquisizione di tale
elemento di prova, da parte del giudice dell'udienza di comparizione
predibattimentale, porta infatti ad una irragionevole dilatazione dei
tempi processuali, imponendo la celebrazione di un dibattimento
superfluo, perche' destinato a concludersi con un esito, qual e'
quello assolutorio, gia' anticipabile in sede di udienza di
comparizione predibattimentale, mediante adozione di una sentenza di
non luogo a procedere;
che si nutrono, quindi, seri dubbi in ordine alla conformita' a
Costituzione di una disciplina, qual e' quella delineata dall'art.
554-ter del codice di procedura penale, in cui non e' prevista, per
il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, la
possibilita' di applicare, in quanto compatibile, la disposizione di
cui all'art. 422 del codice di procedura penale, ovvero di disporre,
anche d'ufficio, l'assunzione delle prove dalle quali appare evidente
la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere, in
ragione del contrasto di tale vulnus normativo con gli articoli 3,
primo e secondo comma, 111, secondo comma, 112 e 117, primo comma,
della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6, primo
paragrafo, della CEDU;
che, a fronte del riscontrato vulnus ai suddetti principi di
rango costituzionale e sovranazionale, l'invocato intervento additivo
appare invero ammissibile, potendosi riscontrare, nell'ordinamento,
la presenza di almeno una soluzione costituzionalmente adeguata a
sostituirsi a quella della cui legittimita' costituzionale qui si
dubita, costituita dalla previsione di cui all'art. 422 del codice di
procedura penale;
che il ricorso a tale soluzione, infatti, appare in grado di
inserirsi nel tessuto normativo coerentemente con la logica
perseguita dallo stesso legislatore di cui al decreto legislativo 10
ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto e istituito, allo scopo di
deflazionare il carico dibattimentale, l'udienza prevista dall'art.
554-bis del codice di procedura penale, prendendo a modello l'udienza
di cui agli artt. 418 e ss. del codice di procedura penale, con il
giudice dell'una e dell'altra udienza chiamati, entrambi, a compiere
la medesima «penetrante attivita' valutativa», costituita da un
«vaglio preventivo della necessita' della celebrazione del
dibattimento» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024).
P. Q. M.
Il tribunale ordinario di Siena, in composizione monocratica,
visti gli artt. 134 Costituzione, nonche' 1, legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,
solleva d'ufficio - in riferimento agli articoli 3, primo e
secondo comma, 111, secondo comma, 112 e 117, primo comma, della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 6, primo
paragrafo, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848 - questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo
554-ter del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 32,
primo comma, lettera d), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150,
nella parte in cui non prevede che si applica, in quanto compatibile,
la disposizione di cui all'articolo 422 del codice di procedura
penale, ovvero, in via subordinata, nella parte in cui non prevede
che il giudice possa disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle
prove dalle quali appare evidente la decisivita' ai fini della
sentenza di non luogo a procedere;
Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulle proposte
questioni di legittimita' costituzionale;
Ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale del
presente provvedimento, insieme con gli atti del giudizio e con la
prova delle notificazioni e comunicazioni ad esso relative;
Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche'
comunicata alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica.
Cosi' deciso in Siena, all'udienza del giorno 11 febbraio 2025.
Il Giudice: Spina
Oggetto:
Processo penale – Udienza di comparizione predibattimentale – Provvedimenti del giudice – Mancata previsione dell’applicazione, in quanto compatibile, della disposizione di cui all’art. 422 cod. proc. pen. (attività di integrazione probatoria del giudice dell’udienza preliminare), ovvero, in via subordinata, mancata previsione che il giudice possa disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere – Violazione di principi di ragionevolezza e di uguaglianza sostanziale – Violazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale e del suo corollario costituito dal principio di completezza delle indagini preliminari – Violazione del principio, anche convenzionale, di ragionevole durata del processo.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 554
decreto legislativo del 10/10/2022 Num. 150 Art. 32 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 3 Co. 2
Costituzione Art. 111 Co. 2
Costituzione Art. 112 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 41 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 febbraio 2025 Ordinanza dell'11 febbraio 2025 del Tribunale di Siena nel procedimento penale a carico di P.A. A.. Processo penale - Udienza di comparizione predibattimentale - Provvedimenti del giudice - Mancata previsione dell'applicazione, in quanto compatibile, della disposizione di cui all'art. 422 cod. proc. pen. ovvero, in via subordinata, mancata previsione che il giudice possa disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere. - Codice di procedura penale, art. 554-ter, inserito dall'art. 32, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari). (GU n. 11 del 12-03-2025) IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA sezione penale in composizione monocratica in persona del giudice Simone Spina, all'udienza del giorno 11 febbraio 2025, ha emesso la presente ordinanza ai sensi degli artt. 134 Costituzione, 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953 n. 87 - nell'ambito del procedimento penale di primo grado iscritto ai numeri di registro in epigrafe indicati nei confronti di A P A , nato a il con domicilio dichiarato a , in ; assistito e difeso, di fiducia, dall'avv. Marco Caroppo, del Foro di Siena; Imputato a) del delitto di cui all'art. 624 del codice penale, perche', al fine di trarne profitto, all'esterno dell'esercizio commerciale « », sito in , sottraeva un portafogli trovato all'interno di un carrello, precedentemente lasciato da F R , e si impossessava della somma di denaro di 2.000,00 euro ivi contenuta, per poi lasciare il portafogli all'interno del medesimo carrello. In , il Ritenuto che, con decreto di citazione diretta a giudizio depositato in data 20 marzo 2024, il pubblico ministero ha tratto a giudizio l'odierno imputato, accusandolo di essersi impossessato di banconote per una somma pari a 2.000 euro, dopo averle sottratte da un portafogli, di proprieta' di R F , rinvenuto in un carrello metallico lasciato all'esterno dell'esercizio commerciale « »; che la persona offesa, in sede di querela, ha affermato di essersi recata, il , presso l'esercizio commerciale predetto, dove per le compere si e' servita di un carrello metallico, al cui interno ha riposto il suo borsello; che l'arco di tempo in cui la persona offesa ha riferito di essere rimasta nell'esercizio commerciale e' ricompreso tra le ore 18.15 e le ore 18.30; che, sempre in sede di querela, la persona offesa ha poi aggiunto di essersi allontanata verso le ore 18.30 dall'esercizio commerciale in questione, accorgendosi soltanto piu' tardi di non avere piu' con se' il proprio borsello; che la medesima persona offesa ha precisato di avere dapprima telefonato all'esercizio commerciale, di avere quindi fatto ivi ritorno e di essere infine tornata in possesso del borsello, consegnatole da una dipendente di nome S B , chiarendo altresi' di essersi accorta poco dopo che, dall'interno dello stesso, mancavano banconote per una somma pari a 2.000 euro; che la telefonata fatta dalla persona offesa risale alle ore 19.00, come riferito a sommarie informazioni testimoniali dal dipendente A M , che tale telefonata ha personalmente raccolto e ricevuto; che la dipendente S B , in sede di sommarie informazioni testimoniali, ha dichiarato di essersi messa alla ricerca del borsello, subito dopo la ricezione di quella telefonata, aggiungendo di avere poco dopo rinvenuto il borsello della persona offesa, alle ore 19.05 circa, all'interno di un carrello metallico, posto all'esterno dell'esercizio commerciale « .»; che, secondo quanto riferito dal dipendente A M , dopo il suo rinvenimento il borsello e' stato poi portato e trattenuto all'interno dell'esercizio commerciale e, quindi, restituito verso le ore 19.15 circa alla persona offesa, che si e' subito allontanata senza controllarne il contenuto; che alle ore 19.30 circa, verso il momento di chiusura dell'esercizio commerciale, la persona offesa, secondo quanto riportato a sommarie informazioni testimoniali da A M , ha nuovamente telefonato all'esercizio commerciale in questione, riferendo come non fossero piu' presenti, all'interno del proprio portafogli, banconote per un ammontare complessivo di 2.000 euro, costituente il fondo cassa della societa' dal medesimo amministrata; che le attivita' di investigazione, condotte dalla polizia giudiziaria, sono consistite nella visione delle riprese del circuito di video sorveglianza installato all'esterno dell'esercizio commerciale « »; che la polizia giudiziaria, nell'occasione, ha tuttavia provveduto ad estrapolare, dal server dell'impianto di videosorveglianza dell'esercizio commerciale, il file video contenente la sequenza di videoriprese relative a quanto avvenuto all'esterno di detto esercizio, nell'arco di tempo che va dalle ore 18.00 alle ore 20.00 del , trasferendo tale file video su di un supporto fisico del tipo CD-ROM; che la polizia giudiziaria, tuttavia, non ha mai trasmesso al pubblico ministero siffatto CD-ROM, riferendo piuttosto, nella comunicazione di notizia di reato redatta il , come lo stesso fosse «trattenuto agli atti» dell'ufficio cui appartiene il personale di polizia giudiziaria che ha svolto l'attivita' investigativa; che la polizia giudiziaria ha invece estrapolato, dalla sequenza di videoriprese di cui si e' detto, soltanto alcuni e isolati fotogrammi, che ha poi incluso in un'annotazione redatta il , trasmessa al pubblico ministero quale allegato alla comunicazione di notizia di reato datata 26 marzo , acquisita nel fascicolo delle indagini preliminari; che tali fotogrammi, in cui si apprezza la condizione di buio e di estremamente scarsa visibilita' nei luoghi ripresi, colgono solo taluni frammenti dell'arco di tempo coinvolto della complessiva sequenza videoripresa, senza che risultino essere stati estrapolati, in particolare, fotogrammi relativi al segmento temporale che va dalle ore 18.30 alle ore 18.55, del quale non v'e' peraltro menzione alcuna in siffatta annotazione di polizia giudiziaria; che, secondo quanto sinteticamente descritto nella gia' menzionata annotazione, la polizia giudiziaria ha rilevato la presenza di un individuo che, dopo essersi avvicinato alle 18.55 ad un carrello metallico, se ne e' poi allontanato per salire a bordo di una autovettura, per infine avvicinarsi nuovamente al carrello metallico; che nessun fotogramma e' stato estrapolato, tuttavia, con riguardo al segmento temporale in cui l'individuo sale e permane all'interno dell'autovettura in questione, ne' e' stata fornita alcuna descrizione, nell'annotazione in parola, di quanto avvenuto in tale frangente; che detta autovettura, grazie al sistema di lettura ottica delle targhe, e' poi risultata essere nella disponibilita' dell'odierno imputato; che l'odierno imputato, all'esito della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, ha chiesto di essere sottoposto ad interrogatorio, poi delegato dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria; che, nell'ambito di tale interrogatorio, l'imputato ha dichiarato di avere, in quel giorno, fatto compere nel precitato esercizio commerciale e di avere riportato il suo carrello metallico nel luogo a cio' destinato, una volta terminate dette compere, aggiungendo di essersi in quel momento accorto della presenza di un borsello da uomo, posizionato all'interno di altro carrello ivi presente; che, sempre in sede di interrogatorio, l'imputato ha quindi aggiunto di avere preso il borsello e di essersi diretto, data la condizione di scarsa luminosita' del luogo, verso la propria autovettura, onde poter meglio verificare se vi fossero documenti contenuti al suo interno, di esservi salito a bordo e di avere qui acceso la luce interna del veicolo, di avere quindi controllato il portafogli, di averlo trovato vuoto, di essere cosi' subito uscito dall'autovettura e di avere riposto il borsello nello stesso carrello metallico dove l'aveva rinvenuto; che la difesa, in sede di memoria depositata all'esito della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, ha evidenziato come la versione dell'odierno imputato, allora indagato, possa essere facilmente verificata e riscontrata proprio grazie alla visione diretta delle videoriprese effettuate dal circuito di videosorveglianza; che di tale segmento temporale, come detto, non e' stato tuttavia estrapolato alcun fotogramma, da parte della polizia giudiziaria, ne' dello stesso si fa menzione alcuna, nell'annotazione predetta, cosi' come nessun cenno o descrizione vengono fatti, in tale annotazione, di quanto avvenuto nell'arco di tempo compreso tra le ore 18.30 e 18.55, in ordine al quale non sono stati estratti fotogrammi; che, in assenza di richieste di definizioni alternative, allo scrivente giudice spetta, all'odierna udienza di comparizione predibattimentale, il compito di adottare uno dei due provvedimenti previsti dal primo o, rispettivamente, terzo comma dell'art. 554-quater del codice di procedura penale; che l'assenza della videoripresa in questione, nel materiale probatorio contenuto nel fascicolo delle indagini preliminari, non consente tuttavia al giudice di svolgere appieno la propria attivita' di «giudizio», intesa come esame di «prove» posto in essere al fine di pervenire ad una delle due «decisioni di merito» previste dall'art. 554-quater, primo e rispettivamente terzo comma del codice di procedura penale, ossia all'adozione vuoi di una sentenza di non luogo a procedere, vuoi di un provvedimento di prosecuzione del giudizio davanti a un giudice diverso; che il documento filmico di cui al CD-Rom «trattenuto» dalla polizia giudiziaria, e non gia' i fotogrammi da quest'ultima estrapolati, costituisce infatti la «prova», di natura documentale, in base alla quale il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, unitamente al restante materiale probatorio contenuto nel fascicolo delle indagini preliminari, deve valutare e vagliare la fondatezza dell'accusa elevata nei confronti dell'odierno imputato; che, a fronte di tale palese incompletezza del materiale raccolto nel fascicolo delle indagini preliminari, al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale non sono tuttavia dati nessun potere ne' possibilita' alcuna di disporre un'integrazione probatoria, al fine di colmare siffatta lacuna evidente, diversamente da quanto normativamente previsto, dall'art. 422 del codice di procedura penale, per il giudice dell'udienza preliminare; che detto documento filmico, di cui sono certe tanto l'attuale esistenza quanto la sua conservazione presso un ufficio di polizia giudiziaria, si atteggia altresi' come prova, allo stato degli atti, potenzialmente decisiva ai fini della sentenza di non luogo a procedere, in relazione sia al contegno tenuto dall'odierno imputato nel segmento temporale che lo vede accedere all'interno della propria autovettura, sia degli eventi occorsi nel precedente arco di tempo che va dalle ore 18.30 alle ore 18.55, segmento oggetto di videoripresa, ma di cui non si fa menzione o descrizione alcuna, in seno all'annotazione di polizia giudiziaria in atti; che nell'attuale quadro probatorio, connotato dalla carenza di una prova documentale che puo', in ipotesi, assumere il carattere di decisivita' rispetto all'uno o all'altro degli esiti decisori previsti dal primo o, rispettivamente, terzo comma dell'art. 554-quater del codice di procedura penale, al tribunale non pare sia data possibilita' di decidere nell'un senso o nell'altro, se non a prezzo, in ciascuno dei due casi, di conseguenze del tutto irragionevoli; che, infatti, non appare ragionevolmente praticabile, per un verso, la strada della definizione del giudizio mediante sentenza di non luogo a procedere, fondata sulla tale riscontrata lacuna probatoria, la' dove si consideri come di tale sentenza possa, sin d'ora, prevedersi la futura revoca, su richiesta del pubblico ministero, ove la successiva acquisizione della videoripresa, cui in questa sede non puo' pervenirsi per difetto di poteri istruttori in capo al giudice, determini l'utile svolgimento del giudizio, ai sensi dell'art. 554-quinquies del codice di procedura penale; che non appare, per altro verso, ragionevolmente praticabile neppure l'alternativa via costituita dal fissare, per la prosecuzione del giudizio, la data dell'udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso, sol che si consideri come tale giudizio possa risultare del tutto superfluo e non necessario, la' dove in capo al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, proprio grazie ai contenuti probatori della videoripresa in questione, possa formarsi il convincimento che il complesso di elementi probatori disponibili per la decisione non sia tale da fondare, in sede di loro «ripetizione» dibattimentale ex art. 512 del codice di procedura penale, una «ragionevole previsione di condanna» della persona imputata, imponendosi cosi' sin d'ora la definizione del giudizio con una sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell'art. 554-ter, primo comma del codice di procedura penale. Considerato che, alla luce di quanto previsto dagli artt. 553 e 554-ter, terzo comma del codice di procedura penale, il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, in assenza di «definizioni alternative» del giudizio, e' tenuto a compiere valutazioni e ad assumere decisioni esclusivamente «sulla base degli atti» trasmessi dal pubblico ministero, costituiti dal «fascicolo del dibattimento... unitamente al fascicolo del pubblico ministero»; che la base conoscitiva del giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, in altri termini, e' costituita esclusivamente «dal complesso degli atti delle indagini preliminari condotte dall'organo inquirente, oltre che dagli atti che confluiscono nel fascicolo per il dibattimento ai sensi dell'art. 431 del codice di procedura penale» (cosi' Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024); che l'udienza di comparizione predibattimentale, per altro verso, si atteggia come snodo processuale inserito all'interno della piu' ampia e unitaria fase dibattimentale, nonche' successivo alla formulazione dell'imputazione e alla citazione dell'imputato, operate dal pubblico ministero; che, la' dove si individuino lacune, nel materiale probatorio a disposizione del giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, non e' tuttavia prevista alcuna possibilita' di disporre, in tale snodo processuale, un supplemento di indagini, ne' e' prevista la possibilita', ove i dati probatori mancanti siano gia' individuati, di acquisirli o su impulso di parte ovvero in via officiosa, ad opera del giudice; che tale impossibilita' di colmare lacune evidenti nel materiale probatorio contrasta, ad avviso del tribunale, con plurimi principi costituzionali, quali quelli di ragionevolezza ed eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Costituzione, di obbligatorieta' dell'azione penale e del suo corollario costituito dal principio di completezza delle indagini preliminari di cui all'art. 112 Costituzione, nonche' di ragionevole durata del processo, di cui agli artt. 111 Costituzione e 6, primo paragrafo, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; che, per quel che riguarda l'articolo 3 della Costituzione, all'impossibilita' per il giudice dell'udienza predibattimentale di assumere mezzi di prova, specie ove di questi appaia evidente la decisivita' ai fini di una sentenza di non luogo a procedere, si oppone invece la possibilita', per il giudice dell'udienza preliminare, di operare siffatte acquisizioni probatorie; che, in capo al giudice dell'udienza preliminare, e' stato in effetti previsto, dall'art. 422 del codice di procedura penale, un espresso potere di integrazione probatoria; che l'udienza preliminare e le decisioni che la concludono sono infatti, ormai da tempo, venute a caratterizzarsi per la necessaria «completezza del quadro probatorio di cui il giudice deve disporre, dato che il giudice dell'udienza preliminare puo' disporre l'integrazione delle indagini (art. 421-bis del codice di procedura penale) e assumere anche d'ufficio le prove che appaiano con evidenza decisive ai fini della sentenza di non luogo a procedere (art. 422 del codice di procedura penale)» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 335 del 2002); che la necessaria completezza del quadro probatorio di cui il giudice dell'udienza preliminare deve disporre e' strettamente legata al compito, spettante a tale giudice, di operare una verifica preventiva circa la necessita' della celebrazione del dibattimento, a garanzia del corretto esercizio dell'azione penale da parte dell'organo requirente, cosi' fungendo da «filtro» a dibattimenti ingiustificati e, comunque, perseguendo in tal modo finalita' deflattive e di semplificazione; che l'udienza preliminare, a seguito delle importanti innovazioni introdotte, in particolare, dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, ha piu' in particolare subito «una profonda trasformazione sul piano sia della quantita' e qualita' di elementi valutativi che vi possono trovare ingresso, sia dei poteri correlativamente attribuiti al giudice» (v. Corte costituzionale, ordinanza n. 150 del 2024 e sentenza n. 224 del 2001); che detti poteri attribuiti al giudice dell'udienza preliminare, correlativi alla necessita' di avere un compendio probatorio completo, sono stati conferiti nel quadro delle generali finalita' di semplificare e deflazionare il processo penale, nonche' allo scopo di evitare dibattimenti non necessari; che, d'altra parte, tra le funzioni dalla legge assegnate all'udienza di comparizione predibattimentale vi e' proprio quella di fungere da ««filtro» a dibattimenti ingiustificati... perseguendo in tal modo finalita' deflattive e di semplificazione», mediante un «vaglio preventivo della necessita' della celebrazione del dibattimento» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024); che lo stesso legislatore delegato ha, peraltro, individuato proprio nell'udienza preliminare il «modello di udienza "filtro"» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024) cui riferirsi, per la disciplina dell'udienza di comparizione predibattimentale, la' dove ha previsto che a tale udienza «si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 424, commi 2, 3 e 4, 425, comma 2, 426 e 427» del codice di procedura penale (cosi' l'art. 554-ter, comma 1 del codice di procedura penale); che da questo punto di vista sussiste, tra giudice dell'udienza preliminare e giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, una «evidente simmetria, in relazione alla penetrante attivita' valutativa che sono chiamati a compiere», consistente in un «vaglio penetrante del merito dell'accusa» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024); che tale evidente simmetria, tra giudice dell'udienza preliminare e giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, e' tuttavia interrotta e troncata, in maniera del tutto irragionevole, nel momento in cui soltanto al primo giudice, e non anche al secondo, e' stata data la possibilita' di acquisire elementi di prova, ove di questi appaia evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere; che l'art. 554-ter del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 32, primo comma, lettera d), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, pur facendo invece rinvio alle disposizioni di cui agli artt. 424, commi 2, 3 e 4, 425, comma 2, 426 e 427 del codice di procedura penale, da applicarsi in quanto compatibili, non richiama, invece, l'art. 422 del codice di procedura penale; che questo trattamento differenziato non trova alcuna ragionevole giustificazione, a fronte di udienze, quali quella preliminare e quella predibattimentale, entrambe destinate alla medesima funzione di «filtro» della domanda penale e orientate alla medesima finalita' di evitare dibattimenti non necessari; che manifestamente irragionevole, da questo punto di vista, appare infatti la ratio correlata all'omessa previsione di un potere d'integrazione probatoria in capo al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, individuata dal legislatore delegato nel carattere di «piu' snello» del «vaglio preliminare» affidato a tale giudice rispetto a quello «previsto dagli articoli 416 ss. del codice di procedura penale, circa la fondatezza e la completezza dell'azione penale» (cosi' la relazione illustrativa del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 245 del 19 ottobre 2022, supplemento straordinario n. 5); che tale maggiore «snellezza», rispetto all'udienza preliminare, dell'udienza di comparizione predibattimentale puo' invero apprezzarsi nella scelta, non irragionevole, di omettere un momento dialettico, nella sede camerale di cui all'art. 554-bis del codice di procedura penale, del tipo di quello previsto dall'art. 421 del codice di procedura penale, in cui il giudice dapprima ammette o meno i documenti esibiti dai contraddittori, indi dichiara aperta la discussione, con l'esordio affidato al pubblico ministero, chiamato a dare sintetica esposizione dei dati probatori raccolti in sede di indagini e a formulare le proprie conclusioni, seguito dall'esposizione degli argomenti a difesa e delle conclusioni da parte dei difensori, nell'ordine in cui parlerebbero nel dibattimento, da ultimo prevedendosi prima la possibilita' di una sola replica da parte dei contraddittori e poi l'interlocuzione finale del giudice, che dichiara chiusa la discussione ove reputi possibile decidere allo stato degli atti; che il connotato di «snellezza», proprio dell'udienza di comparizione predibattimentale in confronto all'udienza preliminare, deve tuttavia mantenersi in sintonia con l'esigenza di «rendere il procedimento penale piu' celere ed efficiente», ratio che anima l'intera riforma del rito penale, come d'altra parte espressamente previsto dal titolo della legge-delega 27 settembre 2021, n. 134, nonche' dal generale criterio direttivo cui deve essere improntato l'esercizio della delega legislativa conferita al Governo con la legge citata, dovendo per l'appunto «il decreto o i decreti legislativi recanti disposizioni dirette a rendere il procedimento penale piu' celere ed efficiente» (v. art. 1, sesto e settimo comma, legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari); che, tuttavia, l'omessa previsione della possibilita' di acquisire, in sede di udienza di comparizione predibattimentale, una prova decisiva ai fini della sentenza di non luogo a procedere comporta non gia' maggiore celerita', bensi' un'evidente dilatazione dei tempi dell'intero procedimento penale, perche' impone la celebrazione di un ulteriore segmento processuale, quello dibattimentale, destinato a concludersi con un esito assolutorio e, quindi, all'evidenza superfluo; che la mancata previsione di un potere di integrazione probatoria, ove si tratti di acquisire una prova di cui risulti evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere, si risolve pertanto in un'omissione manifestamente irragionevole, in quanto palesemente disfunzionale rispetto agli obiettivi di efficienza e riduzione del carico dibattimentale, perseguiti dal legislatore di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150; che la palese irragionevolezza di tale trattamento differenziato si manifesta, vieppiu', ove si abbia riguardo all'estensione - operata dall'art. 32, primo comma, lettera a), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 - del catalogo di reati per i quali l'azione penale deve essere esercitata non piu' nelle forme di cui all'art. 416 del codice di procedura penale, ma in quelle di cui all'art. 552 del codice di procedura penale; che per detta categoria di reati l'effetto della mutata forma di esercizio dell'azione penale, in ragione della qui censurata omissione, finisce per privare gli imputati di un vaglio preliminare dell'accusa piu' penetrante, perche' relativo anche a materiale probatorio non acquisito ma comunque acquisibile, ove di quest'ultimo appaia evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere; che la preclusione della possibilita', per il giudice, di disporre l'assunzione di mezzi di prova la' dove il quadro probatorio appaia manifestamente carente, in uno con il correlativo obbligo per questi di decidere esclusivamente allo stato degli atti, e' evenienza in se' idonea a produrre «una alterazione dei caratteri propri dell'esercizio della funzione giurisdizionale» (v. Corte costituzionale, sentenze n. 115 del 2001, n. 92 del 1992 e n. 318 del 1992, nonche' sentenze n. 56 del 1993 e n. 442 del 1994); che, d'altro canto, un «intervento riequilibratore del giudice atto a supplire» alle carenze istruttorie di taluna delle parti e' stato ritenuto, seppur in altro contesto processuale qual e' quello dibattimentale, in «armonia con l'obiettivo di eliminazione delle disuguaglianze di fatto posto dall'art. 3, secondo comma, della Costituzione», potendo «la «parita' delle armi» delle parti normativamente enunciata... talvolta non trovare concreta verifica nella realta' effettuale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 111 del 1993); che l'omessa previsione di un simile congegno istruttorio si pone, ancora, in evidente contrasto con il dovere di completezza delle indagini preliminari, correlato al principio di obbligatorieta' dell'azione penale, di cui all'articolo 112 della Costituzione; che tale dovere, nella struttura del rito penale, assolve una duplice funzione, assicurando da una parte la completa ed esaustiva individuazione del quadro probatorio, in vista del «riconoscimento del diritto dell'imputato ad essere giudicato, ove ne faccia richiesta, con il rito abbreviato» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 115 del 2001), nonche' fungendo, per altro verso, da «argine contro eventuali prassi di esercizio «apparente» dell'azione penale, che, avviando la verifica giurisdizionale sulla base di indagini troppo superficiali, lacunose o monche, si risolverebbero in un ingiustificato aggravio del carico dibattimentale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 88 del 1991); che l'esigenza di completezza delle indagini preliminari deve ritenersi, ad avviso della stessa Corte costituzionale, significativamente valutabile, in sede di udienza preliminare, proprio perche' «al giudice e' attribuito il potere di integrazione concernente i mezzi di prova», questi potendo «assumere anche d'ufficio le prove delle quali appaia evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere (art. 422 del codice di procedura penale)» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 224 del 2001); che l'omessa previsione, in capo al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, di un potere di integrazione probatoria, costruito sulla falsa riga di quello di cui all'art. 422 del codice di procedura penale, si pone da ultimo in contrasto anche con il principio della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, della Costituzione; che detto principio e' inoltre sancito, a livello sovranazionale, dall'articolo 6, primo paragrafo, CEDU, nonche' dalla interpretazione formatasi su tale articolo ad opera della Corte di Strasburgo, che ha delineato la ragionevole durata del processo come un diritto soggettivo spettante direttamente all'accusato, cui si correla un obbligo, gravante su tutti gli Stati parte della Convenzione, di organizzare i propri sistemi giudiziari in modo che la giurisdizione possa assolvere ad ognuna delle esigenze dettate dal citato articolo 6, in particolare per quel che riguarda la durata ragionevole del processo (tra le molte, v. Grand Chamber, case of v. Italy, n. 36813/97, §183); che detto principio, quindi, corrisponde «a un preciso dovere costituzionale» posto in capo al legislatore, su cui grava l'obbligo di «conformare la disciplina vigente all'obiettivo di assicurare una sollecita definizione dei processi, dal momento che la ragionevole durata e' un connotato identitario della giustizia del processo» (v. Corte costituzionale, sentenze n. 113 del 2023 e 74 del 2022). che la nozione di ragionevole durata del processo, con particolare riferimento al processo penale, e' comunque il «frutto di un bilanciamento particolarmente delicato tra i molteplici - e tra loro confliggenti - interessi pubblici e privati coinvolti, su uno sfondo fattuale caratterizzato da risorse umane e organizzative necessariamente limitate» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 260 del 2020); che una violazione del principio della ragionevole durata del processo, alla luce di tali premesse, puo' ravvisarsi allorche' «l'effetto di dilatazione dei tempi processuali determinato da una specifica disciplina non sia sorretto da alcuna logica esigenza e si riveli invece privo di qualsiasi legittima ratio giustificativa» (v. Corte costituzionale, sentenze n. 113 del 2023, 12 del 2016, n. 159 del 2014, n. 63 e n. 56 del 2009); che l'omessa previsione, in capo al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, di un potere di integrazione probatoria non appare sorretta da alcuna logica esigenza, la' dove rispetto al materiale probatorio raccolto dal pubblico ministero si apprezzi l'assenza di un elemento di prova che possa essere decisivo ai fini della sentenza di non luogo a procedere; che, sotto questo profilo, l'omessa acquisizione di tale elemento di prova, da parte del giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, porta infatti ad una irragionevole dilatazione dei tempi processuali, imponendo la celebrazione di un dibattimento superfluo, perche' destinato a concludersi con un esito, qual e' quello assolutorio, gia' anticipabile in sede di udienza di comparizione predibattimentale, mediante adozione di una sentenza di non luogo a procedere; che si nutrono, quindi, seri dubbi in ordine alla conformita' a Costituzione di una disciplina, qual e' quella delineata dall'art. 554-ter del codice di procedura penale, in cui non e' prevista, per il giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, la possibilita' di applicare, in quanto compatibile, la disposizione di cui all'art. 422 del codice di procedura penale, ovvero di disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere, in ragione del contrasto di tale vulnus normativo con gli articoli 3, primo e secondo comma, 111, secondo comma, 112 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6, primo paragrafo, della CEDU; che, a fronte del riscontrato vulnus ai suddetti principi di rango costituzionale e sovranazionale, l'invocato intervento additivo appare invero ammissibile, potendosi riscontrare, nell'ordinamento, la presenza di almeno una soluzione costituzionalmente adeguata a sostituirsi a quella della cui legittimita' costituzionale qui si dubita, costituita dalla previsione di cui all'art. 422 del codice di procedura penale; che il ricorso a tale soluzione, infatti, appare in grado di inserirsi nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dallo stesso legislatore di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto e istituito, allo scopo di deflazionare il carico dibattimentale, l'udienza prevista dall'art. 554-bis del codice di procedura penale, prendendo a modello l'udienza di cui agli artt. 418 e ss. del codice di procedura penale, con il giudice dell'una e dell'altra udienza chiamati, entrambi, a compiere la medesima «penetrante attivita' valutativa», costituita da un «vaglio preventivo della necessita' della celebrazione del dibattimento» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 2024). P. Q. M. Il tribunale ordinario di Siena, in composizione monocratica, visti gli artt. 134 Costituzione, nonche' 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva d'ufficio - in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, 111, secondo comma, 112 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 6, primo paragrafo, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 - questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo 554-ter del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 32, primo comma, lettera d), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui non prevede che si applica, in quanto compatibile, la disposizione di cui all'articolo 422 del codice di procedura penale, ovvero, in via subordinata, nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere; Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulle proposte questioni di legittimita' costituzionale; Ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale del presente provvedimento, insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e comunicazioni ad esso relative; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata alle Presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Siena, all'udienza del giorno 11 febbraio 2025. Il Giudice: Spina