Reg. ord. n. 75 del 2025 pubbl. su G.U. del 30/04/2025 n. 18

Ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli  del 10/03/2025

Tra: N. S.

Oggetto:

Ordinamento penitenziario – Procedimento in materia di liberazione anticipata – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92 del 2024, come convertito – Richiesta del beneficio subordinata alla possibilità di rientrare nei limiti di pena per accedere, nel termine di novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o di ottenere nello stesso termine la scarcerazione – Previsione che il condannato debba indicare, per la valutazione della richiesta, le ragioni specifiche per le quali si richiede il beneficio – Violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.

Norme impugnate:

legge  del 26/07/1975  Num. 354  Art. 69

decreto-legge  del 04/07/2024  Num. 92  Art. 5  Co. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.



Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. VIGANÒ


Testo dell'ordinanza

                        N. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2025

Ordinanza del 10 marzo 2025 del Tribunale di sorveglianza  di  Napoli
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di N. S.. 
 
Ordinamento penitenziario - Procedimento in  materia  di  liberazione
  anticipata - Modifiche normative ad opera del decreto-legge  n.  92
  del 2024, come convertito -  Richiesta  del  beneficio  subordinata
  alla possibilita' di rientrare nei limiti di pena per accedere, nel
  termine di novanta giorni, a misure alternative alla  detenzione  o
  di ottenere nello stesso termine la scarcerazione - Previsione  che
  il condannato debba indicare, per la valutazione  della  richiesta,
  le ragioni specifiche per le quali si richiede il beneficio. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'), art. 69-bis, come modificato dall'art. 5, comma  3,  del
  decreto-legge 4 luglio 2024,  n.  92  (Misure  urgenti  in  materia
  penitenziaria, di giustizia civile e  penale  e  di  personale  del
  Ministero della giustizia), convertito,  con  modificazioni,  nella
  legge 8 agosto 2024, n. 112. 


(GU n. 18 del 30-04-2025)

 
                  UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI NAPOLI 
 
    Il magistrato di sorveglianza dott. Antonio Cairo visti gli  atti
relativi al procedimento nei confronti di S. N. nato a ...  (...)  il
... detenuto presso la Casa Circondariale di Napoli Secondigliano. 
    Avente ad oggetto l'istanza di concessione  del  beneficio  della
liberazione anticipata ex art. 54 legge 26 luglio 1975, n. 354 
    Nell'esaminare la questione relativa alla richiesta del beneficio
della liberazione anticipata ai sensi degli  articoli  54  e  69-bis,
della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
della liberta'), come sostituito,  da  ultimo,  dal  decreto-legge  4
luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto
2024, n. 112, art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) che ha
introdotto il nuovo comma 10-bis nell'art  656  codice  di  procedura
penale ed ha modificato l'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in
punto procedimentale, per la richiesta del beneficio; 
    Ritenuto di dover  procedere,  d'ufficio,  allo  scrutinio  sulla
rilevanza e non manifesta infondatezza  della  costituzionalita'  del
quadro normativo modificato con gli articoli 27, comma 3  ult.  parte
Cost. e 3 Cost. 
 
                               Osserva 
 
    S. N. chiede la liberazione anticipata nel periodo  compreso  tra
il 18 gennaio 2024 e il 18 gennaio 2025. 
    Il suo fine pena e' calcolato alla data del 24 ottobre 2040 e non
ricorrono le condizioni di accesso,  nei  novanta  giorni,  a  misure
alternative alla detenzione o per addivenire ad una  concessione  che
determinerebbe la scarcerazione; ne' il detenuto  ha  indicato  altra
ragione specifica per la quale chieda la liberazione anticipata. 
    Sulla scorta della fattispecie indicata si coglie come, a  regime
vigente, per effetto della riforma indicata dell'art. 69-bis legge 26
luglio  1975,  n.   354,   l'istanza   dovrebbe   essere   dichiarata
inammissibile, con pregiudizio per il trattamento rieducativo  e  con
lesione dell'art. 27, comma 3,  ultima  parte  e  dell'art.  3  della
Costituzione 
    Invero l'art 69-bis ord.  pen.,  come  riformulato  dall'art.  5,
comma 3 del decreto-legge  4  luglio  2024,  n.  92,  convertito  con
modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 112, prevede che: 
        «1. In occasione di  ogni  istanza  di  accesso  alle  misure
alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai
quali nel computo della misura della pena  espiata  e'  rilevante  la
liberazione anticipata ai sensi dell'art. 54, comma 4, il  magistrato
di  sorveglianza  accerta  la  sussistenza  dei  presupposti  per  la
concessione  della  liberazione  anticipata  in  relazione  ad   ogni
semestre precedente. L'istanza di  cui  al  periodo  precedente  puo'
essere  presentata  a  decorrere  dal  termine  di   novanta   giorni
antecedente al maturare dei presupposti  per  l'accesso  alle  misure
alternative alla detenzione o  agli  altri  benefici  analoghi,  come
individuato computando le detrazioni previste dall'art. 54. 
        2. Nel termine di novanta giorni antecedente al maturare  del
termine di  conclusione  della  pena  da  espiare,  come  individuato
computando le detrazioni previste  dall'art.  54,  il  magistrato  di
sorveglianza  accerta  la  sussistenza   dei   presupposti   per   la
concessione della liberazione anticipata in relazione ai semestri che
non sono gia' stati oggetto di valutazione ai sensi del comma 1 e del
comma 3. 
        3.  Il  condannato  puo'  formulare  istanza  di  liberazione
anticipata quando vi abbia uno specifico interesse, diverso da quelli
di cui ai  commi  1  e  2,  che  deve  essere  indicato,  a  pena  di
inammissibilita', nell'istanza medesima...». 
    Parametri costituzionali di  riferimento  rispetto  ai  quali  si
svolge lo scrutinio di rilevanza e  non  manifesta  infondatezza  del
quadro normativo indicato: articoli 3 e 27 comma 3 ult. parte Cost. 
 
                            Premesso che 
 
    La non manifesta infondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale, va scrutinata dal giudice di merito non per stabilire
la fondatezza o meno di essa questione, ma al solo fine di verificare
se essa sia manifestamente infondata e,  dunque,  se  si  enuclei  un
dubbio plausibile di costituzionalita'; 
    La rilevanza della questione esaminata risiede  nella  necessita'
di applicare il quadro normativo sopra tracciato, per decidere  sulla
richiesta di liberazione anticipata formulata dal detenuto che, nella
specie,  in  applicazione  della  modifica   normativa,   da   ultimo
introdotta, determinerebbe la dichiarazione di inammissibilita' o  di
non procedibilita' della  domanda  del  beneficio  penitenziario,  di
converso invocato; 
    Cio' premesso, si osserva quanto segue. 
    1.  Si  dubita,   nella   presente   sede,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 69-bis legge 26  luglio  1975,  n.  354,  in
vigore alla  data  odierna,  per  effetto  della  modifica  apportata
dall'art. 5 del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto  «carcere
sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n.  112,  art.  5  (Interventi
sulla liberazione anticipata) che modificando la norma anzidetta,  in
punto  procedimentale,  per  la   richiesta   del   beneficio   della
liberazione  anticipata,  restringe  sensibilmente  i  tempi  per  la
presentazione  della  domanda  stessa  da  parte  del   detenuto   in
esecuzione. 
    In altri termini, secondo il quadro riformulato, il detenuto  non
puo'  piu'  avanzare  istanza  di   concessione   della   liberazione
anticipata allo scadere di ogni singolo  semestre;  deve,  piuttosto,
trovarsi in una delle condizioni soggettive legittimanti la richiesta
e rigidamente indicate in via normativa. Esse condizioni definiscono,
secondo  la  nuova  formulazione  dell'art.  69-bis  ord.  pen.,   un
perimetro decisamente  limitato,  per  l'accesso  all'istituto  della
liberazione anticipata. Si  prevede,  infatti,  quale  condizione  di
ammissibilita' della domanda, che l'istante sia in astratto  titolato
ad accedere, nei novanta giorni, a misure alternative alla detenzione
o ad altro beneficio penitenziario, fruendo della  concessione  della
liberazione anticipata; si prevede, altresi', che, beneficiandone, si
accingerebbe,  nel  medesimo  termine   di   novanta   giorni,   alla
scarcerazione. Se ha altro interesse, poi, ad ottenere la valutazione
della sua domanda si prescrive l'obbligo di  indicarlo  espressamente
(e detto interesse  sembra  sovrapporsi  alla  sola  possibilita'  di
ottenere uno scioglimento  di  cumulo,  per  l'ipotesi  che,  con  la
concessione della riduzione di pena  ex  art.  54  ord.  pen.,  possa
accedere ai benefici gia' richiamati). Cio' puo' determinare frizioni
con il fine rieducativo cui e' orientata l'esecuzione della pena. 
    2. In particolare, si deve annotare che la finalita'  rieducativa
della pena - divenuta in tempi piu' recenti patrimonio della  cultura
giuridica  europea  -  introduce  una  dimensione   del   trattamento
sanzionatorio assolutamente costante. 
    Da  una  concezione  in   senso   prettamente   «retributivo»   e
«preventivo» (quale deterrente alla commissione di  nuovi  illeciti),
in forza dell'art. 27,  3  co.  della  Costituzione  la  pena  assume
primariamente una connotazione di «recupero sociale», finalizzata  al
reinserimento nella societa' del colpevole. 
    I  principi  costituzionali  in  materia  mirano   a   bilanciare
l'efficienza repressiva con  la  garanzia  dei  diritti  fondamentali
della  persona.   Sono   oramai   superati   gli   orientamenti   che
interpretavano il finalismo rieducativo come «marginale o addirittura
eventuale» e, comunque, circoscritto entro i limiti  del  trattamento
penitenziario in senso stretto. 
    A far data dalla decisione di questa ecc.ma Corte  costituzionale
(sentenza n. 313  del  1990)  si  e'  chiarito  che  afflittivita'  e
retribuzione rappresentano condizioni minime dell'esecuzione, ma  che
esse  non  pregiudicano  la   finalita'   rieducativa   espressamente
consacrata dalla Costituzione stessa. 
    Del resto, non va trascurato che la finalita' rieducativa  e'  la
sola «espressamente consacrata in Costituzione»: essa  finalita'  non
puo', dunque, essere ritenuta estranea  alla  legittimazione  e  alla
funzione stessa della pena. Consegue  che  la  pena  deve  tendere  a
rieducare; il fine del recupero del reo, allora, non  si  risolve  in
una generica tendenza del trattamento  penitenziario,  ma  segna  una
delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano  l'esecuzione
della pena nel suo contenuto ontico. 
    Il finalismo rieducativo informa, pertanto, il sistema penale nel
suo complesso. Anche l'effetto della prevenzione  speciale,  percio',
puo' essere perseguito  con  tecniche  che  mirano  a  perseguire  la
risocializzazione del reo (Corte costituzionale n. 313 del 1990). 
    La finalita' di recupero del reo, di orientarlo al rispetto delle
regole basilari della convivenza e di incoraggiarlo ad  intraprendere
un percorso rieducativo, segna questa tendenza e mira  a  scongiurare
che lo stesso soggetto possa tornare a delinquere. 
    La stessa Corte EDU ha posto la  rieducazione  come  fondamentale
funzione della pena negli  Stati  europei  (GC  Vinters  2013)  e  il
«diritto alla risocializzazione» del detenuto; non solo, infatti,  lo
Stato deve riconoscere e garantire  la  rieducazione  come  finalita'
della pena, ma deve anche  intraprendere  tutte  le  azioni  positive
volte a realizzare tale fine in base ad  un  obbligo  positivo,  come
evidenziato in particolare  nella  sentenza  Murray  (Corte  EDU,  26
aprile 2016, Murray  c.  Paesi  Bassi  (GC),  n.  10511/10),  fondato
sull'art. 3 CEDU e, quindi, sul rispetto della dignita' umana,  ossia
un diritto assoluto e inderogabile. 
    E' indiscutibile che la liberazione anticipata, prevista dall'art
54 ord. pen., cooperi a questo fine ed abbia  il  significato  di  un
istituto  tipicamente  volto  alla  progressione  trattamentale,   in
funzione della rieducazione del detenuto. 
    3. Deve osservarsi che, dopo  le  modifiche  intervenute  con  la
legge n. 663  del  1986,  la  Corte  di  cassazione  aveva  suggerito
un'interpretazione globale, o  unitaria,  per  la  valutazione  della
condotta adesiva da parte del condannato all'opera rieducativa. 
    Da parte di taluno, all'epoca, si era  ritenuto  che  l'approccio
teste' detto contrastasse con il principio  di  uguaglianza,  perche'
v'era il  rischio  di  trattamenti  discriminatori  fra  detenuti,  a
seconda che il giudice  attribuisse  prevalenza  decisiva  all'uno  o
all'altro periodo, nel corso dell'intera opera  di  rieducazione.  Si
trattava, d'altro canto, di  un'applicazione  non  in  linea  con  la
finalita' di risocializzazione, scopo costituzionalmente  presidiato,
per effetto del dato testuale riportato nell'art. 27, comma  3  della
Costituzione.  All'evidenza,  si  manifestava  il   timore   di   una
svalutazione finale anche di comportamenti adesivi, con il  risultato
non di rieducare, ma  di  scoraggiare  e  disincentivare  ogni  «buon
proposito», da parte del detenuto. 
    La natura dell'istituto evocava, sin dalla sua introduzione,  una
categoria nuova per la tradizione giuridica. 
    La  liberazione   anticipata   era   stata,   infatti,   inserita
nell'ordinamento   penitenziario   con   l'intento   di   sollecitare
l'adesione  e  la  partecipazione  all'azione  di  rieducazione   dei
soggetti sottoposti  a  trattamento  penale.  In  questa  logica,  si
colloca la riduzione di  pena  di  quarantacinque  giorni,  per  ogni
semestre di esecuzione espiata. A  fronte  della  prova  concreta  di
partecipazione all'opera di rieducazione  si  riconosce,  dunque,  il
beneficio indicato. 
    L'istituto non si risolve, tuttavia, solo nell'inserimento di  un
parametro di calcolo, per effettuare la riduzione di pena,  ma  fissa
il punto di forza dello strumento rieducativo, come  insegnato  dalle
esperienze e dagli approfondimenti della scienza criminologica. 
    Specie nel passato, si e' evidenziato come l'aspetto  sintomatico
del  comportamento  delinquenziale  e'  dato   dall'incapacita'   del
soggetto di risolvere le problematiche di vita,  attraverso  mezzi  e
per vie socialmente accettabili. Il singolo non ha, generalmente,  in
questa prospettiva, abitudine a sopportare sacrifici e fatiche, nella
logica di conseguire un bene futuro, che potrebbe anche non ottenere. 
    Quello descritto e' un atteggiamento che spesso  caratterizza  il
condannato sottoposto a trattamento di rieducazione. 
    Il trattamento con quella finalita', tuttavia, evolve nel  tempo.
Esso  si  connota  di  tratti  individualizzati,  per  ogni   singolo
ristretto,  segnando  vere   fasi   strutturali   di   crescita   che
accompagnano l'impegno del soggetto in espiazione.  Da  atteggiamenti
iniziali, solo formalmente  aderenti  alla  rieducazione,  si  passa,
spesso e in ordinario, a fasi diverse della trasformazione personale,
con rielaborazione della devianza e adesione a percorso  intramurario
di ben diversa consapevolezza. Si avvia,  cioe',  il  detenuto  verso
forme  di  crescita  con  un  approccio  nuovo  rispetto  al  delitto
commesso, che viene progressivamente e consapevolmente ripudiato. 
    Si coglie cosi' la complessita' del percorso di rieducazione, non
definibile in termini assoluti e generalizzati per  intere  categorie
soggettive. 
    La rieducazione, piuttosto,  e'  necessariamente  collegata  alle
esperienze  di  vita  individuale,  alla  scaturigine  del   delitto,
all'ambiente in cui esso e' maturato e a tutti i  fattori  che  hanno
alimentato la spinta a delinquere. E' un percorso che si  rivelerebbe
fallace e di maggiore difficolta', la'  dove  non  si  riconoscessero
incentivi  adeguati  che  favoriscano,  di  volta   in   volta,   una
partecipazione all'azione di  risocializzazione;  obiettivo  siffatto
non e' favorito  se  il  premio  e'  rappresentato  da  un  beneficio
disancorato  dalla  percezione  immediata  e  posto  temporalmente  a
chiusura del percorso di reclusione, a distanza anche di  molti  anni
dal fatto. Cio' perche' il  procedere  trattamentale  e'  rimesso  al
rischio di uno  scrutinio  futuro  e  incerto.  Il  riservare  ad  un
giudizio  lontano,  finale  e  condizionato  dall'andamento   globale
dell'esperienza carceraria, rischia di compromettere il comportamento
del detenuto e la sua adesione  alle  proposte  rieducative  interne,
vanificando,    nel    divenire    quotidiano,    la    rieducazione,
costituzionalmente imposta. 
    Invero, il decorso del tempo, non di rado lungo, in  ragione  del
lontano fine pena, attenua la valutazione positiva  da  compiere  sui
singoli semestri oggetto d'esame ed  espone  al  rischio  di  perdere
sfumature comportamentali  e  sacrifici  quotidiani,  affrontati  dal
singolo,  che   richiedono   delibazioni   immediate   e,   comunque,
continuative e prossime al singolo semestre, potendo ricostruire,  in
una logica di completezza e di effettivita', ogni  particolare  della
condotta adesiva o meno del  detenuto.  Diversamente  si  rischia  di
finire per annullare  ogni  incentivo  psicologico,  frustrandone  lo
scopo a causa dell'incertezza che il futuro potrebbe  riservare  agli
sforzi adesivi degli interessati. In questa logica gli articoli  3  e
27, terzo comma, della Costituzione riceverebbero grave lesione. 
    L'impostazione tracciata era stata gia'  lucidamente  individuata
da questa ecc.ma Corte  costituzionale  (sentenza  n.  276/1990)  che
aveva  evidenziato  come   la   valutazione   semestralizzata   nella
concessione della liberazione anticipata  fosse  da  considerare  «il
punto di forza dello  strumento  rieducativo,  che  si  collega  agli
insegnamenti della terapia criminologica ... una  sollecitazione  che
impegna le energie volitive del condannato  alla  prospettiva  di  un
premio da cogliere in un breve lasso di tempo, purche' in quel  tempo
egli riesca a dare adesione all'azione rieducativa». La stessa  Corte
costituzionale, gia' in anni  meno  vicini,  sottolineando  i  «forti
dissensi» che suscitava la tesi  della  Corte  di  cassazione,  aveva
esplicitamente affermato,  sia  pure  ad  altro  proposito,  che  «un
periodo minimo di' sei mesi trascorso in detenzione e' di consistenza
tale da dare credibilita' al comportamento avuto dal  condannato  nel
corso della detenzione stessa» (cfr.  sentenza  28  aprile  1983,  n.
137). 
    4. La riforma recentemente attuata che, in punto  procedimentale,
e' intervenuta, tra l'altro, sull'art. 69-bis legge 26  luglio  1975,
n. 354, nell'iter di  riconoscimento  della  liberazione  anticipata,
ritiene  il  rimettente,   sia   in   contrasto   con   i   parametri
costituzionali sopra indicati e, soprattutto, strida con la finalita'
rieducativa della pena di cui all'art. 27 comma 3 ultima parte  della
Costituzione. 
    La liberazione anticipata, invero, e' un  istituto  trattamentale
che opera nella logica sinallagmatica enunciata. 
    La partecipazione all'opera  di  rieducazione  e  alle  attivita'
trattamentali permette al detenuto di fruire di una detrazione di  45
giorni per ogni semestre di pena scontata. 
    L'intervento  di  riforma  disallinea  l'istituto  de  quo  dalla
finalita'  anzidetta  e,  recuperandone  il   rilievo   di   «computo
algebrico», finisce per discostare la partecipazione quotidiana  alle
attivita'  carcerarie  dal  premio  che  il  detenuto   aspetta,   in
immediato, di  ricevere  per  il  singolo  semestre  di  riferimento.
Soprattutto,  la  riforma  crea  uno  scarto  tra  condotta   adesiva
all'opera di rieducazione e beneficio da riconoscere con  imputazione
semestralizzata,   incidendo    sulla    regola    di    progressione
trattamentale. 
    Cosi'   operando   la   riforma   rischia   di   consolidare   un
ridimensionamento  importante   degli   atteggiamenti   adesivi   dei
detenuti. 
    Costoro vedono,  almeno  per  i  singoli  semestri,  anteriori  e
lontani  dal  novantesimo  giorno  dalla  scarcerazione   (virtuale),
allontanarsi  il  premio  trattamentale  della  riduzione  di   pena,
obiettivo per il cui conseguimento si  sono  impegnati,  abdicando  a
spinte in senso contrario. 
    La  dimensione  trattamentale   progressiva   della   liberazione
anticipata vive proprio  di  questo  nucleo  strutturale  essenziale:
vedersi riconoscere, per ogni semestre di pena,  la  riduzione  della
restrizione. Il tutto con una decisione immediata  e  sostanzialmente
coeva o di poco successiva al completamento del semestre stesso. Essa
funge da meccanismo incentivante per il detenuto e la  partecipazione
alla risocializzazione riesce ad avviare il  ristretto  ad  una  vera
rieducazione e ad un progressivo reinserimento sociale. 
    L'intervento riformatore attuato con l'art. 5  (Interventi  sulla
liberazione anticipata)  del  decreto-legge  4  luglio  2024,  n.  92
(decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n.  112,  va
in una direzione opposta. 
    Esso  prevede  tempi  procedimentali  «chiusi»  in  cui  si  puo'
avanzare la richiesta del beneficio. 
    L'art. 69-bis comma 1 legge 26 luglio 1975, n. 354,  prevede  che
quando sia richiesta una misura  alternativa  o  altro  beneficio  il
magistrato di sorveglianza conceda, previa verifica dei  presupposti,
la liberazione anticipata, maturata nel frattempo. E'  normativamente
espressa, dunque, la previsione secondo  cui  l'istanza  puo'  essere
presentata dal detenuto a partire dal novantesimo giorno, antecedente
al maturare dei presupposti per una misura alternativa o per un altro
beneficio. 
    5. Ebbene, si apre un dubbio di costituzionalita' evidente. 
    Il  nucleo  centrale  della  questione  si  coglie   riflettendo,
infatti,  sulla  previsione  espressa  che  la  domanda  puo'  essere
avanzata solo se ricorra il termine di 90 giorni  dalla  possibilita'
di accedere al beneficio  di  una  misura  alternativa.  Diversamente
l'istanza  risulterebbe  inammissibile,   perche'   priva   del   suo
presupposto normativo. 
    Cio' fa intendere come si finisce per svuotare  l'istituto  della
liberazione  anticipata  della  sua  natura  propria  di   «strumento
trattamentale progressivo». Si conserva, al contrario,  la  rilevanza
dell'istituto in chiave «algebrica», solo in quanto la domanda stessa
sia strumentale ad  abbreviare  la  pena,  per  ottenere  una  misura
alternativa. Cosi' inquadrando normativamente la categoria si annulla
la  finalita'   intrinseca   di   uno   strumento   del   trattamento
penitenziario progressivo, in  stretto  collegamento  funzionale  con
l'attuazione del precetto di  cui  all'art.  27  della  Costituzione,
nella parte in cui assicura che l'esecuzione della pena deve  tendere
alla rieducazione del detenuto. Si finisce,  in  altri  termini,  per
incentrare lo scopo del beneficio su una funzione  servente  rispetto
alle altre  misure  alternative,  scopo,  all'evidenza  ancillare  ed
ulteriore, rispetto alla finalita' primaria della categoria di cui si
discute, che  e'  quella  di  rieducare,  conformemente  al  precetto
superprimario. 
    La liberazione anticipata ha, del  resto,  in  se'  una  funzione
incentivante ed esercita un'influenza positiva  sulla  detenzione  in
corso di esecuzione, in ragione del riconoscimento che  si  abbina  a
ogni semestre di pena scontato. 
    Attraverso  il  riconoscimento  immediato  e  non  differito   si
realizza,  cioe',  un'articolazione  del  trattamento  in  chiave  di
progressiva rieducazione, che  parte  dalle  prime  attribuzioni  del
beneficio e prosegue con gli ulteriori riconoscimenti dei periodi  di
abbuono,  in  ragione   della   costruzione   di   una   progressione
trattamentale che procede per stadi e costruisce,  in  ordinario,  un
processo di maturazione e di crescita personologica che allontana  il
singolo detenuto dalla devianza. 
    L'adesione del detenuto all'opera rieducativa, dunque, durante il
semestre  involge   che   la   riduzione   di   pena   debba   essere
necessariamente concessa, in immediato, per il riscontro positivo che
essa partecipazione determina. Solo cosi'  si  genera  un  sinallagma
incentivante tra partecipazione e riconoscimento  del  beneficio  che
consolida la progressione in funzione della rieducazione del detenuto
e della pena costituzionalmente presidiata. 
    Cio' vale anche la' dove la richiesta dovesse essere respinta, da
parte  del  magistrato  di  sorveglianza,   per   condotte   ritenute
antidoverose e non conformi al percorso rieducativo. 
    In una logica di progressione  trattamentale,  anche  un  decisum
negativo, sulla richiesta di concessione del beneficio, puo' avere un
significato  pedagogico  ed  indurre   a   rielaborare,   in   chiave
costruttiva, eventuali e possibili condotte, che siano state ritenute
non conformi all'opera di rieducazione offerta al detenuto. 
    Si comprende, dunque, quanto sia importante il confronto  diretto
con il provvedimento giurisdizionale e con  la  valutazione  operata,
nell'immediato dal magistrato di sorveglianza. 
    Con l'intervento normativo  da  ultimo  attuato  si  espande  una
tendenziale attuazione della teoria  cd.  globale.  La  logica  della
semestralizzazione, risulta solo formale, come canone di  valutazione
del comportamento. 
    Se si scinde la  possibilita'  di  decidere  in  immediato  sulla
concessione del beneficio e  se  ne  differisce  lo  scrutinio  e  la
decisione  al  novantesimo  giorno  dalla   scarcerazione   o   dalla
possibilita' di accesso alle misure, specie nelle lunghe  detenzioni,
si finisce per incidere irrimediabilmente sulla finalita' anzidetta e
sulla funzione di strumento trattamentale progressivo che pertiene ad
essa liberazione anticipata. Soprattutto si preclude al  detenuto  di
acquisire  consapevolezza  sui  parametri  che  sono  utilizzati  per
valutare l'effettivita' della sua adesione al percorso di recupero in
funzione della risocializzazione. 
    A cio' si aggiunge la constatazione di una oggettiva difficolta',
a distanza di tempo, di riuscire a disporre di elementi concreti  che
possano ancorare i fatti e  i  comportamenti  tenuti  all'atteggiarsi
della  specifica  congiuntura  temporale  in   cui   essi   si   sono
concretizzati. Si rende, cosi', difficile o impossibile  un  giudizio
realistico ed effettivo sulla piena adesione al trattamento proposto,
in ragione della collocazione temporale di semestri,  oramai  lontani
nel tempo. 
    Piuttosto, la valutazione sulla  concessione  o  sulla  negazione
della detrazione, oltre a fondarsi  su  un  giudizio  realistico  sul
riconoscimento  della  condotta  di  partecipazione  del   condannato
all'opera rieducativa, funge da  stimolo  insostituibile  (anche  nei
casi di rigetto) per le scelte individuali del detenuto, stimolandolo
a tenere comportamenti adesivi  e  spingendolo  ad  un  miglioramento
nelle scelte di condotta, in guisa tale  da  evitare  iniziative  che
abbiano  potuto  eventualmente  indurre  valutazioni   negative   sul
beneficio e che siano state stimate non conformi  con  la  regola  di
risocializzazione. 
    Cio' e' in linea con  la  finalita'  dell'istituto,  con  la  sua
stessa ratio e con la funzione di rieducazione, cui  tende  la  Carta
costituzionale. 
    In altri termini, si evidenzia, che la riduzione di pena  non  ha
un carattere gratuito e pietistico o paternalistico,  ma  rappresenta
una  risposta  premiale  allo  sforzo  che  il   condannato   compie,
adeguandosi all'opera  diuturna  dell'Istituzione  che,  mediante  la
rieducazione, lo avvia, appunto, al reinserimento sociale. 
    In  questa  logica  la  liberazione  anticipata  diviene  momento
indefettibile di attuazione della  finalita'  rieducativa  che  muove
l'art. 27 della Costituzione. 
    6. La previsione di una  limitazione  in  via  legislativa  della
facolta'  del  detenuto   di   richiedere   il   beneficio,   durante
l'esecuzione  della  pena  -  se  non  ricorrano  le  condizioni   di
maturazione dei limiti temporali per accedere  a  misure  alternative
(90 giorni, antecedenti la possibilita' di fruizione - comma  1  art.
69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354-) ovvero al cospetto di  un  fine
pena imminente (90 giorni) o, ancora, in  mancanza  di  una  espressa
indicazione della  ragione  per  la  quale  si  intende  ottenere  il
riconoscimento - sovverte  questo  tracciato  e  si  pone  in  aperto
contrasto con l'intento di incentivare  una  condotta  partecipativa,
nella prospettiva della finalita' di cui all'ultimo inciso del  terzo
comma dell'art. 27 della Costituzione. 
    E' un diritto del detenuto, piuttosto, scegliere  il  momento  in
cui intende richiedere al magistrato di sorveglianza  la  valutazione
della sua condotta nel singolo periodo di pena e cio'  a  prescindere
dall'accesso  a  misure  alternative  o   dalla   sua   scarcerazione
imminente. Cio' perche'  attraverso  quella  richiesta  il  ristretto
instaura  anche  un  rapporto  valutativo  diretto  sul   suo   agire
intramurario, ricevendone la valutazione  dell'A.G.  Una  limitazione
che  ponga  il  detenuto   nell'impossibilita'   di   richiedere   la
valutazione del suo comportamento durante un semestre,  al  di  fuori
delle strette condizioni di cui all'art. 69-bis riformulato,  rischia
di pregiudicare seriamente la finalita' dell'istituto,  in  un'ottica
di rispetto dell'art 27 della Costituzione e finisce per incidere sul
trattamento  rieducativo,  che  puo'  razionalmente  subire   battute
d'arresto non giustificate, ne' volute dalla Carta costituzionale. 
    In altri termini, pur  non  incidendo  direttamente  sull'an  del
beneficio, la  normativa  di  riforma,  in  una  logica  restrittiva,
modifica  integralmente  il  quomodo  della  richiesta.  Essa   cosi'
comprime la finalita' di rieducazione che ad essa pertiene  e  limita
una serie di sviluppi positivi che, nell'immediato, il riconoscimento
di esso beneficio o il suo diniego potrebbero  sortire  sulle  scelte
comportamentali del ristretto. 
    7. D'altro canto, la norma qui scrutinata (art. 69-bis  legge  26
luglio 1975, n. 354) sembra, per quanto premesso, in contrasto  anche
con  il  principio  di  ragionevolezza  di  cui  all'art.   3   della
Costituzione. 
    Essa finisce, invero, mettendo  in  collegamento  strutturale  il
beneficio  de  qua  con  la  sola  possibilita'  di  ottenere  misure
alternative, per comprimere  le  altre  finalita'  della  liberazione
anticipata, valorizzando solo un profilo di  strumentalita'  rispetto
alle anzidette misure alternative e ponendo in evidenza un  connotato
di esclusivita' e necessarieta', che non esaurisce la  finalita'  del
beneficio stesso, caratterizzato da uno spettro  ben  piu'  ampio  di
portata  rieducativa,  in   ossequio   alle   finalita'   cui   tende
l'esecuzione della pena nella sua diuturna applicazione. 
    La  norma,  come  riformulata,   pertanto,   priva   in   maniera
irragionevole il detenuto della possibilita' di chiedere il beneficio
e di fruire di uno stimolo, durante l'espiazione della pena  che  e',
specie in caso di lunghe detenzioni, con fine pena non  prossimo,  il
vero motore esecutivo della  rieducazione  quotidiana  di  colui  che
subisce l'esecuzione della sanzione, caratterizzata, per definizione,
da un'innegabile portata di afflizione. 
    Ne' il ragionamento svolto puo' indurre a risultati diversi,  la'
dove si valorizzi la previsione normativa, anche  contenuta  nell'art
69-bis ord. pen., della possibilita'  di  indicare  espressamente  la
ragione di un riconoscimento «anticipato» del beneficio, su richiesta
del detenuto. 
    Cio' perche' ipotesi siffatta, si e' anticipato,  sembra  ridursi
alla sola richiesta di un possibile scioglimento del cumulo,  che  ha
egualmente ristrette connotazioni applicative  e  postula  l'avvenuta
espiazione della frazione di pena inerente il delitto  cd.  ostativo:
il tutto in funzione, ancora una volta,  dell'accesso  a  una  misura
alternativa o ad un  fine  pena  che  si  collocherebbe  nei  novanta
giorni. 
    Cosi' si finisce per rinnovare, ancora una volta ed accentrare la
decisone, sul solo  aspetto  «strumentale»  della  concessione  della
liberazione anticipata. 
    Del  resto,  non  si  e'  mancato  di  osservare  che  esiste  un
collegamento forte tra il  diritto  al  reinserimento  sociale  e  il
principio di eguaglianza  sostanziale,  ex  art.  3,  comma  2  della
Costituzione, nel senso che la Repubblica ha il compito di  porre  in
essere un programma di interventi, affinche' la pena sia idonea  alla
rieducazione e, dunque, al reinserimento sociale di quei soggetti che
pongono in essere comportamenti  criminosi  a  causa  di  un  pesante
disagio economico e sociale. Allorquando l'art. 2 della  Costituzione
riconosce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia  nelle
formazioni  sociali,  evoca  il  concetto   di   «svolgimento   della
personalita'». Con cio' fa riferimento  sia  a  contesti  in  cui  il
singolo partecipa  volontariamente  e  da  individuo  libero,  sia  a
strutture in cui  la  liberta'  personale  e'  limitata,  in  ragione
dell'esecuzione della  pena.  Proprio  alla  luce  del  principio  di
eguaglianza  sostanziale  lo   status   di   detenuto   comporta   il
riconoscimento di una serie di diritti soggettivi per favorire  forme
di realizzazione della personalita' «paritarie» rispetto alle persone
libere. In altri termini la detenzione  non  puo'  caricarsi  di  una
portata di afflizione non necessaria rispetto alla finalita' precipua
dell'esecuzione della pena.  La  rieducazione  si  prefigge,  dunque,
l'obiettivo di far acquisire  al  reo  i  valori  fondamentali  della
convivenza che tenda, anche  attraverso  i  contatti  con  l'ambiente
esterno al carcere, al suo reinserimento sociale (art.  1,  legge  n.
354 del  1975  e  art.  1,  Capo  I,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 230 del 2000).  Proprio  nel  tentativo  di  conseguire
pienamente la sua finalita',  il  reinserimento  sociale  deve  avere
avvio  durante  la  fase  iniziale  della   pena   e   non   soltanto
immediatamente prima del fine pena. Ora, anche volendo attribuire  al
concetto  evocato  nell'art.  27  della  Costituzione,  un  contenuto
minimale e meramente negativo, limitandolo  al  solo  rispetto  della
legalita' esteriore  e,  cioe',  all'acquisizione  dell'attitudine  a
vivere senza commettere (nuovi)  reati,  diviene  essenziale  che  la
persona  sia  posta  nelle  condizioni  di  assumere   consapevolezza
rispetto ai valori fondamentali del vivere comune. 
    8.  Un'ultima  notazione  va  svolta  riflettendo   sulla   nuova
formulazione dell'art. 69-bis O.P. alla luce anche di quanto indicato
dall'art. 111, comma 7 della  Costituzione.  La  norma  superprimaria
prescrive che tutti i provvedimenti  giurisdizionali  debbano  essere
motivati. 
    La  motivazione  e'  la  cartina  di  tornasole  della   concreta
conoscenza giudiziaria. Il suo  livello  di  approfondimento  dipende
incontrovertibilmente  dal  numero  e   dalla   qualita'   dei   dati
informativi disponibili. 
    Essi  dati  cooperano  ad  una  decisione  giusta  e  soprattutto
effettiva. 
    Disporre di «informazioni» dopo anni di detenzione o  addirittura
decenni, si e' anticipato, non  agevola  una  decisone  immediata  e,
soprattutto, conforme alla attualita' dello  scrutinio  da  compiere,
che e' ancorato a singoli semestri di  conoscenza  sul  comportamento
detentivo. Si evidenzia, in questa  prospettiva,  una  difficolta'  a
raccogliere le fonti di conoscenza  sui  comportamenti  tenuti  e  si
rischia di rendere una decisione che non sia effettivamente  aderente
alla condotta tenuta, anche nella portata del  suo  disvalore,  nella
specifica congiuntura semestrale valutata dopo anni dai fatti. 
    Cio' determina una possibile incidenza  «negativa»  sulla  stessa
«qualita'»  della  decisione  giurisdizionale,  con  difficolta'   di
ricostruzione coerente delle ipotesi che si  debbano  scrutinare,  da
parte del magistrato di sorveglianza, per appurare se  vi  sia  stata
realmente o meno l'adesione consapevole al trattamento penitenziario.
Identica  incidenza  «negativa»  si  rivelerebbe,  a   fronte   della
necessita' di conoscere, in via istruttoria, dati o fatti che abbiano
forza di falsificare il giudizio esprimibile sull'ipotesi,  incidendo
su di essa e sul relativo grado di resistenza. 
    9.  Cio'  posto  si  ritiene  che  il  dubbio   di   legittimita'
costituzionale non sia manifestamente infondato  e  che  la  relativa
decisione debba essere rimessa a questa Ecc.ma Corte  costituzionale,
per ogni valutazione sul merito della  questione.  Esso  dubbio  vale
viepiu', come anticipato, a fronte di lunghe detenzioni -  che  hanno
fine pena lontani nel tempo - e che non sono suscettibili  di  fruire
di misure alternative alla restrizione intramuraria. 
    Rilevanza della questione nel caso de quo. 
    10. Nella specie, S. N.  chiede  la  liberazione  anticipata  nel
periodo compreso tra il 18 gennaio 2024 e il 18 gennaio 2025. 
    Il suo fine pena e' calcolato, alla data del 24  ottobre  2040  e
non ricorrono le condizioni di accesso, nei novanta giorni, a  misure
alternative alla detenzione o per addivenire ad una  concessione  che
trasformerebbe il fine pena da virtuale in reale; ne' il detenuto  ha
indicato altra ragione specifica per la quale chieda  la  liberazione
anticipata. 
    Sulla scorta della fattispecie indicata si coglie come, a  regime
vigente,  per  effetto  della  riforma  indicata  e  qui   impugnata,
l'istanza  dovrebbe  essere  dichiarata  inammissibile,   con   grave
pregiudizio per il trattamento rieducativo del detenuto e con lesione
dell'art. 27 comma 3 ultima parte della Costituzione. 
    Cio'  premesso,  ritenuto  che,  d'ufficio,  si  debba  sollevare
questione di legittimita' costituzionale.  

 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione sviluppata, solleva, nei  termini  indicati,  questione  di
legittimita' costituzionale: 
        dell'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 come modificato
dall'art.   5   (Interventi   sulla   liberazione   anticipata)   del
decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere  sicuro»)  conv.
in legge 8 agosto 2024, n. 112,  ed,  eventualmente,  di  ogni  altra
norma collegata alla disposizione anzidetta, per la violazione  degli
articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui  si  subordina
la  richiesta  del  beneficio  della  liberazione   anticipata   alla
possibilita' di rientrare, nei limiti di pena per accedere  a  misure
alternative (90 giorni anteriori) o di ottenere nello stesso  termine
la scarcerazione ovvero nella parte in cui si impone al detenuto, per
la valutazione della richiesta, di indicare le ragioni specifiche per
le quali si richieda il beneficio  stesso  sospende  il  giudizio  in
corso  sino  all'esito  del  giudizio  incidentale  di   legittimita'
costituzionale; 
    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e che la  presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed  al   pubblico
ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia
comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica. 
      Cosi' deciso in Napoli il 7 marzo 2025 
 
                                 Il Magistrato di sorveglianza: Cairo