Reg. ord. n. 44 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/03/2025 n. 12
Ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 20/01/2025
Tra: M. C.
Oggetto:
Reati e pene – Reati in materia di immigrazione – Delitti di contraffazione o alterazione di titoli di soggiorno o di documenti necessari al loro ottenimento e di utilizzo dei medesimi atti e documenti contraffatti o alterati – Mancata previsione di trattamenti sanzionatori differenziati – Omessa previsione, in particolare, della riduzione di un terzo della pena per il delitto di utilizzo degli atti e documenti contraffatti o alterati, analogamente a quanto previsto dall’art. 489 cod. pen. – Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità della pena.
Norme impugnate:
decreto legislativo
del 25/07/1998
Num. 286
Art. 5
Co. 8
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 27
Co.
Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025 rel. CASSINELLI
Testo dell'ordinanza
N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2025
Ordinanza del 20 gennaio 2025 del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere nel procedimento penale a carico di M. C..
Reati e pene - Reati in materia di immigrazione - Delitti di
contraffazione o alterazione di titoli di soggiorno o di documenti
necessari al loro ottenimento e di utilizzo dei medesimi atti e
documenti contraffatti o alterati - Mancata previsione di
trattamenti sanzionatori differenziati - Omessa previsione, in
particolare, della riduzione di un terzo della pena per il delitto
di utilizzo degli atti e documenti contraffatti o alterati,
analogamente a quanto previsto dall'art. 489 cod. pen.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), art. 5, comma 8-bis.
(GU n. 12 del 19-03-2025)
TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
Ufficio del giudice per le indagini preliminari e dell'udienza
preliminare
Il giudice dell'udienza preliminare, dott. Giuseppe Zullo, sulla
questione di legittimita' costituzionale avanzata dal difensore
(munito di procura speciale) dell'imputato C.M., nato in ... in data
..., in ordine all'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286;
Sentito il pubblico ministero, che s'e' associato a quanto
esposto dalla difesa;
Osserva quanto segue
C.M. e' chiamato a rispondere del reato previsto dall'art. 5,
comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, commesso
in ... in data ... ed accertato in data ..., «perche', al fine di
ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, presso
l'ufficio immigrazione del Commissariato di ... utilizzava a sostegno
della relativa richiesta falsa documentazione attestante un rapporto
di lavoro domestico inesistente.
Nello specifico:
denuncia di rapporto di lavoro domestico apparentemente
rilasciata dall'INPS di Caserta in data ..., protocollo n. ...
copia di carta di identita' I. apparentemente rilasciata dal
Comune di ..., ed intestata al sig. P.C. nato a ... in data ...».
All'udienza preliminare del 27 giugno 2024 il difensore
dell'imputato, munito di procura speciale, ha preannunciato questione
di legittimita' costituzionale dell'indicata disposizione normativa
(appunto l'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286) in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione,
per i motivi che saranno di seguito esposti.
Alla successiva udienza del 3 ottobre 2024 la difesa ha
specificato le proprie doglianze precisando che l'esigenza di adire
la Corte costituzionale era dettata dalla volonta' di definire il
giudizio nelle forme del rito abbreviato (e dalla conseguente
necessita', in caso di condanna, di evitare l'inflizione di una pena
«irragionevole»), chiedendo pertanto un termine per formalizzare
l'accesso al rito e per ufficializzare, di seguito, l'eccezione di
incostituzionalita'.
In data 13 gennaio 2025, pertanto, e' stata veicolata dalla
difesa la richiesta di definizione del processo con rito abbreviato,
immediatamente disposto dallo scrivente. A quel punto e' stata
proposta la prima indicata questione di legittimita' costituzionale,
sulla quale questo giudice s'e' riservato per decidere come dalla
presente ordinanza.
Due i profili di doglianza stigmatizzati dal difensore.
In primo luogo, l'articolo in questione si porrebbe in contrasto
con gli articoli 3 e 27 della Costituzione nella parte in cui prevede
il medesimo trattamento sanzionatorio in ordine ad una pluralita' di
fattispecie criminose, tutte in esso contemplate, aventi gravita'
senz'altro diversa e dunque irragionevolmente equiparate quoad
poenam. L'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998,
n. 286, infatti, punisce indistintamente, con la reclusione da uno a
sei anni, sia chi contraffa' o altera un visto di ingresso o
reingresso, la comunicazione del rilascio di un'autorizzazione ai
viaggi, una proroga del visto, un permesso di soggiorno, un contratto
di soggiorno o una carta di soggiorno, sia chi contraffa' o altera
documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso
o di reingresso, di un'autorizzazione ai viaggi, della proroga del
visto, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di
una carta di soggiorno sia, infine, chi utilizza uno di tali
documenti contraffatti o alterati.
In secondo luogo, l'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo
25 luglio 1998 si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 e 27 della
Costituzione nella parte in cui, equiparando il trattamento
sanzionatorio di colui che contraffa' o altera gli atti e i documenti
in esso contemplati e di colui che di tali atti (gia' contraffatti o
alterati) fa uso, introdurrebbe un'ingiustificata disparita' tra
l'autore delle condotte in oggetto e il soggetto attivo del reato di
cui all'art. 489 del codice penale, a mente del quale la pena
edittale per il delitto di utilizzo di documenti contraffatti o
alterati va determinata riducendo di un terzo la pena prevista per le
condotte di contraffazione o alterazione dei documenti medesimi.
Le due doglianze, a parere di chi scrive, non sono manifestamente
infondate.
Quanto alla prima questione, non puo' sottacersi che in effetti
l'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998,
nell'equiparare la cornice edittale delle plurime ed autonome
fattispecie ivi contemplate, introduce un trattamento sanzionatorio
omogeneo per ipotesi criminose senz'altro diverse quanto a gravita',
condotta e grado di lesione al bene interesse tutelato. Altro,
infatti, e' falsificare un titolo abilitativo al soggiorno nel
territorio dello Stato (sia sub specie di creazione di un atto non
originale sia sub specie di alterazione di un preesistente atto
originale), altro e' falsificare documenti utili al rilascio di tale
titolo, altro ancora e' fare uso di detti atti gia' falsificati. Le
prime due ipotesi criminose (ossia le condotte di falsificazione dei
titoli abilitativi al soggiorno o dei documenti utili al loro
ottenimento) presuppongono all'evidenza un'organizzazione,
quand'anche rudimentale, di mezzi e risorse denotante una maggior
capacita' criminale, una piu' marcata pervicacia delinquenziale, un
dolo verosimilmente piu' intenso, elementi - questi - che considerati
nella loro globalita' e letti alla luce del dato per cui non di rado
si tratta di condotte perpetrate nell'ambito di organizzazioni che
traggono lucro dallo sfruttamento dell'immigrazione irregolare,
rendono dette attivita' senz'altro piu' gravi rispetto a quella di
chi dei menzionati atti falsificati faccia semplicemente uso.
In questa logica, la previsione di un omogeneo trattamento
sanzionatorio per cosi' eterogenee condotte da un lato non risponde a
canoni di ragionevolezza (in cio' ponendosi in contrasto con l'art. 3
della Costituzione) e dall'altro viola il principio di
proporzionalita' della pena, assoggettando alla medesima sanzione
fattispecie che esprimono un diverso grado di offensivita' (in cio'
ponendosi in contrasto con l'art. 27 della Costituzione).
La questione pare ancor piu' fondata se letta alla luce della
disciplina dei reati di falso contemplati dal Codice penale, ove si
assiste ad una marcata differenziazione sanzionatoria tra le condotte
di falsificazione di atti e quella di uso di atti falsificati. Ai
sensi dell'art. 482 del codice penale, in particolare, la
falsificazione materiale di un atto pubblico o di un certificato o
ancora di un'autorizzazione amministrativa, ove commessa da un
privato, e' sanzionata con le pene previste dagli articoli 476 e 477
codice penale (rispettivamente da uno a sei anni, e da sei mesi a tre
anni di reclusione) ridotte di un terzo, mentre per l'uso di un atto
falso e' previsto (a condizione che non vi sia stato concorso nella
falsita') che dette pene siano ulteriormente ridotte di un terzo,
secondo il disposto dell'art. 489 del codice penale.
Il raffronto comparativo con le disposizioni codicistiche rende
dunque irragionevole la previsione normativa di cui al citato art. 5,
comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella
parte in cui contrariamente a quanto previsto per i comuni delitti di
falso - precostituisce una cornice sanzionatoria unitaria per
fattispecie tra loro ontologicamente diverse.
Ne' puo' sostenersi, in senso contrario, che trattasi di
valutazioni - quelle relative alla determinazione del trattamento
sanzionatorio - rimesse all'esclusiva discrezionalita' del
legislatore.
Pur nella convinzione che la definizione delle fattispecie
astratte di reato e la correlativa determinazione della loro cornice
edittale siano riservate alla discrezionalita' del legislatore, si
ritiene opportuno riportare quanto costantemente affermato dalla
Corte costituzionale, secondo cui dette scelte, in particolare quelle
relative al trattamento sanzionatorio, sono sindacabili allorquando
trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio (ex
plurimis, sentenze n. 260 del 2022, n. 95 del 2022, n. 62 del 2021,
n. 136 del 2020 e n. 68 del 2012; ordinanze n. 207 del 2019 e n. 247
del 2013).
Facendo applicazione di tali coordinate alla vicenda in esame, va
considerato che le condotte materiali stigmatizzate nell'ambito dei
delitti di falso previsti dal codice penale sono senz'altro
sovrapponibili a quelle di cui al citato art. 5, comma 8-bis (detta
ultima disposizione si limita a scandire, quale elemento
specializzante per specificazione, la tipologia di atti - ossia i
titoli abilitativi al soggiorno sul territorio dello Stato o i
documenti finalizzati ad attenerli - sui quali si appunta l'attivita'
illecita), donde l'incoerenza dell'opzione legislativa volta ad
unificare il trattamento sanzionatorio delle varie condotte di falso
di cui alla citata norma speciale laddove, al contrario, dette
condotte sono chiaramente diversificate quoad poenam nel Codice
penale sul presupposto del loro diverso grado di offensivita' e della
diversa capacita' criminale del loro autore.
Quanto al diverso profilo della rilevanza delle dedotte questioni
di legittimita' costituzionale, va ribadito che nella vicenda in
oggetto e' incriminato l'uso, al fine di ottenere il permesso di
soggiorno, di falsa documentazione attestante un rapporto di lavoro
domestico inesistente.
L'imputazione stigmatizza dunque una condotta (appunto l'uso di
atti falsi onde ottenere il titolo abilitativo al soggiorno) che, in
caso di accoglimento della presente doglianza di legittimita'
costituzionale, vedrebbe una pena sensibilmente ridotta rispetto a
quella attualmente prevista dalla norma censurata. E, considerando la
richiesta dell'imputato (veicolata per il tramite del difensore
munito di procura speciale) di essere giudicato con rito abbreviato,
vien da se' che la diversa cornice edittale risultante dall'eventuale
accoglimento della questione sarebbe (nell'ipotesi in cui, all'esito
del giudizio abbreviato, si pervenisse a condanna) senz'altro piu'
favorevole al reo. L'attuale forbice edittale della disposizione
richiamata, ossia da uno a sei anni di reclusione, subirebbe - ove la
disciplina in oggetto fosse allineata, in caso di accoglimento della
questione, a quella vigente per i reati codicistici di falso - una
sensibile riduzione, tanto nel minimo quanto nel massimo, rispetto a
quella attualmente vigente.
Trattasi dunque di questione senz'altro attuale, ritenendo chi
scrive l'esistenza di un rapporto di necessaria strumentalita' tra la
risoluzione dell'eccezione di costituzionalita' e il progredire verso
la decisione del giudizio a quo, non potendo quest'ultimo essere
proseguito o definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione incidentale.
Ritenuta, alla luce di quanto affermato, la questione rilevante e
non manifestamente infondata.
P.Q.M.
Letti gli art. 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale n.
1/1948 e 23 ss., legge n. 87/1953, solleva questione di legittimita'
costituzionale in relazione all'art. 5, comma 8-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per contrasto con gli articoli 3
e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede il medesimo
trattamento sanzionatorio per il delitto di contraffazione o
alterazione degli atti e dei documenti ivi previsti e per il delitto
di uso dei documenti stessi, e non invece trattamenti sanzionatori
differenziati, non prevedendo in particolare che la pena prevista per
il delitto di uso degli atti e dei documenti contraffatti ivi
previsti sia determinato riducendo di un terzo la pena prevista per
la contraffazione o alterazione degli atti e documenti stessi,
analogamente a quanto previsto dall'art. 489 del codice penale.
Sospende il giudizio in corso nei confronti dell'imputato ed i
relativi termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale con restituzione degli
atti al giudice procedente.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica.
Santa Maria Capua Vetere, 20 gennaio 2025
Il giudice: Zullo
Oggetto:
Reati e pene – Reati in materia di immigrazione – Delitti di contraffazione o alterazione di titoli di soggiorno o di documenti necessari al loro ottenimento e di utilizzo dei medesimi atti e documenti contraffatti o alterati – Mancata previsione di trattamenti sanzionatori differenziati – Omessa previsione, in particolare, della riduzione di un terzo della pena per il delitto di utilizzo degli atti e documenti contraffatti o alterati, analogamente a quanto previsto dall’art. 489 cod. pen. – Violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità della pena.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 25/07/1998 Num. 286 Art. 5 Co. 8
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 27 Co.
Camera di Consiglio del 1 dicembre 2025 rel. CASSINELLI
Testo dell'ordinanza
N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2025 Ordinanza del 20 gennaio 2025 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel procedimento penale a carico di M. C.. Reati e pene - Reati in materia di immigrazione - Delitti di contraffazione o alterazione di titoli di soggiorno o di documenti necessari al loro ottenimento e di utilizzo dei medesimi atti e documenti contraffatti o alterati - Mancata previsione di trattamenti sanzionatori differenziati - Omessa previsione, in particolare, della riduzione di un terzo della pena per il delitto di utilizzo degli atti e documenti contraffatti o alterati, analogamente a quanto previsto dall'art. 489 cod. pen. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), art. 5, comma 8-bis. (GU n. 12 del 19-03-2025) TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE Ufficio del giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare Il giudice dell'udienza preliminare, dott. Giuseppe Zullo, sulla questione di legittimita' costituzionale avanzata dal difensore (munito di procura speciale) dell'imputato C.M., nato in ... in data ..., in ordine all'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; Sentito il pubblico ministero, che s'e' associato a quanto esposto dalla difesa; Osserva quanto segue C.M. e' chiamato a rispondere del reato previsto dall'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, commesso in ... in data ... ed accertato in data ..., «perche', al fine di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, presso l'ufficio immigrazione del Commissariato di ... utilizzava a sostegno della relativa richiesta falsa documentazione attestante un rapporto di lavoro domestico inesistente. Nello specifico: denuncia di rapporto di lavoro domestico apparentemente rilasciata dall'INPS di Caserta in data ..., protocollo n. ... copia di carta di identita' I. apparentemente rilasciata dal Comune di ..., ed intestata al sig. P.C. nato a ... in data ...». All'udienza preliminare del 27 giugno 2024 il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, ha preannunciato questione di legittimita' costituzionale dell'indicata disposizione normativa (appunto l'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, per i motivi che saranno di seguito esposti. Alla successiva udienza del 3 ottobre 2024 la difesa ha specificato le proprie doglianze precisando che l'esigenza di adire la Corte costituzionale era dettata dalla volonta' di definire il giudizio nelle forme del rito abbreviato (e dalla conseguente necessita', in caso di condanna, di evitare l'inflizione di una pena «irragionevole»), chiedendo pertanto un termine per formalizzare l'accesso al rito e per ufficializzare, di seguito, l'eccezione di incostituzionalita'. In data 13 gennaio 2025, pertanto, e' stata veicolata dalla difesa la richiesta di definizione del processo con rito abbreviato, immediatamente disposto dallo scrivente. A quel punto e' stata proposta la prima indicata questione di legittimita' costituzionale, sulla quale questo giudice s'e' riservato per decidere come dalla presente ordinanza. Due i profili di doglianza stigmatizzati dal difensore. In primo luogo, l'articolo in questione si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio in ordine ad una pluralita' di fattispecie criminose, tutte in esso contemplate, aventi gravita' senz'altro diversa e dunque irragionevolmente equiparate quoad poenam. L'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, infatti, punisce indistintamente, con la reclusione da uno a sei anni, sia chi contraffa' o altera un visto di ingresso o reingresso, la comunicazione del rilascio di un'autorizzazione ai viaggi, una proroga del visto, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, sia chi contraffa' o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un'autorizzazione ai viaggi, della proroga del visto, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno sia, infine, chi utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati. In secondo luogo, l'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998 si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione nella parte in cui, equiparando il trattamento sanzionatorio di colui che contraffa' o altera gli atti e i documenti in esso contemplati e di colui che di tali atti (gia' contraffatti o alterati) fa uso, introdurrebbe un'ingiustificata disparita' tra l'autore delle condotte in oggetto e il soggetto attivo del reato di cui all'art. 489 del codice penale, a mente del quale la pena edittale per il delitto di utilizzo di documenti contraffatti o alterati va determinata riducendo di un terzo la pena prevista per le condotte di contraffazione o alterazione dei documenti medesimi. Le due doglianze, a parere di chi scrive, non sono manifestamente infondate. Quanto alla prima questione, non puo' sottacersi che in effetti l'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, nell'equiparare la cornice edittale delle plurime ed autonome fattispecie ivi contemplate, introduce un trattamento sanzionatorio omogeneo per ipotesi criminose senz'altro diverse quanto a gravita', condotta e grado di lesione al bene interesse tutelato. Altro, infatti, e' falsificare un titolo abilitativo al soggiorno nel territorio dello Stato (sia sub specie di creazione di un atto non originale sia sub specie di alterazione di un preesistente atto originale), altro e' falsificare documenti utili al rilascio di tale titolo, altro ancora e' fare uso di detti atti gia' falsificati. Le prime due ipotesi criminose (ossia le condotte di falsificazione dei titoli abilitativi al soggiorno o dei documenti utili al loro ottenimento) presuppongono all'evidenza un'organizzazione, quand'anche rudimentale, di mezzi e risorse denotante una maggior capacita' criminale, una piu' marcata pervicacia delinquenziale, un dolo verosimilmente piu' intenso, elementi - questi - che considerati nella loro globalita' e letti alla luce del dato per cui non di rado si tratta di condotte perpetrate nell'ambito di organizzazioni che traggono lucro dallo sfruttamento dell'immigrazione irregolare, rendono dette attivita' senz'altro piu' gravi rispetto a quella di chi dei menzionati atti falsificati faccia semplicemente uso. In questa logica, la previsione di un omogeneo trattamento sanzionatorio per cosi' eterogenee condotte da un lato non risponde a canoni di ragionevolezza (in cio' ponendosi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione) e dall'altro viola il principio di proporzionalita' della pena, assoggettando alla medesima sanzione fattispecie che esprimono un diverso grado di offensivita' (in cio' ponendosi in contrasto con l'art. 27 della Costituzione). La questione pare ancor piu' fondata se letta alla luce della disciplina dei reati di falso contemplati dal Codice penale, ove si assiste ad una marcata differenziazione sanzionatoria tra le condotte di falsificazione di atti e quella di uso di atti falsificati. Ai sensi dell'art. 482 del codice penale, in particolare, la falsificazione materiale di un atto pubblico o di un certificato o ancora di un'autorizzazione amministrativa, ove commessa da un privato, e' sanzionata con le pene previste dagli articoli 476 e 477 codice penale (rispettivamente da uno a sei anni, e da sei mesi a tre anni di reclusione) ridotte di un terzo, mentre per l'uso di un atto falso e' previsto (a condizione che non vi sia stato concorso nella falsita') che dette pene siano ulteriormente ridotte di un terzo, secondo il disposto dell'art. 489 del codice penale. Il raffronto comparativo con le disposizioni codicistiche rende dunque irragionevole la previsione normativa di cui al citato art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui contrariamente a quanto previsto per i comuni delitti di falso - precostituisce una cornice sanzionatoria unitaria per fattispecie tra loro ontologicamente diverse. Ne' puo' sostenersi, in senso contrario, che trattasi di valutazioni - quelle relative alla determinazione del trattamento sanzionatorio - rimesse all'esclusiva discrezionalita' del legislatore. Pur nella convinzione che la definizione delle fattispecie astratte di reato e la correlativa determinazione della loro cornice edittale siano riservate alla discrezionalita' del legislatore, si ritiene opportuno riportare quanto costantemente affermato dalla Corte costituzionale, secondo cui dette scelte, in particolare quelle relative al trattamento sanzionatorio, sono sindacabili allorquando trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio (ex plurimis, sentenze n. 260 del 2022, n. 95 del 2022, n. 62 del 2021, n. 136 del 2020 e n. 68 del 2012; ordinanze n. 207 del 2019 e n. 247 del 2013). Facendo applicazione di tali coordinate alla vicenda in esame, va considerato che le condotte materiali stigmatizzate nell'ambito dei delitti di falso previsti dal codice penale sono senz'altro sovrapponibili a quelle di cui al citato art. 5, comma 8-bis (detta ultima disposizione si limita a scandire, quale elemento specializzante per specificazione, la tipologia di atti - ossia i titoli abilitativi al soggiorno sul territorio dello Stato o i documenti finalizzati ad attenerli - sui quali si appunta l'attivita' illecita), donde l'incoerenza dell'opzione legislativa volta ad unificare il trattamento sanzionatorio delle varie condotte di falso di cui alla citata norma speciale laddove, al contrario, dette condotte sono chiaramente diversificate quoad poenam nel Codice penale sul presupposto del loro diverso grado di offensivita' e della diversa capacita' criminale del loro autore. Quanto al diverso profilo della rilevanza delle dedotte questioni di legittimita' costituzionale, va ribadito che nella vicenda in oggetto e' incriminato l'uso, al fine di ottenere il permesso di soggiorno, di falsa documentazione attestante un rapporto di lavoro domestico inesistente. L'imputazione stigmatizza dunque una condotta (appunto l'uso di atti falsi onde ottenere il titolo abilitativo al soggiorno) che, in caso di accoglimento della presente doglianza di legittimita' costituzionale, vedrebbe una pena sensibilmente ridotta rispetto a quella attualmente prevista dalla norma censurata. E, considerando la richiesta dell'imputato (veicolata per il tramite del difensore munito di procura speciale) di essere giudicato con rito abbreviato, vien da se' che la diversa cornice edittale risultante dall'eventuale accoglimento della questione sarebbe (nell'ipotesi in cui, all'esito del giudizio abbreviato, si pervenisse a condanna) senz'altro piu' favorevole al reo. L'attuale forbice edittale della disposizione richiamata, ossia da uno a sei anni di reclusione, subirebbe - ove la disciplina in oggetto fosse allineata, in caso di accoglimento della questione, a quella vigente per i reati codicistici di falso - una sensibile riduzione, tanto nel minimo quanto nel massimo, rispetto a quella attualmente vigente. Trattasi dunque di questione senz'altro attuale, ritenendo chi scrive l'esistenza di un rapporto di necessaria strumentalita' tra la risoluzione dell'eccezione di costituzionalita' e il progredire verso la decisione del giudizio a quo, non potendo quest'ultimo essere proseguito o definito indipendentemente dalla risoluzione della questione incidentale. Ritenuta, alla luce di quanto affermato, la questione rilevante e non manifestamente infondata. P.Q.M. Letti gli art. 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale n. 1/1948 e 23 ss., legge n. 87/1953, solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 5, comma 8-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio per il delitto di contraffazione o alterazione degli atti e dei documenti ivi previsti e per il delitto di uso dei documenti stessi, e non invece trattamenti sanzionatori differenziati, non prevedendo in particolare che la pena prevista per il delitto di uso degli atti e dei documenti contraffatti ivi previsti sia determinato riducendo di un terzo la pena prevista per la contraffazione o alterazione degli atti e documenti stessi, analogamente a quanto previsto dall'art. 489 del codice penale. Sospende il giudizio in corso nei confronti dell'imputato ed i relativi termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale con restituzione degli atti al giudice procedente. Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Santa Maria Capua Vetere, 20 gennaio 2025 Il giudice: Zullo