Reg. ord. n. 67 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17
Ordinanza del Tribunale di Campobasso del 26/02/2025
Tra: E. F.
Oggetto:
Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).
Norme impugnate:
legge
del 09/08/2024
Num. 114
Art. 1
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 11
Co.
Costituzione
Art. 97
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 7
Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 19
Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003
Art. 65
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 2025
Ordinanza del 26 febbraio 2025 del Tribunale di Campobasso nel
procedimento penale a carico di E. F..
Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323 del codice penale (Abuso
d'ufficio).
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice
di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice
dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b).
(GU n. 17 del 23-04-2025)
TRIBUNALE DI CAMPOBASSO
II Tribunale di Campobasso in composizione collegiale, composto
dai signori magistrati:
dott. Enrico Di Dedda, Presidente;
dott.ssa Federica Adele Dei Santi, Giudice;
dott. Tommaso Barbara, Giudice;
Nel procedimento nei confronti di: F. E., nato a ... il ...,
residente ed elettivamente domiciliato in ... alla via ..., libero,
presente;
assistito e difeso di fiducia dall'avv. Costantino D'Angelo del
foro di Campobasso;
procedimento nel quale risulta persona offesa il Comune di C. del
B., non comparso.
Premesso che
Con decreto del 27 aprile 2023, il G.U.P. presso il Tribunale di
Campobasso, su richiesta del P.M., disponeva il rinvio a giudizio
dell'imputato per i reati ascrittigli in imputazione, fissando per la
celebrazione del dibattimento dinanzi al Tribunale, in composizione
collegiale, l'udienza del 5 luglio 2023. All'udienza del 5 luglio
2023, data la dichiarazione di assenza dell'imputato all'udienza
preliminare del 17 gennaio 2023, il Tribunale disponeva procedersi in
sua assenza. Indi, dichiarato aperto il dibattimento, e ammesse le
richieste istruttorie cosi' come formulate dalle parti, il processo
veniva aggiornato al 15 novembre 2023. Nelle udienze del 15 novembre
2023 e del 21 febbraio 2024, faceva il suo corso l'istruttoria
dibattimentale acquisizione delle prove orali e documentali.
L'udienza dell'8 maggio 2024 veniva rinviata, con sospensione dei
termini di prescrizione, stante il legittimo impedimento
dell'imputato al 2 ottobre 2024. In tale data dichiarata chiusa
l'istruttoria dibattimentale e formulate le conclusioni delle parti,
il Tribunale all'esito della Camera di consiglio, differiva la
decisione al 4 dicembre 2024 al fine di valutare la legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge n.
114/2024 nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art. 323 del
codice penale.
Al capo di imputazione, viene contestato all'inputato, la
violazione:
a) del reato p. e p. dagli articoli 81 cpv, 323 del codice
penale, perche', con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, nella qualita' di sindaco del Comune di ... e di
responsabile del servizio, omettendo di astenersi in presenza di un
interesse proprio, con determinazione n. ... del ... approvava le
risultanze nella selezione pubblica, in forma semplificata, per la
costituzione di rapporti di lavoro a tempo parziale e determinato per
il profilo professionale di istruttore contabile in cui era inserito,
al quarto posto, il figlio F. R., il quale veniva successivamente
assunto con determinazione n. ... del ..., utilizzando la precedente
graduatoria cosi come disposto con la delibera di giunta n. ... del
... a cui il F. E. prendeva parte, procurando in tal modo al F. R. un
ingiusto vantaggio patrimoniale. In C. del B. il ... e il ...;
b) del reato p. e p. dall'art 323 del codice penale perche',
nella qualita' di sindaco del Comune di C. del B, emettendo il
decreto sindacale n. ... del ..., in violazione dell'art 110 del
TUEL, che prevede espressamente che gli incarichi a contratto devono
essere conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare in capo
ai soggetti il possesso comprovata esperienza pluriennale, nominava
direttamente P. G. quale istruttrice direttiva area amministrativa,
per un periodo di dodici mesi, essendo la P. anche priva di
comprovata esperienza pluriennale avendo espletato soltanto il
praticantato da avvocato da nove mesi.
In C. del B. il ...
Rilevanza della questione.
All'esito dell'istruttoria svolta, al termine della quale le
parti hanno concluso per l'assoluzione dell'imputato ai sensi
dell'art. 129, codice di procedura penale perche' il fatto non e'
previsto dalla legge come reato, questo Tribunale e' chiamato a
valutare la responsabilita' dell'imputato sulla base dell'art. 323
del codice penale, su cui l'avvenuta depenalizzazione ad opera
dell'art. 1, comma 1, lettera b), della 9 agosto 2024, n. 114, incide
direttamente.
Atteso che sulla base di detta depenalizzazione non sarebbe
possibile pervenire ad una sentenza di condanna e che, in caso di
un'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma
abrogatrice, si otterrebbero differenti formule assolutorie,
presumibilmente piu' favorevoli all'imputato; insiste allo stato un
serio dubbio cli conformita' della norma abrogatrice rispetto ai
principi contenuti nella Carta fondamentale.
Preliminarmente, occorre soffermarsi sugli effetti dell'entrata
in vigore della legge Nordio. L'art. 1 della legge 9 agosto 2024, n.
114, con la lettera b), ha abrogato l'art. 323 del codice penale e,
con la lettera e), ha sostituito l'art. 346-bis del codice penale,
rendendo il campo di applicazione piu' restrittivo causandone una
abolizione parziale.
In relazione all'abuso d'ufficio, ci si trova di fronte
all'abrogazione totale della norma incriminatrice che, cosi' come
formulata, non lascia dubbi sul fatto che non si tratti di abrogazio
sine abolitione.
La formale abrogazione di una norma incriminatrice, infatti, non
sempre comporta l'abolizione del reato, poiche' puo' accadere che un
certo genere di condotte riconducibili alla disposizione abrogata
conservino rilevanza penale, risultando riconducibili a un'altra
norma incriminatrice sebbene di carattere piu' ampio e generalizzato.
La diretta conseguenza di quanto esposto e' che, in caso di
abolizione totale, sara' applicabile l'art. 2, comma 2 del codice
penale; in caso abrogazio sine abolitione, l'art. 2, comma 4, del
codice penale, ossia la legge piu' favorevole al reo.
Da un'analisi delle norme presenti nel sistema penale, non
risulta che la condotta prevista dall' art. 323 del codice penale
possa essere inclusa in altra norma di carattere generale. Va in
questa sede precisato che l'applicazione dell'art. 323 del codice
penale era prevista a condizione che il fatto non costituisse «un
piu' grave reato».
Per cui allo stato le condotte delittuose piu' gravi (come il
peculato o la turbativa d'asta) non possono essere ritenute norme
generali assorbenti l'abrogato art. 323 del codice penale e del resto
continuano ad esser penalmente rilevanti, non avendo subito alcuna
variazione. Lo stesso dicasi per l'art. 328 del codice penale,
rifiuto di atti d'ufficio, il quale risulta essere attualmente
penalmente rilevante, ma limita il suo campo di applicazione a
condotte meno gravi.
A cio' si aggiunga che la sopravvivenza di dette fattispecie
speciali rispetto all'art 323 del codice penale, crea un profilo di
irragionevolezza in quanto si puniscono le condotte specifiche meno
gravi ma non l'abuso d'ufficio.
Infine, la mancata previsione nel sistema penale di altra norma
introdotta contestualmente all'abrogazione dell'art. 323 del codice
penale che, senza soluzione di continuita', comporti la permanenza
della rilevanza penale delle condotte dell'abuso d'ufficio, esclude
la possibilita' che si verifichi un'abrogatio sine abolitione.
Tale vuoto normativo non puo' dirsi colmato neppure con
l'introduzione dell'art. 314-bis del codice penale (Indebita
destinazione di denaro o cose mobili) ad opera del decreto-legge n.
92/2024, entrato in vigore prima dell'abrogazione dell'art. 323 del
codice penale.
Invero il precetto in esso affermato determina, senza soluzione
di continuita', la rilevanza penale delle sole condotte di peculato
per distrazione, prima riconducibili (per giurisprudenza consolidata)
alla fattispecie dell'abuso d'ufficio e aventi ad oggetto denaro o
cose mobili, condotte che tuttavia non attengono alla fattispecie di
cui e' oggetto l'odierno processo.
Terminato questo breve excursus, lo scrivente Tribunale ritiene
verosimile la sussistenza di profili di incostituzionalita' dell'art.
1 della legge 9 agosto 2024, n. 114, lettera b), che ha abrogato
l'art. 323 del codice penale.
Come noto, ai sensi dall'art. 1, comma 1, legge Cost. n. l/1948,
esiste in capo al giudice di merito un vero e proprio obbligo di
rimessione alla Corte costituzionale, qualora si presentino dubbi di
legittimita' circa le norme applicabili al caso per cui e' chiamato a
decidere, non potendosi adottare, nel caso di specie, una
interpretazione costituzionalmente orientata rispetto alla
fattispecie astratta totalmente abrogata.
La non manifesta infondatezza della questione, in particolar
modo, deriva dal possibile contrasto della norma abrogatrice con gli
articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art.
19 della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la
corruzione (cd. Convenzione di Merida).
L'art. 11 della Carta costituzionale consente allo stato italiano
di limitare la propria sovranita' affinche', in condizioni di parita'
con gli altri stati, tale limitazione possa essere finalizzata alla
creazione e mantenimento di un organismo sovrastatale che garantisca
la pace e la giustizia fra tutte le nazioni. A supporto dell'art. 11,
interviene poi l'art. 117 con cui, nel sancire la potesta'
legislativa dello stato, si afferma che tale potesta' deve in ogni
caso essere rispettosa della Costituzione nonche' «dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali».
Tra i vari trattati e le convenzioni sottoscritte dall'Italia
merita particolare attenzione, in relazione al caso per cui e'
giudizio, la cd. Convenzione di Merida, adottata dall'assemblea
generale dell'ONU con risoluzione n. 584, firmata dallo Stato
italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge n. 116/2009.
Tale convenzione risulta essere a tutti gli effetti fonte del
diritto internazionale e vincolante per gli stati aderenti e prevede
l'obbligo di introduzione, qualora non previste nei singoli
ordinamenti, di una varieta' di ipotesi delittuose correlate con la
corruzione, specificando che, benche' il documento contenga una serie
di violazioni basilari (come le concussioni, l'appropriazione
indebita di fondi pubblici, ma anche gli atti compiuti a sostegno
della corruzione, l'ostruzione alla giustizia, il traffico di
influenza e l'occultamento o il riciclaggio dei proventi della
corruzione), gli stati possono prevederne ulteriori e piu'
specifiche.
All'art. 19 della convenzione e' espressamente previsto che:
«Ciascuno Stato parte esamina l'adozione delle misure legislative e
delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito
penale, quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, al fatto
per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della
sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere,
nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle
leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra
persona o entita'.»; descrivendo di' fatto quelle condotte che fino
all'entrata in vigore della legge n. 114 del 9 agosto 2024 erano
recepite nell'alveo dell'art. 323 del codice penale.
Risulta dunque evidente che, se esiste a livello internazionale
un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio, la sua abrogazione
non puo' che rappresentare una violazione degli impegni assunti in
sede di stipula della convenzione.
Tanto piu' che, se da un lato gli stati membri devono adattare il
diritto interno per conformarlo alle norme sovranazionali, anche
attraverso l'introduzione di precetti sino a quel momento
inesistenti, di converso, qualora uno stato gia' preveda una
normativa conforme, il suo impegno deve essere quello di mantenerla
vigente nell'ordinamento (principio espressamente previsto all'art.
7, comma 4, della Convenzione: «Ciascuno Stato si adopera,
conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno,
al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono
la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse»).
In via conclusiva, ritenuta la questione rilevante e non
manifestamente infondata, in virtu' del combinato disposto dagli
articoli 23, legge n. 87/1953 e 159 del codice penale, deve ordinarsi
la sospensione del giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la
conseguente sospensione della prescrizione con riferimento a tutti i
reati contestati al capo di imputazione non definibili separatamente.
Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4, legge n.
87/1953 l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione
della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,
nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione ciel
fascicolo processuale alla Corte costituzionale.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge
costituzionale n. 1/1948 e 23 seguenti della legge n. 87/1953;
Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata;
Solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione
all'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 9 agosto 2024, n. 114
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 187
del 10 agosto 2024 ed entrata in vigore il 25 agosto 2024), nella
parte in cui abroga l'art. 323 del codice penale, per violazione
degli articoli 97, 11 e 117, comma 1, della Costituzione (in
relazione agli obblighi discendenti dagli articoli 7, comma 4, 19 e
65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la
corruzione - cd. Convenzione di Merida - adottata dall'Assemblea
generale dell'ONU 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata
dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, oggetto di ratifica ed
esecuzione in Italia con legge 13 agosto 2009, n. 116).
Sospende il giudizio in corso nei confronti dell'imputato ed i
termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale.
Manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Cosi' deciso in Campobasso, il 26 febbraio 2025
Il Presidente: Di Dedda
I Giudici: Dei Santi - Barbara
Oggetto:
Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).
Norme impugnate:
legge del 09/08/2024 Num. 114 Art. 1 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 7 Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 19 Co.
Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 Art. 65 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 2025 Ordinanza del 26 febbraio 2025 del Tribunale di Campobasso nel procedimento penale a carico di E. F.. Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio). - Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'ordinamento giudiziario e al codice dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b). (GU n. 17 del 23-04-2025) TRIBUNALE DI CAMPOBASSO II Tribunale di Campobasso in composizione collegiale, composto dai signori magistrati: dott. Enrico Di Dedda, Presidente; dott.ssa Federica Adele Dei Santi, Giudice; dott. Tommaso Barbara, Giudice; Nel procedimento nei confronti di: F. E., nato a ... il ..., residente ed elettivamente domiciliato in ... alla via ..., libero, presente; assistito e difeso di fiducia dall'avv. Costantino D'Angelo del foro di Campobasso; procedimento nel quale risulta persona offesa il Comune di C. del B., non comparso. Premesso che Con decreto del 27 aprile 2023, il G.U.P. presso il Tribunale di Campobasso, su richiesta del P.M., disponeva il rinvio a giudizio dell'imputato per i reati ascrittigli in imputazione, fissando per la celebrazione del dibattimento dinanzi al Tribunale, in composizione collegiale, l'udienza del 5 luglio 2023. All'udienza del 5 luglio 2023, data la dichiarazione di assenza dell'imputato all'udienza preliminare del 17 gennaio 2023, il Tribunale disponeva procedersi in sua assenza. Indi, dichiarato aperto il dibattimento, e ammesse le richieste istruttorie cosi' come formulate dalle parti, il processo veniva aggiornato al 15 novembre 2023. Nelle udienze del 15 novembre 2023 e del 21 febbraio 2024, faceva il suo corso l'istruttoria dibattimentale acquisizione delle prove orali e documentali. L'udienza dell'8 maggio 2024 veniva rinviata, con sospensione dei termini di prescrizione, stante il legittimo impedimento dell'imputato al 2 ottobre 2024. In tale data dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale e formulate le conclusioni delle parti, il Tribunale all'esito della Camera di consiglio, differiva la decisione al 4 dicembre 2024 al fine di valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge n. 114/2024 nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art. 323 del codice penale. Al capo di imputazione, viene contestato all'inputato, la violazione: a) del reato p. e p. dagli articoli 81 cpv, 323 del codice penale, perche', con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, nella qualita' di sindaco del Comune di ... e di responsabile del servizio, omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio, con determinazione n. ... del ... approvava le risultanze nella selezione pubblica, in forma semplificata, per la costituzione di rapporti di lavoro a tempo parziale e determinato per il profilo professionale di istruttore contabile in cui era inserito, al quarto posto, il figlio F. R., il quale veniva successivamente assunto con determinazione n. ... del ..., utilizzando la precedente graduatoria cosi come disposto con la delibera di giunta n. ... del ... a cui il F. E. prendeva parte, procurando in tal modo al F. R. un ingiusto vantaggio patrimoniale. In C. del B. il ... e il ...; b) del reato p. e p. dall'art 323 del codice penale perche', nella qualita' di sindaco del Comune di C. del B, emettendo il decreto sindacale n. ... del ..., in violazione dell'art 110 del TUEL, che prevede espressamente che gli incarichi a contratto devono essere conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare in capo ai soggetti il possesso comprovata esperienza pluriennale, nominava direttamente P. G. quale istruttrice direttiva area amministrativa, per un periodo di dodici mesi, essendo la P. anche priva di comprovata esperienza pluriennale avendo espletato soltanto il praticantato da avvocato da nove mesi. In C. del B. il ... Rilevanza della questione. All'esito dell'istruttoria svolta, al termine della quale le parti hanno concluso per l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 129, codice di procedura penale perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, questo Tribunale e' chiamato a valutare la responsabilita' dell'imputato sulla base dell'art. 323 del codice penale, su cui l'avvenuta depenalizzazione ad opera dell'art. 1, comma 1, lettera b), della 9 agosto 2024, n. 114, incide direttamente. Atteso che sulla base di detta depenalizzazione non sarebbe possibile pervenire ad una sentenza di condanna e che, in caso di un'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma abrogatrice, si otterrebbero differenti formule assolutorie, presumibilmente piu' favorevoli all'imputato; insiste allo stato un serio dubbio cli conformita' della norma abrogatrice rispetto ai principi contenuti nella Carta fondamentale. Preliminarmente, occorre soffermarsi sugli effetti dell'entrata in vigore della legge Nordio. L'art. 1 della legge 9 agosto 2024, n. 114, con la lettera b), ha abrogato l'art. 323 del codice penale e, con la lettera e), ha sostituito l'art. 346-bis del codice penale, rendendo il campo di applicazione piu' restrittivo causandone una abolizione parziale. In relazione all'abuso d'ufficio, ci si trova di fronte all'abrogazione totale della norma incriminatrice che, cosi' come formulata, non lascia dubbi sul fatto che non si tratti di abrogazio sine abolitione. La formale abrogazione di una norma incriminatrice, infatti, non sempre comporta l'abolizione del reato, poiche' puo' accadere che un certo genere di condotte riconducibili alla disposizione abrogata conservino rilevanza penale, risultando riconducibili a un'altra norma incriminatrice sebbene di carattere piu' ampio e generalizzato. La diretta conseguenza di quanto esposto e' che, in caso di abolizione totale, sara' applicabile l'art. 2, comma 2 del codice penale; in caso abrogazio sine abolitione, l'art. 2, comma 4, del codice penale, ossia la legge piu' favorevole al reo. Da un'analisi delle norme presenti nel sistema penale, non risulta che la condotta prevista dall' art. 323 del codice penale possa essere inclusa in altra norma di carattere generale. Va in questa sede precisato che l'applicazione dell'art. 323 del codice penale era prevista a condizione che il fatto non costituisse «un piu' grave reato». Per cui allo stato le condotte delittuose piu' gravi (come il peculato o la turbativa d'asta) non possono essere ritenute norme generali assorbenti l'abrogato art. 323 del codice penale e del resto continuano ad esser penalmente rilevanti, non avendo subito alcuna variazione. Lo stesso dicasi per l'art. 328 del codice penale, rifiuto di atti d'ufficio, il quale risulta essere attualmente penalmente rilevante, ma limita il suo campo di applicazione a condotte meno gravi. A cio' si aggiunga che la sopravvivenza di dette fattispecie speciali rispetto all'art 323 del codice penale, crea un profilo di irragionevolezza in quanto si puniscono le condotte specifiche meno gravi ma non l'abuso d'ufficio. Infine, la mancata previsione nel sistema penale di altra norma introdotta contestualmente all'abrogazione dell'art. 323 del codice penale che, senza soluzione di continuita', comporti la permanenza della rilevanza penale delle condotte dell'abuso d'ufficio, esclude la possibilita' che si verifichi un'abrogatio sine abolitione. Tale vuoto normativo non puo' dirsi colmato neppure con l'introduzione dell'art. 314-bis del codice penale (Indebita destinazione di denaro o cose mobili) ad opera del decreto-legge n. 92/2024, entrato in vigore prima dell'abrogazione dell'art. 323 del codice penale. Invero il precetto in esso affermato determina, senza soluzione di continuita', la rilevanza penale delle sole condotte di peculato per distrazione, prima riconducibili (per giurisprudenza consolidata) alla fattispecie dell'abuso d'ufficio e aventi ad oggetto denaro o cose mobili, condotte che tuttavia non attengono alla fattispecie di cui e' oggetto l'odierno processo. Terminato questo breve excursus, lo scrivente Tribunale ritiene verosimile la sussistenza di profili di incostituzionalita' dell'art. 1 della legge 9 agosto 2024, n. 114, lettera b), che ha abrogato l'art. 323 del codice penale. Come noto, ai sensi dall'art. 1, comma 1, legge Cost. n. l/1948, esiste in capo al giudice di merito un vero e proprio obbligo di rimessione alla Corte costituzionale, qualora si presentino dubbi di legittimita' circa le norme applicabili al caso per cui e' chiamato a decidere, non potendosi adottare, nel caso di specie, una interpretazione costituzionalmente orientata rispetto alla fattispecie astratta totalmente abrogata. La non manifesta infondatezza della questione, in particolar modo, deriva dal possibile contrasto della norma abrogatrice con gli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 19 della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la corruzione (cd. Convenzione di Merida). L'art. 11 della Carta costituzionale consente allo stato italiano di limitare la propria sovranita' affinche', in condizioni di parita' con gli altri stati, tale limitazione possa essere finalizzata alla creazione e mantenimento di un organismo sovrastatale che garantisca la pace e la giustizia fra tutte le nazioni. A supporto dell'art. 11, interviene poi l'art. 117 con cui, nel sancire la potesta' legislativa dello stato, si afferma che tale potesta' deve in ogni caso essere rispettosa della Costituzione nonche' «dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Tra i vari trattati e le convenzioni sottoscritte dall'Italia merita particolare attenzione, in relazione al caso per cui e' giudizio, la cd. Convenzione di Merida, adottata dall'assemblea generale dell'ONU con risoluzione n. 584, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge n. 116/2009. Tale convenzione risulta essere a tutti gli effetti fonte del diritto internazionale e vincolante per gli stati aderenti e prevede l'obbligo di introduzione, qualora non previste nei singoli ordinamenti, di una varieta' di ipotesi delittuose correlate con la corruzione, specificando che, benche' il documento contenga una serie di violazioni basilari (come le concussioni, l'appropriazione indebita di fondi pubblici, ma anche gli atti compiuti a sostegno della corruzione, l'ostruzione alla giustizia, il traffico di influenza e l'occultamento o il riciclaggio dei proventi della corruzione), gli stati possono prevederne ulteriori e piu' specifiche. All'art. 19 della convenzione e' espressamente previsto che: «Ciascuno Stato parte esamina l'adozione delle misure legislative e delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale, quando l'atto e' stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra persona o entita'.»; descrivendo di' fatto quelle condotte che fino all'entrata in vigore della legge n. 114 del 9 agosto 2024 erano recepite nell'alveo dell'art. 323 del codice penale. Risulta dunque evidente che, se esiste a livello internazionale un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio, la sua abrogazione non puo' che rappresentare una violazione degli impegni assunti in sede di stipula della convenzione. Tanto piu' che, se da un lato gli stati membri devono adattare il diritto interno per conformarlo alle norme sovranazionali, anche attraverso l'introduzione di precetti sino a quel momento inesistenti, di converso, qualora uno stato gia' preveda una normativa conforme, il suo impegno deve essere quello di mantenerla vigente nell'ordinamento (principio espressamente previsto all'art. 7, comma 4, della Convenzione: «Ciascuno Stato si adopera, conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno, al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse»). In via conclusiva, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, in virtu' del combinato disposto dagli articoli 23, legge n. 87/1953 e 159 del codice penale, deve ordinarsi la sospensione del giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la conseguente sospensione della prescrizione con riferimento a tutti i reati contestati al capo di imputazione non definibili separatamente. Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4, legge n. 87/1953 l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione ciel fascicolo processuale alla Corte costituzionale. P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 seguenti della legge n. 87/1953; Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; Solleva questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 9 agosto 2024, n. 114 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 187 del 10 agosto 2024 ed entrata in vigore il 25 agosto 2024), nella parte in cui abroga l'art. 323 del codice penale, per violazione degli articoli 97, 11 e 117, comma 1, della Costituzione (in relazione agli obblighi discendenti dagli articoli 7, comma 4, 19 e 65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la corruzione - cd. Convenzione di Merida - adottata dall'Assemblea generale dell'ONU 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, oggetto di ratifica ed esecuzione in Italia con legge 13 agosto 2009, n. 116). Sospende il giudizio in corso nei confronti dell'imputato ed i termini di prescrizione fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Campobasso, il 26 febbraio 2025 Il Presidente: Di Dedda I Giudici: Dei Santi - Barbara