Reg. ord. n. 69 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17
Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Bari del 17/01/2025
Tra: G.P. C/ Francesca Arciuli (nella qualità di curatrice speciale del minore D. C.)
Oggetto:
Nome – Adozione e affidamento – Adozione di minori in casi particolari (nella specie: adozione del figlio del coniuge) – Cognome dell’adottato – Anteposizione del cognome dell’adottante rispetto a quello dell’adottato – Preclusione della possibilità di consentire, con la sentenza di adozione in casi particolari, la sostituzione del cognome originario del minore con il cognome dell’adottante (nel caso di specie: il padre biologico è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale) – Contrasto con il diritto all’identità personale e al nome – Violazione del principio del superiore interesse del minore alla tutela dell’identità personale e della sua vita privata e familiare – Irragionevole disparità di trattamento del minore rispetto al caso in cui il minore sia riconosciuto in via successiva dal padre e al caso dell’adozione del maggiorenne – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali in relazione alla lesione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, affermato dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Norme impugnate:
legge del 04/05/1983 Num. 184 Art. 55
codice civile del Num. Art. 299 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 8 Co.
Udienza Pubblica del 22 ottobre 2025 rel. NAVARRETTA
Testo dell'ordinanza
N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2025 Ordinanza del 17 gennaio 2025 del Tribunale per i minorenni di Bari nel procedimento civile vertente tra G. P. e Francesca Arciuli (nella qualita' di curatrice speciale del minore D. C.). Nome - Adozione e affidamento - Adozione di minori in casi particolari - Cognome dell'adottato - Anteposizione del cognome dell'adottante rispetto a quello dell'adottato - Preclusione della possibilita' di consentire, con la sentenza di adozione in casi particolari, la sostituzione del cognome originario del minore con il cognome dell'adottante. - Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), art. 55, in relazione all'art. 299, primo comma, del codice civile. (GU n. 17 del 23-04-2025) TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI Il Tribunale per i minorenni di Bari, riunito in Camera di consiglio nelle persone dei signori: 1) dott.ssa Valeria Montaruli Presidente rel.; 2) dott.ssa Francesca Stilla giudice; 3) dott.ssa Maria Vurchio... giudice onoraria; 4) dott. Nicola Perta ... giudice onorario. Ordinanza interlocutoria su ricorso proposto ai sensi dell'art. 44, lettera b), della legge n. 184 del 1983 dal sig. P. G. nato a ... il..., rappresentato e difeso dagli avv.ti Donato Di Reda e Rosa La Forgia, in relazione al minore D. C. nato a ..., il..., di cui chiedeva farsi luogo all'adozione; madre: S. R. nata a ... il ...; padre: S. C. nato ad ... il .... La curatrice speciale del minore avv. Francesca Arciuli si costituiva con comparsa di costituzione datata 10 gennaio 2025 e concludeva in via pregiudiziale, previa sospensione del procedimento, affinche' fosse sollevata la questione di costituzionalita' dell'art. 299 del codice civile nella parte in cui disponendo che l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio, non consente con sentenza di adozione, la scelta tra l'uso del cognome originario e di quello dell'adottante, a seconda delle situazioni concrete e avuto riguardo all'interesse del minore; nel merito, per l'accoglimento del ricorso proposto dal sig. P.; Con parere emesso in data 13 novembre 2024 il PMM dichiarava di non opporsi alla richiesta adozione. In fatto In data 12 aprile 2024 il sig. P. G. proponeva istanza di adozione in casi particolari ex art. 44, lettera b), della legge n. 184/1983 nei confronti del minore D. C., nato da una relazione more uxorio precedentemente avuta dalla madre sig.ra S. R., moglie del ricorrente, con il sig. S. C., decaduto dalla responsabilita' genitoriale sul minore. Il sig. P. ha rappresentato e allegato di avere contratto matrimonio con la madre del minore in data ... e che il padre biologico non avrebbe mantenuto alcun rapporto con il figlio. Infatti, in data ..., il Tribunale di Trani ha pronunciato l'affidamento esclusivo di D. alla signora R., in virtu' del persistente disinteresse del sig. C. e successivamente, sempre su ricorso della madre, con decreto del 22 novembre 2023 il Tribunale per i minorenni di Bari aveva emesso una pronuncia ablativa della responsabilita' genitoriale del padre biologico. All'udienza del 18 settembre 2024 il ricorrente confermava l'istanza, con il consenso della moglie e entrambi i coniugi chiedevano che il bambino assumesse il solo cognome «P», in deroga alla disciplina prevista dall'art. 299 del codice civile, alla luce del totale disinteresse manifestato dal padre biologico e della volonta' espressa dal minore. Il piccolo, pur non avendo raggiunto l'eta' prevista per l'ascolto del minore, ha avuto un breve colloquio con i giudici onorari, dicendo loro: «mi chiamo D. P.». All'udienza del 12 novembre 2024 si prendeva atto dell'assenza del sig. C., nonostante fosse stato ritualmente convocato. Contestualmente, la coppia ribadiva la propria volonta' che il minore assumesse il solo cognome «P.», essendosi il padre biologico, dichiarato decaduto dalla responsabilita' genitoriale con sentenza del Tribunale per i minorenni di Bari n. 144/2023 in data 22 novembre 2023, sempre disinteressato del minore e, sentiti sul punto, condividevano l'opportunita' di sollevare una questione di legittimita' costituzionale al fine di superare, in caso di suo accoglimento, la rigida formulazione dell'art. 299 del codice civile nell'ambito dell'adozione in casi particolari di minori. Il PMM esprimeva parere favorevole alla richiesta adozione. Con il decreto del 30 dicembre 2024 il Tribunale nominava l'avv.ta Francesca Arciuli curatrice speciale del minore. La curatrice speciale si costituiva tempestivamente e rassegnava le conclusioni in epigrafe riportate. In diritto Dalla ricostruzione dei fatti emerge la rilevanza della questione nel giudizio a quo, in quanto la pronuncia sull'attribuzione del cognome e' strettamente connessa alla pronuncia di adozione in casi particolari. Nel caso di specie, il ricorrente e la madre del minore hanno concordemente richiesto che con la sentenza di adozione fosse disposta la sostituzione del cognome del padre naturale con quello del padre adottivo del minore, in deroga rispetto all'art. 299 del codice civile la cui disciplina si applica al caso di specie in forza del richiamo contenuto nell'art. 55 della legge n. 184/1983 e in analogia con quanto previsto dall'art. 27 della legge n. 184/1983. Le argomentazioni addotte dai coniugi, ovvero il prolungato disinteresse del padre biologico, dichiarato decaduto dalla responsabilita' genitoriale, sono condivisibili e supportate dalle risultanze istruttorie. Il sig. C. ha confermato il proprio disinteresse per il figlio, non essendo comparso senza giustificato impedimento, nonostante la regolarita' della notifica. Trova peraltro applicazione l'art. 46 della legge n. 184/1983 per il quale, essendo il genitore decaduto dalla responsabilita' genitoriale, non e' necessario il suo assenso ai fini della sentenza di adozione in casi particolari. Va peraltro evidenziato che dal colloquio dei giudici onorari con il minore di appena cinque anni, e' emerso che il medesimo identifica il proprio cognome con quello del ricorrente, il che conferma l'estraneita' del padre rispetto al suo percorso di crescita, e l'identificazione come figura paterna del ricorrente, che per lui rappresenta insieme alla madre biologica una figura primaria di riferimento. Qualora mantenesse il cognome paterno, e' dunque prevedibile che, crescendo, avvertira' la non corrispondenza di questo cognome con il proprio contesto familiare e ambientale. Non sembra peraltro che possa essere satisfattiva la possibilita' di ricorrere alla procedura amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000, che e' un rimedio succedaneo e non assimilabile al regime primario dell'adozione. Non pare, inoltre, possibile accogliere la domanda sulla base di un'interpretazione evolutiva delle norme vigenti, atteso il carattere perentorio dell'art. 299 del codice civile, che non lascia spazio alla possibilita' della sostituzione del cognome originario. In tal senso depone la recente sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2023, che, con riferimento all'istituto dell'adozione dei maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 299, 1 comma del codice civile nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziche' anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore di eta', se entrambi hanno espresso il loro consenso a tale effetto. La Corte con questa pronuncia ha implicitamente disatteso, peraltro in un'ipotesi meno radicale di quella in esame in cui si chiede la sostituzione del cognome, la possibilita', pure praticata nella prassi dei tribunali per i minorenni, di aderire a un'interpretazione costituzionalmente orientata, avendo emesso non gia' una sentenza interpretativa di rigetto, ma una pronuncia di accoglimento. Al fine di argomentare in via preliminare, pare utile ricostruire l'evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale che attribuisce al diritto all'identita' personale copertura costituzionale assoluta, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione e che considera il nome come primario segno distintivo della personalita'. Secondo la sentenza della Corte costituzionale 31 maggio 2022 n. 131, il cognome, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo dell'identita' giuridica e sociale della persona: le conferisce identificabilita', nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalita' individuale, che nel tempo si arricchisce progressivamente di significati. E' costante nella giurisprudenza della Corte l'affermazione secondo cui il nome e' «autonomo segno distintivo della [... ] identita' personale» (sentenza n. 297 del 1996), nonche' «tratto essenziale della [...] personalita'» (sentenza n. 268 del 2002; nello stesso senso, sentenza n. 120 del 2001)» (sentenza n. 286 del 2016), «riconosciuto come un "bene oggetto di autonomo diritto dall'art. 2 della Costituzione» [e, dunque, come] «diritto fondamentale della persona umana» (sentenze n. 13 del 1994, n. 297 del 1996 e, da ultimo, sentenza n. 120 del 2001 e sentenza n. 268 del 2002). Essa e' intervenuta, oltre che sull'art. 262 del codice civile anche sull'art. 299 terzo comma del codice civile, dichiarandone l'incostituzionalita', nella parte in cui prevedeva che l'adottato assumesse il cognome del marito, anziche' prevedere che l'adottato assumesse i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. Questa fondamentale pronuncia si pone in linea con la sentenza n. 286 del 2016, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale, oltre che dell'art. 262 del codice civile dell'art. 299 del codice civile nella parte in cui non consentiva ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell'adozione. Tale sentenza muove dal presupposto che il cognome, quale fulcro - insieme al prenome - dell'identita' giuridica e sociale, collega l'individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis. Il cognome deve, pertanto, radicarsi nell'identita' familiare e, al contempo, riflettere la funzione che riveste, anche in una proiezione futura, rispetto alla persona. Il valore dell'identita' della persona, nella pienezza e complessita' delle sue espressioni, e la consapevolezza della valenza, pubblicistica e privatistica, del diritto al nome, quale punto di emersione dell'appartenenza del singolo ad un gruppo familiare, portano ad individuare nei criteri di attribuzione del cognome del minore, profili determinanti della sua identita' personale, che si proietta nella sua personalita' sociale, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione. E' proprio in tale prospettiva che Corte ha, da tempo, riconosciuto il diritto al mantenimento dell'originario cognome del figlio, anche in caso di modificazioni del suo status derivanti da successivo riconoscimento o da adozione. Sotto il primo profilo, la Corte ha ritenuto conciliabili la tutela dell'identita' personale del minore e il suo stato di filiazione, entrambi di rilievo costituzionale, senza necessita' di sacrificare alcuno dei due, con l'attribuzione al figlio naturale, che assume il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, del diritto di conservare - aggiungendolo o anteponendolo, a sua scelta, a questo - il cognome precedentemente conferitogli con atto formalmente legittimo, quando tale cognome - secondo il prudente apprezzamento del giudice - sia da ritenersi divenuto autonomo segno distintivo della sua identita' personale (sentenza n. 297 del 1996), nonche' «tratto essenziale della sua personalita'». In particolare, la sentenza n. 120 del 2001 ha dichiarato illegittimo l'art. 299 secondo comma del codice civile, nella parte in cui prevedeva che, in caso di figlio naturale non riconosciuto, l'adottato assumesse solo il cognome dell'adottante, sulla base dell'art. 2 della Costituzione, dovendosi ormai ritenere principio consolidato quello per cui il diritto al nome - inteso come primo e piu' immediato segno distintivo che caratterizza l' identita' personale - costituisce uno dei diritti inviolabili protetti dalla menzionata norma costituzionale. Lo stesso principio, sempre in relazione all'art. 299 del codice civile, e' stato affermato dalla sentenza n. 268 del 2002, che pure sotto altro profilo ha disatteso la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299 del codice civile. Il processo di valorizzazione del diritto all'identita' personale e' culminato nella recente affermazione, da parte di questa Corte, del diritto del figlio a conoscere le proprie origini e ad accedere alla propria storia parentale, quale «elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona» (sentenza n. 278 del 2013). In questa stessa cornice si inserisce anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha ricondotto il diritto al nome nell'ambito della tutela offerta dall'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (cfr. le sentenze contro Italia, del 7 gennaio 2014 e Leon Madrid contro Spagna del 26 ottobre 2021, in relazione alla possibilita' di attribuzione del cognome materno). In definitiva, il diritto all'identita' personale si declina in questa materia su un duplice versante relativo al principio di uguaglianza tra i genitori, da un lato, e del consolidamento del cognome come segno distintivo dell'identita' personale, qualora insorga la possibilita' o necessita' di acquisire un ulteriore cognome, nei casi di successivo riconoscimento o accertamento giudiziale del rapporto di filiazione, ovvero in caso di adozione di un maggiorenne. In tali ipotesi e' rimessa al figlio maggiorenne la scelta circa l'assunzione del nuovo cognome e/o l'anteposizione o sostituzione del cognome originario. Questo secondo aspetto muove dal pregiudizio che si determinerebbe per l'interessato la cui identita' si e' strutturata sull'originario cognome, che magari e' stato trasmesso alla prole, qualora fosse preclusa la possibilita' di mantenerlo. Va considerato, con riferimento alla fattispecie in esame, che l'evoluzione normativa e il diritto vivente hanno dato sempre piu' spazio al riconoscimento della soggettivita' e dell'autodeterminazione del minore. E' ormai consolidato il convincimento che il minore e' titolare di tutti i diritti e le liberta' riconosciuti all'essere umano, in quanto indispensabili al proprio sviluppo e alla piena esplicazione della propria personalita' sociale. Naturalmente, l'esplicazione di tale liberta' e' connessa all'esercizio della funzione educativa del genitore, che non e' intesa come un potere assoluto sul figlio, ma e' funzionale alla costruzione armonica della personalita' del minore, sicche' i diritti di liberta' del medesimo non possono non trovare un limite nella necessita' di garantire un sano sviluppo della persona. Numerose sono le disposizioni del codice civile (articoli 145, 244, 250, 252, 264, 273 284, 363, 774, 1389), e in alcune leggi speciali, come la legge 1º dicembre 1970, n. 898 in materia di divorzio, che danno rilievo alla volonta' di soggetti minori, facendo in alcuni casi riferimento al compimento del sedicesimo anno di eta' e in altri casi al generico parametro della capacita' di discernimento. Un riferimento al compimento del dodicesimo anno di eta' o alla capacita' di discernimento del minore di eta' inferiore, in conformita' con l'art. 12 della Convenzione di New York, e' contenuto nel previgente art. 336-bis del codice civile (ora art. 473-bis 5 del codice di procedura civile) sull'ascolto del minore, oltre che negli articoli 4, 10 e 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione. La giurisprudenza da tempo afferma che i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione esclusiva del suo interesse, che e' essenzialmente quello di evitare un danno alla sua identita' personale, intesa anche come proiezione della sua personalita' sociale (cfr. Cassazione civ. sez. I, n. 12670 del 2009). Dal momento in cui il minore assume il proprio cognome, unitamente al prenome, inizia progressivamente a formarsi l'identita' personale, in relazione alla quale si radicano le ragioni della sua tutela. Tali ragioni insorgono in modo particolare nel caso di assunzione di un ulteriore cognome. La possibilita' per il figlio di acquisire un secondo cognome e' normativamente prevista dall'art. 262 del codice civile, che rimette al figlio maggiore di eta' la scelta circa l'assunzione del nuovo cognome e, ove lo assuma, quella relativa all'anteposizione o alla sostituzione del precedente cognome. In caso di figlio minore, il legislatore affida la decisione al giudice, previo ascolto del minore che abbia compiuto l'eta' di dodici anni o anche di eta' inferiore se sia capace di discernimento. L'assunzione del secondo cognome si prospetta anche nell'adozione di persona maggiorenne, la cui disciplina, ex art. 299, 1 comma del codice civile, assegna all'adottato il cognome dell'adottante che viene anteposto al cognome originario. L'art. 62 della legge n. 184/1983 ha modificato l'art. 299 del codice civile nel senso di prevedere l'anteposizione del cognome dell'adottante al cognome originario dell'adottato, invece che la sua aggiunta, prevista dal codice civile del 1942. L'adozione dei maggiorenni era in origine concepita come distinta dall'adozione dei minori, pur se la legge n. 184/1983 ha reso applicabili alcune disposizioni codicistiche alla disciplina dell'adozione in casi particolari. Anche sotto il profilo funzionale, dall'originaria accezione di tipo patrimonialistico dell'istituto, legata all'esigenza di dare una successione a persone prive di discendenza, e' prevalsa la funzione di tipo solidaristico, che, in conformita' con le finalita' delle riforme in materia di famiglia, si declina nella valorizzazione del riconoscimento di un rapporto umano di tipo familiare, sicche' la disciplina dell'anteposizione del cognome dell'adottante, che mira a dare visibilita' al rapporto adottivo, non e' piu' connessa alla finalita' di prosecuzione della stirpe dell'adottante, ma alla connotazione dell'identita' della persona adottata. La ragione giustificatrice dell'anteposizione del cognome adottivo a quello di origine prevista dalla norma veniva dunque individuata nell'esigenza di dare visibilita' al legame giuridico che si viene a instaurare con l'adottante, preservando, al contempo, il cognome originario dell'adottato. Su tale aspetto si e' pronunciata la sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2023, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 299, comma 1, del codice civile, nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziche' di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore d'eta', se entrambi nel manifestare il consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto. Proprio sotto il profilo dell'identita' personale, la Corte ha ravvisato una irragionevolezza nell'automaticita' e rigidita' del meccanismo di attribuzione del cognome dell'adottante, laddove preclude all'adottato maggiorenne la scelta di posporre il cognome dell'adottante a quello originario, rispetto al quale si e' sino a quel momento stratificata la sua personalita', cosi' estendendo quanto statuito dalla precedente sentenza n. 120 del 2001, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 299, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevedeva che, qualora fosse figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, l'adottato potesse aggiungere al cognome dell'adottante quello originariamente attribuitogli, disattendendo invece la questione di costituzionalita' del primo comma, in relazione all'adozione dei minorenni. Con riferimento all'adozione in casi particolari dei minori di eta', la Corte costituzionale, con sentenza n. 268 del 2002 ha altresi' rigettato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184 sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, secondo comma, 30, terzo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, che, per l'attribuzione del cognome al minore adottato in casi particolari, rinvia all'art. 299 del codice civile, norma dettata per l'adozione di persone maggiori d'eta'; in forza di tale rinvio «l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio», senza quindi che il minore, o i suoi legali rappresentanti, o gli adottanti possano chiedere al tribunale per i minorenni, nell'interesse del minore, che questi dopo l'adozione mantenga il suo precedente cognome, anteponendolo, o aggiungendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di quest'ultimo al suo. La Corte argomentava che l'adozione in casi particolari, prevista dagli articoli 44 e seguenti della legge n. 184 del 1983, e' un istituto diverso sia dall'adozione legittimante sia da quella tra persone maggiori di eta', pur avendo in comune con la prima la finalita' di perseguire l'esclusivo interesse del minore e con la seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col quale non vengono rescissi i rapporti dell'adottato con la sua famiglia di origine. Argomenta la sentenza: «il legislatore, nello stabilire la disciplina dell'adozione in casi particolari, ha quindi compiuto una "non facile composizione" di esigenze diverse, tra le quali quella di "evitare che l'instaurazione del nuovo rapporto comporti la rottura di quello esistente con l'altro genitore biologico e/o con i di lui parenti, pur quando con costoro il minore abbia instaurato e mantenga legami significativi" (sentenza n. 27 del 1991, cit.), operando una scelta del tutto conforme alle finalita' dell'istituto», concludendo che rientra nella discrezionalita' del legislatore la scelta di non eliminare il legame del minore con il proprio passato, ritenendo tale scelta rispettosa dell'identita' personale del minore e non irragionevole. Orbene, alla luce della descritta evoluzione del quadro normativo e giurisprudenziale, si ritiene invece che non consentire nell'adozione in casi particolari di accogliere la volonta' del minore capace di discernimento, dell'adottante o del rappresentante legale, di ottenere, in deroga all'art. 299 primo comma del codice civile, di posporre o di sostituire il cognome dell'adottante a quello originario, violi il diritto all'identita' personale del minore. La rigida previsione normativa non tiene conto della varieta' delle situazioni concrete in cui si va formando la personalita' del minore, rispetto alle quali va adeguata in modo conforme l'attribuzione del cognome, come fondamentale segno distintivo della personalita', anche alla luce della diversita' delle ipotesi in cui si declina l'adozione in casi particolari. La considerazione del superiore interesse del minore, secondo la giurisprudenza costituzionale, in sintonia con la giurisprudenza EDU, impone una valutazione pienamente aderente alle esigenze del caso concreto, come viene segnalato, seppure sotto il diverso profilo della continuita' affettiva, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 183 del 2023 che esclude la praticabilita' di «una presunzione assoluta che postuli immancabilmente una corrispondenza biunivoca fra la radicale cancellazione di ogni relazione socio-affettiva del minore con i propri familiari d'origine e il suo interesse a crescere serenamente nella nuova famiglia adottiva». La primazia dell'interesse del minore e' richiamata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2021, par. 53 nella quale si argomenta, con richiami alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo: «questa Corte ha recentemente avuto modo di rammentare (sentenza n. 102 del 2020) che il principio secondo cui in tutte le decisioni relative ai minori di competenza delle pubbliche autorita', compresi i tribunali, deve essere riconosciuto rilievo primario alla salvaguardia dei "migliori interessi" (best interests) o dell'"interesse superiore" (interet superieur) del minore, secondo le formule utilizzate nelle rispettive versioni ufficiali in lingua inglese e francese, fu espresso anzitutto nella Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959. Di qui tale principio e' confluito - tra l'altro - nell'art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo e nell'art. 24, comma 2, CDFUE. Tale principio e' stato altresi' considerato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo come specifica declinazione del diritto alla vita familiare di cui all'art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ex multis. Grande camera, sentenza 26 novembre 2013, X contro Lettonia, paragrafo 96). Il principio in parola e' stato felicemente riformulato da una risalente sentenza di questa Corte, con riferimento all'art. 30 della Costituzione, come necessita' che nelle decisioni concernenti il minore venga sempre ricercata «la soluzione ottimale "in concreto" per l'interesse del minore, quella cioe' che piu' garantisca, soprattutto dal punto di vista morale, la miglior "cura della persona"» (sentenza n. 11 del 1981); ed e' stato ricondotto da plurime pronunce di questa Corte altresi' all'ambito di tutela dell'art. 31 della Costituzione (sentenze n. 272 del 2017, n. 76 del 2017, n. 17 del 2017 e n. 239 del 2014). Analoghe considerazioni sono contenute nella sentenza gemella n. 32 del 2021. Di conseguenza, se nell'adozione del maggiorenne, appare piu' pregnante l'interesse pubblico alla certezza dell'attribuzione del cognome, da bilanciarsi con il bene primario dell'identita' personale, sicche' la Corte ha limitato la censura di illegittimita' dell'art. 299 primo comma del codice civile alla sola inversione dell'ordine dei cognomi, senza prevedere la possibilita' della sostituzione, invece, con riferimento al minore, entra nel giudizio di bilanciamento la tutela del suo superiore interesse, sicche' massima dovrebbe essere la discrezionalita' consentita nell'individuazione del cognome per lui piu' confacente, si' da estenderla anche alla possibilita' della sostituzione del cognome originario, ove cio' sia ritenuto dal giudice conforme all'interesse del minore da valutarsi in concreto. Nel caso di specie, che rientra nella lettera b), dell'art. 44, non rileva tanto l'esigenza di salvaguardare la precedente appartenenza del minore, attesa l'estraneita' di un genitore che e' stato sempre assente dalla vita del figlio in tenera eta' e nel cui cognome il medesimo non riconosce, ma piuttosto quella di dare pieno riconoscimento al rapporto di tipo genitoriale instaurato in via esclusiva con il coniuge della madre biologica, che il minore riconosce come padre. Molte altre sono le situazioni in cui nessun rilievo puo' avere la disciplina del doppio cognome come salvaguardia della pregressa appartenenza, prima tra tutte la figura di recente creazione giurisprudenziale della stepchild adoption, in cui il minore nasce nell'ambito di un progetto di genitorialita' condivisa tra un genitore (o una genitrice) biologico/a e un genitore o una genitrice sociale o intenzionale e non viene in considerazione un pregresso assetto familiare. La disciplina univocamente scelta dal legislatore viola dunque l'art. 2 della Costituzione, per il mancato riconoscimento del diritto del minore al cognome piu' opportuno per la formazione della sua personalita' nella famiglia adottiva e l'art. 3, secondo comma, della Costituzione, per l'impedimento al pieno sviluppo della personalita' del minore con l'uso di un cognome che identifichi la sua appartenenza familiare o adottiva; assume anche rilievo un profilo di irragionevolezza nel diverso trattamento rispetto al minore che sia riconosciuto in via successiva dal padre e rispetto al quale il giudice dispone dell'ampio ventaglio di possibilita' della sostituzione o dell'anteposizione del cognome paterno e, a seguito della sentenza n. 135 del 2023, dell'adozione del soggetto maggiorenne, con la paradossale conseguenza, in quest'ultimo caso, di attribuire un trattamento deteriore nei confronti del minore, in violazione del principio del superiore interesse del medesimo. Non puo' in proposito argomentarsi che il maggiorenne ha un'identita' personale gia' consolidata, in quanto il diritto vivente ha attribuito crescente rilievo alla soggettivita' e al principio di autodeterminazione del minore, come dimostra la valenza assoluta dell'obbligo dell'ascolto del minore dodicenne o comunque capace di discernimento e, in mancanza, al rilievo attribuito alla volonta' espressa dal suo rappresentante legale, fermo restando, comunque, che l'interesse del minore viene salvaguardato anche mediante il libero apprezzamento del giudice rispetto alla soluzione meglio rispondente al suo soddisfacimento. Si e', peraltro, gia' argomentato in ordine al progressivo avvicinamento della funzione di costruzione di legami familiari dell'adozione dei maggiorenni rispetto all'adozione dei minorenni, sicche' anche sotto questo profilo non troverebbe giustificazione una sperequazione tra le due ipotesi. Ne' puo' ritenersi che la previsione della possibilita' di sostituzione del cognome di origine con quello adottivo assimilerebbe in modo surrettizio l'adozione in casi particolari all'adozione legittimante, atteso che i rigidi confini tra i due istituti sono gia' stati sensibilmente attenuati dalla nota sentenza n. 79 del 2022, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge n. 184/1983, nella parte in cui, mediante rinvio all'art. 300, secondo comma, del codice civile, prevedeva che l'adozione in casi particolari non inducesse alcun rapporto civile tra l'adottato e i parenti dell'adottante. E' ravvisabile in senso analogo anche una violazione della Carta europea dei diritti dell'uomo. La giurisprudenza EDU, con le sentenze... contro Italia, del 7 gennaio 2014 e Leon Madrid contro Spagna del 26 ottobre 2021, hanno ricondotto il diritto al nome nel perimetro dell'art. 8 della CEDU. In entrambe le sentenze viene in considerazione il tema del diritto all'attribuzione del cognome materno, che veniva disconosciuto dalle corti nazionali. Si configura in tali casi innanzitutto la violazione del principio di non discriminazione di cui all' art. 14, ma si ravvisa al contempo una violazione dell'art. 8 CEDU, che pure non prevede alcuna disposizione esplicita in materia di cognome. Argomenta la Corte che, in quanto mezzo determinante di identificazione personale e di ricongiungimento ad una famiglia, il cognome ha a che fare con la vita privata e familiare. Il fatto che lo Stato e la comunita' abbiano interesse a regolamentarne l'uso non e' sufficiente ad escludere la questione del cognome dal campo della vita privata e familiare, intesa come diritto della persona ad allacciare relazioni interpersonali. Occorre, dunque, compiere una delicata opera di bilanciamento tra l'interesse pubblicistico alla certezza delle regole in materia di attribuzione dei cognomi e la salvaguardia del diritto al nome come principale elemento di individualizzazione di una persona nella societa' (cfr. sentenza Jacquinet e Embarek Ben Mohamed c. Belgio del 7 febbraio 2023). Nel caso in esame, la tutela del nome come segno distintivo della personalita' rileva ai sensi dell'art. 8 CEDU, anche in relazione al riconoscimento dei «best interests of the child», che pur non essendo tipizzato, e' stato costruito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in via interpretativa (cfr. sentenza Neulinger e Shuruk c. Svizzera, 6 luglio 2010, par.135 che recita «the Court notes that there is currently a broad consensus - including in international law- in support of the idea that in all decisions concerning children, their best interests must be paramount»), inteso come posizione soggettiva che va considerata in via primaria in ogni decisione attinente la vita pubblica e privata. Un elemento del best interests e' proprio l'interesse allo sviluppo dell'identita' personale quale tratto imprescindibile del soggetto in formazione - ma, piu' in generale, di qualunque essere umano. Tale aspetto e' ricondotto alla cornice normativa dell'art. 8 Cedu, considerato questa volta sotto il profilo della «vita privata» (cfr. in tal senso la pronuncia... c. Italia 25 settembre 2012 relativa al diritto di accesso alle origini). Nel caso di specie, la previsione normativa dell'art. 299, primo comma del codice civile, che preclude la possibilita' di ottenere con la sentenza di adozione in casi particolari la sostituzione del cognome del padre biologico, estraneo alla vita del minore e in cui lo stesso non si riconosce, con il cognome dell'adottante, che il minore identifica come figura paterna, configura una lesione della vita privata e familiare e si pone in contrasto con il «best interest» del minore. In conclusione, si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in relazione all'art. 299 del codice civile, per violazione degli articoli 2, 3 e 117 della Costituzione, in relazione all'art. 8 della CEDU, nella parte in cui non consente con sentenza di adozione in casi particolari, di derogare alla previsione che impone di anteporre il cognome dell'adottante a quello dell'adottato minorenne, consentendone anche la sostituzione, cosi' escludendo la valutazione in concreto del preminente interesse del minore alla tutela dell'identita' personale e della sua vita privata e familiare. P.Q.M. Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 2,3, e 117 della Costituzione in relazione all'art. 8 della Carta europea dei diritti dell'uomo, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983 n. 184, in relazione all'art. 299, primo comma del codice civile, nella parte in cui non consente con sentenza di adozione in casi particolari, di derogare alla previsione che impone di anteporre il cognome dell'adottante a quello dell'adottato minorenne, consentendone anche la sostituzione, cosi' escludendo la valutazione in concreto del preminente interesse del minore alla tutela dell'identita' personale e della sua vita privata e familiare. Dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al ricorrente, ai genitori, alla curatrice speciale del minore, al pubblico ministero e al Presidente del Consiglio dei ministri; ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Bari, nella Camera di consiglio del 15 gennaio 2025 La Presidente est.: Montaruli