Reg. ord. n. 56 del 2025 pubbl. su G.U. del 09/04/2025 n. 15

Ordinanza del Corte d'appello di Caltanissetta  del 06/03/2025

Tra: G. G.

Oggetto:

Processo penale – Incompatibilità del giudice – Mancata previsione dell’incompatibilità alla funzione del giudice dell’udienza preliminare del giudice che si sia pronunciato in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato nell’ambito del procedimento incidentale de libertate di cui all’art. 310 cod. proc. pen. – Contrasto con i principi della terzietà e imparzialità della giurisdizione.

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 34  Co. 2



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 24   Co.

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 27   Co.

Costituzione  Art. 111   Co.  



Camera di Consiglio del 17 novembre 2025 rel. PATRONI GRIFFI


Testo dell'ordinanza

                        N. 56 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 marzo 2025

Ordinanza del 6 marzo 2025 della Corte d'appello di Caltanissetta nel
procedimento penale a carico di G .G.. 
 
Processo penale - Incompatibilita' del giudice -  Mancata  previsione
  dell'incompatibilita'  alla  funzione  del   giudice   dell'udienza
  preliminare del giudice che si sia  pronunciato  in  ordine  a  una
  misura cautelare personale nei confronti dell'imputato  nell'ambito
  del procedimento incidentale de libertate di cui all'art. 310  cod.
  proc. pen. 
- Codice di procedura penale, art. 34, comma 2. 


(GU n. 15 del 09-04-2025)

 
                LA CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA 
                        Collegio ricusazioni 
 
    Cosi' composta: 
      dott. Giuseppe Melisenda Giambertoni - Presidente; 
      dott. Emanuele De Gregorio - consigliere; 
      dott.ssa Maria Lucia Insinga - consigliere; 
    il secondo dei quali relatore ed estensore, a scioglimento  della
riserva di cui al verbale  di  udienza  in  data  5  marzo  2025,  in
riferimento al procedimento n. 1/2025 ric. promosso da  G.  G.,  nato
a... il..., difeso dall'avv. Gaspare Lombardo del Foro di Agrigento; 
    esaminati gli atti e la documentazione allegata; 
    letta la dichiarazione di ricusazione  proposta  il  15  febbraio
2025,  nei  confronti  del  giudice  dell'udienza   preliminare   del
Tribunale di Caltanissetta,  dott.ssa  Lorena  Santacroce,  dall'avv.
Gaspare Lombardo, difensore e procuratore speciale di G. G.,  nato  a
I... il..., imputato nel procedimento RGNR  742/2018  DDA-27/2019  RG
GIP Tribunale di Caltanissetta; 
    letta la requisitoria scritta del Procuratore  generale,  che  ha
concluso per la inammissibilita' dell'istanza di  ricusazione  e.  in
subordine, nel caso in cui l'istanza sia ritenuta ammissibile, per il
suo rigetto; 
 
                               Osserva 
 
    il ricusante espone che la dott.ssa Lorena Santacroce e'  giudice
dell'udienza  preliminare  nel  procedimento  penale  suindicato  nei
confronti di vari imputati e, tra essi, G. G. 
    Evidenzia che  la  dott.ssa  Lorena  Santacroce  ha  composto  il
collegio del  Tribunale  del  riesame  di  Caltanissetta  chiamato  a
decidere l'appello ex art. 310  c.p.p.  proposto  da  G.  G.  avverso
l'ordinanza che rigettava la richiesta di sostituzione  della  misura
della custodia cautelare in carcere applicata al G.  con  altra  meno
afflittiva e che la richiesta di astensione, proposta dalla  dott.ssa
Lorena  Santacroce  per  questa  ragione,  e'  stata  rigettata   dal
Presidente  del  Tribunale   di   Caltanissetta   con   provvedimento
conosciuto dall'imputato G. all'udienza preliminare del  14  febbraio
2025. 
    Assume, il ricusante, che la dott.ssa Lorena  Santacroce  e'  ora
incompatibile ad  esercitare  la  funzione  di  giudice  dell'udienza
preliminare nell'indicato procedimento penale. 
    Tanto  premesso,  osserva  il   collegio   che,   dalla   lettura
dell'ordinanza in data 6 agosto 2024 (depositata il  7  agosto  2024)
del Tribunale di Caltanissetta nel proc. n. 752/2018  R.G.N.R.  e  n.
303/2024 R.G.M.C.P., pronunciata in  sede  di  appello  ex  art.  310
c.p.p. ed allegata alla dichiarazione di ricusazione, si  evince  che
la dott.ssa Lorena Santacroce,  quale  componente  del  Tribunale  di
Caltanissetta - Sezione feriale, si e'  pronunciata  sull'appello  ex
art. 310 c.p.p. proposto avverso l'ordinanza  che  ha  provveduto  in
ordine alla misura cautelare personale applicata nei confronti del G.
per i  fatti  descritti  nell'imputazione,  che  hanno  portato  alla
richiesta di rinvio a  giudizio  ed  alla  celebrazione  dell'udienza
preliminare  che  si  svolge  al  suo  cospetto,  e  che  il  giudice
dell'appello ex art. 310 c.p.p. si  e'  pronunciato  su  aspetti  non
esclusivamente formali dell'ordinanza oggetto del gravarne,  vertente
sulle esigenze cautelari. 
    La Corte costituzionale ha chiarito (cfr. Corte costituzionale n.
224 del 2001) che, a seguito delle importanti innovazioni introdotte,
in particolare, dalla legge  16  dicembre  1999,  n.  479,  l'udienza
preliminare non e' piu' da ritenersi un  mero  momento  di  passaggio
prima dell'apertura della fase del  giudizio,  momento  centrale  del
processo, ma, per il sistema odierno, l'udienza  preliminare  e'  una
delle sedi di valutazione della causa nel  merito,  cosi'  da  essere
rilevante anche nei termini della rilevazione di un pregiudizio,  nei
casi di sussistenza della incompatibilita'. 
    Diversi sono, infatti i poteri attribuiti  al  G.U.P.:  non  solo
puo' disporre l'integrazione delle indagini, ma puo'  anche  assumere
prove d'ufficio, qualora emergessero  come  decisive  ai  fini  della
sentenza. Per questi motivi,  mancherebbe  quella  caratteristica  di
sommarieta' della fase, inizialmente attribuitele, e, di conseguenza,
anche  le  decisioni  che  la  concludono   acquisiscono   e   devono
interpretarsi aventi un valore differente. Dunque, l'art. 425  c.p.p.
pone  il  giudice  innanzi  ad  una  valutazione  di   merito   circa
l'esistenza e consistenza dell'accusa che si traduce  in  una  scelta
dicotomica: non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio. 
    Il decreto che dispone il giudizio, a questa stregua, e' un  atto
di natura giurisdizionale, a presidio della  posizione  dell'imputato
che se ingiustificatamente  fosse  rinviato  alla  pubblica  udienza,
subirebbe un forte pregiudizio.  Sia  la  sentenza  di  non  luogo  a
procedere  sia  decreto  che  dispone  il  giudizio,   quindi,   sono
pregiudicati da atti  anteriori  e,  a  loro  volta,  sono  idonei  a
pregiudicare i successivi atti. 
    Il quadro normativo cosi' delineato era gia'  mutato  rispetto  a
quello valutato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 290 del
1998,   della   quale   appresso   si   dira',   dichiarativa   della
illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,  del  codice  di
procedura penale, nella parte in cui non prevede, nel processo penale
a carico di imputati minorenni, l'incompatibilita' alla  funzione  di
giudice dell'udienza preliminare del giudice che, come componente del
Tribunale del riesame, si sia pronunciato sull'ordinanza che  dispone
una  misura  cautelare  personale  nei  confronti   dell'indagato   o
dell'imputato, e stante l'identita' della  funzione  di  giudizio  in
sede di riesame e in sede di appello  sotto  il  profilo  della  loro
forza  pregiudicante  il  giudizio  sul  merito  dell'ipotesi,  anche
l'incompatibilita' alla funzione di giudice dell'udienza  preliminare
del giudice che, come componente del Tribunale  dell'appello  avverso
l'ordinanza che provvede in ordine ad una misura cautelare  personale
nei confronti dell'indagato o dell'imputato, si  sia  pronunciato  su
aspetti non esclusivamente formali della predetta ordinanza. 
    El distinguo tra GUP del Tribunale ordinario  (non  incompatibile
rispetto alla funzione del  giudice  dell'appello  cautelare)  e  GUP
minorile (incompatibile rispetto a detta funzione), posto dal Giudice
delle leggi, si rifaceva ad un quadro normative) mutato, appunto, con
la legge 16 dicembre 1999, n. 479. 
    I  principi  riferiti  alla   natura   dell'udienza   preliminare
rimangono  validi  anche  dopo  la  c.d.  Riforma  Cartabia  (decreto
legislativo  n.  150/2022).  Segnatamente,  la   nuova   formulazione
dell'art. 425 c.p.p. ha comportato  un  ampliamento  dei  poteri  del
giudice dell'udienza preliminare, rendendo questo momento processuale
piu' funzionale a ridurre il  numero  di  procedimenti  che  vanno  a
giudizio, in un'ottica deflattiva al pari dei riti «speciali». 
    La nuova regola di giudizio prevede che il proscioglimento  venga
emesso anche quando gli elementi acquisiti  risultano  insufficienti,
contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio
e non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna,
si' che il giudice dell'udienza preliminare deve decidere  alla  luce
dei contributi probatori a sua disposizione, consentendo l'accesso al
dibattimento solo se ritiene che, ragionevolmente, sara'  pronunciata
una sentenza di condanna. Dopo la riforma,  il  giudice  dell'udienza
preliminare deve decidere sulla base degli elementi  gia'  acquisiti,
escludendo la possibilita' di colmare lacune  probatorie  durante  il
dibattimento. 
    La  riforma  Cartabia,  dunque,  rafforza  il   principio   della
necessaria  completezza  delle  indagini,   imponendo   al   Pubblico
Ministero di esercitare l'azione penale solo con un quadro probatorio
completo, non  portando  a  processo  tutti  quei  procedimenti  clic
potrebbero   completarsi   solo   a   seguito    di    un'istruttoria
dibattimentale troppo largamente farcita. 
    L'udienza   preliminare   diventa   cosi'   una   fase   centrale
nell'accertamento del fatto contestato,  con  un  controllo  rigoroso
dell'operato del Pubblico Ministero. 
    La Corte costituzionale, con sentenza n. 131 del 24 aprile  1996,
aveva  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale   dell'art.   34,
secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non
prevede: l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che
come componente del Tribunale del riesame (art.  309  del  codice  di
procedura penale) si sia pronunciato sull'ordinanza che  dispone  una
misura   cautelare   personale   nei   confronti   dell'indagato    o
dell'imputato;  l'incompatibilita'  alla  funzione  di  giudizio  del
giudice  che  come  componente  del  Tribunale  dell'appello  avverso
l'ordinanza che provvede in ordine a una misura  cautelare  personale
nei confronti dell'indagato o dell'imputato (art. 310 del  codice  di
procedura penale) si sia pronunciato su  aspetti  non  esclusivamente
formali dell'ordinanza anzidetta. 
    Nella sentenza n. 131 del 1996. punto 3.1 del diritto, si  legge:
«Quanto  all'appello  contro  le  ordinanze  in  materia  di   misure
cautelari personali, esso e' configurato dall'art. 310 del codice  di
procedura penale come strumento  di  controllo  sulle  ordinanze  che
provvedono  al  riguardo  attivabile  tanto   dal   pubblico   quanto
dall'imputato e dal suo difensore. A differenza del riesame - rimedio
processuale dal significato «unidirezionale» in quanto previsto  solo
su iniziativa e nell'interesse dell'imputato - l'appello e' accordato
per far  valere  tanto  le  ragioni  della  liberta'  (su  iniziativa
dell'imputato e  del  suo  difensore)  le  quali  non  abbiano  avuto
successo in prima istanza. Inoltre, mentre la  richiesta  di  riesame
conferisce  al  Tribunale  la  cognizione  piena  sul   provvedimento
cautelare, l'effetto devolutivo dell'appello e' limitato  dai  motivi
contestualmente enunciati (art.  310,  primo  comma,  del  codice  di
procedura penale). 
    Le suddette differenze tra il giudizio di riesame e  il  giudizio
d'appello non escludono peraltro che,  anche  nel  secondo  caso,  il
tribunale competente (lo stesso del  riesame,  a  norma  del  secondo
comma dell'art. 310) possa essere investito,  a  seconda  dei  motivi
dell'appello, della valutazione di profili di  merito  che  attengono
all'esistenza  di  «gravi  indizi  di   colpevolezza»   ovvero   alla
sussistenza di una o piu' esigenze  cautelari,  tra  quelle  indicate
dall'art. 274 del codice di  procedura  penale,  elementi  tutti  che
costituiscono le condizioni in presenza delle quali  la  misura  puo'
essere legittimamente disposta. Pertanto, sotto questo profilo, anche
nei confronti dei giudici che abbiano preso  parte  al  collegio  del
tribunale che si e' espresso in sede di appello contro  ordinanze  in
tema di misure cautelari personali valgono  le  medesime  sopraddette
ragioni di incompatibilita'  alla  partecipazione  alla  finzione  di
giudizio sul merito dell'accusa. 
    La  dichiarazione  d'incostituzionalita'  dell'art.  34,  secondo
comma, del codice di procedura penale, che si rende dunque necessaria
in relazione alla  mancata  previsione  della  incompatibilita'  alla
partecipazione al giudizio  del  giudice  che  abbia  partecipato  al
collegio investito dell'appello  nei  confronti  delle  ordinanze  in
materia di misure cautelari personali  riguardanti  chi  si  trovi  a
essere imputato in tale giudizio, deve essere tuttavia limitata, alla
stregua  della  consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte  sopra
richiamata che esclude il sorgere dell'incompatibilita' nel  caso  in
cui il primo giudizio abbia riguardato  aspetti  solo  formali  della
causa, al caso in cui il Tribunale dell'appello sia stato chiamato  a
sindacare  valutazioni  sostanziali,  precedentemente  compiute   dal
giudice che ha disposto sulla misura. Pertanto, non sussiste  ragione
di estendere l'incompatibilita' ai casi in cui, in sede d'appella  il
tribunale si sia pronunciato soltanto su  aspetti  meramente  formali
dell'ordinanza che dispone sulla misura  cautelare  personale,  senza
influenza sull'esistenza degli indizi di  colpevolezza  ovvero  sulla
sussistenza delle esigenze  cautelari  le  quali  possono,  comunque,
riflettersi sulla posizione sostanziale dell'imputato  nel  giudizio.
In tali eventualita', le valutazioni relative al merito  dell'ipotesi
accusatoria restano del tutto estranee al giudizio  del  tribunale  e
non vi e' ragione di ritenere che il giudice  si  sia  preformato  un
giudizio di  merito  capace  di  pregiudicare  l'imparzialita'  della
decisione conclusiva del processo». 
    Orbene, il giudice a cui si riferisce la sentenza n. 131 del 1996
e', come agevolmente si deduce dalla lettura della motivazione  della
stessa sentenza, il giudice del dibattimento. 
    La stessa Corte costituzionale, con sentenza n. 155 del 20 maggio
1996, aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  34,
comma 2, c.p.p.: a), nella parte in cui non  prevede  che  non  possa
partecipare al giudizio abbreviato e  disporre  l'applicazione  della
pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini  preliminari
che abbia disposto una misura cautelare personale; b) nella parte  in
cui non prevede che non possa partecipare al  giudizio  abbreviato  e
disporre l'applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti  il
giudice per le indagini preliminari che abbia disposto  la  modifica.
La sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale  ovvero
che  abbia  rigettato  una  richiesta  di   applicazione,   modifica,
sostituzione o revoca di una misura  cautelare  personale;  c)  nella
parte in cui non  prevede  che  non  possa  partecipare  al  giudizio
dibattimentale il giudice  per  le  indagini  preliminari  che  abbia
disposto la modifica, la sostituzione  o  la  revoca  di  una  misura
cautelare personale ovvero  che  abbia  rigettato  una  richiesta  di
applicazione, modifica, sostituzione o revoca di una misura cautelare
personale; d) nella parte in cui non prevede che non  possa  disporre
l'applicazione della pena su richiesta delle parti  il  giudice  che,
come  componente  del  Tribunale  del  riesame,  si  sia  pronunciato
sull'ordinanza  che  dispone  una  misura  cautelare  personale   nei
confronti dell'indagato o dell'imputato nonche' il giudice che,  come
componente  del  Tribunale  dell'appello  avverso   l'ordinanza   che
provvede in ordine a una misura  cautelare  personale  nei  confronti
dell'indagato o dell'imputato, si  sia  pronunciato  su  aspetti  non
esclusivamente formali dell'ordinanza anzidetta. 
    La Corte costituzionale, con sentenza n. 290 del 18 luglio  1998,
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma  2,
del codice di procedura penale, nella parte in cui non  prevede,  nel
processo penale a carico di  imputati  minorenni,  l'incompatibilita'
alla funzione di giudice dell'udienza  preliminare  del  giudice  che
come  componente  del  Tribunale  del  riesame  si  sia   pronunciato
sull'ordinanza  che  dispone  una  misura  cautelare  personale   nei
confronti dell'indagato o dell'imputato; e, inoltre,  ha  dichiarato,
in applicazione dell'art. 27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice  di
procedura penale, nella parte in cui non prevede, nel processo penale
a carico di imputati minorenni, l'incompatibilita' alla  funzione  di
giudice dell'udienza preliminare del giudice che come componente  del
Tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che provvede in  ordine  a
una  misura  cautelare  personale  nei  confronti   dell'indagato   o
dell'imputato  si  sia  pronunciato  su  aspetti  non  esclusivamente
formali dell'ordinanza anzidetta. 
    Come chiarito dalla stessa Corte costituzionale al  punto  3  del
considerato in diritto, «Anche nel giudizio di appello de  libertate,
nonostante le differenze di disciplina rispetto al  riesame;  possono
compiersi quegli apprezzamenti sui profili di merito che  determinano
l'insorgere di una causa di incompatibilita' al giudizio... peraltro,
la simmetria tra i due mezzi di controllo dei provvedimenti  in  tema
di misure cautelari vale, ai fini del  regime  dell'incompatibilita',
solo in quanto attraverso l'appello il  giudice  sia  chiamato  a  un
sindacato  su   aspetti   sostanziali   e   non   puramente   formali
dell'ordinanza che ne e' oggetto (sentenza n. 131  del  1996  citata,
punto 3.4 del diritto; sentenza  n.  155  del  1996,  punto  4.3  del
diritto)». 
    Il  coordinamento  tra   le   decisioni   citate   conduce   alla
prospettazione della questione  di  costituzionalita'  dell'art.  34,
comma 2, del codice di procedura penale nella parte in cui  esso  non
prevede l'incompatibilita'  alla  funzione  di  giudice  dell'udienza
preliminare nel processo penale degli imputati  maggiorenni,  per  il
giudice che si sia pronunciato  in  ordine  a  una  misura  cautelare
personale nei confronti dell'imputato nell'ambito del procedimento di
appello ex art. 310 del codice di procedura penale,  con  il  limite,
per quest'ultimo rimedio,  di  una  pronuncia  resa  non  su  aspetti
puramente formali del provvedimento impugnato. 
    Il carattere tassativo delle ipotesi di incompatibilita' ex  art.
34 c.p.p. e',  d'altro  canto,  di  ostacolo  all'estensione  in  via
analogica delle disposizioni che le contemplano  a  casi  diversi  da
quelli in esse considerati. 
    Secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, le
norme sulla incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti
nel procedimento presidiano i valori costituzionali della terzieta' e
dell'imparzialita' della  giurisdizione,  risultando  finalizzate  ad
evitare che la decisione  sul  merito  della  causa  possa  essere  o
apparire condizionata dalla «forza della prevenzione» -  ossia  dalla
naturale tendenza a confermare una decisione gia' presa o a mantenere
un atteggiamento gia' assunto -  scaturente  da  valutazioni  cui  il
giudice sia stato precedentemente chiamato in  ordine  alla  medesima
res iudicanda. Il secondo termine della relazione di incompatibilita'
costituzionalmente rilevante, espressivo  della  sede  «pregiudicata»
dall'accennato effetto di «condizionamento»,  e'  stato  identificato
nel «giudizio» contenutisticamente inteso, e cioe' in  ogni  sequenza
procedimentale, anche diversa dal giudizio dibattimentale, la  quale,
collocandosi in una fase diversa  da  quella  in  cui  si  e'  svolta
l'attivita' «pregiudicante»,  implichi  una  valutazione  sul  merito
dell'accusa, e non determinazioni incidenti sul semplice  svolgimento
del processo, ancorche' adottate sulla base di un apprezzamento delle
risultanze processuali. 
    La ratio argomentativa delle citate sentenze nn.  131  del  1996,
155 del 1996, e 290 del 1998, per l'ipotesi in cui il  giudice  abbia
composto il  collegio  che  si  e'  pronunciato  negli  incidenti  de
libertate di cui agli articoli 309 e  310  c.p.p.,  in  tale  seconda
ipotesi su profili non meramente formali del provvedimento impugnato,
impone di considerare ravvisabile d'ufficio, nel  caso  specifico  di
cui   all'odierno   procedimento,   una   ulteriore    ipotesi    non
manifestamente  infondata  di  dubbia   legittimita'   costituzionale
dell'art. 34, comma 2 c.p.p. in riferimento agli  articoli  3,  comma
primo, 24, comma secondo, 25, comma primo, 27, comma secondo,  e  111
della Costituzione, nella  parte  in  cui  detta  norma  non  prevede
l'incompatibilita' alla funzione di' giudice dell'udienza preliminare
nel processo penale a carico di imputati maggiorenni del giudice  che
si sia pronunciato in ordine a una  misura  cautelare  personale  nei
confronti dell'imputato nel procedimento incidentale de libertate  di
cui all'art. 310 c.p.p. (in tale ipotesi, come in concreto appare, su
profili non meramente formali del provvedimento impugnato  in  quanto
inerente la posizione soggettiva di interesse). 
    Questo collegio ritiene  che  la  sopra  enunciata  questione  di
dubbia legittimita' costituzionale  dell'art.  34,  comma  2,  c.p.p.
nella sua attuale formulazione, prospettabile in  relazione  agli  3,
comma primo, 24 comma secondo, 25 comma primo, 27 comma secondo,  111
della Costituzione e 34, comma 2, c.p.p., sia evidentemente rilevante
per decidere la dichiarazione di ricusazione proposta  dal  difensore
dell'imputato G. G. 
    Va  considerato,  infatti,  che,  con  sentenza  n.  37207   resa
all'udienza del 16 luglio 2020  (depositata  il  23  dicembre  2020),
ric... le Sezioni Unite  della  Corte  Suprema  di  Cassazione  hanno
affermato che «il decreto che dispone il giudizio emesso dal  giudice
dell'udienza  preliminare  in  pendenza  della  decisione  definitiva
sull'istanza  di  ricusazione,  e',  in  caso  di   accoglimento   di
quest'ultima, affetto da nullita' assoluta  di  ordine  generale,  ai
sensi dell'art. 178, comma 1,  lett.  a),  del  codice  di  procedura
penale,  siccome  attinente  ai  modi  e   ai   limiti   del   potere
giurisdizionale esercitabile nel relativo giudizio». (Rv. 280116-01). 
    Il thema decidendum,  dunque,  e'  la  fondatezza  o  meno  della
dichiarazione di  ricusazione  proposta  dal  G.  nei  confronti  del
giudice dott.ssa Lorena Santacroce, da valutare  avendo  riguardo  al
fatto se quest'ultima sia compatibile o meno ex  art.  34,  comma  2,
c.p.p. quale  giudice-persona  fisica  dell'udienza  preliminare  nel
procedimento penale a carico dell'imputato atteso che  quello  stesso
giudice-persona   fisica,   quale   componente   del   Tribunale   di
Caltanissetta,  si  e'  pronunciato,   nell'ambito   del   suindicato
procedimento incidentale de libertate di cui all'art. 310 c.p.p., per
profili non meramente formali del provvedimento  impugnato  su  fatti
storici descritti nell'imputazione, decidendo il gravame sulla misura
cautelare  personale  gia'  applicata  all'imputato  G.   G.   (cfr.,
segnatamente, la pagina 7 della suindicata  ordinanza  del  6  agosto
2024  quanto  alla  affermazione  di  inadeguatezza  di  una   misura
cautelare personale meno afflittiva rispetto a  quella  applicata  di
massimo rigore in quanto poiche' non vi sarebbe stata  «...  garanzia
adeguata della recisione  dei  legami  dell'indagato  con  l'ampio  e
radicato ambiente criminale  di  riferimento,  anche  considerate  la
prossimita'  al  territorio  gelese,  base  dell'associazione,  e  la
possibilita' di intrattenere contatti  telefonici  con  soggetti  che
fanno parte di quest'ultima»). 

 
                               P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 23 della  legge  n.  87  dell'11  marzo  1953,
nonche' 3, comma primo, 24 comma secondo, 25 comma  primo,  27  comma
secondo e 101  della  Costituzione  e  34,  comma  2,  c.p.p.,  cosi'
provvede: 
      dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale  per
l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
comma 2 c.p.p. come in motivazione individuata; 
      sospende il giudizio  di  ricusazione  proposto  dal  difensore
dell'imputato  G.  G.  iscritto  al  n.  1/2025  RIC,  volto  a  fare
dichiarare  l'incompatibilita'  ex  art.  34   c.p.p.   del   giudice
dell'udienza preliminare del  Tribunale  di  Caltanissetta,  dott.ssa
Lorena   Santacroce,   rispetto   alla   celebrazione    dell'udienza
preliminare, con tutti  i  suoi  possibili  sbocchi  definitori,  nei
confronti  dell'imputato  G.  G.,  in  premessa  generalizzato,   nel
procedimento penale iscritto al n. 742/18 RGNR e n. 278/19 RG GIP per
avere lo stesso  giudice-persona  fisica  composto  il  collegio  del
Tribunale di Caltanissetta che  ha  deciso  in  data  6  agosto  2024
(provvedimento  depositato  in  data  7  agosto  2024)  l'appello  de
libertate ex art.  310  c.p.p.  proposto  dallo  stesso  imputato  in
relazione ai fatti che hanno  portato  alla  richiesta  del  P.M.  di
rinvio a giudizio; 
      ordina la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale  e
dispone che la presente ordinanza sia notificata  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e sia comunicata a cura della  cancelleria  ai
Presidenti del Senato e della Camera dei deputati; 
      manda alla cancelleria per  gli  adempimenti  di  rito  di  cui
all'ultimo comma del citato art. 23. 
        Caltanissetta, 5 marzo 2025 
 
                     Il Presidente: Giambertoni