Reg. ord. n. 59 del 2025 pubbl. su G.U. del 09/04/2025 n. 15

Ordinanza del Tribunale di Milano  del 14/03/2025

Tra: O.T.A.A. K.

Oggetto:

Reati e pene – Furto con strappo – Trattamento sanzionatorio – Mancata previsione che la pena comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità – Irragionevole equiparazione rispetto al trattamento previsto per la fattispecie di furto in abitazione asseritamente connotata da maggiore offensività – Irragionevole equiparazione nel trattamento sanzionatorio e segnatamente nel minimo edittale delle ipotesi di furto con strappo aggravato a quelli di rapina ed estorsione – Irragionevole disparità di trattamento tra situazioni omogenee – Ingiustificata parificazione di situazioni eterogenee – Violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza nonché della personalità della responsabilità penale e della finalità rieducativa della pena.

Norme impugnate:

codice penale  del  Num.  Art. 624  Co. 2

codice penale  del  Num.  Art. 624  Co. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.

Costituzione  Art. 27   Co.



Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. BUSCEMA


Testo dell'ordinanza

                        N. 59 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 marzo 2025

Ordinanza del 14 marzo 2025 del Tribunale di Milano nel  procedimento
penale a carico di O. T. A. A. K.. 
 
Reati e pene -  Furto  con  strappo  -  Trattamento  sanzionatorio  -
  Mancata previsione che la pena comminata e' diminuita in misura non
  eccedente un terzo quando, per la natura, la specie,  i  mezzi,  le
  modalita' o le circostanze dell'azione, ovvero per  la  particolare
  tenuita' del danno o  del  pericolo,  il  fatto  risulti  di  lieve
  entita'. 
- Codice penale, art. 624-bis, commi secondo e terzo. 


(GU n. 15 del 09-04-2025)

 
                         TRIBUNALE DI MILANO 
            Ufficio del Giudice per l'Udienza preliminare 
 
    Ordinanza  di  rimessione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 624-bis, comma 2 e 3 c.p.,  nella  parte  in
cui non prevede che la pena prevista possa essere diminuita in misura
non eccedente un terzo qualora per la natura, la specie, i mezzi e le
modalita' o le circostanze dell'azione,  ovvero  per  la  particolare
tenuita' del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entita',
per violazione degli articoli 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione. 
    Letti gli atti del procedimento a carico di O. T. A. A. K. n. ...
il ... - (l'imputato non parla e non comprende la lingua italiana)  -
attualmente  sottoposto  a  misura  non  custodiale  dell'obbligo  di
presentazione  alla  Polizia  giudiziaria  -   assistito   e   difeso
dall'avvocato Achironpaola Cortazzo - imputato in ordine al reato  di
cui agli articoli 624-bis, comma 2 e 625,  comma  1  n.  8  bis)  del
codice penale perche'  si  impossessava  della  cosa  mobile  altrui,
sottraendola a chi la deteneva, strappandola di dosso  alla  persona.
Segnatamente, a bordo del treno,  durante  la  fase  di  arresto  del
convoglio - giunto alla stazione di  proveniente  dalla  stazione  di
.... -, si  impossessava  di  una  catenina  d'oro  con  ciondolo  in
acquamarina, di proprieta' di S. A.,  strappandogliela  dal  collo  e
dandosi alla fuga - prima all'interno del vagone adiacente  a  quello
occupato dalla persona offesa, in attesa che  il  treno  si  fermasse
completamente, e poi, scendendo dal treno  ormai  fermo,  all'interno
della stazione di... - fatto commesso in ... il ...; 
    Il Giudice dell'udienza preliminare di Milano dott.ssa  Fiammetta
Modica, innanzi al quale l'imputato ha avanzato istanza di ammissione
al rito abbreviato con udienza  gia'  calendarizzata  al  10  gennaio
2025, ritiene di sollevare questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 624-bis, comma 2 e 3 c.p., nella parte in cui  non  prevede
che la pena prevista possa essere diminuita in misura  non  eccedente
un terzo qualora per la natura, la specie, i mezzi e le  modalita'  o
le circostanze dell'azione, ovvero per la  particolare  tenuita'  del
danno o  del  pericolo,  il  fatto  risulti  di  lieve  entita',  per
violazione degli articoli 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione.  La
questione prospettata, sottoposta alla  delibazione  del  Giudice  da
parte del difensore, appare rilevante in  relazione  al  giudizio  in
corso e non manifestamente infondata. 
Sullo svolgimento del processo 
    L'odierno imputato e' stato sottoposto a fermo  di  indiziato  di
delitto per il reato di furto con strappo aggravato, commesso  su  un
mezzo di trasporto pubblico. 
    In particolare, in data ... l'imputato si avvicinava alla persona
offesa nelle vicinanze  della  Stazione  di  ...  mentre  era  seduta
insieme  alla  figlia  nella  seconda  carrozza  di  testa  al  piano
superiore sul treno diretto a ... e le  strappava  con  violenza  dal
collo una collana d'oro con  ciondolo  in  pietra  acqua  marina.  Il
pubblico ministero formulava la richiesta  di  convalida  del  fermo,
nonche' l'applicazione  della  misura  della  custodia  cautelare  in
carcere, pervenuta in data 11  settembre  2024.  Il  Giudice  per  le
indagini preliminari convalidava il fermo ai sensi dell'art. 390  del
codice di procedura penale e applicava nei confronti del K. la misura
cautelare dell'obbligo di dimora in  ...  unitamente  all'obbligo  di
presentazione alla polizia giudiziaria, confermando la qualificazione
giuridica in termini di furto con strappo aggravato, come operata dal
pubblico ministero. 
    Dal provvedimento cautelare si legge:  «in  considerazione  della
giovane eta' e della contenuta gravita' del fatto (non essendo  stata
esercitata violenza sulla persona), si  ritiene  adeguata  la  misura
dell'obbligo di dimora e unitamente all'obbligo di presentazione alla
polizia giudiziaria. 
    Il pubblico ministero esercitava l'azione penale con richiesta di
giudizio immediato.  Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale di Milano, sussistendo i  presupposti  di  legge,  emetteva
decreto di giudizio immediato in data 23 settembre 2024. 
    L'imputato,  a  mezzo  di  procuratore  speciale,   chiedeva   di
procedersi nelle forme del rito abbreviato. La scrivente, in qualita'
di GUP, fissava l'udienza del 10 gennaio 2025  per  l'ammissione  del
rito ed eventuale discussione. 
    In occasione della predetta udienza,  conclusi  gli  accertamenti
relativi  alla  regolare  costituzione   delle   parti,   l'imputato,
assistito  dall'interprete  di  lingua  araba,  avanzava  istanza  di
ammissione al rito abbreviato; il Giudice ammetteva il rito. 
    In quella stessa sede, il pubblico ministero  rassegnava  le  sue
conclusioni chiedendo la condanna dell'imputato alla pena di  anni  2
mesi  6  di  reclusione  ed  euro  600  di  multa,  riconosciute   le
circostanze attenuanti generiche con  criterio  di  prevalenza  sulla
contestata aggravante, operata la riduzione per l'incidenza del rito.
Il  difensore  dell'imputato,  prima  della  sua  arringa   e   delle
conclusioni,  avanzava  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 624-bis del codice penale in relazione al quantum  di  pena
stabilito dal  legislatore  relativamente  al  minimo  edittale,  per
violazione degli articoli 3, 27, commi 1 e  3  della  Costituzione  e
depositava memoria scritta. 
    Il Giudice attesa la complessita' della questione  sottoposta  al
suo sindacato rinviava l'udienza in data 14 marzo 2025. 
    Nelle more il Giudice, su  istanza  del  difensore  dell'imputato
formulata in udienza, sostituiva la misura cautelare  della  custodia
in  carcere  (applicata  a  seguito  di  aggravamento  della   misura
originaria) con la misura  cautelare  dell'obbligo  di  presentazione
alla polizia giudiziaria nonche' con la  previsione  dell'obbligo  di
dimora nel Comune di ... . 
    All'udienza  odierna  e'  stata  data  lettura   della   presente
ordinanza, con la quale la scrivente rimette la questione incidentale
di legittimita' costituzionale  suddetta  dinanzi  al  Giudice  delle
Leggi,  ritenendola  rilevante  ai   fini   della   definizione   del
procedimento a quo e non manifestamente infondata, per le ragioni che
si illustreranno nel prosieguo. 
Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale 
    Nel caso di specie, la questione di  legittimita'  costituzionale
prospettata   risulta   indubbiamente   rilevante,   vertendo   sulla
sproporzionalita'  e  irragionevolezza   della   vigente   disciplina
normativa in materia di furto con strappo ai sensi dell'art. 624-bis,
comma 2 e 3 c.p., per ritenuta violazione dei principi di uguaglianza
sostanziale  e  razionalita'  di  cui  all'art.  3,  comma  2   della
Costituzione, nonche' della personalita' della responsabilita' penale
e della finalita'  rieducativa  cui  la  pena  deve  sempre  tendere,
sancita dall'art. 27, commi 1 e 3,  della  legge  fondamentale,  come
meglio si illustrera' nel prosieguo. La soluzione della questione  di
costituzionalita' e' pregiudiziale  e  influisce  direttamente  sulla
celebrazione del  giudizio  dinanzi  a  questo  Giudice,  laddove  la
scrivente addivenga alla determinazione di condannare l'imputato  per
le condotte in contestazione.  La  condotta  dell'imputato  e'  stata
correttamente  qualificata  dal  pubblico  ministero,   atteso   come
l'imputato avrebbe strappato la collanina  dal  collo  della  persona
offesa, che viaggiava a bordo  di  un  treno.  La  condotta,  laddove
ritenuta sussistente,  integrerebbe  chiaramente  la  fattispecie  di
furto con strappo  di  cui  all'art.  624-bis,  comma  2  e  3  c.p.,
aggravato dall'aver commesso  il  fatto  su  un  mezzo  di  trasporto
pubblico ai sensi dell'art. 625, comma 1 n. 8-bis codice  penale.  Il
Giudice delle leggi ha  ben  perimetrato  il  delitto  di  furto  con
strappo, distinguendolo da quello di  rapina,  in  ragione  del  bene
giuridico protetto dalle due fattispecie di  reato:  «La  distinzione
tra  la  fattispecie  incriminatrice  del  furto  con  strappo  (art.
624-bis, secondo comma, codice penale) e quella  della  rapina  (art.
628 del codice penale) risiede nella diversa direzione della violenza
esplicata dall'agente.  Sussiste  un  furto  con  strappo  quando  la
violenza  e'  immediatamente  rivolta   verso   la   cosa,   e   solo
indirettamente verso la persona che la  detiene;  costituisce  invece
una rapina l'impossessamento della cosa mobile  altrui  mediante  una
violenza diretta sulla persona. 
    Nel furto con strappo la vittima puo'  risentire  della  violenza
solamente in modo riflesso, come  effetto  della  violenza  impiegata
sulla cosa per strapparla di mano o di  dosso  alla  persona,  mentre
nella rapina la violenza alla persona costituisce il mezzo attraverso
il quale avviene la sottrazione. Cosi', se lo strappo non  basta  per
ottenere l'impossessamento e  viene  di  conseguenza  esercitata  una
violenza sulla persona, e' ravvisabile una rapina. 
    Non  sono  rari  i  casi  in  cui,  nel  progredire   dell'azione
delittuosa, il furto con strappo si trasforma in una rapina,  per  la
necessita' di vincere la resistenza della vittima,  o  anche  in  una
rapina impropria, per la necessita' di contrastare la reazione  della
vittima dopo la sottrazione della cosa. In questi casi, tra il  furto
con strappo e la rapina si verifica una progressione nell'offesa,  in
quanto la lesione si estende dal patrimonio alla persona, giungendo a
metterne in pericolo anche l'integrita' fisica, ed  e'  incongrua  la
normativa che, pur prevedendo per  la  rapina  una  pena  assai  piu'
grave, riconosce a chi ne e' autore un trattamento  piu'  vantaggioso
in sede di esecuzione della pena.» (Corte cost.,  sentenza  6  aprile
2016 n. 125, Considerato in diritto, § 2). 
    Nel caso concreto, il pubblico  ministero  contestava  al  K.  di
avere sottratto la cosa con una manovra rivolta unicamente  verso  il
bene, senza avere posto in essere alcun atto  lesivo  dell'integrita'
fisica della persona offesa ne'  nella  fase  dell'impossessamento  e
neppure per garantirsi la fuga. 
    La  pena  detentiva  astrattamente  prevista  per   la   condotta
contestata  all'imputato,  in  considerazione  del  concorso  con  la
circostanza di cui all'art. ex art.  625,  comma  1  n.  8-bis  c.p.,
risulta compresa ex art. 624-bis, comma 3  del  codice  penale  nella
forbice edittale tra cinque anni e dieci anni di reclusione. 
    Prima  di  pronunciarsi  in   ordine   alla   sussistenza   della
responsabilita'  penale,  la  scrivente  ritiene  di  sospendere   il
processo e sollevare la questione di legittimita' costituzionale. 
    Preliminarmente  si  osserva  come  non   appaiano   percorribili
interpretazioni costituzionalmente orientate della norma. 
    La pena detentiva che, in ipotesi di  condanna,  dovrebbe  essere
applicata  all'imputato  a  seguito  delle  riforme  legislative   e'
individuata, nel suo minimo edittale, in cinque anni  di  reclusione.
Tale minimo edittale e' parificato dal legislatore a quello  previsto
per i delitti di rapina  ed  estorsione,  ipotesi  di  reato  che  si
ritengono sicuramente connotate da maggiore offensivita',  attingendo
il bene giuridico dell'integrita' psicofisica e  non  la  sola  sfera
patrimoniale come accade nel furto con strappo. Difatti, la legge  n.
103 del 2017, entrata in vigore il 3 agosto 2017, che ha innalzato il
minimo edittale per le ipotesi di furto in  abitazione  e  furto  con
strappo dalla pena della reclusione da 3 a 10 anni e  successivamente
elevata ancora dalla legge n. 36 del 26 aprile 2019 alla  pena  della
reclusione dai 5 ai 10 anni. Inoltre, sempre la legge n. 36 del  2019
ha modificato il primo comma  dell'art.  624-bis  del  codice  penale
innalzando la pena del furto in abitazione alla pena della reclusione
da tre a sei anni a quattro a sette anni. Tale disciplina si  applica
al caso di specie, essendosi il  fatto  verificatosi  nel  2024.  Per
questo,  si  ritiene   rilevante   la   questione   di   legittimita'
costituzionale ai fini della decisione del giudizio pendente  dinanzi
alla scrivente. 
    Ne' puo' ritenersi percorribile  la  via  della  mitigazione  del
trattamento sanzionatorio attraverso il ricorso alla  concessione  di
istituti premiali come le circostanze attenuanti generiche  ai  sensi
dell'art.  62-bis  c.p.,  atteso  come  le  attenuanti  non   possano
assolvere alla funzione di correggere  l'eventuale  sproporzione  dei
limiti edittali stabiliti dal legislatore. A cio' aggiungasi come  le
circostanze  attenuanti  generiche  siano,  peraltro,   eventuali   e
rilevino solo ai fini dei parametri di commisurazione della  pena  ex
art.  133  del  codice  penale.  Inoltre,  il  rigoroso   trattamento
sanzionatorio discendente dal riconoscimento delle citate  aggravanti
non  puo'  neppure  trovare   un   temperamento   nel   giudizio   di
bilanciamento  (erroneamente   ritenuto   dalla   pubblica   accusa),
trattandosi di aggravanti cd. privilegiate, rispetto  alle  quali  e'
precluso ravvisare una  prevalenza  o  equivalenza  delle  attenuanti
generiche. 
    Parimenti gravosa appare la preclusione all'accesso al  beneficio
della sospensione condizionale che deriverebbe, partendo  dalla  pena
base anche orientata nel minimo pari ad anni cinque, se si pensi  che
per il delitto in esame in origine l'art. 656, comma  9,  lettera  a)
impediva  al   pubblico   ministero   di   sospendere   l'ordine   di
carcerazione, senza alcun distinguo rispetto alle  ipotesi  connotate
da  minore  offensivita',  come  quella  in   esame   (vedasi   Corte
costituzionale n. 125/2016). 
    Inoltre, si deve tener conto che la condotta contestata a  O.  T.
A. corrisponde ai parametri descritti dalla Consulta  nella  sentenza
n.  120  del  2023  e  ribaditi  nella  sentenza  n.  86  del   2024:
estemporaneita' della condotta, scarsita' dell'offesa personale  alla
vittima,  esiguita'  del  valore  sottratto,   assenza   di   profili
organizzativi. Nel caso concreto,  il  K.,  appena  diciannovenne  al
momento del fatto,  formalmente  incensurato,  avrebbe  strappato  la
collana dal collo della persona offesa con una mossa fulminea,  senza
alcuna  organizzazione  del  delitto.  L'azione   lesiva   e'   stata
pacificamente rivolta con violenza nei confronti di un oggetto e solo
mediatamente  diretta  verso  la  vittima,  la  quale   ha   comunque
dichiarato di essere stata risarcita. 
Sulla non manifesta infondatezza 
    Tenuto  conto  delle  argomentazioni  illustrate   dalla   difesa
dell'imputato all'udienza  del  10  gennaio  2025  e  all'interno  di
apposita memoria depositata  agli  atti,  questo  Giudice  reputa  la
questione di legittimita'  costituzionale  della  norma  oggetto  non
manifestamente infondata  in  relazione  ai  parametri  rappresentati
dagli articoli 3, 27, commi 1 e 3. 
    La  Corte  costituzionale  ha  gia'  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 629 e 628, comma 1-2 del codice  penale
per violazione dei principi di cui agli articoli  3  e  27,  comma  3
della Costituzione e  ha  introdotto,  con  due  pronunce  di  natura
additiva,  due  ipotesi  di   minore   gravita'   cui   consegue   la
corrispondente riduzione di pena in misura non  eccedente  un  terzo,
ossia per le ipotesi di estorsione (sentenza n. 120 del 2023) e della
rapina (sentenza n. 86 del 2024)  nelle  quali,  per  la  natura,  la
specie, i mezzi, le modalita' o circostanze dell'azione,  ovvero  per
particolare tenuita' del danno o del pericolo, il  fatto  risulti  di
lieve entita'. 
    Infatti,  la  Consulta  con  la  pronuncia  n.  86  del  2024  ha
riconosciuto che la ratio decidendi della sentenza n. 120 del 2023 in
materia di estorsione e' sussumibile anche nell'ipotesi della  rapina
di cui  all'art.  628,  comma  1-2  del  codice  penale  (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 86/2024, Considerato in diritto, § 5.4). 
    Questo Giudice ritiene che la stessa ratio sussista anche per  le
ipotesi di furto con strappo  e  le  ipotesi  di  furto  con  strappo
aggravato. 
    In tal modo, si ritiene, e' stata  introdotta,  nell'ordinamento,
una irragionevole discriminazione, in palese contrasto con i principi
di uguaglianza sostanziale e ragionevolezza di cui all'art.  3  della
Costituzione, ma  anche  con  l'individualizzazione  della  finalita'
rieducativa che la pena, ai sensi  dell'art.  27,  commi  1-3,  della
Costituzione, deve assumere, per i motivi che si vanno ad illustrare. 
Violazione dell'art. 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione 
    La scrivente dubita della legittimita'  costituzionale  dell'art.
624-bis, comma 2 e 3 c.p., nella parte in cui non prevede che la pena
da esso comminata sia diminuita in  misura  non  eccedente  un  terzo
quando  per  natura,  specie,  mezzi  e   modalita'   o   circostanze
dell'azione,  ovvero  per  particolare  tenuita'  del  danno  o   del
pericolo, il fatto risulti di lieve  entita',  per  violazione  degli
articoli 3 e 27, commi 1 e 3 della Costituzione. 
    L'attuale sistema normativo prevede una  disciplina  contrastante
con i principi suddetti a seguito delle riforme normative che si sono
verificate  negli  ultimi  anni  al  fine  di  inasprire  le  pene  e
disincentivare la commissione di tali condotte. Alla scrivente appare
irragionevole e sproporzionata l'equiparazione del furto con  strappo
con il furto in abitazione, essendo la seconda una  fattispecie  piu'
connotata da maggiore offensiva, atteso come la norma tuteli anche la
sfera del domicilio come luogo ove  si  esplica  la  sfera  personale
delle personali. Parimenti irragionevole appare la parificazione  nel
trattamento sanzionatorio e segnatamente nel  minimo  edittale  delle
ipotesi di  furto  con  strappo  aggravato  a  quelli  di  rapina  ed
estorsione, caratterizzate da violenza alla persona, se solo si pensi
che nel caso del furto con strappo la violenza mediata  dall'aderenza
della cosa al corpo della persona offesa appaia solo eventuale. 
    Nel caso in esame, al pari di quanto originariamente avvenuto per
le ipotesi della rapina e  dell'estorsione,  e'  stato  innalzato  il
limite minimo edittale senza introdurre una «valvola  di  sicurezza»,
che  «permetta  al  giudice   di   temperare   la   sanzione   quando
l'offensivita' concreta del fatto di reato  non  ne  giustifichi  una
punizione cosi'  severa»  (cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.
86/2024, Considerato in diritto, § 5.2). 
    Da questo punto di vista, non puo' negarsi che la nuova norma  di
cui all'art. 624-bis, comma 2-3, nel non prevedere un congruo  limite
edittale o quantomeno la riduzione di pena fino a un terzo e preclude
il giudizio di bilanciamento, realizzi un'irragionevole disparita' di
trattamento tra situazioni omogenee e, contemporaneamente,  parifichi
ingiustificatamente situazioni assolutamente eterogenee, erodendo  la
discrezionalita' del giudice e  la  possibilita'  di  valorizzare  le
peculiarita' del caso concreto. 
    Atteso anche quanto gia'  esposto  sull'applicabilita'  eventuale
delle circostanze attenuanti, che non possono  comunque  svolgere  la
funzione   di   mitigare   un   limite    edittale    sproporzionato,
sull'impossibilita'  di  ritenere   equivalenti   o   prevalenti   le
attenuanti sulle aggravanti ex art. 624-bis, ultimo comma del  codice
penale   e   sull'impossibilita'   di   accedere   alla   sospensione
condizionale anche per i minori di anni ventuno ex art. 163, comma  3
c.p., come l'odierno imputato. La stessa Corte costituzionale  (Corte
cost., sentenza 6 aprile 2016 (dep. 1° giugno 2016),  n.  125,  Pres.
Grossi, Rel. Lattanzi) dichiarava, prima  delle  riforme  legislative
del 2017 e del 2019, l'illegittimita'  costituzionale  del  comma  9,
lettera a), dell'art. 656 c.p.p., nella parte in  cui  stabiliva  che
non  potesse  essere  disposta  la  sospensione  dell'esecuzione  nei
confronti delle persone  condannate  per  il  delitto  di  furto  con
strappo, ritenendo, pertanto, ragionevole  l'applicazione  di  questo
istituto alle ipotesi di furto con strappo. 
    Peraltro l'impossibilita' di graduare la pena  al  caso  concreto
costituisce violazione non solo dell'art.  3  della  Costituzione  ma
altresi' dell'art. 27 della Carta costituzionale. La  prospettiva  di
esecuzione di una pena  eccessivamente  gravosa,  come  nel  caso  di
specie, e' inoltre  suscettibile  di  ingenerare  nel  condannato  la
convinzione di essere vittima di un  ingiusto  sopruso  sperequativo,
sentimento che vanifica qualunque efficace percorso rieducativo,  cui
le pene - e  pertanto  anche  la  pena  pecuniaria  -  devono  sempre
tendere, secondo il disposto  dell'art.  27,  comma  3,  della  Carta
costituzionale. Difatti, con gli  interventi  legislativi  che  hanno
riformato la disciplina dell'art. 624-bis c.p., sono stati  innalzati
anche i limiti della pena della multa, oltre che della reclusione. 
    Si rileva come il giudizio pendente  non  possa  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
proprio per la peculiarita'  del  caso  concreto  che  imporrebbe  di
accedere all'applicazione di una  circostanza  che  consentirebbe  di
mitigare l'eventuale risposta punitiva. Si ritiene,  ancora,  che  il
criterio  di  ragionevolezza   ed   il   principio   di   uguaglianza
sostanziale,  oltre  all'individualizzazione  della   pena   e   alla
salvaguardia della finalita' rieducativa cui le  pene  devono  sempre
tendere, impongano la previsione di una fattispecie di lieve  entita'
e la conseguente riduzione fino a un  terzo  della  pena  quando  per
natura, specie, mezzi e modalita' o circostanze  dell'azione,  ovvero
per particolare tenuita' del danno o del pericolo, il  fatto  risulti
di lieve entita'.   

 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Solleva  questione  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.
624-bis, comma 2 e 3 c.p., nella parte in cui non prevede che la pena
da esso comminata e' diminuita  in  misura  non  eccedente  un  terzo
quando  per  natura,  specie,  mezzi  e   modalita'   o   circostanze
dell'azione,  ovvero  per  particolare  tenuita'  del  danno  o   del
pericolo, il fatto risulti di lieve  entita',  con  riferimento  agli
articoli 3, 27 commi 1 e 3 della Costituzione; 
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale; 
    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e che la  presente
ordinanza sia notificata al Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Da' atto che la presente ordinanza e' stata letta  in  udienza  e
che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro  che  sono  o
devono considerarsi presenti, ai sensi dell'art. 148, comma 5, codice
di procedura penale. 
        Milano, 14 marzo 2025 
 
                         Il Giudice: Modica