Reg. ord. n. 49 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/03/2025 n. 13

Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Milano  del 04/02/2025

Tra: M. T.

Oggetto:

Reati e pene – Violenza sessuale di gruppo – Trattamento sanzionatorio – Mancata previsione che nei casi di minore gravità la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente i due terzi – Disparità di trattamento rispetto ai reati di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis cod. pen. e di atti sessuali con minorenni di cui all’art. 609-quater cod. pen. – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.

Norme impugnate:

codice penale  del  Num.  Art. 609



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.  



Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. PATRONI GRIFFI


Testo dell'ordinanza

                        N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 febbraio 2025

Ordinanza del 4 febbraio 2025 del Tribunale per i minorenni di Milano
nel procedimento penale a carico di M. T.. 
 
Reati  e  pene  -  Violenza  sessuale   di   gruppo   -   Trattamento
  sanzionatorio - Mancata previsione che nei casi di minore  gravita'
  la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non  eccedente
  i due terzi. 
- Codice penale, art. 609-octies. 


(GU n. 13 del 26-03-2025)

 
                 TRIBUNALE PER I MINORENNI DI MILANO 
 
    Il  giudice  per  l'udienza  preliminare,  formato  dai   signori
magistrati: 
        dott. Luca Dell'Osta - presidente; 
        dott. Enzo Cattaneo - giudice onorario; 
        dott.ssa M. Elena Magrin - giudice onorario; 
    nel giudizio penale a carico di T. M., nato in [...] il [...], di
fatto s.f.d. ([...]), difeso di ufficio dall'avv. Federica Libero del
foro di Milano, imputato dei reati di seguito riportati: 
        1) del delitto di cui agli articoli 110, 628, commi 1 e 3  n.
1) del codice penale perche', in concorso morale e materiale  con  il
minore non imputabile L. M. e con altro giovane  rimasto  ignoto,  al
fine di trarne un ingiusto  profitto,  con  violenza  e  minaccia  si
impossessava del telefono cellulare Iphone 12 Pro di colore nero  con
relativa  cover   raffigurante   immagini   di   fumetti   giapponesi
sottraendolo a S. M., in particolare dapprima  il  correo  ignoto  lo
avvicinava sul tram  con  il  pretesto  di  compiere,  atti  sessuali
consenzienti, invitandolo a seguirlo in uno  stabile  abbandonato  di
[...], e, una volta giunti nello stabile, il L. lo spingeva con forza
sul materasso a terra, estraendo e puntandogli un coltello alla gola,
mentre gli altri si impossessavano del cellulare (e  del  portafoglio
poi restituito dopo aver visto che non conteneva denaro). 
    Con le aggravanti di aver agito: 
        in piu' persone riunite; 
        approfittando delle circostanze  di  tempo,  di  luogo  e  di
persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avendo agito
all'interno di stabile  abbandonato  in  orario  notturno  (alle  ore
[...]) ai danni di un  ragazzo  solo  (art.  61,  n.  5,  del  codice
penale). 
    In [...] il [...]; 
        2) del delitto di cui agli articoli 609-octies, commi 1 e  2,
del codice penale in relazione all'art 609-bis, comma 1,  del  codice
penale perche' unitamente al minore non imputabile L. M., e ad  altro
giovane rimasto ignoto, costringevano S. M., a subire  atti  sessuali
di gruppo, in  particolare  -  dopo  averlo  attirato  nello  stabile
abbandonato di [...] come descritto al capo 1) e spinto con  violenza
sul materasso a terra, puntandogli un coltello alla  gola  (attivita'
materiale agita dal minore infraquattordicenne) - tutti lo  toccavano
palpeggiandolo in piu' parti del corpo (addome, gambe, fondoschiena e
organo genitale) in particolare  il  T.  sfregandogli  piu'  volte  i
genitali. 
    Con l'aggravante di aver approfittato delle circostanze di tempo,
di luogo e di persona  tali  da  ostacolare  la  pubblica  e  privata
difesa, avendo agito all'interno di  stabile  abbandonato  in  orario
notturno (alle ore [...]) ai danni di un ragazzo solo (art. 61, n. 5,
del codice penale). 
    In [...] il [...]. 
    All'esito  dell'udienza  preliminare  del  4  febbraio  2025,  ha
pronunciato la seguente ordinanza. 
1. Lo svolgimento del processo. 
    Nei confronti di T. M. e' stata esercitata l'azione penale per  i
reati di cui agli articoli 608-octies del codice  penale  e  628  del
codice  penale,  aggravati,  sopra  meglio   descritti.   A   seguito
dell'emissione del decreto di  giudizio  immediato  e  a  seguito  di
rituale richiesta  ex  art.  458  del  codice  di  procedura  penale,
all'udienza del 4 ottobre 2023 e' stato ammesso il rito abbreviato. 
    L'udienza del 13 dicembre 2023 e' stata rinviata. 
    All'udienza del 21 febbraio  2024  il  collegio  ha  revocato  la
misura cautelare e ha ammesso l'imputato a un percorso di messa  alla
prova per la durata di diciotto mesi. 
    All'udienza del 5 giugno  2024,  nulla  osservando  le  parti  in
ordine al mutamento del collegio giudicante,  e'  stata  revocata  la
messa alla prova;  il  collegio  ha  disposto  procedersi  oltre  nel
giudizio abbreviato, fissando una nuova udienza per la discussione. 
    All'udienza del  17  settembre  2024  il  pubblico  ministero  ha
rassegnato  le  sue  conclusioni,  chiedendo  in  via  principale  di
investire la Corte costituzionale  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 609-octies del codice penale; in  subordine,
ha chiesto la condanna dell'imputato per entrambi i reati contestati. 
    All'udienza  del  4  febbraio  2025  la  difesa  ha  chiesto   in
principalita' l'assoluzione del suo assistito; in  subordine,  si  e'
associata alla richiesta del pubblico ministero  di  sospensione  del
processo. 
    All'esito della Camera di consiglio, il collegio ha dato  lettura
della presente ordinanza. 
2. Lo svolgimento dei fatti. 
    Al fine di giustificare la decisione del collegio  di  sospendere
il processo e di trasmettere gli atti alla Corte  costituzionale,  e'
necessario qui ricostruire - ancorche' sommariamente -  i  fatti  che
vengono in rilievo, e cio' al fine di  dimostrare,  innanzitutto,  la
rilevanza  della  questione,  con  la  doverosa  specificazione   che
l'esposizione  dei  fatti  non  rappresenta   ex   se   una   (invero
inammissibile)  anticipazione  di  giudizio,  ma  e'   esclusivamente
finalizzata ad argomentare le ragioni dell'incidente costituzionale. 
    Dalla nota della Questura  di  Milano  -  Commissariato  di  P.S.
«Scalo Romana» del [...],  con  relativi  allegati  (in  particolare,
annotazione di p. g. del [...];  verbale  di  arresto  con  allegati;
denuncia-querela presentata da S. M., tutti atti di pari data) emerge
che proprio nella notte del [...] la locale centrale operativa  aveva
inviato alcuni agenti in via [...], a  [...],in  quanto  un  soggetto
aveva segnalato di aver appena subito la rapina del proprio  telefono
cellulare, all'interno di uno stabile abbandonato, ad  opera  di  due
soggetti meglio descritti in atti. Gli operanti si erano  portati  in
loco; avevano preso contatti con il  richiedente  (che  attendeva  in
strada), identificato poi  in  S.  M.,  e  avevano  raccolto  le  sue
dichiarazioni (v. aff. 52 fascicolo); il giovane aveva riferito  che,
mentre si trovava alla fermata del bus, era stato  avvicinato  da  un
ragazzo (meglio descritto in atti), che aveva iniziato a fare  alcuni
apprezzamenti nei suoi confronti, invitandolo  poi  a  seguirlo,  con
l'implicita intesa che sarebbe stato consumato un rapporto  sessuale.
I due si erano quindi recati all'interno di uno  stabile  abbandonato
in via [...], in una stanza al secondo piano; erano poi  sopraggiunti
altri due giovani (anch'essi meglio descritti  in  atti);  i  ragazzi
avevano parlato tra di loro, e uno di essi aveva invitato la  p.o.  a
sedersi su un materasso appoggiato a terra; S. si era seduto; uno dei
giovani aveva tentato di afferrare borsa della p.o.,  che  era  stata
quindi minacciata con un coltello; gli  altri  due  soggetti  avevano
preso dalla borsa della p.o. il suo cellulare e il  suo  portafoglio,
vuoto; S. aveva quindi specificato di non avere denaro  contante  con
se'; i tre («tutti»; v. denuncia querela, aff. 53 fasc.) gli  avevano
«tocca[to] con le mani dapprima  l'addome,  poi  le  gambe,  l'organo
genitale e il fondoschiena; in particolare, il ragazzo indossante  il
giubbotto blu chiaro [...] si  soffermava  sulle  mie  parti  intime,
toccandole e strofinandole piu' volte» (ibidem). 
    Gli operanti, alla luce del racconto della p.o.,  avevano  deciso
di entrare subito all'interno dell'edificio  abbandonato,  unitamente
allo stesso S.; avevano rinvenuto due  giovani,  che  la  p.o.  aveva
indicato quali autori dei fatti avvenuti poco prima; in  particolare,
T. M. - cosi' identificato - era  stato  indicato  come  il  soggetto
indossante il giubbotto blu chiaro che  aveva  toccato  e  strofinato
piu' volte i genitali del S. 
3. L'inquadramento giuridico. 
    La procura ha contestato,  a  T.,  il  reato  previsto  dall'art.
609-octies del codice penale, che come noto punisce la cd.  «violenza
sessuale di gruppo». 
    Si ritiene, in primo luogo, che la contestazione sia - allo stato
- corretta. Da quanto emerge, T. ha posto in  essere,  unitamente  ad
altre due persone, una condotta consistita nel palpeggiamento di zone
certamente erogene, quali i genitali e il sedere. 
    Non sembrano sussistere gli elementi per riconoscere l'attenuante
di cui all'art. 609-octies, comma 4, del codice penale, tenuto  conto
che, per la giurisprudenza di legittimita' che qui si condivide,  «in
tema di violenza sessuale di gruppo, l'attenuante del  contributo  di
minima importanza, di cui  all'art.  609-octies,  comma  quarto,  del
codice  penale,  puo'  essere  riconosciuta  nel  solo  caso  in  cui
l'apporto del concorrente,  tanto  nella  fase  preparatoria  che  in
quella  esecutiva,  sia  stato  di  minima,  lievissima  e  marginale
efficacia eziologica  e  risulti,  percio',  del  tutto  trascurabile
nell'economia  generale  della  condotta   criminosa,   non   essendo
sufficiente, a tal fine, la minore efficienza causale della  condotta
dell'agente rispetto a quelle degli altri concorrenti» (v. Cassazione
pen., sez. IV, sentenza n. 10649/2024), il che nel caso di specie non
sembra avvenuto, dal momento che T. non ha contribuito al  fatto  con
un apporto marginale o lievissimo. 
4. La (potenziale)  sussistenza  della  attenuante  di  cui  all'art.
609-bis, comma 3, del codice penale. 
    Ritiene il  collegio  che,  nel  caso  di  specie,  ben  potrebbe
applicarsi l'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del  codice
penale, riferita ai casi di minore gravita'. 
    E' noto che per la valutazione in ordine alla sussistenza o  meno
della attenuante di cui si  discute  e'  necessario  considerare,  in
maniera globale, «il  grado  di  compromissione  del  bene  tutelato»
(cosi'  Cassazione  pen.,  sez.  III,  sentenza  n.   6713/2021;   in
motivazione, la Corte ha chiarito che «l'attenuante di  cui  all'art.
609-bis, ultimo comma,  del  codice  penale,  puo'  essere  applicata
allorquando vi sia una minima compressione  della  liberta'  sessuale
della vittima, accertata prendendo  in  considerazione  le  modalita'
esecutive e le circostanze  dell'azione  attraverso  una  valutazione
globale che  comprenda  il  grado  di  coartazione  esercitato  sulla
persona offesa, le condizioni fisiche e psichiche  della  stessa,  le
caratteristiche  psicologiche   valutate   in   relazione   all'eta',
l'entita' della lesione alla liberta' sessuale ed il danno  arrecato,
anche sotto il profilo psichico (Sez. 3,  n.  50336  del  10  ottobre
2019, L, Rv. 277615; Sez. 3, n. 19336 del  27  marzo  2015,  G.,  Rv.
263516; Sez. 3, n. 39445 del 1° luglio 2014, S, Rv. 260501  ed  altre
prec. conf.)»; peraltro, occorre escludere  da  tale  valutazione  il
riferimento ai criteri soggettivi di cui all'art. 133, comma  2,  del
codice  penale,  «in  quanto  la  mitigazione  della  pena   prevista
nell'ipotesi di minore gravita' del reato di  violenza  sessuale  non
risponde all'esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle
circostanze attinenti alla sua persona, bensi' alla minore  lesivita'
del  fatto,  da  rapportare  al  grado  di  compromissione  del  bene
giuridico della liberta' sessuale della vittima (Sez. 3, n. 14560 del
17 ottobre 2017, dep. 2018, B, Rv. 272584; Sez. 3,  n.  31841  del  2
aprile 2014, C, Rv. 260289; Sez. 3, n. 23093 dell'11 maggio 2011, D.,
Rv. 250682 ed altre prec. conf.)»). 
    D'altra parte, la  ragione  per  cui  -  con  riferimento,  nello
specifico, al «nuovo» reato di violenza sessuale  previsto  dall'art.
609-bis del codice penale - e' stata prevista una attenuante nei casi
di minore gravita', va individuata nella  decisione  del  legislatore
del  1996  di  prevedere  un'unica,  «nuova»  fattispecie,   che   ha
sostituito sia il reato di violenza carnale  (previsto  dall'abrogato
art. 519 del  codice  penale)  sia  gli  atti  di  libidine  violenti
(previsti dall'abrogato art. 521 del codice penale), e consentendo in
questo modo al giudice di parametrare la pena alla gravita' del  caso
concreto,  soprattutto  in   quei   casi   di   minore   e   limitata
compromissione del bene giuridico tutelato. 
    Ora,  ritiene  il  collegio  che,  nella  fattispecie   concreta,
l'attenuante di cui si discute potrebbe  ben  riconoscersi  valutando
globalmente i fatti come sopra sommariamente ricostruiti: S.  non  e'
stato costretto, con violenza o  minaccia,  a  entrare  nell'edificio
abbandonato, ma lo ha fatto a seguito di alcuni ammiccamenti ricevuti
da uno dei tre autori delle condotte in contestazione; le minacce che
gli sono state rivolte all'interno non riguardano in  alcun  modo  la
violenza sessuale subita  bensi'  la  sottrazione  del  suo  telefono
cellulare (circostanza che, a ben vedere, ha fondato la contestazione
di un diverso reato, ossia quello indicato sub 1  in  rubrica);  egli
non e' stato denudato  e  i  palpeggiamenti  sono  avvenuti  sopra  i
vestiti,  per  un  tempo   limitatissimo;   S.   e'   quindi   uscito
dall'edificio ed e' stato in grado di chiedere  immediatamente  aiuto
ad alcuni passanti; ha chiesto l'intervento delle  forze  dell'ordine
(tosto intervenute), ed e' rientrato  nell'edificio  unitamente  agli
operanti  indicando  gli  autori  del  fatto,  che   non   si   erano
allontanate; non ha avuto necessita' di cure mediche e  non  risulta,
dagli atti acquisiti al fascicolo, che  abbia  avuto  in  seguito  la
necessita' di supporto psicologico. 
    Nel complesso, pertanto, si ritiene  che  il  fatto  per  cui  si
procede possa considerarsi di minore gravita'. 
5. Il diritto vivente e la rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio. 
    Il dato letterale delle  norme  che  vengono  qui  in  rilievo  e
l'interpretazione    della    superiore     giurisprudenza     (anche
costituzionale)  impediscono,  tuttavia,   l'applicazione   dell'art.
609-bis, comma 3, del codice penale: «in  tema  di  reati  contro  la
liberta' sessuale,  l'attenuante  relativa  alla  ipotesi  di  minore
gravita' di cui all'ultimo comma dell'art. 609-bis del codice  penale
non puo' essere estesa al reato di violenza  sessuale  di  gruppo  ex
art.  609-octies  del  codice  penale,  sia  perche'   specificamente
riferita soltanto alla violenza  sessuale  individuale,  sia  perche'
logicamente incompatibile con la maggiore gravita'  di  una  violenza
sessuale commessa in gruppo» (v. Cass pen.,  sez.  III,  sentenza  n.
4913/2015); in effetti, al di la' dell'aspetto relativo  alla  logica
incompatibilita' con la maggior gravita' della violenza  sessuale  di
gruppo, e' pacifico sia che la norma incriminatrice di  cui  all'art.
609-octies del codice  penale  non  richiama  in  alcun  modo  l'art.
609-bis, comma 3, del codice penale, sia che la' ove  il  legislatore
ha  inteso  estendere  l'attenuante  di  cui  si  discute  a  ipotesi
differenti rispetto all'ipotesi base, lo  ha  espressamente  previsto
(e' il caso dell'art. 609-quater del codice penale). 
    E' a questo punto che emerge la  rilevanza  della  questione  che
viene sottoposta alla Corte con  la  presente  ordinanza:  si  e'  in
presenza di una violenza sessuale di gruppo ex  art.  609-octies  del
codice  penale  commessa  in  forma  ritenuta  di  minore   gravita';
tuttavia, non e' prevista una specifica  attenuante  per  tali  fatti
ritenuti di minore  gravita'  alla  luce  dell'interpretazione  della
norma (qui e' del tutto condivisa  quantomeno  nella  sua  dimensione
letterale); non puo' in alcun modo giungersi a differenti conclusioni
che siano costituzionalmente orientate,  dal  momento  che  qualsiasi
diversa interpretazione non tanto  giungerebbe  a  spezzare  il  dato
letterale della norma, ma andrebbe ancora oltre, con  una  operazione
di  poiesi  normativa  affatto  inaccettabile   che,   in   concreto,
trasformerebbe il giudice in legislatore. 
    E' pertanto opportuno e  anzi  doveroso,  essendo  rilevante  nei
termini  di  cui  sopra,  sottoporre  alla  Corte  la  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 609-octies  del  codice  penale
nella parte in cui non prevede  che,  nei  casi  ritenuti  di  minore
gravita', la pena possa essere dal giudice diminuita  in  misura  non
eccedente i due terzi. 
    E' appena il caso  di  evidenziare  che,  a  giudizio  di  questo
collegio, il fatto che si proceda (nel medesimo giudizio)  anche  per
il reato di rapina aggravata non fa venir  meno  la  rilevanza  della
questione: tenuto conto che, nel caso di specie, ben potrebbe  essere
riconosciuta in via di equivalenza la diminuente  della  minore  eta'
prevista ex  art.  98  del  codice  penale,  e  potendosi  egualmente
riconoscere la continuazione tra i  reati  ascritti,  alla  luce  dei
criteri indicati da Cassazione pen., SS.UU., sentenza  n.  25939/2013
il reato piu' grave andrebbe  certamente  individuato  in  quello  di
violenza sessuale di gruppo non aggravata (la cui pena edittale, alla
luce del bilanciamento delle circostanze, va da  otto  a  quattordici
anni di reclusione, superiore a quella prevista  per  la  rapina  non
aggravata [atteso il bilanciamento delle circostanze],  da  cinque  a
dieci anni di reclusione oltre alla multa). 
6. La fondatezza della questione. 
    E' noto, a  questo  collegio,  che  la  Corte  costituzionale  in
passato ha gia' effettuato uno  scrutinio  dell'art.  609-octies  del
codice penale, dichiarando la prima  questione  infondata  (v.  Corte
costituzionale - sentenza n. 325/2005), e la  seconda  manifestamente
infondata (v. Corte costituzionale - ordinanza n. 170/2006). 
    In buona sostanza, a giudizio della Corte «e'  [...]  ragionevole
ritenere [...] che la violenza sessuale di gruppo,  proprio  a  causa
della  presenza  di  piu'  persone  riunite,  cagioni   una   lesione
particolarmente grave e traumatica della sfera di  autodeterminazione
della  liberta'  sessuale   della   vittima:   tali   caratteristiche
differenziano anche sul terreno qualitativo  la  violenza  di  gruppo
dagli atti di violenza sessuale posti in essere da una sola persona e
giustificano  la   maggior   severita'   del   relativo   trattamento
sanzionatorio. Ne emerge dunque una sostanziale  diversita'  rispetto
agli atti di violenza sessuale monosoggettiva, tale  da  rendere  non
proponibile una diversa comparazione, rilevante ai fini  dell'art.  3
della Costituzione, tra il trattamento sanzionatorio riservato ai due
reati» (v. Corte costituzionale - sentenza n. 325/2005), si'  che  il
mancato richiamo all'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del
codice penale «non puo' quindi essere  ritenuta  espressione  di  una
scelta  del  legislatore  palesemente  irragionevole,  arbitraria   o
ingiustificata,  contrastante  con  l'art.  3   della   Costituzione»
(ibidem). 
    Ancora, nella successiva pronuncia  tale  ragionamento  e'  stato
ribadito ed e' stato evidenziato che «l'ordinanza  di  rimessione  in
esame non prospetta elementi nuovi o argomentazioni tali  da  indurre
questa Corte a rivedere le conclusioni gia' espresse sulla  questione
sollevata» (v. Corte costituzionale - ordinanza n. 170/2006). 
    Ritiene  tuttavia  questo  collegio  che,   nelle   more,   siano
intervenuti elementi nuovi che giustificano una nuova  sottoposizione
alla Corte della questione. 
    Come noto, infatti, la legge  n.  69/2019  (Modifiche  al  codice
penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia
di tutela delle  vittime  di  violenza  domestica  e  di  genere)  e'
intervenuta modificando, con l'art. 13, la cornice edittale dei reati
che vengono qui in rilievo. 
    In particolare, la pena precedentemente prevista per il reato  di
violenza sessuale ex art. 609-bis del  codice  penale  (da  cinque  a
dieci anni di reclusione) e' stata portata da sei a  dodici  anni  di
reclusione (v. art. 13, comma 1, legge n. 69/2019), con  un  aumento,
sia per il minimo sia per il  massimo  edittale,  del  20%;  la  pena
precedentemente prevista per il reato di violenza sessuale di  gruppo
ex art. 609-octies del  codice  penale  (da  sei  a  dodici  anni  di
reclusione) e' stata portata da otto a quattordici anni di reclusione
(v. art. 13, comma 5, legge n. 69/2019), con un aumento per il minimo
edittale del 33% e per il massimo edittale del 17%. 
    Orbene, si ritiene che, alla luce del novum  normativo,  la  pena
prevista per l'ipotesi di violenza sessuale di gruppo - la'  ove  non
prevede un meccanismo di attenuazione per i casi di minore gravita' -
sia contraria ai principi costituzionali di cui agli articoli 3 e  27
della Costituzione. 
    Il sistema normativo, a fronte di scelte  di  politica  criminale
(insindacabili  dalla  magistratura)  volte  a  punire  con  maggiore
severita' alcune fattispecie di particolare allarme sociale, fornisce
al giudice i corretti strumenti per  temperare  la  pena,  garantendo
cosi' una risposta  sanzionatoria  proporzionale  alla  gravita'  del
fatto concreto, mediante la previsione di attenuanti  specifiche  che
possono essere riconosciute, appunto, a fronte di condotte che ledono
in maniera contenuta o marginale il bene giuridico tutelato. 
    E cosi' e' prevista una  attenuante  per  il  reato  di  violenza
sessuale (art. 609-bis, comma 3, del codice penale); per il reato  di
atti sessuali compiuti con minorenni (art. 609-quater, comma  6,  del
codice penale); per il sequestro a scopo di coazione  (art.  289-ter,
comma  3,  del  codice  penale);  per  tutti  i  delitti  contro   la
personalita' dello Stato (art. 311,  del  codice  penale);  per  gran
parte dei delitti contro la pubblica amministrazione  (art.  323-bis,
del codice penale); per i  delitti  contro  il  patrimonio  culturale
(art. 518-septiesdecies, del codice penale); per i reati  in  materia
di stupefacenti (reato autonomo di cui  all'art.  73,  comma  5,  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990); a seguito degli
interventi della Corte costituzionale, e' ora prevista una attenuante
anche per i reati di estorsione (v. Corte costituzionale  -  sentenza
n.  120/2023)  e  di  sequestro  a  scopo  di  estorsione  (v.  Corte
costituzionale - sentenza n. 68/2012). La medesima ratio ha ispirato,
tra le varie, anche Corte costituzionale, sentenza n. 40/2019 (che ha
dichiarato  incostituzionale  l'art.  73,  comma   1,   decreto   del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui prevede la
pena minima edittale di otto anni di reclusione anziche' di sei anni)
e Corte costituzionale,  sentenza  n.  141/2023  (che  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69,  comma  4,  del  codice
penale nella parte in cui prevede  il  divieto  di  prevalenza  della
circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4,  del  codice  penale
sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, del codice penale). 
    Altri esempi potrebbero ancora essere richiamati. 
    In  via  di  prima  approssimazione,  l'analisi  complessiva  del
sistema normativo  (a  cui  nel  precedente  paragrafo  si  e'  fatto
sommario riferimento) e degli interventi della Corte  costituzionale,
restituisce  l'immagine  di  un  sistema   che,   seppur   variamente
caratterizzato, in filigrana, dalle stratificate (e  non  sempre  ben
coordinate)  scelte  di  politica  criminale,  risulta   coerente   e
ragionevole, perche' prevede a monte (o, in  altre  parole,  a  valle
consente al giudice di utilizzare) meccanismi che, in buona sostanza,
consentono di adeguare la  pena  alle  caratteristiche  concrete  del
fatto, tenuto anche conto che molti dei reati sopra richiamati, e che
prevedono tutti una attenuante, sono  puniti  con  pene  edittali  di
notevole rilevanza. 
    Alla luce di tali considerazioni, l'impossibilita' per il giudice
di temperare la (grave) pena edittale prevista  dall'art.  609-octies
del codice penale con una attenuante specifica per i fatti di  minore
gravita', appare ancora  piu'  ingiustificata,  irragionevole  e,  in
definitiva, violativa dell'art. 3, della Costituzione. 
    Vero e' che non tutti  i  reati  richiamati  possono  fungere  da
tertium comparationis, tenuto conto della diversita' intrinseca delle
fattispecie, della differenza tra i beni  giuridici  tutelati,  delle
diverse  ragioni  di  politica  criminale  che   hanno   portato   il
legislatore a stabilire pene edittali elevate (anche se, come  si  e'
visto, una generale panoramica dei  reati  che  prevedono  specifiche
attenuanti e' funzionale a riconoscere la  complessiva  coerenza  del
sistema). 
    E' anche vero, pero', che due utili tertia comparationis  possono
individuarsi nei reati di  violenza  sessuale  ex  art.  609-bis  del
codice penale e di atti sessuali con minorenni ex art. 609-quater del
codice penale: trattasi, con ogni evidenza, di fattispecie  in  parte
sovrapponibili nella loro oggettivita' giuridica (avendo, come minimo
comune denominatore, proprio il compimento  di  atti  sessuali),  che
tutelano lo stesso bene giuridico, inserite nei medesimi titolo, capo
e sezione del codice, caratterizzate da un parallelismo evolutivo dei
rispettivi trattamenti sanzionatori.  Entrambi,  poi,  prevedono  una
attenuante per i  casi  di  minore  gravita',  irragionevolmente  non
prevista dall'art. 609-octies del codice penale; ne'  puo'  ritenersi
che questa differenza di trattamento sia giustificata dal  fatto  che
«la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa  della  presenza  di
piu' persone riunite, cagion[a] una lesione particolarmente  grave  e
traumatica della sfera di autodeterminazione della liberta'  sessuale
della vittima: tali caratteristiche differenziando anche sul  terreno
qualitativo la violenza di gruppo degli  atti  di  violenza  sessuale
posti in essere  da  una  sola  persona  e  giustificano  la  maggior
severita'   del   relativo    trattamento    sanzionatorio»    (Corte
costituzionale -  sentenza  n.  325/2005).  Tale  considerazione,  si
ritiene, deve essere rimeditata: la diversita'  oggettiva  delle  due
fattispecie (da una  parte  una  violenza  sessuale  commessa  da  un
singolo; dall'altra parte una  violenza  sessuale  commessa  da  piu'
persone) e' gia' valorizzata e ritenuta dal legislatore la' ove  sono
state previste due cornici edittali completamente differenti (da  sei
a dodici anni di reclusione nel caso  di  cui  all'art.  609-bis  del
codice penale; da otto a quattordici anni di reclusione nel  caso  di
cui  all'art.  609-octies  del  codice  penale),   e   tanto   sembra
sufficiente - quantomeno dal punto di vista astratto - a ritenere che
la (parziale) oggettiva diversita' delle due fattispecie sia gia', di
per  se',  riconosciuta  e  valorizzata  dalla   previsione   di   un
trattamento sanzionatorio piu' elevato per  il  reato  che  comporta,
rispetto alla fattispecie di cui all'art. 609-bis del codice  penale,
una lesione piu' grave e traumatica della sfera di autodeterminazione
della liberta' sessuale della persona offesa. 
    Questo e' tanto piu' vero se si considera che il legislatore  del
2019, come sopra  si  e'  accennato,  ha  aumentato  la  pena  minima
edittale del reato ex art. 609-bis del codice penale del 20% e quella
del reato ex art. 609-octies del  codice  penale  del  33%,  rendendo
ancora piu' evidente che, dal punto di vista  astratto,  la  maggiore
compromissione del bene giuridico tutelato, nel caso  della  violenza
sessuale di gruppo, e' gia' considerata «a  monte»  dal  legislatore,
con la previsione di una pena edittale  base  per  il  reato  di  cui
all'art. 609-octies del codice penale, superiore - a oggi -  del  33%
rispetto alla pena  edittale  base  prevista  per  il  reato  di  cui
all'art. 609-bis del codice penale. 
    D'altra parte, il legislatore ha previsto  una  attenuante  anche
per la fattispecie di atti sessuali compiuti con un minorenne; se  e'
vero che, nel caso dell'art. 609-quater del codice penale,  non  sono
elementi costitutivi ne' la violenza ne' la minaccia, e'  anche  vero
che  la  diminuente  per  i  casi  di  minore  gravita'  e'  prevista
indipendentemente dalla differenza di eta' tra l'autore del  reato  e
la vittima (che puo' essere anche di decine  di  anni),  e  non  puo'
mettersi in dubbio che atti sessuali (pur consenzienti) commessi  con
soggetti  di  giovanissima  eta'  o,   addirittura,   impuberi   (che
difficilmente  hanno  piena   consapevolezza,   nell'immediato,   del
disvalore delle condotte, ma che vengono segnati  indelebilmente  nel
loro sviluppo), cagionino lesioni particolarmente gravi e traumatiche
sulla personalita' di bambini  o  adolescenti;  nonostante  cio',  il
legislatore  ha  previsto  una  attenuante  anche  in  questo   caso,
attenuante la cui mancanza - con riferimento alla fattispecie di  cui
all'art.  609-octies  del  codice  penale  -  appare  ancor  di  piu'
irragionevole. 
    D'altra parte, e' appena il caso di evidenziare che, nel caso  di
una violenza sessuale ritenuta di minore gravita', e  tenendo  quindi
conto dell'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma  3,  del  codice
penale, il  giudice,  muovendo  dal  minimo  edittale  (sei  anni  di
reclusione) e operando la diminuzione massima, potrebbe comminare  la
pena di due anni di reclusione; un identico fatto di minore gravita',
ma commesso da due persone riunite, sarebbe sanzionato con  una  pena
di otto anni di reclusione (pena quadruplicata). 
    La differenza di pena minima edittale per un fatto non di  minore
gravita' e' due anni (sei anni ex art. 609-bis,  del  codice  penale;
otto anni ex art. 609-octies, del codice penale; trattasi  del  33%);
allo stato, la differenza di pena minima edittale  per  un  fatto  di
minore gravita' e' sei anni (due anni ex  art.  609-bis,  del  codice
penale con la diminuzione massima  per  l'attenuante;  comunque  otto
anni ex art.  609-octies,  del  codice  penale;  trattasi  del  300%,
percentualmente quasi dieci volte tanto l'aumento  rispetto  ai  casi
non di minore gravita'). 
    Con il paradossale  effetto  che,  in  punto  pena,  diventerebbe
proporzionalmente piu' conveniente - ammesso che  possa  parlarsi  di
convenienza - commettere una violenza sessuale di  gruppo  di  sicura
rilevanza rispetto a una violenza sessuale di  gruppo  potenzialmente
di minore gravita'. 
    Identico discorso  puo'  essere  effettuato  comparando  la  pena
prevista dall'art. 609-quater, del codice penale con quella  prevista
dall'art. 609-octies, del codice penale. 
    E' del tutto evidente la sproporzione che si crea tra fattispecie
non gia' eguali o sovrapponibili, ma analoghe e - si ritiene - idonee
per  effettuare  una  comparazione  rilevante  ex   art.   3,   della
Costituzione (sul punto, e' pacifico che l'orientamento  della  Corte
costituzionale, negli ultimi vent'anni, e'  andato  caratterizzandosi
per un sindacato maggiormente penetrante,  testimoniato  dal  maggior
numero  di  questioni,  relative  alla  pena,  accolte  con  sentenze
dichiarative  di  incostituzionalita'):  l'oggettiva  diversita'  tra
fattispecie e' gia' ritenuta a monte dal  legislatore,  il  quale  ha
previsto  una  pena  piu'  elevata  per  il  reato  di  cui  all'art.
609-octies,    del    codice    penale;    la    dichiarazione     di
incostituzionalita' di quest'ultima fattispecie, nella parte ove  non
prevede che nei casi di minore gravita'  la  pena  sia  diminuita  in
misura  non  eccedente  i  due  terzi,  ricondurrebbe  il  sistema  a
proporzionalita', complessiva equita' e ragionevolezza. 
    Tali superiori considerazioni consentono anche di dubitare  della
costituzionalita' della norma  alla  luce  della  previsione  di  cui
all'art. 27, della Costituzione: una pena  che,  nei  fatti,  non  e'
proporzionale (si richiama ancora l'esempio dei precedenti  paragrafi
e relativo a fattispecie lievi, punite con una  pena  minima  di  due
anni nel caso di cui all'art. 609-bis, del codice penale,  e  con  la
pena minima di otto anni nel caso di  cui  all'art.  609-octies,  del
codice penale), e' certo contraria alla finalita' rieducativa di  cui
parla l'art. 27, della Costituzione, non consentendo  al  giudice  di
comminare una pena che sia adeguata al concreto e oggettivo disvalore
del  fatto.  Come  gia'  ha  avuto  modo  di  argomentare  la   Corte
costituzionale, «una pena non proporzionata alla gravita'  del  fatto
si risolve in un ostacolo alla sua funzione  rieducativa»  (v.  Corte
costituzionale - sentenza n. 40/2019; sentenza n. 236/2016;  sentenza
n. 68/2012;  sentenza  n.  341/1994);  il  percorso  di  cammino,  di
recupero e di maturazione del reo non puo' che essere ispirato  a  un
«progressivo reinserimento armonico della persona nella societa', che
costituisce  l'essenza  della  finalita'   rieducativa»   (v.   Corte
costituzionale - sentenza n. 149/2018), e in  tal  senso  vi  e'  una
violazione dell'art. 27, della Costituzione se interviene condanna  a
una «pena oggettivamente non proporzionata alla  gravita'  del  fatto
[...],  soggettivamente  percepita  come   ingiusta   e   inutilmente
vessatoria e, dunque, destinata a non realizzare lo scopo rieducativo
verso cui obbligatoriamente deve tendere» (v. Corte costituzionale  -
sentenza n. 40/2019). 
    E' cio' e' tanto piu' vero in quanto qui si  procede  nell'ambito
di un  giudizio  minorile,  tenuto  anche  conto  che  «il  principio
costituzionale  espresso   dall'art.   31,   secondo   comma,   della
Costituzione, «richied[e]  l'adozione  di  un  sistema  di  giustizia
minorile caratterizzato [...] dalla prevalente  esigenza  rieducativa
[...] (v. sentenza n. 222 del 1983)» (Corte costituzionale - sentenza
n. 1/2015). 
7. Conclusioni. 
    Alla luce di quanto sopra, ritenute la rilevanza della  questione
e la sua non manifesta infondatezza,  si  trasmettono  gli  atti  del
processo  alla  Corte  costituzionale  affinche'  decida  sulla   qui
ritenuta  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  609-octies,  del
codice penale nella parte in cui non prevede che, nei  casi  ritenuti
di minore gravita', la pena possa essere  dal  giudice  diminuita  in
misura non eccedente i due terzi, per violazione degli articoli  3  e
27, della Costituzione. 
    Seguono le ulteriori indicazioni di cui al dispositivo. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23, della legge n. 87/1953; 
    Dispone l'immediata trasmissione degli  atti  del  processo  alla
Corte costituzionale; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della
cancelleria, alla signora Presidente del Consiglio; 
    Ordina che la presente ordinanza sia  comunicata,  a  cura  della
cancelleria, al signor Presidente del Senato della  Repubblica  e  al
signor Presidente della Camera dei deputati; 
    Manda alla cancelleria per gli incombenti. 
        Milano, 4 febbraio 2025 
 
                      Il Presidente: Dell'Osta