Reg. ord. n. 79 del 2025 pubbl. su G.U. del 07/05/2025 n. 19

Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte  del 10/03/2025

Tra: F. sa. e altri  C/ Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale I di Torino



Oggetto:

Tributi – Processo tributario – Previsione che la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi – Previsione che tale sentenza può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio – Applicazione di tali disposizioni limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati – Denunciata introduzione di un automatismo legislativo che lede il diritto di difesa dell’Agenzia delle entrate in relazione all’interesse, di cui è portatrice, alla corretta riscossione delle imposte e al recupero dell’evasione fiscale – Norma che, ammettendo la costituzione di parte civile dell’Agenzia delle entrate a tutela del credito erariale, sarebbe a maggior ragione lesiva del diritto di difesa, ipotizzando che la medesima agenzia possa non ricevere l’avviso di cui all’art. 419 del codice di procedura penale e ciononostante subire le conseguenze di un processo rispetto del quale ne sarebbe totalmente all’oscuro – Introduzione di una irragionevole disparità di trattamento fra gli effetti assolutori extra penali per reati non tributari e quelli per reati tributari che incidono negativamente sui primari interessi dello Stato – Legislatore la cui scelta comporta uno sbilanciamento a danno dell’interesse dello Stato all’universalità della tassazione per irrazionale estensione automatica degli effetti assolutori a un giudizio di parte, fondato su regole probatorie e processuali differenti, con parti processuali che non coincidono con gli attori del procedimento penale – Lesione ulteriore del principio di ragionevolezza per ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla sentenza penale di condanna, della quale l’Agenzia delle entrate non può giovarsi con analogo automatismo.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 10/03/2000  Num. 74  Art. 21



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 79 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2025

Ordinanza del 10 marzo 2025 della Corte di  giustizia  tributaria  di
secondo grado del Piemonte sul ricorso proposto  da  F.  sa  e  altri
contro Agenzia delle entrate - Direzione provinciale I di Torino. 
 
Tributi  -  Processo  tributario  -  Previsione   che   la   sentenza
  irrevocabile  di  assoluzione  perche'  il  fatto  non  sussiste  o
  l'imputato  non  lo  ha  commesso,   pronunciata   in   seguito   a
  dibattimento nei confronti del medesimo  soggetto  e  sugli  stessi
  fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha,
  in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai
  fatti  medesimi  -  Previsione  che  tale  sentenza   puo'   essere
  depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici  giorni
  prima  dell'udienza  o  dell'adunanza  in  camera  di  consiglio  -
  Applicazione di tali disposizioni  limitatamente  alle  ipotesi  di
  sentenza di assoluzione perche' il fatto non  sussiste,  anche  nei
  confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha  agito
  il dipendente, il rappresentante legale  o  negoziale,  ovvero  nei
  confronti dell'ente e societa', con o senza personalita' giuridica,
  nell'interesse   dei   quali   ha   agito   il   rappresentante   o
  l'amministratore anche di fatto, nonche'  nei  confronti  dei  loro
  soci o associati. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova  disciplina  dei
  reati in materia di imposte sui redditi e sul  valore  aggiunto,  a
  norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno  1999,  n.  205),  art.
  21-bis. 


(GU n. 19 del 07-05-2025)

 
                  LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA 
                    DI SECONDO GRADO DEL PIEMONTE 
                              Sezione 3 
 
    riunita in udienza l'11  febbraio  2025  alle  ore  9,30  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Puccinelli Alberto, Presidente; 
        Baldi Cristiano, relatore; 
        Cascini Prospero, giudice; 
    in data 11 febbraio 2025 ha pronunciato la seguente: 
 
                              Ordinanza 
 
    sull'appello n. 371/2023 depositato il 14 giugno 2023 
    proposto da F. ... 
    difeso da: 
        Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; 
        Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; 
    rappresentato da V. A. L. M. - ... 
    rappresentante difeso da: 
        Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; 
        Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; 
    ed           elettivamente           domiciliato           presso
cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it 
    I. C. - ... 
    difeso da: 
        Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; 
        Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; 
    ed           elettivamente           domiciliato           presso
cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it 
    V. A. L. M. - ... 
    difeso da: 
        Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; 
        Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; 
    ed           elettivamente           domiciliato           presso
cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it 
    F. ... 
    difeso da: 
        Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; 
        Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; 
    rappresentato da C. A. C. M. - ... 
    rappresentante difeso da: 
        Cesare Di Marco - DMRCSR86A22H926G; 
        Edoardo Tamagnone - TMGDRD79A15L219E; 
    ed           elettivamente           domiciliato           presso
cesaredimarco@pec.ordineavvocatitorino.it 
    contro  Ag.  Entrate   Direzione   provinciale   I   Di   Torino,
elettivamente domiciliato presso dp.1torino@pce.agenziaentrate.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
        pronuncia  sentenza  n.  877/2022  emessa  dalla   Corte   di
giustizia tributaria primo grado Torino Sez. 3  e  pubblicata  il  18
novembre 2022 
    Atti impositivi: 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
        avviso di accertamento n. ...; 
    a seguito di discussione in pubblica udienza 
 
                          Elementi in fatto 
 
    La presente controversia concerne plurimi avvisi di  accertamento
(per le annualita' ...) emessi dall'Agenzia delle entrate - Direzione
provinciale I di Torino, nei confronti di C. I., F., L. M. V. A. e F. 
    A fondamento, in estrema sintesi,  la  fittizia  esterovestizione
della F., formalmente societa' svizzera facente capo ai coniugi L. M.
- C. unica proprietaria, dal ..., della societa' F. 
    La societa'  svizzera,  in  sostanza,  sarebbe  stata  costituita
all'estero al fine di sottrarre all'imposizione in Italia i  profitti
connessi ad una parte del business della distinta societa' residente,
la F. 
    Di  conseguenza,  sulla  scorta  delle  contestazioni  mosse  nei
confronti della Societa' che si considerava quale S.r.l. a  ristretta
compagine sociale, l'Ufficio ha contestato ai soci la  percezione  di
utili  extracontabili  derivanti  dall'evasione   posta   in   essere
attraverso dalla F. 
    La sentenza di primo grado, escluso  il  difetto  di  motivazione
dell'avviso stante la piena conoscenza del prodromico PVC, nel merito
ha ritenuto provato che la sede effettiva della F. fosse  presso   la
stessa F. 
    A  sostegno,  i  giudici  di  prime  cure  hanno  richiamato   la
documentazione rinvenuta presso la societa' italiana e  il  rinvio  a
giudizio del  L.  M.  per  il  delitto  di  cui  all'art.  5  decreto
legislativo n. 74/2000 proprio in  considerazione  della  sede  della
societa' di diritto elvetico F., ritenuta in territorio italiano. 
    Appellano F., F., L. M. V. A. e C. I. eccependo la nullita' della
sentenza per motivazione apparente, avendo ripreso pedissequamente le
argomentazioni della controparte. Contestano la rilevanza del  rinvio
a giudizio in sede penale, derivando questo  dal  medesimo  PVC  oggi
contestato e vigendo, comunque, l'onere di autonoma  valutazione  del
giudice tributario. Venendo al merito, parte  appellante  rileva  che
l'attivita' della societa' svizzera riguarda unicamente la  fornitura
di un software per la mappatura delle centraline auto e che presso la
sede della societa', in Svizzera, si troverebbe un supercomputer che,
utilizzando il  software  creato  dal  sig.  L.  M.,  elaborerebbe  i
parametri di miglioramento delle centraline. 
    Inoltre,  prosegue  parte  appellante,  la  F.  si  avvale  della
collaborazione di altre societa' dislocate in  vari  paesi  in  tutta
Europa,  che  provvedono  autonomamente  all'acquisto  dal  fornitore
nonche' alla vendita  ed  alla  installazione  delle  centraline  sui
veicoli dei clienti consumatori  finali.  All'atto  della  vendita  e
dell'installazione, queste societa' partner  offrono  ai  clienti  la
possibilita' di avvalersi dei servizi di F.  per  il  monitoraggio  e
l'ottimizzazione delle performances delle centraline elettroniche. In
Italia opera, in tal modo, la F. 
    Insiste, quindi, nel ritenere la sede effettiva della societa' in
Svizzera, anche considerando che ivi risiede il  suo  amministratore,
sig. L. M. Da ultimo, richiama l'onere probatorio  rigoroso  in  capo
all'Agenzia, anche in relazione al nuovo art. 7, comma 5-bis, decreto
legislativo n. 546/1992. 
    L'Agenzia  si  costituisce   eccependo,   in   via   preliminare,
l'inammissibilita' dell'atto  di  appello  per  violazione  dell'art.
16-bis, decreto  legislativo  n.  546/1992.  In  sostanza,  l'Agenzia
lamenta che l'atto di appello non sia un documento informatico nativo
firmato digitalmente, ma sia stato  formato  in  modalita'  cartacea,
sottoscritto    con    firma     autografa,     e     successivamente
notificato/depositato in giudizio a mezzo di scansione di  copia  per
immagine su supporto informatico. Infatti, prosegue l'Ufficio, l'atto
d'appello e' stato allegato alla PEC  del  18  maggio  2023,  firmato
digitalmente con l'estensione «p7m» indicante  che  il  documento  e'
sottoscritto digitalmente. Nonostante cio', lo stesso documento  reca
la sottoscrizione autografa dei difensori e  cio'  dimostrerebbe  che
l'atto  d'appello  e'  stato  sottoscritto  «a  mano»  da  parte  dei
difensori, successivamente scannerizzato e sul  file  immagine  cosi'
ottenuto e' stata apposta anche la firma digitale. 
    Nel merito, l'Ufficio ha  insistito  nell'esterovestizione  della
societa' svizzera e concluso per il rigetto dell'appello. 
 
                       Motivi della decisione 
 
    1.   Occorre    preliminarmente    esaminare    l'eccezione    di
inammissibilita' dell'atto di appello sollevata da parte  resistente,
giacche'  il  suo  eventuale  fondamento  determinerebbe,  a   monte,
l'irrilevanza della questione. 
    1.1 In estrema  sintesi,  l'Agenzia  afferma  che  l'appello  non
sarebbe  un  atto  nativo  digitale  quanto,  invece,  un   documento
originariamente  cartaceo  e  solo  successivamente  scannerizzato  e
firmato digitalmente. 
    Osserva il Collegio che tale modus operandi risulta, in  effetti,
difforme dalla previsione contenuta nelle norme  tecniche  richiamate
dall'art. 16-bis, comma  3,  del  decreto  legislativo  n.  546/1992,
laddove dispone il rinvio, per gli atti processuali,  alle  modalita'
telematiche previste dalle norme di dettaglio. 
    In particolare, l'art. 10 del decreto  4  agosto  2015  del  Min.
economia e finanze, alla lettera C, stabilisce  che  il  ricorso  non
puo'  essere  una  copia  per   immagine   di   un   documento   nato
analogicamente. 
    Tuttavia, va osservato che, nella fattispecie  in  esame,  se  e'
vero che l'atto di  appello  (come  dedotto  dall'Ufficio)  risultava
effettivamente  firmato  in   forma   autografa   e   successivamente
scannerizzato, e' altrettanto vero che esso veniva firmato  anche  in
forma digitale ed  infine  inviato  dall'indirizzo  Pec  di  uno  dei
firmatari:  la   firma   digitale,   dunque,   unitamente   all'invio
dall'appropriato  indirizzo  Pec,  ne   assicurava   la   paternita',
escludendosi,  pertanto,  alcuna  lesione  del  diritto   di   difesa
dell'Agenzia. 
    Puo' affermarsi, quindi, che l'atto ha  ampiamente  raggiunto  il
suo scopo. 
    Ebbene, pur  prendendo  atto  della  difforme  giurisprudenza  di
questa  Corte  (peraltro,  non  motivata  in  punto   effetti   della
difformita'), considerato che a mente  dell'art.  18  il  ricorso  e'
inammissibile, tra l'altro, se manca o e'  assolutamente  incerta  la
sottoscrizione del difensore, se  ne  deve  dedurre  che  il  mancato
rispetto della norma sopra menzionata, nei termini descritti  (l'atto
non nasce come nativo digitale in formato PDF), e' causa di  nullita'
insanabile  del  ricorso  solo  se  determina  incertezza  circa   la
paternita' dell'atto. 
    In termini, la recente pronuncia delle Sezioni Unite secondo  cui
«Se privo dell'apposizione  della  firma  digitale,  il  ricorso  per
cassazione in forma di documento informatico e' affetto da  un  vizio
di nullita', che e' sanabile  per  raggiungimento  dello  scopo  ogni
qualvolta possa desumersi la paternita' certa  dell'atto  processuale
da elementi qualificanti, tra i quali la  notificazione  del  ricorso
nativo digitale dalla casella p.e.c. dell'Avvocatura  generale  dello
Stato censita nel REGINDE e il successivo deposito  della  sua  copia
analogica con attestazione di conformita' sottoscritta  dall'avvocato
dello Stato» (Cass. S. U. n. 6477/2024). 
    1.2  Nella  fattispecie  in  esame,  anche  in   relazione   alla
strumentalita' della forma, la presenza di firma autografa, di  firma
digitale e l'invio tramite indirizzo PEC riferibile all'autore  della
sottoscrizione sono elementi tali da escludere  qualunque  incertezza
circa la paternita' dell'atto. 
    1.3 L'eccezione  preliminare  di  inammissibilita'  dell'atto  di
appello,  che  avrebbe  precluso  l'esame  del  merito,   e'   quindi
infondata. 
    2. Venendo all'esame del merito, occorre distinguere  gli  avvisi
impugnati relativi alle annualita' ...  -...  (avvisi  nn.  ...),  da
quello relativo al ... (avviso n. ...). 
    Ebbene, con riferimento alle annualita' ...,  trova  applicazione
l'art. 21-bis del decreto legislativo n.  74/2000  (oggi,  art.  119,
decreto legislativo n. 175/2024), sopra riportato. 
    Nella fattispecie in esame, con la sentenza n. 2706/2024, passata
in giudicato, il Tribunale di Torino ha assolto il sig. L. M.  V.  A.
dal reato di cui all'art. 5, decreto legislativo n. 74/2000 (capi  di
imputazione  n.  4  e  5,  analoghi  ma  riferiti  a   due   distinte
annualita'),   reato   che    aveva    come    presupposto    proprio
l'esterovestizione della F. 
    Infatti, alle pagine 19 e 20 della menzionata pronuncia, si legge
che l'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali per  gli  anni
... ha per presupposto «che ci si trovi in presenza di un fenomeno di
esterovestizione societaria». Nel corpo della sentenza  si  da'  atto
delle dichiarazioni testimoniali di  un  militare  della  Guardia  di
Finanza e si conclude affermando  quanto  segue:  «Il  teste  non  ha
precisato quali documenti  riferibili  a  F.  siano  stati  rinvenuti
presso la sede di F., ne' tale documentazione e' stata  prodotta  nel
corso del processo. E' dunque  evidente  che  non  vi  sono  elementi
sufficienti per affermare che la F. avesse una stabile organizzazione
in Italia e ivi fosse localizzata la  gestione  amministrativa  della
medesima. 
    L'imputato L. M. V. A. deve pertanto  essere  assolto  dai  reati
contestati ai capi 4) e 5) perche' il fatto non sussiste». 
    L'assoluzione, come prevista dalla menzionata norma, e'  avvenuta
con formula piena e in seguito a dibattimento: da  cio'  deriva  che,
con riferimento ai medesimi fatti materiali oggetto  di  valutazione,
tale sentenza ha efficacia di giudicato nel processo tributario (art.
21-bis, comma 1), anche con riferimento  alla  societa'  e  ad  altri
soggetti interessati (comma 3). 
    Tenuto conto che il processo penale ha riguardato  le  annualita'
...  e  ...,  l'applicazione  del   richiamato   disposto   normativo
determinerebbe l'automatica caducazione degli avvisi di  accertamento
relativi  alle  medesime  annualita',  incidendo,  quindi,  in   modo
vincolante nel presente giudizio. 
    Va aggiunto che,  escludendo  l'esame  del  materiale  probatorio
sotteso alla pronuncia del giudice penale, impedito dall'applicazione
del menzionato art. 21-bis del decreto legislativo n. 74/2000  (oggi,
art. 119, decreto legislativo n. 175/2024, applicabile dal 1° gennaio
2026), si determina una preclusione incidente  sulla  valutazione  di
essenziali elementi di  fatto,  coperti  dal  giudicato  penale,  che
potrebbero orientare il giudice tributario alla compiuta  definizione
del giudizio anche in  senso  opposto  alla  risoluzione  nel  merito
operata dal giudice penale.  Invero,  infatti,  mentre  nel  giudizio
penale l'istruzione probatoria e' apparsa, con riferimento  alla  F.,
del tutto carente,  nel  presente  giudizio  sono  emersi  precisi  e
puntuali   elementi   indiziari   che,   ad   un   sommario    esame,
permetterebbero    di    motivare     adeguatamente     nel     senso
dell'esterovestizione  della  societa'  svizzera,   con   conseguente
fondamento della ripresa fiscale operata dall'Agenzia. 
    3. Alla luce di quanto precede, per  la  risoluzione  nel  merito
della  controversia  rappresentata  in  narrativa,  il  Collegio   e'
chiamato a fare applicazione del menzionato art.  21-bis,  che  cosi'
dispone: «La sentenza irrevocabile di assoluzione  perche'  il  fatto
non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in  seguito
a dibattimento nei confronti del medesimo  soggetto  e  sugli  stessi
fatti materiali oggetto di valutazione nel processo  tributario,  ha,
in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado,  quanto  ai
fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma  1
puo' essere depositata  anche  nel  giudizio  di  Cassazione  fino  a
quindici giorni prima  dell'udienza  o  dell'adunanza  in  Camera  di
consiglio.  3.  Le  disposizioni  dei  commi  1  e  2  si  applicano,
limitatamente alle ipotesi di  sentenza  di  assoluzione  perche'  il
fatto  non  sussiste,  anche  nei  confronti  della  persona   fisica
nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il  rappresentante
legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e societa', con  o
senza personalita' giuridica, nell'interesse dei quali  ha  agito  il
rappresentante  o  l'amministratore  anche  di  fatto,  nonche'   nei
confronti dei loro soci o associati». 
    3.1  E  tuttavia,   il   Collegio   dubita   della   legittimita'
costituzionale  della  disposizione  richiamata  in  relazione   agli
articoli 3, 24 e 97 della Costituzione. 
    4.  I  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  21-bis
decreto  legislativo  n.  74/2000  riguardano,  in  primo  luogo,  la
coerenza della disposizione citata con l'art. 24 della  Costituzione,
norma «di carattere generale, intesa  a  garantire  indefettibilmente
l'esercizio  della  difesa  in  ogni  stato  e  grado  di   qualunque
procedimento giurisdizionale [...] Il testo complessivo dell'art.  24
della  Costituzione,  nella  successione  dei  vari  commi,   esclude
qualsiasi  perplessita'  in  proposito  e  porta  a  concludere   che
essenziale finalita' delle norme in esame e' quella  di  garantire  a
tutti la possibilita' di tutelare in  giudizio  le  proprie  ragioni»
(Corte costituzionale, sentenza 10 ottobre 1979, n. 125). 
    Ritiene  il  Collegio  che,  pur  considerato  che   compete   al
legislatore, «considerate le peculiarita' strutturali e funzionali ed
i diversi interessi in gioco nei vari stadi e gradi del procedimento,
il dettare le concrete  modalita'  per  l'esercizio  del  diritto  di
difesa», l'art. 21-bis non pare garantire il  diritto  di  difesa  «a
tutti  su  un  piano  d'uguaglianza  ed  in  forme   idonee»   (Corte
costituzionale 22 dicembre 1980, n. 188). 
    4.1 Tale norma, infatti, lede  irrimediabilmente  il  diritto  di
difesa dell'Agenzia delle entrate in relazione all'interesse, di  cui
e' portatrice concreta, alla corretta riscossione delle imposte ed al
recupero dell'evasione fiscale. 
    Occorre considerare, infatti, che  l'automatismo  introdotto  dal
legislatore (con l'art. 1, comma 1, lettera m, decreto legislativo n.
87/2024) determina l'estensione degli effetti  del  giudicato  penale
nei confronti di una parte - l'Agenzia delle entrate - che,  in  quel
giudizio penale, non puo' intervenire per la  tutela  dell'interesse,
alla  ripresa  fiscale,  di  cui  e'  istituzionalmente   portatrice;
sicche',  l'applicazione  della  norma,  in  ragione  della  predetta
preclusione,   lede   quella   dialettica    processuale    che    e'
imprescindibile garanzia  dell'effettivita'  del  diritto  di  difesa
(Corte cost. 16 dicembre 1970, n. 190). 
    4.2 Si deve ricordare, ancora, che,  come  recentemente  rilevato
dalla Cassazione (sez. Unite Civile, sentenza  12  ottobre  2022,  n.
29862), sconfessando il valore delle  stesse  circolari  dell'Agenzia
sul punto (cfr. circolare n. 154/E del  2000),  il  risarcimento  del
danno azionabile in sede penale con la relativa costituzione di parte
civile e' ontologicamente differente dal credito fiscale  e  relative
sanzioni: in sostanza, «nel rapporto tra il contribuente  e  l'erario
il  danno  patrimoniale  da  evasione  penalmente  rilevante  di  cui
l'amministrazione  finanziaria  puo'  chiedere  il  risarcimento   e'
necessariamente diverso dall'imposta evasa, dalle  sanzioni  e  dagli
interessi moratori previsti dalla  legislazione  speciale,  e  potra'
consistere  solo  negli  eventuali  ulteriori  o  diversi  pregiudizi
sopportati dalla p.a.». 
    Cio' significa, in altri termini, che la pretesa  tributaria  non
puo' costituire oggetto dell'azione risarcitoria  da  esercitare  nel
processo penale mediante la costituzione di parte civile dell'Agenzia
delle entrate. 
    Ebbene, per effetto di quanto previsto nel  citato  art.  21-bis,
l'Agenzia delle entrate, non potendo agire  con  la  costituzione  di
parte civile per conseguire il pagamento del tributo  evaso  viene  a
soffrire di un irrimediabile pregiudizio, subendo in via  diretta  ed
immediata l'esito di un giudizio cui e' rimasta estranea. 
    Il principio  predicato  dalla  richiamata  giurisprudenza  della
Cassazione porta a due considerazioni. 
    4.2.1 La prima e' che non puo' sostenersi  che  l'interesse  alla
corretta riscossione delle imposte verrebbe tutelato dalla figura del
pubblico ministero, organo portatore dell'interesse dello Stato  alla
repressione dei reati  e,  piu'  in  generale,  all'attuazione  della
legge. 
    Il  credito  fiscale,  infatti,  alla   luce   della   richiamata
giurisprudenza  di  legittimita',  non  ha  dimora  all'interno   del
giudizio penale e, conseguentemente,  non  puo'  essere  il  pubblico
ministero il soggetto che garantisce  l'interesse  dello  Stato  alla
riscossione delle imposte. 
    L'Agenzia delle entrate, che della  cura  di  tale  interesse  e'
istituzionalmente incaricata, a causa del disposto della disposizione
citata,  subisce  gli  effetti  di  un  giudizio,  di  una  strategia
processuale, su cui non e' in condizioni di  influire,  con  evidente
lesione del suo diritto di difesa (art.  24  della  Costituzione)  e,
conseguentemente,   dell'interesse   primario   dello   Stato    alla
riscossione delle  imposte  contrastando  l'illecita  sottrazione  di
materiale imponibile, tanto in forma di evasione quanto  di  elusione
fiscale. 
    4.2.2 La  seconda  considerazione,  strettamente  collegata  alla
prima, e' che volendo, invece, ammettere  la  costituzione  di  parte
civile dell'Agenzia delle entrate  a  tutela  del  credito  erariale,
allora, a maggior ragione, appare chiaramente lesivo del  diritto  di
difesa ipotizzare che questa  possa  non  ricevere  l'avviso  di  cui
all'art. 419 c.p.p. e, ciononostante, subire  le  conseguenze  di  un
processo rispetto alla cui esistenza  ed  andamento  potrebbe  essere
rimasta completamente all'oscuro. 
    5.  Il  riferimento  alla   «primarieta'»   dell'interesse   alla
riscossione delle imposte, espressione di quel dovere di solidarieta'
contributiva su cui si fonda l'art. 53 della Costituzione,  porta  ad
ulteriori  dubbi  di  legittimita'  costituzionale,  con  riferimento
all'art. 3 della Costituzione. 
    L'art. 21-bis, infatti, introduce una non ragionevole  disparita'
di trattamento fra gli effetti assolutori extra penali per reati  non
tributari e quelli per reati tributari che incidono negativamente sui
primari interessi dello Stato. 
    Si deve richiamare, infatti, l'art. 652 c.p.p. a mente del  quale
«1. La sentenza penale irrevocabile  di  assoluzione  pronunciata  in
seguito  a   dibattimento   ha   efficacia   di   giudicato,   quanto
all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha
commesso o che il fatto e'  stato  compiuto  nell'adempimento  di  un
dovere o nell'esercizio  di  una  facolta'  legittima,  nel  giudizio
civile o amministrativo per le restituzioni  e  il  risarcimento  del
danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso,  sempre
che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in  condizione
di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia
esercitato l'azione in sede civile a norma dell'art. 75, comma 2.  2.
La stessa  efficacia  ha  la  sentenza  irrevocabile  di  assoluzione
pronunciata a norma dell'art. 442, se la parte civile ha accettato il
rito abbreviato». 
    Previsione di segno analogo si rinviene nel successivo  art.  654
c.p.p. (sebbene di difficile applicazione al rito  tributario  stanti
le limitazioni probatorie che lo caratterizzavano prima della riforma
di cui alla legge n. 130/2022). 
    5.1 Dal confronto tra il  riportato  art.  652  c.p.p.  e  l'art.
21-bis decreto legislativo n. 74/2000 emerge evidente  la  menzionata
disparita' di trattamento: mentre la sentenza penale  di  assoluzione
puo'  incidere  nei  giudizi  civili  o  amministrativi  solo  se  il
danneggiato si sia costituito o sia  stato  posto  in  condizione  di
costituirsi  parte  civile,  nel  processo  tributario,  per  effetto
dell'art. 21-bis, cio' non avviene, con irragionevole disparita'  tra
situazioni assolutamente comparabili. 
    La comparabilita', infatti, deriva dalla considerazione  che  gli
interessi   in   gioco   nel   processo   tributario   non    possono
ragionevolmente ritenersi recessivi rispetto a  quelli,  relativi  al
singolo individuo, che possono venire lesi da un fatto di  reato:  in
tutti  i  segnalati  comparti  giurisdizionali  possono   venire   in
questione interessi costituzionalmente rilevanti, come tali bisognosi
di una tutela non irragionevolmente diminuita. 
    5.2 La  scelta  perseguita  dal  Legislatore  sembra  comportare,
dunque, un marcato sbilanciamento a danno dell'interesse dello  Stato
all'universalita' della tassazione: se si  considera  che  il  regime
probatorio e' molto piu' rigoroso nel  giudizio  penale  (laddove  la
condanna si fonda sul criterio del «oltre ogni  ragionevole  dubbio»)
rispetto a quello tributario (laddove vige  il  criterio  civilistico
del  «piu'  probabile  che  non»),  se   ne   ricava,   ancor   piu',
l'irragionevolezza   dell'estensione   automatica    degli    effetti
assolutori ad un giudizio di parte, fondato su  regole  probatorie  e
processuali differenti, con parti processuali che non coincidono  con
gli attori del procedimento penale. 
    Tant'e' che proprio questa considerazione  giustifica  una  norma
come l'art. 652 c.p.p.: solo se il danneggiato e' potuto  intervenire
nel giudizio penale, eventualmente ivi svolgendo le  proprie  istanze
istruttorie, si puo' ritenere ragionevole  il  contemperamento  cosi'
raggiunto tra l'interesse alla coerenza sistematica  di  giudicati  e
quello, altrettanto meritevole di considerazione, di cui e' portatore
il soggetto danneggiato. 
    5.3 Ulteriore irragionevolezza, sempre in  relazione  all'art.  3
della  Costituzione,  emerge  per  l'ingiustificata   disparita'   di
trattamento  rispetto  alla  sentenza  penale  di  condanna,  di  cui
l'Agenzia non puo' giovarsi con analogo automatismo. 
    Occorre  ricordare,  infatti,  che  l'art.  651  c.p.p.,  laddove
disciplina  l'efficacia  extra-penale  della  sentenza  di   condanna
irrevocabile, non puo' trovare  applicazione  in  ambito  tributario,
come pacificamente riconosciuto dalla consolidata  giurisprudenza  di
legittimita' (da ultimo, Cass. n. 2115/2024). 
    Non e' dato comprendere, pertanto, per quale motivo l'esigenza di
assicurare il principio del ne bis in idem ed  il  coordinamento  tra
sistemi (cfr. art. 20, comma 1, lettera a, n. 3, della legge delega 9
agosto 2023,  n.  111,  nonche'  relazione  illustrativa  al  decreto
legislativo 14 giugno 2024, n. 87 che ha introdotto l'art. 21-bis nel
corso del decreto legislativo n. 74/2000) sia avvertita solo a favore
dell'imputato  e  non  anche,  in  caso   di   condanna,   a   favore
dell'Agenzia, la cui attivita'  resta  chiaramente  ostacolata  dalla
scelta legislativa. 
    L'art.     21-bis     determina,     quindi,     un'irragionevole
differenziazione, oltre che tra sentenze penali  di  assoluzione  per
reati tributari e reati extra tributari, anche tra sentenze penali di
assoluzione e sentenze penali  di  condanna,  per  le  quali  non  si
prevede analogo automatismo. 
    6.   Ne'   della   citata   disposizione   e'   consentito   dare
un'interpretazione costituzionalmente orientata stante la chiarezza e
la perentorieta' della voluntas legis da essa predicata. 
    7.  Alla  luce  di  quanto  precede,  ritiene  il   Collegio   la
sussistenza dei presupposti per la  sospensione  del  giudizio  e  la
rimessione delle questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.
21-bis del decreto legislativo n. 74/2000 (oggi,  art.  119,  decreto
legislativo  n.  175/2024,  applicabile  dal  1°  gennaio  2026),  in
relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione. 

 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte di giustizia tributaria di II grado del Piemonte, 
    Visti gli articoli 134 e segg. della  Costituzione  e  l'art.  23
della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva, in quanto rilevante per la
decisione del ricorso e non manifestamente infondata, la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 21-bis del decreto  legislativo
n. 74/2000 per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione; 
    Dispone la sospensione del presente giudizio; 
    Ordina che la presente ordinanza di rimessione sia notificata,  a
cura della Segreteria della Corte, a tutte le parti  in  causa  e  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   comunicata   al
Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente  della  Camera
dei deputati; 
    Dispone la trasmissione, a cura  della  Segreteria  della  Corte,
della presente  ordinanza  e  degli  atti  del  giudizio  alla  Corte
costituzionale,  unitamente  alla   prova   delle   notificazioni   e
comunicazioni prescritte. 
        Cosi' deciso in Torino, nella  Camera  di  consiglio  dell'11
febbraio 2025 
 
                      Il Presidente: Puccinelli 
 
 
                                                   Il relatore: Baldi