Reg. ord. n. 47 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/03/2025 n. 13

Ordinanza del Tribunale di Roma  del 31/01/2025

Tra: A.V. T. e altri

Oggetto:

Reati e pene – Modifiche al codice penale – Riformulazione della fattispecie di reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. (Traffico di influenze illecite) – Definizione di “mediazione illecita” – Previsione che per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'art. 322-bis cod. pen. a compiere un atto contrario ai doveri d'ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito – Denunciata riduzione del perimetro applicativo della fattispecie con abolitio criminis parziale, a fronte della previsione che la mediazione illecita sia solo quella finalizzata alla commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio costituente reato – Mancata previsione, tra le possibili finalità della condotta, dei fatti rientranti nell’abrogata ipotesi di abuso di ufficio ad opera della legge n. 114 del 2024 - Inosservanza dell’obbligo di incriminazione del “contenuto minimo” di condotte di cui all’art. 12 della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo.

Norme impugnate:

legge  del 09/08/2024  Num. 114  Art. 1  Co. 1

codice penale  del  Num.  Art. 346



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione di Strasburgo  Art. 12   Co.  



Udienza Pubblica del 7 ottobre 2025 rel. VIGANÒ


Testo dell'ordinanza

                        N. 47 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2025

Ordinanza del 31 gennaio 2025 del Tribunale di Roma nel  procedimento
penale a carico di A. T. e altri. 
 
Reati e pene - Modifiche al  codice  penale  -  Riformulazione  della
  fattispecie di reato di cui all'art. 346-bis cod. pen. (Traffico di
  influenze  illecite)  -  Definizione  di  "mediazione  illecita"  -
  Previsione  che  per  altra  mediazione  illecita  si  intende   la
  mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l'incaricato  di  un
  pubblico servizio o  uno  degli  altri  soggetti  di  cui  all'art.
  322-bis cod. pen. a compiere un atto contrario ai doveri  d'ufficio
  costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito  -
  Denunciata riduzione del perimetro applicativo della fattispecie  -
  Mancata previsione, tra le possibili finalita' della condotta,  dei
  fatti rientranti nell'abrogata ipotesi di abuso di ufficio. 
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al  codice
  di  procedura  penale,  all'ordinamento  giudiziario  e  al  codice
  dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera e). 


(GU n. 13 del 26-03-2025)

 
                          TRIBUNALE DI ROMA 
                    sezione GIP-GUP - ufficio 35 
 
    Il Giudice per l'udienza preliminare, dott.ssa Ilaria  Tarantino,
nel procedimento penale nei confronti di T. A. V., G. D., S. S. A. J.
E., K. G. F. S., G. D. R., S., P., M., G., C. Z., S. C. D. A., F.  A.
e V. N. in atti generalizzati; 
 
                          Osserva e rileva 
 
    Il pubblico ministero esercitava l'azione  penale  nei  confronti
degli odierni imputati con richiesta di rinvio a giudizio  in  ordine
ai reati di cui all'art. 346-bis, c.p. (capo A), 648-ter, c.p.  (capo
B), 648-bis c.p. (capo C), 356, comma 2, c.p. (capo D), 48-110 e 479,
comma 2, c.p. (capo E), 323, c.p. (capo F), nonche' per gli  illeciti
amministrativi di cui agli articoli 5 e 25,  decreto  legislativo  n.
231/2001,  in  relazione  al  «reato-presupposto»  di  cui   all'art.
346-bis, c.p. (capi G, H, I, L). 
    Veniva  fissata  udienza  preliminare,  nel  corso  della  quale,
ammessa  la  costituzione  di  parte  civile  della  Presidenza   del
Consiglio dei  ministri  per  mezzo  dell'Avvocatura  generale  dello
Stato, l'imputato A. D. (imputato del solo reato di cui all'art. 323,
c.p. contestato al capo F), chiedeva il rito  abbreviato.  L'imputato
C. Z.  (in  ordine  ai  capi  A,  D  ed  E)  formulava  richiesta  di
applicazione pena  ex  art.  444,  c.p.p.,  alla  quale  il  pubblico
ministero prestava il consenso. Tutti gli altri imputati optavano per
il rito ordinario. I procedimenti, trattati congiuntamente,  subivano
una serie di rinvii. 
    All'udienza del 2 dicembre 2024 il pubblico  ministero  sollevava
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  1,
lettera e), della legge 9 agosto 2024, n. 114, di modifica  dell'art.
346-bis, c.p., per  contrasto  con  l'art.  117,  c.p.  in  relazione
all'art.  12  della  Convenzione  di  Strasburgo  sulla   corruzione,
ratificata con legge n. 110/2012. 
    Il Giudice invitava le  parti  a  concludere  anche  nel  merito,
riservandosi di vagliare la questione di legittimita'  costituzionale
nella Camera di consiglio fissata per la decisione. 
    All'odierna udienza del 31 gennaio 2025 il Giudice  definiva  con
sentenza il procedimento con rito abbreviato nei confronti di A.  D.;
nei confronti di tutti gli altri imputati del reato di  cui  all'art.
346-bis, c.p. e reati ad esso  connessi,  il  Giudice  sospendeva  il
processo con la presente ordinanza, rimettendo gli  atti  alla  Corte
costituzionale. 
    Ritiene  questo  Giudice  che  la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dal pubblico ministero sia rilevante per  il
presente giudizio e non manifestamente infondata. 
    Il pubblico ministero dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, lettera e), della legge 9 agosto 2024, n.  114,
di modifica dell'art. 346-bis, c.p., per contrasto  con  l'art.  117,
c.p. in relazione all'art. 12 della Convenzione di  Strasburgo  sulla
corruzione, ratificata con legge n. 110/2012. 
    La legge 114 del 2024, che ha, da un lato, abrogato il delitto di
abuso di ufficio e dall'altro riformulato il reato  di  «traffico  di
influenze»,  restringendo   sensibilmente   l'area   del   penalmente
rilevante con abolitio criminis parziale, si  porrebbe  in  contrasto
con  dei  precisi  obblighi  internazionali  di  incriminazione   che
l'Italia ha assunto con la ratifica, avvenuta  con  legge  28  giugno
2012 n. 110, della Convenzione  penale  sulla  corruzione  siglata  a
Strasburgo il 27 gennaio 1999 e segnatamente,  con  l'art.  12  della
predetta Convenzione. 
    In  particolare,  secondo  l'art.  12  della  Convenzione   sulla
corruzione: 
        «Ciascuna parie adotta i provvedimenti legislativi e di altro
tipo che si rivelano necessari per configurare  in  quanto  reato  in
conformita'  al  proprio  diritto  interno  quando  l'atto  e'  stato
commesso intenzionalmente, il fatto  di  proporre,  offrire  o  dare,
direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio  a  titolo
di rimunerazione, a chiunque dichiari o confermi di essere  in  grado
di esercitare un'influenza sulle  decisioni  delle  persone  indicate
agli articoli 2, 4 a 6 e 9 ad 11 (pubblici funzionari), a prescindere
che l'indebito vantaggio sia per se stesso o per altra persona,  come
pure il fatto di sollecitare, di ricevere, o di accettarne  l'offerta
o la promessa di rimunerazione per tale influenza, a prescindere  che
quest'ultima sia o meno esercitala o che produca o meno il  risultato
auspicato». 
    La nuova formulazione  dell'art.  346-bis,  c.p.,  per  quel  che
rileva in tale sede, nel richiedere che la «mediazione illecita»  sia
solamente quella finalizzata ad  indurre  il  pubblico  ufficiale  «a
compiere un atto contrario ai doveri di ufficio  costituente  reato»,
con la contestuale abrogazione del reato di abuso di ufficio, avrebbe
comportato la sopravvenuta irrilevanza penale dei fatti contestati al
capo A. 
Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    In punto di rilevanza  della  questione,  va  osservato  che  nel
presente giudizio a quo, questo Giudice per l'udienza preliminare  e'
chiamato a valutare la richiesta di rinvio a giudizio  degli  odierni
imputati in ordine al reato di cui  all'art.  346-bis,  c.p.  e,  con
riguardo all'imputato C. Z., la richiesta  di  applicazione  pena  ex
art. 444, c.p.p. 
    Appare opportuno riportare per esteso il capo di  imputazione  A,
cosi' come modificato  dal  pubblico  ministero  all'udienza  del  14
novembre 2024 (le modifiche sono evidenziate in neretto): 
        «B. M., G. D. R., K. G. F. S., T. A. V., V. N., S. S.  A.  J.
E., C. Z. G. D. reato p. e p. dagli articoli 61-bis, 110, 112, n.  1,
346-bis, codice penale perche' il B. sfruttava (in concorso con G. D.
e K. G. F., con i quali pianificava la propria condotta)  le  proprie
relazioni personali ed occulte con A.,  Commissario  per  l'emergenza
sanitaria nazionale, al fine  di  indurre  il  pubblico  ufficiale  a
compiere atti contrari ai doveri  di  ufficio  costituenti  reato  di
abuso  di  ufficio  meglio  specificato  al  capo  F  della  rubrica,
ottenendo che quest'ultimo assicurasse ai partner del B.  di  seguito
indicati quali concorrenti nel reato, una esclusiva in via  di  fatto
nell'intermediazione  delle  forniture  di  maschere  chirurgiche   e
dispositivi di protezione individuale, in violazione  dei  doveri  di
imparzialita'  e  buon  andamento  della  P.  A.,  richiamati   anche
dall'art. 122 del decreto-legge n.  18/2020  e  in  violazione  delle
norme del regio decreto n.2240/23 che  impongono  la  forma  scritta,
nonostante le anomalie documentali: 
          accreditava, cosi', presso il Commissario A. T.  V.  A.  in
proprio ed in qualita' di amministratore della «S.»), al  quale  l'A.
garantiva la possibilita' di selezionare le societa' cinesi (W. L. W.
M. e  L.),  alle  quali  il  Commissario  per  l'emergenza  sanitaria
commissionava la fornitura di n. 801.617.647  mascherine  protettive,
per il complessivo importo di euro 1.251.499.999,80; 
          la  possibilita'  di  mantenere  rapporti  tra  Governo   e
societa' cinesi per la logistica, il trasporto e la  soluzione  delle
anomalie documentali, cosi come descritte  nel  capo  E)  che  segue,
senza  alcun  incarico  formale/contratto  scritto,  cosi  da  potere
incassare provvigioni, a valere sui prezzi pagati dal Governo,  senza
alcun controllo pubblico; 
          ottenendo il B. dal  T.  quale  prezzo  per  tale  illecita
mediazione, il trasferimento a proprio favore di euro ...; che il  T.
dava disposizione alle societa' cinesi di bonificare per euro ... sul
c/c intestato a M. (legale rappresentante G. D.) e per euro  ...  c/c
n. ... intestato alla P. (legale rappresentante K. G. F.); ottenendo,
altresi',  il  B.  ulteriori  euro  ...  che  il  T.  bonificava,  su
disposizione del primo, su conto corrente ... intestato a A. D. 
          avendo agito  il  T.  in  unione  e  concorso  con  V.  N.,
co-gestore della «S.» e compartecipe in tutte le azioni del T. G.  D.
partner del T. con incarico  di  individuare  in  Cina  i  produttori
cinesi (schermati dalle W. e L.); della  logistica;  del  reperimento
dei documenti con il quali risolvere le suddette anomalie; 
          Z. C., rappresentante in Italia delle W. e L., con il quale
il T. pattuiva i compensi, dai quali e'  stato  tratto  il  pagamento
erogato al B. S. S. A. J. E. mediatore che presentava al T. C. Z. per
consentire  il  buon  fine  dell'intermediazione  del   B.   con   il
Commissario A. 
    Essendo derivata dalla commissione del  reato  la  corresponsione
dei seguenti profitti a beneficio di: 
        T. euro ... transitali sui conti societari della «S.»  numeri
...n. e accesi rispettivamente presso ... e ...; 
        S. J. euro ...  transitati  su  conti  societari  della  «G.»
numeri ... e ... accesi rispettivamente presso ... e ... 
        G. euro ... accreditati su conto estero ... di ... 
    Con l'aggravante del numero delle persone concorrenti nel reato. 
    Con   l'ulteriore   l'aggravante   del   reato    transnazionale,
trattandosi di reato per la commissione del  quale  ha  dato  il  suo
contributo un gruppo organizzato, impegnato in attivita' criminali in
piu' di uno Stato. In ... ed in ... (art. 6, comma 2, c.p.) 
    In ..., nelle seguenti date: 
        per i pagamenti alla M. dal ... al ...; 
        per i pagamenti alla P. dal ... al .... 
    Secondo  l'ipotesi  accusatoria,  D.  B.   sfruttando   relazioni
esistenti  con  il  Commissario  straordinario,  D.  A.,  si   faceva
promettere e consegnare oltre ... di euro dall'imprenditore A. V. T.,
che agiva d'intesa con N. V. 
    D. G. e Z. C., per remunerare la sua mediazione  sul  commissario
Straordinario affinche'  quest'ultimo  affidasse  al  gruppo  T.  una
posizione privilegiata  nelle  forniture  dalla  Cina  di  mascherine
protettive,  senza  alcun   rischio   economico   e   giuridico   per
l'imprenditore non essendo stato perfezionato alcun contratto tra  il
T.  e  la  struttura  pubblica.  Cio',   sempre   secondo   l'ipotesi
accusatoria,  in  aperta  violazione  dei  doveri  di   imparzialita'
richiamati espressamente dall'art. 122  del  decreto-legge  n.  18/20
(cd. decreto cura Italia)  e  delle  norme  sulla  forma  scritta  ad
substantiam dei contratti della pubblica amministrazione. 
    La condotta contestata  agli  imputati  al  capo  A,  cosi'  come
descritta dal pubblico ministero anche a seguito della  modifica  del
capo di imputazione, consiste quindi in una cd. «mediazione onerosa»,
teleologicamente orientata  alla  commissione  di  fatti  che,  nella
legislazione all'epoca vigente,  costituivano  ipotesi  di  abuso  di
ufficio (art. 323, c.p.) a vantaggio indebito di privati. Fattispecie
di reato che, come noto, e' stata  abrogata  dalla  stessa  legge  n.
114/2024, unitamente alla riformulazione dell'art. 346-bis, c.p. 
    Appare dunque evidente che, a seguito dell'abrogazione del  reato
di cui all'art. 323, codice penale e con la riduzione  del  perimetro
applicativo dell'art. 346-bis, c.p., in assenza di  una  declaratoria
di incostituzionalita' della  modifica  dell'art  346-bis,  c.p.,  il
fatto ascritto al capo A - con riguardo al quale, peraltro, e'  stato
altresi' disposto il sequestro preventivo del profitto e del prezzo -
sarebbe ad oggi privo di rilevanza penale. 
    La condotta degli imputati non e' del resto inquadrabile in altre
fattispecie di reato; ne' appare  possibile  aderire  alla  richiesta
formulata dalla parte civile, che ha richiesto a  questo  Giudice  di
invitare il pubblico ministero ad operare la modifica  del  reato  di
cui al capo F (abuso di ufficio cui sarebbe finalizzata  la  condotta
di traffico di influenze contestata al capo A),  ai  sensi  dell'art.
314,  c.p.  (peculato)  o,  in  subordine,  314-bis,  c.p.  (indebita
destinazione di denaro o cose mobili), non sussistendo  nel  caso  di
specie gli estremi oggettivi e soggettivi di tali reati. 
    Per tali ragioni,  la  questione  deve  ritenersi  rilevante  nel
presente  processo,  non  potendo   il   giudizio   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
Ammissibilita' della questione. 
    In punto di ammissibilita' della questione, va  osservato  quanto
segue. 
    L'eventuale   declaratoria   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art.  1,  comma  1,  lettera  e),  legge  n.  114/2024,  che  ha
integralmente riformulato l'art. 346-bis, c.p. con parziale  abolitio
criminis, avrebbe quale effetto, «in malam  partem»,  quello  di  far
rivivere la previgente (e piu' ampia) formulazione dell'art. 346-bis,
c.p., in particolare  la  formulazione  risultante  a  seguito  delle
modifiche apportate dalla legge n. 3/2019. 
    La Corte costituzionale si e'  piu'  volte  espressa  in  materia
(cfr. sentenze 32 del 2014, n. 37 e 40  del  2019,  n.  8  del  2022)
precisando che il divieto di sindacato costituzionale  di  norme  che
comportano una abolitio criminis con effetto in malam partem, ammette
delle   eccezioni,   una   delle   quali   e'   rappresentata   dalla
«contrarieta'»  della  norma  a  specifici  obblighi   sovranazionali
rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo comma Cost. 
    Si riporta in particolare il passaggio della sentenza n.  37  del
2019,  per  cui:  «In  linea  di  principio,  sono  inammissibili  le
questioni di legittimita' costituzionale che concernano  disposizioni
abrogative  di  una  previgente  incriminazione  e  che   mirino   al
ripristino  nell'ordinamento  della  norma  incriminatrice   abrogata
(cosi', ex plurimis, sentenze n. 330 del  1996  e  n.  71  del  1983;
ordinanze n. 413 del 2008, n. 175 del 2001 e n. 355  del  1997),  dal
momento  che  a  tale  ripristino  osta,  di  regola,  il   principio
consacrato nell'art. 25, secondo comma, Cost., che  riserva  al  solo
legislatore la  definizione  dell'area  di  cio'  che  e'  penalmente
rilevante. Principio, quest'ultimo, che  determina  in  via  generale
l'inammissibilita' di questioni volte a creare nuove norme penali,  a
estenderne l'ambito applicativo a  casi  non  previsti  (o  non  piu'
previsti) dal legislatore (ex multis, sentenze n. 161 del 2004  e  n.
49 del 2002; ordinanze n. 65 del 2008 e n. 164 del 2007),  ovvero  ad
aggravare le conseguenze sanzionatorie o  la  complessiva  disciplina
del reato (ex multis, ordinanze n. 285 del 2012, n. 204 del 2009,  n.
66 del 2009 e n. 5 del 2009). 
    Come ribadito anche di recente da questa Corte (sentenze  n.  236
del 2018 e n. 143 del 2018), peraltro tali principi  non  sono  senza
eccezioni. 
    Anzitutto, puo' venire in considerazione la necessita' di evitare
la creazione di «zone franche» immuni dal controllo  di  legittimita'
costituzionale, laddove il legislatore introduca, in  violazione  del
principio di eguaglianza, norme penali  di  favore,  che  sottraggano
irragionevolmente un determinato sottoinsieme di condotte alla regola
della generale rilevanza penale di una piu' ampia classe di condotte,
stabilita  da  una  disposizione   incriminatrice   vigente,   ovvero
prevedano per detto sottoinsieme - altrettanto irragionevolmente - un
tra/lamento sanzionatorio piu' favorevole (sentenza n. 394 del 2006). 
    Un controllo di legittimita'  con  potenziali  effetti  in  malam
partem deve altresi' ritenersi ammissibile quando a essere  censurato
e' lo scorretto  esercizio  del  potere  legislativo:  da  parte  dei
Consigli regionali, ai quali non spetta neutralizzare  le  scelte  di
criminalizzazione compiute dal legislatore nazionale (sentenza n.  46
del 2014, e ulteriori precedenti ivi citati): da parte  del  Governo,
che abbia abrogato  mediante  decreto  legislativo  una  disposizione
penale, senza a cio' essere autorizzato dalla legge delega  (sentenza
n. 5 del 2014): ovvero anche da parte dello  stesso  Parlamento,  che
non abbia rispettato  i  principi  stabiliti  dalla  Costituzione  in
materia di conversione dei decreti-legge (sentenza n. 32  del  2014).
In tali ipotesi, qualora la disposizione dichiarata  incostituzionale
sia  una  disposizione   che   semplicemente   abrogava   una   norma
incriminatrice preesistente (come nel caso deciso dalla sentenza n. 5
del 2014), la dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della
prima non potra' che  comportare  il  ripristino  della  seconda,  in
effetti mai (validamente) abrogata. 
    Un effetto peggiorativo della disciplina sanzionatoria in materia
penale conseguente alla pronuncia di illegittimita' costituzionale e'
stato, altresi', ritenuto ammissibile  allorche'  esso  si  configuri
come «mera conseguenza indiretta della reductio ad  legitimitatem  di
una norma processuale». derivante «dal'eliminazione di una previsione
a carattere derogatorio di una disciplina generale» (sentenza n.  236
del 2018). 
    Un  controllo  di  legittimita'  costituzionale  con   potenziali
effetti in malam partem puo', infine, risultare  ammissibile  ove  si
assuma  la  contrarieta'  della  disposizione  censurata  a  obblighi
sovranazionali rilevanti ai sensi dell'art. 11 o dell'art. 117, primo
comma, Cost. (sentenza n. 28 del 2010, nonche'  sentenza  n.  32  del
2014, ove l'effetto di ripristino della  vigenza  delle  disposizioni
penali illegittmamente  sostituite  in  sede  di  conversione  di  un
decreto-legge,  con  effetti  in  parte  peggiorativi  rispetto  alla
disciplina dichiarata illegittima, fu motivato anche con  riferimento
alla  necessita'  di  non  lasciare  impunite  «alcune  tipologie  di
condotte  per  le  quali  sussiste  un  obbligo   sovranazionale   di
penalizzazione. Il che  determinerebbe  una  violazione  del  diritto
dell'Unione europea, che l'Italia e' tenuta a  rispettare  in  virtu'
degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost.»). 
    Con riferimento alla ipotesi di successione di leggi  penali  nel
tempo, questo Giudice non puo' non considerare quanto statuito  dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 8 del 2022,  che,  in  materia
analoga, ha dichiarato inammissibile  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 1, del decreto-legge  n.  76/2020,
convertito  nella  legge  11  settembre  2020,  n.  120  (che   aveva
comportato una parziale abrogazione del reato di abuso  di  ufficio),
sollevata con riferimento agli articoli 3 e 97 Costituzione. In  quel
caso la Corte costituzionale ha escluso la possibilita'  di  pronunce
di illegittimita' costituzionale di norme  (parzialmente)  abrogative
di norme penali, con conseguente reviviscenza della norma  previgente
piu' severa, e dunque con effetti in malam partem. 
    Si ritiene che la questione sollevata dal pubblico ministero  nel
presente procedimento  penale  (che  pure  riguarda  una  ipotesi  di
successione di leggi penali nel tempo,  in  particolare  di  abolitio
criminis parziale) sia  pero'  diversa  da  quella  affrontata  nella
sentenza Corte Cost. n. 8/2022 con riguardo all'abuso di ufficio.  In
quel   caso   i   parametri   di   riferimento   del   giudizio    di
costituzionalita' erano costituiti esclusivamente dagli articoli 3  e
97  Cost.,  mentre  nel  presente  procedimento   il   parametro   di
riferimento e' l'art. 117  Cost.  ed  in  particolare  la  violazione
dell'obbligo  internazionale  di  incriminazione  del   traffico   di
influenze, la cui portata deve ritenersi cogente per il legislatore. 
    In particolare, come verra' di seguito  precisato,  nel  caso  di
specie si ritiene che l'art.  12  della  Convenzione  di  Strasburgo,
ratificata con legge n. 110/2012, abbia portata cogente per il nostro
ordinamento, delineando un vero e proprio obbligo di  incriminazione,
con la conseguenza che il mancato rispetto di tale obbligo si pone in
contrasto  con  gli  obblighi  internazionali  ai  quali  la   nostra
legislazione e' tenuta ad uniformarsi. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  deve   ritenersi
pertanto ammissibile. 
Non manifesta infondatezza della questione. 
    II delitto di «traffico di influenze»  (art.  346-bis,  c.p.)  e'
stato introdotto nel codice penale con la legge n. 190/2012. 
    La legge n. 3/2019,  in  attuazione  dell'obbligo  internazionale
derivante  dalla  Convenzione  di  Strasburgo  sulla  corruzione,  ha
operato  una  riformulazione  della   struttura   della   fattispecie
ampliando l'area  di  applicabilita'  della  norma:  dall'ampliamento
della clausola di  riserva  alla  natura  della  utilita'  erogata  o
promessa, all'inserimento, tra  le  categorie  di  soggetti  pubblici
oggetto di traffico, dei pubblici agenti indicati nell'art.  322-bis,
codice penale. Sul  versante  sanzionatorio,  sono  stati  elevati  i
limiti edittali della pena, si e'  prevista  la  sanzione  accessoria
dell'incapacita' di contrattare con la pubblica  amministrazione,  si
e'  inserito  il  reato  nel  catalogo  di  quelli  che  generano  la
responsabilita' degli enti. In particolare, a seguito delle modifiche
di cui alla legge n. 3/2019, era punita con la reclusione da un  anno
a quattro anni e sei mesi la condotta di colui che, fuori dei casi di
concorso in corruzione propria e impropria,  «sfruttando  o  vantando
relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o incaricato
di pubblico servizio o uno  degli  altri  soggetti  di  cui  all'art.
322-bis, c.p., indebitamente fa dare o promettere, a se' o ad  altri,
denaro  o  altra  utilita',  come  prezzo  della  propria  mediazione
illecita  verso  un  pubblico  ufficiale  o  incaricato  di  pubblico
servizio o uno degli altri soggetti di cui  all'art.  322-bis,  c.p.,
ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue  funzioni
o dei suoi poteri (...) la  stessa  pena  si  applica  a  chi  da'  o
promette denaro o altra utilita'». 
    L'art. l, lettera e), della  legge  n.  114/2024  ha  ridotto  in
misura  consistente  il   possibile   perimetro   applicativo   della
fattispecie. La nuova fattispecie punisce con  la  reclusione  da  un
anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi chiunque, fuori dei casi di
concorso   in   corruzione   propria   e   impropria,    «utilizzando
intenzionalmente allo  scopo  relazioni  esistenti  con  un  pubblico
ufficiale o un incaricato di pubblico  servizio  o  uno  degli  altri
soggetti di cui all'art.  322-bis,  c.p.,  indebitamente  fa  dare  o
promettere a se' o ad altri, denaro o altra utilita'  economica,  per
remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio
o uno  degli  altri  soggetti  di  cui  all'art.  322-bis,  c.p.,  in
relazione all'esercizio delle sue  funzioni,  ovvero  per  realizzare
un'altra mediazione illecita (...) per altra mediazione  illecita  si
intende  la  mediazione  per  indurre   il   pubblico   ufficiale   o
l'incaricato di pubblico servizio o uno dei soggetti di  cui  all'art
322-bis, c.p. a compiere un  atto  contrario  ai  doveri  di  ufficio
costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito.  La
stessa pena si applica a chi indebitamente da' o  promette  denaro  o
altra utilita' economica». 
    In  primo  luogo,  il  profilo  della  mediazione  illecita  deve
consistere nell'utilizzazione intenzionale di relazioni esistenti con
l'agente pubblico, con esclusione di quelle vantate, e devono  essere
relazioni esistenti, non meramente asserite. Sotto ulteriore profilo,
l'utilita' e' limitata ai casi di denaro o altra utilita'  economica.
Sotto altro angolo di visuale, s'individua il profilo  di  illiceita'
della mediazione onerosa nella circostanza che essa  sia  finalizzata
alla commissione di un reato da parte dell'agente pubblico, dal quale
possa derivare un vantaggio indebito. 
    La contestuale abrogazione dell'abuso di ufficio ad  opera  della
stessa legge n. 114/24 ha reso, di fatto, la norma  di  cui  all'art.
346-bis (nell'ipotesi di mediazione onerosa)  di  difficile,  se  non
impossibile,  applicazione.  Ed   infatti,   uno   dei   reati   piu'
frequentemente obiettivo della mediazione onerosa era proprio l'abuso
d'ufficio, oggi abrogato dalla medesima legge. 
    Le  fonti  di  rango  internazionale  rilevanti  ai  fini   della
punibilita' del traffico  d'influenze  sono  essenzialmente  due:  la
Convenzione  ONU  contro  la  corruzione,   adottata   dall'Assemblea
generale il 31 ottobre 2003, aperta alla firma a Merida dal 9  all'11
dicembre  dello  stesso   anno,   entrata   in   vigore   a   livello
internazionale il 14 dicembre 2005 e ratificata  dall'Italia  con  la
legge 3 agosto 2009, n. 116; la Convenzione penale  sulla  corruzione
del Consiglio d'Europa, siglata a Strasburgo il 27  gennaio  1999  ed
entrata in vigore il 1° luglio 2002, ratificata  dall'Italia  con  la
legge 28 giugno 2012, n. 110. 
    Se con riguardo alla convenzione ONU, il testo di essa si  limita
a impiegare rispetto al  reato  di  traffico  di  influenze  e  altre
fattispecie  la  formula  shall  consider  adopting,  anziche'  shall
adopts,  la  Convenzione  penale  sulla  corruzione   del   Consiglio
d'Europa, all'art. 12, con riguardo  al  traffico  di  influenze,  ha
posto  per  gli  stati  aderenti,  un  vero  e  proprio  obbligo   di
incriminazione, e non una «raccomandazione»,  ovvero  un  «obbligo  a
prendere in considerazione». 
    Cio' e' desumibile dal tenore  testuale  della  norma,  che,  sul
punto, usa le parole: "shal adopt  ...  as  criminal  offences»,  nel
testo inglese; «adotta i provvedimenti legislativi ... necessari  per
configurare in quanto reato ...», nel testo  in  italiano,  approvato
con la legge 110 del 2012. 
    Inoltre la  convenzione  di  Strasburgo  individua  un  contenuto
minimo  di  condotte  che  devono  essere   necessariamente   oggetto
d'incriminazione. 
    Come gia' si e' avuto modo di osservare, ai  sensi  dell'art.  12
«Ciascuna parte adotta i provvedimenti legislativi e  di  altro  tipo
che  si  rivelano  necessari  per  configurare  in  quanto  reato  in
conformita'  al  proprio  diritto  interno  quando  l'atto  e'  stato
commesso intenzionalmente, il fatto  di  proporre,  offrire  o  dare,
direttamente o indirettamente qualsiasi indebito vantaggio  a  titolo
di rimunerazione, a chiunque dichiari o confermi di essere  in  grado
di esercitare un'influenza sulle  decisioni  delle  persone  indicate
agli articoli 2, 4 a 6 e 9 ad 11 (pubblici funzionari), a prescindere
che l'indebito vantaggio sia per se stesso o per altra persona,  come
pure il fatto di sollecitare, di ricevere, o di accettarne  l'offerta
o la promessa di rimunerazione per tale influenza, a prescindere  che
quest'ultima sia o meno esercitata o che produca o meno il  risultato
auspicato». 
    In particolare, la Convenzione di Strasburgo, contrariamente alla
normativa  introdotta  con  legge  n.  114/2024,  da'  rilievo   allo
sfruttamento, da parte del mediatore, di relazioni non solo esistenti
ma anche asserite/millantate,  e  da'  rilievo,  quale  contropartita
della condotta illecita, a qualsiasi vantaggio indebito e non solo  a
utilita' economiche. 
    Da ultimo, si ritiene  che  la  predetta  Convenzione  non  abbia
limitato il concetto di mediazione illecita a quella  diretta  a  far
commettere al  funzionario  pubblico  un  atto  contrario  ai  doveri
d'ufficio costituente reato. Profilo, questo, che  rileva  in  questa
sede, con riguardo al caso concreto. 
    Contrariamente a quanto sostenuto dalle difese (v. in particolare
la memoria difensiva depositata negli interessi  di  T.  e  V.  e  la
memoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, costituita parte
civile per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato)  il  contenuto
precettivo  dell'art.  12  della  Convenzione  di   Strasburgo,   nel
delineare in  maniera  dettagliata  le  condotte  che  devono  essere
previste come reato dagli stati membri  (quale  «contenuto  minimo»),
non si pone in contrasto con l'art.  25,  comma  2  Cost.  e  con  il
principio di tassativita' e determinatezza della norma incriminatrice
ovvero con altri principi fondamentali  della  Carta  Costituzionale;
pertanto  la  norma  pattizia  internazionale   appare   conforme   a
Costituzione  e  ben  puo'  essere  considerata  come  parametro   di
valutazione delle leggi ordinarie interne. 
    Inoltre, quanto  al  rilievo  per  cui,  a  differenza  di  altre
fattispecie di reato delineate nella Convenzione di Strasburgo, quale
la corruzione attiva (art. 2) e passiva (art. 3), il cd «traffico  di
influenze» non  avrebbe  analoga  portata  cogente  in  virtu'  della
possibilita' di formulare sul punto «riserve» da  parte  degli  Stati
aderenti (art. 37 della Convenzione), si ritiene che  il  dispositivo
pattizio sia divenuto vincolante per lo Stato Italiano, che, all'atto
dell'approvazione  della  legge  n.  3/2019  aveva  deciso   di   non
confermare ulteriormente le riserve apposte al momento  del  deposito
della ratifica. 
    In  conclusione,  si  ritiene  che  violino  la  Convenzione   di
Strasburgo non solo l'omessa incriminazione del traffico d'influenze,
ma anche ogni forma di incriminazione che colpisca  con  la  sanzione
penale  un  novero  di  condotte  assai  piu'  limitate  rispetto  al
«contenuto minimo» previsto dall'art. 12. 
    Ebbene, si ritiene che l'attuale formulazione dell'art.  346-bis,
c.p.,  come  introdotto  con  la  legge  n.  114/2024,  non   prevede
l'incriminazione  di  quel  nucleo  minimo  di  condotte  individuate
dall'art. 12 della Convenzione di  Strasburgo,  sopra  richiamate  ed
oggetto di specifici obblighi convenzionali di criminalizzazione. 
    La nuova formulazione del traffico di influenze richiede  che  la
«mediazione illecita» sia  solo  quella  finalizzata  ad  indurre  il
pubblico ufficiale «a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio
costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito». La
contestuale abolizione del reato di abuso di ufficio - reato  che  il
piu' delle volte, come nel caso di specie, rappresenta  la  finalita'
della mediazione illecita - ha di  fatto  reso  inapplicabile  l'art.
346-bis, c.p. 
    Pertanto l'art. 1, comma 1, lettera e), legge  n.  114/2024  deve
ritenersi illegittimo. per quanto rileva nel caso  di  specie,  nella
parte in cui, nel richiedere che  la  mediazione  illecita  sia  solo
quella finalizzata alla commissione di un atto contrario ai doveri di
ufficio costituente reato, non prevede, tra  le  possibili  finalita'
della condotta, i fatti rientranti della ormai  abrogata  ipotesi  di
abuso di ufficio. 
    Con riferimento ai  parametri  della  questione  di  legittimita'
costituzionale, la disposizione della  Costituzione  che  si  ritiene
violata nel caso di specie e' l'art. 117 Cost., per cui: «la potesta'
legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle  regioni  nel  rispetto
della Costituzione, nonche' dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli  obblighi  internazionali»;  dunque,  gli  organi
legislativi dell'ordinamento sono vincolati  e  devono  tenere  conto
degli obblighi internazionali, tra i quali rientrano anche quelli  di
incriminazione. 
    La lettera  della  norma  costituzionale,  oltre  a  sancire  una
preminenza della Carta  fondamentale  sulla  legislazione  ordinaria,
consacra anche il  primato  degli  obblighi  internazionali,  inclusi
quelli di natura europea. 
    Pertanto una legge ordinaria che non rispetti i vincoli derivanti
da un trattato internazionale, si pone in contrasto  con  l'art.  117
Cost. 
    Per tutto quanto sopra esposto, si ritiene che dell'art. 1, comma
1, lettera e), della legge n.  114/2024,  che  ha  modificato  l'art.
346-bis,  c.p.  sia  costituzionalmente  illegittimo  per  violazione
dell'art. 117 della  Costituzione  in  relazione  all'art.  12  della
Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, ratificata con  legge  n.
110/2012. 
    In  conclusione,  ritenuta   la   questione   rilevante   e   non
manifestamente infondata, deve ordinarsi la trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso e la
conseguente sospensione della prescrizione nei confronti di tutti gli
imputati  con  riguardo  a  tutti  i  capi  di  imputazione   essendo
strettamente connessi al reato contestato al  capo  A  e  quindi  non
definibili separatamente. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visti   gli   articoli   134   della   Costituzione,   1,   legge
costituzionale n. 1/48 e 23 e seguenti della legge n. 87/1953; 
    Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 1, lettera e), della legge n. 114/2024 che ha modificato l'art.
346-bis del codice penale per violazione  degli  articoli  11  e  117
della Costituzione, in relazione all'art.  12  della  Convenzione  di
Strasburgo sulla corruzione, ratificata con legge n. 110/2012. 
    Sospende il giudizio in corso nei confronti di T. A. V.,  G.  D.,
S. S. A. J. E., K. G. F. S., G. D. R., S., P., M., G., C. Z.,  S.  C.
D. A., F. A. e V. N., in relazione a  tutte  le  imputazioni  essendo
tutte strettamente connesse al reato di cui al capo A  e  quindi  non
definibili separatamente ed i relativi termini di prescrizione,  fino
alla   definizione   del   giudizio   incidentale   di   legittimita'
costituzionale, con restituzione degli atti al giudice procedente. 
    Dispone  la  trasmissione  immediata  degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonche' per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
        Roma, 31 gennaio 2025 
 
                        Il Giudice: Tarantino