Reg. ord. n. 71 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17
Ordinanza del Corte dei conti del 21/03/2025
Tra: Invimit spa
Oggetto:
Bilancio e contabilità pubblica – Finanza pubblica - Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unità, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 – Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica – Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: “operata dall'ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica” – Denunciata disciplina che illegittimamente limita la cognizione riservata alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT, in spregio ai principi costituzionali e comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici – Novella legislativa che priva i soggetti indicati negli elenchi ISTAT della tutela giurisdizionale, cosiddetta costitutiva, basata sul ricorso alla Corte dei conti in sezioni riunite – Contrasto con la legge costituzionale n. 1 del 2012 che disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, tra l’altro, le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica – Lesione delle garanzie costituzionali poste a presidio dell’indipendenza della magistratura speciale – Violazione del principio di ragionevolezza – Disciplina che, da un lato, comprime le utilità ottenibili attraverso la tutela giurisdizionale, in relazione all’inclusione nell’Elenco ISTAT e dall’altro lato, esclude la tutela costitutiva – Legislatore che ha sostituito la propria valutazione, sulla riconducibilità degli enti inclusi nell’elenco allegato al decreto-legge n. 137 del 2020 tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, a quella espressa dalla Corte dei conti con sentenze passate in giudicato – Interferenza nell’autonomia del potere giurisdizionale – Inserimento, in fase di conversione, di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alla finalità del decreto-legge emanato nel contesto dell’emergenza pandemica – Mancanza del necessario nesso logico giuridico tra decreto-legge e legge di conversione.
Norme impugnate:
decreto-legge
del 28/10/2020
Num. 137
Art. 23
legge
del 18/12/2020
Num. 176
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 24
Co.
Costituzione
Art. 25
Co.
Costituzione
Art. 76
Co.
Costituzione
Art. 77
Co.
Costituzione
Art. 101
Co.
Costituzione
Art. 102
Co.
Costituzione
Art. 103
Co.
Costituzione
Art. 104
Co.
Costituzione
Art. 108
Co.
Costituzione
Art. 111
Co.
Costituzione
Art. 113
Co.
legge costituzionale
Art. 5
Co. 1
Testo dell'ordinanza
N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 marzo 2025
Ordinanza del 21 marzo 2025 della Corte dei conti, Sezioni riunite in
sede giurisdizionale in speciale composizione, sul ricorso proposto
da Invimit Spa contro Istituto nazionale di statistica - Istat e
Ministero dell'economia e delle finanze.
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica - Enti indicati
nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come
convertito, concorrenti, in quanto unita', alla determinazione dei
saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema
europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC
2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 21 maggio 2013 - Previsione che a tali enti si
applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei
bilanci e sostenibilita' del debito delle amministrazioni
pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge
n. 243 del 2012, nonche' quelle in materia di obblighi di
comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di
finanza pubblica - Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b),
del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al
decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: "operata
dall'ISTAT" sono aggiunte le seguenti: "ai soli fini
dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della
spesa pubblica".
- Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in
materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle
imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 23-quater.
(GU n. 17 del 23-04-2025)
LA CORTE DEI CONTI
Sezioni riunite in sede giurisdizionale
in speciale composizione
Composta dai signori magistrati:
Giovanni Coppola - Presidente;
Gaetano Berretta - consigliere relatore;
Nicola Ruggiero - consigliere;
Maria Cristina Razzano - consigliere;
Francesco Sucameli - consigliere;
Giovanni Guida - consigliere;
Marco Randolfi - consigliere estensore;
ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
841/SR/RIS del registro di segreteria, proposto, ai sensi dell'art.
11, comma 6, lettera b, e 123 ss. del decreto legislativo n. 174 del
2016, dalla societa' «Investimenti Immobiliari Italiani - Invimit -
SGR S.p.a.», in persona dell'amministratore delegato e legale
rappresentante pro tempore, dott.ssa Giovanna Della Posta,
rappresentata e difesa, come da mandato in calce al ricorso, dagli
avv.ti Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Jacopo Polinari,
elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma - corso
Vittorio Emanuele II, n. 284 - indirizzo pec
damianolipani@pec.lipani.it
contro l'Istituto nazionale di statistica - Istat, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede
istituzionale in Roma - via dei Portoghesi, n. 12 - e' domiciliato,
nonche' nei confronti:
della Procura generale della Corte dei conti;
del Ministero dell'economia e delle finanze, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede
istituzionale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, e'
domiciliato;
per l'accertamento, previa sospensione degli effetti
dell'iscrizione, dell'insussistenza dei presupposti di fatto e di
diritto per la qualificazione della societa' nel Settore S.13,
pubbliche amministrazioni, del Sistema europeo dei conti SEC.2010 e,
conseguentemente, per l'inclusione della societa' nell'elenco delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato
individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196 e successive modificazioni ed integrazioni, elaborato e
annualmente aggiornato dall'Istat, e per il conseguente annullamento
in parte qua dell'elenco da ultimo aggiornato per il 2024, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale -
n. 225 del 26 settembre 2023, nonche' - ove occorrer possa - per il
2023 pubblicato nella Serie generale n. 229 del 30 settembre 2022 e
per il 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana - Serie generale - n. 234 del 30 settembre 2021, nonche' per
l'annullamento degli ulteriori elenchi medio tempore pubblicati;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Uditi nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2024 il
relatore, Cons. Gaetano Beretta, i difensori di parte ricorrente, in
persona dell'avv. Jacopo Polinari, l'avv. dello Stato Pietro Garofoli
per l'Istat e il pubblico ministero, nella persona del vice
Procuratore generale Luigi D'Angelo, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie
generale - n. 225 del 26 settembre 2023, e' stato pubblicato l'elenco
delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni ed integrazioni,
elaborato e annualmente aggiornato da Istat, contenente anche per
l'anno 2024 Invimit SGR S.p.a.
2. Invimit e' una societa' di gestione del risparmio (autorizzata
a fornire il servizio di gestione collettiva del risparmio con
provvedimento di Banca d'Italia dell'8 ottobre 2013 ed e' iscritta al
n. 305 dell'albo delle SGR) di «diritto singolare» costituita ai
sensi dell'art. 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, il cui
atto costitutivo e' riconducibile al decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze (di seguito anche solo «MEF») del 19
marzo 2013.
Come indicato nel ricorso introduttivo, lo status di «societa' in
controllo pubblico» e' pacifico sulla base di plurime circostanze.
Infatti, la societa' e' partecipata interamente dal MEF, che ne e'
socio unico; tanto la legge istitutiva, quanto lo statuto sociale non
consentono la circolazione delle azioni (salva la possibilita' -
normativamente prevista, ma allo stato inattuata - di trasferirle a
titolo gratuito all'Agenzia del demanio); la societa' e' soggetta al
controllo della Corte dei conti ai sensi del decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 7 gennaio 2014, n. 74196 e trova la sua
disciplina - salve le deroghe ivi previste - nel decreto legislativo
n. 175 del 2016, recante «Testo unico in materia di societa' a
partecipazione pubblica».
Peraltro, nonostante il controllo pubblico, la societa' afferma
di non essere un organismo in house; di non essere soggetta a
direzione e coordinamento da parte del MEF (escluso ex lege) e di non
appartenere ad un gruppo societario. Cio' in quanto la societa'
avrebbe come compito istituzionale quello di operare - come peraltro
indicato nel sito istituzionale della societa' - in ottica e con
logiche di mercato al fine di cogliere le opportunita' derivanti dal
processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico
attraverso la istituzione, organizzazione e gestione di fondi di
investimento alternativi (FIA) immobiliari, secondo quanto previsto
dagli articoli 33, 33-bis e 33-ter della legge istitutiva.
Invero, Invimit non sarebbe in alcun modo distinguibile da ogni
altra SGR che opera sul mercato, non avendo avuto precipui vincoli
dal legislatore, operando sul mercato svolgendo la sua attivita'
commerciale di prestazione del servizio di gestione collettiva del
risparmio ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
A titolo esemplificativo della propria attivita' di mercato,
astrattamente replicabile, il ricorso introduttivo, tra gli altri
motivi, riporta il collocamento sul mercato (degli investitori
privati) di tutte le quote del comparto «Convivio» del Fondo i3
Dante, fondo di investimento alternativo immobiliare multi-comparto
riservato di tipo chiuso.
Dopo ampia esposizione delle caratteristiche di mercato nel quale
la societa' si trova ad operare ed una succinta esposizione dei
propri precedenti ricorsi, evidenziando che, con ordinanza delle
Sezioni riunite n. 10/2021/RIS del 3 agosto 2021, era stato sospeso
il giudizio nell'attesa della decisione della Corte di giustizia
della Comunita' europea, investita - con le note ordinanze n. 5/2021
e 6/2021 - della questione pregiudiziale relativa alla compatibilita'
dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 (per l'anno 2022 e
2023 l'Istat aveva espressamente dato conto della citata sospensione,
motivo per cui la societa' avrebbe ritenuto di non avere interesse
nella proposizione di autonomo ricorso anche per quegli anni), la
societa' procede ad esporre i propri motivi di ricorso.
Con primo motivo di ricorso, Invimit ha eccepito: «violazione,
falsa applicazione del regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento
europeo e del Consiglio dell'unione europea; violazione, falsa
applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 2009,
n. 196; violazione, falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7
agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di istruttoria;
difetto di motivazione; difetto di presupposti; illogicita' e
irragionevolezza; travisamento». In base a tale motivo di ricorso, in
estrema sintesi, la ricorrente riterrebbe di appartenere non gia'
alle «amministrazioni pubbliche» (S.13), dovendosi invece al piu'
inquadrare tra gli «ausiliari finanziari» (S.126) dediti alla
produzione di beni e servizi destinabili alla vendita. Con altro
motivo di ricorso, Invimit, ricostruendo l'impatto della decisione
della CGUE del 13 luglio 2023, ha proposto una questione di
legittimita' costituzionale relativamente all'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 che ha confermato la giurisdizione della
Corte dei conti in materia di elenchi Istat «ai soli fini
dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della
spesa pubblica», per contrasto, sotto un primo profilo, con gli
articoli 24,111 e 113 della Costituzione, nonche', sotto altro
profilo, con gli articoli 24,101,104 e 111 della Costituzione. Da
ultimo, viene formulata una istanza cautelare di sospensione per il
caso di auspicata rimessione della controversia alla Corte
costituzionale, articolando alcuni motivi a supporto del periculum in
mora e rinviando a quanto gia' esposto per quanto riguarda il fumus
boni juris.
2.1 A seguito di pubblicazione del nuovo elenco Istat per l'anno
2025, Invimit ha proposto ulteriore ricorso, valevole anche come
motivi aggiunti nel presente giudizio, eccependo:
a) nullita' degli elenchi impugnati per violazione e/o
elusione del giudicato cautelare emesso precedentemente dalle Sezioni
riunite;
b) violazione, falsa applicazione del regolamento (UE) n.
549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea;
violazione, falsa applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge
31 dicembre 2009, n. 196; violazione, falsa applicazione dell'art. 3
della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di
istruttoria; difetto di motivazione; difetto di presupposti;
illogicita' e irragionevolezza; travisamento;
c) anche a seguito della sentenza n. 30220 del 25 novembre
2024 pronunciata dalla Corte di cassazione a Sezioni unite, la
ricorrente ripropone, arricchendola, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n.137/2020.
3. Avverso tale ricorso si e' costituita l'Avvocatura generale
dello Stato per conto dell'Istat eccependo: in via preliminare, la
natura annuale dell'elenco impugnato e la conseguente
inammissibilita' del ricorso proposto per gli anni precedenti e
successivi a quello direttamente oggetto di impugnazione; in via
pregiudiziale, l'assenza di qualsivoglia vulnus di tutela e la
conseguente piena conformita' costituzionale della norma recata
dall'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020; nel merito,
l'infondatezza della richiesta attorea, chiedendone il rigetto.
4. Si e' costituita anche la Procura generale presso la Corte dei
conti che, in via pregiudiziale, chiede di sollevare la questione di
legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 e affrontando il merito della controversia,
chiede il rigetto integrale del ricorso.
In particolare, ad avviso della Procura, la pronuncia della Corte
di giustizia dell'Unione europea, sentenza n. 563/2023, depositata il
13 luglio 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione
europea C-321 dell'11 settembre 2023, con numero di documento
62021CA0363, nel rinviare al legislatore nazionale le modalita' di
tutela azionabili avverso l'inclusione nell'elenco Istat e al
conseguente assoggettamento alla disciplina euro unitaria conseguente
al regolamento n. 549/2013, lungi dal risolvere i problemi
applicativi connessi alla norma di cui all'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 ne abbia, in realta', confermato
l'attualita' e la non manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale.
5. All'udienza del 4 dicembre 2024, dopo l'esposizione del
relatore, interviene il difensore di Invimit, avv. Jacopo Polinari,
il quale effettua una lunga analisi della sentenza n. 30220 della
Cassazione ed evidenzia che, contrariamente a quanto affermato dalla
citata sentenza della Corte di cassazione, l'attivita' di
ricognizione effettuata da parte dell'Istat rappresenta il tipico
caso di attivita' vincolata e non discrezionale. Non esiste una
pluralita' di opzioni tra cui scegliere discrezionalmente da parte di
Istat, prosegue il legale, bensi' vi e' la mera ricognizione circa la
sussistenza di determinati criteri per attribuire o meno lo status
pubblico all'ente sottoposto a verifica. D'altro canto, diversamente
opinando, e dunque applicando le norme della legge n. 241/1990
all'attivita' dell'Istat, si andrebbe incontro alla sostanziale
paralisi della stessa attivita' ricognitiva poiche' l'Istat sarebbe
tenuto, per ciascuna annualita', a notificare l'apertura del
procedimento a ciascuno degli organismi gia' iscritti all'elenco
nonche' a tutti coloro potenzialmente passibili di iscrizione,
avviare successivamente l'istruttoria e dunque applicare tutte le
norme contenute nella citata legge sul procedimento amministrativo,
rendendo di fatto quasi impossibile la redazione stessa dell'elenco.
Proseguendo nelle sue difese, viene evidenziato che il secondo vulnus
del ragionamento delle Sezioni unite, riguarderebbe l'approccio delle
medesime al tema del riparto di giurisdizione per blocchi di materie,
approccio che secondo Invimit risalirebbe agli anni '80, tanto e'
vero che, si afferma, le sentenze della Corte costituzionale
richiamate dalle Sezioni unite sono tutte precedenti alla sentenza n.
204 del 2004 che ha superato il riparto di giurisdizione per blocchi
di materie. Quest'ultima sentenza, afferma l'avvocato, contiene un
principio giuridico molto importante e molto chiaro: il riparto di
giurisdizione e' stabilito in Costituzione, il legislatore puo'
intervenire derogando all'assetto costituzionale soltanto in casi
particolari ove le ragioni di concentrazione della tutela prevalgano
e pertanto si ritenga opportuno unire due domande innanzi allo stesso
giudice anziche' scinderle e proporle dinanzi a due diverse Corti. Il
caso in esame, osserva il difensore, apparterrebbe proprio a questa
categoria e le ragioni di concentrazione ed effettivita' della tutela
imporrebbero, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte di
cassazione, di unificare la giurisdizione innanzi ad un solo giudice,
nel caso specifico la Corte dei conti. L'art. 103, 2° comma, della
Costituzione assegna infatti alla Corte dei conti una giurisdizione
generale di legittimita', afferma il legale. Diverse sentenze delle
Corte costituzionale - da ultimo la sentenza n. 46 del 1996 -
stabiliscono al riguardo che il legislatore non puo' attribuire la
giurisdizione di alcuni settori della contabilita' pubblica ad altro
giudice che non sia quello contabile, appunto, bensi' puo' stabilire
discrezionalmente, ovvero esercitando le proprie funzioni attraverso
scelte politiche, quali siano le materie di contabilita' pubblica. Da
tale scelta deriva poi l'attribuzione della giurisdizione. Sottolinea
il legale che vi sono diversi esempi di materie, prevalentemente
attinenti alla responsabilita' per danno erariale, che il legislatore
ha di fatto sottratto alla giurisdizione della Corte dei conti
qualificandole come non appartenenti alla materia della contabilita'
pubblica. Al contrario, nel caso in esame, non e' mai stato in
discussione, anzi e' stato positivamente affermato, che gli elenchi
Istat di cui e' causa appartengano alla materia della contabilita'
pubblica. Pertanto, affermare la giurisdizione del giudice
amministrativo in tale materia costituirebbe, a detta del legale, una
contraddizione con l'art. 103, 2° comma, e 113 della Costituzione.
Infine, l'avvocato di parte ricorrente sottolinea che l'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020 e' una norma che non ha
alcuna valenza sistemica, non aveva lo scopo di restituire la
giurisdizione al giudice amministrativo, bensi' nasceva con uno scopo
molto puntuale, di carattere contabile.
5.1 Viene quindi data la parola all'Avvocato dello Stato che, per
conto dell'Istat, nel chiedere il rigetto del ricorso, evidenzia che
l'interesse sotteso ai ricorsi presentati dagli odierni ricorrenti
sia rivolto non tanto a verificare l'efficacia e la veridicita'
dell'attivita' statistica effettuata dall'Istat, quanto piuttosto a
non vedersi applicate le norme sul contenimento della spesa pubblica
che il legislatore ha ritenuto di ancorare all'iscrizione al suddetto
elenco. Il legislatore ha mantenuto la giurisdizione
sull'applicazione delle norme di contabilita' pubblica in capo alla
Corte dei conti, lasciando invece al giudice amministrativo la
giurisdizione per quel che riguarda la validita' dell'atto in se',
che resta di natura amministrativa. Le Sezioni unite, prosegue il
legale, nella sentenza in discussione non ritengono irragionevole la
divisione della giurisdizione poiche' l'iscrizione nell'elenco ha
ricadute dirette sulla nozione anche euro-unitaria di pubblica
amministrazione e di soggettivita' pubblica. Dal momento che il
giudice della pubblica amministrazione e' il Tribunale amministrativo
regionale, non e' irragionevole, prosegue l'avvocato ripercorrendo le
motivazioni delle Sezioni unite, riconoscere la giurisdizione
sull'iscrizione nell'elenco Istat al giudice amministrativo,
lasciando invece alla Corte dei conti, giudice dei conti pubblici, la
giurisdizione in materia di applicazione delle norme di contabilita'
pubblica.
5.2 Interviene anche la Procura generale che pone in luce un
primo profilo di irragionevolezza ascrivibile alle argomentazioni
della piu' volte citata sentenza delle Sezioni unite n. 30220/2024
consistenti nell'impostare i due giudizi, quello contabile e quello
amministrativo, autonomi e non comunicanti. Secondo le SSUU il
giudice amministrativo avrebbe giurisdizione sul SEC2010, quindi
sulla disciplina euro-unitaria, mentre la Corte dei conti avrebbe la
giurisdizione sull'applicazione della normativa interna circa il
contenimento della spesa pubblica. Vengono citati anche casi in cui
l'ordinamento riconosce una definizione cangiante e mutevole di
pubblica amministrazione, tale per cui una societa' privata puo'
essere qualificata come pubblica amministrazione sotto certi profili,
mantenendo la natura di soggetto privato. Tale distinzione, pero',
nel caso di specie, puo' essere valida da un punto di vista teorico,
ma da un punto di vista pratico i due giudizi sono e sarebbero
interconnessi e pienamente comunicanti. Cio' in quanto l'applicazione
delle norme interne sul contenimento della spesa pubblica, come e'
stato ricordato, e' ancorata alla iscrizione all'elenco Istat e
quindi alla qualificazione dell'ente come pubblica amministrazione.
Pertanto, da un punto di vista processuale, la distinzione fra i due
giudizi risulta impossibile da applicare in concreto. Il procuratore
propone alcuni esempi concreti, ad esempio ipotizzando lo scenario di
un doppio ricorso promosso da un ente iscritto all'elenco: a fronte
di un giudizio incardinato dinanzi al giudice amministrativo, il
procuratore ritiene che il secondo giudizio, incardinato nell'ipotesi
dinanzi alla Corte dei conti, andrebbe sospeso ex art. 295 codice di
procedura civile o 116 codice civile poiche' vi sarebbe una causa
pregiudiziale volta ad accertare correttezza della qualificazione
pubblica che e' alla base dell'applicazione delle norme interne di
contenimento della spesa. Ancora, se in pendenza del giudizio innanzi
alla Corte dei conti intervenisse un giudicato del Tribunale
amministrativo regionale riguardo l'iscrizione all'elenco Istat, il
giudizio dinanzi alla Corte dei conti dovrebbe essere dichiarato
cessato per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, con
il conseguente ed ovvio dispendio inutile di tempo, mezzi ed energie.
Ancora, prosegue la Procura, ipotizzando il caso in cui il Tribunale
amministrativo regionale accogliesse il ricorso, la Corte dei conti
non potrebbe che accogliere a propria volta il ricorso e disapplicare
la normativa interna, venendo a mancare l'aggancio per l'attribuzione
degli oneri e degli adempimenti di spending review. Considerato
quanto esposto, il procuratore auspica che una pronuncia della Corte
costituzionale possa dirimere i dubbi e fare chiarezza sui profili
menzionati. Quanto alle conclusioni, la Procura si riporta agli atti.
5.3 In conclusione, in una breve replica, il difensore di
Invimit, tiene a sottolineare che il giudice della pubblica
amministrazione non sempre e' il Tribunale amministrativo regionale.
Nonostante le Sezioni unite sembrino affermare proprio questo, in
realta' da ultimo la gia' citata sentenza n. 204 del 2004 della Corte
costituzionale statuisce in modo molto chiaro che il giudice
amministrativo e' giudice di quella situazione giuridica soggettiva
denominata interesse legittimo. Circa la tutela cautelare e la
ultrattivita' della ordinanza cautelare, si precisa che il concetto
ruota attorno alla definizione dello status; pertanto, se
l'inclusione nell'elenco accerta uno status e tale status viene
invece negato dal giudice, anche solo sospendendone l'accertamento in
via cautelare, la parte ricorrente ritiene contrario all'art. 24
della Costituzione - che punta ad assicurare una effettiva tutela dei
diritti - che si debba ogni anno effettuare ricorso autonomo, per
ottenere la pronuncia di accertamento di tale status di anno in anno.
Anche in ragione di cio', secondo la difesa di Invimit, stante la
vigenza dell'ordinanza cautelare emessa nel 2021, non vi sarebbe
stata nemmeno la necessita' di impugnare gli elenchi medio tempore
pubblicati. E' stata una scelta della difesa in ottica puramente
cautelativa.
Diritto
6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 3, 25, 102,
103, 108 e 111 della Costituzione, nonche' dell'art. 5, comma 1,
lettera a), legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.
6.1 In sede di conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.
137, recante «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della
salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza,
connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», e' stato inserito
l'art. 23-quater disciplinante «Unita' ulteriori che concorrono alla
determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico
consolidato delle amministrazioni pubbliche».
In base a tale articolo, nel primo comma viene previsto che «agli
enti indicati nell'elenco 1 annesso al presente decreto, in quanto
unita' che, secondo criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti
nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al
regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 21 maggio 2013, concorrono alla determinazione dei saldi di
finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche, si applicano in ogni caso le disposizioni
in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilita' del debito
delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli
articoli 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonche' quelle
in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni
rilevanti in materia di finanza pubblica».
Particolarmente rilevante, ai fini della decisione del giudizio
promosso da Invimit, e' il secondo comma di detto articolo in base al
quale «all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia
contabile, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto
2016, n. 174, dopo le parole: "operata dall'ISTAT" sono aggiunte le
seguenti: ", ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale
sul contenimento della spesa pubblica"».
La novella del 2020 pone una chiara limitazione della
giurisdizione in materia di elenchi Istat, espressamente attribuita
alla Corte dei conti dal legislatore in un primo momento con l'art.
1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e,
successivamente, con l'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della
giustizia contabile di cui al decreto legislativo n. 174/2016.
Con tale norma del 2012 e' stato previsto che «avverso gli atti
di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente
dall'Istat ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196, e' ammesso ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei
conti, in speciale composizione, ai sensi dell'art. 103, secondo
comma, della Costituzione» e, per l'effetto, e' stata abrogata la
precedente competenza giurisdizionale dei Tribunale amministrativo
regionale e del Consiglio di Stato in materia.
Sulla esatta portata della norma del 2020 e sui suoi eventuali
effetti, rinviando a quanto si dira' nei punti che seguono circa la
non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale, appare a questo giudice chiara la rilevanza
dell'ipotizzato sindacato di costituzionalita' all'ill.mo Giudice
delle leggi, posto che il ricorso in discussione e' stato proposto da
Invimit espressamente ai fini dell'annullamento della sua iscrizione
nell'elenco Istat delle unita' istituzionali appartenenti al settore
delle amministrazioni pubbliche. E' quindi evidente che, al fine di
rispondere alla domanda di giustizia avanzata dal ricorrente, debbano
essere conosciute le esatte implicazioni connesse alla novellata
formulazione dell'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della
giustizia contabile di cui al decreto legislativo n. 174/2016.
6.2 Il disegno del legislatore del 2012 era sufficientemente
chiaro, nel senso di voler attribuire una cognizione piena alla Corte
dei conti di una materia che presenta risvolti plurimi, non solo di
rilievo ai fini del contenimento della finanza pubblica, ma anche e
prima ancora di fondamentale importanza per determinare il perimetro
di riferimento del conto economico consolidato dello Stato, rilevante
ai fini della determinazione dei saldi di finanza pubblica e ai fini
della corretta applicazione del regolamento UE 549/2013 che
istituisce il Sistema europeo dei conti 2010 (c.d. «SEC 2010» che
rappresenta il sistema dell'Unione europea compatibile a livello
internazionale delle norme contabili che possono essere utilizzate
per fornire una descrizione sistematica e dettagliata di
un'economia).
In tal senso, la tutela «costitutiva» rivendicata dai ricorrenti
per decidere del loro status di soggetti appartenenti alle unita'
istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni
pubbliche, non richiede solo e soltanto valutazioni di tipo
amministrativo e procedimentale, ma richiede anche e soprattutto una
valutazione di tipo giuscontabile. Non a caso il legislatore del
2012, nell'escludere l'attribuzione della giurisdizione sulla materia
fino ad allora riconosciuta ai Tribunali amministrativi regionali, ha
inteso attribuirla alla Corte dei conti ai sensi dell'art. 103 della
Costituzione (richiamato espressamente nella norma).
Cio' in quanto la valutazione relativa ai soggetti appartenenti
al settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche, ancorche'
non necessariamente coincidente con la qualifica di pubblica
amministrazione e con la correlata attribuzione di pubblici poteri,
puo' riguardare soggetti che assumono un rilievo «pubblicistico» nel
sistema europeo dei conti in funzione della natura delle fonti di
finanziamento, venendo in rilievo la loro eventuale dipendenza dalle
pubbliche finanze oppure la loro autonoma capacita' di vivere ed
operare nel libero mercato.
In tale prospettiva, la legge italiana di contabilita' n.
196/2009 ha espressamente attribuito rilievo all'elenco predisposto
annualmente dall'Istat, sulla base di criteri statistico-economici e
a seguito di continui confronti con le autorita' statistiche europee,
in applicazione del Sistema europeo dei conti (regolamento UE) del
Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013, SEC 2010) e della
guida metodologica ed operativa fornita dal Manual on Government
Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010 (MGDD).
Dispone infatti l'art. 1, comma 2, della citata legge n. 196/2009
che «gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco
oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)
in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonche' a decorrere
dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal
predetto istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo
istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi
aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati
sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti
dell'Unione europea, le autorita' indipendenti e, comunque, le
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni».
La scelta di fornire applicazione ai regolamenti UE sulla base
del criterio del rinvio all'elenco Istat ha consentito al nostro
Paese di dare piena attuazione alle regole contabili e ai vincoli di
finanza pubblica approvati in sede europea: cio' sulla base di regole
eminentemente tecniche, in applicazione del su ricordato Sistema
europeo dei conti (regolamento n. 549/2013, SEC 2010) e del citato
Manual on Government Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010
(MGDD).
Tali parametri di valutazione, come anche rilevato dalla parte
ricorrente, sono vincolanti e non richiedono alcuna discrezionalita'
amministrativa implicando, al piu', una discrezionalita' di tipo
tecnico, che non lascia spazi a valutazioni tra plurime alternative,
ma fornisce una unica soluzione «obbligata» ed «imposta» dal rispetto
di regole scientifiche di natura statistico-economica.
In tal senso quindi, la limitazione della cognizione riservata
alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata dall'Istat «ai soli fini dell'applicazione della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica» appare
illegittima e nettamente contrastante con i principi costituzionali e
comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici.
In particolare, la novella verrebbe a privare i soggetti inclusi
negli elenchi Istat della tutela c.d. «costitutiva», vedendosi in
questa maniera attribuito uno status assegnato in applicazione del
regolamento UE n. 549/2013 e della relativa nota metodologica senza
poter attivare una valida tutela giurisdizionale.
Cio', in quanto la novella del 2020 non appare in alcun modo aver
voluto attribuire espressamente la tutela costitutiva ad altro organo
giurisdizionale.
6.3. A tale ultimo riguardo, vanno ricordate le chiarissime
affermazioni della sentenza costituzionale n. 7/2020, che richiama a
sua volta la sentenza n. 13 del 2012: «secondo la costante
giurisprudenza costituzionale, il fenomeno della reviviscenza di
norme abrogate "non opera in via generale e automatica e puo' essere
ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate"».
Nella stessa direzione, ha avuto modo di esprimersi nuovamente la
Corte costituzionale con la recente sentenza n. 185/2024 che ha
riconosciuto i limitati ambiti all'interno dei quali puo' operare la
reviviscenza di norme abrogate. Secondo la citata sentenza, «la
espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di legge abrogate e'
una tecnica normativa non consueta, ma in se' non illegittima nel
senso che il legislatore, in questo caso regionale, recepisce per
relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in
tal modo in nuove disposizioni. La reviviscenza sottolinea la
testuale identita' di vecchie e nuove disposizioni, ma che rimangono
comunque ben distinte». In tal modo, quindi, il Giudice delle leggi
ha avuto modo di riconoscere l'operativita' della reviviscenza di
norme di legge abrogate solamente qualora sia una nuova legge a
prevederla e, in ogni caso, senza possibilita' che tale espressa
reviviscenza possa operare retroattivamente.
Il principio della riserva di legge sull'ordinamento giudiziario,
al fine di garantire e riaffermare l'indipendenza della magistratura
da altri poteri dello Stato (in particolare da quello esecutivo) e
per tutelare sia i giudici ordinari sia quelli speciali, trova
nell'art. 108 della Costituzione la sua compiuta formulazione per cui
«le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono
stabilite con legge. La legge assicura l'indipendenza dei giudici
delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse,
e degli estranei che partecipano all'amministrazione della
giustizia».
6.4 Alla luce della riserva di legge espressamente richiesta
dalla Costituzione per delimitare le materie e garantire
l'indipendente esercizio delle funzioni di cui agli articoli 102 (per
la magistratura ordinaria) e 103 (per le magistrature speciali -
Consiglio di Stato e Corte dei conti), appare quanto mai singolare la
lettura fornita della Corte di cassazione con la propria sentenza n.
30220/2024.
Con la citata sentenza n. 30220, la Cassazione a Sezioni unite
ricostruisce i passi delle Sezioni riunite della Corte dei conti,
dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, le quali avevano
disapplicato l'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020, che
limita la giurisdizione della Corte «ai soli fini dell'applicazione
della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica».
Tale disapplicazione era stata motivata dalla affermata
incompatibilita' della norma con il diritto europeo, in particolare
con i principi di effettivita' ed equivalenza richiamati dalla CGUE
nella sentenza del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21).
Quest'ultima decisione era stata impugnata dal MEF e dall'Istat,
sull'asserita considerazione che la giurisdizione sulla legittimita'
dell'inclusione nell'elenco Istat spettasse al giudice
amministrativo, lasciando alla Corte dei conti il controllo sui soli
profili di contenimento della spesa pubblica.
Sull'effettiva possibilita' di separazione di tali profili di
tutela, va detto che anche la Corte di cassazione, nel suo articolato
ragionamento, mostra qualche contraddizione, facendo comunque
riferimento al consolidato principio di «autosufficienza del
ricorso», per cui non vi e' necessita' di procedere ad una
duplicazione di azioni avverso il medesimo fatto lesivo di posizioni
individuali, anche se non ritiene rilevante il non secondario rischio
di un contrasto di giudicati.
Un punto fondamentale affermato dalla Corte di cassazione attiene
poi alla qualificazione dell'atto impugnato: «occorre rilevare, in
via generale, che l'inclusione nell'elenco Istat ha natura
provvedimentale, cui si contrappone, in capo agli enti coinvolti, una
situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, ambito che,
in quanto tale, ai sensi dell'art. 7 c.p.a., e' riferibile alla
giurisdizione amministrativa» facendo riferimento alla circostanza
che: «anteriormente all'intervento operato con l'art. 1, comma 169,
legge n. 228 del 2012 (che ha previsto il ricorso alle Sezioni
riunite della Corte dei conti), il relativo contenzioso era
pacificamente instaurabile innanzi al giudice amministrativo» (par.
15), con la conseguenza che a fronte della «contrazione» dell'ambito
della giurisdizione contabile non vi sarebbe vuoto di tutela in
quanto «si deve ritenere che si sia, contestualmente, riespansa la
giurisdizione del giudice amministrativo» (par 15.3).
6.5 L'impostazione seguita dalla Cassazione citata non appare
convincente. Invero, prima del Giudice di legittimita', aveva avuto
modo di esprimersi la Corte di giustizia UE, nella pronuncia del 13
luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21), riaffermando i noti principi
per cui agli Stati membri e' riconosciuta una certa discrezionalita'
nell'organizzazione delle proprie competenze giurisdizionali, purche'
sia garantito che i diritti degli interessati trovino una tutela
adeguata, piena ed efficace, soprattutto in situazioni che incidano
su obblighi di bilancio pubblico (principio di effettivita'), e che
il sistema giurisdizionale fornisca agli interessati gli stessi
standard di tutela applicabili a situazioni analoghe di diritto
interno, evitando disparita' o trattamenti di sfavore (principio di
equivalenza).
Alla luce di tali principi enunciati dalla Corte di giustizia, la
Cassazione ha ritenuto di integrare, in via pretoria, il vuoto di
tutela lasciato dall'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 e,
ritornando alla situazione antecedente alla novella legislativa del
2012 che ha, nei fatti, abrogato la giurisdizione amministrativa in
materia, ha affermato che la norma del 2020 «nel circoscrivere la
giurisdizione della Corte dei conti ai profili di spending review,
non pregiudica tale diritto, poiche' il giudice amministrativo e'
chiamato a occuparsi di tutte le altre questioni legate alla
legittimita' degli atti amministrativi».
6.6 Come si e' anticipato, la posizione della Corte di cassazione
non appare convincente. Oltre a quanto gia' detto circa la necessita'
di una riserva di legge espressa in materia di giurisdizione e alla
non reviviscenza di norme abrogate, la riconducibilita' della
competenza della Corte dei conti a conoscere (anche) dello status
conseguente all'inserimento nell'elenco Istat discende direttamente
dagli art. 100, comma 2, e art. 103, comma 2 della Costituzione,
nonche' dall'art. 5, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile
2012, n. 1 (riguardante le verifiche, preventive e consuntive, sugli
andamenti di finanza pubblica).
Al riguardo, vale la pena di ricordare che la legge
costituzionale introduttiva del principio del pareggio di bilancio
nella Carta costituzionale, e' stata emanata proprio in
considerazione dei patti e dei trattati elaborati in seno all'Unione
europea, a cui l'Italia ha sempre aderito sin dalla loro fase
genetica. In tal senso, la riforma costituzionale del 2012 ha inteso
dare esplicita applicazione alla riforma del «Patto di stabilita' e
crescita» di cui si stava in quel momento discutendo in ambito
europeo e che, il 2 marzo 2012, porto' alla formale adozione del
«Trattato sulla stabilita', coordinamento e governance nell'unione
economica e monetaria «(conosciuto come fiscal compact, letteralmente
«patto di bilancio»).
Le verifiche sui saldi di bilancio, attualmente svolte dalla
Corte dei conti attraverso il conto consolidato del bilancio in
virtu' delle competenze riconosciute dagli articoli 100 e 103 della
Costituzione, assolvono anche alla funzione di verifica degli
equilibri europei e, prima ancora che dei saldi finali di bilancio,
riguardano la corretta perimetrazione soggettiva di tale conto che,
giova ribadirlo, in virtu' del rinvio operato dalla legge n. 196/2009
coincide con l'elenco elaborato dall'ISTAT sulla base dei piu' volte
ricordati regolamento (UE) n. 549/2013 e Manual on Government Deficit
and Debt.
Invero, allo stato attuale, e' assolutamente impossibile
procedere ad una scissione di valutazioni circa l'attribuzione dello
status organismo appartenente all'elenco delle amministrazioni
pubbliche, rilevante ai fini del conto consolidato del bilancio
nazionale ed effetti relativi all'applicazione delle norme sul
contenimento della finanza pubblica, in quanto, per effetto del
rinvio operato dalla legge n. 196/2009 agli elenchi Istat,
dall'inclusione nell'elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
discende automaticamente l'assoggettamento alla disciplina
vincolistica recata dalla normativa finanziaria.
Diversamente ragionando, si dovrebbe ammettere (come sembrerebbe
aver fatto la citata Corte di cassazione) la coesistenza di una
giurisdizione speciale ed esclusiva in materia di contabilita'
pubblica assegnata alla Corte dei conti e al contempo di una
giurisdizione concorrente, anch'essa speciale, di tipo generale e che
diventa principale e temporalmente antecedente, ed eventualmente
assorbente sulla base di parametri di giudizio che (prescindendo da
ogni valutazione tecnica circa l'affidabilita' e regolarita' degli
schemi di bilancio adottati e dei saldi di finanza pubblica in essi
rappresentati) sono incentrati sui vizi tipici dell'atto
amministrativo riconducibili alla incompetenza, all'eccesso di potere
ed alla violazione di legge.
7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 24, 101,
104, 111 e 113 della Costituzione. Nel proprio ricorso introduttivo,
e poi nella discussione orale, la ricorrente ha esposto una questione
di legittimita' costituzionale che, sia pure in una prospettiva
diversa da quella sin qui esposta, va ritenuta non manifestamente
infondata ed anch'essa rilevante ai fini della decisione.
Sotto un primo profilo, anche a seguito dell'impatto della
decisione della CGUE del 13 luglio 2023, la norma contenuta nell'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020 che ha confermato la
giurisdizione della Corte dei conti in materia di elenchi Istat «ai
soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul
contenimento della spesa pubblica», viene in contrasto,
principalmente, con gli articoli 24,111 e 113 della Costituzione.
Invero, le limitazioni alla tutela giurisdizionale che l'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020 determina comportano la
violazione dei parametri di cui agli articoli 24, 111 e 113 della
Costituzione poiche', da un lato, comprimono le utilita' ottenibili
attraverso la tutela giurisdizionale in relazione all'inclusione
nell'elenco Istat e, dall'altro lato, escludono la tutela costitutiva
garantita dall'art. 113 della Costituzione.
Infatti, l'attivita' di ricognizione delle unita' istituzionali
facenti capo al settore S.13 si basa su profili di natura
eminentemente contabile, mentre le categorie giuridiche hanno un
ruolo del tutto marginale (se non addirittura nullo) nel processo di
catalogazione.
Cio', in quanto le caratteristiche del rapporto negoziale che
lega l'unita' istituzionale ad altra unita' istituzionale rientrante
nel settore S.13 (e, quindi, alla pubblica amministrazione) hanno
rilievo solo in quanto a loro volta possono essere considerati
indicatori della riconducibilita', sul piano contabile, della prima
al medesimo settore della seconda. Ora, se questo e' l'oggetto della
verifica che Istat deve compiere (e non vi e' dubbio che sia questo)
e' evidente che la relativa attivita' sia del tutto priva
dell'elemento della discrezionalita' (per l'appunto, attivita' di
mera ricognizione, di natura squisitamente tecnica), che
tradizionalmente identifica e delimita l'ambito della giurisdizione
amministrativa sia rispetto alla giurisdizione ordinaria, sia
rispetto alla giurisdizione contabile.
E' forte il richiamo, da tenere ben presente, al terzo comma
dell'art. 113 della Costituzione che detta un principio spesso
trascurato, ma assolutamente cogente: spetta al legislatore indicare
se e a quale giudice competa il potere di conoscere della tutela
costitutiva rispetto agli atti della pubblica amministrazione,
attraverso l'annullamento.
Sotto altro profilo, va altresi' censurato il primo comma
dell'art. 23-quater che si pone chiaramente in contrasto con gli
articoli 24, 101,104 e 111 della Costituzione poiche' il legislatore,
cosi' facendo, ha sostituito la propria valutazione sulla
riconducibilita' degli enti inclusi nell'elenco allegato al
decreto-legge tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi
di finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche a quella espressa dalla Corte dei conti con
sentenze passate in giudicato determinando, per l'effetto,
un'inammissibile interferenza nell'autonomia del potere
giurisdizionale.
8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 76 e 77
della Costituzione.
Infine, si evidenzia il contrasto della norma novellata con gli
articoli 76 e 77, commi 2 e 3, secondo periodo, della Costituzione
per l'eterogeneita' del suo contenuto rispetto al decreto da
convertire.
Sul punto, vale la pena di ricordare che la modifica dell'art. 11
del Codice giustizia contabile, infatti, e' stata veicolata dall'art.
23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante
«ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno
ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19», reiterativo della
disciplina dettata dall'art. 5, comma 2, del decreto-legge 23
novembre 2020, n. 154/2020, recante «Misure finanziarie urgenti
connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» abrogata dall'art.
1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione, con
modifiche, del citato decreto-legge n. 137/2020.
Nel ricordare che «ai sensi del secondo comma dell'art. 77 della
Costituzione, i presupposti per l'esercizio senza delega della
potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge
nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per
la materia o per lo scopo» (in tal senso, ex multis, sentenza
costituzionale n. 22/2012), in questa sede vale la pena di
evidenziare che sia la prima stesura della norma contenuta nel
decreto-legge n. 154/2020 e sia la medesima versione riproposta in
sede di conversione del decreto-legge n. 137/2020 avevano un evidente
e chiaro intento di limitare la giurisdizione della Corte dei conti
ma senza, peraltro, avere un qualsivoglia nesso con l'emergenza
determinata dalla pandemia scaturita dalla diffusione del COVID-19.
Cosi' facendo, in sede di conversione del decreto-legge n.
137/2020 si e' proceduto con l'inserimento di norme eterogenee
all'oggetto o alla finalita' del decreto Covid, spezzando il legame
logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza
del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge, di
cui alla norma costituzionale citata.
In tal modo, oltre a violare i parametri di buona tecnica
legislativa individuati dall'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, secondo cui «i decreti devono contenere misure di
immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo», si e' proceduto ad un uso
improprio e non consentito del particolare potere, di natura
eccezionale, attribuito dalla Costituzione al Governo.
Infatti, come evidenziato nella sentenza n. 22/2012 cit., «il
presupposto del "caso" straordinario di necessita' e urgenza inerisce
sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario,
atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e
differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della
condizione di validita' prescritta dalla Costituzione si pone in
contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo
urgente ed il "caso" che lo ha reso necessario, trasformando il
decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera
casualita' temporale».
Ne consegue, quindi, un ulteriore profilo di illegittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020,
attinente alla fase genetica del procedimento formativo della legge
di conversione di un decreto-legge emanato nel contesto
dell'emergenza pandemica e che nulla ha a che vedere con l'entrata a
regime di una norma limitativa della competenza della Corte dei conti
a conosce dell'esatta delimitazione soggettiva del conto economico
consolidato del bilancio come prescritto dalle cogenti norme
euro-unitarie piu' volte innanzi ricordate.
9. Alla luce di tutto quanto sin qui esposto e motivato, va
pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 134
della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio
1948, n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (inserito dalla legge di
conversione 18 dicembre 2020, n. 176).
P.Q.M.
La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale in
speciale composizione, non definitivamente pronunciando sul ricorso
in epigrafe:
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione agli articoli 3, 25, 102, 103, 108 e 111 della
Costituzione, nonche' dell'art. 5, comma 1, lettera a), legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020,
n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n.
176);
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione agli articoli 24, 101, 104, 111 e 113 della Costituzione,
la questione di legittimita' costituzionale del medesimo art.
23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137;
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione agli articoli 76 e 77 della Costituzione, la questione di
legittimita' costituzionale del sopramenzionato art. 23-quater del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137;
dispone la sospensione del presente giudizio e ordina la
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore
statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese.
Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 4
dicembre 2024.
Il Presidente: Coppola
L'estensore: Randolfi
Oggetto:
Bilancio e contabilità pubblica – Finanza pubblica - Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unità, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 – Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica – Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: “operata dall'ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica” – Denunciata disciplina che illegittimamente limita la cognizione riservata alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT, in spregio ai principi costituzionali e comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici – Novella legislativa che priva i soggetti indicati negli elenchi ISTAT della tutela giurisdizionale, cosiddetta costitutiva, basata sul ricorso alla Corte dei conti in sezioni riunite – Contrasto con la legge costituzionale n. 1 del 2012 che disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, tra l’altro, le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica – Lesione delle garanzie costituzionali poste a presidio dell’indipendenza della magistratura speciale – Violazione del principio di ragionevolezza – Disciplina che, da un lato, comprime le utilità ottenibili attraverso la tutela giurisdizionale, in relazione all’inclusione nell’Elenco ISTAT e dall’altro lato, esclude la tutela costitutiva – Legislatore che ha sostituito la propria valutazione, sulla riconducibilità degli enti inclusi nell’elenco allegato al decreto-legge n. 137 del 2020 tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, a quella espressa dalla Corte dei conti con sentenze passate in giudicato – Interferenza nell’autonomia del potere giurisdizionale – Inserimento, in fase di conversione, di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alla finalità del decreto-legge emanato nel contesto dell’emergenza pandemica – Mancanza del necessario nesso logico giuridico tra decreto-legge e legge di conversione.
Norme impugnate:
decreto-legge del 28/10/2020 Num. 137 Art. 23
legge del 18/12/2020 Num. 176
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Costituzione Art. 25 Co.
Costituzione Art. 76 Co.
Costituzione Art. 77 Co.
Costituzione Art. 101 Co.
Costituzione Art. 102 Co.
Costituzione Art. 103 Co.
Costituzione Art. 104 Co.
Costituzione Art. 108 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Costituzione Art. 113 Co.
legge costituzionale Art. 5 Co. 1
Testo dell'ordinanza
N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 marzo 2025 Ordinanza del 21 marzo 2025 della Corte dei conti, Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, sul ricorso proposto da Invimit Spa contro Istituto nazionale di statistica - Istat e Ministero dell'economia e delle finanze. Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica - Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unita', alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 - Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilita' del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonche' quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica - Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: "operata dall'ISTAT" sono aggiunte le seguenti: "ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica". - Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 23-quater. (GU n. 17 del 23-04-2025) LA CORTE DEI CONTI Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione Composta dai signori magistrati: Giovanni Coppola - Presidente; Gaetano Berretta - consigliere relatore; Nicola Ruggiero - consigliere; Maria Cristina Razzano - consigliere; Francesco Sucameli - consigliere; Giovanni Guida - consigliere; Marco Randolfi - consigliere estensore; ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 841/SR/RIS del registro di segreteria, proposto, ai sensi dell'art. 11, comma 6, lettera b, e 123 ss. del decreto legislativo n. 174 del 2016, dalla societa' «Investimenti Immobiliari Italiani - Invimit - SGR S.p.a.», in persona dell'amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, dott.ssa Giovanna Della Posta, rappresentata e difesa, come da mandato in calce al ricorso, dagli avv.ti Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Jacopo Polinari, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma - corso Vittorio Emanuele II, n. 284 - indirizzo pec damianolipani@pec.lipani.it contro l'Istituto nazionale di statistica - Istat, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede istituzionale in Roma - via dei Portoghesi, n. 12 - e' domiciliato, nonche' nei confronti: della Procura generale della Corte dei conti; del Ministero dell'economia e delle finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede istituzionale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato; per l'accertamento, previa sospensione degli effetti dell'iscrizione, dell'insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per la qualificazione della societa' nel Settore S.13, pubbliche amministrazioni, del Sistema europeo dei conti SEC.2010 e, conseguentemente, per l'inclusione della societa' nell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni ed integrazioni, elaborato e annualmente aggiornato dall'Istat, e per il conseguente annullamento in parte qua dell'elenco da ultimo aggiornato per il 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 225 del 26 settembre 2023, nonche' - ove occorrer possa - per il 2023 pubblicato nella Serie generale n. 229 del 30 settembre 2022 e per il 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 234 del 30 settembre 2021, nonche' per l'annullamento degli ulteriori elenchi medio tempore pubblicati; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie depositate dalle parti; Visti tutti gli atti della causa; Uditi nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2024 il relatore, Cons. Gaetano Beretta, i difensori di parte ricorrente, in persona dell'avv. Jacopo Polinari, l'avv. dello Stato Pietro Garofoli per l'Istat e il pubblico ministero, nella persona del vice Procuratore generale Luigi D'Angelo, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto 1. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 225 del 26 settembre 2023, e' stato pubblicato l'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni ed integrazioni, elaborato e annualmente aggiornato da Istat, contenente anche per l'anno 2024 Invimit SGR S.p.a. 2. Invimit e' una societa' di gestione del risparmio (autorizzata a fornire il servizio di gestione collettiva del risparmio con provvedimento di Banca d'Italia dell'8 ottobre 2013 ed e' iscritta al n. 305 dell'albo delle SGR) di «diritto singolare» costituita ai sensi dell'art. 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, il cui atto costitutivo e' riconducibile al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze (di seguito anche solo «MEF») del 19 marzo 2013. Come indicato nel ricorso introduttivo, lo status di «societa' in controllo pubblico» e' pacifico sulla base di plurime circostanze. Infatti, la societa' e' partecipata interamente dal MEF, che ne e' socio unico; tanto la legge istitutiva, quanto lo statuto sociale non consentono la circolazione delle azioni (salva la possibilita' - normativamente prevista, ma allo stato inattuata - di trasferirle a titolo gratuito all'Agenzia del demanio); la societa' e' soggetta al controllo della Corte dei conti ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 gennaio 2014, n. 74196 e trova la sua disciplina - salve le deroghe ivi previste - nel decreto legislativo n. 175 del 2016, recante «Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica». Peraltro, nonostante il controllo pubblico, la societa' afferma di non essere un organismo in house; di non essere soggetta a direzione e coordinamento da parte del MEF (escluso ex lege) e di non appartenere ad un gruppo societario. Cio' in quanto la societa' avrebbe come compito istituzionale quello di operare - come peraltro indicato nel sito istituzionale della societa' - in ottica e con logiche di mercato al fine di cogliere le opportunita' derivanti dal processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico attraverso la istituzione, organizzazione e gestione di fondi di investimento alternativi (FIA) immobiliari, secondo quanto previsto dagli articoli 33, 33-bis e 33-ter della legge istitutiva. Invero, Invimit non sarebbe in alcun modo distinguibile da ogni altra SGR che opera sul mercato, non avendo avuto precipui vincoli dal legislatore, operando sul mercato svolgendo la sua attivita' commerciale di prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. A titolo esemplificativo della propria attivita' di mercato, astrattamente replicabile, il ricorso introduttivo, tra gli altri motivi, riporta il collocamento sul mercato (degli investitori privati) di tutte le quote del comparto «Convivio» del Fondo i3 Dante, fondo di investimento alternativo immobiliare multi-comparto riservato di tipo chiuso. Dopo ampia esposizione delle caratteristiche di mercato nel quale la societa' si trova ad operare ed una succinta esposizione dei propri precedenti ricorsi, evidenziando che, con ordinanza delle Sezioni riunite n. 10/2021/RIS del 3 agosto 2021, era stato sospeso il giudizio nell'attesa della decisione della Corte di giustizia della Comunita' europea, investita - con le note ordinanze n. 5/2021 e 6/2021 - della questione pregiudiziale relativa alla compatibilita' dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 (per l'anno 2022 e 2023 l'Istat aveva espressamente dato conto della citata sospensione, motivo per cui la societa' avrebbe ritenuto di non avere interesse nella proposizione di autonomo ricorso anche per quegli anni), la societa' procede ad esporre i propri motivi di ricorso. Con primo motivo di ricorso, Invimit ha eccepito: «violazione, falsa applicazione del regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'unione europea; violazione, falsa applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196; violazione, falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di istruttoria; difetto di motivazione; difetto di presupposti; illogicita' e irragionevolezza; travisamento». In base a tale motivo di ricorso, in estrema sintesi, la ricorrente riterrebbe di appartenere non gia' alle «amministrazioni pubbliche» (S.13), dovendosi invece al piu' inquadrare tra gli «ausiliari finanziari» (S.126) dediti alla produzione di beni e servizi destinabili alla vendita. Con altro motivo di ricorso, Invimit, ricostruendo l'impatto della decisione della CGUE del 13 luglio 2023, ha proposto una questione di legittimita' costituzionale relativamente all'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 che ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di elenchi Istat «ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica», per contrasto, sotto un primo profilo, con gli articoli 24,111 e 113 della Costituzione, nonche', sotto altro profilo, con gli articoli 24,101,104 e 111 della Costituzione. Da ultimo, viene formulata una istanza cautelare di sospensione per il caso di auspicata rimessione della controversia alla Corte costituzionale, articolando alcuni motivi a supporto del periculum in mora e rinviando a quanto gia' esposto per quanto riguarda il fumus boni juris. 2.1 A seguito di pubblicazione del nuovo elenco Istat per l'anno 2025, Invimit ha proposto ulteriore ricorso, valevole anche come motivi aggiunti nel presente giudizio, eccependo: a) nullita' degli elenchi impugnati per violazione e/o elusione del giudicato cautelare emesso precedentemente dalle Sezioni riunite; b) violazione, falsa applicazione del regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea; violazione, falsa applicazione dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196; violazione, falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241; eccesso di potere per difetto di istruttoria; difetto di motivazione; difetto di presupposti; illogicita' e irragionevolezza; travisamento; c) anche a seguito della sentenza n. 30220 del 25 novembre 2024 pronunciata dalla Corte di cassazione a Sezioni unite, la ricorrente ripropone, arricchendola, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n.137/2020. 3. Avverso tale ricorso si e' costituita l'Avvocatura generale dello Stato per conto dell'Istat eccependo: in via preliminare, la natura annuale dell'elenco impugnato e la conseguente inammissibilita' del ricorso proposto per gli anni precedenti e successivi a quello direttamente oggetto di impugnazione; in via pregiudiziale, l'assenza di qualsivoglia vulnus di tutela e la conseguente piena conformita' costituzionale della norma recata dall'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020; nel merito, l'infondatezza della richiesta attorea, chiedendone il rigetto. 4. Si e' costituita anche la Procura generale presso la Corte dei conti che, in via pregiudiziale, chiede di sollevare la questione di legittimita' costituzionale con riferimento all'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 e affrontando il merito della controversia, chiede il rigetto integrale del ricorso. In particolare, ad avviso della Procura, la pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza n. 563/2023, depositata il 13 luglio 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C-321 dell'11 settembre 2023, con numero di documento 62021CA0363, nel rinviare al legislatore nazionale le modalita' di tutela azionabili avverso l'inclusione nell'elenco Istat e al conseguente assoggettamento alla disciplina euro unitaria conseguente al regolamento n. 549/2013, lungi dal risolvere i problemi applicativi connessi alla norma di cui all'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 ne abbia, in realta', confermato l'attualita' e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. 5. All'udienza del 4 dicembre 2024, dopo l'esposizione del relatore, interviene il difensore di Invimit, avv. Jacopo Polinari, il quale effettua una lunga analisi della sentenza n. 30220 della Cassazione ed evidenzia che, contrariamente a quanto affermato dalla citata sentenza della Corte di cassazione, l'attivita' di ricognizione effettuata da parte dell'Istat rappresenta il tipico caso di attivita' vincolata e non discrezionale. Non esiste una pluralita' di opzioni tra cui scegliere discrezionalmente da parte di Istat, prosegue il legale, bensi' vi e' la mera ricognizione circa la sussistenza di determinati criteri per attribuire o meno lo status pubblico all'ente sottoposto a verifica. D'altro canto, diversamente opinando, e dunque applicando le norme della legge n. 241/1990 all'attivita' dell'Istat, si andrebbe incontro alla sostanziale paralisi della stessa attivita' ricognitiva poiche' l'Istat sarebbe tenuto, per ciascuna annualita', a notificare l'apertura del procedimento a ciascuno degli organismi gia' iscritti all'elenco nonche' a tutti coloro potenzialmente passibili di iscrizione, avviare successivamente l'istruttoria e dunque applicare tutte le norme contenute nella citata legge sul procedimento amministrativo, rendendo di fatto quasi impossibile la redazione stessa dell'elenco. Proseguendo nelle sue difese, viene evidenziato che il secondo vulnus del ragionamento delle Sezioni unite, riguarderebbe l'approccio delle medesime al tema del riparto di giurisdizione per blocchi di materie, approccio che secondo Invimit risalirebbe agli anni '80, tanto e' vero che, si afferma, le sentenze della Corte costituzionale richiamate dalle Sezioni unite sono tutte precedenti alla sentenza n. 204 del 2004 che ha superato il riparto di giurisdizione per blocchi di materie. Quest'ultima sentenza, afferma l'avvocato, contiene un principio giuridico molto importante e molto chiaro: il riparto di giurisdizione e' stabilito in Costituzione, il legislatore puo' intervenire derogando all'assetto costituzionale soltanto in casi particolari ove le ragioni di concentrazione della tutela prevalgano e pertanto si ritenga opportuno unire due domande innanzi allo stesso giudice anziche' scinderle e proporle dinanzi a due diverse Corti. Il caso in esame, osserva il difensore, apparterrebbe proprio a questa categoria e le ragioni di concentrazione ed effettivita' della tutela imporrebbero, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte di cassazione, di unificare la giurisdizione innanzi ad un solo giudice, nel caso specifico la Corte dei conti. L'art. 103, 2° comma, della Costituzione assegna infatti alla Corte dei conti una giurisdizione generale di legittimita', afferma il legale. Diverse sentenze delle Corte costituzionale - da ultimo la sentenza n. 46 del 1996 - stabiliscono al riguardo che il legislatore non puo' attribuire la giurisdizione di alcuni settori della contabilita' pubblica ad altro giudice che non sia quello contabile, appunto, bensi' puo' stabilire discrezionalmente, ovvero esercitando le proprie funzioni attraverso scelte politiche, quali siano le materie di contabilita' pubblica. Da tale scelta deriva poi l'attribuzione della giurisdizione. Sottolinea il legale che vi sono diversi esempi di materie, prevalentemente attinenti alla responsabilita' per danno erariale, che il legislatore ha di fatto sottratto alla giurisdizione della Corte dei conti qualificandole come non appartenenti alla materia della contabilita' pubblica. Al contrario, nel caso in esame, non e' mai stato in discussione, anzi e' stato positivamente affermato, che gli elenchi Istat di cui e' causa appartengano alla materia della contabilita' pubblica. Pertanto, affermare la giurisdizione del giudice amministrativo in tale materia costituirebbe, a detta del legale, una contraddizione con l'art. 103, 2° comma, e 113 della Costituzione. Infine, l'avvocato di parte ricorrente sottolinea che l'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 e' una norma che non ha alcuna valenza sistemica, non aveva lo scopo di restituire la giurisdizione al giudice amministrativo, bensi' nasceva con uno scopo molto puntuale, di carattere contabile. 5.1 Viene quindi data la parola all'Avvocato dello Stato che, per conto dell'Istat, nel chiedere il rigetto del ricorso, evidenzia che l'interesse sotteso ai ricorsi presentati dagli odierni ricorrenti sia rivolto non tanto a verificare l'efficacia e la veridicita' dell'attivita' statistica effettuata dall'Istat, quanto piuttosto a non vedersi applicate le norme sul contenimento della spesa pubblica che il legislatore ha ritenuto di ancorare all'iscrizione al suddetto elenco. Il legislatore ha mantenuto la giurisdizione sull'applicazione delle norme di contabilita' pubblica in capo alla Corte dei conti, lasciando invece al giudice amministrativo la giurisdizione per quel che riguarda la validita' dell'atto in se', che resta di natura amministrativa. Le Sezioni unite, prosegue il legale, nella sentenza in discussione non ritengono irragionevole la divisione della giurisdizione poiche' l'iscrizione nell'elenco ha ricadute dirette sulla nozione anche euro-unitaria di pubblica amministrazione e di soggettivita' pubblica. Dal momento che il giudice della pubblica amministrazione e' il Tribunale amministrativo regionale, non e' irragionevole, prosegue l'avvocato ripercorrendo le motivazioni delle Sezioni unite, riconoscere la giurisdizione sull'iscrizione nell'elenco Istat al giudice amministrativo, lasciando invece alla Corte dei conti, giudice dei conti pubblici, la giurisdizione in materia di applicazione delle norme di contabilita' pubblica. 5.2 Interviene anche la Procura generale che pone in luce un primo profilo di irragionevolezza ascrivibile alle argomentazioni della piu' volte citata sentenza delle Sezioni unite n. 30220/2024 consistenti nell'impostare i due giudizi, quello contabile e quello amministrativo, autonomi e non comunicanti. Secondo le SSUU il giudice amministrativo avrebbe giurisdizione sul SEC2010, quindi sulla disciplina euro-unitaria, mentre la Corte dei conti avrebbe la giurisdizione sull'applicazione della normativa interna circa il contenimento della spesa pubblica. Vengono citati anche casi in cui l'ordinamento riconosce una definizione cangiante e mutevole di pubblica amministrazione, tale per cui una societa' privata puo' essere qualificata come pubblica amministrazione sotto certi profili, mantenendo la natura di soggetto privato. Tale distinzione, pero', nel caso di specie, puo' essere valida da un punto di vista teorico, ma da un punto di vista pratico i due giudizi sono e sarebbero interconnessi e pienamente comunicanti. Cio' in quanto l'applicazione delle norme interne sul contenimento della spesa pubblica, come e' stato ricordato, e' ancorata alla iscrizione all'elenco Istat e quindi alla qualificazione dell'ente come pubblica amministrazione. Pertanto, da un punto di vista processuale, la distinzione fra i due giudizi risulta impossibile da applicare in concreto. Il procuratore propone alcuni esempi concreti, ad esempio ipotizzando lo scenario di un doppio ricorso promosso da un ente iscritto all'elenco: a fronte di un giudizio incardinato dinanzi al giudice amministrativo, il procuratore ritiene che il secondo giudizio, incardinato nell'ipotesi dinanzi alla Corte dei conti, andrebbe sospeso ex art. 295 codice di procedura civile o 116 codice civile poiche' vi sarebbe una causa pregiudiziale volta ad accertare correttezza della qualificazione pubblica che e' alla base dell'applicazione delle norme interne di contenimento della spesa. Ancora, se in pendenza del giudizio innanzi alla Corte dei conti intervenisse un giudicato del Tribunale amministrativo regionale riguardo l'iscrizione all'elenco Istat, il giudizio dinanzi alla Corte dei conti dovrebbe essere dichiarato cessato per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, con il conseguente ed ovvio dispendio inutile di tempo, mezzi ed energie. Ancora, prosegue la Procura, ipotizzando il caso in cui il Tribunale amministrativo regionale accogliesse il ricorso, la Corte dei conti non potrebbe che accogliere a propria volta il ricorso e disapplicare la normativa interna, venendo a mancare l'aggancio per l'attribuzione degli oneri e degli adempimenti di spending review. Considerato quanto esposto, il procuratore auspica che una pronuncia della Corte costituzionale possa dirimere i dubbi e fare chiarezza sui profili menzionati. Quanto alle conclusioni, la Procura si riporta agli atti. 5.3 In conclusione, in una breve replica, il difensore di Invimit, tiene a sottolineare che il giudice della pubblica amministrazione non sempre e' il Tribunale amministrativo regionale. Nonostante le Sezioni unite sembrino affermare proprio questo, in realta' da ultimo la gia' citata sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale statuisce in modo molto chiaro che il giudice amministrativo e' giudice di quella situazione giuridica soggettiva denominata interesse legittimo. Circa la tutela cautelare e la ultrattivita' della ordinanza cautelare, si precisa che il concetto ruota attorno alla definizione dello status; pertanto, se l'inclusione nell'elenco accerta uno status e tale status viene invece negato dal giudice, anche solo sospendendone l'accertamento in via cautelare, la parte ricorrente ritiene contrario all'art. 24 della Costituzione - che punta ad assicurare una effettiva tutela dei diritti - che si debba ogni anno effettuare ricorso autonomo, per ottenere la pronuncia di accertamento di tale status di anno in anno. Anche in ragione di cio', secondo la difesa di Invimit, stante la vigenza dell'ordinanza cautelare emessa nel 2021, non vi sarebbe stata nemmeno la necessita' di impugnare gli elenchi medio tempore pubblicati. E' stata una scelta della difesa in ottica puramente cautelativa. Diritto 6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 3, 25, 102, 103, 108 e 111 della Costituzione, nonche' dell'art. 5, comma 1, lettera a), legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1. 6.1 In sede di conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», e' stato inserito l'art. 23-quater disciplinante «Unita' ulteriori che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche». In base a tale articolo, nel primo comma viene previsto che «agli enti indicati nell'elenco 1 annesso al presente decreto, in quanto unita' che, secondo criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilita' del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli articoli 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonche' quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica». Particolarmente rilevante, ai fini della decisione del giudizio promosso da Invimit, e' il secondo comma di detto articolo in base al quale «all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, dopo le parole: "operata dall'ISTAT" sono aggiunte le seguenti: ", ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica"». La novella del 2020 pone una chiara limitazione della giurisdizione in materia di elenchi Istat, espressamente attribuita alla Corte dei conti dal legislatore in un primo momento con l'art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e, successivamente, con l'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile di cui al decreto legislativo n. 174/2016. Con tale norma del 2012 e' stato previsto che «avverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente dall'Istat ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e' ammesso ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai sensi dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione» e, per l'effetto, e' stata abrogata la precedente competenza giurisdizionale dei Tribunale amministrativo regionale e del Consiglio di Stato in materia. Sulla esatta portata della norma del 2020 e sui suoi eventuali effetti, rinviando a quanto si dira' nei punti che seguono circa la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, appare a questo giudice chiara la rilevanza dell'ipotizzato sindacato di costituzionalita' all'ill.mo Giudice delle leggi, posto che il ricorso in discussione e' stato proposto da Invimit espressamente ai fini dell'annullamento della sua iscrizione nell'elenco Istat delle unita' istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche. E' quindi evidente che, al fine di rispondere alla domanda di giustizia avanzata dal ricorrente, debbano essere conosciute le esatte implicazioni connesse alla novellata formulazione dell'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile di cui al decreto legislativo n. 174/2016. 6.2 Il disegno del legislatore del 2012 era sufficientemente chiaro, nel senso di voler attribuire una cognizione piena alla Corte dei conti di una materia che presenta risvolti plurimi, non solo di rilievo ai fini del contenimento della finanza pubblica, ma anche e prima ancora di fondamentale importanza per determinare il perimetro di riferimento del conto economico consolidato dello Stato, rilevante ai fini della determinazione dei saldi di finanza pubblica e ai fini della corretta applicazione del regolamento UE 549/2013 che istituisce il Sistema europeo dei conti 2010 (c.d. «SEC 2010» che rappresenta il sistema dell'Unione europea compatibile a livello internazionale delle norme contabili che possono essere utilizzate per fornire una descrizione sistematica e dettagliata di un'economia). In tal senso, la tutela «costitutiva» rivendicata dai ricorrenti per decidere del loro status di soggetti appartenenti alle unita' istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche, non richiede solo e soltanto valutazioni di tipo amministrativo e procedimentale, ma richiede anche e soprattutto una valutazione di tipo giuscontabile. Non a caso il legislatore del 2012, nell'escludere l'attribuzione della giurisdizione sulla materia fino ad allora riconosciuta ai Tribunali amministrativi regionali, ha inteso attribuirla alla Corte dei conti ai sensi dell'art. 103 della Costituzione (richiamato espressamente nella norma). Cio' in quanto la valutazione relativa ai soggetti appartenenti al settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche, ancorche' non necessariamente coincidente con la qualifica di pubblica amministrazione e con la correlata attribuzione di pubblici poteri, puo' riguardare soggetti che assumono un rilievo «pubblicistico» nel sistema europeo dei conti in funzione della natura delle fonti di finanziamento, venendo in rilievo la loro eventuale dipendenza dalle pubbliche finanze oppure la loro autonoma capacita' di vivere ed operare nel libero mercato. In tale prospettiva, la legge italiana di contabilita' n. 196/2009 ha espressamente attribuito rilievo all'elenco predisposto annualmente dall'Istat, sulla base di criteri statistico-economici e a seguito di continui confronti con le autorita' statistiche europee, in applicazione del Sistema europeo dei conti (regolamento UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013, SEC 2010) e della guida metodologica ed operativa fornita dal Manual on Government Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010 (MGDD). Dispone infatti l'art. 1, comma 2, della citata legge n. 196/2009 che «gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonche' a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea, le autorita' indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni». La scelta di fornire applicazione ai regolamenti UE sulla base del criterio del rinvio all'elenco Istat ha consentito al nostro Paese di dare piena attuazione alle regole contabili e ai vincoli di finanza pubblica approvati in sede europea: cio' sulla base di regole eminentemente tecniche, in applicazione del su ricordato Sistema europeo dei conti (regolamento n. 549/2013, SEC 2010) e del citato Manual on Government Deficit and Debt - Implementation of ESA 2010 (MGDD). Tali parametri di valutazione, come anche rilevato dalla parte ricorrente, sono vincolanti e non richiedono alcuna discrezionalita' amministrativa implicando, al piu', una discrezionalita' di tipo tecnico, che non lascia spazi a valutazioni tra plurime alternative, ma fornisce una unica soluzione «obbligata» ed «imposta» dal rispetto di regole scientifiche di natura statistico-economica. In tal senso quindi, la limitazione della cognizione riservata alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall'Istat «ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica» appare illegittima e nettamente contrastante con i principi costituzionali e comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici. In particolare, la novella verrebbe a privare i soggetti inclusi negli elenchi Istat della tutela c.d. «costitutiva», vedendosi in questa maniera attribuito uno status assegnato in applicazione del regolamento UE n. 549/2013 e della relativa nota metodologica senza poter attivare una valida tutela giurisdizionale. Cio', in quanto la novella del 2020 non appare in alcun modo aver voluto attribuire espressamente la tutela costitutiva ad altro organo giurisdizionale. 6.3. A tale ultimo riguardo, vanno ricordate le chiarissime affermazioni della sentenza costituzionale n. 7/2020, che richiama a sua volta la sentenza n. 13 del 2012: «secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate "non opera in via generale e automatica e puo' essere ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate"». Nella stessa direzione, ha avuto modo di esprimersi nuovamente la Corte costituzionale con la recente sentenza n. 185/2024 che ha riconosciuto i limitati ambiti all'interno dei quali puo' operare la reviviscenza di norme abrogate. Secondo la citata sentenza, «la espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di legge abrogate e' una tecnica normativa non consueta, ma in se' non illegittima nel senso che il legislatore, in questo caso regionale, recepisce per relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in tal modo in nuove disposizioni. La reviviscenza sottolinea la testuale identita' di vecchie e nuove disposizioni, ma che rimangono comunque ben distinte». In tal modo, quindi, il Giudice delle leggi ha avuto modo di riconoscere l'operativita' della reviviscenza di norme di legge abrogate solamente qualora sia una nuova legge a prevederla e, in ogni caso, senza possibilita' che tale espressa reviviscenza possa operare retroattivamente. Il principio della riserva di legge sull'ordinamento giudiziario, al fine di garantire e riaffermare l'indipendenza della magistratura da altri poteri dello Stato (in particolare da quello esecutivo) e per tutelare sia i giudici ordinari sia quelli speciali, trova nell'art. 108 della Costituzione la sua compiuta formulazione per cui «le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia». 6.4 Alla luce della riserva di legge espressamente richiesta dalla Costituzione per delimitare le materie e garantire l'indipendente esercizio delle funzioni di cui agli articoli 102 (per la magistratura ordinaria) e 103 (per le magistrature speciali - Consiglio di Stato e Corte dei conti), appare quanto mai singolare la lettura fornita della Corte di cassazione con la propria sentenza n. 30220/2024. Con la citata sentenza n. 30220, la Cassazione a Sezioni unite ricostruisce i passi delle Sezioni riunite della Corte dei conti, dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, le quali avevano disapplicato l'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020, che limita la giurisdizione della Corte «ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica». Tale disapplicazione era stata motivata dalla affermata incompatibilita' della norma con il diritto europeo, in particolare con i principi di effettivita' ed equivalenza richiamati dalla CGUE nella sentenza del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21). Quest'ultima decisione era stata impugnata dal MEF e dall'Istat, sull'asserita considerazione che la giurisdizione sulla legittimita' dell'inclusione nell'elenco Istat spettasse al giudice amministrativo, lasciando alla Corte dei conti il controllo sui soli profili di contenimento della spesa pubblica. Sull'effettiva possibilita' di separazione di tali profili di tutela, va detto che anche la Corte di cassazione, nel suo articolato ragionamento, mostra qualche contraddizione, facendo comunque riferimento al consolidato principio di «autosufficienza del ricorso», per cui non vi e' necessita' di procedere ad una duplicazione di azioni avverso il medesimo fatto lesivo di posizioni individuali, anche se non ritiene rilevante il non secondario rischio di un contrasto di giudicati. Un punto fondamentale affermato dalla Corte di cassazione attiene poi alla qualificazione dell'atto impugnato: «occorre rilevare, in via generale, che l'inclusione nell'elenco Istat ha natura provvedimentale, cui si contrappone, in capo agli enti coinvolti, una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, ambito che, in quanto tale, ai sensi dell'art. 7 c.p.a., e' riferibile alla giurisdizione amministrativa» facendo riferimento alla circostanza che: «anteriormente all'intervento operato con l'art. 1, comma 169, legge n. 228 del 2012 (che ha previsto il ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei conti), il relativo contenzioso era pacificamente instaurabile innanzi al giudice amministrativo» (par. 15), con la conseguenza che a fronte della «contrazione» dell'ambito della giurisdizione contabile non vi sarebbe vuoto di tutela in quanto «si deve ritenere che si sia, contestualmente, riespansa la giurisdizione del giudice amministrativo» (par 15.3). 6.5 L'impostazione seguita dalla Cassazione citata non appare convincente. Invero, prima del Giudice di legittimita', aveva avuto modo di esprimersi la Corte di giustizia UE, nella pronuncia del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21), riaffermando i noti principi per cui agli Stati membri e' riconosciuta una certa discrezionalita' nell'organizzazione delle proprie competenze giurisdizionali, purche' sia garantito che i diritti degli interessati trovino una tutela adeguata, piena ed efficace, soprattutto in situazioni che incidano su obblighi di bilancio pubblico (principio di effettivita'), e che il sistema giurisdizionale fornisca agli interessati gli stessi standard di tutela applicabili a situazioni analoghe di diritto interno, evitando disparita' o trattamenti di sfavore (principio di equivalenza). Alla luce di tali principi enunciati dalla Corte di giustizia, la Cassazione ha ritenuto di integrare, in via pretoria, il vuoto di tutela lasciato dall'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 e, ritornando alla situazione antecedente alla novella legislativa del 2012 che ha, nei fatti, abrogato la giurisdizione amministrativa in materia, ha affermato che la norma del 2020 «nel circoscrivere la giurisdizione della Corte dei conti ai profili di spending review, non pregiudica tale diritto, poiche' il giudice amministrativo e' chiamato a occuparsi di tutte le altre questioni legate alla legittimita' degli atti amministrativi». 6.6 Come si e' anticipato, la posizione della Corte di cassazione non appare convincente. Oltre a quanto gia' detto circa la necessita' di una riserva di legge espressa in materia di giurisdizione e alla non reviviscenza di norme abrogate, la riconducibilita' della competenza della Corte dei conti a conoscere (anche) dello status conseguente all'inserimento nell'elenco Istat discende direttamente dagli art. 100, comma 2, e art. 103, comma 2 della Costituzione, nonche' dall'art. 5, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (riguardante le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica). Al riguardo, vale la pena di ricordare che la legge costituzionale introduttiva del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, e' stata emanata proprio in considerazione dei patti e dei trattati elaborati in seno all'Unione europea, a cui l'Italia ha sempre aderito sin dalla loro fase genetica. In tal senso, la riforma costituzionale del 2012 ha inteso dare esplicita applicazione alla riforma del «Patto di stabilita' e crescita» di cui si stava in quel momento discutendo in ambito europeo e che, il 2 marzo 2012, porto' alla formale adozione del «Trattato sulla stabilita', coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria «(conosciuto come fiscal compact, letteralmente «patto di bilancio»). Le verifiche sui saldi di bilancio, attualmente svolte dalla Corte dei conti attraverso il conto consolidato del bilancio in virtu' delle competenze riconosciute dagli articoli 100 e 103 della Costituzione, assolvono anche alla funzione di verifica degli equilibri europei e, prima ancora che dei saldi finali di bilancio, riguardano la corretta perimetrazione soggettiva di tale conto che, giova ribadirlo, in virtu' del rinvio operato dalla legge n. 196/2009 coincide con l'elenco elaborato dall'ISTAT sulla base dei piu' volte ricordati regolamento (UE) n. 549/2013 e Manual on Government Deficit and Debt. Invero, allo stato attuale, e' assolutamente impossibile procedere ad una scissione di valutazioni circa l'attribuzione dello status organismo appartenente all'elenco delle amministrazioni pubbliche, rilevante ai fini del conto consolidato del bilancio nazionale ed effetti relativi all'applicazione delle norme sul contenimento della finanza pubblica, in quanto, per effetto del rinvio operato dalla legge n. 196/2009 agli elenchi Istat, dall'inclusione nell'elenco pubblicato nella Gazzetta Ufficiale discende automaticamente l'assoggettamento alla disciplina vincolistica recata dalla normativa finanziaria. Diversamente ragionando, si dovrebbe ammettere (come sembrerebbe aver fatto la citata Corte di cassazione) la coesistenza di una giurisdizione speciale ed esclusiva in materia di contabilita' pubblica assegnata alla Corte dei conti e al contempo di una giurisdizione concorrente, anch'essa speciale, di tipo generale e che diventa principale e temporalmente antecedente, ed eventualmente assorbente sulla base di parametri di giudizio che (prescindendo da ogni valutazione tecnica circa l'affidabilita' e regolarita' degli schemi di bilancio adottati e dei saldi di finanza pubblica in essi rappresentati) sono incentrati sui vizi tipici dell'atto amministrativo riconducibili alla incompetenza, all'eccesso di potere ed alla violazione di legge. 7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 24, 101, 104, 111 e 113 della Costituzione. Nel proprio ricorso introduttivo, e poi nella discussione orale, la ricorrente ha esposto una questione di legittimita' costituzionale che, sia pure in una prospettiva diversa da quella sin qui esposta, va ritenuta non manifestamente infondata ed anch'essa rilevante ai fini della decisione. Sotto un primo profilo, anche a seguito dell'impatto della decisione della CGUE del 13 luglio 2023, la norma contenuta nell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 che ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di elenchi Istat «ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica», viene in contrasto, principalmente, con gli articoli 24,111 e 113 della Costituzione. Invero, le limitazioni alla tutela giurisdizionale che l'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 determina comportano la violazione dei parametri di cui agli articoli 24, 111 e 113 della Costituzione poiche', da un lato, comprimono le utilita' ottenibili attraverso la tutela giurisdizionale in relazione all'inclusione nell'elenco Istat e, dall'altro lato, escludono la tutela costitutiva garantita dall'art. 113 della Costituzione. Infatti, l'attivita' di ricognizione delle unita' istituzionali facenti capo al settore S.13 si basa su profili di natura eminentemente contabile, mentre le categorie giuridiche hanno un ruolo del tutto marginale (se non addirittura nullo) nel processo di catalogazione. Cio', in quanto le caratteristiche del rapporto negoziale che lega l'unita' istituzionale ad altra unita' istituzionale rientrante nel settore S.13 (e, quindi, alla pubblica amministrazione) hanno rilievo solo in quanto a loro volta possono essere considerati indicatori della riconducibilita', sul piano contabile, della prima al medesimo settore della seconda. Ora, se questo e' l'oggetto della verifica che Istat deve compiere (e non vi e' dubbio che sia questo) e' evidente che la relativa attivita' sia del tutto priva dell'elemento della discrezionalita' (per l'appunto, attivita' di mera ricognizione, di natura squisitamente tecnica), che tradizionalmente identifica e delimita l'ambito della giurisdizione amministrativa sia rispetto alla giurisdizione ordinaria, sia rispetto alla giurisdizione contabile. E' forte il richiamo, da tenere ben presente, al terzo comma dell'art. 113 della Costituzione che detta un principio spesso trascurato, ma assolutamente cogente: spetta al legislatore indicare se e a quale giudice competa il potere di conoscere della tutela costitutiva rispetto agli atti della pubblica amministrazione, attraverso l'annullamento. Sotto altro profilo, va altresi' censurato il primo comma dell'art. 23-quater che si pone chiaramente in contrasto con gli articoli 24, 101,104 e 111 della Costituzione poiche' il legislatore, cosi' facendo, ha sostituito la propria valutazione sulla riconducibilita' degli enti inclusi nell'elenco allegato al decreto-legge tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche a quella espressa dalla Corte dei conti con sentenze passate in giudicato determinando, per l'effetto, un'inammissibile interferenza nell'autonomia del potere giurisdizionale. 8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 per contrasto con gli articoli 76 e 77 della Costituzione. Infine, si evidenzia il contrasto della norma novellata con gli articoli 76 e 77, commi 2 e 3, secondo periodo, della Costituzione per l'eterogeneita' del suo contenuto rispetto al decreto da convertire. Sul punto, vale la pena di ricordare che la modifica dell'art. 11 del Codice giustizia contabile, infatti, e' stata veicolata dall'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», reiterativo della disciplina dettata dall'art. 5, comma 2, del decreto-legge 23 novembre 2020, n. 154/2020, recante «Misure finanziarie urgenti connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19» abrogata dall'art. 1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione, con modifiche, del citato decreto-legge n. 137/2020. Nel ricordare che «ai sensi del secondo comma dell'art. 77 della Costituzione, i presupposti per l'esercizio senza delega della potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo» (in tal senso, ex multis, sentenza costituzionale n. 22/2012), in questa sede vale la pena di evidenziare che sia la prima stesura della norma contenuta nel decreto-legge n. 154/2020 e sia la medesima versione riproposta in sede di conversione del decreto-legge n. 137/2020 avevano un evidente e chiaro intento di limitare la giurisdizione della Corte dei conti ma senza, peraltro, avere un qualsivoglia nesso con l'emergenza determinata dalla pandemia scaturita dalla diffusione del COVID-19. Cosi' facendo, in sede di conversione del decreto-legge n. 137/2020 si e' proceduto con l'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto Covid, spezzando il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge, di cui alla norma costituzionale citata. In tal modo, oltre a violare i parametri di buona tecnica legislativa individuati dall'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, secondo cui «i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», si e' proceduto ad un uso improprio e non consentito del particolare potere, di natura eccezionale, attribuito dalla Costituzione al Governo. Infatti, come evidenziato nella sentenza n. 22/2012 cit., «il presupposto del "caso" straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validita' prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il "caso" che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualita' temporale». Ne consegue, quindi, un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020, attinente alla fase genetica del procedimento formativo della legge di conversione di un decreto-legge emanato nel contesto dell'emergenza pandemica e che nulla ha a che vedere con l'entrata a regime di una norma limitativa della competenza della Corte dei conti a conosce dell'esatta delimitazione soggettiva del conto economico consolidato del bilancio come prescritto dalle cogenti norme euro-unitarie piu' volte innanzi ricordate. 9. Alla luce di tutto quanto sin qui esposto e motivato, va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176). P.Q.M. La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe: dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 25, 102, 103, 108 e 111 della Costituzione, nonche' dell'art. 5, comma 1, lettera a), legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176); dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 24, 101, 104, 111 e 113 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137; dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 76 e 77 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del sopramenzionato art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137; dispone la sospensione del presente giudizio e ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese. Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 4 dicembre 2024. Il Presidente: Coppola L'estensore: Randolfi