Reg. ord. n. 49 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/03/2025 n. 13
Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Milano del 04/02/2025
Tra: M. T.
Oggetto:
Reati e pene – Violenza sessuale di gruppo – Trattamento sanzionatorio – Mancata previsione che nei casi di minore gravità la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente i due terzi – Disparità di trattamento rispetto ai reati di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis cod. pen. e di atti sessuali con minorenni di cui all’art. 609-quater cod. pen. – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.
Norme impugnate:
codice penale
del
Num.
Art. 609
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 27
Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 febbraio 2025
Ordinanza del 4 febbraio 2025 del Tribunale per i minorenni di Milano
nel procedimento penale a carico di M. T..
Reati e pene - Violenza sessuale di gruppo - Trattamento
sanzionatorio - Mancata previsione che nei casi di minore gravita'
la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente
i due terzi.
- Codice penale, art. 609-octies.
(GU n. 13 del 26-03-2025)
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI MILANO
Il giudice per l'udienza preliminare, formato dai signori
magistrati:
dott. Luca Dell'Osta - presidente;
dott. Enzo Cattaneo - giudice onorario;
dott.ssa M. Elena Magrin - giudice onorario;
nel giudizio penale a carico di T. M., nato in [...] il [...], di
fatto s.f.d. ([...]), difeso di ufficio dall'avv. Federica Libero del
foro di Milano, imputato dei reati di seguito riportati:
1) del delitto di cui agli articoli 110, 628, commi 1 e 3 n.
1) del codice penale perche', in concorso morale e materiale con il
minore non imputabile L. M. e con altro giovane rimasto ignoto, al
fine di trarne un ingiusto profitto, con violenza e minaccia si
impossessava del telefono cellulare Iphone 12 Pro di colore nero con
relativa cover raffigurante immagini di fumetti giapponesi
sottraendolo a S. M., in particolare dapprima il correo ignoto lo
avvicinava sul tram con il pretesto di compiere, atti sessuali
consenzienti, invitandolo a seguirlo in uno stabile abbandonato di
[...], e, una volta giunti nello stabile, il L. lo spingeva con forza
sul materasso a terra, estraendo e puntandogli un coltello alla gola,
mentre gli altri si impossessavano del cellulare (e del portafoglio
poi restituito dopo aver visto che non conteneva denaro).
Con le aggravanti di aver agito:
in piu' persone riunite;
approfittando delle circostanze di tempo, di luogo e di
persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avendo agito
all'interno di stabile abbandonato in orario notturno (alle ore
[...]) ai danni di un ragazzo solo (art. 61, n. 5, del codice
penale).
In [...] il [...];
2) del delitto di cui agli articoli 609-octies, commi 1 e 2,
del codice penale in relazione all'art 609-bis, comma 1, del codice
penale perche' unitamente al minore non imputabile L. M., e ad altro
giovane rimasto ignoto, costringevano S. M., a subire atti sessuali
di gruppo, in particolare - dopo averlo attirato nello stabile
abbandonato di [...] come descritto al capo 1) e spinto con violenza
sul materasso a terra, puntandogli un coltello alla gola (attivita'
materiale agita dal minore infraquattordicenne) - tutti lo toccavano
palpeggiandolo in piu' parti del corpo (addome, gambe, fondoschiena e
organo genitale) in particolare il T. sfregandogli piu' volte i
genitali.
Con l'aggravante di aver approfittato delle circostanze di tempo,
di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata
difesa, avendo agito all'interno di stabile abbandonato in orario
notturno (alle ore [...]) ai danni di un ragazzo solo (art. 61, n. 5,
del codice penale).
In [...] il [...].
All'esito dell'udienza preliminare del 4 febbraio 2025, ha
pronunciato la seguente ordinanza.
1. Lo svolgimento del processo.
Nei confronti di T. M. e' stata esercitata l'azione penale per i
reati di cui agli articoli 608-octies del codice penale e 628 del
codice penale, aggravati, sopra meglio descritti. A seguito
dell'emissione del decreto di giudizio immediato e a seguito di
rituale richiesta ex art. 458 del codice di procedura penale,
all'udienza del 4 ottobre 2023 e' stato ammesso il rito abbreviato.
L'udienza del 13 dicembre 2023 e' stata rinviata.
All'udienza del 21 febbraio 2024 il collegio ha revocato la
misura cautelare e ha ammesso l'imputato a un percorso di messa alla
prova per la durata di diciotto mesi.
All'udienza del 5 giugno 2024, nulla osservando le parti in
ordine al mutamento del collegio giudicante, e' stata revocata la
messa alla prova; il collegio ha disposto procedersi oltre nel
giudizio abbreviato, fissando una nuova udienza per la discussione.
All'udienza del 17 settembre 2024 il pubblico ministero ha
rassegnato le sue conclusioni, chiedendo in via principale di
investire la Corte costituzionale della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 609-octies del codice penale; in subordine,
ha chiesto la condanna dell'imputato per entrambi i reati contestati.
All'udienza del 4 febbraio 2025 la difesa ha chiesto in
principalita' l'assoluzione del suo assistito; in subordine, si e'
associata alla richiesta del pubblico ministero di sospensione del
processo.
All'esito della Camera di consiglio, il collegio ha dato lettura
della presente ordinanza.
2. Lo svolgimento dei fatti.
Al fine di giustificare la decisione del collegio di sospendere
il processo e di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, e'
necessario qui ricostruire - ancorche' sommariamente - i fatti che
vengono in rilievo, e cio' al fine di dimostrare, innanzitutto, la
rilevanza della questione, con la doverosa specificazione che
l'esposizione dei fatti non rappresenta ex se una (invero
inammissibile) anticipazione di giudizio, ma e' esclusivamente
finalizzata ad argomentare le ragioni dell'incidente costituzionale.
Dalla nota della Questura di Milano - Commissariato di P.S.
«Scalo Romana» del [...], con relativi allegati (in particolare,
annotazione di p. g. del [...]; verbale di arresto con allegati;
denuncia-querela presentata da S. M., tutti atti di pari data) emerge
che proprio nella notte del [...] la locale centrale operativa aveva
inviato alcuni agenti in via [...], a [...],in quanto un soggetto
aveva segnalato di aver appena subito la rapina del proprio telefono
cellulare, all'interno di uno stabile abbandonato, ad opera di due
soggetti meglio descritti in atti. Gli operanti si erano portati in
loco; avevano preso contatti con il richiedente (che attendeva in
strada), identificato poi in S. M., e avevano raccolto le sue
dichiarazioni (v. aff. 52 fascicolo); il giovane aveva riferito che,
mentre si trovava alla fermata del bus, era stato avvicinato da un
ragazzo (meglio descritto in atti), che aveva iniziato a fare alcuni
apprezzamenti nei suoi confronti, invitandolo poi a seguirlo, con
l'implicita intesa che sarebbe stato consumato un rapporto sessuale.
I due si erano quindi recati all'interno di uno stabile abbandonato
in via [...], in una stanza al secondo piano; erano poi sopraggiunti
altri due giovani (anch'essi meglio descritti in atti); i ragazzi
avevano parlato tra di loro, e uno di essi aveva invitato la p.o. a
sedersi su un materasso appoggiato a terra; S. si era seduto; uno dei
giovani aveva tentato di afferrare borsa della p.o., che era stata
quindi minacciata con un coltello; gli altri due soggetti avevano
preso dalla borsa della p.o. il suo cellulare e il suo portafoglio,
vuoto; S. aveva quindi specificato di non avere denaro contante con
se'; i tre («tutti»; v. denuncia querela, aff. 53 fasc.) gli avevano
«tocca[to] con le mani dapprima l'addome, poi le gambe, l'organo
genitale e il fondoschiena; in particolare, il ragazzo indossante il
giubbotto blu chiaro [...] si soffermava sulle mie parti intime,
toccandole e strofinandole piu' volte» (ibidem).
Gli operanti, alla luce del racconto della p.o., avevano deciso
di entrare subito all'interno dell'edificio abbandonato, unitamente
allo stesso S.; avevano rinvenuto due giovani, che la p.o. aveva
indicato quali autori dei fatti avvenuti poco prima; in particolare,
T. M. - cosi' identificato - era stato indicato come il soggetto
indossante il giubbotto blu chiaro che aveva toccato e strofinato
piu' volte i genitali del S.
3. L'inquadramento giuridico.
La procura ha contestato, a T., il reato previsto dall'art.
609-octies del codice penale, che come noto punisce la cd. «violenza
sessuale di gruppo».
Si ritiene, in primo luogo, che la contestazione sia - allo stato
- corretta. Da quanto emerge, T. ha posto in essere, unitamente ad
altre due persone, una condotta consistita nel palpeggiamento di zone
certamente erogene, quali i genitali e il sedere.
Non sembrano sussistere gli elementi per riconoscere l'attenuante
di cui all'art. 609-octies, comma 4, del codice penale, tenuto conto
che, per la giurisprudenza di legittimita' che qui si condivide, «in
tema di violenza sessuale di gruppo, l'attenuante del contributo di
minima importanza, di cui all'art. 609-octies, comma quarto, del
codice penale, puo' essere riconosciuta nel solo caso in cui
l'apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria che in
quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale
efficacia eziologica e risulti, percio', del tutto trascurabile
nell'economia generale della condotta criminosa, non essendo
sufficiente, a tal fine, la minore efficienza causale della condotta
dell'agente rispetto a quelle degli altri concorrenti» (v. Cassazione
pen., sez. IV, sentenza n. 10649/2024), il che nel caso di specie non
sembra avvenuto, dal momento che T. non ha contribuito al fatto con
un apporto marginale o lievissimo.
4. La (potenziale) sussistenza della attenuante di cui all'art.
609-bis, comma 3, del codice penale.
Ritiene il collegio che, nel caso di specie, ben potrebbe
applicarsi l'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del codice
penale, riferita ai casi di minore gravita'.
E' noto che per la valutazione in ordine alla sussistenza o meno
della attenuante di cui si discute e' necessario considerare, in
maniera globale, «il grado di compromissione del bene tutelato»
(cosi' Cassazione pen., sez. III, sentenza n. 6713/2021; in
motivazione, la Corte ha chiarito che «l'attenuante di cui all'art.
609-bis, ultimo comma, del codice penale, puo' essere applicata
allorquando vi sia una minima compressione della liberta' sessuale
della vittima, accertata prendendo in considerazione le modalita'
esecutive e le circostanze dell'azione attraverso una valutazione
globale che comprenda il grado di coartazione esercitato sulla
persona offesa, le condizioni fisiche e psichiche della stessa, le
caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'eta',
l'entita' della lesione alla liberta' sessuale ed il danno arrecato,
anche sotto il profilo psichico (Sez. 3, n. 50336 del 10 ottobre
2019, L, Rv. 277615; Sez. 3, n. 19336 del 27 marzo 2015, G., Rv.
263516; Sez. 3, n. 39445 del 1° luglio 2014, S, Rv. 260501 ed altre
prec. conf.)»; peraltro, occorre escludere da tale valutazione il
riferimento ai criteri soggettivi di cui all'art. 133, comma 2, del
codice penale, «in quanto la mitigazione della pena prevista
nell'ipotesi di minore gravita' del reato di violenza sessuale non
risponde all'esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle
circostanze attinenti alla sua persona, bensi' alla minore lesivita'
del fatto, da rapportare al grado di compromissione del bene
giuridico della liberta' sessuale della vittima (Sez. 3, n. 14560 del
17 ottobre 2017, dep. 2018, B, Rv. 272584; Sez. 3, n. 31841 del 2
aprile 2014, C, Rv. 260289; Sez. 3, n. 23093 dell'11 maggio 2011, D.,
Rv. 250682 ed altre prec. conf.)»).
D'altra parte, la ragione per cui - con riferimento, nello
specifico, al «nuovo» reato di violenza sessuale previsto dall'art.
609-bis del codice penale - e' stata prevista una attenuante nei casi
di minore gravita', va individuata nella decisione del legislatore
del 1996 di prevedere un'unica, «nuova» fattispecie, che ha
sostituito sia il reato di violenza carnale (previsto dall'abrogato
art. 519 del codice penale) sia gli atti di libidine violenti
(previsti dall'abrogato art. 521 del codice penale), e consentendo in
questo modo al giudice di parametrare la pena alla gravita' del caso
concreto, soprattutto in quei casi di minore e limitata
compromissione del bene giuridico tutelato.
Ora, ritiene il collegio che, nella fattispecie concreta,
l'attenuante di cui si discute potrebbe ben riconoscersi valutando
globalmente i fatti come sopra sommariamente ricostruiti: S. non e'
stato costretto, con violenza o minaccia, a entrare nell'edificio
abbandonato, ma lo ha fatto a seguito di alcuni ammiccamenti ricevuti
da uno dei tre autori delle condotte in contestazione; le minacce che
gli sono state rivolte all'interno non riguardano in alcun modo la
violenza sessuale subita bensi' la sottrazione del suo telefono
cellulare (circostanza che, a ben vedere, ha fondato la contestazione
di un diverso reato, ossia quello indicato sub 1 in rubrica); egli
non e' stato denudato e i palpeggiamenti sono avvenuti sopra i
vestiti, per un tempo limitatissimo; S. e' quindi uscito
dall'edificio ed e' stato in grado di chiedere immediatamente aiuto
ad alcuni passanti; ha chiesto l'intervento delle forze dell'ordine
(tosto intervenute), ed e' rientrato nell'edificio unitamente agli
operanti indicando gli autori del fatto, che non si erano
allontanate; non ha avuto necessita' di cure mediche e non risulta,
dagli atti acquisiti al fascicolo, che abbia avuto in seguito la
necessita' di supporto psicologico.
Nel complesso, pertanto, si ritiene che il fatto per cui si
procede possa considerarsi di minore gravita'.
5. Il diritto vivente e la rilevanza della questione nel presente
giudizio.
Il dato letterale delle norme che vengono qui in rilievo e
l'interpretazione della superiore giurisprudenza (anche
costituzionale) impediscono, tuttavia, l'applicazione dell'art.
609-bis, comma 3, del codice penale: «in tema di reati contro la
liberta' sessuale, l'attenuante relativa alla ipotesi di minore
gravita' di cui all'ultimo comma dell'art. 609-bis del codice penale
non puo' essere estesa al reato di violenza sessuale di gruppo ex
art. 609-octies del codice penale, sia perche' specificamente
riferita soltanto alla violenza sessuale individuale, sia perche'
logicamente incompatibile con la maggiore gravita' di una violenza
sessuale commessa in gruppo» (v. Cass pen., sez. III, sentenza n.
4913/2015); in effetti, al di la' dell'aspetto relativo alla logica
incompatibilita' con la maggior gravita' della violenza sessuale di
gruppo, e' pacifico sia che la norma incriminatrice di cui all'art.
609-octies del codice penale non richiama in alcun modo l'art.
609-bis, comma 3, del codice penale, sia che la' ove il legislatore
ha inteso estendere l'attenuante di cui si discute a ipotesi
differenti rispetto all'ipotesi base, lo ha espressamente previsto
(e' il caso dell'art. 609-quater del codice penale).
E' a questo punto che emerge la rilevanza della questione che
viene sottoposta alla Corte con la presente ordinanza: si e' in
presenza di una violenza sessuale di gruppo ex art. 609-octies del
codice penale commessa in forma ritenuta di minore gravita';
tuttavia, non e' prevista una specifica attenuante per tali fatti
ritenuti di minore gravita' alla luce dell'interpretazione della
norma (qui e' del tutto condivisa quantomeno nella sua dimensione
letterale); non puo' in alcun modo giungersi a differenti conclusioni
che siano costituzionalmente orientate, dal momento che qualsiasi
diversa interpretazione non tanto giungerebbe a spezzare il dato
letterale della norma, ma andrebbe ancora oltre, con una operazione
di poiesi normativa affatto inaccettabile che, in concreto,
trasformerebbe il giudice in legislatore.
E' pertanto opportuno e anzi doveroso, essendo rilevante nei
termini di cui sopra, sottoporre alla Corte la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 609-octies del codice penale
nella parte in cui non prevede che, nei casi ritenuti di minore
gravita', la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non
eccedente i due terzi.
E' appena il caso di evidenziare che, a giudizio di questo
collegio, il fatto che si proceda (nel medesimo giudizio) anche per
il reato di rapina aggravata non fa venir meno la rilevanza della
questione: tenuto conto che, nel caso di specie, ben potrebbe essere
riconosciuta in via di equivalenza la diminuente della minore eta'
prevista ex art. 98 del codice penale, e potendosi egualmente
riconoscere la continuazione tra i reati ascritti, alla luce dei
criteri indicati da Cassazione pen., SS.UU., sentenza n. 25939/2013
il reato piu' grave andrebbe certamente individuato in quello di
violenza sessuale di gruppo non aggravata (la cui pena edittale, alla
luce del bilanciamento delle circostanze, va da otto a quattordici
anni di reclusione, superiore a quella prevista per la rapina non
aggravata [atteso il bilanciamento delle circostanze], da cinque a
dieci anni di reclusione oltre alla multa).
6. La fondatezza della questione.
E' noto, a questo collegio, che la Corte costituzionale in
passato ha gia' effettuato uno scrutinio dell'art. 609-octies del
codice penale, dichiarando la prima questione infondata (v. Corte
costituzionale - sentenza n. 325/2005), e la seconda manifestamente
infondata (v. Corte costituzionale - ordinanza n. 170/2006).
In buona sostanza, a giudizio della Corte «e' [...] ragionevole
ritenere [...] che la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa
della presenza di piu' persone riunite, cagioni una lesione
particolarmente grave e traumatica della sfera di autodeterminazione
della liberta' sessuale della vittima: tali caratteristiche
differenziano anche sul terreno qualitativo la violenza di gruppo
dagli atti di violenza sessuale posti in essere da una sola persona e
giustificano la maggior severita' del relativo trattamento
sanzionatorio. Ne emerge dunque una sostanziale diversita' rispetto
agli atti di violenza sessuale monosoggettiva, tale da rendere non
proponibile una diversa comparazione, rilevante ai fini dell'art. 3
della Costituzione, tra il trattamento sanzionatorio riservato ai due
reati» (v. Corte costituzionale - sentenza n. 325/2005), si' che il
mancato richiamo all'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del
codice penale «non puo' quindi essere ritenuta espressione di una
scelta del legislatore palesemente irragionevole, arbitraria o
ingiustificata, contrastante con l'art. 3 della Costituzione»
(ibidem).
Ancora, nella successiva pronuncia tale ragionamento e' stato
ribadito ed e' stato evidenziato che «l'ordinanza di rimessione in
esame non prospetta elementi nuovi o argomentazioni tali da indurre
questa Corte a rivedere le conclusioni gia' espresse sulla questione
sollevata» (v. Corte costituzionale - ordinanza n. 170/2006).
Ritiene tuttavia questo collegio che, nelle more, siano
intervenuti elementi nuovi che giustificano una nuova sottoposizione
alla Corte della questione.
Come noto, infatti, la legge n. 69/2019 (Modifiche al codice
penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia
di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere) e'
intervenuta modificando, con l'art. 13, la cornice edittale dei reati
che vengono qui in rilievo.
In particolare, la pena precedentemente prevista per il reato di
violenza sessuale ex art. 609-bis del codice penale (da cinque a
dieci anni di reclusione) e' stata portata da sei a dodici anni di
reclusione (v. art. 13, comma 1, legge n. 69/2019), con un aumento,
sia per il minimo sia per il massimo edittale, del 20%; la pena
precedentemente prevista per il reato di violenza sessuale di gruppo
ex art. 609-octies del codice penale (da sei a dodici anni di
reclusione) e' stata portata da otto a quattordici anni di reclusione
(v. art. 13, comma 5, legge n. 69/2019), con un aumento per il minimo
edittale del 33% e per il massimo edittale del 17%.
Orbene, si ritiene che, alla luce del novum normativo, la pena
prevista per l'ipotesi di violenza sessuale di gruppo - la' ove non
prevede un meccanismo di attenuazione per i casi di minore gravita' -
sia contraria ai principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 27
della Costituzione.
Il sistema normativo, a fronte di scelte di politica criminale
(insindacabili dalla magistratura) volte a punire con maggiore
severita' alcune fattispecie di particolare allarme sociale, fornisce
al giudice i corretti strumenti per temperare la pena, garantendo
cosi' una risposta sanzionatoria proporzionale alla gravita' del
fatto concreto, mediante la previsione di attenuanti specifiche che
possono essere riconosciute, appunto, a fronte di condotte che ledono
in maniera contenuta o marginale il bene giuridico tutelato.
E cosi' e' prevista una attenuante per il reato di violenza
sessuale (art. 609-bis, comma 3, del codice penale); per il reato di
atti sessuali compiuti con minorenni (art. 609-quater, comma 6, del
codice penale); per il sequestro a scopo di coazione (art. 289-ter,
comma 3, del codice penale); per tutti i delitti contro la
personalita' dello Stato (art. 311, del codice penale); per gran
parte dei delitti contro la pubblica amministrazione (art. 323-bis,
del codice penale); per i delitti contro il patrimonio culturale
(art. 518-septiesdecies, del codice penale); per i reati in materia
di stupefacenti (reato autonomo di cui all'art. 73, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990); a seguito degli
interventi della Corte costituzionale, e' ora prevista una attenuante
anche per i reati di estorsione (v. Corte costituzionale - sentenza
n. 120/2023) e di sequestro a scopo di estorsione (v. Corte
costituzionale - sentenza n. 68/2012). La medesima ratio ha ispirato,
tra le varie, anche Corte costituzionale, sentenza n. 40/2019 (che ha
dichiarato incostituzionale l'art. 73, comma 1, decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui prevede la
pena minima edittale di otto anni di reclusione anziche' di sei anni)
e Corte costituzionale, sentenza n. 141/2023 (che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, del codice
penale nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della
circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, del codice penale
sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, del codice penale).
Altri esempi potrebbero ancora essere richiamati.
In via di prima approssimazione, l'analisi complessiva del
sistema normativo (a cui nel precedente paragrafo si e' fatto
sommario riferimento) e degli interventi della Corte costituzionale,
restituisce l'immagine di un sistema che, seppur variamente
caratterizzato, in filigrana, dalle stratificate (e non sempre ben
coordinate) scelte di politica criminale, risulta coerente e
ragionevole, perche' prevede a monte (o, in altre parole, a valle
consente al giudice di utilizzare) meccanismi che, in buona sostanza,
consentono di adeguare la pena alle caratteristiche concrete del
fatto, tenuto anche conto che molti dei reati sopra richiamati, e che
prevedono tutti una attenuante, sono puniti con pene edittali di
notevole rilevanza.
Alla luce di tali considerazioni, l'impossibilita' per il giudice
di temperare la (grave) pena edittale prevista dall'art. 609-octies
del codice penale con una attenuante specifica per i fatti di minore
gravita', appare ancora piu' ingiustificata, irragionevole e, in
definitiva, violativa dell'art. 3, della Costituzione.
Vero e' che non tutti i reati richiamati possono fungere da
tertium comparationis, tenuto conto della diversita' intrinseca delle
fattispecie, della differenza tra i beni giuridici tutelati, delle
diverse ragioni di politica criminale che hanno portato il
legislatore a stabilire pene edittali elevate (anche se, come si e'
visto, una generale panoramica dei reati che prevedono specifiche
attenuanti e' funzionale a riconoscere la complessiva coerenza del
sistema).
E' anche vero, pero', che due utili tertia comparationis possono
individuarsi nei reati di violenza sessuale ex art. 609-bis del
codice penale e di atti sessuali con minorenni ex art. 609-quater del
codice penale: trattasi, con ogni evidenza, di fattispecie in parte
sovrapponibili nella loro oggettivita' giuridica (avendo, come minimo
comune denominatore, proprio il compimento di atti sessuali), che
tutelano lo stesso bene giuridico, inserite nei medesimi titolo, capo
e sezione del codice, caratterizzate da un parallelismo evolutivo dei
rispettivi trattamenti sanzionatori. Entrambi, poi, prevedono una
attenuante per i casi di minore gravita', irragionevolmente non
prevista dall'art. 609-octies del codice penale; ne' puo' ritenersi
che questa differenza di trattamento sia giustificata dal fatto che
«la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa della presenza di
piu' persone riunite, cagion[a] una lesione particolarmente grave e
traumatica della sfera di autodeterminazione della liberta' sessuale
della vittima: tali caratteristiche differenziando anche sul terreno
qualitativo la violenza di gruppo degli atti di violenza sessuale
posti in essere da una sola persona e giustificano la maggior
severita' del relativo trattamento sanzionatorio» (Corte
costituzionale - sentenza n. 325/2005). Tale considerazione, si
ritiene, deve essere rimeditata: la diversita' oggettiva delle due
fattispecie (da una parte una violenza sessuale commessa da un
singolo; dall'altra parte una violenza sessuale commessa da piu'
persone) e' gia' valorizzata e ritenuta dal legislatore la' ove sono
state previste due cornici edittali completamente differenti (da sei
a dodici anni di reclusione nel caso di cui all'art. 609-bis del
codice penale; da otto a quattordici anni di reclusione nel caso di
cui all'art. 609-octies del codice penale), e tanto sembra
sufficiente - quantomeno dal punto di vista astratto - a ritenere che
la (parziale) oggettiva diversita' delle due fattispecie sia gia', di
per se', riconosciuta e valorizzata dalla previsione di un
trattamento sanzionatorio piu' elevato per il reato che comporta,
rispetto alla fattispecie di cui all'art. 609-bis del codice penale,
una lesione piu' grave e traumatica della sfera di autodeterminazione
della liberta' sessuale della persona offesa.
Questo e' tanto piu' vero se si considera che il legislatore del
2019, come sopra si e' accennato, ha aumentato la pena minima
edittale del reato ex art. 609-bis del codice penale del 20% e quella
del reato ex art. 609-octies del codice penale del 33%, rendendo
ancora piu' evidente che, dal punto di vista astratto, la maggiore
compromissione del bene giuridico tutelato, nel caso della violenza
sessuale di gruppo, e' gia' considerata «a monte» dal legislatore,
con la previsione di una pena edittale base per il reato di cui
all'art. 609-octies del codice penale, superiore - a oggi - del 33%
rispetto alla pena edittale base prevista per il reato di cui
all'art. 609-bis del codice penale.
D'altra parte, il legislatore ha previsto una attenuante anche
per la fattispecie di atti sessuali compiuti con un minorenne; se e'
vero che, nel caso dell'art. 609-quater del codice penale, non sono
elementi costitutivi ne' la violenza ne' la minaccia, e' anche vero
che la diminuente per i casi di minore gravita' e' prevista
indipendentemente dalla differenza di eta' tra l'autore del reato e
la vittima (che puo' essere anche di decine di anni), e non puo'
mettersi in dubbio che atti sessuali (pur consenzienti) commessi con
soggetti di giovanissima eta' o, addirittura, impuberi (che
difficilmente hanno piena consapevolezza, nell'immediato, del
disvalore delle condotte, ma che vengono segnati indelebilmente nel
loro sviluppo), cagionino lesioni particolarmente gravi e traumatiche
sulla personalita' di bambini o adolescenti; nonostante cio', il
legislatore ha previsto una attenuante anche in questo caso,
attenuante la cui mancanza - con riferimento alla fattispecie di cui
all'art. 609-octies del codice penale - appare ancor di piu'
irragionevole.
D'altra parte, e' appena il caso di evidenziare che, nel caso di
una violenza sessuale ritenuta di minore gravita', e tenendo quindi
conto dell'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del codice
penale, il giudice, muovendo dal minimo edittale (sei anni di
reclusione) e operando la diminuzione massima, potrebbe comminare la
pena di due anni di reclusione; un identico fatto di minore gravita',
ma commesso da due persone riunite, sarebbe sanzionato con una pena
di otto anni di reclusione (pena quadruplicata).
La differenza di pena minima edittale per un fatto non di minore
gravita' e' due anni (sei anni ex art. 609-bis, del codice penale;
otto anni ex art. 609-octies, del codice penale; trattasi del 33%);
allo stato, la differenza di pena minima edittale per un fatto di
minore gravita' e' sei anni (due anni ex art. 609-bis, del codice
penale con la diminuzione massima per l'attenuante; comunque otto
anni ex art. 609-octies, del codice penale; trattasi del 300%,
percentualmente quasi dieci volte tanto l'aumento rispetto ai casi
non di minore gravita').
Con il paradossale effetto che, in punto pena, diventerebbe
proporzionalmente piu' conveniente - ammesso che possa parlarsi di
convenienza - commettere una violenza sessuale di gruppo di sicura
rilevanza rispetto a una violenza sessuale di gruppo potenzialmente
di minore gravita'.
Identico discorso puo' essere effettuato comparando la pena
prevista dall'art. 609-quater, del codice penale con quella prevista
dall'art. 609-octies, del codice penale.
E' del tutto evidente la sproporzione che si crea tra fattispecie
non gia' eguali o sovrapponibili, ma analoghe e - si ritiene - idonee
per effettuare una comparazione rilevante ex art. 3, della
Costituzione (sul punto, e' pacifico che l'orientamento della Corte
costituzionale, negli ultimi vent'anni, e' andato caratterizzandosi
per un sindacato maggiormente penetrante, testimoniato dal maggior
numero di questioni, relative alla pena, accolte con sentenze
dichiarative di incostituzionalita'): l'oggettiva diversita' tra
fattispecie e' gia' ritenuta a monte dal legislatore, il quale ha
previsto una pena piu' elevata per il reato di cui all'art.
609-octies, del codice penale; la dichiarazione di
incostituzionalita' di quest'ultima fattispecie, nella parte ove non
prevede che nei casi di minore gravita' la pena sia diminuita in
misura non eccedente i due terzi, ricondurrebbe il sistema a
proporzionalita', complessiva equita' e ragionevolezza.
Tali superiori considerazioni consentono anche di dubitare della
costituzionalita' della norma alla luce della previsione di cui
all'art. 27, della Costituzione: una pena che, nei fatti, non e'
proporzionale (si richiama ancora l'esempio dei precedenti paragrafi
e relativo a fattispecie lievi, punite con una pena minima di due
anni nel caso di cui all'art. 609-bis, del codice penale, e con la
pena minima di otto anni nel caso di cui all'art. 609-octies, del
codice penale), e' certo contraria alla finalita' rieducativa di cui
parla l'art. 27, della Costituzione, non consentendo al giudice di
comminare una pena che sia adeguata al concreto e oggettivo disvalore
del fatto. Come gia' ha avuto modo di argomentare la Corte
costituzionale, «una pena non proporzionata alla gravita' del fatto
si risolve in un ostacolo alla sua funzione rieducativa» (v. Corte
costituzionale - sentenza n. 40/2019; sentenza n. 236/2016; sentenza
n. 68/2012; sentenza n. 341/1994); il percorso di cammino, di
recupero e di maturazione del reo non puo' che essere ispirato a un
«progressivo reinserimento armonico della persona nella societa', che
costituisce l'essenza della finalita' rieducativa» (v. Corte
costituzionale - sentenza n. 149/2018), e in tal senso vi e' una
violazione dell'art. 27, della Costituzione se interviene condanna a
una «pena oggettivamente non proporzionata alla gravita' del fatto
[...], soggettivamente percepita come ingiusta e inutilmente
vessatoria e, dunque, destinata a non realizzare lo scopo rieducativo
verso cui obbligatoriamente deve tendere» (v. Corte costituzionale -
sentenza n. 40/2019).
E' cio' e' tanto piu' vero in quanto qui si procede nell'ambito
di un giudizio minorile, tenuto anche conto che «il principio
costituzionale espresso dall'art. 31, secondo comma, della
Costituzione, «richied[e] l'adozione di un sistema di giustizia
minorile caratterizzato [...] dalla prevalente esigenza rieducativa
[...] (v. sentenza n. 222 del 1983)» (Corte costituzionale - sentenza
n. 1/2015).
7. Conclusioni.
Alla luce di quanto sopra, ritenute la rilevanza della questione
e la sua non manifesta infondatezza, si trasmettono gli atti del
processo alla Corte costituzionale affinche' decida sulla qui
ritenuta illegittimita' costituzionale dell'art. 609-octies, del
codice penale nella parte in cui non prevede che, nei casi ritenuti
di minore gravita', la pena possa essere dal giudice diminuita in
misura non eccedente i due terzi, per violazione degli articoli 3 e
27, della Costituzione.
Seguono le ulteriori indicazioni di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Visto l'art. 23, della legge n. 87/1953;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti del processo alla
Corte costituzionale;
Sospende il giudizio in corso;
Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della
cancelleria, alla signora Presidente del Consiglio;
Ordina che la presente ordinanza sia comunicata, a cura della
cancelleria, al signor Presidente del Senato della Repubblica e al
signor Presidente della Camera dei deputati;
Manda alla cancelleria per gli incombenti.
Milano, 4 febbraio 2025
Il Presidente: Dell'Osta
Oggetto:
Reati e pene – Violenza sessuale di gruppo – Trattamento sanzionatorio – Mancata previsione che nei casi di minore gravità la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente i due terzi – Disparità di trattamento rispetto ai reati di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis cod. pen. e di atti sessuali con minorenni di cui all’art. 609-quater cod. pen. – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.
Norme impugnate:
codice penale del Num. Art. 609
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 27 Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 04 febbraio 2025 Ordinanza del 4 febbraio 2025 del Tribunale per i minorenni di Milano nel procedimento penale a carico di M. T.. Reati e pene - Violenza sessuale di gruppo - Trattamento sanzionatorio - Mancata previsione che nei casi di minore gravita' la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente i due terzi. - Codice penale, art. 609-octies. (GU n. 13 del 26-03-2025) TRIBUNALE PER I MINORENNI DI MILANO Il giudice per l'udienza preliminare, formato dai signori magistrati: dott. Luca Dell'Osta - presidente; dott. Enzo Cattaneo - giudice onorario; dott.ssa M. Elena Magrin - giudice onorario; nel giudizio penale a carico di T. M., nato in [...] il [...], di fatto s.f.d. ([...]), difeso di ufficio dall'avv. Federica Libero del foro di Milano, imputato dei reati di seguito riportati: 1) del delitto di cui agli articoli 110, 628, commi 1 e 3 n. 1) del codice penale perche', in concorso morale e materiale con il minore non imputabile L. M. e con altro giovane rimasto ignoto, al fine di trarne un ingiusto profitto, con violenza e minaccia si impossessava del telefono cellulare Iphone 12 Pro di colore nero con relativa cover raffigurante immagini di fumetti giapponesi sottraendolo a S. M., in particolare dapprima il correo ignoto lo avvicinava sul tram con il pretesto di compiere, atti sessuali consenzienti, invitandolo a seguirlo in uno stabile abbandonato di [...], e, una volta giunti nello stabile, il L. lo spingeva con forza sul materasso a terra, estraendo e puntandogli un coltello alla gola, mentre gli altri si impossessavano del cellulare (e del portafoglio poi restituito dopo aver visto che non conteneva denaro). Con le aggravanti di aver agito: in piu' persone riunite; approfittando delle circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avendo agito all'interno di stabile abbandonato in orario notturno (alle ore [...]) ai danni di un ragazzo solo (art. 61, n. 5, del codice penale). In [...] il [...]; 2) del delitto di cui agli articoli 609-octies, commi 1 e 2, del codice penale in relazione all'art 609-bis, comma 1, del codice penale perche' unitamente al minore non imputabile L. M., e ad altro giovane rimasto ignoto, costringevano S. M., a subire atti sessuali di gruppo, in particolare - dopo averlo attirato nello stabile abbandonato di [...] come descritto al capo 1) e spinto con violenza sul materasso a terra, puntandogli un coltello alla gola (attivita' materiale agita dal minore infraquattordicenne) - tutti lo toccavano palpeggiandolo in piu' parti del corpo (addome, gambe, fondoschiena e organo genitale) in particolare il T. sfregandogli piu' volte i genitali. Con l'aggravante di aver approfittato delle circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, avendo agito all'interno di stabile abbandonato in orario notturno (alle ore [...]) ai danni di un ragazzo solo (art. 61, n. 5, del codice penale). In [...] il [...]. All'esito dell'udienza preliminare del 4 febbraio 2025, ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. Lo svolgimento del processo. Nei confronti di T. M. e' stata esercitata l'azione penale per i reati di cui agli articoli 608-octies del codice penale e 628 del codice penale, aggravati, sopra meglio descritti. A seguito dell'emissione del decreto di giudizio immediato e a seguito di rituale richiesta ex art. 458 del codice di procedura penale, all'udienza del 4 ottobre 2023 e' stato ammesso il rito abbreviato. L'udienza del 13 dicembre 2023 e' stata rinviata. All'udienza del 21 febbraio 2024 il collegio ha revocato la misura cautelare e ha ammesso l'imputato a un percorso di messa alla prova per la durata di diciotto mesi. All'udienza del 5 giugno 2024, nulla osservando le parti in ordine al mutamento del collegio giudicante, e' stata revocata la messa alla prova; il collegio ha disposto procedersi oltre nel giudizio abbreviato, fissando una nuova udienza per la discussione. All'udienza del 17 settembre 2024 il pubblico ministero ha rassegnato le sue conclusioni, chiedendo in via principale di investire la Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 609-octies del codice penale; in subordine, ha chiesto la condanna dell'imputato per entrambi i reati contestati. All'udienza del 4 febbraio 2025 la difesa ha chiesto in principalita' l'assoluzione del suo assistito; in subordine, si e' associata alla richiesta del pubblico ministero di sospensione del processo. All'esito della Camera di consiglio, il collegio ha dato lettura della presente ordinanza. 2. Lo svolgimento dei fatti. Al fine di giustificare la decisione del collegio di sospendere il processo e di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale, e' necessario qui ricostruire - ancorche' sommariamente - i fatti che vengono in rilievo, e cio' al fine di dimostrare, innanzitutto, la rilevanza della questione, con la doverosa specificazione che l'esposizione dei fatti non rappresenta ex se una (invero inammissibile) anticipazione di giudizio, ma e' esclusivamente finalizzata ad argomentare le ragioni dell'incidente costituzionale. Dalla nota della Questura di Milano - Commissariato di P.S. «Scalo Romana» del [...], con relativi allegati (in particolare, annotazione di p. g. del [...]; verbale di arresto con allegati; denuncia-querela presentata da S. M., tutti atti di pari data) emerge che proprio nella notte del [...] la locale centrale operativa aveva inviato alcuni agenti in via [...], a [...],in quanto un soggetto aveva segnalato di aver appena subito la rapina del proprio telefono cellulare, all'interno di uno stabile abbandonato, ad opera di due soggetti meglio descritti in atti. Gli operanti si erano portati in loco; avevano preso contatti con il richiedente (che attendeva in strada), identificato poi in S. M., e avevano raccolto le sue dichiarazioni (v. aff. 52 fascicolo); il giovane aveva riferito che, mentre si trovava alla fermata del bus, era stato avvicinato da un ragazzo (meglio descritto in atti), che aveva iniziato a fare alcuni apprezzamenti nei suoi confronti, invitandolo poi a seguirlo, con l'implicita intesa che sarebbe stato consumato un rapporto sessuale. I due si erano quindi recati all'interno di uno stabile abbandonato in via [...], in una stanza al secondo piano; erano poi sopraggiunti altri due giovani (anch'essi meglio descritti in atti); i ragazzi avevano parlato tra di loro, e uno di essi aveva invitato la p.o. a sedersi su un materasso appoggiato a terra; S. si era seduto; uno dei giovani aveva tentato di afferrare borsa della p.o., che era stata quindi minacciata con un coltello; gli altri due soggetti avevano preso dalla borsa della p.o. il suo cellulare e il suo portafoglio, vuoto; S. aveva quindi specificato di non avere denaro contante con se'; i tre («tutti»; v. denuncia querela, aff. 53 fasc.) gli avevano «tocca[to] con le mani dapprima l'addome, poi le gambe, l'organo genitale e il fondoschiena; in particolare, il ragazzo indossante il giubbotto blu chiaro [...] si soffermava sulle mie parti intime, toccandole e strofinandole piu' volte» (ibidem). Gli operanti, alla luce del racconto della p.o., avevano deciso di entrare subito all'interno dell'edificio abbandonato, unitamente allo stesso S.; avevano rinvenuto due giovani, che la p.o. aveva indicato quali autori dei fatti avvenuti poco prima; in particolare, T. M. - cosi' identificato - era stato indicato come il soggetto indossante il giubbotto blu chiaro che aveva toccato e strofinato piu' volte i genitali del S. 3. L'inquadramento giuridico. La procura ha contestato, a T., il reato previsto dall'art. 609-octies del codice penale, che come noto punisce la cd. «violenza sessuale di gruppo». Si ritiene, in primo luogo, che la contestazione sia - allo stato - corretta. Da quanto emerge, T. ha posto in essere, unitamente ad altre due persone, una condotta consistita nel palpeggiamento di zone certamente erogene, quali i genitali e il sedere. Non sembrano sussistere gli elementi per riconoscere l'attenuante di cui all'art. 609-octies, comma 4, del codice penale, tenuto conto che, per la giurisprudenza di legittimita' che qui si condivide, «in tema di violenza sessuale di gruppo, l'attenuante del contributo di minima importanza, di cui all'art. 609-octies, comma quarto, del codice penale, puo' essere riconosciuta nel solo caso in cui l'apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria che in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica e risulti, percio', del tutto trascurabile nell'economia generale della condotta criminosa, non essendo sufficiente, a tal fine, la minore efficienza causale della condotta dell'agente rispetto a quelle degli altri concorrenti» (v. Cassazione pen., sez. IV, sentenza n. 10649/2024), il che nel caso di specie non sembra avvenuto, dal momento che T. non ha contribuito al fatto con un apporto marginale o lievissimo. 4. La (potenziale) sussistenza della attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del codice penale. Ritiene il collegio che, nel caso di specie, ben potrebbe applicarsi l'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del codice penale, riferita ai casi di minore gravita'. E' noto che per la valutazione in ordine alla sussistenza o meno della attenuante di cui si discute e' necessario considerare, in maniera globale, «il grado di compromissione del bene tutelato» (cosi' Cassazione pen., sez. III, sentenza n. 6713/2021; in motivazione, la Corte ha chiarito che «l'attenuante di cui all'art. 609-bis, ultimo comma, del codice penale, puo' essere applicata allorquando vi sia una minima compressione della liberta' sessuale della vittima, accertata prendendo in considerazione le modalita' esecutive e le circostanze dell'azione attraverso una valutazione globale che comprenda il grado di coartazione esercitato sulla persona offesa, le condizioni fisiche e psichiche della stessa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all'eta', l'entita' della lesione alla liberta' sessuale ed il danno arrecato, anche sotto il profilo psichico (Sez. 3, n. 50336 del 10 ottobre 2019, L, Rv. 277615; Sez. 3, n. 19336 del 27 marzo 2015, G., Rv. 263516; Sez. 3, n. 39445 del 1° luglio 2014, S, Rv. 260501 ed altre prec. conf.)»; peraltro, occorre escludere da tale valutazione il riferimento ai criteri soggettivi di cui all'art. 133, comma 2, del codice penale, «in quanto la mitigazione della pena prevista nell'ipotesi di minore gravita' del reato di violenza sessuale non risponde all'esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle circostanze attinenti alla sua persona, bensi' alla minore lesivita' del fatto, da rapportare al grado di compromissione del bene giuridico della liberta' sessuale della vittima (Sez. 3, n. 14560 del 17 ottobre 2017, dep. 2018, B, Rv. 272584; Sez. 3, n. 31841 del 2 aprile 2014, C, Rv. 260289; Sez. 3, n. 23093 dell'11 maggio 2011, D., Rv. 250682 ed altre prec. conf.)»). D'altra parte, la ragione per cui - con riferimento, nello specifico, al «nuovo» reato di violenza sessuale previsto dall'art. 609-bis del codice penale - e' stata prevista una attenuante nei casi di minore gravita', va individuata nella decisione del legislatore del 1996 di prevedere un'unica, «nuova» fattispecie, che ha sostituito sia il reato di violenza carnale (previsto dall'abrogato art. 519 del codice penale) sia gli atti di libidine violenti (previsti dall'abrogato art. 521 del codice penale), e consentendo in questo modo al giudice di parametrare la pena alla gravita' del caso concreto, soprattutto in quei casi di minore e limitata compromissione del bene giuridico tutelato. Ora, ritiene il collegio che, nella fattispecie concreta, l'attenuante di cui si discute potrebbe ben riconoscersi valutando globalmente i fatti come sopra sommariamente ricostruiti: S. non e' stato costretto, con violenza o minaccia, a entrare nell'edificio abbandonato, ma lo ha fatto a seguito di alcuni ammiccamenti ricevuti da uno dei tre autori delle condotte in contestazione; le minacce che gli sono state rivolte all'interno non riguardano in alcun modo la violenza sessuale subita bensi' la sottrazione del suo telefono cellulare (circostanza che, a ben vedere, ha fondato la contestazione di un diverso reato, ossia quello indicato sub 1 in rubrica); egli non e' stato denudato e i palpeggiamenti sono avvenuti sopra i vestiti, per un tempo limitatissimo; S. e' quindi uscito dall'edificio ed e' stato in grado di chiedere immediatamente aiuto ad alcuni passanti; ha chiesto l'intervento delle forze dell'ordine (tosto intervenute), ed e' rientrato nell'edificio unitamente agli operanti indicando gli autori del fatto, che non si erano allontanate; non ha avuto necessita' di cure mediche e non risulta, dagli atti acquisiti al fascicolo, che abbia avuto in seguito la necessita' di supporto psicologico. Nel complesso, pertanto, si ritiene che il fatto per cui si procede possa considerarsi di minore gravita'. 5. Il diritto vivente e la rilevanza della questione nel presente giudizio. Il dato letterale delle norme che vengono qui in rilievo e l'interpretazione della superiore giurisprudenza (anche costituzionale) impediscono, tuttavia, l'applicazione dell'art. 609-bis, comma 3, del codice penale: «in tema di reati contro la liberta' sessuale, l'attenuante relativa alla ipotesi di minore gravita' di cui all'ultimo comma dell'art. 609-bis del codice penale non puo' essere estesa al reato di violenza sessuale di gruppo ex art. 609-octies del codice penale, sia perche' specificamente riferita soltanto alla violenza sessuale individuale, sia perche' logicamente incompatibile con la maggiore gravita' di una violenza sessuale commessa in gruppo» (v. Cass pen., sez. III, sentenza n. 4913/2015); in effetti, al di la' dell'aspetto relativo alla logica incompatibilita' con la maggior gravita' della violenza sessuale di gruppo, e' pacifico sia che la norma incriminatrice di cui all'art. 609-octies del codice penale non richiama in alcun modo l'art. 609-bis, comma 3, del codice penale, sia che la' ove il legislatore ha inteso estendere l'attenuante di cui si discute a ipotesi differenti rispetto all'ipotesi base, lo ha espressamente previsto (e' il caso dell'art. 609-quater del codice penale). E' a questo punto che emerge la rilevanza della questione che viene sottoposta alla Corte con la presente ordinanza: si e' in presenza di una violenza sessuale di gruppo ex art. 609-octies del codice penale commessa in forma ritenuta di minore gravita'; tuttavia, non e' prevista una specifica attenuante per tali fatti ritenuti di minore gravita' alla luce dell'interpretazione della norma (qui e' del tutto condivisa quantomeno nella sua dimensione letterale); non puo' in alcun modo giungersi a differenti conclusioni che siano costituzionalmente orientate, dal momento che qualsiasi diversa interpretazione non tanto giungerebbe a spezzare il dato letterale della norma, ma andrebbe ancora oltre, con una operazione di poiesi normativa affatto inaccettabile che, in concreto, trasformerebbe il giudice in legislatore. E' pertanto opportuno e anzi doveroso, essendo rilevante nei termini di cui sopra, sottoporre alla Corte la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 609-octies del codice penale nella parte in cui non prevede che, nei casi ritenuti di minore gravita', la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente i due terzi. E' appena il caso di evidenziare che, a giudizio di questo collegio, il fatto che si proceda (nel medesimo giudizio) anche per il reato di rapina aggravata non fa venir meno la rilevanza della questione: tenuto conto che, nel caso di specie, ben potrebbe essere riconosciuta in via di equivalenza la diminuente della minore eta' prevista ex art. 98 del codice penale, e potendosi egualmente riconoscere la continuazione tra i reati ascritti, alla luce dei criteri indicati da Cassazione pen., SS.UU., sentenza n. 25939/2013 il reato piu' grave andrebbe certamente individuato in quello di violenza sessuale di gruppo non aggravata (la cui pena edittale, alla luce del bilanciamento delle circostanze, va da otto a quattordici anni di reclusione, superiore a quella prevista per la rapina non aggravata [atteso il bilanciamento delle circostanze], da cinque a dieci anni di reclusione oltre alla multa). 6. La fondatezza della questione. E' noto, a questo collegio, che la Corte costituzionale in passato ha gia' effettuato uno scrutinio dell'art. 609-octies del codice penale, dichiarando la prima questione infondata (v. Corte costituzionale - sentenza n. 325/2005), e la seconda manifestamente infondata (v. Corte costituzionale - ordinanza n. 170/2006). In buona sostanza, a giudizio della Corte «e' [...] ragionevole ritenere [...] che la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa della presenza di piu' persone riunite, cagioni una lesione particolarmente grave e traumatica della sfera di autodeterminazione della liberta' sessuale della vittima: tali caratteristiche differenziano anche sul terreno qualitativo la violenza di gruppo dagli atti di violenza sessuale posti in essere da una sola persona e giustificano la maggior severita' del relativo trattamento sanzionatorio. Ne emerge dunque una sostanziale diversita' rispetto agli atti di violenza sessuale monosoggettiva, tale da rendere non proponibile una diversa comparazione, rilevante ai fini dell'art. 3 della Costituzione, tra il trattamento sanzionatorio riservato ai due reati» (v. Corte costituzionale - sentenza n. 325/2005), si' che il mancato richiamo all'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del codice penale «non puo' quindi essere ritenuta espressione di una scelta del legislatore palesemente irragionevole, arbitraria o ingiustificata, contrastante con l'art. 3 della Costituzione» (ibidem). Ancora, nella successiva pronuncia tale ragionamento e' stato ribadito ed e' stato evidenziato che «l'ordinanza di rimessione in esame non prospetta elementi nuovi o argomentazioni tali da indurre questa Corte a rivedere le conclusioni gia' espresse sulla questione sollevata» (v. Corte costituzionale - ordinanza n. 170/2006). Ritiene tuttavia questo collegio che, nelle more, siano intervenuti elementi nuovi che giustificano una nuova sottoposizione alla Corte della questione. Come noto, infatti, la legge n. 69/2019 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere) e' intervenuta modificando, con l'art. 13, la cornice edittale dei reati che vengono qui in rilievo. In particolare, la pena precedentemente prevista per il reato di violenza sessuale ex art. 609-bis del codice penale (da cinque a dieci anni di reclusione) e' stata portata da sei a dodici anni di reclusione (v. art. 13, comma 1, legge n. 69/2019), con un aumento, sia per il minimo sia per il massimo edittale, del 20%; la pena precedentemente prevista per il reato di violenza sessuale di gruppo ex art. 609-octies del codice penale (da sei a dodici anni di reclusione) e' stata portata da otto a quattordici anni di reclusione (v. art. 13, comma 5, legge n. 69/2019), con un aumento per il minimo edittale del 33% e per il massimo edittale del 17%. Orbene, si ritiene che, alla luce del novum normativo, la pena prevista per l'ipotesi di violenza sessuale di gruppo - la' ove non prevede un meccanismo di attenuazione per i casi di minore gravita' - sia contraria ai principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 27 della Costituzione. Il sistema normativo, a fronte di scelte di politica criminale (insindacabili dalla magistratura) volte a punire con maggiore severita' alcune fattispecie di particolare allarme sociale, fornisce al giudice i corretti strumenti per temperare la pena, garantendo cosi' una risposta sanzionatoria proporzionale alla gravita' del fatto concreto, mediante la previsione di attenuanti specifiche che possono essere riconosciute, appunto, a fronte di condotte che ledono in maniera contenuta o marginale il bene giuridico tutelato. E cosi' e' prevista una attenuante per il reato di violenza sessuale (art. 609-bis, comma 3, del codice penale); per il reato di atti sessuali compiuti con minorenni (art. 609-quater, comma 6, del codice penale); per il sequestro a scopo di coazione (art. 289-ter, comma 3, del codice penale); per tutti i delitti contro la personalita' dello Stato (art. 311, del codice penale); per gran parte dei delitti contro la pubblica amministrazione (art. 323-bis, del codice penale); per i delitti contro il patrimonio culturale (art. 518-septiesdecies, del codice penale); per i reati in materia di stupefacenti (reato autonomo di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990); a seguito degli interventi della Corte costituzionale, e' ora prevista una attenuante anche per i reati di estorsione (v. Corte costituzionale - sentenza n. 120/2023) e di sequestro a scopo di estorsione (v. Corte costituzionale - sentenza n. 68/2012). La medesima ratio ha ispirato, tra le varie, anche Corte costituzionale, sentenza n. 40/2019 (che ha dichiarato incostituzionale l'art. 73, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui prevede la pena minima edittale di otto anni di reclusione anziche' di sei anni) e Corte costituzionale, sentenza n. 141/2023 (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 4, del codice penale nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, del codice penale sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4, del codice penale). Altri esempi potrebbero ancora essere richiamati. In via di prima approssimazione, l'analisi complessiva del sistema normativo (a cui nel precedente paragrafo si e' fatto sommario riferimento) e degli interventi della Corte costituzionale, restituisce l'immagine di un sistema che, seppur variamente caratterizzato, in filigrana, dalle stratificate (e non sempre ben coordinate) scelte di politica criminale, risulta coerente e ragionevole, perche' prevede a monte (o, in altre parole, a valle consente al giudice di utilizzare) meccanismi che, in buona sostanza, consentono di adeguare la pena alle caratteristiche concrete del fatto, tenuto anche conto che molti dei reati sopra richiamati, e che prevedono tutti una attenuante, sono puniti con pene edittali di notevole rilevanza. Alla luce di tali considerazioni, l'impossibilita' per il giudice di temperare la (grave) pena edittale prevista dall'art. 609-octies del codice penale con una attenuante specifica per i fatti di minore gravita', appare ancora piu' ingiustificata, irragionevole e, in definitiva, violativa dell'art. 3, della Costituzione. Vero e' che non tutti i reati richiamati possono fungere da tertium comparationis, tenuto conto della diversita' intrinseca delle fattispecie, della differenza tra i beni giuridici tutelati, delle diverse ragioni di politica criminale che hanno portato il legislatore a stabilire pene edittali elevate (anche se, come si e' visto, una generale panoramica dei reati che prevedono specifiche attenuanti e' funzionale a riconoscere la complessiva coerenza del sistema). E' anche vero, pero', che due utili tertia comparationis possono individuarsi nei reati di violenza sessuale ex art. 609-bis del codice penale e di atti sessuali con minorenni ex art. 609-quater del codice penale: trattasi, con ogni evidenza, di fattispecie in parte sovrapponibili nella loro oggettivita' giuridica (avendo, come minimo comune denominatore, proprio il compimento di atti sessuali), che tutelano lo stesso bene giuridico, inserite nei medesimi titolo, capo e sezione del codice, caratterizzate da un parallelismo evolutivo dei rispettivi trattamenti sanzionatori. Entrambi, poi, prevedono una attenuante per i casi di minore gravita', irragionevolmente non prevista dall'art. 609-octies del codice penale; ne' puo' ritenersi che questa differenza di trattamento sia giustificata dal fatto che «la violenza sessuale di gruppo, proprio a causa della presenza di piu' persone riunite, cagion[a] una lesione particolarmente grave e traumatica della sfera di autodeterminazione della liberta' sessuale della vittima: tali caratteristiche differenziando anche sul terreno qualitativo la violenza di gruppo degli atti di violenza sessuale posti in essere da una sola persona e giustificano la maggior severita' del relativo trattamento sanzionatorio» (Corte costituzionale - sentenza n. 325/2005). Tale considerazione, si ritiene, deve essere rimeditata: la diversita' oggettiva delle due fattispecie (da una parte una violenza sessuale commessa da un singolo; dall'altra parte una violenza sessuale commessa da piu' persone) e' gia' valorizzata e ritenuta dal legislatore la' ove sono state previste due cornici edittali completamente differenti (da sei a dodici anni di reclusione nel caso di cui all'art. 609-bis del codice penale; da otto a quattordici anni di reclusione nel caso di cui all'art. 609-octies del codice penale), e tanto sembra sufficiente - quantomeno dal punto di vista astratto - a ritenere che la (parziale) oggettiva diversita' delle due fattispecie sia gia', di per se', riconosciuta e valorizzata dalla previsione di un trattamento sanzionatorio piu' elevato per il reato che comporta, rispetto alla fattispecie di cui all'art. 609-bis del codice penale, una lesione piu' grave e traumatica della sfera di autodeterminazione della liberta' sessuale della persona offesa. Questo e' tanto piu' vero se si considera che il legislatore del 2019, come sopra si e' accennato, ha aumentato la pena minima edittale del reato ex art. 609-bis del codice penale del 20% e quella del reato ex art. 609-octies del codice penale del 33%, rendendo ancora piu' evidente che, dal punto di vista astratto, la maggiore compromissione del bene giuridico tutelato, nel caso della violenza sessuale di gruppo, e' gia' considerata «a monte» dal legislatore, con la previsione di una pena edittale base per il reato di cui all'art. 609-octies del codice penale, superiore - a oggi - del 33% rispetto alla pena edittale base prevista per il reato di cui all'art. 609-bis del codice penale. D'altra parte, il legislatore ha previsto una attenuante anche per la fattispecie di atti sessuali compiuti con un minorenne; se e' vero che, nel caso dell'art. 609-quater del codice penale, non sono elementi costitutivi ne' la violenza ne' la minaccia, e' anche vero che la diminuente per i casi di minore gravita' e' prevista indipendentemente dalla differenza di eta' tra l'autore del reato e la vittima (che puo' essere anche di decine di anni), e non puo' mettersi in dubbio che atti sessuali (pur consenzienti) commessi con soggetti di giovanissima eta' o, addirittura, impuberi (che difficilmente hanno piena consapevolezza, nell'immediato, del disvalore delle condotte, ma che vengono segnati indelebilmente nel loro sviluppo), cagionino lesioni particolarmente gravi e traumatiche sulla personalita' di bambini o adolescenti; nonostante cio', il legislatore ha previsto una attenuante anche in questo caso, attenuante la cui mancanza - con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 609-octies del codice penale - appare ancor di piu' irragionevole. D'altra parte, e' appena il caso di evidenziare che, nel caso di una violenza sessuale ritenuta di minore gravita', e tenendo quindi conto dell'attenuante di cui all'art. 609-bis, comma 3, del codice penale, il giudice, muovendo dal minimo edittale (sei anni di reclusione) e operando la diminuzione massima, potrebbe comminare la pena di due anni di reclusione; un identico fatto di minore gravita', ma commesso da due persone riunite, sarebbe sanzionato con una pena di otto anni di reclusione (pena quadruplicata). La differenza di pena minima edittale per un fatto non di minore gravita' e' due anni (sei anni ex art. 609-bis, del codice penale; otto anni ex art. 609-octies, del codice penale; trattasi del 33%); allo stato, la differenza di pena minima edittale per un fatto di minore gravita' e' sei anni (due anni ex art. 609-bis, del codice penale con la diminuzione massima per l'attenuante; comunque otto anni ex art. 609-octies, del codice penale; trattasi del 300%, percentualmente quasi dieci volte tanto l'aumento rispetto ai casi non di minore gravita'). Con il paradossale effetto che, in punto pena, diventerebbe proporzionalmente piu' conveniente - ammesso che possa parlarsi di convenienza - commettere una violenza sessuale di gruppo di sicura rilevanza rispetto a una violenza sessuale di gruppo potenzialmente di minore gravita'. Identico discorso puo' essere effettuato comparando la pena prevista dall'art. 609-quater, del codice penale con quella prevista dall'art. 609-octies, del codice penale. E' del tutto evidente la sproporzione che si crea tra fattispecie non gia' eguali o sovrapponibili, ma analoghe e - si ritiene - idonee per effettuare una comparazione rilevante ex art. 3, della Costituzione (sul punto, e' pacifico che l'orientamento della Corte costituzionale, negli ultimi vent'anni, e' andato caratterizzandosi per un sindacato maggiormente penetrante, testimoniato dal maggior numero di questioni, relative alla pena, accolte con sentenze dichiarative di incostituzionalita'): l'oggettiva diversita' tra fattispecie e' gia' ritenuta a monte dal legislatore, il quale ha previsto una pena piu' elevata per il reato di cui all'art. 609-octies, del codice penale; la dichiarazione di incostituzionalita' di quest'ultima fattispecie, nella parte ove non prevede che nei casi di minore gravita' la pena sia diminuita in misura non eccedente i due terzi, ricondurrebbe il sistema a proporzionalita', complessiva equita' e ragionevolezza. Tali superiori considerazioni consentono anche di dubitare della costituzionalita' della norma alla luce della previsione di cui all'art. 27, della Costituzione: una pena che, nei fatti, non e' proporzionale (si richiama ancora l'esempio dei precedenti paragrafi e relativo a fattispecie lievi, punite con una pena minima di due anni nel caso di cui all'art. 609-bis, del codice penale, e con la pena minima di otto anni nel caso di cui all'art. 609-octies, del codice penale), e' certo contraria alla finalita' rieducativa di cui parla l'art. 27, della Costituzione, non consentendo al giudice di comminare una pena che sia adeguata al concreto e oggettivo disvalore del fatto. Come gia' ha avuto modo di argomentare la Corte costituzionale, «una pena non proporzionata alla gravita' del fatto si risolve in un ostacolo alla sua funzione rieducativa» (v. Corte costituzionale - sentenza n. 40/2019; sentenza n. 236/2016; sentenza n. 68/2012; sentenza n. 341/1994); il percorso di cammino, di recupero e di maturazione del reo non puo' che essere ispirato a un «progressivo reinserimento armonico della persona nella societa', che costituisce l'essenza della finalita' rieducativa» (v. Corte costituzionale - sentenza n. 149/2018), e in tal senso vi e' una violazione dell'art. 27, della Costituzione se interviene condanna a una «pena oggettivamente non proporzionata alla gravita' del fatto [...], soggettivamente percepita come ingiusta e inutilmente vessatoria e, dunque, destinata a non realizzare lo scopo rieducativo verso cui obbligatoriamente deve tendere» (v. Corte costituzionale - sentenza n. 40/2019). E' cio' e' tanto piu' vero in quanto qui si procede nell'ambito di un giudizio minorile, tenuto anche conto che «il principio costituzionale espresso dall'art. 31, secondo comma, della Costituzione, «richied[e] l'adozione di un sistema di giustizia minorile caratterizzato [...] dalla prevalente esigenza rieducativa [...] (v. sentenza n. 222 del 1983)» (Corte costituzionale - sentenza n. 1/2015). 7. Conclusioni. Alla luce di quanto sopra, ritenute la rilevanza della questione e la sua non manifesta infondatezza, si trasmettono gli atti del processo alla Corte costituzionale affinche' decida sulla qui ritenuta illegittimita' costituzionale dell'art. 609-octies, del codice penale nella parte in cui non prevede che, nei casi ritenuti di minore gravita', la pena possa essere dal giudice diminuita in misura non eccedente i due terzi, per violazione degli articoli 3 e 27, della Costituzione. Seguono le ulteriori indicazioni di cui al dispositivo. P.Q.M. Visto l'art. 23, della legge n. 87/1953; Dispone l'immediata trasmissione degli atti del processo alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alla signora Presidente del Consiglio; Ordina che la presente ordinanza sia comunicata, a cura della cancelleria, al signor Presidente del Senato della Repubblica e al signor Presidente della Camera dei deputati; Manda alla cancelleria per gli incombenti. Milano, 4 febbraio 2025 Il Presidente: Dell'Osta