Reg. ord. n. 69 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17

Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Bari  del 17/01/2025

Tra: G.P.  C/ Francesca Arciuli (nella qualità di curatrice speciale del minore D. C.)



Oggetto:

Nome – Adozione e affidamento – Adozione di minori in casi particolari (nella specie: adozione del figlio del coniuge) – Cognome dell’adottato – Anteposizione del cognome dell’adottante rispetto a quello dell’adottato – Preclusione della possibilità di consentire, con la sentenza di adozione in casi particolari, la sostituzione del cognome originario del minore con il cognome dell’adottante (nel caso di specie: il padre biologico è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale) – Contrasto con il diritto all’identità personale e al nome – Violazione del principio del superiore interesse del minore alla tutela dell’identità personale e della sua vita privata e familiare – Irragionevole disparità di trattamento del minore rispetto al caso in cui il minore sia riconosciuto in via successiva dal padre e al caso dell’adozione del maggiorenne – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali in relazione alla lesione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, affermato dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

Norme impugnate:

legge  del 04/05/1983  Num. 184  Art. 55

codice civile  del  Num.  Art. 299  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  



Udienza Pubblica del 22 ottobre 2025 rel. NAVARRETTA


Testo dell'ordinanza

                        N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2025

Ordinanza del 17 gennaio 2025 del Tribunale per i minorenni  di  Bari
nel procedimento civile vertente tra G. P. e Francesca Arciuli (nella
qualita' di curatrice speciale del minore D. C.). 
 
Nome  -  Adozione  e  affidamento  -  Adozione  di  minori  in   casi
  particolari - Cognome dell'adottato  -  Anteposizione  del  cognome
  dell'adottante rispetto a quello dell'adottato - Preclusione  della
  possibilita' di consentire, con la sentenza  di  adozione  in  casi
  particolari, la sostituzione del cognome originario del minore  con
  il cognome dell'adottante. 
- Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad  una  famiglia),
  art. 55, in relazione all'art. 299, primo comma, del codice civile. 


(GU n. 17 del 23-04-2025)

 
                  TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI 
 
    Il Tribunale per i  minorenni  di  Bari,  riunito  in  Camera  di
consiglio nelle persone dei signori: 
        1) dott.ssa Valeria Montaruli Presidente rel.; 
        2) dott.ssa Francesca Stilla giudice; 
        3) dott.ssa Maria Vurchio... giudice onoraria; 
        4) dott. Nicola Perta ... giudice onorario. 
    Ordinanza interlocutoria su ricorso proposto ai  sensi  dell'art.
44, lettera b), della legge n. 184 del 1983 dal sig. P. G. nato a ...
il..., rappresentato e difeso dagli avv.ti Donato Di Reda e  Rosa  La
Forgia, in relazione al minore D.  C.  nato  a  ...,  il...,  di  cui
chiedeva farsi luogo all'adozione; 
    madre: S. R. nata a ... il ...; 
    padre: S. C. nato ad ... il .... 
    La curatrice  speciale  del  minore  avv.  Francesca  Arciuli  si
costituiva con comparsa di costituzione  datata  10  gennaio  2025  e
concludeva in via pregiudiziale, previa sospensione del procedimento,
affinche' fosse sollevata la questione di costituzionalita' dell'art.
299 del codice civile nella parte in cui  disponendo  che  l'adottato
assume il cognome  dell'adottante  e  lo  antepone  al  proprio,  non
consente con sentenza di adozione, la scelta tra  l'uso  del  cognome
originario e di quello dell'adottante,  a  seconda  delle  situazioni
concrete e avuto riguardo all'interesse del minore; nel  merito,  per
l'accoglimento del ricorso proposto dal sig. P.; 
    Con parere emesso in data 13 novembre 2024 il PMM  dichiarava  di
non opporsi alla richiesta adozione. 
 
                              In fatto 
 
    In data 12 aprile  2024  il  sig.  P.  G.  proponeva  istanza  di
adozione in casi particolari ex art. 44, lettera b), della  legge  n.
184/1983 nei confronti del minore D. C., nato da una  relazione  more
uxorio precedentemente avuta dalla madre sig.ra  S.  R.,  moglie  del
ricorrente,  con  il  sig.  S.  C.,  decaduto  dalla  responsabilita'
genitoriale sul minore. 
    Il sig.  P.  ha  rappresentato  e  allegato  di  avere  contratto
matrimonio con la madre del  minore  in  data  ...  e  che  il  padre
biologico  non  avrebbe  mantenuto  alcun  rapporto  con  il  figlio.
Infatti,  in  data  ...,  il  Tribunale  di  Trani   ha   pronunciato
l'affidamento  esclusivo  di  D.  alla  signora  R.,  in  virtu'  del
persistente disinteresse del sig. C.  e  successivamente,  sempre  su
ricorso della madre, con decreto del 22 novembre  2023  il  Tribunale
per i minorenni di Bari aveva emesso  una  pronuncia  ablativa  della
responsabilita' genitoriale del padre biologico. 
    All'udienza  del  18  settembre  2024  il  ricorrente  confermava
l'istanza,  con  il  consenso  della  moglie  e  entrambi  i  coniugi
chiedevano che il bambino assumesse il solo cognome  «P»,  in  deroga
alla disciplina prevista dall'art. 299 del codice civile,  alla  luce
del totale disinteresse  manifestato  dal  padre  biologico  e  della
volonta' espressa dal minore. Il piccolo, pur  non  avendo  raggiunto
l'eta' prevista per l'ascolto del minore, ha avuto un breve colloquio
con i giudici onorari, dicendo loro: «mi chiamo D. P.». 
    All'udienza del 12 novembre 2024 si  prendeva  atto  dell'assenza
del  sig.  C.,  nonostante   fosse   stato   ritualmente   convocato.
Contestualmente, la coppia ribadiva la propria volonta' che il minore
assumesse  il  solo  cognome  «P.»,  essendosi  il  padre  biologico,
dichiarato decaduto dalla responsabilita'  genitoriale  con  sentenza
del Tribunale per i minorenni di Bari n. 144/2023 in data 22 novembre
2023,  sempre  disinteressato  del  minore  e,  sentiti  sul   punto,
condividevano  l'opportunita'   di   sollevare   una   questione   di
legittimita' costituzionale al fine  di  superare,  in  caso  di  suo
accoglimento, la rigida formulazione dell'art. 299 del codice  civile
nell'ambito dell'adozione in casi particolari di minori. 
    Il PMM esprimeva parere favorevole alla richiesta adozione. 
    Con il  decreto  del  30  dicembre  2024  il  Tribunale  nominava
l'avv.ta  Francesca  Arciuli  curatrice  speciale  del   minore.   La
curatrice speciale si  costituiva  tempestivamente  e  rassegnava  le
conclusioni in epigrafe riportate. 
 
                             In diritto 
 
    Dalla ricostruzione dei fatti emerge la rilevanza della questione
nel giudizio a quo, in  quanto  la  pronuncia  sull'attribuzione  del
cognome e' strettamente connessa alla pronuncia di adozione  in  casi
particolari. 
    Nel caso di specie, il ricorrente e la  madre  del  minore  hanno
concordemente  richiesto  che  con  la  sentenza  di  adozione  fosse
disposta la sostituzione del cognome del padre  naturale  con  quello
del padre adottivo del minore, in deroga rispetto  all'art.  299  del
codice civile la cui disciplina si applica al caso di specie in forza
del richiamo contenuto nell'art. 55 della  legge  n.  184/1983  e  in
analogia con quanto previsto dall'art. 27 della legge n. 184/1983. Le
argomentazioni addotte dai coniugi, ovvero il prolungato disinteresse
del  padre  biologico,  dichiarato  decaduto  dalla   responsabilita'
genitoriale,  sono  condivisibili  e  supportate   dalle   risultanze
istruttorie. Il sig. C. ha confermato il proprio disinteresse per  il
figlio,  non  essendo  comparso   senza   giustificato   impedimento,
nonostante la regolarita' della notifica. Trova peraltro applicazione
l'art. 46 della legge n. 184/1983 per il quale, essendo  il  genitore
decaduto dalla responsabilita' genitoriale, non e' necessario il  suo
assenso ai fini della sentenza di adozione in casi particolari. 
    Va peraltro evidenziato che dal colloquio dei giudici onorari con
il minore di appena cinque anni, e' emerso che il medesimo identifica
il proprio  cognome  con  quello  del  ricorrente,  il  che  conferma
l'estraneita' del padre rispetto  al  suo  percorso  di  crescita,  e
l'identificazione come figura paterna del  ricorrente,  che  per  lui
rappresenta insieme alla  madre  biologica  una  figura  primaria  di
riferimento. 
    Qualora mantenesse il cognome paterno, e' dunque prevedibile che,
crescendo, avvertira' la non corrispondenza di questo cognome con  il
proprio contesto familiare e  ambientale.  Non  sembra  peraltro  che
possa essere satisfattiva la possibilita' di ricorrere alla procedura
amministrativa di cui al decreto del Presidente della  Repubblica  n.
396/2000, che e' un rimedio succedaneo e non assimilabile  al  regime
primario dell'adozione. 
    Non pare, inoltre, possibile accogliere la domanda sulla base  di
un'interpretazione evolutiva delle norme vigenti, atteso il carattere
perentorio dell'art. 299 del codice civile,  che  non  lascia  spazio
alla possibilita' della sostituzione del cognome originario.  In  tal
senso depone la recente sentenza della Corte  costituzionale  n.  135
del  2023,  che,  con  riferimento  all'istituto  dell'adozione   dei
maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
299, 1 comma del codice civile nella parte in cui non  consente,  con
la sentenza  di  adozione,  di  aggiungere,  anziche'  anteporre,  il
cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore  di  eta',  se
entrambi hanno espresso il loro consenso a tale effetto. La Corte con
questa pronuncia ha implicitamente disatteso, peraltro in  un'ipotesi
meno radicale di quella in esame in cui si chiede la sostituzione del
cognome, la possibilita', pure praticata nella prassi  dei  tribunali
per i minorenni, di aderire a  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata, avendo emesso non  gia'  una  sentenza  interpretativa  di
rigetto, ma una pronuncia di accoglimento. 
    Al fine di argomentare in via preliminare, pare utile ricostruire
l'evoluzione della  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  che
attribuisce   al   diritto    all'identita'    personale    copertura
costituzionale assoluta, ai sensi dell'art. 2  della  Costituzione  e
che  considera  il  nome  come  primario   segno   distintivo   della
personalita'. 
    Secondo la sentenza della Corte costituzionale 31 maggio 2022  n.
131, il cognome,  insieme  con  il  prenome,  rappresenta  il  nucleo
dell'identita' giuridica  e  sociale  della  persona:  le  conferisce
identificabilita', nei rapporti di diritto pubblico, come di  diritto
privato, e incarna la rappresentazione sintetica  della  personalita'
individuale,  che  nel  tempo  si  arricchisce  progressivamente   di
significati. 
    E'  costante  nella  giurisprudenza  della  Corte  l'affermazione
secondo cui il nome  e'  «autonomo  segno  distintivo  della  [...  ]
identita' personale» (sentenza n.  297  del  1996),  nonche'  «tratto
essenziale della [...] personalita'» (sentenza n. 268 del 2002; nello
stesso senso, sentenza n. 120 del 2001)» (sentenza n. 286 del  2016),
«riconosciuto come un "bene oggetto di autonomo diritto  dall'art.  2
della Costituzione» [e, dunque,  come]  «diritto  fondamentale  della
persona umana» (sentenze n. 13 del  1994,  n.  297  del  1996  e,  da
ultimo, sentenza n. 120 del 2001 e sentenza n. 268 del 2002). Essa e'
intervenuta,  oltre  che  sull'art.  262  del  codice  civile   anche
sull'art.  299  terzo  comma   del   codice   civile,   dichiarandone
l'incostituzionalita', nella parte in cui  prevedeva  che  l'adottato
assumesse il cognome del marito, anziche'  prevedere  che  l'adottato
assumesse  i  cognomi  degli  adottanti,  nell'ordine  dai   medesimi
concordato, fatto salvo  l'accordo,  raggiunto  nel  procedimento  di
adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. 
    Questa fondamentale pronuncia si pone in linea con la sentenza n.
286 del 2016,  che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale,
oltre che dell'art. 262 del codice civile dell'art.  299  del  codice
civile nella parte in cui non  consentiva  ai  coniugi,  in  caso  di
adozione compiuta da entrambi,  di  attribuire,  di  comune  accordo,
anche il cognome materno  al  momento  dell'adozione.  Tale  sentenza
muove dal presupposto che il  cognome,  quale  fulcro  -  insieme  al
prenome - dell'identita' giuridica  e  sociale,  collega  l'individuo
alla  formazione  sociale  che  lo   accoglie   tramite   lo   status
filiationis. Il  cognome  deve,  pertanto,  radicarsi  nell'identita'
familiare e, al contempo, riflettere la funzione che  riveste,  anche
in  una  proiezione  futura,  rispetto  alla   persona.   Il   valore
dell'identita' della persona, nella pienezza e complessita' delle sue
espressioni, e  la  consapevolezza  della  valenza,  pubblicistica  e
privatistica,  del  diritto  al  nome,  quale  punto   di   emersione
dell'appartenenza del singolo ad  un  gruppo  familiare,  portano  ad
individuare nei criteri  di  attribuzione  del  cognome  del  minore,
profili determinanti della sua identita' personale, che  si  proietta
nella  sua  personalita'  sociale,  ai  sensi   dell'art.   2   della
Costituzione. 
    E'  proprio  in  tale  prospettiva  che  Corte  ha,   da   tempo,
riconosciuto il diritto al mantenimento dell'originario  cognome  del
figlio, anche in caso di modificazioni del suo  status  derivanti  da
successivo riconoscimento o da adozione. Sotto il primo  profilo,  la
Corte ha ritenuto conciliabili la tutela dell'identita' personale del
minore  e  il  suo  stato  di   filiazione,   entrambi   di   rilievo
costituzionale, senza necessita' di sacrificare alcuno dei  due,  con
l'attribuzione al figlio naturale, che assume il cognome del genitore
che lo ha riconosciuto, del diritto di conservare -  aggiungendolo  o
anteponendolo, a sua scelta, a questo -  il  cognome  precedentemente
conferitogli con atto formalmente legittimo, quando  tale  cognome  -
secondo il prudente apprezzamento del  giudice  -  sia  da  ritenersi
divenuto autonomo segno  distintivo  della  sua  identita'  personale
(sentenza n. 297 del 1996),  nonche'  «tratto  essenziale  della  sua
personalita'». In  particolare,  la  sentenza  n.  120  del  2001  ha
dichiarato illegittimo l'art. 299 secondo comma  del  codice  civile,
nella parte in cui prevedeva che, in  caso  di  figlio  naturale  non
riconosciuto, l'adottato assumesse solo  il  cognome  dell'adottante,
sulla base dell'art. 2 della Costituzione, dovendosi  ormai  ritenere
principio consolidato quello per cui il diritto al nome - inteso come
primo e piu' immediato segno distintivo che caratterizza l' identita'
personale - costituisce uno dei diritti  inviolabili  protetti  dalla
menzionata norma  costituzionale.  Lo  stesso  principio,  sempre  in
relazione all'art. 299 del codice civile, e'  stato  affermato  dalla
sentenza n. 268 del 2002, che pure sotto altro profilo  ha  disatteso
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299 del  codice
civile. 
    Il processo di valorizzazione del diritto all'identita' personale
e' culminato nella recente affermazione, da parte  di  questa  Corte,
del diritto del figlio a conoscere le proprie origini e  ad  accedere
alla propria storia  parentale,  quale  «elemento  significativo  nel
sistema costituzionale di tutela della persona» (sentenza n. 278  del
2013). 
    In questa stessa cornice si  inserisce  anche  la  giurisprudenza
della Corte europea dei  diritti  dell'uomo,  che  ha  ricondotto  il
diritto al nome nell'ambito della tutela offerta  dall'art.  8  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il  4  novembre  1950  e
resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (cfr.  le  sentenze
contro Italia, del 7 gennaio 2014 e Leon Madrid contro Spagna del  26
ottobre 2021, in relazione  alla  possibilita'  di  attribuzione  del
cognome materno). 
    In definitiva, il diritto all'identita' personale si  declina  in
questa materia su  un  duplice  versante  relativo  al  principio  di
uguaglianza tra i genitori, da un  lato,  e  del  consolidamento  del
cognome  come  segno  distintivo  dell'identita'  personale,  qualora
insorga la  possibilita'  o  necessita'  di  acquisire  un  ulteriore
cognome,  nei  casi  di  successivo  riconoscimento  o   accertamento
giudiziale del rapporto di filiazione, ovvero in caso di adozione  di
un maggiorenne. In tali ipotesi e' rimessa al figlio  maggiorenne  la
scelta circa l'assunzione del nuovo  cognome  e/o  l'anteposizione  o
sostituzione del cognome originario. Questo secondo aspetto muove dal
pregiudizio che si determinerebbe per l'interessato la cui  identita'
si e'  strutturata  sull'originario  cognome,  che  magari  e'  stato
trasmesso alla prole,  qualora  fosse  preclusa  la  possibilita'  di
mantenerlo. 
    Va considerato, con riferimento alla fattispecie  in  esame,  che
l'evoluzione normativa e il diritto vivente hanno  dato  sempre  piu'
spazio     al     riconoscimento      della      soggettivita'      e
dell'autodeterminazione  del  minore.   E'   ormai   consolidato   il
convincimento che il minore e' titolare  di  tutti  i  diritti  e  le
liberta' riconosciuti all'essere umano, in quanto  indispensabili  al
proprio sviluppo e alla piena esplicazione della propria personalita'
sociale. Naturalmente, l'esplicazione di tale  liberta'  e'  connessa
all'esercizio della funzione  educativa  del  genitore,  che  non  e'
intesa come un potere assoluto sul  figlio,  ma  e'  funzionale  alla
costruzione armonica della personalita' del minore, sicche' i diritti
di liberta' del medesimo non possono  non  trovare  un  limite  nella
necessita' di garantire un sano sviluppo della persona. Numerose sono
le disposizioni del codice civile (articoli 145, 244, 250, 252,  264,
273 284, 363, 774, 1389), e in alcune leggi speciali, come  la  legge
1º dicembre 1970, n. 898 in materia di divorzio,  che  danno  rilievo
alla volonta' di soggetti minori, facendo in alcuni casi  riferimento
al compimento del sedicesimo anno di eta' e in altri casi al generico
parametro  della  capacita'  di  discernimento.  Un  riferimento   al
compimento  del  dodicesimo  anno  di  eta'  o  alla   capacita'   di
discernimento del minore di eta' inferiore, in conformita' con l'art.
12 della Convenzione di New York, e' contenuto  nel  previgente  art.
336-bis del codice civile (ora art. 473-bis 5 del codice di procedura
civile) sull'ascolto del minore, oltre che negli articoli 4, 10 e  25
della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione. 
    La  giurisprudenza  da   tempo   afferma   che   i   criteri   di
individuazione  del  cognome  del  minore  si  pongono  in   funzione
esclusiva del suo interesse, che e' essenzialmente quello di  evitare
un danno alla sua identita' personale, intesa anche  come  proiezione
della sua personalita' sociale (cfr. Cassazione civ. sez. I, n. 12670
del 2009). Dal momento in cui il minore assume  il  proprio  cognome,
unitamente al prenome, inizia progressivamente a formarsi l'identita'
personale, in relazione alla quale si radicano le ragioni  della  sua
tutela. Tali ragioni  insorgono  in  modo  particolare  nel  caso  di
assunzione di un ulteriore cognome. 
    La possibilita' per il figlio di acquisire un secondo cognome  e'
normativamente prevista dall'art. 262 del codice civile, che  rimette
al figlio maggiore di eta' la scelta  circa  l'assunzione  del  nuovo
cognome e, ove lo assuma, quella relativa  all'anteposizione  o  alla
sostituzione del precedente cognome. In caso  di  figlio  minore,  il
legislatore affida la decisione al giudice, previo ascolto del minore
che abbia compiuto l'eta' di dodici anni o anche di eta' inferiore se
sia capace di discernimento. 
    L'assunzione del secondo cognome si prospetta anche nell'adozione
di persona maggiorenne, la cui disciplina, ex art. 299, 1  comma  del
codice civile, assegna all'adottato  il  cognome  dell'adottante  che
viene anteposto al cognome  originario.  L'art.  62  della  legge  n.
184/1983 ha modificato l'art. 299 del  codice  civile  nel  senso  di
prevedere  l'anteposizione  del  cognome  dell'adottante  al  cognome
originario dell'adottato, invece che la sua  aggiunta,  prevista  dal
codice civile del 1942. 
    L'adozione dei maggiorenni era in origine concepita come distinta
dall'adozione dei minori,  pur  se  la  legge  n.  184/1983  ha  reso
applicabili  alcune   disposizioni   codicistiche   alla   disciplina
dell'adozione in casi particolari. Anche sotto il profilo funzionale,
dall'originaria accezione di  tipo  patrimonialistico  dell'istituto,
legata all'esigenza di  dare  una  successione  a  persone  prive  di
discendenza, e' prevalsa la funzione di tipo solidaristico,  che,  in
conformita' con le finalita' delle riforme in materia di famiglia, si
declina nella valorizzazione del riconoscimento di un rapporto  umano
di tipo  familiare,  sicche'  la  disciplina  dell'anteposizione  del
cognome dell'adottante, che  mira  a  dare  visibilita'  al  rapporto
adottivo, non e' piu' connessa alla finalita' di  prosecuzione  della
stirpe dell'adottante,  ma  alla  connotazione  dell'identita'  della
persona adottata. La ragione giustificatrice  dell'anteposizione  del
cognome adottivo a quello di  origine  prevista  dalla  norma  veniva
dunque  individuata  nell'esigenza  di  dare  visibilita'  al  legame
giuridico che si viene a instaurare con l'adottante, preservando,  al
contempo, il cognome originario dell'adottato. 
    Su tale  aspetto  si  e'  pronunciata  la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 135 del 2023, che ha dichiarato  costituzionalmente
illegittimo l'art. 299, comma 1, del codice civile,  nella  parte  in
cui non  consente,  con  la  sentenza  di  adozione,  di  aggiungere,
anziche'  di  anteporre,   il   cognome   dell'adottante   a   quello
dell'adottato  maggiore  d'eta',  se  entrambi  nel  manifestare   il
consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto. 
    Proprio sotto il profilo dell'identita' personale,  la  Corte  ha
ravvisato una irragionevolezza  nell'automaticita'  e  rigidita'  del
meccanismo  di  attribuzione  del  cognome  dell'adottante,   laddove
preclude all'adottato maggiorenne la scelta di  posporre  il  cognome
dell'adottante a quello originario, rispetto al quale si  e'  sino  a
quel momento  stratificata  la  sua  personalita',  cosi'  estendendo
quanto statuito dalla precedente sentenza n. 120  del  2001,  che  ha
dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  299,  secondo
comma, del codice civile, nella  parte  in  cui  non  prevedeva  che,
qualora fosse figlio naturale non riconosciuto dai  propri  genitori,
l'adottato  potesse  aggiungere  al  cognome  dell'adottante   quello
originariamente attribuitogli, disattendendo invece la  questione  di
costituzionalita' del primo  comma,  in  relazione  all'adozione  dei
minorenni. 
    Con riferimento all'adozione in casi particolari  dei  minori  di
eta', la Corte costituzionale,  con  sentenza  n.  268  del  2002  ha
altresi'  rigettato  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 55  della  legge  4  maggio  1983,  n.  184  sollevata,  in
riferimento agli articoli 2, 3, secondo comma, 30, terzo comma, e 31,
secondo  comma,  della  Costituzione,  che,  per  l'attribuzione  del
cognome al minore adottato in casi particolari, rinvia  all'art.  299
del codice civile, norma dettata per l'adozione di  persone  maggiori
d'eta'; in  forza  di  tale  rinvio  «l'adottato  assume  il  cognome
dell'adottante e lo antepone al proprio», senza quindi che il minore,
o i suoi legali rappresentanti, o gli adottanti possano  chiedere  al
tribunale per i minorenni, nell'interesse del minore, che questi dopo
l'adozione mantenga  il  suo  precedente  cognome,  anteponendolo,  o
aggiungendolo a quello dell'adottante, o sostituisca  il  cognome  di
quest'ultimo al suo. 
    La Corte argomentava che l'adozione in casi particolari, prevista
dagli articoli 44 e seguenti della legge  n.  184  del  1983,  e'  un
istituto diverso sia dall'adozione legittimante  sia  da  quella  tra
persone maggiori di eta', pur  avendo  in  comune  con  la  prima  la
finalita' di perseguire l'esclusivo interesse del  minore  e  con  la
seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col  quale  non
vengono rescissi i rapporti dell'adottato  con  la  sua  famiglia  di
origine. Argomenta la sentenza: «il legislatore, nello  stabilire  la
disciplina dell'adozione in casi particolari, ha quindi compiuto  una
"non facile composizione" di esigenze diverse, tra le quali quella di
"evitare che l'instaurazione del nuovo rapporto comporti  la  rottura
di quello esistente con l'altro genitore biologico e/o con i  di  lui
parenti, pur quando con costoro il minore abbia instaurato e mantenga
legami significativi" (sentenza n. 27 del 1991, cit.),  operando  una
scelta del tutto conforme alle finalita' dell'istituto»,  concludendo
che rientra nella discrezionalita' del legislatore la scelta  di  non
eliminare il legame del minore con il proprio passato, ritenendo tale
scelta  rispettosa  dell'identita'  personale  del   minore   e   non
irragionevole. 
    Orbene, alla luce della descritta evoluzione del quadro normativo
e  giurisprudenziale,  si   ritiene   invece   che   non   consentire
nell'adozione in casi  particolari  di  accogliere  la  volonta'  del
minore capace di discernimento, dell'adottante o  del  rappresentante
legale, di ottenere, in deroga all'art. 299 primo  comma  del  codice
civile, di posporre o  di  sostituire  il  cognome  dell'adottante  a
quello originario,  violi  il  diritto  all'identita'  personale  del
minore. La rigida previsione normativa non tiene conto della varieta'
delle situazioni concrete in cui si va formando la  personalita'  del
minore,  rispetto  alle  quali   va   adeguata   in   modo   conforme
l'attribuzione del cognome, come fondamentale segno distintivo  della
personalita', anche alla luce della diversita' delle ipotesi  in  cui
si declina l'adozione in casi particolari. 
    La considerazione del superiore interesse del minore, secondo  la
giurisprudenza costituzionale, in sintonia con la giurisprudenza EDU,
impone una valutazione pienamente aderente  alle  esigenze  del  caso
concreto, come viene segnalato,  seppure  sotto  il  diverso  profilo
della   continuita'   affettiva,   dalla   sentenza    della    Corte
costituzionale n. 183 del 2023 che esclude la praticabilita' di  «una
presunzione assoluta che postuli immancabilmente  una  corrispondenza
biunivoca  fra  la   radicale   cancellazione   di   ogni   relazione
socio-affettiva del minore con i propri familiari d'origine e il  suo
interesse a crescere serenamente nella nuova famiglia adottiva». 
    La  primazia  dell'interesse  del  minore  e'  richiamata   dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 33 del  2021,  par.  53  nella
quale si argomenta, con  richiami  alla  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo: «questa Corte  ha  recentemente  avuto
modo di rammentare (sentenza  n.  102  del  2020)  che  il  principio
secondo cui in tutte le decisioni relative ai  minori  di  competenza
delle  pubbliche  autorita',  compresi  i  tribunali,   deve   essere
riconosciuto  rilievo  primario  alla  salvaguardia   dei   "migliori
interessi" (best interests)  o  dell'"interesse  superiore"  (interet
superieur) del minore, secondo le formule utilizzate nelle rispettive
versioni  ufficiali  in  lingua  inglese  e  francese,  fu   espresso
anzitutto nella Dichiarazione universale dei diritti  del  fanciullo,
adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il  20  novembre
1959. Di qui tale principio e' confluito - tra l'altro - nell'art. 3,
comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo e nell'art.  24,
comma 2, CDFUE. Tale principio e' stato  altresi'  considerato  dalla
giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo   come
specifica  declinazione  del  diritto  alla  vita  familiare  di  cui
all'art. 8  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ex  multis.  Grande  camera,
sentenza 26 novembre 2013,  X  contro  Lettonia,  paragrafo  96).  Il
principio in parola e' stato felicemente riformulato da una risalente
sentenza  di  questa  Corte,  con  riferimento  all'art.   30   della
Costituzione, come necessita'  che  nelle  decisioni  concernenti  il
minore venga sempre ricercata «la soluzione  ottimale  "in  concreto"
per  l'interesse  del  minore,  quella  cioe'  che  piu'  garantisca,
soprattutto dal  punto  di  vista  morale,  la  miglior  "cura  della
persona"» (sentenza n. 11  del  1981);  ed  e'  stato  ricondotto  da
plurime pronunce  di  questa  Corte  altresi'  all'ambito  di  tutela
dell'art. 31 della Costituzione (sentenze n. 272 del 2017, n. 76  del
2017, n. 17 del 2017 e n. 239 del 2014). Analoghe considerazioni sono
contenute nella sentenza gemella n. 32 del 2021. 
    Di conseguenza, se nell'adozione  del  maggiorenne,  appare  piu'
pregnante l'interesse pubblico alla  certezza  dell'attribuzione  del
cognome,  da  bilanciarsi  con  il   bene   primario   dell'identita'
personale, sicche' la Corte ha limitato la censura di  illegittimita'
dell'art. 299 primo comma del  codice  civile  alla  sola  inversione
dell'ordine  dei  cognomi,  senza  prevedere  la  possibilita'  della
sostituzione, invece, con riferimento al minore, entra  nel  giudizio
di bilanciamento la  tutela  del  suo  superiore  interesse,  sicche'
massima    dovrebbe    essere    la    discrezionalita'    consentita
nell'individuazione del cognome  per  lui  piu'  confacente,  si'  da
estenderla anche alla possibilita'  della  sostituzione  del  cognome
originario, ove cio' sia ritenuto dal giudice conforme  all'interesse
del minore da valutarsi in concreto. 
    Nel caso di specie, che rientra nella lettera b),  dell'art.  44,
non  rileva  tanto  l'esigenza   di   salvaguardare   la   precedente
appartenenza del minore, attesa l'estraneita' di un genitore  che  e'
stato sempre assente dalla vita del figlio in tenera eta' e  nel  cui
cognome il medesimo non riconosce, ma piuttosto quella di dare  pieno
riconoscimento al rapporto di  tipo  genitoriale  instaurato  in  via
esclusiva con  il  coniuge  della  madre  biologica,  che  il  minore
riconosce come padre. Molte altre sono le situazioni  in  cui  nessun
rilievo puo' avere la disciplina del doppio cognome come salvaguardia
della pregressa appartenenza, prima tra tutte la  figura  di  recente
creazione giurisprudenziale  della  stepchild  adoption,  in  cui  il
minore nasce nell'ambito di un progetto di  genitorialita'  condivisa
tra un genitore (o una genitrice) biologico/a e  un  genitore  o  una
genitrice sociale o intenzionale e non  viene  in  considerazione  un
pregresso assetto familiare. 
    La disciplina univocamente scelta dal  legislatore  viola  dunque
l'art. 2  della  Costituzione,  per  il  mancato  riconoscimento  del
diritto del minore al cognome piu' opportuno per la formazione  della
sua personalita' nella famiglia adottiva e l'art. 3,  secondo  comma,
della  Costituzione,  per  l'impedimento  al  pieno  sviluppo   della
personalita' del minore con l'uso di un cognome  che  identifichi  la
sua appartenenza  familiare  o  adottiva;  assume  anche  rilievo  un
profilo di  irragionevolezza  nel  diverso  trattamento  rispetto  al
minore che sia riconosciuto in via successiva dal padre e rispetto al
quale il giudice dispone dell'ampio ventaglio di  possibilita'  della
sostituzione o dell'anteposizione del cognome paterno  e,  a  seguito
della  sentenza  n.  135  del  2023,   dell'adozione   del   soggetto
maggiorenne, con la paradossale conseguenza, in quest'ultimo caso, di
attribuire un trattamento deteriore  nei  confronti  del  minore,  in
violazione del principio del superiore interesse  del  medesimo.  Non
puo' in proposito argomentarsi che  il  maggiorenne  ha  un'identita'
personale  gia'  consolidata,  in  quanto  il  diritto   vivente   ha
attribuito crescente rilievo alla soggettivita'  e  al  principio  di
autodeterminazione del minore,  come  dimostra  la  valenza  assoluta
dell'obbligo dell'ascolto del minore dodicenne o comunque  capace  di
discernimento e, in mancanza, al  rilievo  attribuito  alla  volonta'
espressa dal suo rappresentante legale, fermo restando, comunque, che
l'interesse del minore viene salvaguardato anche mediante  il  libero
apprezzamento del giudice rispetto alla soluzione meglio  rispondente
al suo soddisfacimento. Si e', peraltro, gia' argomentato  in  ordine
al progressivo avvicinamento della funzione di costruzione di  legami
familiari dell'adozione dei  maggiorenni  rispetto  all'adozione  dei
minorenni,  sicche'  anche  sotto  questo  profilo   non   troverebbe
giustificazione una sperequazione tra le due ipotesi. 
    Ne' puo'  ritenersi  che  la  previsione  della  possibilita'  di
sostituzione del cognome di origine con quello adottivo assimilerebbe
in modo  surrettizio  l'adozione  in  casi  particolari  all'adozione
legittimante, atteso che i rigidi confini tra  i  due  istituti  sono
gia' stati sensibilmente attenuati dalla  nota  sentenza  n.  79  del
2022, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  55
della legge n. 184/1983, nella parte in cui, mediante rinvio all'art.
300, secondo comma, del codice civile, prevedeva  che  l'adozione  in
casi particolari non inducesse alcun rapporto civile tra l'adottato e
i parenti dell'adottante. 
    E' ravvisabile in senso analogo anche una violazione della  Carta
europea dei diritti dell'uomo. 
    La giurisprudenza EDU, con le sentenze... contro  Italia,  del  7
gennaio 2014 e Leon Madrid contro Spagna del 26 ottobre  2021,  hanno
ricondotto il diritto al nome nel perimetro dell'art. 8  della  CEDU.
In entrambe le sentenze viene in considerazione il tema  del  diritto
all'attribuzione del cognome materno, che veniva disconosciuto  dalle
corti nazionali. Si configura in tali casi innanzitutto la violazione
del principio di non discriminazione di  cui  all'  art.  14,  ma  si
ravvisa al contempo una violazione dell'art. 8  CEDU,  che  pure  non
prevede  alcuna  disposizione  esplicita  in  materia   di   cognome.
Argomenta  la  Corte   che,   in   quanto   mezzo   determinante   di
identificazione personale e di ricongiungimento ad una  famiglia,  il
cognome ha a che fare con la vita privata e familiare. Il  fatto  che
lo Stato e la comunita' abbiano interesse a regolamentarne l'uso  non
e' sufficiente ad escludere la questione del cognome dal campo  della
vita privata e  familiare,  intesa  come  diritto  della  persona  ad
allacciare relazioni interpersonali. Occorre,  dunque,  compiere  una
delicata opera di bilanciamento tra  l'interesse  pubblicistico  alla
certezza delle regole in materia di attribuzione  dei  cognomi  e  la
salvaguardia  del  diritto  al  nome  come  principale  elemento   di
individualizzazione di una  persona  nella  societa'  (cfr.  sentenza
Jacquinet e Embarek Ben Mohamed c. Belgio del 7 febbraio 2023). 
    Nel caso in esame, la tutela del nome come segno distintivo della
personalita' rileva ai sensi dell'art. 8 CEDU, anche in relazione  al
riconoscimento dei «best interests of the child», che pur non essendo
tipizzato,  e'  stato  costruito  dalla  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo in via interpretativa (cfr. sentenza Neulinger e Shuruk  c.
Svizzera, 6 luglio 2010, par.135 che recita  «the  Court  notes  that
there is currently a broad consensus  -  including  in  international
law- in  support  of  the  idea  that  in  all  decisions  concerning
children, their best  interests  must  be  paramount»),  inteso  come
posizione soggettiva che va  considerata  in  via  primaria  in  ogni
decisione attinente la vita pubblica e privata. Un elemento del  best
interests  e'  proprio  l'interesse  allo   sviluppo   dell'identita'
personale quale tratto imprescindibile del soggetto in  formazione  -
ma, piu' in generale, di qualunque  essere  umano.  Tale  aspetto  e'
ricondotto alla  cornice  normativa  dell'art.  8  Cedu,  considerato
questa volta sotto il profilo della «vita privata» (cfr. in tal senso
la pronuncia... c. Italia 25 settembre 2012 relativa  al  diritto  di
accesso alle origini). 
    Nel caso di specie, la previsione normativa dell'art. 299,  primo
comma del codice civile, che preclude la possibilita' di ottenere con
la sentenza di adozione  in  casi  particolari  la  sostituzione  del
cognome del padre biologico, estraneo alla vita del minore e  in  cui
lo stesso non si riconosce, con il  cognome  dell'adottante,  che  il
minore identifica come figura paterna, configura  una  lesione  della
vita privata e  familiare  e  si  pone  in  contrasto  con  il  «best
interest» del minore. 
    In  conclusione,  si  ritiene  rilevante  e  non   manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  55
della legge 4 maggio 1983, n. 184,  in  relazione  all'art.  299  del
codice civile, per  violazione  degli  articoli  2,  3  e  117  della
Costituzione, in relazione all'art. 8 della CEDU, nella parte in  cui
non consente  con  sentenza  di  adozione  in  casi  particolari,  di
derogare  alla  previsione  che  impone  di  anteporre   il   cognome
dell'adottante a quello dell'adottato minorenne, consentendone  anche
la sostituzione, cosi' escludendo  la  valutazione  in  concreto  del
preminente interesse del minore alla tutela dell'identita'  personale
e della sua vita privata e familiare. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23 della legge n. 87
del 1953, dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  in
riferimento agli articoli 2,3, e 117 della Costituzione in  relazione
all'art. 8 della Carta europea dei diritti dell'uomo, la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983 n.
184, in relazione all'art. 299, primo comma del codice civile,  nella
parte  in  cui  non  consente  con  sentenza  di  adozione  in   casi
particolari, di derogare alla previsione che impone di  anteporre  il
cognome   dell'adottante   a    quello    dell'adottato    minorenne,
consentendone anche la sostituzione, cosi' escludendo la  valutazione
in  concreto  del  preminente  interesse  del  minore   alla   tutela
dell'identita' personale e della sua vita privata e familiare. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a  cura
della  cancelleria,  la  presente   ordinanza   sia   notificata   al
ricorrente, ai genitori,  alla  curatrice  speciale  del  minore,  al
pubblico ministero  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri;
ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai
presidenti delle  due  Camere  del  Parlamento;  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione  attestante
il perfezionamento delle prescritte  notificazioni  e  comunicazioni,
alla Corte costituzionale. 
        Cosi' deciso in  Bari,  nella  Camera  di  consiglio  del  15
gennaio 2025 
 
                    La Presidente est.: Montaruli