Reg. ord. n. 47 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/03/2025 n. 13
Ordinanza del Tribunale di Roma del 31/01/2025
Tra: A.V. T. e altri
Oggetto:
Reati e pene – Modifiche al codice penale – Riformulazione della fattispecie di reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. (Traffico di influenze illecite) – Definizione di “mediazione illecita” – Previsione che per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis cod. pen. a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito – Denunciata riduzione del perimetro applicativo della fattispecie con abolitio criminis parziale, a fronte della previsione che la mediazione illecita sia solo quella finalizzata alla commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato – Mancata previsione, tra le possibili finalità della condotta, dei fatti rientranti nell’abrogata ipotesi di abuso di ufficio ad opera della legge n. 114 del 2024 - Inosservanza dell’obbligo di incriminazione del “contenuto minimo” di condotte di cui all’art. 12 della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo.
Norme impugnate:
legge
del 09/08/2024
Num. 114
Art. 1
Co. 1
codice penale
del
Num.
Art. 346
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 11
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione di Strasburgo
Art. 12
Co.
Udienza Pubblica del 7 ottobre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 47 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2025
Ordinanza del 31 gennaio 2025 del Tribunale di Roma nel procedimento
penale a carico di A. T. e altri.
Reati e pene - Modifiche al codice penale - Riformulazione della
fattispecie di reato di cui all'art. 346-bis cod. pen. (Traffico di
influenze illecite) - Definizione di "mediazione illecita" -
Previsione che per altra mediazione illecita si intende la
mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di un
pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art.
322-bis cod. pen. a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio
costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito -
Denunciata riduzione del perimetro applicativo della fattispecie -
Mancata previsione, tra le possibili finalita' della condotta, dei
fatti rientranti nell'abrogata ipotesi di abuso di ufficio.
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice
di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice
dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera e).
(GU n. 13 del 26-03-2025)
TRIBUNALE DI ROMA
sezione GIP-GUP - ufficio 35
Il Giudice per l'udienza preliminare, dott.ssa Ilaria Tarantino,
nel procedimento penale nei confronti di T. A. V., G. D., S. S. A. J.
E., K. G. F. S., G. D. R., S., P., M., G., C. Z., S. C. D. A., F. A.
e V. N. in atti generalizzati;
Osserva e rileva
Il pubblico ministero esercitava l'azione penale nei confronti
degli odierni imputati con richiesta di rinvio a giudizio in ordine
ai reati di cui all'art. 346-bis, c.p. (capo A), 648-ter, c.p. (capo
B), 648-bis c.p. (capo C), 356, comma 2, c.p. (capo D), 48-110 e 479,
comma 2, c.p. (capo E), 323, c.p. (capo F), nonche' per gli illeciti
amministrativi di cui agli articoli 5 e 25, decreto legislativo n.
231/2001, in relazione al «reato-presupposto» di cui all'art.
346-bis, c.p. (capi G, H, I, L).
Veniva fissata udienza preliminare, nel corso della quale,
ammessa la costituzione di parte civile della Presidenza del
Consiglio dei ministri per mezzo dell'Avvocatura generale dello
Stato, l'imputato A. D. (imputato del solo reato di cui all'art. 323,
c.p. contestato al capo F), chiedeva il rito abbreviato. L'imputato
C. Z. (in ordine ai capi A, D ed E) formulava richiesta di
applicazione pena ex art. 444, c.p.p., alla quale il pubblico
ministero prestava il consenso. Tutti gli altri imputati optavano per
il rito ordinario. I procedimenti, trattati congiuntamente, subivano
una serie di rinvii.
All'udienza del 2 dicembre 2024 il pubblico ministero sollevava
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
lettera e), della legge 9 agosto 2024, n. 114, di modifica dell'art.
346-bis, c.p., per contrasto con l'art. 117, c.p. in relazione
all'art. 12 della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione,
ratificata con legge n. 110/2012.
Il Giudice invitava le parti a concludere anche nel merito,
riservandosi di vagliare la questione di legittimita' costituzionale
nella Camera di consiglio fissata per la decisione.
All'odierna udienza del 31 gennaio 2025 il Giudice definiva con
sentenza il procedimento con rito abbreviato nei confronti di A. D.;
nei confronti di tutti gli altri imputati del reato di cui all'art.
346-bis, c.p. e reati ad esso connessi, il Giudice sospendeva il
processo con la presente ordinanza, rimettendo gli atti alla Corte
costituzionale.
Ritiene questo Giudice che la questione di legittimita'
costituzionale sollevata dal pubblico ministero sia rilevante per il
presente giudizio e non manifestamente infondata.
Il pubblico ministero dubita della legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 1, lettera e), della legge 9 agosto 2024, n. 114,
di modifica dell'art. 346-bis, c.p., per contrasto con l'art. 117,
c.p. in relazione all'art. 12 della Convenzione di Strasburgo sulla
corruzione, ratificata con legge n. 110/2012.
La legge 114 del 2024, che ha, da un lato, abrogato il delitto di
abuso di ufficio e dall'altro riformulato il reato di «traffico di
influenze», restringendo sensibilmente l'area del penalmente
rilevante con abolitio criminis parziale, si porrebbe in contrasto
con dei precisi obblighi internazionali di incriminazione che
l'Italia ha assunto con la ratifica, avvenuta con legge 28 giugno
2012 n. 110, della Convenzione penale sulla corruzione siglata a
Strasburgo il 27 gennaio 1999 e segnatamente, con l'art. 12 della
predetta Convenzione.
In particolare, secondo l'art. 12 della Convenzione sulla
corruzione:
«Ciascuna parie adotta i provvedimenti legislativi e di altro
tipo che si rivelano necessari per configurare in quanto reato in
conformita' al proprio diritto interno quando l'atto e' stato
commesso intenzionalmente, il fatto di proporre, offrire o dare,
direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio a titolo
di rimunerazione, a chiunque dichiari o confermi di essere in grado
di esercitare un'influenza sulle decisioni delle persone indicate
agli articoli 2, 4 a 6 e 9 ad 11 (pubblici funzionari), a prescindere
che l'indebito vantaggio sia per se stesso o per altra persona, come
pure il fatto di sollecitare, di ricevere, o di accettarne l'offerta
o la promessa di rimunerazione per tale influenza, a prescindere che
quest'ultima sia o meno esercitala o che produca o meno il risultato
auspicato».
La nuova formulazione dell'art. 346-bis, c.p., per quel che
rileva in tale sede, nel richiedere che la «mediazione illecita» sia
solamente quella finalizzata ad indurre il pubblico ufficiale «a
compiere un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato»,
con la contestuale abrogazione del reato di abuso di ufficio, avrebbe
comportato la sopravvenuta irrilevanza penale dei fatti contestati al
capo A.
Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.
In punto di rilevanza della questione, va osservato che nel
presente giudizio a quo, questo Giudice per l'udienza preliminare e'
chiamato a valutare la richiesta di rinvio a giudizio degli odierni
imputati in ordine al reato di cui all'art. 346-bis, c.p. e, con
riguardo all'imputato C. Z., la richiesta di applicazione pena ex
art. 444, c.p.p.
Appare opportuno riportare per esteso il capo di imputazione A,
cosi' come modificato dal pubblico ministero all'udienza del 14
novembre 2024 (le modifiche sono evidenziate in neretto):
«B. M., G. D. R., K. G. F. S., T. A. V., V. N., S. S. A. J.
E., C. Z. G. D. reato p. e p. dagli articoli 61-bis, 110, 112, n. 1,
346-bis, codice penale perche' il B. sfruttava (in concorso con G. D.
e K. G. F., con i quali pianificava la propria condotta) le proprie
relazioni personali ed occulte con A., Commissario per l'emergenza
sanitaria nazionale, al fine di indurre il pubblico ufficiale a
compiere atti contrari ai doveri di ufficio costituenti reato di
abuso di ufficio meglio specificato al capo F della rubrica,
ottenendo che quest'ultimo assicurasse ai partner del B. di seguito
indicati quali concorrenti nel reato, una esclusiva in via di fatto
nell'intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e
dispositivi di protezione individuale, in violazione dei doveri di
imparzialita' e buon andamento della P. A., richiamati anche
dall'art. 122 del decreto-legge n. 18/2020 e in violazione delle
norme del regio decreto n.2240/23 che impongono la forma scritta,
nonostante le anomalie documentali:
accreditava, cosi', presso il Commissario A. T. V. A. in
proprio ed in qualita' di amministratore della «S.»), al quale l'A.
garantiva la possibilita' di selezionare le societa' cinesi (W. L. W.
M. e L.), alle quali il Commissario per l'emergenza sanitaria
commissionava la fornitura di n. 801.617.647 mascherine protettive,
per il complessivo importo di euro 1.251.499.999,80;
la possibilita' di mantenere rapporti tra Governo e
societa' cinesi per la logistica, il trasporto e la soluzione delle
anomalie documentali, cosi come descritte nel capo E) che segue,
senza alcun incarico formale/contratto scritto, cosi da potere
incassare provvigioni, a valere sui prezzi pagati dal Governo, senza
alcun controllo pubblico;
ottenendo il B. dal T. quale prezzo per tale illecita
mediazione, il trasferimento a proprio favore di euro ...; che il T.
dava disposizione alle societa' cinesi di bonificare per euro ... sul
c/c intestato a M. (legale rappresentante G. D.) e per euro ... c/c
n. ... intestato alla P. (legale rappresentante K. G. F.); ottenendo,
altresi', il B. ulteriori euro ... che il T. bonificava, su
disposizione del primo, su conto corrente ... intestato a A. D.
avendo agito il T. in unione e concorso con V. N.,
co-gestore della «S.» e compartecipe in tutte le azioni del T. G. D.
partner del T. con incarico di individuare in Cina i produttori
cinesi (schermati dalle W. e L.); della logistica; del reperimento
dei documenti con il quali risolvere le suddette anomalie;
Z. C., rappresentante in Italia delle W. e L., con il quale
il T. pattuiva i compensi, dai quali e' stato tratto il pagamento
erogato al B. S. S. A. J. E. mediatore che presentava al T. C. Z. per
consentire il buon fine dell'intermediazione del B. con il
Commissario A.
Essendo derivata dalla commissione del reato la corresponsione
dei seguenti profitti a beneficio di:
T. euro ... transitali sui conti societari della «S.» numeri
...n. e accesi rispettivamente presso ... e ...;
S. J. euro ... transitati su conti societari della «G.»
numeri ... e ... accesi rispettivamente presso ... e ...
G. euro ... accreditati su conto estero ... di ...
Con l'aggravante del numero delle persone concorrenti nel reato.
Con l'ulteriore l'aggravante del reato transnazionale,
trattandosi di reato per la commissione del quale ha dato il suo
contributo un gruppo organizzato, impegnato in attivita' criminali in
piu' di uno Stato. In ... ed in ... (art. 6, comma 2, c.p.)
In ..., nelle seguenti date:
per i pagamenti alla M. dal ... al ...;
per i pagamenti alla P. dal ... al ....
Secondo l'ipotesi accusatoria, D. B. sfruttando relazioni
esistenti con il Commissario straordinario, D. A., si faceva
promettere e consegnare oltre ... di euro dall'imprenditore A. V. T.,
che agiva d'intesa con N. V.
D. G. e Z. C., per remunerare la sua mediazione sul commissario
Straordinario affinche' quest'ultimo affidasse al gruppo T. una
posizione privilegiata nelle forniture dalla Cina di mascherine
protettive, senza alcun rischio economico e giuridico per
l'imprenditore non essendo stato perfezionato alcun contratto tra il
T. e la struttura pubblica. Cio', sempre secondo l'ipotesi
accusatoria, in aperta violazione dei doveri di imparzialita'
richiamati espressamente dall'art. 122 del decreto-legge n. 18/20
(cd. decreto cura Italia) e delle norme sulla forma scritta ad
substantiam dei contratti della pubblica amministrazione.
La condotta contestata agli imputati al capo A, cosi' come
descritta dal pubblico ministero anche a seguito della modifica del
capo di imputazione, consiste quindi in una cd. «mediazione onerosa»,
teleologicamente orientata alla commissione di fatti che, nella
legislazione all'epoca vigente, costituivano ipotesi di abuso di
ufficio (art. 323, c.p.) a vantaggio indebito di privati. Fattispecie
di reato che, come noto, e' stata abrogata dalla stessa legge n.
114/2024, unitamente alla riformulazione dell'art. 346-bis, c.p.
Appare dunque evidente che, a seguito dell'abrogazione del reato
di cui all'art. 323, codice penale e con la riduzione del perimetro
applicativo dell'art. 346-bis, c.p., in assenza di una declaratoria
di incostituzionalita' della modifica dell'art 346-bis, c.p., il
fatto ascritto al capo A - con riguardo al quale, peraltro, e' stato
altresi' disposto il sequestro preventivo del profitto e del prezzo -
sarebbe ad oggi privo di rilevanza penale.
La condotta degli imputati non e' del resto inquadrabile in altre
fattispecie di reato; ne' appare possibile aderire alla richiesta
formulata dalla parte civile, che ha richiesto a questo Giudice di
invitare il pubblico ministero ad operare la modifica del reato di
cui al capo F (abuso di ufficio cui sarebbe finalizzata la condotta
di traffico di influenze contestata al capo A), ai sensi dell'art.
314, c.p. (peculato) o, in subordine, 314-bis, c.p. (indebita
destinazione di denaro o cose mobili), non sussistendo nel caso di
specie gli estremi oggettivi e soggettivi di tali reati.
Per tali ragioni, la questione deve ritenersi rilevante nel
presente processo, non potendo il giudizio essere definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita'
costituzionale.
Ammissibilita' della questione.
In punto di ammissibilita' della questione, va osservato quanto
segue.
L'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 1, lettera e), legge n. 114/2024, che ha
integralmente riformulato l'art. 346-bis, c.p. con parziale abolitio
criminis, avrebbe quale effetto, «in malam partem», quello di far
rivivere la previgente (e piu' ampia) formulazione dell'art. 346-bis,
c.p., in particolare la formulazione risultante a seguito delle
modifiche apportate dalla legge n. 3/2019.
La Corte costituzionale si e' piu' volte espressa in materia
(cfr. sentenze 32 del 2014, n. 37 e 40 del 2019, n. 8 del 2022)
precisando che il divieto di sindacato costituzionale di norme che
comportano una abolitio criminis con effetto in malam partem, ammette
delle eccezioni, una delle quali e' rappresentata dalla
«contrarieta'» della norma a specifici obblighi sovranazionali
rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo comma Cost.
Si riporta in particolare il passaggio della sentenza n. 37 del
2019, per cui: «In linea di principio, sono inammissibili le
questioni di legittimita' costituzionale che concernano disposizioni
abrogative di una previgente incriminazione e che mirino al
ripristino nell'ordinamento della norma incriminatrice abrogata
(cosi', ex plurimis, sentenze n. 330 del 1996 e n. 71 del 1983;
ordinanze n. 413 del 2008, n. 175 del 2001 e n. 355 del 1997), dal
momento che a tale ripristino osta, di regola, il principio
consacrato nell'art. 25, secondo comma, Cost., che riserva al solo
legislatore la definizione dell'area di cio' che e' penalmente
rilevante. Principio, quest'ultimo, che determina in via generale
l'inammissibilita' di questioni volte a creare nuove norme penali, a
estenderne l'ambito applicativo a casi non previsti (o non piu'
previsti) dal legislatore (ex multis, sentenze n. 161 del 2004 e n.
49 del 2002; ordinanze n. 65 del 2008 e n. 164 del 2007), ovvero ad
aggravare le conseguenze sanzionatorie o la complessiva disciplina
del reato (ex multis, ordinanze n. 285 del 2012, n. 204 del 2009, n.
66 del 2009 e n. 5 del 2009).
Come ribadito anche di recente da questa Corte (sentenze n. 236
del 2018 e n. 143 del 2018), peraltro tali principi non sono senza
eccezioni.
Anzitutto, puo' venire in considerazione la necessita' di evitare
la creazione di «zone franche» immuni dal controllo di legittimita'
costituzionale, laddove il legislatore introduca, in violazione del
principio di eguaglianza, norme penali di favore, che sottraggano
irragionevolmente un determinato sottoinsieme di condotte alla regola
della generale rilevanza penale di una piu' ampia classe di condotte,
stabilita da una disposizione incriminatrice vigente, ovvero
prevedano per detto sottoinsieme - altrettanto irragionevolmente - un
tra/lamento sanzionatorio piu' favorevole (sentenza n. 394 del 2006).
Un controllo di legittimita' con potenziali effetti in malam
partem deve altresi' ritenersi ammissibile quando a essere censurato
e' lo scorretto esercizio del potere legislativo: da parte dei
Consigli regionali, ai quali non spetta neutralizzare le scelte di
criminalizzazione compiute dal legislatore nazionale (sentenza n. 46
del 2014, e ulteriori precedenti ivi citati): da parte del Governo,
che abbia abrogato mediante decreto legislativo una disposizione
penale, senza a cio' essere autorizzato dalla legge delega (sentenza
n. 5 del 2014): ovvero anche da parte dello stesso Parlamento, che
non abbia rispettato i principi stabiliti dalla Costituzione in
materia di conversione dei decreti-legge (sentenza n. 32 del 2014).
In tali ipotesi, qualora la disposizione dichiarata incostituzionale
sia una disposizione che semplicemente abrogava una norma
incriminatrice preesistente (come nel caso deciso dalla sentenza n. 5
del 2014), la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della
prima non potra' che comportare il ripristino della seconda, in
effetti mai (validamente) abrogata.
Un effetto peggiorativo della disciplina sanzionatoria in materia
penale conseguente alla pronuncia di illegittimita' costituzionale e'
stato, altresi', ritenuto ammissibile allorche' esso si configuri
come «mera conseguenza indiretta della reductio ad legitimitatem di
una norma processuale». derivante «dal'eliminazione di una previsione
a carattere derogatorio di una disciplina generale» (sentenza n. 236
del 2018).
Un controllo di legittimita' costituzionale con potenziali
effetti in malam partem puo', infine, risultare ammissibile ove si
assuma la contrarieta' della disposizione censurata a obblighi
sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo
comma, Cost. (sentenza n. 28 del 2010, nonche' sentenza n. 32 del
2014, ove l'effetto di ripristino della vigenza delle disposizioni
penali illegittmamente sostituite in sede di conversione di un
decreto-legge, con effetti in parte peggiorativi rispetto alla
disciplina dichiarata illegittima, fu motivato anche con riferimento
alla necessita' di non lasciare impunite «alcune tipologie di
condotte per le quali sussiste un obbligo sovranazionale di
penalizzazione. Il che determinerebbe una violazione del diritto
dell'Unione europea, che l'Italia e' tenuta a rispettare in virtu'
degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost.»).
Con riferimento alla ipotesi di successione di leggi penali nel
tempo, questo Giudice non puo' non considerare quanto statuito dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 2022, che, in materia
analoga, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 1, del decreto-legge n. 76/2020,
convertito nella legge 11 settembre 2020, n. 120 (che aveva
comportato una parziale abrogazione del reato di abuso di ufficio),
sollevata con riferimento agli articoli 3 e 97 Costituzione. In quel
caso la Corte costituzionale ha escluso la possibilita' di pronunce
di illegittimita' costituzionale di norme (parzialmente) abrogative
di norme penali, con conseguente reviviscenza della norma previgente
piu' severa, e dunque con effetti in malam partem.
Si ritiene che la questione sollevata dal pubblico ministero nel
presente procedimento penale (che pure riguarda una ipotesi di
successione di leggi penali nel tempo, in particolare di abolitio
criminis parziale) sia pero' diversa da quella affrontata nella
sentenza Corte Cost. n. 8/2022 con riguardo all'abuso di ufficio. In
quel caso i parametri di riferimento del giudizio di
costituzionalita' erano costituiti esclusivamente dagli articoli 3 e
97 Cost., mentre nel presente procedimento il parametro di
riferimento e' l'art. 117 Cost. ed in particolare la violazione
dell'obbligo internazionale di incriminazione del traffico di
influenze, la cui portata deve ritenersi cogente per il legislatore.
In particolare, come verra' di seguito precisato, nel caso di
specie si ritiene che l'art. 12 della Convenzione di Strasburgo,
ratificata con legge n. 110/2012, abbia portata cogente per il nostro
ordinamento, delineando un vero e proprio obbligo di incriminazione,
con la conseguenza che il mancato rispetto di tale obbligo si pone in
contrasto con gli obblighi internazionali ai quali la nostra
legislazione e' tenuta ad uniformarsi.
La questione di legittimita' costituzionale deve ritenersi
pertanto ammissibile.
Non manifesta infondatezza della questione.
II delitto di «traffico di influenze» (art. 346-bis, c.p.) e'
stato introdotto nel codice penale con la legge n. 190/2012.
La legge n. 3/2019, in attuazione dell'obbligo internazionale
derivante dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ha
operato una riformulazione della struttura della fattispecie
ampliando l'area di applicabilita' della norma: dall'ampliamento
della clausola di riserva alla natura della utilita' erogata o
promessa, all'inserimento, tra le categorie di soggetti pubblici
oggetto di traffico, dei pubblici agenti indicati nell'art. 322-bis,
codice penale. Sul versante sanzionatorio, sono stati elevati i
limiti edittali della pena, si e' prevista la sanzione accessoria
dell'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione, si
e' inserito il reato nel catalogo di quelli che generano la
responsabilita' degli enti. In particolare, a seguito delle modifiche
di cui alla legge n. 3/2019, era punita con la reclusione da un anno
a quattro anni e sei mesi la condotta di colui che, fuori dei casi di
concorso in corruzione propria e impropria, «sfruttando o vantando
relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o incaricato
di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art.
322-bis, c.p., indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri,
denaro o altra utilita', come prezzo della propria mediazione
illecita verso un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico
servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p.,
ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni
o dei suoi poteri (...) la stessa pena si applica a chi da' o
promette denaro o altra utilita'».
L'art. l, lettera e), della legge n. 114/2024 ha ridotto in
misura consistente il possibile perimetro applicativo della
fattispecie. La nuova fattispecie punisce con la reclusione da un
anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi chiunque, fuori dei casi di
concorso in corruzione propria e impropria, «utilizzando
intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico
ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o uno degli altri
soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p., indebitamente fa dare o
promettere a se' o ad altri, denaro o altra utilita' economica, per
remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio
o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p., in
relazione all'esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare
un'altra mediazione illecita (...) per altra mediazione illecita si
intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o
l'incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di cui all'art
322-bis, c.p. a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio
costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. La
stessa pena si applica a chi indebitamente da' o promette denaro o
altra utilita' economica».
In primo luogo, il profilo della mediazione illecita deve
consistere nell'utilizzazione intenzionale di relazioni esistenti con
l'agente pubblico, con esclusione di quelle vantate, e devono essere
relazioni esistenti, non meramente asserite. Sotto ulteriore profilo,
l'utilita' e' limitata ai casi di denaro o altra utilita' economica.
Sotto altro angolo di visuale, s'individua il profilo di illiceita'
della mediazione onerosa nella circostanza che essa sia finalizzata
alla commissione di un reato da parte dell'agente pubblico, dal quale
possa derivare un vantaggio indebito.
La contestuale abrogazione dell'abuso di ufficio ad opera della
stessa legge n. 114/24 ha reso, di fatto, la norma di cui all'art.
346-bis (nell'ipotesi di mediazione onerosa) di difficile, se non
impossibile, applicazione. Ed infatti, uno dei reati piu'
frequentemente obiettivo della mediazione onerosa era proprio l'abuso
d'ufficio, oggi abrogato dalla medesima legge.
Le fonti di rango internazionale rilevanti ai fini della
punibilita' del traffico d'influenze sono essenzialmente due: la
Convenzione ONU contro la corruzione, adottata dall'Assemblea
generale il 31 ottobre 2003, aperta alla firma a Merida dal 9 all'11
dicembre dello stesso anno, entrata in vigore a livello
internazionale il 14 dicembre 2005 e ratificata dall'Italia con la
legge 3 agosto 2009, n. 116; la Convenzione penale sulla corruzione
del Consiglio d'Europa, siglata a Strasburgo il 27 gennaio 1999 ed
entrata in vigore il 1° luglio 2002, ratificata dall'Italia con la
legge 28 giugno 2012, n. 110.
Se con riguardo alla convenzione ONU, il testo di essa si limita
a impiegare rispetto al reato di traffico di influenze e altre
fattispecie la formula shall consider adopting, anziche' shall
adopts, la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio
d'Europa, all'art. 12, con riguardo al traffico di influenze, ha
posto per gli stati aderenti, un vero e proprio obbligo di
incriminazione, e non una «raccomandazione», ovvero un «obbligo a
prendere in considerazione».
Cio' e' desumibile dal tenore testuale della norma, che, sul
punto, usa le parole: "shal adopt ... as criminal offences», nel
testo inglese; «adotta i provvedimenti legislativi ... necessari per
configurare in quanto reato ...», nel testo in italiano, approvato
con la legge 110 del 2012.
Inoltre la convenzione di Strasburgo individua un contenuto
minimo di condotte che devono essere necessariamente oggetto
d'incriminazione.
Come gia' si e' avuto modo di osservare, ai sensi dell'art. 12
«Ciascuna parte adotta i provvedimenti legislativi e di altro tipo
che si rivelano necessari per configurare in quanto reato in
conformita' al proprio diritto interno quando l'atto e' stato
commesso intenzionalmente, il fatto di proporre, offrire o dare,
direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio a titolo
di rimunerazione, a chiunque dichiari o confermi di essere in grado
di esercitare un'influenza sulle decisioni delle persone indicate
agli articoli 2, 4 a 6 e 9 ad 11 (pubblici funzionari), a prescindere
che l'indebito vantaggio sia per se stesso o per altra persona, come
pure il fatto di sollecitare, di ricevere, o di accettarne l'offerta
o la promessa di rimunerazione per tale influenza, a prescindere che
quest'ultima sia o meno esercitata o che produca o meno il risultato
auspicato».
In particolare, la Convenzione di Strasburgo, contrariamente alla
normativa introdotta con legge n. 114/2024, da' rilievo allo
sfruttamento, da parte del mediatore, di relazioni non solo esistenti
ma anche asserite/millantate, e da' rilievo, quale contropartita
della condotta illecita, a qualsiasi vantaggio indebito e non solo a
utilita' economiche.
Da ultimo, si ritiene che la predetta Convenzione non abbia
limitato il concetto di mediazione illecita a quella diretta a far
commettere al funzionario pubblico un atto contrario ai doveri
d'ufficio costituente reato. Profilo, questo, che rileva in questa
sede, con riguardo al caso concreto.
Contrariamente a quanto sostenuto dalle difese (v. in particolare
la memoria difensiva depositata negli interessi di T. e V. e la
memoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, costituita parte
civile per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato) il contenuto
precettivo dell'art. 12 della Convenzione di Strasburgo, nel
delineare in maniera dettagliata le condotte che devono essere
previste come reato dagli stati membri (quale «contenuto minimo»),
non si pone in contrasto con l'art. 25, comma 2 Cost. e con il
principio di tassativita' e determinatezza della norma incriminatrice
ovvero con altri principi fondamentali della Carta Costituzionale;
pertanto la norma pattizia internazionale appare conforme a
Costituzione e ben puo' essere considerata come parametro di
valutazione delle leggi ordinarie interne.
Inoltre, quanto al rilievo per cui, a differenza di altre
fattispecie di reato delineate nella Convenzione di Strasburgo, quale
la corruzione attiva (art. 2) e passiva (art. 3), il cd «traffico di
influenze» non avrebbe analoga portata cogente in virtu' della
possibilita' di formulare sul punto «riserve» da parte degli Stati
aderenti (art. 37 della Convenzione), si ritiene che il dispositivo
pattizio sia divenuto vincolante per lo Stato Italiano, che, all'atto
dell'approvazione della legge n. 3/2019 aveva deciso di non
confermare ulteriormente le riserve apposte al momento del deposito
della ratifica.
In conclusione, si ritiene che violino la Convenzione di
Strasburgo non solo l'omessa incriminazione del traffico d'influenze,
ma anche ogni forma di incriminazione che colpisca con la sanzione
penale un novero di condotte assai piu' limitate rispetto al
«contenuto minimo» previsto dall'art. 12.
Ebbene, si ritiene che l'attuale formulazione dell'art. 346-bis,
c.p., come introdotto con la legge n. 114/2024, non prevede
l'incriminazione di quel nucleo minimo di condotte individuate
dall'art. 12 della Convenzione di Strasburgo, sopra richiamate ed
oggetto di specifici obblighi convenzionali di criminalizzazione.
La nuova formulazione del traffico di influenze richiede che la
«mediazione illecita» sia solo quella finalizzata ad indurre il
pubblico ufficiale «a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio
costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito». La
contestuale abolizione del reato di abuso di ufficio - reato che il
piu' delle volte, come nel caso di specie, rappresenta la finalita'
della mediazione illecita - ha di fatto reso inapplicabile l'art.
346-bis, c.p.
Pertanto l'art. 1, comma 1, lettera e), legge n. 114/2024 deve
ritenersi illegittimo. per quanto rileva nel caso di specie, nella
parte in cui, nel richiedere che la mediazione illecita sia solo
quella finalizzata alla commissione di un atto contrario ai doveri di
ufficio costituente reato, non prevede, tra le possibili finalita'
della condotta, i fatti rientranti della ormai abrogata ipotesi di
abuso di ufficio.
Con riferimento ai parametri della questione di legittimita'
costituzionale, la disposizione della Costituzione che si ritiene
violata nel caso di specie e' l'art. 117 Cost., per cui: «la potesta'
legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto
della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali»; dunque, gli organi
legislativi dell'ordinamento sono vincolati e devono tenere conto
degli obblighi internazionali, tra i quali rientrano anche quelli di
incriminazione.
La lettera della norma costituzionale, oltre a sancire una
preminenza della Carta fondamentale sulla legislazione ordinaria,
consacra anche il primato degli obblighi internazionali, inclusi
quelli di natura europea.
Pertanto una legge ordinaria che non rispetti i vincoli derivanti
da un trattato internazionale, si pone in contrasto con l'art. 117
Cost.
Per tutto quanto sopra esposto, si ritiene che dell'art. 1, comma
1, lettera e), della legge n. 114/2024, che ha modificato l'art.
346-bis, c.p. sia costituzionalmente illegittimo per violazione
dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 12 della
Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n.
110/2012.
In conclusione, ritenuta la questione rilevante e non
manifestamente infondata, deve ordinarsi la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso e la
conseguente sospensione della prescrizione nei confronti di tutti gli
imputati con riguardo a tutti i capi di imputazione essendo
strettamente connessi al reato contestato al capo A e quindi non
definibili separatamente.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1, legge
costituzionale n. 1/48 e 23 e seguenti della legge n. 87/1953;
Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata;
Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 1, lettera e), della legge n. 114/2024 che ha modificato l'art.
346-bis del codice penale per violazione degli articoli 11 e 117
della Costituzione, in relazione all'art. 12 della Convenzione di
Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n. 110/2012.
Sospende il giudizio in corso nei confronti di T. A. V., G. D.,
S. S. A. J. E., K. G. F. S., G. D. R., S., P., M., G., C. Z., S. C.
D. A., F. A. e V. N., in relazione a tutte le imputazioni essendo
tutte strettamente connesse al reato di cui al capo A e quindi non
definibili separatamente ed i relativi termini di prescrizione, fino
alla definizione del giudizio incidentale di legittimita'
costituzionale, con restituzione degli atti al giudice procedente.
Dispone la trasmissione immediata degli atti alla Corte
costituzionale.
Manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Roma, 31 gennaio 2025
Il Giudice: Tarantino
Oggetto:
Reati e pene – Modifiche al codice penale – Riformulazione della fattispecie di reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. (Traffico di influenze illecite) – Definizione di “mediazione illecita” – Previsione che per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis cod. pen. a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito – Denunciata riduzione del perimetro applicativo della fattispecie con abolitio criminis parziale, a fronte della previsione che la mediazione illecita sia solo quella finalizzata alla commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato – Mancata previsione, tra le possibili finalità della condotta, dei fatti rientranti nell’abrogata ipotesi di abuso di ufficio ad opera della legge n. 114 del 2024 - Inosservanza dell’obbligo di incriminazione del “contenuto minimo” di condotte di cui all’art. 12 della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo.
Norme impugnate:
legge del 09/08/2024 Num. 114 Art. 1 Co. 1
codice penale del Num. Art. 346
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione di Strasburgo Art. 12 Co.
Udienza Pubblica del 7 ottobre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 47 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2025 Ordinanza del 31 gennaio 2025 del Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di A. T. e altri. Reati e pene - Modifiche al codice penale - Riformulazione della fattispecie di reato di cui all'art. 346-bis cod. pen. (Traffico di influenze illecite) - Definizione di "mediazione illecita" - Previsione che per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis cod. pen. a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito - Denunciata riduzione del perimetro applicativo della fattispecie - Mancata previsione, tra le possibili finalita' della condotta, dei fatti rientranti nell'abrogata ipotesi di abuso di ufficio. - Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera e). (GU n. 13 del 26-03-2025) TRIBUNALE DI ROMA sezione GIP-GUP - ufficio 35 Il Giudice per l'udienza preliminare, dott.ssa Ilaria Tarantino, nel procedimento penale nei confronti di T. A. V., G. D., S. S. A. J. E., K. G. F. S., G. D. R., S., P., M., G., C. Z., S. C. D. A., F. A. e V. N. in atti generalizzati; Osserva e rileva Il pubblico ministero esercitava l'azione penale nei confronti degli odierni imputati con richiesta di rinvio a giudizio in ordine ai reati di cui all'art. 346-bis, c.p. (capo A), 648-ter, c.p. (capo B), 648-bis c.p. (capo C), 356, comma 2, c.p. (capo D), 48-110 e 479, comma 2, c.p. (capo E), 323, c.p. (capo F), nonche' per gli illeciti amministrativi di cui agli articoli 5 e 25, decreto legislativo n. 231/2001, in relazione al «reato-presupposto» di cui all'art. 346-bis, c.p. (capi G, H, I, L). Veniva fissata udienza preliminare, nel corso della quale, ammessa la costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei ministri per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, l'imputato A. D. (imputato del solo reato di cui all'art. 323, c.p. contestato al capo F), chiedeva il rito abbreviato. L'imputato C. Z. (in ordine ai capi A, D ed E) formulava richiesta di applicazione pena ex art. 444, c.p.p., alla quale il pubblico ministero prestava il consenso. Tutti gli altri imputati optavano per il rito ordinario. I procedimenti, trattati congiuntamente, subivano una serie di rinvii. All'udienza del 2 dicembre 2024 il pubblico ministero sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera e), della legge 9 agosto 2024, n. 114, di modifica dell'art. 346-bis, c.p., per contrasto con l'art. 117, c.p. in relazione all'art. 12 della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n. 110/2012. Il Giudice invitava le parti a concludere anche nel merito, riservandosi di vagliare la questione di legittimita' costituzionale nella Camera di consiglio fissata per la decisione. All'odierna udienza del 31 gennaio 2025 il Giudice definiva con sentenza il procedimento con rito abbreviato nei confronti di A. D.; nei confronti di tutti gli altri imputati del reato di cui all'art. 346-bis, c.p. e reati ad esso connessi, il Giudice sospendeva il processo con la presente ordinanza, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale. Ritiene questo Giudice che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal pubblico ministero sia rilevante per il presente giudizio e non manifestamente infondata. Il pubblico ministero dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera e), della legge 9 agosto 2024, n. 114, di modifica dell'art. 346-bis, c.p., per contrasto con l'art. 117, c.p. in relazione all'art. 12 della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n. 110/2012. La legge 114 del 2024, che ha, da un lato, abrogato il delitto di abuso di ufficio e dall'altro riformulato il reato di «traffico di influenze», restringendo sensibilmente l'area del penalmente rilevante con abolitio criminis parziale, si porrebbe in contrasto con dei precisi obblighi internazionali di incriminazione che l'Italia ha assunto con la ratifica, avvenuta con legge 28 giugno 2012 n. 110, della Convenzione penale sulla corruzione siglata a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e segnatamente, con l'art. 12 della predetta Convenzione. In particolare, secondo l'art. 12 della Convenzione sulla corruzione: «Ciascuna parie adotta i provvedimenti legislativi e di altro tipo che si rivelano necessari per configurare in quanto reato in conformita' al proprio diritto interno quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, il fatto di proporre, offrire o dare, direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio a titolo di rimunerazione, a chiunque dichiari o confermi di essere in grado di esercitare un'influenza sulle decisioni delle persone indicate agli articoli 2, 4 a 6 e 9 ad 11 (pubblici funzionari), a prescindere che l'indebito vantaggio sia per se stesso o per altra persona, come pure il fatto di sollecitare, di ricevere, o di accettarne l'offerta o la promessa di rimunerazione per tale influenza, a prescindere che quest'ultima sia o meno esercitala o che produca o meno il risultato auspicato». La nuova formulazione dell'art. 346-bis, c.p., per quel che rileva in tale sede, nel richiedere che la «mediazione illecita» sia solamente quella finalizzata ad indurre il pubblico ufficiale «a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato», con la contestuale abrogazione del reato di abuso di ufficio, avrebbe comportato la sopravvenuta irrilevanza penale dei fatti contestati al capo A. Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. In punto di rilevanza della questione, va osservato che nel presente giudizio a quo, questo Giudice per l'udienza preliminare e' chiamato a valutare la richiesta di rinvio a giudizio degli odierni imputati in ordine al reato di cui all'art. 346-bis, c.p. e, con riguardo all'imputato C. Z., la richiesta di applicazione pena ex art. 444, c.p.p. Appare opportuno riportare per esteso il capo di imputazione A, cosi' come modificato dal pubblico ministero all'udienza del 14 novembre 2024 (le modifiche sono evidenziate in neretto): «B. M., G. D. R., K. G. F. S., T. A. V., V. N., S. S. A. J. E., C. Z. G. D. reato p. e p. dagli articoli 61-bis, 110, 112, n. 1, 346-bis, codice penale perche' il B. sfruttava (in concorso con G. D. e K. G. F., con i quali pianificava la propria condotta) le proprie relazioni personali ed occulte con A., Commissario per l'emergenza sanitaria nazionale, al fine di indurre il pubblico ufficiale a compiere atti contrari ai doveri di ufficio costituenti reato di abuso di ufficio meglio specificato al capo F della rubrica, ottenendo che quest'ultimo assicurasse ai partner del B. di seguito indicati quali concorrenti nel reato, una esclusiva in via di fatto nell'intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuale, in violazione dei doveri di imparzialita' e buon andamento della P. A., richiamati anche dall'art. 122 del decreto-legge n. 18/2020 e in violazione delle norme del regio decreto n.2240/23 che impongono la forma scritta, nonostante le anomalie documentali: accreditava, cosi', presso il Commissario A. T. V. A. in proprio ed in qualita' di amministratore della «S.»), al quale l'A. garantiva la possibilita' di selezionare le societa' cinesi (W. L. W. M. e L.), alle quali il Commissario per l'emergenza sanitaria commissionava la fornitura di n. 801.617.647 mascherine protettive, per il complessivo importo di euro 1.251.499.999,80; la possibilita' di mantenere rapporti tra Governo e societa' cinesi per la logistica, il trasporto e la soluzione delle anomalie documentali, cosi come descritte nel capo E) che segue, senza alcun incarico formale/contratto scritto, cosi da potere incassare provvigioni, a valere sui prezzi pagati dal Governo, senza alcun controllo pubblico; ottenendo il B. dal T. quale prezzo per tale illecita mediazione, il trasferimento a proprio favore di euro ...; che il T. dava disposizione alle societa' cinesi di bonificare per euro ... sul c/c intestato a M. (legale rappresentante G. D.) e per euro ... c/c n. ... intestato alla P. (legale rappresentante K. G. F.); ottenendo, altresi', il B. ulteriori euro ... che il T. bonificava, su disposizione del primo, su conto corrente ... intestato a A. D. avendo agito il T. in unione e concorso con V. N., co-gestore della «S.» e compartecipe in tutte le azioni del T. G. D. partner del T. con incarico di individuare in Cina i produttori cinesi (schermati dalle W. e L.); della logistica; del reperimento dei documenti con il quali risolvere le suddette anomalie; Z. C., rappresentante in Italia delle W. e L., con il quale il T. pattuiva i compensi, dai quali e' stato tratto il pagamento erogato al B. S. S. A. J. E. mediatore che presentava al T. C. Z. per consentire il buon fine dell'intermediazione del B. con il Commissario A. Essendo derivata dalla commissione del reato la corresponsione dei seguenti profitti a beneficio di: T. euro ... transitali sui conti societari della «S.» numeri ...n. e accesi rispettivamente presso ... e ...; S. J. euro ... transitati su conti societari della «G.» numeri ... e ... accesi rispettivamente presso ... e ... G. euro ... accreditati su conto estero ... di ... Con l'aggravante del numero delle persone concorrenti nel reato. Con l'ulteriore l'aggravante del reato transnazionale, trattandosi di reato per la commissione del quale ha dato il suo contributo un gruppo organizzato, impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato. In ... ed in ... (art. 6, comma 2, c.p.) In ..., nelle seguenti date: per i pagamenti alla M. dal ... al ...; per i pagamenti alla P. dal ... al .... Secondo l'ipotesi accusatoria, D. B. sfruttando relazioni esistenti con il Commissario straordinario, D. A., si faceva promettere e consegnare oltre ... di euro dall'imprenditore A. V. T., che agiva d'intesa con N. V. D. G. e Z. C., per remunerare la sua mediazione sul commissario Straordinario affinche' quest'ultimo affidasse al gruppo T. una posizione privilegiata nelle forniture dalla Cina di mascherine protettive, senza alcun rischio economico e giuridico per l'imprenditore non essendo stato perfezionato alcun contratto tra il T. e la struttura pubblica. Cio', sempre secondo l'ipotesi accusatoria, in aperta violazione dei doveri di imparzialita' richiamati espressamente dall'art. 122 del decreto-legge n. 18/20 (cd. decreto cura Italia) e delle norme sulla forma scritta ad substantiam dei contratti della pubblica amministrazione. La condotta contestata agli imputati al capo A, cosi' come descritta dal pubblico ministero anche a seguito della modifica del capo di imputazione, consiste quindi in una cd. «mediazione onerosa», teleologicamente orientata alla commissione di fatti che, nella legislazione all'epoca vigente, costituivano ipotesi di abuso di ufficio (art. 323, c.p.) a vantaggio indebito di privati. Fattispecie di reato che, come noto, e' stata abrogata dalla stessa legge n. 114/2024, unitamente alla riformulazione dell'art. 346-bis, c.p. Appare dunque evidente che, a seguito dell'abrogazione del reato di cui all'art. 323, codice penale e con la riduzione del perimetro applicativo dell'art. 346-bis, c.p., in assenza di una declaratoria di incostituzionalita' della modifica dell'art 346-bis, c.p., il fatto ascritto al capo A - con riguardo al quale, peraltro, e' stato altresi' disposto il sequestro preventivo del profitto e del prezzo - sarebbe ad oggi privo di rilevanza penale. La condotta degli imputati non e' del resto inquadrabile in altre fattispecie di reato; ne' appare possibile aderire alla richiesta formulata dalla parte civile, che ha richiesto a questo Giudice di invitare il pubblico ministero ad operare la modifica del reato di cui al capo F (abuso di ufficio cui sarebbe finalizzata la condotta di traffico di influenze contestata al capo A), ai sensi dell'art. 314, c.p. (peculato) o, in subordine, 314-bis, c.p. (indebita destinazione di denaro o cose mobili), non sussistendo nel caso di specie gli estremi oggettivi e soggettivi di tali reati. Per tali ragioni, la questione deve ritenersi rilevante nel presente processo, non potendo il giudizio essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. Ammissibilita' della questione. In punto di ammissibilita' della questione, va osservato quanto segue. L'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera e), legge n. 114/2024, che ha integralmente riformulato l'art. 346-bis, c.p. con parziale abolitio criminis, avrebbe quale effetto, «in malam partem», quello di far rivivere la previgente (e piu' ampia) formulazione dell'art. 346-bis, c.p., in particolare la formulazione risultante a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 3/2019. La Corte costituzionale si e' piu' volte espressa in materia (cfr. sentenze 32 del 2014, n. 37 e 40 del 2019, n. 8 del 2022) precisando che il divieto di sindacato costituzionale di norme che comportano una abolitio criminis con effetto in malam partem, ammette delle eccezioni, una delle quali e' rappresentata dalla «contrarieta'» della norma a specifici obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo comma Cost. Si riporta in particolare il passaggio della sentenza n. 37 del 2019, per cui: «In linea di principio, sono inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale che concernano disposizioni abrogative di una previgente incriminazione e che mirino al ripristino nell'ordinamento della norma incriminatrice abrogata (cosi', ex plurimis, sentenze n. 330 del 1996 e n. 71 del 1983; ordinanze n. 413 del 2008, n. 175 del 2001 e n. 355 del 1997), dal momento che a tale ripristino osta, di regola, il principio consacrato nell'art. 25, secondo comma, Cost., che riserva al solo legislatore la definizione dell'area di cio' che e' penalmente rilevante. Principio, quest'ultimo, che determina in via generale l'inammissibilita' di questioni volte a creare nuove norme penali, a estenderne l'ambito applicativo a casi non previsti (o non piu' previsti) dal legislatore (ex multis, sentenze n. 161 del 2004 e n. 49 del 2002; ordinanze n. 65 del 2008 e n. 164 del 2007), ovvero ad aggravare le conseguenze sanzionatorie o la complessiva disciplina del reato (ex multis, ordinanze n. 285 del 2012, n. 204 del 2009, n. 66 del 2009 e n. 5 del 2009). Come ribadito anche di recente da questa Corte (sentenze n. 236 del 2018 e n. 143 del 2018), peraltro tali principi non sono senza eccezioni. Anzitutto, puo' venire in considerazione la necessita' di evitare la creazione di «zone franche» immuni dal controllo di legittimita' costituzionale, laddove il legislatore introduca, in violazione del principio di eguaglianza, norme penali di favore, che sottraggano irragionevolmente un determinato sottoinsieme di condotte alla regola della generale rilevanza penale di una piu' ampia classe di condotte, stabilita da una disposizione incriminatrice vigente, ovvero prevedano per detto sottoinsieme - altrettanto irragionevolmente - un tra/lamento sanzionatorio piu' favorevole (sentenza n. 394 del 2006). Un controllo di legittimita' con potenziali effetti in malam partem deve altresi' ritenersi ammissibile quando a essere censurato e' lo scorretto esercizio del potere legislativo: da parte dei Consigli regionali, ai quali non spetta neutralizzare le scelte di criminalizzazione compiute dal legislatore nazionale (sentenza n. 46 del 2014, e ulteriori precedenti ivi citati): da parte del Governo, che abbia abrogato mediante decreto legislativo una disposizione penale, senza a cio' essere autorizzato dalla legge delega (sentenza n. 5 del 2014): ovvero anche da parte dello stesso Parlamento, che non abbia rispettato i principi stabiliti dalla Costituzione in materia di conversione dei decreti-legge (sentenza n. 32 del 2014). In tali ipotesi, qualora la disposizione dichiarata incostituzionale sia una disposizione che semplicemente abrogava una norma incriminatrice preesistente (come nel caso deciso dalla sentenza n. 5 del 2014), la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della prima non potra' che comportare il ripristino della seconda, in effetti mai (validamente) abrogata. Un effetto peggiorativo della disciplina sanzionatoria in materia penale conseguente alla pronuncia di illegittimita' costituzionale e' stato, altresi', ritenuto ammissibile allorche' esso si configuri come «mera conseguenza indiretta della reductio ad legitimitatem di una norma processuale». derivante «dal'eliminazione di una previsione a carattere derogatorio di una disciplina generale» (sentenza n. 236 del 2018). Un controllo di legittimita' costituzionale con potenziali effetti in malam partem puo', infine, risultare ammissibile ove si assuma la contrarieta' della disposizione censurata a obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo comma, Cost. (sentenza n. 28 del 2010, nonche' sentenza n. 32 del 2014, ove l'effetto di ripristino della vigenza delle disposizioni penali illegittmamente sostituite in sede di conversione di un decreto-legge, con effetti in parte peggiorativi rispetto alla disciplina dichiarata illegittima, fu motivato anche con riferimento alla necessita' di non lasciare impunite «alcune tipologie di condotte per le quali sussiste un obbligo sovranazionale di penalizzazione. Il che determinerebbe una violazione del diritto dell'Unione europea, che l'Italia e' tenuta a rispettare in virtu' degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost.»). Con riferimento alla ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, questo Giudice non puo' non considerare quanto statuito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 2022, che, in materia analoga, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1, del decreto-legge n. 76/2020, convertito nella legge 11 settembre 2020, n. 120 (che aveva comportato una parziale abrogazione del reato di abuso di ufficio), sollevata con riferimento agli articoli 3 e 97 Costituzione. In quel caso la Corte costituzionale ha escluso la possibilita' di pronunce di illegittimita' costituzionale di norme (parzialmente) abrogative di norme penali, con conseguente reviviscenza della norma previgente piu' severa, e dunque con effetti in malam partem. Si ritiene che la questione sollevata dal pubblico ministero nel presente procedimento penale (che pure riguarda una ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, in particolare di abolitio criminis parziale) sia pero' diversa da quella affrontata nella sentenza Corte Cost. n. 8/2022 con riguardo all'abuso di ufficio. In quel caso i parametri di riferimento del giudizio di costituzionalita' erano costituiti esclusivamente dagli articoli 3 e 97 Cost., mentre nel presente procedimento il parametro di riferimento e' l'art. 117 Cost. ed in particolare la violazione dell'obbligo internazionale di incriminazione del traffico di influenze, la cui portata deve ritenersi cogente per il legislatore. In particolare, come verra' di seguito precisato, nel caso di specie si ritiene che l'art. 12 della Convenzione di Strasburgo, ratificata con legge n. 110/2012, abbia portata cogente per il nostro ordinamento, delineando un vero e proprio obbligo di incriminazione, con la conseguenza che il mancato rispetto di tale obbligo si pone in contrasto con gli obblighi internazionali ai quali la nostra legislazione e' tenuta ad uniformarsi. La questione di legittimita' costituzionale deve ritenersi pertanto ammissibile. Non manifesta infondatezza della questione. II delitto di «traffico di influenze» (art. 346-bis, c.p.) e' stato introdotto nel codice penale con la legge n. 190/2012. La legge n. 3/2019, in attuazione dell'obbligo internazionale derivante dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ha operato una riformulazione della struttura della fattispecie ampliando l'area di applicabilita' della norma: dall'ampliamento della clausola di riserva alla natura della utilita' erogata o promessa, all'inserimento, tra le categorie di soggetti pubblici oggetto di traffico, dei pubblici agenti indicati nell'art. 322-bis, codice penale. Sul versante sanzionatorio, sono stati elevati i limiti edittali della pena, si e' prevista la sanzione accessoria dell'incapacita' di contrattare con la pubblica amministrazione, si e' inserito il reato nel catalogo di quelli che generano la responsabilita' degli enti. In particolare, a seguito delle modifiche di cui alla legge n. 3/2019, era punita con la reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi la condotta di colui che, fuori dei casi di concorso in corruzione propria e impropria, «sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p., indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad altri, denaro o altra utilita', come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p., ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri (...) la stessa pena si applica a chi da' o promette denaro o altra utilita'». L'art. l, lettera e), della legge n. 114/2024 ha ridotto in misura consistente il possibile perimetro applicativo della fattispecie. La nuova fattispecie punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi chiunque, fuori dei casi di concorso in corruzione propria e impropria, «utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p., indebitamente fa dare o promettere a se' o ad altri, denaro o altra utilita' economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis, c.p., in relazione all'esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un'altra mediazione illecita (...) per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di cui all'art 322-bis, c.p. a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito. La stessa pena si applica a chi indebitamente da' o promette denaro o altra utilita' economica». In primo luogo, il profilo della mediazione illecita deve consistere nell'utilizzazione intenzionale di relazioni esistenti con l'agente pubblico, con esclusione di quelle vantate, e devono essere relazioni esistenti, non meramente asserite. Sotto ulteriore profilo, l'utilita' e' limitata ai casi di denaro o altra utilita' economica. Sotto altro angolo di visuale, s'individua il profilo di illiceita' della mediazione onerosa nella circostanza che essa sia finalizzata alla commissione di un reato da parte dell'agente pubblico, dal quale possa derivare un vantaggio indebito. La contestuale abrogazione dell'abuso di ufficio ad opera della stessa legge n. 114/24 ha reso, di fatto, la norma di cui all'art. 346-bis (nell'ipotesi di mediazione onerosa) di difficile, se non impossibile, applicazione. Ed infatti, uno dei reati piu' frequentemente obiettivo della mediazione onerosa era proprio l'abuso d'ufficio, oggi abrogato dalla medesima legge. Le fonti di rango internazionale rilevanti ai fini della punibilita' del traffico d'influenze sono essenzialmente due: la Convenzione ONU contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale il 31 ottobre 2003, aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre dello stesso anno, entrata in vigore a livello internazionale il 14 dicembre 2005 e ratificata dall'Italia con la legge 3 agosto 2009, n. 116; la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, siglata a Strasburgo il 27 gennaio 1999 ed entrata in vigore il 1° luglio 2002, ratificata dall'Italia con la legge 28 giugno 2012, n. 110. Se con riguardo alla convenzione ONU, il testo di essa si limita a impiegare rispetto al reato di traffico di influenze e altre fattispecie la formula shall consider adopting, anziche' shall adopts, la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, all'art. 12, con riguardo al traffico di influenze, ha posto per gli stati aderenti, un vero e proprio obbligo di incriminazione, e non una «raccomandazione», ovvero un «obbligo a prendere in considerazione». Cio' e' desumibile dal tenore testuale della norma, che, sul punto, usa le parole: "shal adopt ... as criminal offences», nel testo inglese; «adotta i provvedimenti legislativi ... necessari per configurare in quanto reato ...», nel testo in italiano, approvato con la legge 110 del 2012. Inoltre la convenzione di Strasburgo individua un contenuto minimo di condotte che devono essere necessariamente oggetto d'incriminazione. Come gia' si e' avuto modo di osservare, ai sensi dell'art. 12 «Ciascuna parte adotta i provvedimenti legislativi e di altro tipo che si rivelano necessari per configurare in quanto reato in conformita' al proprio diritto interno quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, il fatto di proporre, offrire o dare, direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio a titolo di rimunerazione, a chiunque dichiari o confermi di essere in grado di esercitare un'influenza sulle decisioni delle persone indicate agli articoli 2, 4 a 6 e 9 ad 11 (pubblici funzionari), a prescindere che l'indebito vantaggio sia per se stesso o per altra persona, come pure il fatto di sollecitare, di ricevere, o di accettarne l'offerta o la promessa di rimunerazione per tale influenza, a prescindere che quest'ultima sia o meno esercitata o che produca o meno il risultato auspicato». In particolare, la Convenzione di Strasburgo, contrariamente alla normativa introdotta con legge n. 114/2024, da' rilievo allo sfruttamento, da parte del mediatore, di relazioni non solo esistenti ma anche asserite/millantate, e da' rilievo, quale contropartita della condotta illecita, a qualsiasi vantaggio indebito e non solo a utilita' economiche. Da ultimo, si ritiene che la predetta Convenzione non abbia limitato il concetto di mediazione illecita a quella diretta a far commettere al funzionario pubblico un atto contrario ai doveri d'ufficio costituente reato. Profilo, questo, che rileva in questa sede, con riguardo al caso concreto. Contrariamente a quanto sostenuto dalle difese (v. in particolare la memoria difensiva depositata negli interessi di T. e V. e la memoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, costituita parte civile per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato) il contenuto precettivo dell'art. 12 della Convenzione di Strasburgo, nel delineare in maniera dettagliata le condotte che devono essere previste come reato dagli stati membri (quale «contenuto minimo»), non si pone in contrasto con l'art. 25, comma 2 Cost. e con il principio di tassativita' e determinatezza della norma incriminatrice ovvero con altri principi fondamentali della Carta Costituzionale; pertanto la norma pattizia internazionale appare conforme a Costituzione e ben puo' essere considerata come parametro di valutazione delle leggi ordinarie interne. Inoltre, quanto al rilievo per cui, a differenza di altre fattispecie di reato delineate nella Convenzione di Strasburgo, quale la corruzione attiva (art. 2) e passiva (art. 3), il cd «traffico di influenze» non avrebbe analoga portata cogente in virtu' della possibilita' di formulare sul punto «riserve» da parte degli Stati aderenti (art. 37 della Convenzione), si ritiene che il dispositivo pattizio sia divenuto vincolante per lo Stato Italiano, che, all'atto dell'approvazione della legge n. 3/2019 aveva deciso di non confermare ulteriormente le riserve apposte al momento del deposito della ratifica. In conclusione, si ritiene che violino la Convenzione di Strasburgo non solo l'omessa incriminazione del traffico d'influenze, ma anche ogni forma di incriminazione che colpisca con la sanzione penale un novero di condotte assai piu' limitate rispetto al «contenuto minimo» previsto dall'art. 12. Ebbene, si ritiene che l'attuale formulazione dell'art. 346-bis, c.p., come introdotto con la legge n. 114/2024, non prevede l'incriminazione di quel nucleo minimo di condotte individuate dall'art. 12 della Convenzione di Strasburgo, sopra richiamate ed oggetto di specifici obblighi convenzionali di criminalizzazione. La nuova formulazione del traffico di influenze richiede che la «mediazione illecita» sia solo quella finalizzata ad indurre il pubblico ufficiale «a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito». La contestuale abolizione del reato di abuso di ufficio - reato che il piu' delle volte, come nel caso di specie, rappresenta la finalita' della mediazione illecita - ha di fatto reso inapplicabile l'art. 346-bis, c.p. Pertanto l'art. 1, comma 1, lettera e), legge n. 114/2024 deve ritenersi illegittimo. per quanto rileva nel caso di specie, nella parte in cui, nel richiedere che la mediazione illecita sia solo quella finalizzata alla commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato, non prevede, tra le possibili finalita' della condotta, i fatti rientranti della ormai abrogata ipotesi di abuso di ufficio. Con riferimento ai parametri della questione di legittimita' costituzionale, la disposizione della Costituzione che si ritiene violata nel caso di specie e' l'art. 117 Cost., per cui: «la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»; dunque, gli organi legislativi dell'ordinamento sono vincolati e devono tenere conto degli obblighi internazionali, tra i quali rientrano anche quelli di incriminazione. La lettera della norma costituzionale, oltre a sancire una preminenza della Carta fondamentale sulla legislazione ordinaria, consacra anche il primato degli obblighi internazionali, inclusi quelli di natura europea. Pertanto una legge ordinaria che non rispetti i vincoli derivanti da un trattato internazionale, si pone in contrasto con l'art. 117 Cost. Per tutto quanto sopra esposto, si ritiene che dell'art. 1, comma 1, lettera e), della legge n. 114/2024, che ha modificato l'art. 346-bis, c.p. sia costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 12 della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n. 110/2012. In conclusione, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, deve ordinarsi la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso e la conseguente sospensione della prescrizione nei confronti di tutti gli imputati con riguardo a tutti i capi di imputazione essendo strettamente connessi al reato contestato al capo A e quindi non definibili separatamente. P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1, legge costituzionale n. 1/48 e 23 e seguenti della legge n. 87/1953; Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera e), della legge n. 114/2024 che ha modificato l'art. 346-bis del codice penale per violazione degli articoli 11 e 117 della Costituzione, in relazione all'art. 12 della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n. 110/2012. Sospende il giudizio in corso nei confronti di T. A. V., G. D., S. S. A. J. E., K. G. F. S., G. D. R., S., P., M., G., C. Z., S. C. D. A., F. A. e V. N., in relazione a tutte le imputazioni essendo tutte strettamente connesse al reato di cui al capo A e quindi non definibili separatamente ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, con restituzione degli atti al giudice procedente. Dispone la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Roma, 31 gennaio 2025 Il Giudice: Tarantino