Reg. ord. n. 79 del 2025 pubbl. su G.U. del 07/05/2025 n. 19
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte del 10/03/2025
Tra: F. sa. e altri C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale I di Torino
Oggetto:
Tributi – Processo tributario – Previsione che la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi – Previsione che tale sentenza può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio – Applicazione di tali disposizioni limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati – Denunciata introduzione di un automatismo legislativo che lede il diritto di difesa dell’Agenzia delle entrate in relazione all’interesse, di cui è portatrice, alla corretta riscossione delle imposte e al recupero dell’evasione fiscale – Norma che, ammettendo la costituzione di parte civile dell’Agenzia delle entrate a tutela del credito erariale, sarebbe a maggior ragione lesiva del diritto di difesa, ipotizzando che la medesima agenzia possa non ricevere l’avviso di cui all’art. 419 del codice di procedura penale e ciononostante subire le conseguenze di un processo rispetto del quale ne sarebbe totalmente all’oscuro – Introduzione di una irragionevole disparità di trattamento fra gli effetti assolutori extra penali per reati non tributari e quelli per reati tributari che incidono negativamente sui primari interessi dello Stato – Legislatore la cui scelta comporta uno sbilanciamento a danno dell’interesse dello Stato all’universalità della tassazione per irrazionale estensione automatica degli effetti assolutori a un giudizio di parte, fondato su regole probatorie e processuali differenti, con parti processuali che non coincidono con gli attori del procedimento penale – Lesione ulteriore del principio di ragionevolezza per ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla sentenza penale di condanna, della quale l’Agenzia delle entrate non può giovarsi con analogo automatismo.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 10/03/2000 Num. 74 Art. 21
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 79 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2025 Ordinanza del 10 marzo 2025 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte sul ricorso proposto da F. sa e altri contro Agenzia delle entrate - Direzione provinciale I di Torino. Tributi - Processo tributario - Previsione che la sentenza irrevocabile di assoluzione perche' il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi - Previsione che tale sentenza puo' essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio - Applicazione di tali disposizioni limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perche' il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e societa', con o senza personalita' giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonche' nei confronti dei loro soci o associati. - Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), art. 21-bis. (GU n. 19 del 07-05-2025) LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL PIEMONTE Sezione 3 riunita in udienza l'11 febbraio 2025 alle ore 9,30 con la seguente composizione collegiale: Puccinelli Alberto, Presidente; Baldi Cristiano, relatore; Cascini Prospero, giudice; in data 11 febbraio 2025 ha pronunciato la seguente: Ordinanza sull'appello n. 371/2023 depositato il 14 giugno 2023 proposto da F. ... difeso da: Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; rappresentato da V. A. L. M. - ... rappresentante difeso da: Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; ed elettivamente domiciliato presso cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it I. C. - ... difeso da: Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; ed elettivamente domiciliato presso cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it V. A. L. M. - ... difeso da: Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; ed elettivamente domiciliato presso cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it F. ... difeso da: Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; rappresentato da C. A. C. M. - ... rappresentante difeso da: Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; ed elettivamente domiciliato presso cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it contro Ag. Entrate Direzione provinciale I Di Torino, elettivamente domiciliato presso dp.1torino@pce.agenziaentrate.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: pronuncia sentenza n. 877/2022 emessa dalla Corte di giustizia tributaria primo grado Torino Sez. 3 e pubblicata il 18 novembre 2022 Atti impositivi: avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; avviso di accertamento n. ...; a seguito di discussione in pubblica udienza Elementi in fatto La presente controversia concerne plurimi avvisi di accertamento (per le annualita' ...) emessi dall'Agenzia delle entrate - Direzione provinciale I di Torino, nei confronti di C. I., F., L. M. V. A. e F. A fondamento, in estrema sintesi, la fittizia esterovestizione della F., formalmente societa' svizzera facente capo ai coniugi L. M. - C. unica proprietaria, dal ..., della societa' F. La societa' svizzera, in sostanza, sarebbe stata costituita all'estero al fine di sottrarre all'imposizione in Italia i profitti connessi ad una parte del business della distinta societa' residente, la F. Di conseguenza, sulla scorta delle contestazioni mosse nei confronti della Societa' che si considerava quale S.r.l. a ristretta compagine sociale, l'Ufficio ha contestato ai soci la percezione di utili extracontabili derivanti dall'evasione posta in essere attraverso dalla F. La sentenza di primo grado, escluso il difetto di motivazione dell'avviso stante la piena conoscenza del prodromico PVC, nel merito ha ritenuto provato che la sede effettiva della F. fosse presso la stessa F. A sostegno, i giudici di prime cure hanno richiamato la documentazione rinvenuta presso la societa' italiana e il rinvio a giudizio del L. M. per il delitto di cui all'art. 5 decreto legislativo n. 74/2000 proprio in considerazione della sede della societa' di diritto elvetico F., ritenuta in territorio italiano. Appellano F., F., L. M. V. A. e C. I. eccependo la nullita' della sentenza per motivazione apparente, avendo ripreso pedissequamente le argomentazioni della controparte. Contestano la rilevanza del rinvio a giudizio in sede penale, derivando questo dal medesimo PVC oggi contestato e vigendo, comunque, l'onere di autonoma valutazione del giudice tributario. Venendo al merito, parte appellante rileva che l'attivita' della societa' svizzera riguarda unicamente la fornitura di un software per la mappatura delle centraline auto e che presso la sede della societa', in Svizzera, si troverebbe un supercomputer che, utilizzando il software creato dal sig. L. M., elaborerebbe i parametri di miglioramento delle centraline. Inoltre, prosegue parte appellante, la F. si avvale della collaborazione di altre societa' dislocate in vari paesi in tutta Europa, che provvedono autonomamente all'acquisto dal fornitore nonche' alla vendita ed alla installazione delle centraline sui veicoli dei clienti consumatori finali. All'atto della vendita e dell'installazione, queste societa' partner offrono ai clienti la possibilita' di avvalersi dei servizi di F. per il monitoraggio e l'ottimizzazione delle performances delle centraline elettroniche. In Italia opera, in tal modo, la F. Insiste, quindi, nel ritenere la sede effettiva della societa' in Svizzera, anche considerando che ivi risiede il suo amministratore, sig. L. M. Da ultimo, richiama l'onere probatorio rigoroso in capo all'Agenzia, anche in relazione al nuovo art. 7, comma 5-bis, decreto legislativo n. 546/1992. L'Agenzia si costituisce eccependo, in via preliminare, l'inammissibilita' dell'atto di appello per violazione dell'art. 16-bis, decreto legislativo n. 546/1992. In sostanza, l'Agenzia lamenta che l'atto di appello non sia un documento informatico nativo firmato digitalmente, ma sia stato formato in modalita' cartacea, sottoscritto con firma autografa, e successivamente notificato/depositato in giudizio a mezzo di scansione di copia per immagine su supporto informatico. Infatti, prosegue l'Ufficio, l'atto d'appello e' stato allegato alla PEC del 18 maggio 2023, firmato digitalmente con l'estensione «p7m» indicante che il documento e' sottoscritto digitalmente. Nonostante cio', lo stesso documento reca la sottoscrizione autografa dei difensori e cio' dimostrerebbe che l'atto d'appello e' stato sottoscritto «a mano» da parte dei difensori, successivamente scannerizzato e sul file immagine cosi' ottenuto e' stata apposta anche la firma digitale. Nel merito, l'Ufficio ha insistito nell'esterovestizione della societa' svizzera e concluso per il rigetto dell'appello. Motivi della decisione 1. Occorre preliminarmente esaminare l'eccezione di inammissibilita' dell'atto di appello sollevata da parte resistente, giacche' il suo eventuale fondamento determinerebbe, a monte, l'irrilevanza della questione. 1.1 In estrema sintesi, l'Agenzia afferma che l'appello non sarebbe un atto nativo digitale quanto, invece, un documento originariamente cartaceo e solo successivamente scannerizzato e firmato digitalmente. Osserva il Collegio che tale modus operandi risulta, in effetti, difforme dalla previsione contenuta nelle norme tecniche richiamate dall'art. 16-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 546/1992, laddove dispone il rinvio, per gli atti processuali, alle modalita' telematiche previste dalle norme di dettaglio. In particolare, l'art. 10 del decreto 4 agosto 2015 del Min. economia e finanze, alla lettera C, stabilisce che il ricorso non puo' essere una copia per immagine di un documento nato analogicamente. Tuttavia, va osservato che, nella fattispecie in esame, se e' vero che l'atto di appello (come dedotto dall'Ufficio) risultava effettivamente firmato in forma autografa e successivamente scannerizzato, e' altrettanto vero che esso veniva firmato anche in forma digitale ed infine inviato dall'indirizzo Pec di uno dei firmatari: la firma digitale, dunque, unitamente all'invio dall'appropriato indirizzo Pec, ne assicurava la paternita', escludendosi, pertanto, alcuna lesione del diritto di difesa dell'Agenzia. Puo' affermarsi, quindi, che l'atto ha ampiamente raggiunto il suo scopo. Ebbene, pur prendendo atto della difforme giurisprudenza di questa Corte (peraltro, non motivata in punto effetti della difformita'), considerato che a mente dell'art. 18 il ricorso e' inammissibile, tra l'altro, se manca o e' assolutamente incerta la sottoscrizione del difensore, se ne deve dedurre che il mancato rispetto della norma sopra menzionata, nei termini descritti (l'atto non nasce come nativo digitale in formato PDF), e' causa di nullita' insanabile del ricorso solo se determina incertezza circa la paternita' dell'atto. In termini, la recente pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui «Se privo dell'apposizione della firma digitale, il ricorso per cassazione in forma di documento informatico e' affetto da un vizio di nullita', che e' sanabile per raggiungimento dello scopo ogni qualvolta possa desumersi la paternita' certa dell'atto processuale da elementi qualificanti, tra i quali la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell'Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito della sua copia analogica con attestazione di conformita' sottoscritta dall'avvocato dello Stato» (Cass. S. U. n. 6477/2024). 1.2 Nella fattispecie in esame, anche in relazione alla strumentalita' della forma, la presenza di firma autografa, di firma digitale e l'invio tramite indirizzo PEC riferibile all'autore della sottoscrizione sono elementi tali da escludere qualunque incertezza circa la paternita' dell'atto. 1.3 L'eccezione preliminare di inammissibilita' dell'atto di appello, che avrebbe precluso l'esame del merito, e' quindi infondata. 2. Venendo all'esame del merito, occorre distinguere gli avvisi impugnati relativi alle annualita' ... -... (avvisi nn. ...), da quello relativo al ... (avviso n. ...). Ebbene, con riferimento alle annualita' ..., trova applicazione l'art. 21-bis del decreto legislativo n. 74/2000 (oggi, art. 119, decreto legislativo n. 175/2024), sopra riportato. Nella fattispecie in esame, con la sentenza n. 2706/2024, passata in giudicato, il Tribunale di Torino ha assolto il sig. L. M. V. A. dal reato di cui all'art. 5, decreto legislativo n. 74/2000 (capi di imputazione n. 4 e 5, analoghi ma riferiti a due distinte annualita'), reato che aveva come presupposto proprio l'esterovestizione della F. Infatti, alle pagine 19 e 20 della menzionata pronuncia, si legge che l'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli anni ... ha per presupposto «che ci si trovi in presenza di un fenomeno di esterovestizione societaria». Nel corpo della sentenza si da' atto delle dichiarazioni testimoniali di un militare della Guardia di Finanza e si conclude affermando quanto segue: «Il teste non ha precisato quali documenti riferibili a F. siano stati rinvenuti presso la sede di F., ne' tale documentazione e' stata prodotta nel corso del processo. E' dunque evidente che non vi sono elementi sufficienti per affermare che la F. avesse una stabile organizzazione in Italia e ivi fosse localizzata la gestione amministrativa della medesima. L'imputato L. M. V. A. deve pertanto essere assolto dai reati contestati ai capi 4) e 5) perche' il fatto non sussiste». L'assoluzione, come prevista dalla menzionata norma, e' avvenuta con formula piena e in seguito a dibattimento: da cio' deriva che, con riferimento ai medesimi fatti materiali oggetto di valutazione, tale sentenza ha efficacia di giudicato nel processo tributario (art. 21-bis, comma 1), anche con riferimento alla societa' e ad altri soggetti interessati (comma 3). Tenuto conto che il processo penale ha riguardato le annualita' ... e ..., l'applicazione del richiamato disposto normativo determinerebbe l'automatica caducazione degli avvisi di accertamento relativi alle medesime annualita', incidendo, quindi, in modo vincolante nel presente giudizio. Va aggiunto che, escludendo l'esame del materiale probatorio sotteso alla pronuncia del giudice penale, impedito dall'applicazione del menzionato art. 21-bis del decreto legislativo n. 74/2000 (oggi, art. 119, decreto legislativo n. 175/2024, applicabile dal 1° gennaio 2026), si determina una preclusione incidente sulla valutazione di essenziali elementi di fatto, coperti dal giudicato penale, che potrebbero orientare il giudice tributario alla compiuta definizione del giudizio anche in senso opposto alla risoluzione nel merito operata dal giudice penale. Invero, infatti, mentre nel giudizio penale l'istruzione probatoria e' apparsa, con riferimento alla F., del tutto carente, nel presente giudizio sono emersi precisi e puntuali elementi indiziari che, ad un sommario esame, permetterebbero di motivare adeguatamente nel senso dell'esterovestizione della societa' svizzera, con conseguente fondamento della ripresa fiscale operata dall'Agenzia. 3. Alla luce di quanto precede, per la risoluzione nel merito della controversia rappresentata in narrativa, il Collegio e' chiamato a fare applicazione del menzionato art. 21-bis, che cosi' dispone: «La sentenza irrevocabile di assoluzione perche' il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 puo' essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in Camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perche' il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e societa', con o senza personalita' giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonche' nei confronti dei loro soci o associati». 3.1 E tuttavia, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale della disposizione richiamata in relazione agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione. 4. I dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 21-bis decreto legislativo n. 74/2000 riguardano, in primo luogo, la coerenza della disposizione citata con l'art. 24 della Costituzione, norma «di carattere generale, intesa a garantire indefettibilmente l'esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento giurisdizionale [...] Il testo complessivo dell'art. 24 della Costituzione, nella successione dei vari commi, esclude qualsiasi perplessita' in proposito e porta a concludere che essenziale finalita' delle norme in esame e' quella di garantire a tutti la possibilita' di tutelare in giudizio le proprie ragioni» (Corte costituzionale, sentenza 10 ottobre 1979, n. 125). Ritiene il Collegio che, pur considerato che compete al legislatore, «considerate le peculiarita' strutturali e funzionali ed i diversi interessi in gioco nei vari stadi e gradi del procedimento, il dettare le concrete modalita' per l'esercizio del diritto di difesa», l'art. 21-bis non pare garantire il diritto di difesa «a tutti su un piano d'uguaglianza ed in forme idonee» (Corte costituzionale 22 dicembre 1980, n. 188). 4.1 Tale norma, infatti, lede irrimediabilmente il diritto di difesa dell'Agenzia delle entrate in relazione all'interesse, di cui e' portatrice concreta, alla corretta riscossione delle imposte ed al recupero dell'evasione fiscale. Occorre considerare, infatti, che l'automatismo introdotto dal legislatore (con l'art. 1, comma 1, lettera m, decreto legislativo n. 87/2024) determina l'estensione degli effetti del giudicato penale nei confronti di una parte - l'Agenzia delle entrate - che, in quel giudizio penale, non puo' intervenire per la tutela dell'interesse, alla ripresa fiscale, di cui e' istituzionalmente portatrice; sicche', l'applicazione della norma, in ragione della predetta preclusione, lede quella dialettica processuale che e' imprescindibile garanzia dell'effettivita' del diritto di difesa (Corte cost. 16 dicembre 1970, n. 190). 4.2 Si deve ricordare, ancora, che, come recentemente rilevato dalla Cassazione (sez. Unite Civile, sentenza 12 ottobre 2022, n. 29862), sconfessando il valore delle stesse circolari dell'Agenzia sul punto (cfr. circolare n. 154/E del 2000), il risarcimento del danno azionabile in sede penale con la relativa costituzione di parte civile e' ontologicamente differente dal credito fiscale e relative sanzioni: in sostanza, «nel rapporto tra il contribuente e l'erario il danno patrimoniale da evasione penalmente rilevante di cui l'amministrazione finanziaria puo' chiedere il risarcimento e' necessariamente diverso dall'imposta evasa, dalle sanzioni e dagli interessi moratori previsti dalla legislazione speciale, e potra' consistere solo negli eventuali ulteriori o diversi pregiudizi sopportati dalla p.a.». Cio' significa, in altri termini, che la pretesa tributaria non puo' costituire oggetto dell'azione risarcitoria da esercitare nel processo penale mediante la costituzione di parte civile dell'Agenzia delle entrate. Ebbene, per effetto di quanto previsto nel citato art. 21-bis, l'Agenzia delle entrate, non potendo agire con la costituzione di parte civile per conseguire il pagamento del tributo evaso viene a soffrire di un irrimediabile pregiudizio, subendo in via diretta ed immediata l'esito di un giudizio cui e' rimasta estranea. Il principio predicato dalla richiamata giurisprudenza della Cassazione porta a due considerazioni. 4.2.1 La prima e' che non puo' sostenersi che l'interesse alla corretta riscossione delle imposte verrebbe tutelato dalla figura del pubblico ministero, organo portatore dell'interesse dello Stato alla repressione dei reati e, piu' in generale, all'attuazione della legge. Il credito fiscale, infatti, alla luce della richiamata giurisprudenza di legittimita', non ha dimora all'interno del giudizio penale e, conseguentemente, non puo' essere il pubblico ministero il soggetto che garantisce l'interesse dello Stato alla riscossione delle imposte. L'Agenzia delle entrate, che della cura di tale interesse e' istituzionalmente incaricata, a causa del disposto della disposizione citata, subisce gli effetti di un giudizio, di una strategia processuale, su cui non e' in condizioni di influire, con evidente lesione del suo diritto di difesa (art. 24 della Costituzione) e, conseguentemente, dell'interesse primario dello Stato alla riscossione delle imposte contrastando l'illecita sottrazione di materiale imponibile, tanto in forma di evasione quanto di elusione fiscale. 4.2.2 La seconda considerazione, strettamente collegata alla prima, e' che volendo, invece, ammettere la costituzione di parte civile dell'Agenzia delle entrate a tutela del credito erariale, allora, a maggior ragione, appare chiaramente lesivo del diritto di difesa ipotizzare che questa possa non ricevere l'avviso di cui all'art. 419 c.p.p. e, ciononostante, subire le conseguenze di un processo rispetto alla cui esistenza ed andamento potrebbe essere rimasta completamente all'oscuro. 5. Il riferimento alla «primarieta'» dell'interesse alla riscossione delle imposte, espressione di quel dovere di solidarieta' contributiva su cui si fonda l'art. 53 della Costituzione, porta ad ulteriori dubbi di legittimita' costituzionale, con riferimento all'art. 3 della Costituzione. L'art. 21-bis, infatti, introduce una non ragionevole disparita' di trattamento fra gli effetti assolutori extra penali per reati non tributari e quelli per reati tributari che incidono negativamente sui primari interessi dello Stato. Si deve richiamare, infatti, l'art. 652 c.p.p. a mente del quale «1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto e' stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facolta' legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'art. 75, comma 2. 2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell'art. 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato». Previsione di segno analogo si rinviene nel successivo art. 654 c.p.p. (sebbene di difficile applicazione al rito tributario stanti le limitazioni probatorie che lo caratterizzavano prima della riforma di cui alla legge n. 130/2022). 5.1 Dal confronto tra il riportato art. 652 c.p.p. e l'art. 21-bis decreto legislativo n. 74/2000 emerge evidente la menzionata disparita' di trattamento: mentre la sentenza penale di assoluzione puo' incidere nei giudizi civili o amministrativi solo se il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, nel processo tributario, per effetto dell'art. 21-bis, cio' non avviene, con irragionevole disparita' tra situazioni assolutamente comparabili. La comparabilita', infatti, deriva dalla considerazione che gli interessi in gioco nel processo tributario non possono ragionevolmente ritenersi recessivi rispetto a quelli, relativi al singolo individuo, che possono venire lesi da un fatto di reato: in tutti i segnalati comparti giurisdizionali possono venire in questione interessi costituzionalmente rilevanti, come tali bisognosi di una tutela non irragionevolmente diminuita. 5.2 La scelta perseguita dal Legislatore sembra comportare, dunque, un marcato sbilanciamento a danno dell'interesse dello Stato all'universalita' della tassazione: se si considera che il regime probatorio e' molto piu' rigoroso nel giudizio penale (laddove la condanna si fonda sul criterio del «oltre ogni ragionevole dubbio») rispetto a quello tributario (laddove vige il criterio civilistico del «piu' probabile che non»), se ne ricava, ancor piu', l'irragionevolezza dell'estensione automatica degli effetti assolutori ad un giudizio di parte, fondato su regole probatorie e processuali differenti, con parti processuali che non coincidono con gli attori del procedimento penale. Tant'e' che proprio questa considerazione giustifica una norma come l'art. 652 c.p.p.: solo se il danneggiato e' potuto intervenire nel giudizio penale, eventualmente ivi svolgendo le proprie istanze istruttorie, si puo' ritenere ragionevole il contemperamento cosi' raggiunto tra l'interesse alla coerenza sistematica di giudicati e quello, altrettanto meritevole di considerazione, di cui e' portatore il soggetto danneggiato. 5.3 Ulteriore irragionevolezza, sempre in relazione all'art. 3 della Costituzione, emerge per l'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla sentenza penale di condanna, di cui l'Agenzia non puo' giovarsi con analogo automatismo. Occorre ricordare, infatti, che l'art. 651 c.p.p., laddove disciplina l'efficacia extra-penale della sentenza di condanna irrevocabile, non puo' trovare applicazione in ambito tributario, come pacificamente riconosciuto dalla consolidata giurisprudenza di legittimita' (da ultimo, Cass. n. 2115/2024). Non e' dato comprendere, pertanto, per quale motivo l'esigenza di assicurare il principio del ne bis in idem ed il coordinamento tra sistemi (cfr. art. 20, comma 1, lettera a, n. 3, della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, nonche' relazione illustrativa al decreto legislativo 14 giugno 2024, n. 87 che ha introdotto l'art. 21-bis nel corso del decreto legislativo n. 74/2000) sia avvertita solo a favore dell'imputato e non anche, in caso di condanna, a favore dell'Agenzia, la cui attivita' resta chiaramente ostacolata dalla scelta legislativa. L'art. 21-bis determina, quindi, un'irragionevole differenziazione, oltre che tra sentenze penali di assoluzione per reati tributari e reati extra tributari, anche tra sentenze penali di assoluzione e sentenze penali di condanna, per le quali non si prevede analogo automatismo. 6. Ne' della citata disposizione e' consentito dare un'interpretazione costituzionalmente orientata stante la chiarezza e la perentorieta' della voluntas legis da essa predicata. 7. Alla luce di quanto precede, ritiene il Collegio la sussistenza dei presupposti per la sospensione del giudizio e la rimessione delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 21-bis del decreto legislativo n. 74/2000 (oggi, art. 119, decreto legislativo n. 175/2024, applicabile dal 1° gennaio 2026), in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione. P. Q. M. La Corte di giustizia tributaria di II grado del Piemonte, Visti gli articoli 134 e segg. della Costituzione e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva, in quanto rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 21-bis del decreto legislativo n. 74/2000 per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione; Dispone la sospensione del presente giudizio; Ordina che la presente ordinanza di rimessione sia notificata, a cura della Segreteria della Corte, a tutte le parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati; Dispone la trasmissione, a cura della Segreteria della Corte, della presente ordinanza e degli atti del giudizio alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle notificazioni e comunicazioni prescritte. Cosi' deciso in Torino, nella Camera di consiglio dell'11 febbraio 2025 Il Presidente: Puccinelli Il relatore: Baldi