Reg. ord. n. 58 del 2025 pubbl. su G.U. del 09/04/2025 n. 15

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria  del 10/03/2025

Tra: A. N.  C/ Ministero dell'Interno



Oggetto:

Mafia e criminalità organizzata – Informazione antimafia interdittiva – Facoltà, per il prefetto che adotta il provvedimento, di escludere le decadenze e i divieti derivanti dalla misura, se incidenti sui mezzi di sostentamento per l'interessato e per la sua famiglia – Omessa previsione – Irragionevole disparità di trattamento rispetto ai soggetti destinatari di provvedimenti giudiziari di prevenzione personale per i quali trova applicazione l’art. 67, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011 – Incidenza sul diritto al lavoro della persona prevenuta – Lesione del diritto all’iniziativa economica privata.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 06/09/2011  Num. 159  Art. 92



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  



Camera di Consiglio del 6 ottobre 2025 rel. PATRONI GRIFFI


Testo dell'ordinanza

                        N. 58 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2025

Ordinanza del 10 marzo 2025 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per la Liguria  sul  ricorso  proposto  da  A.  N.  contro  Ministero
dell'interno e Ufficio territoriale del Governo di Genova. 
 
Mafia   e   criminalita'   organizzata   -   Informazione   antimafia
  interdittiva  -  Facolta',  per   il   prefetto   che   adotta   il
  provvedimento, di escludere le  decadenze  e  i  divieti  derivanti
  dalla  misura,  se  incidenti  sui  mezzi  di   sostentamento   per
  l'interessato e per la sua famiglia - Omessa previsione. 
- Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159  (Codice  delle  leggi
  antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni
  in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1  e
  2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), art. 92. 


(GU n. 15 del 09-04-2025)

 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA 
 
 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 509 del 2024, proposto da A.  N.,  in  qualita'  di
titolare dell'impresa individuale «...», rappresentata e difesa dagli
avvocati Simone Bertuccio, Simone Bringiotti e  Marco  Pedretti,  con
domicilio digitale come da pec da registri di giustizia; 
    Contro Ministero dell'interno e Ufficio territoriale del  Governo
di  Genova,  rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura  dello  Stato,
domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane n. 2; 
    Per l'annullamento: 
        del provvedimento del Prefetto di Genova  prot.  n.  ...  del
..., avente  ad  oggetto  l'emissione  di  un'informazione  antimafia
interdittiva ai sensi degli articoli 84,  89-bis  e  91  del  decreto
legislativo n. 159/2011; 
        di ogni  atto  presupposto,  connesso  e/o  conseguente,  ivi
incluso il verbale di riunione del Gruppo interforze del ... ; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
dell'interno; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre  2024,  la
dott.ssa Liliana Felleti e uditi  per  le  parti  i  difensori,  come
specificato nel verbale; 
    1. La  signora  A.  N.,  in  qualita'  di  titolare  dell'impresa
individuale «...», ha impugnato l'informazione antimafia a  carattere
interdittivo adottata dal Prefetto di Genova il ..., ai  sensi  degli
articoli 84, 89-bis e 91 del decreto legislativo n. 159/2011. 
    Il provvedimento gravato e' motivato con  riferimento  a  plurimi
elementi sintomatici del tentativo di infiltrazione  nell'impresa  da
parte della locale di 'ndrangheta ..., vale a dire:  il  rapporto  di
parentela che lega P. N. ed i suoi fratelli F. e A.,  rispettivamente
capo e membri di  spicco  della  cosca,  tutti  condannati  ai  sensi
dell'art. 416-bis del codice penale, al marito  della  ricorrente  L.
P., che ella continua a frequentare, pur essendo i coniugi legalmente
separati dal ...;  l'impiego,  quale  unica  dipendente,  di  D.  M.,
condannata per aver  agevolato  gli  affari  illeciti  del  sodalizio
criminale nonche' moglie di F. A. R., componente del clan attualmente
in vinculis e cugino della madre del P.; la recente scarcerazione per
fine pena di  F.  N.,  sottoposto  alla  misura  di  sicurezza  della
liberta' vigilata, in quanto tuttora socialmente pericoloso. 
    2. Avverso l'informazione interdittiva la deducente ha articolato
cinque motivi  di  ricorso,  cosi'  sinteticamente  riassumibili:  i)
l'amministrazione avrebbe contestato il potenziale contatto con F. N.
soltanto nel provvedimento conclusivo e non anche nella comunicazione
di avvio del  procedimento;  ii)  non  sarebbe  stata  apprezzata  la
memoria difensiva dell'esponente, nella parte in cui ha rappresentato
l'irrilevanza dell'acquisto di un appartamento dal padre dei fratelli
N., al prezzo di  euro  ...,  nell'anno  ...;  iii)  gli  indizi  del
tentativo infiltrativo sarebbero risalenti  e  non  attuali;  iv)  il
quadro probatorio ricostruito dall'autorita'  di  pubblica  sicurezza
risulterebbe insufficiente, perche' non evidenzierebbe l'agevolazione
del clan N./R., ne' il condizionamento dell'impresa  da  parte  della
consorteria mafiosa;  v)  gli  elementi  sintomatici  indicati  dalla
Prefettura sarebbero privi di concretezza, per l'inidoneita' dei meri
legami parentali ad  attestare  la  permeabilita'  all'organizzazione
criminale e per la risoluzione del rapporto lavorativo con la M. dopo
la notifica dell'interdittiva. 
    Le censure di illegittimita' mosse dalla ricorrente non  appaiono
fondate,  perche'  la  decisione  prefettizia  si  basa  su  elementi
chiaramente   rivelatori   della   sussistenza   del   tentativo   di
infiltrazione mafiosa, con particolare  riferimento  al  reclutamento
nell'azienda della cugina acquisita D. M. imparentata  con  i  membri
della locale lavagnese (quale moglie di un  intraneo  e  cognata  del
capo cosca) e direttamente  coinvolta  nelle  vicende  della  cellula
'ndranghetista. Segnatamente, la signora M. e' stata assunta nel  ...
in un momento di  difficolta',  quando  la  societa'  ...  (fonte  di
cospicui guadagni per lei e per il  coniuge)  era  stata  colpita  da
interdittiva e posta sotto sequestro (per la ricostruzione dei  fatti
si veda la sentenza della Corte d'appello di Genova n.  1219  del  26
giugno - 24 settembre 2020), ed  e'  rimasta  alle  dipendenze  della
signora A. N. anche  dopo  la  condanna  definitiva  a  due  anni  di
reclusione per il reato  di  intestazione  fittizia  di  valori,  con
l'aggravante mafiosa, commesso al fine di impedire l'applicazione  al
marito  delle  misure  preventive   patrimoniali.   Ne'   l'atto   di
licenziamento, intervenuto solo dopo l'interdittiva, e'  di  per  se'
sufficiente a fondare una prognosi di  immunizzazione  dall'influenza
degli ambienti criminali (cfr. in argomento Tribunale  amministrativo
regionale Liguria, sez. I, 24 aprile 2023, n. 456). 
    3. Nel ricorso la signora A. N. si duole, altresi', degli effetti
fortemente  pregiudizievoli  della  misura  di  prevenzione,  che  le
preclude  la  prosecuzione  della  sua  attivita'  di  lavanderia   e
stireria, con conseguente venir meno dei mezzi per  il  sostentamento
proprio e del figlio invalido con lei convivente. Per  tale  ragione,
con ordinanza cautelare n. 143 del 9 luglio  2024,  questo  Tribunale
amministrativo regionale ha sospeso  l'efficacia  dell'atto  gravato,
ritenendo   che   l'inibizione   dello   svolgimento   dell'attivita'
commerciale, costituente conseguenza  della  cautela  antimafia,  sia
suscettibile  di  arrecare   all'interessata   un   danno   grave   e
irreparabile. 
    In proposito, si rileva che l'art. 92 del decreto legislativo  n.
159/2011   non   consente   al   prefetto   di   valutare   l'impatto
dell'informazione  interdittiva  sulle  condizioni   economiche   del
destinatario e, se del caso, di escluderne gli effetti, che  incidono
funditus sulle attivita' imprenditoriali (cfr. art.  94  del  decreto
legislativo n. 159/2011, per cui le imprese attinte dall'interdittiva
antimafia  non  possono  ottenere  o  mantenere  contratti   con   le
amministrazioni,   erogazioni   pubbliche,   nonche'    provvedimenti
amministrativi  legittimanti  l'esercizio  di  attivita'  economiche,
quali licenze, autorizzazioni,  iscrizioni  in  elenchi  e  registri,
etc.). Diversamente, l'art. 67, comma 5, del decreto  legislativo  n.
159/2011 attribuisce al tribunale competente  all'applicazione  delle
misure di prevenzione personali la facolta' di escludere le decadenze
e i divieti di cui  ai  commi  1  e  2  del  medesimo  art.  67,  che
coincidono sostanzialmente  con  quelli  derivanti  dall'informazione
antimafia interdittiva, «nel caso in cui  per  effetto  degli  stessi
verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e  alla
famiglia». 
    4. Alla luce di  cio',  il  Collegio  dubita  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 92 del decreto legislativo  n.  159/2011  e,
pertanto, ritiene di sollevare d'ufficio  la  relativa  questione  di
costituzionalita', in relazione ai parametri e per le motivazioni  di
seguito esposti. 
  A - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 
    La questione di legittimita' costituzionale  e'  rilevante  nella
presente  causa,  perche'  l'impugnativa  appare  insuscettibile   di
accoglimento,  per  le  ragioni  sopra  sinteticamente  indicate  (il
provvedimento avversato si fonda su un  adeguato  quadro  indiziario,
non scalfito dal licenziamento della dipendente  controindicata  dopo
l'emanazione della misura). 
    Tuttavia,   se   la   norma   censurata   venisse    riconosciuta
incostituzionale, il giudizio avrebbe certamente  un  esito  diverso:
infatti, la declaratoria di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
92 del decreto legislativo n. 159/2011  comporterebbe  l'annullamento
dell'informazione interdittiva, adottata  dall'autorita'  prefettizia
senza valutare  le  conseguenze  sui  mezzi  di  sostentamento  della
prevenuta A. N. e del figlio disabile. A tale riguardo la  ricorrente
ha dimostrato che l'esercizio commerciale di  lavanderia  e  stireria
costituisce la sua sola  fonte  di  guadagno,  dalla  quale  trae  le
risorse economiche per far fronte  alle  indispensabili  esigenze  di
vita proprie (vitto, canone di locazione  dell'abitazione,  rate  del
mutuo  per  l'acquisto  dei  locali  della   lavanderia,   rate   del
finanziamento  «covid»)  e  del  figlio,  totalmente  invalido  dalla
nascita e bisognoso di costanti cure mediche. 
  B  -  Sulla  non  manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale 
  B.1. Il Collegio ravvisa, anzitutto,  un  possibile  contrasto  tra
l'art. 92 del decreto legislativo n. 159/2011 e l'art.  3,  comma  1,
della Costituzione 
    Invero, la disparita' di trattamento tra i  soggetti  destinatari
di provvedimenti giudiziari di prevenzione personale e quelli attinti
da provvedimenti  amministrativi  di  interdittiva  antimafia  appare
irragionevole, trattandosi in entrambi i casi di misure anticipatorie
in funzione di difesa della legalita':  sicche',  come  espressamente
riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 180 del 19
luglio 2022, gli elementi di differenziazione dei  due  istituti  (id
est l'autorita' emanante  ed  i  presupposti  applicativi)  non  sono
sufficienti a giustificare il fatto che la tutela dei bisogni primari
di sostentamento economico  sia  assicurata  solamente  alle  persone
colpite  dalla  prima  categoria  di   misure.   La   situazione   di
diseguaglianza si manifesta in  modo  particolarmente  stridente  nei
casi in cui, come nella  specie,  il  destinatario  dell'interdittiva
gestisca una microimpresa individuale, che rappresenti l'unica  fonte
di reddito per se' e per la propria famiglia. 
    Ne' l'onere dell'amministrazione di verificare la persistenza dei
presupposti della misura dopo dodici mesi,  ai  sensi  dell'art.  86,
comma 2, del decreto legislativo n. 159/2011,  attenua  il  contrasto
con il principio di uguaglianza, sia perche' il prefetto potrebbe non
ravvisare sopravvenienze tali da  superare  gli  elementi  che  hanno
portato alla  prima  informazione,  sia,  in  ogni  caso,  in  quanto
l'interruzione dell'attivita' per un anno  puo'  sortire  conseguenze
irrimediabili sulla sopravvivenza dell'impresa. 
    La  disparita'  non   pare   esclusa   nemmeno   dalla   facolta'
dell'imprenditore di accedere  al  controllo  giudiziario,  ai  sensi
dell'art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo n.  159/2011,  che
consente di proseguire l'attivita'  nel  rispetto  di  una  serie  di
obblighi e sotto la vigilanza di un  amministratore  giudiziario,  il
quale riferisce periodicamente al  giudice  delegato  e  al  pubblico
ministero.   Infatti,   come   evidenziato   dalla    stessa    Corte
costituzionale nella pronuncia n. 180 del 2022, l'ammissione  a  tale
istituto e' rimessa alla valutazione del Tribunale della prevenzione,
che,  a  rigore,  dovrebbe  concederla  nelle  sole   situazioni   di
agevolazione  occasionale  dell'associazione  malavitosa  (cfr.  art.
34-bis, comma 1). Inoltre, la misura non  ha,  di  regola,  efficacia
retroattiva (anche se, ai sensi dell'art. 92, comma  2,  del  decreto
legislativo  n.  36/2023,  legittima  la  partecipazione  alle   gare
d'appalto se interviene entro la data dell'aggiudicazione). Ancora  -
e si tratta di profilo rilevante per le microimprese e le imprese  in
difficolta' - la retribuzione dell'amministratore  giudiziario  grava
sul soggetto controllato: sicche' le spese del controllo  giudiziario
potrebbero paradossalmente eliminare o, comunque, erodere il  margine
di utile occorrente all'imprenditore per  sopperire  alle  necessita'
proprie e dei familiari a carico, dovendo egli,  appunto,  remunerare
le prestazioni del professionista incaricato dal tribunale. 
    Infine, si evidenzia che, nonostante  l'invito  a  porre  rimedio
alla riscontrata  disparita',  rivolto  al  legislatore  dalla  Corte
costituzionale con  la  citata  pronunzia  n.  180  del  2022  e,  in
precedenza, con la decisione n. 57 del 2020, il vulnus  al  principio
di uguaglianza non e' stato ad oggi sanato.  Dunque,  come  affermato
dalla  sentenza  n.  180/2022,  una  simile  inerzia   nell'accordare
protezione a fondamentali esigenze della persona puo'  consentire  al
giudice  delle  leggi  l'adozione  di  una  pronuncia   manipolativa,
superando la  difficolta'  di  attribuire  all'autorita'  prefettizia
nuovi poteri istruttori. 
  B.2. In  secondo  luogo,  il  Collegio  reputa  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale in  riferimento
agli articoli 4 e 41 della Costituzione 
    Infatti, nei casi di sostanziale sovrapposizione fra  persona  ed
attivita' economica, quale  quello  in  questione,  il  provvedimento
interdittivo incide direttamente sul diritto al lavoro del prevenuto.
Viene cosi' fortemente compresso un diritto fondamentale di  tutti  i
cittadini, tutelato persino in capo al detenuto a seguito di condanna
(cfr. Corte costituzionale 532 del 2002), che, a  fortiori,  dovrebbe
essere garantito a fronte di  una  misura  basata  su  un  fatto  (il
tentativo di infiltrazione mafiosa) che, per quanto  grave,  non  da'
luogo di per se' alla responsabilita' penale del soggetto esposto  al
condizionamento della malavita organizzata. 
    Inoltre, l'informazione antimafia interdittiva travolge  anche  i
titoli   abilitativi   di   attivita'   imprenditoriali   prettamente
privatistiche, come nella fattispecie in esame (in cui il  comune  ha
avviato il  procedimento  di  revoca  del  titolo  che  legittima  la
ricorrente  alla  conduzione  della  lavanderia).  In  tal  modo   il
destinatario della misura viene privato  del  diritto  di  esercitare
l'iniziativa economica ed espunto dal circuito dell'economia  legale,
sebbene - come osservato sempre dalla sentenza n. 180/2022 -  proprio
in contesti interessati da infiltrazioni criminali la possibilita' di
trarre sostentamento da attivita'  che  potrebbero  risultare  «sane»
costituisce   non   solo   oggetto   di   un   diritto    individuale
costituzionalmente tutelato, ma anche interesse pubblico  essenziale,
sottraendo spazi di intervento e  di  influenza  alle  organizzazioni
mafiose. 
    5. In conclusione, va dichiarata rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  92
del decreto legislativo n. 159/2011 per violazione degli articoli  3,
comma 1, 4 e 41 della Costituzione. Pertanto, il  tribunale  sospende
il  giudizio  e  solleva  la  predetta  questione   di   legittimita'
costituzionale,  riservando  ogni  ulteriore  statuizione   all'esito
dell'incidente di costituzionalita'. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale  per  la  Liguria  (Sezione
Prima): 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  92  del  decreto
legislativo n. 159 del 2011 per contrasto con gli articoli  3,  comma
1, 4 e 41 della Costituzione; 
        sospende il giudizio, ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87
del  1953,  e  dispone  la  trasmissione  degli   atti   alla   Corte
costituzionale  per  la  risoluzione  del  suindicato  incidente   di
costituzionalita'; 
        riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore  statuizione
in rito, in merito e sulle spese. 
    Ordina che, a cura della Segreteria della  sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti costituite e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1
e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e  dell'art.  10
del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del  Consiglio
del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignita' della parte
interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle
generalita' nonche' di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la
parte ricorrente e i soggetti citati. 
    Cosi' deciso in Genova nella Camera di consiglio  del  giorno  20
dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati: 
        Giuseppe Caruso, Presidente; 
        Liliana Felleti, primo referendario, estensore; 
        Marcello Bolognesi, referendario. 
 
                        Il Presidente: Caruso 
 
 
                                                 L'estensore: Felleti