Reg. ord. n. 71 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17

Ordinanza del Corte dei conti  del 21/03/2025

Tra: Invimit spa

Oggetto:

Bilancio e contabilità pubblica – Finanza pubblica - Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unità, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 – Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica – Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: “operata dall'ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica” – Denunciata disciplina che illegittimamente limita la cognizione riservata alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT, in spregio ai principi costituzionali e comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici – Novella legislativa che priva i soggetti indicati negli elenchi ISTAT della tutela giurisdizionale, cosiddetta costitutiva, basata sul ricorso alla Corte dei conti in sezioni riunite – Contrasto con la legge costituzionale n. 1 del 2012 che disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, tra l’altro, le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica – Lesione delle garanzie costituzionali poste a presidio dell’indipendenza della magistratura speciale – Violazione del principio di ragionevolezza – Disciplina che, da un lato, comprime le utilità ottenibili attraverso la tutela giurisdizionale, in relazione all’inclusione nell’Elenco ISTAT e dall’altro lato, esclude la tutela costitutiva – Legislatore che ha sostituito la propria valutazione, sulla riconducibilità degli enti inclusi nell’elenco allegato al decreto-legge n. 137 del 2020 tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, a quella espressa dalla Corte dei conti con sentenze passate in giudicato – Interferenza nell’autonomia del potere giurisdizionale – Inserimento, in fase di conversione, di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alla finalità del decreto-legge emanato nel contesto dell’emergenza pandemica – Mancanza del necessario nesso logico giuridico tra decreto-legge e legge di conversione.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 28/10/2020  Num. 137  Art. 23

legge  del 18/12/2020  Num. 176



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 25   Co.  

Costituzione  Art. 76   Co.  

Costituzione  Art. 77   Co.  

Costituzione  Art. 101   Co.  

Costituzione  Art. 102   Co.  

Costituzione  Art. 103   Co.  

Costituzione  Art. 104   Co.  

Costituzione  Art. 108   Co.  

Costituzione  Art. 111   Co.  

Costituzione  Art. 113   Co.  

legge costituzionale  Art.  Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 marzo 2025

Ordinanza del 21 marzo 2025 della Corte dei conti, Sezioni riunite in
sede giurisdizionale in speciale composizione, sul  ricorso  proposto
da Invimit Spa contro Istituto nazionale  di  statistica  -  Istat  e
Ministero dell'economia e delle finanze. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica -  Enti  indicati
  nell'elenco 1 annesso  al  decreto-legge  n.  137  del  2020,  come
  convertito, concorrenti, in quanto unita', alla determinazione  dei
  saldi di finanza pubblica del  conto  economico  consolidato  delle
  amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal  Sistema
  europeo dei conti nazionali e regionali  nell'Unione  europea  (SEC
  2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e
  del Consiglio, del 21 maggio 2013 - Previsione che a tali  enti  si
  applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei
  bilanci  e  sostenibilita'   del   debito   delle   amministrazioni
  pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge
  n.  243  del  2012,  nonche'  quelle  in  materia  di  obblighi  di
  comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di
  finanza pubblica - Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b),
  del codice della giustizia contabile,  di  cui  all'Allegato  1  al
  decreto legislativo n. 174  del  2016,  dopo  le  parole:  "operata
  dall'ISTAT"   sono   aggiunte   le   seguenti:   "ai   soli    fini
  dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento  della
  spesa pubblica". 
- Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti  in
  materia di tutela della  salute,  sostegno  ai  lavoratori  e  alle
  imprese,   giustizia   e    sicurezza,    connesse    all'emergenza
  epidemiologica da COVID-19), convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 23-quater. 


(GU n. 17 del 23-04-2025)

 
                          LA CORTE DEI CONTI 
 
               Sezioni riunite in sede giurisdizionale 
 
                      in speciale composizione 
 
    Composta dai signori magistrati: 
        Giovanni Coppola - Presidente; 
        Gaetano Berretta - consigliere relatore; 
        Nicola Ruggiero - consigliere; 
        Maria Cristina Razzano - consigliere; 
        Francesco Sucameli - consigliere; 
        Giovanni Guida - consigliere; 
        Marco Randolfi - consigliere estensore; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.
841/SR/RIS del registro di segreteria, proposto, ai  sensi  dell'art.
11, comma 6, lettera b, e 123 ss. del decreto legislativo n. 174  del
2016, dalla societa' «Investimenti Immobiliari Italiani -  Invimit  -
SGR  S.p.a.»,  in  persona  dell'amministratore  delegato  e   legale
rappresentante  pro   tempore,   dott.ssa   Giovanna   Della   Posta,
rappresentata e difesa, come da mandato in calce  al  ricorso,  dagli
avv.ti  Damiano  Lipani,  Francesca   Sbrana   e   Jacopo   Polinari,
elettivamente domiciliata presso il  loro  studio  in  Roma  -  corso
Vittorio     Emanuele     II,     n.     284     -      indirizzo pec
damianolipani@pec.lipani.it 
    contro l'Istituto nazionale di statistica - Istat, in persona del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  generale   dello   Stato,   presso   la   cui   sede
istituzionale in Roma - via dei Portoghesi, n. 12 -  e'  domiciliato,
nonche' nei confronti: 
        della Procura generale della Corte dei conti; 
        del Ministero dell'economia e delle finanze, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  la  cui  sede
istituzionale  in  Roma,  alla  via  dei  Portoghesi,   n.   12,   e'
domiciliato; 
    per   l'accertamento,   previa    sospensione    degli    effetti
dell'iscrizione, dell'insussistenza dei presupposti  di  fatto  e  di
diritto per  la  qualificazione  della  societa'  nel  Settore  S.13,
pubbliche amministrazioni, del Sistema europeo dei conti SEC.2010  e,
conseguentemente, per l'inclusione della societa'  nell'elenco  delle
amministrazioni pubbliche inserite nel  conto  economico  consolidato
individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della  legge  31  dicembre
2009, n. 196 e successive modificazioni ed integrazioni, elaborato  e
annualmente aggiornato dall'Istat, e per il conseguente  annullamento
in parte qua dell'elenco da ultimo aggiornato per il 2024, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale -
n. 225 del 26 settembre 2023, nonche' - ove occorrer possa -  per  il
2023 pubblicato nella Serie generale n. 229 del 30 settembre  2022  e
per il 2022, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
italiana - Serie generale - n. 234 del 30 settembre 2021, nonche' per
l'annullamento degli ulteriori elenchi medio tempore pubblicati; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie depositate dalle parti; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Uditi  nell'udienza  pubblica  del  giorno  4  dicembre  2024  il
relatore, Cons. Gaetano Beretta, i difensori di parte ricorrente,  in
persona dell'avv. Jacopo Polinari, l'avv. dello Stato Pietro Garofoli
per  l'Istat  e  il  pubblico  ministero,  nella  persona  del   vice
Procuratore generale Luigi D'Angelo, come specificato nel verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. Nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  italiana  -  Serie
generale - n. 225 del 26 settembre 2023, e' stato pubblicato l'elenco
delle  amministrazioni  pubbliche  inserite   nel   conto   economico
consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,
elaborato e annualmente aggiornato da  Istat,  contenente  anche  per
l'anno 2024 Invimit SGR S.p.a. 
    2. Invimit e' una societa' di gestione del risparmio (autorizzata
a fornire il  servizio  di  gestione  collettiva  del  risparmio  con
provvedimento di Banca d'Italia dell'8 ottobre 2013 ed e' iscritta al
n. 305 dell'albo delle SGR)  di  «diritto  singolare»  costituita  ai
sensi dell'art. 33 del decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98,  il  cui
atto  costitutivo  e'  riconducibile   al   decreto   del   Ministero
dell'economia e delle finanze (di seguito anche solo  «MEF»)  del  19
marzo 2013. 
    Come indicato nel ricorso introduttivo, lo status di «societa' in
controllo pubblico» e' pacifico sulla base  di  plurime  circostanze.
Infatti, la societa' e' partecipata interamente dal MEF,  che  ne  e'
socio unico; tanto la legge istitutiva, quanto lo statuto sociale non
consentono la circolazione  delle  azioni  (salva  la  possibilita' -
normativamente prevista, ma allo stato inattuata - di  trasferirle  a
titolo gratuito all'Agenzia del demanio); la societa' e' soggetta  al
controllo della Corte dei conti ai sensi del decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri 7 gennaio 2014, n. 74196 e  trova  la  sua
disciplina - salve le deroghe ivi previste - nel decreto  legislativo
n. 175 del 2016, recante  «Testo  unico  in  materia  di  societa'  a
partecipazione pubblica». 
    Peraltro, nonostante il controllo pubblico, la  societa'  afferma
di non essere un  organismo  in  house;  di  non  essere  soggetta  a
direzione e coordinamento da parte del MEF (escluso ex lege) e di non
appartenere ad un gruppo  societario.  Cio'  in  quanto  la  societa'
avrebbe come compito istituzionale quello di operare - come  peraltro
indicato nel sito istituzionale della  societa' -  in  ottica  e  con
logiche di mercato al fine di cogliere le opportunita' derivanti  dal
processo di valorizzazione  e  dismissione  del  patrimonio  pubblico
attraverso la istituzione, organizzazione  e  gestione  di  fondi  di
investimento alternativi (FIA) immobiliari, secondo  quanto  previsto
dagli articoli 33, 33-bis e 33-ter della legge istitutiva. 
    Invero, Invimit non sarebbe in alcun modo distinguibile  da  ogni
altra SGR che opera sul mercato, non avendo  avuto  precipui  vincoli
dal legislatore, operando sul  mercato  svolgendo  la  sua  attivita'
commerciale di prestazione del servizio di  gestione  collettiva  del
risparmio ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. 
    A titolo esemplificativo  della  propria  attivita'  di  mercato,
astrattamente replicabile, il ricorso  introduttivo,  tra  gli  altri
motivi,  riporta  il  collocamento  sul  mercato  (degli  investitori
privati) di tutte le quote  del  comparto  «Convivio»  del  Fondo  i3
Dante, fondo di investimento alternativo  immobiliare  multi-comparto
riservato di tipo chiuso. 
    Dopo ampia esposizione delle caratteristiche di mercato nel quale
la societa' si trova ad  operare  ed  una  succinta  esposizione  dei
propri precedenti ricorsi,  evidenziando  che,  con  ordinanza  delle
Sezioni riunite n. 10/2021/RIS del 3 agosto 2021, era  stato  sospeso
il giudizio nell'attesa della  decisione  della  Corte  di  giustizia
della Comunita' europea, investita - con le note ordinanze n.  5/2021
e 6/2021 - della questione pregiudiziale relativa alla compatibilita'
dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 (per l'anno 2022  e
2023 l'Istat aveva espressamente dato conto della citata sospensione,
motivo per cui la societa' avrebbe ritenuto di  non  avere  interesse
nella proposizione di autonomo ricorso anche  per  quegli  anni),  la
societa' procede ad esporre i propri motivi di ricorso. 
    Con primo motivo di ricorso, Invimit  ha  eccepito:  «violazione,
falsa applicazione del regolamento (UE) n.  549/2013  del  Parlamento
europeo  e  del  Consiglio  dell'unione  europea;  violazione,  falsa
applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre  2009,
n. 196; violazione, falsa applicazione  dell'art.  3  della  legge  7
agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per  difetto  di  istruttoria;
difetto  di  motivazione;  difetto  di  presupposti;  illogicita'   e
irragionevolezza; travisamento». In base a tale motivo di ricorso, in
estrema sintesi, la ricorrente riterrebbe  di  appartenere  non  gia'
alle «amministrazioni pubbliche» (S.13),  dovendosi  invece  al  piu'
inquadrare  tra  gli  «ausiliari  finanziari»  (S.126)  dediti   alla
produzione di beni e servizi  destinabili  alla  vendita.  Con  altro
motivo di ricorso, Invimit, ricostruendo  l'impatto  della  decisione
della  CGUE  del  13  luglio  2023,  ha  proposto  una  questione  di
legittimita'  costituzionale  relativamente  all'art.  23-quater  del
decreto-legge n. 137/2020 che ha confermato  la  giurisdizione  della
Corte  dei  conti  in  materia  di  elenchi  Istat  «ai   soli   fini
dell'applicazione della normativa nazionale  sul  contenimento  della
spesa pubblica», per contrasto,  sotto  un  primo  profilo,  con  gli
articoli 24,111  e  113  della  Costituzione,  nonche',  sotto  altro
profilo, con gli articoli 24,101,104 e  111  della  Costituzione.  Da
ultimo, viene formulata una istanza cautelare di sospensione  per  il
caso  di  auspicata  rimessione   della   controversia   alla   Corte
costituzionale, articolando alcuni motivi a supporto del periculum in
mora e rinviando a quanto gia' esposto per quanto riguarda  il  fumus
boni juris. 
    2.1 A seguito di pubblicazione del nuovo elenco Istat per  l'anno
2025, Invimit ha proposto  ulteriore  ricorso,  valevole  anche  come
motivi aggiunti nel presente giudizio, eccependo: 
        a)  nullita'  degli  elenchi  impugnati  per  violazione  e/o
elusione del giudicato cautelare emesso precedentemente dalle Sezioni
riunite; 
        b) violazione, falsa applicazione  del  regolamento  (UE)  n.
549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione  europea;
violazione, falsa applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della  legge
31 dicembre 2009, n. 196; violazione, falsa applicazione dell'art.  3
della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per  difetto  di
istruttoria;  difetto  di  motivazione;   difetto   di   presupposti;
illogicita' e irragionevolezza; travisamento; 
        c) anche a seguito della sentenza n. 30220  del  25  novembre
2024 pronunciata dalla  Corte  di  cassazione  a  Sezioni  unite,  la
ricorrente ripropone, arricchendola,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n.137/2020. 
    3. Avverso tale ricorso si e'  costituita  l'Avvocatura  generale
dello Stato per conto dell'Istat eccependo: in  via  preliminare,  la
natura   annuale   dell'elenco    impugnato    e    la    conseguente
inammissibilita' del ricorso  proposto  per  gli  anni  precedenti  e
successivi a quello direttamente  oggetto  di  impugnazione;  in  via
pregiudiziale, l'assenza  di  qualsivoglia  vulnus  di  tutela  e  la
conseguente  piena  conformita'  costituzionale  della  norma  recata
dall'art.  23-quater  del  decreto-legge  n.  137/2020;  nel  merito,
l'infondatezza della richiesta attorea, chiedendone il rigetto. 
    4. Si e' costituita anche la Procura generale presso la Corte dei
conti che, in via pregiudiziale, chiede di sollevare la questione  di
legittimita' costituzionale con riferimento  all'art.  23-quater  del
decreto-legge n. 137/2020 e affrontando il merito della controversia,
chiede il rigetto integrale del ricorso. 
    In particolare, ad avviso della Procura, la pronuncia della Corte
di giustizia dell'Unione europea, sentenza n. 563/2023, depositata il
13 luglio 2023 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  dell'Unione
europea  C-321  dell'11  settembre  2023,  con  numero  di  documento
62021CA0363, nel rinviare al legislatore nazionale  le  modalita'  di
tutela  azionabili  avverso  l'inclusione  nell'elenco  Istat  e   al
conseguente assoggettamento alla disciplina euro unitaria conseguente
al  regolamento  n.  549/2013,  lungi  dal   risolvere   i   problemi
applicativi  connessi  alla  norma  di  cui  all'art.  23-quater  del
decreto-legge  n.  137/2020  ne   abbia,   in   realta',   confermato
l'attualita' e la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    5. All'udienza  del  4  dicembre  2024,  dopo  l'esposizione  del
relatore, interviene il difensore di Invimit, avv.  Jacopo  Polinari,
il quale effettua una lunga analisi della  sentenza  n.  30220  della
Cassazione ed evidenzia che, contrariamente a quanto affermato  dalla
citata  sentenza  della   Corte   di   cassazione,   l'attivita'   di
ricognizione effettuata da parte  dell'Istat  rappresenta  il  tipico
caso di attivita' vincolata  e  non  discrezionale.  Non  esiste  una
pluralita' di opzioni tra cui scegliere discrezionalmente da parte di
Istat, prosegue il legale, bensi' vi e' la mera ricognizione circa la
sussistenza di determinati criteri per attribuire o  meno  lo  status
pubblico all'ente sottoposto a verifica. D'altro canto,  diversamente
opinando, e dunque  applicando  le  norme  della  legge  n.  241/1990
all'attivita'  dell'Istat,  si  andrebbe  incontro  alla  sostanziale
paralisi della stessa attivita' ricognitiva poiche'  l'Istat  sarebbe
tenuto,  per  ciascuna  annualita',  a  notificare   l'apertura   del
procedimento a ciascuno  degli  organismi  gia'  iscritti  all'elenco
nonche'  a  tutti  coloro  potenzialmente  passibili  di  iscrizione,
avviare successivamente l'istruttoria e  dunque  applicare  tutte  le
norme contenute nella citata legge sul  procedimento  amministrativo,
rendendo di fatto quasi impossibile la redazione stessa  dell'elenco.
Proseguendo nelle sue difese, viene evidenziato che il secondo vulnus
del ragionamento delle Sezioni unite, riguarderebbe l'approccio delle
medesime al tema del riparto di giurisdizione per blocchi di materie,
approccio che secondo Invimit risalirebbe agli  anni  '80,  tanto  e'
vero  che,  si  afferma,  le  sentenze  della  Corte   costituzionale
richiamate dalle Sezioni unite sono tutte precedenti alla sentenza n.
204 del 2004 che ha superato il riparto di giurisdizione per  blocchi
di materie. Quest'ultima sentenza, afferma  l'avvocato,  contiene  un
principio giuridico molto importante e molto chiaro:  il  riparto  di
giurisdizione e'  stabilito  in  Costituzione,  il  legislatore  puo'
intervenire derogando all'assetto  costituzionale  soltanto  in  casi
particolari ove le ragioni di concentrazione della tutela  prevalgano
e pertanto si ritenga opportuno unire due domande innanzi allo stesso
giudice anziche' scinderle e proporle dinanzi a due diverse Corti. Il
caso in esame, osserva il difensore, apparterrebbe proprio  a  questa
categoria e le ragioni di concentrazione ed effettivita' della tutela
imporrebbero,  contrariamente  a  quanto  stabilito  dalla  Corte  di
cassazione, di unificare la giurisdizione innanzi ad un solo giudice,
nel caso specifico la Corte dei conti. L'art. 103,  2°  comma,  della
Costituzione assegna infatti alla Corte dei conti  una  giurisdizione
generale di legittimita', afferma il legale. Diverse  sentenze  delle
Corte costituzionale -  da  ultimo  la  sentenza  n.  46  del  1996 -
stabiliscono al riguardo che il legislatore non  puo'  attribuire  la
giurisdizione di alcuni settori della contabilita' pubblica ad  altro
giudice che non sia quello contabile, appunto, bensi' puo'  stabilire
discrezionalmente, ovvero esercitando le proprie funzioni  attraverso
scelte politiche, quali siano le materie di contabilita' pubblica. Da
tale scelta deriva poi l'attribuzione della giurisdizione. Sottolinea
il legale che vi sono  diversi  esempi  di  materie,  prevalentemente
attinenti alla responsabilita' per danno erariale, che il legislatore
ha di fatto  sottratto  alla  giurisdizione  della  Corte  dei  conti
qualificandole come non appartenenti alla materia della  contabilita'
pubblica. Al contrario, nel caso  in  esame,  non  e'  mai  stato  in
discussione, anzi e' stato positivamente affermato, che  gli  elenchi
Istat di cui e' causa appartengano alla  materia  della  contabilita'
pubblica.  Pertanto,   affermare   la   giurisdizione   del   giudice
amministrativo in tale materia costituirebbe, a detta del legale, una
contraddizione con l'art. 103, 2° comma, e 113 della Costituzione. 
    Infine, l'avvocato di  parte  ricorrente  sottolinea  che  l'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020  e'  una  norma  che  non  ha
alcuna valenza  sistemica,  non  aveva  lo  scopo  di  restituire  la
giurisdizione al giudice amministrativo, bensi' nasceva con uno scopo
molto puntuale, di carattere contabile. 
    5.1 Viene quindi data la parola all'Avvocato dello Stato che, per
conto dell'Istat, nel chiedere il rigetto del ricorso, evidenzia  che
l'interesse sotteso ai ricorsi presentati  dagli  odierni  ricorrenti
sia rivolto non tanto  a  verificare  l'efficacia  e  la  veridicita'
dell'attivita' statistica effettuata dall'Istat, quanto  piuttosto  a
non vedersi applicate le norme sul contenimento della spesa  pubblica
che il legislatore ha ritenuto di ancorare all'iscrizione al suddetto
elenco.   Il    legislatore    ha    mantenuto    la    giurisdizione
sull'applicazione delle norme di contabilita' pubblica in  capo  alla
Corte dei  conti,  lasciando  invece  al  giudice  amministrativo  la
giurisdizione per quel che riguarda la validita'  dell'atto  in  se',
che resta di natura amministrativa. Le  Sezioni  unite,  prosegue  il
legale, nella sentenza in discussione non ritengono irragionevole  la
divisione della giurisdizione  poiche'  l'iscrizione  nell'elenco  ha
ricadute  dirette  sulla  nozione  anche  euro-unitaria  di  pubblica
amministrazione e di  soggettivita'  pubblica.  Dal  momento  che  il
giudice della pubblica amministrazione e' il Tribunale amministrativo
regionale, non e' irragionevole, prosegue l'avvocato ripercorrendo le
motivazioni  delle  Sezioni  unite,  riconoscere   la   giurisdizione
sull'iscrizione  nell'elenco   Istat   al   giudice   amministrativo,
lasciando invece alla Corte dei conti, giudice dei conti pubblici, la
giurisdizione in materia di applicazione delle norme di  contabilita'
pubblica. 
    5.2 Interviene anche la Procura generale  che  pone  in  luce  un
primo profilo di  irragionevolezza  ascrivibile  alle  argomentazioni
della piu' volte citata sentenza delle Sezioni  unite  n.  30220/2024
consistenti nell'impostare i due giudizi, quello contabile  e  quello
amministrativo, autonomi  e  non  comunicanti.  Secondo  le  SSUU  il
giudice amministrativo  avrebbe  giurisdizione  sul  SEC2010,  quindi
sulla disciplina euro-unitaria, mentre la Corte dei conti avrebbe  la
giurisdizione sull'applicazione  della  normativa  interna  circa  il
contenimento della spesa pubblica. Vengono citati anche casi  in  cui
l'ordinamento riconosce  una  definizione  cangiante  e  mutevole  di
pubblica amministrazione, tale per  cui  una  societa'  privata  puo'
essere qualificata come pubblica amministrazione sotto certi profili,
mantenendo la natura di soggetto privato.  Tale  distinzione,  pero',
nel caso di specie, puo' essere valida da un punto di vista  teorico,
ma da un punto di vista  pratico  i  due  giudizi  sono  e  sarebbero
interconnessi e pienamente comunicanti. Cio' in quanto l'applicazione
delle norme interne sul contenimento della spesa  pubblica,  come  e'
stato ricordato, e'  ancorata  alla  iscrizione  all'elenco  Istat  e
quindi alla qualificazione dell'ente come  pubblica  amministrazione.
Pertanto, da un punto di vista processuale, la distinzione fra i  due
giudizi risulta impossibile da applicare in concreto. Il  procuratore
propone alcuni esempi concreti, ad esempio ipotizzando lo scenario di
un doppio ricorso promosso da un ente iscritto all'elenco:  a  fronte
di un giudizio incardinato  dinanzi  al  giudice  amministrativo,  il
procuratore ritiene che il secondo giudizio, incardinato nell'ipotesi
dinanzi alla Corte dei conti, andrebbe sospeso ex art. 295 codice  di
procedura civile o 116 codice civile poiche'  vi  sarebbe  una  causa
pregiudiziale volta ad  accertare  correttezza  della  qualificazione
pubblica che e' alla base dell'applicazione delle  norme  interne  di
contenimento della spesa. Ancora, se in pendenza del giudizio innanzi
alla  Corte  dei  conti  intervenisse  un  giudicato  del   Tribunale
amministrativo regionale riguardo l'iscrizione all'elenco  Istat,  il
giudizio dinanzi alla Corte  dei  conti  dovrebbe  essere  dichiarato
cessato per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, con
il conseguente ed ovvio dispendio inutile di tempo, mezzi ed energie.
Ancora, prosegue la Procura, ipotizzando il caso in cui il  Tribunale
amministrativo regionale accogliesse il ricorso, la Corte  dei  conti
non potrebbe che accogliere a propria volta il ricorso e disapplicare
la normativa interna, venendo a mancare l'aggancio per l'attribuzione
degli oneri e  degli  adempimenti  di  spending  review.  Considerato
quanto esposto, il procuratore auspica che una pronuncia della  Corte
costituzionale possa dirimere i dubbi e fare  chiarezza  sui  profili
menzionati. Quanto alle conclusioni, la Procura si riporta agli atti. 
    5.3 In  conclusione,  in  una  breve  replica,  il  difensore  di
Invimit,  tiene  a  sottolineare  che  il  giudice   della   pubblica
amministrazione non sempre e' il Tribunale amministrativo  regionale.
Nonostante le Sezioni unite sembrino  affermare  proprio  questo,  in
realta' da ultimo la gia' citata sentenza n. 204 del 2004 della Corte
costituzionale  statuisce  in  modo  molto  chiaro  che  il   giudice
amministrativo e' giudice di quella situazione  giuridica  soggettiva
denominata interesse  legittimo.  Circa  la  tutela  cautelare  e  la
ultrattivita' della ordinanza cautelare, si precisa che  il  concetto
ruota  attorno  alla   definizione   dello   status;   pertanto,   se
l'inclusione nell'elenco accerta  uno  status  e  tale  status  viene
invece negato dal giudice, anche solo sospendendone l'accertamento in
via cautelare, la parte  ricorrente  ritiene  contrario  all'art.  24
della Costituzione - che punta ad assicurare una effettiva tutela dei
diritti - che si debba ogni anno  effettuare  ricorso  autonomo,  per
ottenere la pronuncia di accertamento di tale status di anno in anno.
Anche in ragione di cio', secondo la difesa  di  Invimit,  stante  la
vigenza dell'ordinanza cautelare emessa  nel  2021,  non  vi  sarebbe
stata nemmeno la necessita' di impugnare gli  elenchi  medio  tempore
pubblicati. E' stata una scelta  della  difesa  in  ottica  puramente
cautelativa. 
 
                               Diritto 
 
6.   Illegittimita'   costituzionale    dell'art.    23-quater    del
decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 3, 25,  102,
103, 108 e 111 della Costituzione,  nonche'  dell'art.  5,  comma  1,
lettera a), legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 
    6.1 In sede di conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020,  n.
137, recante «Ulteriori misure urgenti in  materia  di  tutela  della
salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza,
connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», e' stato inserito
l'art. 23-quater disciplinante «Unita' ulteriori che concorrono  alla
determinazione dei saldi di  finanza  pubblica  del  conto  economico
consolidato delle amministrazioni pubbliche». 
    In base a tale articolo, nel primo comma viene previsto che «agli
enti indicati nell'elenco 1 annesso al presente  decreto,  in  quanto
unita' che, secondo criteri stabiliti dal Sistema europeo  dei  conti
nazionali e regionali nell'Unione  europea  (SEC  2010),  di  cui  al
regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del  Consiglio,
del 21 maggio 2013,  concorrono  alla  determinazione  dei  saldi  di
finanza   pubblica   del   conto    economico    consolidato    delle
amministrazioni pubbliche, si applicano in ogni caso le  disposizioni
in materia di equilibrio dei  bilanci  e  sostenibilita'  del  debito
delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e  per  gli  effetti  degli
articoli 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 243,  nonche'  quelle
in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni
rilevanti in materia di finanza pubblica». 
    Particolarmente rilevante, ai fini della decisione  del  giudizio
promosso da Invimit, e' il secondo comma di detto articolo in base al
quale «all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice  della  giustizia
contabile, di cui all'allegato 1 al  decreto  legislativo  26  agosto
2016, n. 174, dopo le parole: "operata dall'ISTAT" sono  aggiunte  le
seguenti: ", ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale
sul contenimento della spesa pubblica"». 
    La  novella  del  2020  pone   una   chiara   limitazione   della
giurisdizione in materia di elenchi Istat,  espressamente  attribuita
alla Corte dei conti dal legislatore in un primo momento  con  l'art.
1,  comma  169,  della  legge   24   dicembre   2012,   n.   228   e,
successivamente, con l'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della
giustizia contabile di cui al decreto legislativo n. 174/2016. 
    Con tale norma del 2012 e' stato previsto che «avverso  gli  atti
di ricognizione delle amministrazioni pubbliche  operata  annualmente
dall'Istat ai sensi dell'art. 1, comma 3,  della  legge  31  dicembre
2009, n. 196, e' ammesso ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei
conti, in speciale composizione,  ai  sensi  dell'art.  103,  secondo
comma, della Costituzione» e, per l'effetto,  e'  stata  abrogata  la
precedente competenza giurisdizionale  dei  Tribunale  amministrativo
regionale e del Consiglio di Stato in materia. 
    Sulla esatta portata della norma del 2020 e  sui  suoi  eventuali
effetti, rinviando a quanto si dira' nei punti che seguono  circa  la
non  manifesta   infondatezza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale,  appare  a  questo  giudice   chiara   la   rilevanza
dell'ipotizzato sindacato  di  costituzionalita'  all'ill.mo  Giudice
delle leggi, posto che il ricorso in discussione e' stato proposto da
Invimit espressamente ai fini dell'annullamento della sua  iscrizione
nell'elenco Istat delle unita' istituzionali appartenenti al  settore
delle amministrazioni pubbliche. E' quindi evidente che, al  fine  di
rispondere alla domanda di giustizia avanzata dal ricorrente, debbano
essere conosciute le  esatte  implicazioni  connesse  alla  novellata
formulazione dell'art. 11, comma 6,  lettera  b),  del  codice  della
giustizia contabile di cui al decreto legislativo n. 174/2016. 
    6.2 Il disegno del  legislatore  del  2012  era  sufficientemente
chiaro, nel senso di voler attribuire una cognizione piena alla Corte
dei conti di una materia che presenta risvolti plurimi, non  solo  di
rilievo ai fini del contenimento della finanza pubblica, ma  anche  e
prima ancora di fondamentale importanza per determinare il  perimetro
di riferimento del conto economico consolidato dello Stato, rilevante
ai fini della determinazione dei saldi di finanza pubblica e ai  fini
della  corretta  applicazione  del  regolamento   UE   549/2013   che
istituisce il Sistema europeo dei conti 2010  (c.d.  «SEC  2010»  che
rappresenta il sistema  dell'Unione  europea  compatibile  a  livello
internazionale delle norme contabili che  possono  essere  utilizzate
per  fornire   una   descrizione   sistematica   e   dettagliata   di
un'economia). 
    In tal senso, la tutela «costitutiva» rivendicata dai  ricorrenti
per decidere del loro status di  soggetti  appartenenti  alle  unita'
istituzionali   appartenenti   al   settore   delle   amministrazioni
pubbliche,  non  richiede  solo  e  soltanto  valutazioni   di   tipo
amministrativo e procedimentale, ma richiede anche e soprattutto  una
valutazione di tipo giuscontabile. Non  a  caso  il  legislatore  del
2012, nell'escludere l'attribuzione della giurisdizione sulla materia
fino ad allora riconosciuta ai Tribunali amministrativi regionali, ha
inteso attribuirla alla Corte dei conti ai sensi dell'art. 103  della
Costituzione (richiamato espressamente nella norma). 
    Cio' in quanto la valutazione relativa ai  soggetti  appartenenti
al settore istituzionale delle amministrazioni  pubbliche,  ancorche'
non  necessariamente  coincidente  con   la   qualifica   di pubblica
amministrazione e con la correlata attribuzione di  pubblici  poteri,
puo' riguardare soggetti che assumono un rilievo «pubblicistico»  nel
sistema europeo dei conti in funzione della  natura  delle  fonti  di
finanziamento, venendo in rilievo la loro eventuale dipendenza  dalle
pubbliche finanze oppure la loro  autonoma  capacita'  di  vivere  ed
operare nel libero mercato. 
    In  tale  prospettiva,  la  legge  italiana  di  contabilita'  n.
196/2009 ha espressamente attribuito rilievo  all'elenco  predisposto
annualmente dall'Istat, sulla base di criteri statistico-economici  e
a seguito di continui confronti con le autorita' statistiche europee,
in applicazione del Sistema europeo dei conti  (regolamento  UE)  del
Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013, SEC  2010)  e  della
guida metodologica ed operativa  fornita  dal  Manual  on  Government
Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010 (MGDD). 
    Dispone infatti l'art. 1, comma 2, della citata legge n. 196/2009
che «gli enti e i soggetti indicati  a  fini  statistici  nell'elenco
oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)
in data 24 luglio  2010,  pubblicato  in  pari  data  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica  italiana  n.  171,  nonche'  a  decorrere
dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini  statistici  dal
predetto istituto nell'elenco oggetto  del  comunicato  del  medesimo
istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato  in  pari  data  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  n.  228,  e  successivi
aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo,  effettuati
sulla base  delle  definizioni  di  cui  agli  specifici  regolamenti
dell'Unione  europea,  le  autorita'  indipendenti  e,  comunque,  le
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del  decreto  legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni». 
    La scelta di fornire applicazione ai regolamenti  UE  sulla  base
del criterio del rinvio all'elenco  Istat  ha  consentito  al  nostro
Paese di dare piena attuazione alle regole contabili e ai vincoli  di
finanza pubblica approvati in sede europea: cio' sulla base di regole
eminentemente tecniche, in  applicazione  del  su  ricordato  Sistema
europeo dei conti (regolamento n. 549/2013, SEC 2010)  e  del  citato
Manual on Government Deficit and Debt - Implementation  of  ESA  2010
(MGDD). 
    Tali parametri di valutazione, come anche  rilevato  dalla  parte
ricorrente, sono vincolanti e non richiedono alcuna  discrezionalita'
amministrativa implicando, al  piu',  una  discrezionalita'  di  tipo
tecnico, che non lascia spazi a valutazioni tra plurime  alternative,
ma fornisce una unica soluzione «obbligata» ed «imposta» dal rispetto
di regole scientifiche di natura statistico-economica. 
    In tal senso quindi, la limitazione  della  cognizione  riservata
alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata dall'Istat «ai soli  fini  dell'applicazione  della
normativa nazionale sul contenimento  della  spesa  pubblica»  appare
illegittima e nettamente contrastante con i principi costituzionali e
comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici. 
    In particolare, la novella verrebbe a privare i soggetti  inclusi
negli elenchi Istat della tutela  c.d.  «costitutiva»,  vedendosi  in
questa maniera attribuito uno status assegnato  in  applicazione  del
regolamento UE n. 549/2013 e della relativa nota  metodologica  senza
poter attivare una valida tutela giurisdizionale. 
    Cio', in quanto la novella del 2020 non appare in alcun modo aver
voluto attribuire espressamente la tutela costitutiva ad altro organo
giurisdizionale. 
    6.3. A tale  ultimo  riguardo,  vanno  ricordate  le  chiarissime
affermazioni della sentenza costituzionale n. 7/2020, che richiama  a
sua  volta  la  sentenza  n.  13  del  2012:  «secondo  la   costante
giurisprudenza costituzionale,  il  fenomeno  della  reviviscenza  di
norme abrogate "non opera in via generale e automatica e puo'  essere
ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate"». 
    Nella stessa direzione, ha avuto modo di esprimersi nuovamente la
Corte costituzionale con la  recente  sentenza  n.  185/2024  che  ha
riconosciuto i limitati ambiti all'interno dei quali puo' operare  la
reviviscenza di norme  abrogate.  Secondo  la  citata  sentenza,  «la
espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di  legge  abrogate  e'
una tecnica normativa non consueta, ma in  se'  non  illegittima  nel
senso che il legislatore, in questo  caso  regionale,  recepisce  per
relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in
tal  modo  in  nuove  disposizioni.  La  reviviscenza  sottolinea  la
testuale identita' di vecchie e nuove disposizioni, ma che  rimangono
comunque ben distinte». In tal modo, quindi, il Giudice  delle  leggi
ha avuto modo di riconoscere  l'operativita'  della  reviviscenza  di
norme di legge abrogate solamente  qualora  sia  una  nuova  legge  a
prevederla e, in ogni caso,  senza  possibilita'  che  tale  espressa
reviviscenza possa operare retroattivamente. 
    Il principio della riserva di legge sull'ordinamento giudiziario,
al fine di garantire e riaffermare l'indipendenza della  magistratura
da altri poteri dello Stato (in particolare da  quello  esecutivo)  e
per tutelare sia  i  giudici  ordinari  sia  quelli  speciali,  trova
nell'art. 108 della Costituzione la sua compiuta formulazione per cui
«le norme sull'ordinamento giudiziario e su  ogni  magistratura  sono
stabilite con legge. La legge  assicura  l'indipendenza  dei  giudici
delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di  esse,
e  degli   estranei   che   partecipano   all'amministrazione   della
giustizia». 
    6.4 Alla luce della  riserva  di  legge  espressamente  richiesta
dalla  Costituzione   per   delimitare   le   materie   e   garantire
l'indipendente esercizio delle funzioni di cui agli articoli 102 (per
la magistratura ordinaria) e 103  (per  le  magistrature  speciali  -
Consiglio di Stato e Corte dei conti), appare quanto mai singolare la
lettura fornita della Corte di cassazione con la propria sentenza  n.
30220/2024. 
    Con la citata sentenza n. 30220, la Cassazione  a  Sezioni  unite
ricostruisce i passi delle Sezioni riunite  della  Corte  dei  conti,
dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, le  quali  avevano
disapplicato l'art. 23-quater  del  decreto-legge  n.  137/2020,  che
limita la giurisdizione della Corte «ai soli  fini  dell'applicazione
della normativa nazionale sul  contenimento  della  spesa  pubblica».
Tale   disapplicazione   era   stata   motivata    dalla    affermata
incompatibilita' della norma con il diritto europeo,  in  particolare
con i principi di effettivita' ed equivalenza richiamati  dalla  CGUE
nella sentenza del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21). 
    Quest'ultima decisione era stata impugnata dal MEF e  dall'Istat,
sull'asserita considerazione che la giurisdizione sulla  legittimita'
dell'inclusione    nell'elenco    Istat    spettasse    al    giudice
amministrativo, lasciando alla Corte dei conti il controllo sui  soli
profili di contenimento della spesa pubblica. 
    Sull'effettiva possibilita' di separazione  di  tali  profili  di
tutela, va detto che anche la Corte di cassazione, nel suo articolato
ragionamento,  mostra  qualche   contraddizione,   facendo   comunque
riferimento  al  consolidato  principio   di   «autosufficienza   del
ricorso»,  per  cui  non  vi  e'  necessita'  di  procedere  ad   una
duplicazione di azioni avverso il medesimo fatto lesivo di  posizioni
individuali, anche se non ritiene rilevante il non secondario rischio
di un contrasto di giudicati. 
    Un punto fondamentale affermato dalla Corte di cassazione attiene
poi alla qualificazione dell'atto impugnato:  «occorre  rilevare,  in
via  generale,  che  l'inclusione   nell'elenco   Istat   ha   natura
provvedimentale, cui si contrappone, in capo agli enti coinvolti, una
situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo,  ambito  che,
in quanto tale, ai sensi  dell'art.  7  c.p.a.,  e'  riferibile  alla
giurisdizione amministrativa» facendo  riferimento  alla  circostanza
che: «anteriormente all'intervento operato con l'art. 1,  comma  169,
legge n. 228 del 2012  (che  ha  previsto  il  ricorso  alle  Sezioni
riunite  della  Corte  dei  conti),  il  relativo   contenzioso   era
pacificamente instaurabile innanzi al giudice  amministrativo»  (par.
15), con la conseguenza che a fronte della «contrazione»  dell'ambito
della giurisdizione contabile non  vi  sarebbe  vuoto  di  tutela  in
quanto «si deve ritenere che si sia,  contestualmente,  riespansa  la
giurisdizione del giudice amministrativo» (par 15.3). 
    6.5 L'impostazione seguita dalla  Cassazione  citata  non  appare
convincente. Invero, prima del Giudice di legittimita',  aveva  avuto
modo di esprimersi la Corte di giustizia UE, nella pronuncia  del  13
luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21), riaffermando i noti principi
per cui agli Stati membri e' riconosciuta una certa  discrezionalita'
nell'organizzazione delle proprie competenze giurisdizionali, purche'
sia garantito che i diritti  degli  interessati  trovino  una  tutela
adeguata, piena ed efficace, soprattutto in situazioni  che  incidano
su obblighi di bilancio pubblico (principio di effettivita'),  e  che
il sistema  giurisdizionale  fornisca  agli  interessati  gli  stessi
standard di tutela  applicabili  a  situazioni  analoghe  di  diritto
interno, evitando disparita' o trattamenti di sfavore  (principio  di
equivalenza). 
    Alla luce di tali principi enunciati dalla Corte di giustizia, la
Cassazione ha ritenuto di integrare, in via  pretoria,  il  vuoto  di
tutela lasciato dall'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020  e,
ritornando alla situazione antecedente alla novella  legislativa  del
2012 che ha, nei fatti, abrogato la giurisdizione  amministrativa  in
materia, ha affermato che la norma del  2020  «nel  circoscrivere  la
giurisdizione della Corte dei conti ai profili  di  spending  review,
non pregiudica tale diritto, poiche'  il  giudice  amministrativo  e'
chiamato  a  occuparsi  di  tutte  le  altre  questioni  legate  alla
legittimita' degli atti amministrativi». 
    6.6 Come si e' anticipato, la posizione della Corte di cassazione
non appare convincente. Oltre a quanto gia' detto circa la necessita'
di una riserva di legge espressa in materia di giurisdizione  e  alla
non  reviviscenza  di  norme  abrogate,  la  riconducibilita'   della
competenza della Corte dei conti a  conoscere  (anche)  dello  status
conseguente all'inserimento nell'elenco Istat  discende  direttamente
dagli art. 100, comma 2, e art.  103,  comma  2  della  Costituzione,
nonche' dall'art. 5, comma 1, della legge  costituzionale  20  aprile
2012, n. 1 (riguardante le verifiche, preventive e consuntive,  sugli
andamenti di finanza pubblica). 
    Al  riguardo,  vale  la  pena   di   ricordare   che   la   legge
costituzionale introduttiva del principio del  pareggio  di  bilancio
nella   Carta   costituzionale,   e'   stata   emanata   proprio   in
considerazione dei patti e dei trattati elaborati in seno  all'Unione
europea, a cui  l'Italia  ha  sempre  aderito  sin  dalla  loro  fase
genetica. In tal senso, la riforma costituzionale del 2012 ha  inteso
dare esplicita applicazione alla riforma del «Patto di  stabilita'  e
crescita» di cui si  stava  in  quel  momento  discutendo  in  ambito
europeo e che, il 2 marzo 2012,  porto'  alla  formale  adozione  del
«Trattato sulla stabilita', coordinamento  e  governance  nell'unione
economica e monetaria «(conosciuto come fiscal compact, letteralmente
«patto di bilancio»). 
    Le verifiche sui saldi  di  bilancio,  attualmente  svolte  dalla
Corte dei conti attraverso  il  conto  consolidato  del  bilancio  in
virtu' delle competenze riconosciute dagli articoli 100 e  103  della
Costituzione,  assolvono  anche  alla  funzione  di  verifica   degli
equilibri europei e, prima ancora che dei saldi finali  di  bilancio,
riguardano la corretta perimetrazione soggettiva di tale  conto  che,
giova ribadirlo, in virtu' del rinvio operato dalla legge n. 196/2009
coincide con l'elenco elaborato dall'ISTAT sulla base dei piu'  volte
ricordati regolamento (UE) n. 549/2013 e Manual on Government Deficit
and Debt. 
    Invero,  allo  stato  attuale,   e'   assolutamente   impossibile
procedere ad una scissione di valutazioni circa l'attribuzione  dello
status  organismo  appartenente  all'elenco   delle   amministrazioni
pubbliche, rilevante ai  fini  del  conto  consolidato  del  bilancio
nazionale  ed  effetti  relativi  all'applicazione  delle  norme  sul
contenimento della finanza  pubblica,  in  quanto,  per  effetto  del
rinvio  operato  dalla  legge  n.  196/2009   agli   elenchi   Istat,
dall'inclusione  nell'elenco  pubblicato  nella  Gazzetta   Ufficiale
discende   automaticamente    l'assoggettamento    alla    disciplina
vincolistica recata dalla normativa finanziaria. 
    Diversamente ragionando, si dovrebbe ammettere (come  sembrerebbe
aver fatto la citata Corte  di  cassazione)  la  coesistenza  di  una
giurisdizione  speciale  ed  esclusiva  in  materia  di  contabilita'
pubblica assegnata  alla  Corte  dei  conti  e  al  contempo  di  una
giurisdizione concorrente, anch'essa speciale, di tipo generale e che
diventa principale  e  temporalmente  antecedente,  ed  eventualmente
assorbente sulla base di parametri di giudizio che  (prescindendo  da
ogni valutazione tecnica circa l'affidabilita'  e  regolarita'  degli
schemi di bilancio adottati e dei saldi di finanza pubblica  in  essi
rappresentati)   sono   incentrati   sui   vizi   tipici    dell'atto
amministrativo riconducibili alla incompetenza, all'eccesso di potere
ed alla violazione di legge. 
7.   Illegittimita'   costituzionale    dell'art.    23-quater    del
decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con  gli  articoli  24,  101,
104, 111 e 113 della Costituzione. Nel proprio ricorso  introduttivo,
e poi nella discussione orale, la ricorrente ha esposto una questione
di legittimita' costituzionale  che,  sia  pure  in  una  prospettiva
diversa da quella sin qui esposta,  va  ritenuta  non  manifestamente
infondata ed anch'essa rilevante ai fini della decisione. 
    Sotto un  primo  profilo,  anche  a  seguito  dell'impatto  della
decisione della CGUE del 13 luglio 2023, la norma contenuta nell'art.
23-quater  del  decreto-legge  n.  137/2020  che  ha  confermato   la
giurisdizione della Corte dei conti in materia di elenchi  Istat  «ai
soli   fini   dell'applicazione   della   normativa   nazionale   sul
contenimento   della   spesa   pubblica»,   viene    in    contrasto,
principalmente, con gli articoli 24,111 e 113 della Costituzione. 
    Invero, le limitazioni alla  tutela  giurisdizionale  che  l'art.
23-quater del  decreto-legge  n.  137/2020  determina  comportano  la
violazione dei parametri di cui agli articoli 24,  111  e  113  della
Costituzione poiche', da un lato, comprimono le  utilita'  ottenibili
attraverso la  tutela  giurisdizionale  in  relazione  all'inclusione
nell'elenco Istat e, dall'altro lato, escludono la tutela costitutiva
garantita dall'art. 113 della Costituzione. 
    Infatti, l'attivita' di ricognizione delle  unita'  istituzionali
facenti  capo  al  settore  S.13  si  basa  su  profili   di   natura
eminentemente contabile, mentre  le  categorie  giuridiche  hanno  un
ruolo del tutto marginale (se non addirittura nullo) nel processo  di
catalogazione. 
    Cio', in quanto le caratteristiche  del  rapporto  negoziale  che
lega l'unita' istituzionale ad altra unita' istituzionale  rientrante
nel settore S.13 (e, quindi,  alla  pubblica  amministrazione)  hanno
rilievo solo in  quanto  a  loro  volta  possono  essere  considerati
indicatori della riconducibilita', sul piano contabile,  della  prima
al medesimo settore della seconda. Ora, se questo e' l'oggetto  della
verifica che Istat deve compiere (e non vi e' dubbio che sia  questo)
e'  evidente  che  la  relativa  attivita'  sia   del   tutto   priva
dell'elemento della discrezionalita'  (per  l'appunto,  attivita'  di
mera   ricognizione,   di   natura   squisitamente   tecnica),    che
tradizionalmente identifica e delimita l'ambito  della  giurisdizione
amministrativa  sia  rispetto  alla  giurisdizione   ordinaria,   sia
rispetto alla giurisdizione contabile. 
    E' forte il richiamo, da tenere  ben  presente,  al  terzo  comma
dell'art. 113  della  Costituzione  che  detta  un  principio  spesso
trascurato, ma assolutamente cogente: spetta al legislatore  indicare
se e a quale giudice competa il  potere  di  conoscere  della  tutela
costitutiva  rispetto  agli  atti  della  pubblica   amministrazione,
attraverso l'annullamento. 
    Sotto  altro  profilo,  va  altresi'  censurato  il  primo  comma
dell'art. 23-quater che si pone  chiaramente  in  contrasto  con  gli
articoli 24, 101,104 e 111 della Costituzione poiche' il legislatore,
cosi'  facendo,  ha   sostituito   la   propria   valutazione   sulla
riconducibilita'  degli  enti   inclusi   nell'elenco   allegato   al
decreto-legge tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi
di  finanza  pubblica   del   conto   economico   consolidato   delle
amministrazioni pubbliche a quella espressa dalla Corte dei conti con
sentenze  passate   in   giudicato   determinando,   per   l'effetto,
un'inammissibile    interferenza    nell'autonomia     del     potere
giurisdizionale. 
8.   Illegittimita'   costituzionale    dell'art.    23-quater    del
decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con  gli  articoli  76  e  77
della Costituzione. 
    Infine, si evidenzia il contrasto della norma novellata  con  gli
articoli 76 e 77, commi 2 e 3, secondo  periodo,  della  Costituzione
per  l'eterogeneita'  del  suo  contenuto  rispetto  al  decreto   da
convertire. 
    Sul punto, vale la pena di ricordare che la modifica dell'art. 11
del Codice giustizia contabile, infatti, e' stata veicolata dall'art.
23-quater  del  decreto-legge  28  ottobre  2020,  n.  137,   recante
«ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno
ai  lavoratori  e  alle  imprese,  giustizia  e  sicurezza,  connesse
all'emergenza  epidemiologica   da   COVID-19»,   reiterativo   della
disciplina  dettata  dall'art.  5,  comma  2,  del  decreto-legge  23
novembre 2020,  n.  154/2020,  recante  «Misure  finanziarie  urgenti
connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» abrogata dall'art.
1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione, con
modifiche, del citato decreto-legge n. 137/2020. 
    Nel ricordare che «ai sensi del secondo comma dell'art. 77  della
Costituzione,  i  presupposti  per  l'esercizio  senza  delega  della
potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge
nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per
la materia o per  lo  scopo»  (in  tal  senso,  ex  multis,  sentenza
costituzionale  n.  22/2012),  in  questa  sede  vale  la   pena   di
evidenziare che sia  la  prima  stesura  della  norma  contenuta  nel
decreto-legge n. 154/2020 e sia la medesima  versione  riproposta  in
sede di conversione del decreto-legge n. 137/2020 avevano un evidente
e chiaro intento di limitare la giurisdizione della Corte  dei  conti
ma senza, peraltro,  avere  un  qualsivoglia  nesso  con  l'emergenza
determinata dalla pandemia scaturita dalla diffusione del COVID-19. 
    Cosi' facendo,  in  sede  di  conversione  del  decreto-legge  n.
137/2020 si  e'  proceduto  con  l'inserimento  di  norme  eterogenee
all'oggetto o alla finalita' del decreto Covid, spezzando  il  legame
logico-giuridico tra la valutazione fatta  dal  Governo  dell'urgenza
del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di  legge,  di
cui alla norma costituzionale citata. 
    In tal modo,  oltre  a  violare  i  parametri  di  buona  tecnica
legislativa individuati dall'art. 15, comma 3, della legge 23  agosto
1988, n. 400, secondo cui  «i  decreti  devono  contenere  misure  di
immediata applicazione e il loro  contenuto  deve  essere  specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo»,  si  e'  proceduto  ad  un  uso
improprio  e  non  consentito  del  particolare  potere,  di   natura
eccezionale, attribuito dalla Costituzione al Governo. 
    Infatti, come evidenziato  nella  sentenza n. 22/2012  cit.,  «il
presupposto del "caso" straordinario di necessita' e urgenza inerisce
sempre e soltanto al provvedimento inteso  come  un  tutto  unitario,
atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato  e
differenziato al  suo  interno.  La  scomposizione  atomistica  della
condizione di validita' prescritta  dalla  Costituzione  si  pone  in
contrasto con il necessario legame tra il  provvedimento  legislativo
urgente ed il "caso" che  lo  ha  reso  necessario,  trasformando  il
decreto-legge in una congerie di norme assemblate  soltanto  da  mera
casualita' temporale». 
    Ne consegue,  quindi,  un  ulteriore  profilo  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater  del  decreto-legge  n.  137/2020,
attinente alla fase genetica del procedimento formativo  della  legge
di   conversione   di   un   decreto-legge   emanato   nel   contesto
dell'emergenza pandemica e che nulla ha a che vedere con l'entrata  a
regime di una norma limitativa della competenza della Corte dei conti
a conosce dell'esatta delimitazione soggettiva  del  conto  economico
consolidato  del  bilancio  come  prescritto  dalle   cogenti   norme
euro-unitarie piu' volte innanzi ricordate. 
    9. Alla luce di tutto quanto  sin  qui  esposto  e  motivato,  va
pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai  sensi  dell'art.  134
della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio
1948, n. 1, e dell'art. 23, della legge 11  marzo  1953,  n.  87,  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  23-quater  del
decreto-legge 28 ottobre  2020,  n.  137  (inserito  dalla  legge  di
conversione 18 dicembre 2020, n. 176). 

 
                                P.Q.M. 
 
    La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale  in
speciale composizione, non definitivamente pronunciando  sul  ricorso
in epigrafe: 
        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione  agli  articoli  3,  25,  102,  103,  108   e   111   della
Costituzione,  nonche'  dell'art.  5,  comma  1,  lettera  a),  legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020,
n. 137 (inserito dalla legge di  conversione  18  dicembre  2020,  n.
176); 
        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli articoli 24, 101, 104, 111 e 113  della  Costituzione,
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  del  medesimo   art.
23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137; 
        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli articoli 76 e 77 della Costituzione, la  questione  di
legittimita' costituzionale del sopramenzionato  art.  23-quater  del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137; 
        dispone la sospensione del  presente  giudizio  e  ordina  la
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che a cura della  Segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei  deputati.  Riserva  alla  decisione  definitiva  ogni  ulteriore
statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese. 
        Cosi' deciso  in  Roma,  nella  Camera  di  consiglio  del  4
dicembre 2024. 
 
                       Il Presidente: Coppola 
 
                                                L'estensore: Randolfi