Reg. ord. n. 67 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17

Ordinanza del Tribunale di Campobasso  del 26/02/2025

Tra: E. F.

Oggetto:

Reati e pene – Abrogazione dell’art. 323 del codice penale (Abuso d'ufficio) – Inosservanza degli obblighi internazionali, in relazione alla Convenzione ONU contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida).

Norme impugnate:

legge  del 09/08/2024  Num. 114  Art. 1  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione ONU contro la corruzione del 2003  Art.  Co.  

Convenzione ONU contro la corruzione del 2003  Art. 19   Co.  

Convenzione ONU contro la corruzione del 2003  Art. 65   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 febbraio 2025

Ordinanza del 26  febbraio  2025  del  Tribunale  di  Campobasso  nel
procedimento penale a carico di E. F.. 
 
Reati e pene - Abrogazione dell'art. 323  del  codice  penale  (Abuso
  d'ufficio). 
- Legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al  codice
  di  procedura  penale,  all'ordinamento  giudiziario  e  al  codice
  dell'ordinamento militare), art. 1, comma 1, lettera b). 


(GU n. 17 del 23-04-2025)

 
                       TRIBUNALE DI CAMPOBASSO 
 
    II Tribunale di Campobasso in composizione  collegiale,  composto
dai signori magistrati: 
        dott. Enrico Di Dedda, Presidente; 
        dott.ssa Federica Adele Dei Santi, Giudice; 
        dott. Tommaso Barbara, Giudice; 
    Nel procedimento nei confronti di: F. E.,  nato  a  ...  il  ...,
residente ed elettivamente domiciliato in ... alla via  ...,  libero,
presente; 
    assistito e difeso di fiducia dall'avv. Costantino  D'Angelo  del
foro di Campobasso; 
    procedimento nel quale risulta persona offesa il Comune di C. del
B., non comparso. 
 
                            Premesso che 
 
    Con decreto del 27 aprile 2023, il G.U.P. presso il Tribunale  di
Campobasso, su richiesta del P.M., disponeva  il  rinvio  a  giudizio
dell'imputato per i reati ascrittigli in imputazione, fissando per la
celebrazione del dibattimento dinanzi al Tribunale,  in  composizione
collegiale, l'udienza del 5 luglio 2023.  All'udienza  del  5  luglio
2023, data la  dichiarazione  di  assenza  dell'imputato  all'udienza
preliminare del 17 gennaio 2023, il Tribunale disponeva procedersi in
sua assenza. Indi, dichiarato aperto il dibattimento,  e  ammesse  le
richieste istruttorie cosi' come formulate dalle parti,  il  processo
veniva aggiornato al 15 novembre 2023. Nelle udienze del 15  novembre
2023 e del 21  febbraio  2024,  faceva  il  suo  corso  l'istruttoria
dibattimentale  acquisizione  delle  prove   orali   e   documentali.
L'udienza dell'8 maggio 2024 veniva  rinviata,  con  sospensione  dei
termini   di   prescrizione,   stante   il   legittimo    impedimento
dell'imputato al 2 ottobre  2024.  In  tale  data  dichiarata  chiusa
l'istruttoria dibattimentale e formulate le conclusioni delle  parti,
il Tribunale  all'esito  della  Camera  di  consiglio,  differiva  la
decisione al 4 dicembre 2024 al  fine  di  valutare  la  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma  1,  lettera  b),  della  legge  n.
114/2024 nella parte in cui dispone l'abrogazione dell'art.  323  del
codice penale. 
    Al  capo  di  imputazione,  viene  contestato  all'inputato,   la
violazione: 
        a) del reato p. e p. dagli articoli 81 cpv,  323  del  codice
penale, perche', con piu' azioni esecutive  di  un  medesimo  disegno
criminoso,  nella  qualita'  di  sindaco  del  Comune  di  ...  e  di
responsabile del servizio, omettendo di astenersi in presenza  di  un
interesse proprio, con determinazione n. ...  del  ...  approvava  le
risultanze nella selezione pubblica, in forma  semplificata,  per  la
costituzione di rapporti di lavoro a tempo parziale e determinato per
il profilo professionale di istruttore contabile in cui era inserito,
al quarto posto, il figlio F. R.,  il  quale  veniva  successivamente
assunto con determinazione n. ... del ..., utilizzando la  precedente
graduatoria cosi come disposto con la delibera di giunta n.  ...  del
... a cui il F. E. prendeva parte, procurando in tal modo al F. R. un
ingiusto vantaggio patrimoniale. In C. del B. il ... e il ...; 
        b) del reato p. e p. dall'art 323 del codice penale  perche',
nella qualita' di sindaco del  Comune  di  C.  del  B,  emettendo  il
decreto sindacale n. ... del ...,  in  violazione  dell'art  110  del
TUEL, che prevede espressamente che gli incarichi a contratto  devono
essere conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare in capo
ai soggetti il possesso comprovata esperienza  pluriennale,  nominava
direttamente P. G. quale istruttrice direttiva  area  amministrativa,
per un  periodo  di  dodici  mesi,  essendo  la  P.  anche  priva  di
comprovata  esperienza  pluriennale  avendo  espletato  soltanto   il
praticantato da avvocato da nove mesi. 
    In C. del B. il ... 
Rilevanza della questione. 
    All'esito dell'istruttoria svolta,  al  termine  della  quale  le
parti  hanno  concluso  per  l'assoluzione  dell'imputato  ai   sensi
dell'art. 129, codice di procedura penale perche'  il  fatto  non  e'
previsto dalla legge come  reato,  questo  Tribunale  e'  chiamato  a
valutare la responsabilita' dell'imputato sulla  base  dell'art.  323
del codice  penale,  su  cui  l'avvenuta  depenalizzazione  ad  opera
dell'art. 1, comma 1, lettera b), della 9 agosto 2024, n. 114, incide
direttamente. 
    Atteso che sulla  base  di  detta  depenalizzazione  non  sarebbe
possibile pervenire ad una sentenza di condanna e  che,  in  caso  di
un'eventuale  declaratoria   di   incostituzionalita'   della   norma
abrogatrice,  si   otterrebbero   differenti   formule   assolutorie,
presumibilmente piu' favorevoli all'imputato; insiste allo  stato  un
serio dubbio cli conformita'  della  norma  abrogatrice  rispetto  ai
principi contenuti nella Carta fondamentale. 
    Preliminarmente, occorre soffermarsi sugli  effetti  dell'entrata
in vigore della legge Nordio. L'art. 1 della legge 9 agosto 2024,  n.
114, con la lettera b), ha abrogato l'art. 323 del codice  penale  e,
con la lettera e), ha sostituito l'art. 346-bis  del  codice  penale,
rendendo il campo di applicazione  piu'  restrittivo  causandone  una
abolizione parziale. 
    In  relazione  all'abuso  d'ufficio,  ci  si  trova   di   fronte
all'abrogazione totale della norma  incriminatrice  che,  cosi'  come
formulata, non lascia dubbi sul fatto che non si tratti di  abrogazio
sine abolitione. 
    La formale abrogazione di una norma incriminatrice, infatti,  non
sempre comporta l'abolizione del reato, poiche' puo' accadere che  un
certo genere di condotte  riconducibili  alla  disposizione  abrogata
conservino rilevanza  penale,  risultando  riconducibili  a  un'altra
norma incriminatrice sebbene di carattere piu' ampio e generalizzato. 
    La diretta conseguenza di quanto  esposto  e'  che,  in  caso  di
abolizione totale, sara' applicabile l'art. 2,  comma  2  del  codice
penale; in caso abrogazio sine abolitione, l'art.  2,  comma  4,  del
codice penale, ossia la legge piu' favorevole al reo. 
    Da un'analisi  delle  norme  presenti  nel  sistema  penale,  non
risulta che la condotta prevista dall' art.  323  del  codice  penale
possa essere inclusa in altra norma  di  carattere  generale.  Va  in
questa sede precisato che l'applicazione  dell'art.  323  del  codice
penale era prevista a condizione che il  fatto  non  costituisse  «un
piu' grave reato». 
    Per cui allo stato le condotte delittuose  piu'  gravi  (come  il
peculato o la turbativa d'asta) non  possono  essere  ritenute  norme
generali assorbenti l'abrogato art. 323 del codice penale e del resto
continuano ad esser penalmente rilevanti, non  avendo  subito  alcuna
variazione. Lo stesso  dicasi  per  l'art.  328  del  codice  penale,
rifiuto di  atti  d'ufficio,  il  quale  risulta  essere  attualmente
penalmente rilevante, ma  limita  il  suo  campo  di  applicazione  a
condotte meno gravi. 
    A cio' si aggiunga che  la  sopravvivenza  di  dette  fattispecie
speciali rispetto all'art 323 del codice penale, crea un  profilo  di
irragionevolezza in quanto si puniscono le condotte  specifiche  meno
gravi ma non l'abuso d'ufficio. 
    Infine, la mancata previsione nel sistema penale di  altra  norma
introdotta contestualmente all'abrogazione dell'art. 323  del  codice
penale che, senza soluzione di continuita',  comporti  la  permanenza
della rilevanza penale delle condotte dell'abuso  d'ufficio,  esclude
la possibilita' che si verifichi un'abrogatio sine abolitione. 
    Tale  vuoto  normativo  non  puo'  dirsi  colmato   neppure   con
l'introduzione  dell'art.  314-bis  del   codice   penale   (Indebita
destinazione di denaro o cose mobili) ad opera del  decreto-legge  n.
92/2024, entrato in vigore prima dell'abrogazione dell'art.  323  del
codice penale. 
    Invero il precetto in esso affermato determina,  senza  soluzione
di continuita', la rilevanza penale delle sole condotte  di  peculato
per distrazione, prima riconducibili (per giurisprudenza consolidata)
alla fattispecie dell'abuso d'ufficio e aventi ad  oggetto  denaro  o
cose mobili, condotte che tuttavia non attengono alla fattispecie  di
cui e' oggetto l'odierno processo. 
    Terminato questo breve excursus, lo scrivente  Tribunale  ritiene
verosimile la sussistenza di profili di incostituzionalita' dell'art.
1 della legge 9 agosto 2024, n. 114,  lettera  b),  che  ha  abrogato
l'art. 323 del codice penale. 
    Come noto, ai sensi dall'art. 1, comma 1, legge Cost. n.  l/1948,
esiste in capo al giudice di merito un  vero  e  proprio  obbligo  di
rimessione alla Corte costituzionale, qualora si presentino dubbi  di
legittimita' circa le norme applicabili al caso per cui e' chiamato a
decidere,  non  potendosi  adottare,  nel   caso   di   specie,   una
interpretazione   costituzionalmente    orientata    rispetto    alla
fattispecie astratta totalmente abrogata. 
    La non manifesta  infondatezza  della  questione,  in  particolar
modo, deriva dal possibile contrasto della norma abrogatrice con  gli
articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art.
19  della  Convenzione  delle  Nazioni  unite  del  2003  contro   la
corruzione (cd. Convenzione di Merida). 
    L'art. 11 della Carta costituzionale consente allo stato italiano
di limitare la propria sovranita' affinche', in condizioni di parita'
con gli altri stati, tale limitazione possa essere  finalizzata  alla
creazione e mantenimento di un organismo sovrastatale che  garantisca
la pace e la giustizia fra tutte le nazioni. A supporto dell'art. 11,
interviene  poi  l'art.  117  con  cui,  nel  sancire   la   potesta'
legislativa dello stato, si afferma che tale potesta'  deve  in  ogni
caso  essere  rispettosa  della  Costituzione  nonche'  «dei  vincoli
derivanti   dall'ordinamento    comunitario    e    dagli    obblighi
internazionali». 
    Tra i vari trattati e  le  convenzioni  sottoscritte  dall'Italia
merita particolare attenzione,  in  relazione  al  caso  per  cui  e'
giudizio, la  cd.  Convenzione  di  Merida,  adottata  dall'assemblea
generale  dell'ONU  con  risoluzione  n.  584,  firmata  dallo  Stato
italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge n. 116/2009. 
    Tale convenzione risulta essere a tutti  gli  effetti  fonte  del
diritto internazionale e vincolante per gli stati aderenti e  prevede
l'obbligo  di  introduzione,  qualora  non   previste   nei   singoli
ordinamenti, di una varieta' di ipotesi delittuose correlate  con  la
corruzione, specificando che, benche' il documento contenga una serie
di  violazioni  basilari  (come  le   concussioni,   l'appropriazione
indebita di fondi pubblici, ma anche gli  atti  compiuti  a  sostegno
della  corruzione,  l'ostruzione  alla  giustizia,  il  traffico   di
influenza e  l'occultamento  o  il  riciclaggio  dei  proventi  della
corruzione),  gli  stati  possono   prevederne   ulteriori   e   piu'
specifiche. 
    All'art. 19 della  convenzione  e'  espressamente  previsto  che:
«Ciascuno Stato parte esamina l'adozione delle misure  legislative  e
delle altre misure necessarie per conferire il carattere di  illecito
penale, quando l'atto e' stato commesso  intenzionalmente,  al  fatto
per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni  o  della
sua posizione,  ossia  di  compiere  o  di  astenersi  dal  compiere,
nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto  in  violazione  delle
leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un'altra
persona o entita'.»; descrivendo di' fatto quelle condotte  che  fino
all'entrata in vigore della legge n. 114  del  9  agosto  2024  erano
recepite nell'alveo dell'art. 323 del codice penale. 
    Risulta dunque evidente che, se esiste a  livello  internazionale
un obbligo di penalizzazione dell'abuso d'ufficio, la sua abrogazione
non puo' che rappresentare una violazione degli  impegni  assunti  in
sede di stipula della convenzione. 
    Tanto piu' che, se da un lato gli stati membri devono adattare il
diritto interno per  conformarlo  alle  norme  sovranazionali,  anche
attraverso  l'introduzione  di   precetti   sino   a   quel   momento
inesistenti,  di  converso,  qualora  uno  stato  gia'  preveda   una
normativa conforme, il suo impegno deve essere quello  di  mantenerla
vigente nell'ordinamento (principio espressamente  previsto  all'art.
7,  comma  4,  della  Convenzione:  «Ciascuno   Stato   si   adopera,
conformemente ai principi fondamentali del proprio  diritto  interno,
al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono
la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse»). 
    In  via  conclusiva,  ritenuta  la  questione  rilevante  e   non
manifestamente infondata, in  virtu'  del  combinato  disposto  dagli
articoli 23, legge n. 87/1953 e 159 del codice penale, deve ordinarsi
la sospensione del giudizio in corso nei confronti dell'imputato e la
conseguente sospensione della prescrizione con riferimento a tutti  i
reati contestati al capo di imputazione non definibili separatamente. 
    Deve, infine, disporsi ai sensi dell'art. 23, comma 4,  legge  n.
87/1953 l'immediata trasmissione degli  atti  del  procedimento  alla
Corte costituzionale, mandandosi la cancelleria per la  notificazione
della presente ordinanza al Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica e per la successiva  trasmissione  ciel
fascicolo processuale alla Corte costituzionale. 

 
                               P. Q. M. 
 
    Visti  gli  articoli  134  della  Costituzione,  1  della   legge
costituzionale n. 1/1948 e 23 seguenti della legge n. 87/1953; 
    Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; 
    Solleva questione di  legittimita'  costituzionale  in  relazione
all'art. 1, comma 1, lettera b), della legge 9 agosto  2024,  n.  114
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 187
del 10 agosto 2024 ed entrata in vigore il  25  agosto  2024),  nella
parte in cui abroga l'art. 323  del  codice  penale,  per  violazione
degli articoli  97,  11  e  117,  comma  1,  della  Costituzione  (in
relazione agli obblighi discendenti dagli articoli 7, comma 4,  19  e
65, comma 1, della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la
corruzione - cd. Convenzione  di  Merida  -  adottata  dall'Assemblea
generale dell'ONU 31 ottobre 2003, con risoluzione n.  58/4,  firmata
dallo Stato italiano il 9  dicembre  2003,  oggetto  di  ratifica  ed
esecuzione in Italia con legge 13 agosto 2009, n. 116). 
    Sospende il giudizio in corso nei confronti  dell'imputato  ed  i
termini  di  prescrizione  fino   alla   definizione   del   giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
        Cosi' deciso in Campobasso, il 26 febbraio 2025 
 
                       Il Presidente: Di Dedda 
 
                                       I Giudici: Dei Santi - Barbara