Reg. ord. n. 75 del 2025 pubbl. su G.U. del 30/04/2025 n. 18
Ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli del 10/03/2025
Tra: N. S.
Oggetto:
Ordinamento penitenziario – Procedimento in materia di liberazione anticipata – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92 del 2024, come convertito – Richiesta del beneficio subordinata alla possibilità di rientrare nei limiti di pena per accedere, nel termine di novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o di ottenere nello stesso termine la scarcerazione – Previsione che il condannato debba indicare, per la valutazione della richiesta, le ragioni specifiche per le quali si richiede il beneficio – Violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.
Norme impugnate:
legge
del 26/07/1975
Num. 354
Art. 69
decreto-legge
del 04/07/2024
Num. 92
Art. 5
Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 27
Co. 3
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2025
Ordinanza del 10 marzo 2025 del Tribunale di sorveglianza di Napoli
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di N. S..
Ordinamento penitenziario - Procedimento in materia di liberazione
anticipata - Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92
del 2024, come convertito - Richiesta del beneficio subordinata
alla possibilita' di rientrare nei limiti di pena per accedere, nel
termine di novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o
di ottenere nello stesso termine la scarcerazione - Previsione che
il condannato debba indicare, per la valutazione della richiesta,
le ragioni specifiche per le quali si richiede il beneficio.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario
e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta'), art. 69-bis, come modificato dall'art. 5, comma 3, del
decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (Misure urgenti in materia
penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del
Ministero della giustizia), convertito, con modificazioni, nella
legge 8 agosto 2024, n. 112.
(GU n. 18 del 30-04-2025)
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI NAPOLI
Il magistrato di sorveglianza dott. Antonio Cairo visti gli atti
relativi al procedimento nei confronti di S. N. nato a ... (...) il
... detenuto presso la Casa Circondariale di Napoli Secondigliano.
Avente ad oggetto l'istanza di concessione del beneficio della
liberazione anticipata ex art. 54 legge 26 luglio 1975, n. 354
Nell'esaminare la questione relativa alla richiesta del beneficio
della liberazione anticipata ai sensi degli articoli 54 e 69-bis,
della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della liberta'), come sostituito, da ultimo, dal decreto-legge 4
luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto
2024, n. 112, art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) che ha
introdotto il nuovo comma 10-bis nell'art 656 codice di procedura
penale ed ha modificato l'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in
punto procedimentale, per la richiesta del beneficio;
Ritenuto di dover procedere, d'ufficio, allo scrutinio sulla
rilevanza e non manifesta infondatezza della costituzionalita' del
quadro normativo modificato con gli articoli 27, comma 3 ult. parte
Cost. e 3 Cost.
Osserva
S. N. chiede la liberazione anticipata nel periodo compreso tra
il 18 gennaio 2024 e il 18 gennaio 2025.
Il suo fine pena e' calcolato alla data del 24 ottobre 2040 e non
ricorrono le condizioni di accesso, nei novanta giorni, a misure
alternative alla detenzione o per addivenire ad una concessione che
determinerebbe la scarcerazione; ne' il detenuto ha indicato altra
ragione specifica per la quale chieda la liberazione anticipata.
Sulla scorta della fattispecie indicata si coglie come, a regime
vigente, per effetto della riforma indicata dell'art. 69-bis legge 26
luglio 1975, n. 354, l'istanza dovrebbe essere dichiarata
inammissibile, con pregiudizio per il trattamento rieducativo e con
lesione dell'art. 27, comma 3, ultima parte e dell'art. 3 della
Costituzione
Invero l'art 69-bis ord. pen., come riformulato dall'art. 5,
comma 3 del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, convertito con
modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 112, prevede che:
«1. In occasione di ogni istanza di accesso alle misure
alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai
quali nel computo della misura della pena espiata e' rilevante la
liberazione anticipata ai sensi dell'art. 54, comma 4, il magistrato
di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la
concessione della liberazione anticipata in relazione ad ogni
semestre precedente. L'istanza di cui al periodo precedente puo'
essere presentata a decorrere dal termine di novanta giorni
antecedente al maturare dei presupposti per l'accesso alle misure
alternative alla detenzione o agli altri benefici analoghi, come
individuato computando le detrazioni previste dall'art. 54.
2. Nel termine di novanta giorni antecedente al maturare del
termine di conclusione della pena da espiare, come individuato
computando le detrazioni previste dall'art. 54, il magistrato di
sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la
concessione della liberazione anticipata in relazione ai semestri che
non sono gia' stati oggetto di valutazione ai sensi del comma 1 e del
comma 3.
3. Il condannato puo' formulare istanza di liberazione
anticipata quando vi abbia uno specifico interesse, diverso da quelli
di cui ai commi 1 e 2, che deve essere indicato, a pena di
inammissibilita', nell'istanza medesima...».
Parametri costituzionali di riferimento rispetto ai quali si
svolge lo scrutinio di rilevanza e non manifesta infondatezza del
quadro normativo indicato: articoli 3 e 27 comma 3 ult. parte Cost.
Premesso che
La non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale, va scrutinata dal giudice di merito non per stabilire
la fondatezza o meno di essa questione, ma al solo fine di verificare
se essa sia manifestamente infondata e, dunque, se si enuclei un
dubbio plausibile di costituzionalita';
La rilevanza della questione esaminata risiede nella necessita'
di applicare il quadro normativo sopra tracciato, per decidere sulla
richiesta di liberazione anticipata formulata dal detenuto che, nella
specie, in applicazione della modifica normativa, da ultimo
introdotta, determinerebbe la dichiarazione di inammissibilita' o di
non procedibilita' della domanda del beneficio penitenziario, di
converso invocato;
Cio' premesso, si osserva quanto segue.
1. Si dubita, nella presente sede, della legittimita'
costituzionale dell'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in
vigore alla data odierna, per effetto della modifica apportata
dall'art. 5 del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere
sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n. 112, art. 5 (Interventi
sulla liberazione anticipata) che modificando la norma anzidetta, in
punto procedimentale, per la richiesta del beneficio della
liberazione anticipata, restringe sensibilmente i tempi per la
presentazione della domanda stessa da parte del detenuto in
esecuzione.
In altri termini, secondo il quadro riformulato, il detenuto non
puo' piu' avanzare istanza di concessione della liberazione
anticipata allo scadere di ogni singolo semestre; deve, piuttosto,
trovarsi in una delle condizioni soggettive legittimanti la richiesta
e rigidamente indicate in via normativa. Esse condizioni definiscono,
secondo la nuova formulazione dell'art. 69-bis ord. pen., un
perimetro decisamente limitato, per l'accesso all'istituto della
liberazione anticipata. Si prevede, infatti, quale condizione di
ammissibilita' della domanda, che l'istante sia in astratto titolato
ad accedere, nei novanta giorni, a misure alternative alla detenzione
o ad altro beneficio penitenziario, fruendo della concessione della
liberazione anticipata; si prevede, altresi', che, beneficiandone, si
accingerebbe, nel medesimo termine di novanta giorni, alla
scarcerazione. Se ha altro interesse, poi, ad ottenere la valutazione
della sua domanda si prescrive l'obbligo di indicarlo espressamente
(e detto interesse sembra sovrapporsi alla sola possibilita' di
ottenere uno scioglimento di cumulo, per l'ipotesi che, con la
concessione della riduzione di pena ex art. 54 ord. pen., possa
accedere ai benefici gia' richiamati). Cio' puo' determinare frizioni
con il fine rieducativo cui e' orientata l'esecuzione della pena.
2. In particolare, si deve annotare che la finalita' rieducativa
della pena - divenuta in tempi piu' recenti patrimonio della cultura
giuridica europea - introduce una dimensione del trattamento
sanzionatorio assolutamente costante.
Da una concezione in senso prettamente «retributivo» e
«preventivo» (quale deterrente alla commissione di nuovi illeciti),
in forza dell'art. 27, 3 co. della Costituzione la pena assume
primariamente una connotazione di «recupero sociale», finalizzata al
reinserimento nella societa' del colpevole.
I principi costituzionali in materia mirano a bilanciare
l'efficienza repressiva con la garanzia dei diritti fondamentali
della persona. Sono oramai superati gli orientamenti che
interpretavano il finalismo rieducativo come «marginale o addirittura
eventuale» e, comunque, circoscritto entro i limiti del trattamento
penitenziario in senso stretto.
A far data dalla decisione di questa ecc.ma Corte costituzionale
(sentenza n. 313 del 1990) si e' chiarito che afflittivita' e
retribuzione rappresentano condizioni minime dell'esecuzione, ma che
esse non pregiudicano la finalita' rieducativa espressamente
consacrata dalla Costituzione stessa.
Del resto, non va trascurato che la finalita' rieducativa e' la
sola «espressamente consacrata in Costituzione»: essa finalita' non
puo', dunque, essere ritenuta estranea alla legittimazione e alla
funzione stessa della pena. Consegue che la pena deve tendere a
rieducare; il fine del recupero del reo, allora, non si risolve in
una generica tendenza del trattamento penitenziario, ma segna una
delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano l'esecuzione
della pena nel suo contenuto ontico.
Il finalismo rieducativo informa, pertanto, il sistema penale nel
suo complesso. Anche l'effetto della prevenzione speciale, percio',
puo' essere perseguito con tecniche che mirano a perseguire la
risocializzazione del reo (Corte costituzionale n. 313 del 1990).
La finalita' di recupero del reo, di orientarlo al rispetto delle
regole basilari della convivenza e di incoraggiarlo ad intraprendere
un percorso rieducativo, segna questa tendenza e mira a scongiurare
che lo stesso soggetto possa tornare a delinquere.
La stessa Corte EDU ha posto la rieducazione come fondamentale
funzione della pena negli Stati europei (GC Vinters 2013) e il
«diritto alla risocializzazione» del detenuto; non solo, infatti, lo
Stato deve riconoscere e garantire la rieducazione come finalita'
della pena, ma deve anche intraprendere tutte le azioni positive
volte a realizzare tale fine in base ad un obbligo positivo, come
evidenziato in particolare nella sentenza Murray (Corte EDU, 26
aprile 2016, Murray c. Paesi Bassi (GC), n. 10511/10), fondato
sull'art. 3 CEDU e, quindi, sul rispetto della dignita' umana, ossia
un diritto assoluto e inderogabile.
E' indiscutibile che la liberazione anticipata, prevista dall'art
54 ord. pen., cooperi a questo fine ed abbia il significato di un
istituto tipicamente volto alla progressione trattamentale, in
funzione della rieducazione del detenuto.
3. Deve osservarsi che, dopo le modifiche intervenute con la
legge n. 663 del 1986, la Corte di cassazione aveva suggerito
un'interpretazione globale, o unitaria, per la valutazione della
condotta adesiva da parte del condannato all'opera rieducativa.
Da parte di taluno, all'epoca, si era ritenuto che l'approccio
teste' detto contrastasse con il principio di uguaglianza, perche'
v'era il rischio di trattamenti discriminatori fra detenuti, a
seconda che il giudice attribuisse prevalenza decisiva all'uno o
all'altro periodo, nel corso dell'intera opera di rieducazione. Si
trattava, d'altro canto, di un'applicazione non in linea con la
finalita' di risocializzazione, scopo costituzionalmente presidiato,
per effetto del dato testuale riportato nell'art. 27, comma 3 della
Costituzione. All'evidenza, si manifestava il timore di una
svalutazione finale anche di comportamenti adesivi, con il risultato
non di rieducare, ma di scoraggiare e disincentivare ogni «buon
proposito», da parte del detenuto.
La natura dell'istituto evocava, sin dalla sua introduzione, una
categoria nuova per la tradizione giuridica.
La liberazione anticipata era stata, infatti, inserita
nell'ordinamento penitenziario con l'intento di sollecitare
l'adesione e la partecipazione all'azione di rieducazione dei
soggetti sottoposti a trattamento penale. In questa logica, si
colloca la riduzione di pena di quarantacinque giorni, per ogni
semestre di esecuzione espiata. A fronte della prova concreta di
partecipazione all'opera di rieducazione si riconosce, dunque, il
beneficio indicato.
L'istituto non si risolve, tuttavia, solo nell'inserimento di un
parametro di calcolo, per effettuare la riduzione di pena, ma fissa
il punto di forza dello strumento rieducativo, come insegnato dalle
esperienze e dagli approfondimenti della scienza criminologica.
Specie nel passato, si e' evidenziato come l'aspetto sintomatico
del comportamento delinquenziale e' dato dall'incapacita' del
soggetto di risolvere le problematiche di vita, attraverso mezzi e
per vie socialmente accettabili. Il singolo non ha, generalmente, in
questa prospettiva, abitudine a sopportare sacrifici e fatiche, nella
logica di conseguire un bene futuro, che potrebbe anche non ottenere.
Quello descritto e' un atteggiamento che spesso caratterizza il
condannato sottoposto a trattamento di rieducazione.
Il trattamento con quella finalita', tuttavia, evolve nel tempo.
Esso si connota di tratti individualizzati, per ogni singolo
ristretto, segnando vere fasi strutturali di crescita che
accompagnano l'impegno del soggetto in espiazione. Da atteggiamenti
iniziali, solo formalmente aderenti alla rieducazione, si passa,
spesso e in ordinario, a fasi diverse della trasformazione personale,
con rielaborazione della devianza e adesione a percorso intramurario
di ben diversa consapevolezza. Si avvia, cioe', il detenuto verso
forme di crescita con un approccio nuovo rispetto al delitto
commesso, che viene progressivamente e consapevolmente ripudiato.
Si coglie cosi' la complessita' del percorso di rieducazione, non
definibile in termini assoluti e generalizzati per intere categorie
soggettive.
La rieducazione, piuttosto, e' necessariamente collegata alle
esperienze di vita individuale, alla scaturigine del delitto,
all'ambiente in cui esso e' maturato e a tutti i fattori che hanno
alimentato la spinta a delinquere. E' un percorso che si rivelerebbe
fallace e di maggiore difficolta', la' dove non si riconoscessero
incentivi adeguati che favoriscano, di volta in volta, una
partecipazione all'azione di risocializzazione; obiettivo siffatto
non e' favorito se il premio e' rappresentato da un beneficio
disancorato dalla percezione immediata e posto temporalmente a
chiusura del percorso di reclusione, a distanza anche di molti anni
dal fatto. Cio' perche' il procedere trattamentale e' rimesso al
rischio di uno scrutinio futuro e incerto. Il riservare ad un
giudizio lontano, finale e condizionato dall'andamento globale
dell'esperienza carceraria, rischia di compromettere il comportamento
del detenuto e la sua adesione alle proposte rieducative interne,
vanificando, nel divenire quotidiano, la rieducazione,
costituzionalmente imposta.
Invero, il decorso del tempo, non di rado lungo, in ragione del
lontano fine pena, attenua la valutazione positiva da compiere sui
singoli semestri oggetto d'esame ed espone al rischio di perdere
sfumature comportamentali e sacrifici quotidiani, affrontati dal
singolo, che richiedono delibazioni immediate e, comunque,
continuative e prossime al singolo semestre, potendo ricostruire, in
una logica di completezza e di effettivita', ogni particolare della
condotta adesiva o meno del detenuto. Diversamente si rischia di
finire per annullare ogni incentivo psicologico, frustrandone lo
scopo a causa dell'incertezza che il futuro potrebbe riservare agli
sforzi adesivi degli interessati. In questa logica gli articoli 3 e
27, terzo comma, della Costituzione riceverebbero grave lesione.
L'impostazione tracciata era stata gia' lucidamente individuata
da questa ecc.ma Corte costituzionale (sentenza n. 276/1990) che
aveva evidenziato come la valutazione semestralizzata nella
concessione della liberazione anticipata fosse da considerare «il
punto di forza dello strumento rieducativo, che si collega agli
insegnamenti della terapia criminologica ... una sollecitazione che
impegna le energie volitive del condannato alla prospettiva di un
premio da cogliere in un breve lasso di tempo, purche' in quel tempo
egli riesca a dare adesione all'azione rieducativa». La stessa Corte
costituzionale, gia' in anni meno vicini, sottolineando i «forti
dissensi» che suscitava la tesi della Corte di cassazione, aveva
esplicitamente affermato, sia pure ad altro proposito, che «un
periodo minimo di' sei mesi trascorso in detenzione e' di consistenza
tale da dare credibilita' al comportamento avuto dal condannato nel
corso della detenzione stessa» (cfr. sentenza 28 aprile 1983, n.
137).
4. La riforma recentemente attuata che, in punto procedimentale,
e' intervenuta, tra l'altro, sull'art. 69-bis legge 26 luglio 1975,
n. 354, nell'iter di riconoscimento della liberazione anticipata,
ritiene il rimettente, sia in contrasto con i parametri
costituzionali sopra indicati e, soprattutto, strida con la finalita'
rieducativa della pena di cui all'art. 27 comma 3 ultima parte della
Costituzione.
La liberazione anticipata, invero, e' un istituto trattamentale
che opera nella logica sinallagmatica enunciata.
La partecipazione all'opera di rieducazione e alle attivita'
trattamentali permette al detenuto di fruire di una detrazione di 45
giorni per ogni semestre di pena scontata.
L'intervento di riforma disallinea l'istituto de quo dalla
finalita' anzidetta e, recuperandone il rilievo di «computo
algebrico», finisce per discostare la partecipazione quotidiana alle
attivita' carcerarie dal premio che il detenuto aspetta, in
immediato, di ricevere per il singolo semestre di riferimento.
Soprattutto, la riforma crea uno scarto tra condotta adesiva
all'opera di rieducazione e beneficio da riconoscere con imputazione
semestralizzata, incidendo sulla regola di progressione
trattamentale.
Cosi' operando la riforma rischia di consolidare un
ridimensionamento importante degli atteggiamenti adesivi dei
detenuti.
Costoro vedono, almeno per i singoli semestri, anteriori e
lontani dal novantesimo giorno dalla scarcerazione (virtuale),
allontanarsi il premio trattamentale della riduzione di pena,
obiettivo per il cui conseguimento si sono impegnati, abdicando a
spinte in senso contrario.
La dimensione trattamentale progressiva della liberazione
anticipata vive proprio di questo nucleo strutturale essenziale:
vedersi riconoscere, per ogni semestre di pena, la riduzione della
restrizione. Il tutto con una decisione immediata e sostanzialmente
coeva o di poco successiva al completamento del semestre stesso. Essa
funge da meccanismo incentivante per il detenuto e la partecipazione
alla risocializzazione riesce ad avviare il ristretto ad una vera
rieducazione e ad un progressivo reinserimento sociale.
L'intervento riformatore attuato con l'art. 5 (Interventi sulla
liberazione anticipata) del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92
(decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n. 112, va
in una direzione opposta.
Esso prevede tempi procedimentali «chiusi» in cui si puo'
avanzare la richiesta del beneficio.
L'art. 69-bis comma 1 legge 26 luglio 1975, n. 354, prevede che
quando sia richiesta una misura alternativa o altro beneficio il
magistrato di sorveglianza conceda, previa verifica dei presupposti,
la liberazione anticipata, maturata nel frattempo. E' normativamente
espressa, dunque, la previsione secondo cui l'istanza puo' essere
presentata dal detenuto a partire dal novantesimo giorno, antecedente
al maturare dei presupposti per una misura alternativa o per un altro
beneficio.
5. Ebbene, si apre un dubbio di costituzionalita' evidente.
Il nucleo centrale della questione si coglie riflettendo,
infatti, sulla previsione espressa che la domanda puo' essere
avanzata solo se ricorra il termine di 90 giorni dalla possibilita'
di accedere al beneficio di una misura alternativa. Diversamente
l'istanza risulterebbe inammissibile, perche' priva del suo
presupposto normativo.
Cio' fa intendere come si finisce per svuotare l'istituto della
liberazione anticipata della sua natura propria di «strumento
trattamentale progressivo». Si conserva, al contrario, la rilevanza
dell'istituto in chiave «algebrica», solo in quanto la domanda stessa
sia strumentale ad abbreviare la pena, per ottenere una misura
alternativa. Cosi' inquadrando normativamente la categoria si annulla
la finalita' intrinseca di uno strumento del trattamento
penitenziario progressivo, in stretto collegamento funzionale con
l'attuazione del precetto di cui all'art. 27 della Costituzione,
nella parte in cui assicura che l'esecuzione della pena deve tendere
alla rieducazione del detenuto. Si finisce, in altri termini, per
incentrare lo scopo del beneficio su una funzione servente rispetto
alle altre misure alternative, scopo, all'evidenza ancillare ed
ulteriore, rispetto alla finalita' primaria della categoria di cui si
discute, che e' quella di rieducare, conformemente al precetto
superprimario.
La liberazione anticipata ha, del resto, in se' una funzione
incentivante ed esercita un'influenza positiva sulla detenzione in
corso di esecuzione, in ragione del riconoscimento che si abbina a
ogni semestre di pena scontato.
Attraverso il riconoscimento immediato e non differito si
realizza, cioe', un'articolazione del trattamento in chiave di
progressiva rieducazione, che parte dalle prime attribuzioni del
beneficio e prosegue con gli ulteriori riconoscimenti dei periodi di
abbuono, in ragione della costruzione di una progressione
trattamentale che procede per stadi e costruisce, in ordinario, un
processo di maturazione e di crescita personologica che allontana il
singolo detenuto dalla devianza.
L'adesione del detenuto all'opera rieducativa, dunque, durante il
semestre involge che la riduzione di pena debba essere
necessariamente concessa, in immediato, per il riscontro positivo che
essa partecipazione determina. Solo cosi' si genera un sinallagma
incentivante tra partecipazione e riconoscimento del beneficio che
consolida la progressione in funzione della rieducazione del detenuto
e della pena costituzionalmente presidiata.
Cio' vale anche la' dove la richiesta dovesse essere respinta, da
parte del magistrato di sorveglianza, per condotte ritenute
antidoverose e non conformi al percorso rieducativo.
In una logica di progressione trattamentale, anche un decisum
negativo, sulla richiesta di concessione del beneficio, puo' avere un
significato pedagogico ed indurre a rielaborare, in chiave
costruttiva, eventuali e possibili condotte, che siano state ritenute
non conformi all'opera di rieducazione offerta al detenuto.
Si comprende, dunque, quanto sia importante il confronto diretto
con il provvedimento giurisdizionale e con la valutazione operata,
nell'immediato dal magistrato di sorveglianza.
Con l'intervento normativo da ultimo attuato si espande una
tendenziale attuazione della teoria cd. globale. La logica della
semestralizzazione, risulta solo formale, come canone di valutazione
del comportamento.
Se si scinde la possibilita' di decidere in immediato sulla
concessione del beneficio e se ne differisce lo scrutinio e la
decisione al novantesimo giorno dalla scarcerazione o dalla
possibilita' di accesso alle misure, specie nelle lunghe detenzioni,
si finisce per incidere irrimediabilmente sulla finalita' anzidetta e
sulla funzione di strumento trattamentale progressivo che pertiene ad
essa liberazione anticipata. Soprattutto si preclude al detenuto di
acquisire consapevolezza sui parametri che sono utilizzati per
valutare l'effettivita' della sua adesione al percorso di recupero in
funzione della risocializzazione.
A cio' si aggiunge la constatazione di una oggettiva difficolta',
a distanza di tempo, di riuscire a disporre di elementi concreti che
possano ancorare i fatti e i comportamenti tenuti all'atteggiarsi
della specifica congiuntura temporale in cui essi si sono
concretizzati. Si rende, cosi', difficile o impossibile un giudizio
realistico ed effettivo sulla piena adesione al trattamento proposto,
in ragione della collocazione temporale di semestri, oramai lontani
nel tempo.
Piuttosto, la valutazione sulla concessione o sulla negazione
della detrazione, oltre a fondarsi su un giudizio realistico sul
riconoscimento della condotta di partecipazione del condannato
all'opera rieducativa, funge da stimolo insostituibile (anche nei
casi di rigetto) per le scelte individuali del detenuto, stimolandolo
a tenere comportamenti adesivi e spingendolo ad un miglioramento
nelle scelte di condotta, in guisa tale da evitare iniziative che
abbiano potuto eventualmente indurre valutazioni negative sul
beneficio e che siano state stimate non conformi con la regola di
risocializzazione.
Cio' e' in linea con la finalita' dell'istituto, con la sua
stessa ratio e con la funzione di rieducazione, cui tende la Carta
costituzionale.
In altri termini, si evidenzia, che la riduzione di pena non ha
un carattere gratuito e pietistico o paternalistico, ma rappresenta
una risposta premiale allo sforzo che il condannato compie,
adeguandosi all'opera diuturna dell'Istituzione che, mediante la
rieducazione, lo avvia, appunto, al reinserimento sociale.
In questa logica la liberazione anticipata diviene momento
indefettibile di attuazione della finalita' rieducativa che muove
l'art. 27 della Costituzione.
6. La previsione di una limitazione in via legislativa della
facolta' del detenuto di richiedere il beneficio, durante
l'esecuzione della pena - se non ricorrano le condizioni di
maturazione dei limiti temporali per accedere a misure alternative
(90 giorni, antecedenti la possibilita' di fruizione - comma 1 art.
69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354-) ovvero al cospetto di un fine
pena imminente (90 giorni) o, ancora, in mancanza di una espressa
indicazione della ragione per la quale si intende ottenere il
riconoscimento - sovverte questo tracciato e si pone in aperto
contrasto con l'intento di incentivare una condotta partecipativa,
nella prospettiva della finalita' di cui all'ultimo inciso del terzo
comma dell'art. 27 della Costituzione.
E' un diritto del detenuto, piuttosto, scegliere il momento in
cui intende richiedere al magistrato di sorveglianza la valutazione
della sua condotta nel singolo periodo di pena e cio' a prescindere
dall'accesso a misure alternative o dalla sua scarcerazione
imminente. Cio' perche' attraverso quella richiesta il ristretto
instaura anche un rapporto valutativo diretto sul suo agire
intramurario, ricevendone la valutazione dell'A.G. Una limitazione
che ponga il detenuto nell'impossibilita' di richiedere la
valutazione del suo comportamento durante un semestre, al di fuori
delle strette condizioni di cui all'art. 69-bis riformulato, rischia
di pregiudicare seriamente la finalita' dell'istituto, in un'ottica
di rispetto dell'art 27 della Costituzione e finisce per incidere sul
trattamento rieducativo, che puo' razionalmente subire battute
d'arresto non giustificate, ne' volute dalla Carta costituzionale.
In altri termini, pur non incidendo direttamente sull'an del
beneficio, la normativa di riforma, in una logica restrittiva,
modifica integralmente il quomodo della richiesta. Essa cosi'
comprime la finalita' di rieducazione che ad essa pertiene e limita
una serie di sviluppi positivi che, nell'immediato, il riconoscimento
di esso beneficio o il suo diniego potrebbero sortire sulle scelte
comportamentali del ristretto.
7. D'altro canto, la norma qui scrutinata (art. 69-bis legge 26
luglio 1975, n. 354) sembra, per quanto premesso, in contrasto anche
con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della
Costituzione.
Essa finisce, invero, mettendo in collegamento strutturale il
beneficio de qua con la sola possibilita' di ottenere misure
alternative, per comprimere le altre finalita' della liberazione
anticipata, valorizzando solo un profilo di strumentalita' rispetto
alle anzidette misure alternative e ponendo in evidenza un connotato
di esclusivita' e necessarieta', che non esaurisce la finalita' del
beneficio stesso, caratterizzato da uno spettro ben piu' ampio di
portata rieducativa, in ossequio alle finalita' cui tende
l'esecuzione della pena nella sua diuturna applicazione.
La norma, come riformulata, pertanto, priva in maniera
irragionevole il detenuto della possibilita' di chiedere il beneficio
e di fruire di uno stimolo, durante l'espiazione della pena che e',
specie in caso di lunghe detenzioni, con fine pena non prossimo, il
vero motore esecutivo della rieducazione quotidiana di colui che
subisce l'esecuzione della sanzione, caratterizzata, per definizione,
da un'innegabile portata di afflizione.
Ne' il ragionamento svolto puo' indurre a risultati diversi, la'
dove si valorizzi la previsione normativa, anche contenuta nell'art
69-bis ord. pen., della possibilita' di indicare espressamente la
ragione di un riconoscimento «anticipato» del beneficio, su richiesta
del detenuto.
Cio' perche' ipotesi siffatta, si e' anticipato, sembra ridursi
alla sola richiesta di un possibile scioglimento del cumulo, che ha
egualmente ristrette connotazioni applicative e postula l'avvenuta
espiazione della frazione di pena inerente il delitto cd. ostativo:
il tutto in funzione, ancora una volta, dell'accesso a una misura
alternativa o ad un fine pena che si collocherebbe nei novanta
giorni.
Cosi' si finisce per rinnovare, ancora una volta ed accentrare la
decisone, sul solo aspetto «strumentale» della concessione della
liberazione anticipata.
Del resto, non si e' mancato di osservare che esiste un
collegamento forte tra il diritto al reinserimento sociale e il
principio di eguaglianza sostanziale, ex art. 3, comma 2 della
Costituzione, nel senso che la Repubblica ha il compito di porre in
essere un programma di interventi, affinche' la pena sia idonea alla
rieducazione e, dunque, al reinserimento sociale di quei soggetti che
pongono in essere comportamenti criminosi a causa di un pesante
disagio economico e sociale. Allorquando l'art. 2 della Costituzione
riconosce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle
formazioni sociali, evoca il concetto di «svolgimento della
personalita'». Con cio' fa riferimento sia a contesti in cui il
singolo partecipa volontariamente e da individuo libero, sia a
strutture in cui la liberta' personale e' limitata, in ragione
dell'esecuzione della pena. Proprio alla luce del principio di
eguaglianza sostanziale lo status di detenuto comporta il
riconoscimento di una serie di diritti soggettivi per favorire forme
di realizzazione della personalita' «paritarie» rispetto alle persone
libere. In altri termini la detenzione non puo' caricarsi di una
portata di afflizione non necessaria rispetto alla finalita' precipua
dell'esecuzione della pena. La rieducazione si prefigge, dunque,
l'obiettivo di far acquisire al reo i valori fondamentali della
convivenza che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente
esterno al carcere, al suo reinserimento sociale (art. 1, legge n.
354 del 1975 e art. 1, Capo I, decreto del Presidente della
Repubblica n. 230 del 2000). Proprio nel tentativo di conseguire
pienamente la sua finalita', il reinserimento sociale deve avere
avvio durante la fase iniziale della pena e non soltanto
immediatamente prima del fine pena. Ora, anche volendo attribuire al
concetto evocato nell'art. 27 della Costituzione, un contenuto
minimale e meramente negativo, limitandolo al solo rispetto della
legalita' esteriore e, cioe', all'acquisizione dell'attitudine a
vivere senza commettere (nuovi) reati, diviene essenziale che la
persona sia posta nelle condizioni di assumere consapevolezza
rispetto ai valori fondamentali del vivere comune.
8. Un'ultima notazione va svolta riflettendo sulla nuova
formulazione dell'art. 69-bis O.P. alla luce anche di quanto indicato
dall'art. 111, comma 7 della Costituzione. La norma superprimaria
prescrive che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbano essere
motivati.
La motivazione e' la cartina di tornasole della concreta
conoscenza giudiziaria. Il suo livello di approfondimento dipende
incontrovertibilmente dal numero e dalla qualita' dei dati
informativi disponibili.
Essi dati cooperano ad una decisione giusta e soprattutto
effettiva.
Disporre di «informazioni» dopo anni di detenzione o addirittura
decenni, si e' anticipato, non agevola una decisone immediata e,
soprattutto, conforme alla attualita' dello scrutinio da compiere,
che e' ancorato a singoli semestri di conoscenza sul comportamento
detentivo. Si evidenzia, in questa prospettiva, una difficolta' a
raccogliere le fonti di conoscenza sui comportamenti tenuti e si
rischia di rendere una decisione che non sia effettivamente aderente
alla condotta tenuta, anche nella portata del suo disvalore, nella
specifica congiuntura semestrale valutata dopo anni dai fatti.
Cio' determina una possibile incidenza «negativa» sulla stessa
«qualita'» della decisione giurisdizionale, con difficolta' di
ricostruzione coerente delle ipotesi che si debbano scrutinare, da
parte del magistrato di sorveglianza, per appurare se vi sia stata
realmente o meno l'adesione consapevole al trattamento penitenziario.
Identica incidenza «negativa» si rivelerebbe, a fronte della
necessita' di conoscere, in via istruttoria, dati o fatti che abbiano
forza di falsificare il giudizio esprimibile sull'ipotesi, incidendo
su di essa e sul relativo grado di resistenza.
9. Cio' posto si ritiene che il dubbio di legittimita'
costituzionale non sia manifestamente infondato e che la relativa
decisione debba essere rimessa a questa Ecc.ma Corte costituzionale,
per ogni valutazione sul merito della questione. Esso dubbio vale
viepiu', come anticipato, a fronte di lunghe detenzioni - che hanno
fine pena lontani nel tempo - e che non sono suscettibili di fruire
di misure alternative alla restrizione intramuraria.
Rilevanza della questione nel caso de quo.
10. Nella specie, S. N. chiede la liberazione anticipata nel
periodo compreso tra il 18 gennaio 2024 e il 18 gennaio 2025.
Il suo fine pena e' calcolato, alla data del 24 ottobre 2040 e
non ricorrono le condizioni di accesso, nei novanta giorni, a misure
alternative alla detenzione o per addivenire ad una concessione che
trasformerebbe il fine pena da virtuale in reale; ne' il detenuto ha
indicato altra ragione specifica per la quale chieda la liberazione
anticipata.
Sulla scorta della fattispecie indicata si coglie come, a regime
vigente, per effetto della riforma indicata e qui impugnata,
l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile, con grave
pregiudizio per il trattamento rieducativo del detenuto e con lesione
dell'art. 27 comma 3 ultima parte della Costituzione.
Cio' premesso, ritenuto che, d'ufficio, si debba sollevare
questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M.
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della
questione sviluppata, solleva, nei termini indicati, questione di
legittimita' costituzionale:
dell'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 come modificato
dall'art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) del
decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv.
in legge 8 agosto 2024, n. 112, ed, eventualmente, di ogni altra
norma collegata alla disposizione anzidetta, per la violazione degli
articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui si subordina
la richiesta del beneficio della liberazione anticipata alla
possibilita' di rientrare, nei limiti di pena per accedere a misure
alternative (90 giorni anteriori) o di ottenere nello stesso termine
la scarcerazione ovvero nella parte in cui si impone al detenuto, per
la valutazione della richiesta, di indicare le ragioni specifiche per
le quali si richieda il beneficio stesso sospende il giudizio in
corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita'
costituzionale;
Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico
ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia
comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica.
Cosi' deciso in Napoli il 7 marzo 2025
Il Magistrato di sorveglianza: Cairo
Oggetto:
Ordinamento penitenziario – Procedimento in materia di liberazione anticipata – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92 del 2024, come convertito – Richiesta del beneficio subordinata alla possibilità di rientrare nei limiti di pena per accedere, nel termine di novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o di ottenere nello stesso termine la scarcerazione – Previsione che il condannato debba indicare, per la valutazione della richiesta, le ragioni specifiche per le quali si richiede il beneficio – Violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.
Norme impugnate:
legge del 26/07/1975 Num. 354 Art. 69
decreto-legge del 04/07/2024 Num. 92 Art. 5 Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 27 Co. 3
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2025 Ordinanza del 10 marzo 2025 del Tribunale di sorveglianza di Napoli nel procedimento di sorveglianza nei confronti di N. S.. Ordinamento penitenziario - Procedimento in materia di liberazione anticipata - Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92 del 2024, come convertito - Richiesta del beneficio subordinata alla possibilita' di rientrare nei limiti di pena per accedere, nel termine di novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o di ottenere nello stesso termine la scarcerazione - Previsione che il condannato debba indicare, per la valutazione della richiesta, le ragioni specifiche per le quali si richiede il beneficio. - Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), art. 69-bis, come modificato dall'art. 5, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2024, n. 112. (GU n. 18 del 30-04-2025) UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI NAPOLI Il magistrato di sorveglianza dott. Antonio Cairo visti gli atti relativi al procedimento nei confronti di S. N. nato a ... (...) il ... detenuto presso la Casa Circondariale di Napoli Secondigliano. Avente ad oggetto l'istanza di concessione del beneficio della liberazione anticipata ex art. 54 legge 26 luglio 1975, n. 354 Nell'esaminare la questione relativa alla richiesta del beneficio della liberazione anticipata ai sensi degli articoli 54 e 69-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come sostituito, da ultimo, dal decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n. 112, art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) che ha introdotto il nuovo comma 10-bis nell'art 656 codice di procedura penale ed ha modificato l'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in punto procedimentale, per la richiesta del beneficio; Ritenuto di dover procedere, d'ufficio, allo scrutinio sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della costituzionalita' del quadro normativo modificato con gli articoli 27, comma 3 ult. parte Cost. e 3 Cost. Osserva S. N. chiede la liberazione anticipata nel periodo compreso tra il 18 gennaio 2024 e il 18 gennaio 2025. Il suo fine pena e' calcolato alla data del 24 ottobre 2040 e non ricorrono le condizioni di accesso, nei novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o per addivenire ad una concessione che determinerebbe la scarcerazione; ne' il detenuto ha indicato altra ragione specifica per la quale chieda la liberazione anticipata. Sulla scorta della fattispecie indicata si coglie come, a regime vigente, per effetto della riforma indicata dell'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile, con pregiudizio per il trattamento rieducativo e con lesione dell'art. 27, comma 3, ultima parte e dell'art. 3 della Costituzione Invero l'art 69-bis ord. pen., come riformulato dall'art. 5, comma 3 del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 112, prevede che: «1. In occasione di ogni istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai quali nel computo della misura della pena espiata e' rilevante la liberazione anticipata ai sensi dell'art. 54, comma 4, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ad ogni semestre precedente. L'istanza di cui al periodo precedente puo' essere presentata a decorrere dal termine di novanta giorni antecedente al maturare dei presupposti per l'accesso alle misure alternative alla detenzione o agli altri benefici analoghi, come individuato computando le detrazioni previste dall'art. 54. 2. Nel termine di novanta giorni antecedente al maturare del termine di conclusione della pena da espiare, come individuato computando le detrazioni previste dall'art. 54, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ai semestri che non sono gia' stati oggetto di valutazione ai sensi del comma 1 e del comma 3. 3. Il condannato puo' formulare istanza di liberazione anticipata quando vi abbia uno specifico interesse, diverso da quelli di cui ai commi 1 e 2, che deve essere indicato, a pena di inammissibilita', nell'istanza medesima...». Parametri costituzionali di riferimento rispetto ai quali si svolge lo scrutinio di rilevanza e non manifesta infondatezza del quadro normativo indicato: articoli 3 e 27 comma 3 ult. parte Cost. Premesso che La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, va scrutinata dal giudice di merito non per stabilire la fondatezza o meno di essa questione, ma al solo fine di verificare se essa sia manifestamente infondata e, dunque, se si enuclei un dubbio plausibile di costituzionalita'; La rilevanza della questione esaminata risiede nella necessita' di applicare il quadro normativo sopra tracciato, per decidere sulla richiesta di liberazione anticipata formulata dal detenuto che, nella specie, in applicazione della modifica normativa, da ultimo introdotta, determinerebbe la dichiarazione di inammissibilita' o di non procedibilita' della domanda del beneficio penitenziario, di converso invocato; Cio' premesso, si osserva quanto segue. 1. Si dubita, nella presente sede, della legittimita' costituzionale dell'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, in vigore alla data odierna, per effetto della modifica apportata dall'art. 5 del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n. 112, art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) che modificando la norma anzidetta, in punto procedimentale, per la richiesta del beneficio della liberazione anticipata, restringe sensibilmente i tempi per la presentazione della domanda stessa da parte del detenuto in esecuzione. In altri termini, secondo il quadro riformulato, il detenuto non puo' piu' avanzare istanza di concessione della liberazione anticipata allo scadere di ogni singolo semestre; deve, piuttosto, trovarsi in una delle condizioni soggettive legittimanti la richiesta e rigidamente indicate in via normativa. Esse condizioni definiscono, secondo la nuova formulazione dell'art. 69-bis ord. pen., un perimetro decisamente limitato, per l'accesso all'istituto della liberazione anticipata. Si prevede, infatti, quale condizione di ammissibilita' della domanda, che l'istante sia in astratto titolato ad accedere, nei novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o ad altro beneficio penitenziario, fruendo della concessione della liberazione anticipata; si prevede, altresi', che, beneficiandone, si accingerebbe, nel medesimo termine di novanta giorni, alla scarcerazione. Se ha altro interesse, poi, ad ottenere la valutazione della sua domanda si prescrive l'obbligo di indicarlo espressamente (e detto interesse sembra sovrapporsi alla sola possibilita' di ottenere uno scioglimento di cumulo, per l'ipotesi che, con la concessione della riduzione di pena ex art. 54 ord. pen., possa accedere ai benefici gia' richiamati). Cio' puo' determinare frizioni con il fine rieducativo cui e' orientata l'esecuzione della pena. 2. In particolare, si deve annotare che la finalita' rieducativa della pena - divenuta in tempi piu' recenti patrimonio della cultura giuridica europea - introduce una dimensione del trattamento sanzionatorio assolutamente costante. Da una concezione in senso prettamente «retributivo» e «preventivo» (quale deterrente alla commissione di nuovi illeciti), in forza dell'art. 27, 3 co. della Costituzione la pena assume primariamente una connotazione di «recupero sociale», finalizzata al reinserimento nella societa' del colpevole. I principi costituzionali in materia mirano a bilanciare l'efficienza repressiva con la garanzia dei diritti fondamentali della persona. Sono oramai superati gli orientamenti che interpretavano il finalismo rieducativo come «marginale o addirittura eventuale» e, comunque, circoscritto entro i limiti del trattamento penitenziario in senso stretto. A far data dalla decisione di questa ecc.ma Corte costituzionale (sentenza n. 313 del 1990) si e' chiarito che afflittivita' e retribuzione rappresentano condizioni minime dell'esecuzione, ma che esse non pregiudicano la finalita' rieducativa espressamente consacrata dalla Costituzione stessa. Del resto, non va trascurato che la finalita' rieducativa e' la sola «espressamente consacrata in Costituzione»: essa finalita' non puo', dunque, essere ritenuta estranea alla legittimazione e alla funzione stessa della pena. Consegue che la pena deve tendere a rieducare; il fine del recupero del reo, allora, non si risolve in una generica tendenza del trattamento penitenziario, ma segna una delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano l'esecuzione della pena nel suo contenuto ontico. Il finalismo rieducativo informa, pertanto, il sistema penale nel suo complesso. Anche l'effetto della prevenzione speciale, percio', puo' essere perseguito con tecniche che mirano a perseguire la risocializzazione del reo (Corte costituzionale n. 313 del 1990). La finalita' di recupero del reo, di orientarlo al rispetto delle regole basilari della convivenza e di incoraggiarlo ad intraprendere un percorso rieducativo, segna questa tendenza e mira a scongiurare che lo stesso soggetto possa tornare a delinquere. La stessa Corte EDU ha posto la rieducazione come fondamentale funzione della pena negli Stati europei (GC Vinters 2013) e il «diritto alla risocializzazione» del detenuto; non solo, infatti, lo Stato deve riconoscere e garantire la rieducazione come finalita' della pena, ma deve anche intraprendere tutte le azioni positive volte a realizzare tale fine in base ad un obbligo positivo, come evidenziato in particolare nella sentenza Murray (Corte EDU, 26 aprile 2016, Murray c. Paesi Bassi (GC), n. 10511/10), fondato sull'art. 3 CEDU e, quindi, sul rispetto della dignita' umana, ossia un diritto assoluto e inderogabile. E' indiscutibile che la liberazione anticipata, prevista dall'art 54 ord. pen., cooperi a questo fine ed abbia il significato di un istituto tipicamente volto alla progressione trattamentale, in funzione della rieducazione del detenuto. 3. Deve osservarsi che, dopo le modifiche intervenute con la legge n. 663 del 1986, la Corte di cassazione aveva suggerito un'interpretazione globale, o unitaria, per la valutazione della condotta adesiva da parte del condannato all'opera rieducativa. Da parte di taluno, all'epoca, si era ritenuto che l'approccio teste' detto contrastasse con il principio di uguaglianza, perche' v'era il rischio di trattamenti discriminatori fra detenuti, a seconda che il giudice attribuisse prevalenza decisiva all'uno o all'altro periodo, nel corso dell'intera opera di rieducazione. Si trattava, d'altro canto, di un'applicazione non in linea con la finalita' di risocializzazione, scopo costituzionalmente presidiato, per effetto del dato testuale riportato nell'art. 27, comma 3 della Costituzione. All'evidenza, si manifestava il timore di una svalutazione finale anche di comportamenti adesivi, con il risultato non di rieducare, ma di scoraggiare e disincentivare ogni «buon proposito», da parte del detenuto. La natura dell'istituto evocava, sin dalla sua introduzione, una categoria nuova per la tradizione giuridica. La liberazione anticipata era stata, infatti, inserita nell'ordinamento penitenziario con l'intento di sollecitare l'adesione e la partecipazione all'azione di rieducazione dei soggetti sottoposti a trattamento penale. In questa logica, si colloca la riduzione di pena di quarantacinque giorni, per ogni semestre di esecuzione espiata. A fronte della prova concreta di partecipazione all'opera di rieducazione si riconosce, dunque, il beneficio indicato. L'istituto non si risolve, tuttavia, solo nell'inserimento di un parametro di calcolo, per effettuare la riduzione di pena, ma fissa il punto di forza dello strumento rieducativo, come insegnato dalle esperienze e dagli approfondimenti della scienza criminologica. Specie nel passato, si e' evidenziato come l'aspetto sintomatico del comportamento delinquenziale e' dato dall'incapacita' del soggetto di risolvere le problematiche di vita, attraverso mezzi e per vie socialmente accettabili. Il singolo non ha, generalmente, in questa prospettiva, abitudine a sopportare sacrifici e fatiche, nella logica di conseguire un bene futuro, che potrebbe anche non ottenere. Quello descritto e' un atteggiamento che spesso caratterizza il condannato sottoposto a trattamento di rieducazione. Il trattamento con quella finalita', tuttavia, evolve nel tempo. Esso si connota di tratti individualizzati, per ogni singolo ristretto, segnando vere fasi strutturali di crescita che accompagnano l'impegno del soggetto in espiazione. Da atteggiamenti iniziali, solo formalmente aderenti alla rieducazione, si passa, spesso e in ordinario, a fasi diverse della trasformazione personale, con rielaborazione della devianza e adesione a percorso intramurario di ben diversa consapevolezza. Si avvia, cioe', il detenuto verso forme di crescita con un approccio nuovo rispetto al delitto commesso, che viene progressivamente e consapevolmente ripudiato. Si coglie cosi' la complessita' del percorso di rieducazione, non definibile in termini assoluti e generalizzati per intere categorie soggettive. La rieducazione, piuttosto, e' necessariamente collegata alle esperienze di vita individuale, alla scaturigine del delitto, all'ambiente in cui esso e' maturato e a tutti i fattori che hanno alimentato la spinta a delinquere. E' un percorso che si rivelerebbe fallace e di maggiore difficolta', la' dove non si riconoscessero incentivi adeguati che favoriscano, di volta in volta, una partecipazione all'azione di risocializzazione; obiettivo siffatto non e' favorito se il premio e' rappresentato da un beneficio disancorato dalla percezione immediata e posto temporalmente a chiusura del percorso di reclusione, a distanza anche di molti anni dal fatto. Cio' perche' il procedere trattamentale e' rimesso al rischio di uno scrutinio futuro e incerto. Il riservare ad un giudizio lontano, finale e condizionato dall'andamento globale dell'esperienza carceraria, rischia di compromettere il comportamento del detenuto e la sua adesione alle proposte rieducative interne, vanificando, nel divenire quotidiano, la rieducazione, costituzionalmente imposta. Invero, il decorso del tempo, non di rado lungo, in ragione del lontano fine pena, attenua la valutazione positiva da compiere sui singoli semestri oggetto d'esame ed espone al rischio di perdere sfumature comportamentali e sacrifici quotidiani, affrontati dal singolo, che richiedono delibazioni immediate e, comunque, continuative e prossime al singolo semestre, potendo ricostruire, in una logica di completezza e di effettivita', ogni particolare della condotta adesiva o meno del detenuto. Diversamente si rischia di finire per annullare ogni incentivo psicologico, frustrandone lo scopo a causa dell'incertezza che il futuro potrebbe riservare agli sforzi adesivi degli interessati. In questa logica gli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione riceverebbero grave lesione. L'impostazione tracciata era stata gia' lucidamente individuata da questa ecc.ma Corte costituzionale (sentenza n. 276/1990) che aveva evidenziato come la valutazione semestralizzata nella concessione della liberazione anticipata fosse da considerare «il punto di forza dello strumento rieducativo, che si collega agli insegnamenti della terapia criminologica ... una sollecitazione che impegna le energie volitive del condannato alla prospettiva di un premio da cogliere in un breve lasso di tempo, purche' in quel tempo egli riesca a dare adesione all'azione rieducativa». La stessa Corte costituzionale, gia' in anni meno vicini, sottolineando i «forti dissensi» che suscitava la tesi della Corte di cassazione, aveva esplicitamente affermato, sia pure ad altro proposito, che «un periodo minimo di' sei mesi trascorso in detenzione e' di consistenza tale da dare credibilita' al comportamento avuto dal condannato nel corso della detenzione stessa» (cfr. sentenza 28 aprile 1983, n. 137). 4. La riforma recentemente attuata che, in punto procedimentale, e' intervenuta, tra l'altro, sull'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, nell'iter di riconoscimento della liberazione anticipata, ritiene il rimettente, sia in contrasto con i parametri costituzionali sopra indicati e, soprattutto, strida con la finalita' rieducativa della pena di cui all'art. 27 comma 3 ultima parte della Costituzione. La liberazione anticipata, invero, e' un istituto trattamentale che opera nella logica sinallagmatica enunciata. La partecipazione all'opera di rieducazione e alle attivita' trattamentali permette al detenuto di fruire di una detrazione di 45 giorni per ogni semestre di pena scontata. L'intervento di riforma disallinea l'istituto de quo dalla finalita' anzidetta e, recuperandone il rilievo di «computo algebrico», finisce per discostare la partecipazione quotidiana alle attivita' carcerarie dal premio che il detenuto aspetta, in immediato, di ricevere per il singolo semestre di riferimento. Soprattutto, la riforma crea uno scarto tra condotta adesiva all'opera di rieducazione e beneficio da riconoscere con imputazione semestralizzata, incidendo sulla regola di progressione trattamentale. Cosi' operando la riforma rischia di consolidare un ridimensionamento importante degli atteggiamenti adesivi dei detenuti. Costoro vedono, almeno per i singoli semestri, anteriori e lontani dal novantesimo giorno dalla scarcerazione (virtuale), allontanarsi il premio trattamentale della riduzione di pena, obiettivo per il cui conseguimento si sono impegnati, abdicando a spinte in senso contrario. La dimensione trattamentale progressiva della liberazione anticipata vive proprio di questo nucleo strutturale essenziale: vedersi riconoscere, per ogni semestre di pena, la riduzione della restrizione. Il tutto con una decisione immediata e sostanzialmente coeva o di poco successiva al completamento del semestre stesso. Essa funge da meccanismo incentivante per il detenuto e la partecipazione alla risocializzazione riesce ad avviare il ristretto ad una vera rieducazione e ad un progressivo reinserimento sociale. L'intervento riformatore attuato con l'art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n. 112, va in una direzione opposta. Esso prevede tempi procedimentali «chiusi» in cui si puo' avanzare la richiesta del beneficio. L'art. 69-bis comma 1 legge 26 luglio 1975, n. 354, prevede che quando sia richiesta una misura alternativa o altro beneficio il magistrato di sorveglianza conceda, previa verifica dei presupposti, la liberazione anticipata, maturata nel frattempo. E' normativamente espressa, dunque, la previsione secondo cui l'istanza puo' essere presentata dal detenuto a partire dal novantesimo giorno, antecedente al maturare dei presupposti per una misura alternativa o per un altro beneficio. 5. Ebbene, si apre un dubbio di costituzionalita' evidente. Il nucleo centrale della questione si coglie riflettendo, infatti, sulla previsione espressa che la domanda puo' essere avanzata solo se ricorra il termine di 90 giorni dalla possibilita' di accedere al beneficio di una misura alternativa. Diversamente l'istanza risulterebbe inammissibile, perche' priva del suo presupposto normativo. Cio' fa intendere come si finisce per svuotare l'istituto della liberazione anticipata della sua natura propria di «strumento trattamentale progressivo». Si conserva, al contrario, la rilevanza dell'istituto in chiave «algebrica», solo in quanto la domanda stessa sia strumentale ad abbreviare la pena, per ottenere una misura alternativa. Cosi' inquadrando normativamente la categoria si annulla la finalita' intrinseca di uno strumento del trattamento penitenziario progressivo, in stretto collegamento funzionale con l'attuazione del precetto di cui all'art. 27 della Costituzione, nella parte in cui assicura che l'esecuzione della pena deve tendere alla rieducazione del detenuto. Si finisce, in altri termini, per incentrare lo scopo del beneficio su una funzione servente rispetto alle altre misure alternative, scopo, all'evidenza ancillare ed ulteriore, rispetto alla finalita' primaria della categoria di cui si discute, che e' quella di rieducare, conformemente al precetto superprimario. La liberazione anticipata ha, del resto, in se' una funzione incentivante ed esercita un'influenza positiva sulla detenzione in corso di esecuzione, in ragione del riconoscimento che si abbina a ogni semestre di pena scontato. Attraverso il riconoscimento immediato e non differito si realizza, cioe', un'articolazione del trattamento in chiave di progressiva rieducazione, che parte dalle prime attribuzioni del beneficio e prosegue con gli ulteriori riconoscimenti dei periodi di abbuono, in ragione della costruzione di una progressione trattamentale che procede per stadi e costruisce, in ordinario, un processo di maturazione e di crescita personologica che allontana il singolo detenuto dalla devianza. L'adesione del detenuto all'opera rieducativa, dunque, durante il semestre involge che la riduzione di pena debba essere necessariamente concessa, in immediato, per il riscontro positivo che essa partecipazione determina. Solo cosi' si genera un sinallagma incentivante tra partecipazione e riconoscimento del beneficio che consolida la progressione in funzione della rieducazione del detenuto e della pena costituzionalmente presidiata. Cio' vale anche la' dove la richiesta dovesse essere respinta, da parte del magistrato di sorveglianza, per condotte ritenute antidoverose e non conformi al percorso rieducativo. In una logica di progressione trattamentale, anche un decisum negativo, sulla richiesta di concessione del beneficio, puo' avere un significato pedagogico ed indurre a rielaborare, in chiave costruttiva, eventuali e possibili condotte, che siano state ritenute non conformi all'opera di rieducazione offerta al detenuto. Si comprende, dunque, quanto sia importante il confronto diretto con il provvedimento giurisdizionale e con la valutazione operata, nell'immediato dal magistrato di sorveglianza. Con l'intervento normativo da ultimo attuato si espande una tendenziale attuazione della teoria cd. globale. La logica della semestralizzazione, risulta solo formale, come canone di valutazione del comportamento. Se si scinde la possibilita' di decidere in immediato sulla concessione del beneficio e se ne differisce lo scrutinio e la decisione al novantesimo giorno dalla scarcerazione o dalla possibilita' di accesso alle misure, specie nelle lunghe detenzioni, si finisce per incidere irrimediabilmente sulla finalita' anzidetta e sulla funzione di strumento trattamentale progressivo che pertiene ad essa liberazione anticipata. Soprattutto si preclude al detenuto di acquisire consapevolezza sui parametri che sono utilizzati per valutare l'effettivita' della sua adesione al percorso di recupero in funzione della risocializzazione. A cio' si aggiunge la constatazione di una oggettiva difficolta', a distanza di tempo, di riuscire a disporre di elementi concreti che possano ancorare i fatti e i comportamenti tenuti all'atteggiarsi della specifica congiuntura temporale in cui essi si sono concretizzati. Si rende, cosi', difficile o impossibile un giudizio realistico ed effettivo sulla piena adesione al trattamento proposto, in ragione della collocazione temporale di semestri, oramai lontani nel tempo. Piuttosto, la valutazione sulla concessione o sulla negazione della detrazione, oltre a fondarsi su un giudizio realistico sul riconoscimento della condotta di partecipazione del condannato all'opera rieducativa, funge da stimolo insostituibile (anche nei casi di rigetto) per le scelte individuali del detenuto, stimolandolo a tenere comportamenti adesivi e spingendolo ad un miglioramento nelle scelte di condotta, in guisa tale da evitare iniziative che abbiano potuto eventualmente indurre valutazioni negative sul beneficio e che siano state stimate non conformi con la regola di risocializzazione. Cio' e' in linea con la finalita' dell'istituto, con la sua stessa ratio e con la funzione di rieducazione, cui tende la Carta costituzionale. In altri termini, si evidenzia, che la riduzione di pena non ha un carattere gratuito e pietistico o paternalistico, ma rappresenta una risposta premiale allo sforzo che il condannato compie, adeguandosi all'opera diuturna dell'Istituzione che, mediante la rieducazione, lo avvia, appunto, al reinserimento sociale. In questa logica la liberazione anticipata diviene momento indefettibile di attuazione della finalita' rieducativa che muove l'art. 27 della Costituzione. 6. La previsione di una limitazione in via legislativa della facolta' del detenuto di richiedere il beneficio, durante l'esecuzione della pena - se non ricorrano le condizioni di maturazione dei limiti temporali per accedere a misure alternative (90 giorni, antecedenti la possibilita' di fruizione - comma 1 art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354-) ovvero al cospetto di un fine pena imminente (90 giorni) o, ancora, in mancanza di una espressa indicazione della ragione per la quale si intende ottenere il riconoscimento - sovverte questo tracciato e si pone in aperto contrasto con l'intento di incentivare una condotta partecipativa, nella prospettiva della finalita' di cui all'ultimo inciso del terzo comma dell'art. 27 della Costituzione. E' un diritto del detenuto, piuttosto, scegliere il momento in cui intende richiedere al magistrato di sorveglianza la valutazione della sua condotta nel singolo periodo di pena e cio' a prescindere dall'accesso a misure alternative o dalla sua scarcerazione imminente. Cio' perche' attraverso quella richiesta il ristretto instaura anche un rapporto valutativo diretto sul suo agire intramurario, ricevendone la valutazione dell'A.G. Una limitazione che ponga il detenuto nell'impossibilita' di richiedere la valutazione del suo comportamento durante un semestre, al di fuori delle strette condizioni di cui all'art. 69-bis riformulato, rischia di pregiudicare seriamente la finalita' dell'istituto, in un'ottica di rispetto dell'art 27 della Costituzione e finisce per incidere sul trattamento rieducativo, che puo' razionalmente subire battute d'arresto non giustificate, ne' volute dalla Carta costituzionale. In altri termini, pur non incidendo direttamente sull'an del beneficio, la normativa di riforma, in una logica restrittiva, modifica integralmente il quomodo della richiesta. Essa cosi' comprime la finalita' di rieducazione che ad essa pertiene e limita una serie di sviluppi positivi che, nell'immediato, il riconoscimento di esso beneficio o il suo diniego potrebbero sortire sulle scelte comportamentali del ristretto. 7. D'altro canto, la norma qui scrutinata (art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354) sembra, per quanto premesso, in contrasto anche con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. Essa finisce, invero, mettendo in collegamento strutturale il beneficio de qua con la sola possibilita' di ottenere misure alternative, per comprimere le altre finalita' della liberazione anticipata, valorizzando solo un profilo di strumentalita' rispetto alle anzidette misure alternative e ponendo in evidenza un connotato di esclusivita' e necessarieta', che non esaurisce la finalita' del beneficio stesso, caratterizzato da uno spettro ben piu' ampio di portata rieducativa, in ossequio alle finalita' cui tende l'esecuzione della pena nella sua diuturna applicazione. La norma, come riformulata, pertanto, priva in maniera irragionevole il detenuto della possibilita' di chiedere il beneficio e di fruire di uno stimolo, durante l'espiazione della pena che e', specie in caso di lunghe detenzioni, con fine pena non prossimo, il vero motore esecutivo della rieducazione quotidiana di colui che subisce l'esecuzione della sanzione, caratterizzata, per definizione, da un'innegabile portata di afflizione. Ne' il ragionamento svolto puo' indurre a risultati diversi, la' dove si valorizzi la previsione normativa, anche contenuta nell'art 69-bis ord. pen., della possibilita' di indicare espressamente la ragione di un riconoscimento «anticipato» del beneficio, su richiesta del detenuto. Cio' perche' ipotesi siffatta, si e' anticipato, sembra ridursi alla sola richiesta di un possibile scioglimento del cumulo, che ha egualmente ristrette connotazioni applicative e postula l'avvenuta espiazione della frazione di pena inerente il delitto cd. ostativo: il tutto in funzione, ancora una volta, dell'accesso a una misura alternativa o ad un fine pena che si collocherebbe nei novanta giorni. Cosi' si finisce per rinnovare, ancora una volta ed accentrare la decisone, sul solo aspetto «strumentale» della concessione della liberazione anticipata. Del resto, non si e' mancato di osservare che esiste un collegamento forte tra il diritto al reinserimento sociale e il principio di eguaglianza sostanziale, ex art. 3, comma 2 della Costituzione, nel senso che la Repubblica ha il compito di porre in essere un programma di interventi, affinche' la pena sia idonea alla rieducazione e, dunque, al reinserimento sociale di quei soggetti che pongono in essere comportamenti criminosi a causa di un pesante disagio economico e sociale. Allorquando l'art. 2 della Costituzione riconosce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, evoca il concetto di «svolgimento della personalita'». Con cio' fa riferimento sia a contesti in cui il singolo partecipa volontariamente e da individuo libero, sia a strutture in cui la liberta' personale e' limitata, in ragione dell'esecuzione della pena. Proprio alla luce del principio di eguaglianza sostanziale lo status di detenuto comporta il riconoscimento di una serie di diritti soggettivi per favorire forme di realizzazione della personalita' «paritarie» rispetto alle persone libere. In altri termini la detenzione non puo' caricarsi di una portata di afflizione non necessaria rispetto alla finalita' precipua dell'esecuzione della pena. La rieducazione si prefigge, dunque, l'obiettivo di far acquisire al reo i valori fondamentali della convivenza che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno al carcere, al suo reinserimento sociale (art. 1, legge n. 354 del 1975 e art. 1, Capo I, decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000). Proprio nel tentativo di conseguire pienamente la sua finalita', il reinserimento sociale deve avere avvio durante la fase iniziale della pena e non soltanto immediatamente prima del fine pena. Ora, anche volendo attribuire al concetto evocato nell'art. 27 della Costituzione, un contenuto minimale e meramente negativo, limitandolo al solo rispetto della legalita' esteriore e, cioe', all'acquisizione dell'attitudine a vivere senza commettere (nuovi) reati, diviene essenziale che la persona sia posta nelle condizioni di assumere consapevolezza rispetto ai valori fondamentali del vivere comune. 8. Un'ultima notazione va svolta riflettendo sulla nuova formulazione dell'art. 69-bis O.P. alla luce anche di quanto indicato dall'art. 111, comma 7 della Costituzione. La norma superprimaria prescrive che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbano essere motivati. La motivazione e' la cartina di tornasole della concreta conoscenza giudiziaria. Il suo livello di approfondimento dipende incontrovertibilmente dal numero e dalla qualita' dei dati informativi disponibili. Essi dati cooperano ad una decisione giusta e soprattutto effettiva. Disporre di «informazioni» dopo anni di detenzione o addirittura decenni, si e' anticipato, non agevola una decisone immediata e, soprattutto, conforme alla attualita' dello scrutinio da compiere, che e' ancorato a singoli semestri di conoscenza sul comportamento detentivo. Si evidenzia, in questa prospettiva, una difficolta' a raccogliere le fonti di conoscenza sui comportamenti tenuti e si rischia di rendere una decisione che non sia effettivamente aderente alla condotta tenuta, anche nella portata del suo disvalore, nella specifica congiuntura semestrale valutata dopo anni dai fatti. Cio' determina una possibile incidenza «negativa» sulla stessa «qualita'» della decisione giurisdizionale, con difficolta' di ricostruzione coerente delle ipotesi che si debbano scrutinare, da parte del magistrato di sorveglianza, per appurare se vi sia stata realmente o meno l'adesione consapevole al trattamento penitenziario. Identica incidenza «negativa» si rivelerebbe, a fronte della necessita' di conoscere, in via istruttoria, dati o fatti che abbiano forza di falsificare il giudizio esprimibile sull'ipotesi, incidendo su di essa e sul relativo grado di resistenza. 9. Cio' posto si ritiene che il dubbio di legittimita' costituzionale non sia manifestamente infondato e che la relativa decisione debba essere rimessa a questa Ecc.ma Corte costituzionale, per ogni valutazione sul merito della questione. Esso dubbio vale viepiu', come anticipato, a fronte di lunghe detenzioni - che hanno fine pena lontani nel tempo - e che non sono suscettibili di fruire di misure alternative alla restrizione intramuraria. Rilevanza della questione nel caso de quo. 10. Nella specie, S. N. chiede la liberazione anticipata nel periodo compreso tra il 18 gennaio 2024 e il 18 gennaio 2025. Il suo fine pena e' calcolato, alla data del 24 ottobre 2040 e non ricorrono le condizioni di accesso, nei novanta giorni, a misure alternative alla detenzione o per addivenire ad una concessione che trasformerebbe il fine pena da virtuale in reale; ne' il detenuto ha indicato altra ragione specifica per la quale chieda la liberazione anticipata. Sulla scorta della fattispecie indicata si coglie come, a regime vigente, per effetto della riforma indicata e qui impugnata, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile, con grave pregiudizio per il trattamento rieducativo del detenuto e con lesione dell'art. 27 comma 3 ultima parte della Costituzione. Cio' premesso, ritenuto che, d'ufficio, si debba sollevare questione di legittimita' costituzionale. P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione sviluppata, solleva, nei termini indicati, questione di legittimita' costituzionale: dell'art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 come modificato dall'art. 5 (Interventi sulla liberazione anticipata) del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (decreto «carcere sicuro») conv. in legge 8 agosto 2024, n. 112, ed, eventualmente, di ogni altra norma collegata alla disposizione anzidetta, per la violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui si subordina la richiesta del beneficio della liberazione anticipata alla possibilita' di rientrare, nei limiti di pena per accedere a misure alternative (90 giorni anteriori) o di ottenere nello stesso termine la scarcerazione ovvero nella parte in cui si impone al detenuto, per la valutazione della richiesta, di indicare le ragioni specifiche per le quali si richieda il beneficio stesso sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Napoli il 7 marzo 2025 Il Magistrato di sorveglianza: Cairo