Reg. ord. n. 82 del 2025 pubbl. su G.U. del 14/05/2025 n. 20
Ordinanza del Tribunale di Verona del 28/03/2025
Tra: F. Z.
Oggetto:
Processo penale – Citazione del responsabile civile – Mancata previsione, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista a carico degli esercenti la professione sanitaria, che l’assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria, con il quale quest’ultima ha stipulato una polizza ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge n. 24 del 2017, possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato – Violazione del principio di eguaglianza per ingiustificata disparità di trattamento tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile – Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 83
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. MARINI F. S.
Testo dell'ordinanza
N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 2025
Ordinanza del 28 marzo 2025 del Tribunale di Verona nel procedimento
penale a carico di F. Z..
Processo penale - Citazione del responsabile civile - Mancata
previsione, nel caso di responsabilita' civile derivante
dall'assicurazione obbligatoria prevista a carico degli esercenti
la professione sanitaria, che l'assicuratore della struttura
sanitaria o sociosanitaria, con il quale quest'ultima ha stipulato
una polizza ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge n. 24 del
2017, possa essere citato nel processo penale a richiesta
dell'imputato.
- Codice di procedura penale, art. 83.
(GU n. 20 del 14-05-2025)
TRIBUNALE DI VERONA
Sezione penale
Il Tribunale di Verona in composizione monocratica, in persona
del giudice Enrico Zuccon, letti gli atti del procedimento penale
indicato in epigrafe, nei confronti di:
F. Z., nato a ... il ..., domicilio dichiarato a ..., via
..., difeso di fiducia dall'avv. Claudio Fiorini del Foro di Verona;
Imputato del delitto di cui agli articoli 589 e 590-sexies c.p.,
perche', quale medico di reparto in servizio presso l'Ospedale ...,
cagionava la morte di N. F. nato a ... il ... ricoverato il ...
presso l'U.O. di Chirurgia della stessa struttura con diagnosi di
«Subbocclusione intestinale da verosimile eteroplasia del colon
discendente» e sottoposto lo stesso giorno del ... ad intervento
chirurgico di colostomia del colon traverso con accesso laparotomico
trasversale (intervento iniziato alle ore ... e terminato alle ore
... eseguito dal dott. M. C. con l'ausilio del dott. R. P.) per colpa
consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, nonche' per colpa
specifica non avendo osservato le linee guida che indicano le azioni
da eseguire nel piu' breve tempo possibile dopo una diagnosi di shock
settico, nello specifico:
1. ponendo diagnosi di shock settico solo alle ore ... del
... laddove la angio TAC effettuata alle ore ... del ... - che
peraltro avrebbe dovuto estendere all'addome, cio' che avrebbe
permesso di rilevare la sofferenza ischemica del colon destro -
escludendo l'embolia polmonare, gia' poneva il quadro di uno shock
settico;
2. attivando il dott. P. P. medico anestesista solo alle ore
... del ... per una consulenza anestesiologica;
3. omettendo di applicare le c.d. «bundles» come prescritto
dalle linee guida in caso di shock settico ed il c.d. «source
control»:
dosaggio e monitoraggio dei lattati;
esecuzione di emocolture;
inizio di una terapia antibiotica ad ampio spettro;
inizio di un reintegro volemico con cristalloidi fino a 30
ml/kg;
inizio di farmaci vaso pressori se dopo il riempimento
volemico il paziente rimane ipoteso;
non rispettando pienamente nessuno di tali punti:
una sola EGA (emogasanalisi) e' stata effettuata alle ...
del ... che documentava una acidosi lattica importante e non e' stata
ripetuta;
le emoculture non sono state eseguite;
una terapia antibiotica ad ampio spettro e' stata eseguita
solo la mattina del ... quando gia' la sera precedente l'angio TAC
aveva escluso un'embolia polmonare;
non e' stato prescritto un adeguato reintegro volemico;
i farmaci vaso pressori (noradrenalina) vennero prescritti
solamente il ... alle ore ... cioe' trenta minuti prima del decesso;
sicche' N. F. decedeva il ... alle ore ... a causa di uno
shock settico con ischemia del colon destro e fascite necrotizzante
in soggetto affetto da adenocarcinoma stenosante del colon
discendente.
In ... il ... (data del decesso);
in cui sono parti civili (costituite all'udienza preliminare del
10 ottobre 2024):
T. N., nato a ... il ...,
M. N., nato a ... il ...,
C. F., nata a ... il ...,
tutti difesi dall'avv. Eleonora Danieletto del Foro di
Padova;
all'udienza del 28 marzo 2025 ha pronunciato la seguente
ordinanza.
1. Sintetica esposizione dei fatti
A seguito di decreto che dispone il giudizio pronunciato dal
giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona il 10
ottobre 2024, l'imputato F. Z. e' chiamato a rispondere del delitto
di cui agli articoli 589 e 590-sexies c.p., commesso a ... il ...,
per avere, in qualita' di medico di reparto in servizio presso
l'ospedale «...» di ... di ..., provocato per colpa la morte del
paziente F. N., ivi ricoverato con diagnosi di «subocclusione
intestinale da verosimile eteroplasia del colon discendente».
Nello specifico, i profili di colpa ipotizzati a carico
dell'imputato concernono il non aver operato correttamente nel
diagnosticare (in particolare, ritardando la diagnosi) uno shock
settico di cui il paziente sarebbe stato affetto e nel non aver posto
in essere le azioni indicate dalle pertinenti linee guida per le
ipotesi di shock settico. Tali condotte, principalmente omissive,
avrebbero determinato il decesso del paziente F. N., intervenuto il
..., alle ore ..., a causa di «shock settico con ischemia del colon
destro e fascite necrotizzante in soggetto affetto da adenocarcinoma
stenosante del colon discendente».
Nel corso dell'udienza preliminare si sono costituiti parti
civili nel processo T. N., M. N. e C. F., prossimi congiunti del
paziente deceduto F. N. .
Alla prima udienza dibattimentale, del 19 novembre 2024, il
processo e' stato rinviato sul ruolo dell'odierno giudice, in
attuazione di provvedimento tabellare di riassegnazione.
All'udienza del 29 gennaio 2025 il difensore dell'imputato ha
chiesto la citazione, quale responsabile civile, dell'assicurazione
della struttura sanitaria (pubblica) di cui l'imputato e' (ed era
anche all'epoca dei fatti) dipendente, chiedendo al giudice di
sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del
codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che
l'imputato, nella sua qualita' di medico c.d. «strutturato», nel caso
di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria
prevista dall'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017, possa chiedere la
citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore della
struttura, affinche' lo tenga indenne dalle richieste risarcitorie
avanzate dalle parti civili nei suoi confronti.
A tal fine, il difensore dell'imputato ha precisato (e
documentato) che l'imputato e' (ed era anche all'epoca dei fatti)
dipendente a tempo indeterminato dell'Azienda unita' locale
socio-sanitaria (ULSS) n. ... «...», in qualita' di dirigente medico
assegnato all'unita' operativa di Chirurgia dell'ospedale «...» di
... . Ha altresi' documentato la stipulazione, ai sensi della legge
n. 24/2017, di polizze assicurative da parte dall'Azienda per il
governo della sanita' della Regione del Veneto - Azienda Zero
(istituita con legge regionale n. 19/2016) per conto di tutte le
aziende sanitarie della Regione del Veneto.
Il giudice ha rinviato il processo per la decisione sulla
questione.
2. Rilevanza
La questione di legittimita' costituzionale e' certamente
rilevante, in quanto il giudizio non puo' essere definito
indipendentemente dalla risoluzione della medesima.
L'imputato, infatti, ha chiesto la citazione, quale responsabile
civile, dell'assicuratore dell'azienda sanitaria, S. ... (la
stipulazione della polizza - da parte di Azienda Zero, per conto di
tutte le aziende sanitarie della Regione del Veneto - e' stata
comprovata dalla difesa dell'imputato mediante i documenti prodotti
all'udienza del 29 gennaio 2025).
L'art. 83 del codice di procedura penale, tuttavia, non consente
all'imputato di chiedere ed ottenere la citazione di soggetti quali
responsabili civili, ad eccezione che nelle ipotesi introdotte dalle
sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e n. 159 del
2022, relative rispettivamente al caso della responsabilita' civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per
cui la legge n. 990/1969 prevede l'assicurazione obbligatoria, e al
caso della responsabilita' civile derivante dall'esercizio
dell'attivita' venatoria, per cui la legge n. 157/1992 parimenti
prevede l'assicurazione obbligatoria. In tali ipotesi, a seguito dei
citati interventi del Giudice delle leggi, anche l'imputato puo'
chiedere ed ottenere la citazione, quale responsabile civile,
dell'assicuratore.
L'attuale formulazione dell'art. 83 del codice di procedura
penale, pertanto, impedisce di accogliere l'istanza dell'imputato,
non ricorrendo i casi gia' oggetto delle citate pronunce di
incostituzionalita'. Ove fosse invece ritenuta fondata la questione
di legittimita' costituzionale eccepita dal difensore e sollevata con
la presente ordinanza, l'imputato sarebbe legittimato a chiedere ed
ottenere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore
della struttura sanitaria.
Ne consegue la rilevanza della questione.
3. Non manifesta infondatezza
3.1. Principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in
materia di (il)legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di
procedura penale.
In punto di non manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale, si deve anzitutto rilevare che, in forza
dell'art. 185, 2º comma, c.p., «[o]gni reato, che abbia cagionato un
danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il
colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono
rispondere per il fatto di lui». E' su tale previsione che si fonda
la figura del responsabile civile nel processo penale, ossia il
soggetto che, pur non avendo commesso il fatto, e' tenuto a risarcire
il danno in solido con l'imputato.
L'art. 83 del codice di procedura penale consente alla parte
civile (ed, eccezionalmente, al pubblico ministero nel caso di cui
all'art. 77, comma 4, c.p.p.) di richiedere la citazione del
responsabile civile nel processo penale, onde ottenerne la condanna
al risarcimento del danno in solido con l'imputato, nel caso in cui
quest'ultimo sia ritenuto responsabile del reato ascrittogli.
La facolta' di richiedere la citazione del responsabile civile e'
stata da sempre negata all'imputato (sin dal codice di procedura
penale del 1865, con opzione confermata nei successivi codici di
procedura penale del 1913 e del 1930, fino a giungere al codice
attualmente vigente), in ragione del carattere strettamente
civilistico del rapporto sottostante e della considerazione che la
presenza nel processo penale del responsabile civile sarebbe uno
strumento posto a tutela della parte civile e non tanto
dell'imputato.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 38 del 1982, infatti,
con riferimento alle disposizioni del codice di procedura penale del
1930 che non consentivano all'imputato di chiedere la citazione del
responsabile civile, sostenne che la parte civile si colloca nel
processo penale «in posizione accessoria rispetto alla esigenza
dell'accertamento dei reati, cui corrisponde l'esercizio del
magistero penale»; a sua volta, il responsabile civile e' un
«soggetto secondario del rapporto processuale», la cui presenza «e'
cosi' collegata ad un oggetto del tutto diverso da quello cui e'
preordinato il processo penale, di talche' la regolamentazione
relativa, per quanto attiene alla sua citazione razionalmente
riflette la diversita' delle situazioni, aderendo al carattere
dell'azione civile, subordinata alle scelte della parte lesa che puo'
liberamente rivolgere la propria domanda o verso il solo imputato o
anche nei confronti del responsabile civile». L'imputato, invece, nel
processo penale non ha «richieste di natura civilistica da avanzare»,
ne' «pretese da far valere [...] nei confronti del responsabile
civile» e, se mai, potra' rivalersi su quest'ultimo in via di
regresso. Il Giudice delle leggi escluse, quindi, una violazione del
principio di uguaglianza, il quale «esige che a situazioni eguali si
applichi una eguale regolamentazione, salvo differenziazioni
razionalmente stabilite», poiche' nel caso in esame la «diversita' di
disciplina» doveva ritenersi «giustificata dalla diversita' delle
situazioni» (punto 2 del Considerato in diritto).
Dopo l'entrata in vigore dell'attuale codice di procedura penale,
tuttavia, la Corte costituzionale, in una specifica ipotesi,
riconobbe la possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione del
responsabile civile: si trattava del caso della responsabilita'
civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei
natanti (c.d. «responsabilita' civile automobilistica»), rispetto al
quale il Giudice delle leggi, con sentenza n. 112 del 1998, dichiaro'
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura
penale nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiedere la
citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore. Cio' sulla
base dell'ingiustificata disparita' di trattamento - con conseguente
violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della
Costituzione - che venne ravvisata tra l'imputato assoggettato
all'azione civile nel processo penale e il convenuto assoggettato
alla medesima azione in sede civile, il quale ben avrebbe potuto, ai
sensi dagli articoli 1917, 4º comma, del codice civile e 106 c.p.c.,
chiamare in garanzia il proprio assicuratore.
La Corte costituzionale, in quell'occasione, rilevo' infatti che
«[l]a posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto
illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per il
quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata
costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale sono
assolutamente identiche»; di conseguenza, ravviso' una violazione del
principio di uguaglianza ad opera di un «sistema come quello degli
articoli 83 e seguenti del codice di procedura penale, per effetto
del quale l'assicuratore, quando sia responsabile civile ai sensi di
legge puo' entrare nel processo solo in forza di citazione della
parte civile (o del pubblico ministero nel caso previsto dall'art.
77, [comma] 4) o in forza del proprio intervento volontario»,
privando l'imputato «di ogni possibilita' di coinvolgere nella
pretesa di danno avanzata dalla parte civile il civilmente
responsabile» e cosi' irragionevolmente deviando «dallo schema del
rapporto processuale civile» (punto 4 del Considerato in diritto).
Con successive pronunce, la Corte costituzionale chiari' l'esatta
portata dei principi enunciati nella sentenza n. 112 del 1998,
evidenziando anzitutto come la tendenza del codice di procedura
penale del 1988 fosse quella di «circoscrivere nei limiti della
essenzialita' tutte le forme di cumulo processuale, stante la
maturata consapevolezza che l'incremento delle regiudicande - specie
se, come quelle civili, estranee alle finalita' tipiche del processo
penale - non possa che aggravarne l'iter; con conseguente perdita di
snellezza e celerita' nelle cadenze e nei tempi di definizione»
(sent. n. 75 del 2001, punto 2 del Considerato in diritto), anche a
salvaguardia del valore della ragionevole durata del processo,
«oggetto di espressa garanzia costituzionale ad opera dell'art. 111,
secondo comma, Cost.» (ord. n. 300 del 2004).
Si evidenzio', quindi, che la sentenza n. 112 del 1998 aveva
posto in rilievo alcuni peculiari aspetti della disciplina
dell'assicurazione della «responsabilita' civile automobilistica»,
tali per cui doveva ravvisarsi «una correlazione tra le posizioni
coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile il
corrispondente regime ad esse riservato, tanto in sede civile che
nella ipotesi di esercizio della domanda risarcitoria in sede penale»
(sent. n. 75 del 2001, punto 3 del Considerato in diritto).
Detti aspetti erano costituiti:
dalle circostanze che «il danneggiato per sinistro causato
dalla circolazione di un veicolo o di un natante ha azione diretta
per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore» e che
«nel giudizio promosso contro l'assicuratore debba "essere chiamato
nel processo anche il responsabile del danno": cosi' configurandosi,
in tale ipotesi, un litisconsorzio necessario»; cio' che consentiva
di ricondurre la «responsabilita' civile automobilistica» ai casi «ai
quali si riferisce il secondo comma dell'art. 185 del codice penale»
(ibidem);
dalla possibilita', riconosciuta al danneggiante convenuto in
sede civile, di chiamare in garanzia l'impresa assicuratrice ai sensi
dell'art. 106 del codice di procedura civile; tale possibilita',
infatti, evidenziava il «diritto dell'assicurato di vedersi manlevato
dalle pretese risarcitorie, con correlativo potere di regresso, al
contrario escluso per l'assicuratore», con il conseguente necessario
«allineamento - anche in sede penale - dei poteri processuali di
"chiamata" assicurati in sede civile; restando altrimenti
irragionevolmente sterilizzata la "effettivita'" del rapporto di
garanzia (nella specie a funzione "plurima", in quanto destinato a
salvaguardare direttamente tanto la vittima che il danneggiante), in
virtu' delle scelte a tal proposito operate dall'attore-parte civile»
(ibidem).
Sostanzialmente, quindi, la Corte costituzionale ravviso' la
necessita' di riconoscere all'imputato la facolta' di chiedere la
citazione del responsabile civile nei casi di assicurazione
obbligatoria per cui fosse prevista l'azione diretta del danneggiato
contro l'assicuratore (solo in tali ipotesi, infatti, si sarebbe
rientrati nel paradigma di cui all'art. 185, 2º comma, c.p., con
riferimento ai soggetti che secondo la legge civile «debbono
rispondere» per il fatto dell'imputato) e soltanto ove sussistesse un
rapporto interno di garanzia tra danneggiante-imputato e
assicuratore-terzo, che consentisse di ravvisare una «funzione
"plurima"» della garanzia, a salvaguardia quindi sia del
danneggiato-parte civile sia del danneggiante-imputato.
In tali ipotesi - e solo in tali ipotesi - si sarebbe dovuta
ritenere irragionevole la mancata previsione della possibilita' per
l'imputato di chiedere la citazione, quale responsabile civile,
dell'assicuratore, posto che l'assicurazione della responsabilita'
civile, in tali casi, era prevista dalla legge anche a tutela del
danneggiante, ossia dell'imputato stesso.
Sulla base di tali argomenti, vennero quindi ritenute non fondate
le questioni di legittimita' costituzionale volte ad estendere la
possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione, quale
responsabile civile, dell'esercente l'aeromobile ai sensi dell'art.
878 cod. nav. per i danni provocati dal sinistro cagionato
dall'imputato (sent. n. 75 del 2001) o dell'ente pubblico-datore di
lavoro dell'imputato in caso di lesioni personali colpose aggravate
dalla violazione della normativa in materia di prevenzione degli
infortuni sul lavoro (ord. n. 300 del 2004).
In entrambi i casi, infatti, pur essendo prevista l'azione
diretta del danneggiato nei confronti del terzo (esercente
l'aeromobile o ente pubblico-datore di lavoro), mancava il rapporto
interno «di garanzia» tra imputato-danneggiante e terzo responsabile,
nei termini di cui all'art. 1917 del codice civile: era previsto il
diritto di regresso del terzo nei confronti del danneggiante e non il
contrario; di conseguenza, la responsabilita' del terzo svolgeva una
funzione di tutela solo nei confronti del danneggiato-parte civile
(al quale era assicurata una maggiore probabilita' di ottenere il
risarcimento, stante la pluralita' dei responsabili) e non anche del
danneggiante-imputato, che non era in alcun modo «garantito».
Venne altresi' ritenuta manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale volta a consentire all'imputato di
citare, quale responsabile civile, il «proprio assicuratore della
responsabilita' civile facoltativa» (sempre sent. n. 75 del 2001). In
tale ipotesi, infatti, sebbene fosse ravvisabile il rapporto di
«garanzia» a vantaggio dell'imputato-danneggiante, non ricorreva ne'
l'obbligatorieta' ex lege del risarcimento («presupposto
oggettivo-sostanziale») ne' l'azione diretta del danneggiato-parte
civile nei confronti dell'assicuratore («presupposto
soggettivo-processuale»). Si trattava quindi di una situazione non
riconducibile al disposto dell'art. 185, 2º comma, c.p., il quale si
riferisce esclusivamente alle persone (fisiche o giuridiche) che,
secondo la legge civile, «debbono rispondere» nei confronti del
danneggiato per il fatto dell'imputato.
Per la stessa ragione, piu' di recente, e' stata ritenuta non
fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del
codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la
citazione, a richiesta dell'imputato, dell'assicuratore nei casi di
assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante
dall'esercizio dell'attivita' professionale dei notai, prevista dagli
articoli 19 e 20, legge n. 89/1913.
Con la sentenza n. 34 del 2018, infatti, la Corte costituzionale,
pur riconoscendo la sussistenza di quella «funzione plurima» del
rapporto di garanzia, «destinato a salvaguardare direttamente sia la
vittima, sia il danneggiante», ha rilevato che, nel caso
dell'assicurazione della responsabilita' civile derivante
dall'esercizio dell'attivita' professionale notarile, «il legislatore
non si e' spinto sino a prevedere la possibilita' di un'azione
diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, analoga a
quella che contraddistingue la responsabilita' civile
automobilistica». Cio' impedisce di ricondurre tale ipotesi di
assicurazione al «paradigma del responsabile civile ex lege, quale
delineato dall'art. 185, secondo comma, cod. pen.»; una pronuncia
additiva nel senso richiesto dal giudice rimettente avrebbe quindi
«la valenza di innovazione sistematica», che invece e' «riservata
alla discrezionalita' del legislatore» (punti 4 e 5 del Considerato
in diritto).
Ancor piu' recentemente, invece, e' stata ritenuta fondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di
procedura penale nella parte in cui non consente all'imputato di
chiedere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore
nei casi di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione
obbligatoria prevista per l'attivita' venatoria dall'art. 12, comma
8, legge n. 157/1992.
Nella sentenza n. 159 del 2022, infatti, il Giudice delle leggi
ha rilevato che in tale ipotesi ricorrono tutti i requisiti enucleati
dalla giurisprudenza costituzionale appena richiamata per ritenere
sussistente quell'irragionevole disparita' di trattamento tra «[l]a
posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto
illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per il
quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata
costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale»,
gia' posta a fondamento della sentenza n. 112 del 1998 (a cui la
citazione si riferisce).
In particolare, si e' anzitutto rilevato che l'assicurazione
della responsabilita' civile derivante dall'attivita' venatoria e'
obbligatoria (art. 12, comma 8, legge n. 157/1992); e' inoltre
prevista l'azione diretta del danneggiato nei confronti
dell'assicuratore (art. 12, comma 10, legge n. 157/1992).
Si rientra, pertanto, nell'ipotesi di responsabilita' civile ex
lege di cui all'art. 185, 2º comma, c.p.
Accertata la riconducibilita' della fattispecie all'art. 185, 2º
comma, c.p., la Corte costituzionale ha ritenuto «indubitabile che
l'assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile da
attivita' venatoria assolva a quella "funzione plurima" di garanzia
cui ha fatto riferimento la sentenza n. 112 del 1998», in quanto
«essa tutela l'assicurato, che ha diritto di vedersi manlevato dalle
pretese risarcitorie del danneggiato, con correlato diritto di
regresso verso l'assicuratore qualora le abbia soddisfatte; ma tutela
pure le vittime degli incidenti di caccia, garantendo loro, entro i
limiti del massimale assicurativo, il ristoro dei danni subiti». La
ratio del regime di assicurazione della responsabilita' civile
derivante dall'attivita' venatoria - ha continuato la Corte - e'
infatti «proprio quella di proteggere in maniera effettiva, per
ragioni di sicurezza sociale, i terzi danneggiati, stante l'elevata
pericolosita' dell'attivita' venatoria, esercitata mediante armi da
fuoco» (sent. n. 159 del 2022, punto 3.1 del Considerato in diritto).
Quanto all'ulteriore requisito che appariva essere stato espresso
dalla precedente giurisprudenza costituzionale, ossia la previsione
di un litisconsorzio necessario di assicuratore e danneggiante nel
giudizio promosso contro il primo, la Corte ha rilevato che, in
realta', al fine di ricondurre la fattispecie alle ipotesi di
responsabilita' civile ex lege di cui all'art. 185, 2º comma, c.p.,
«il solo elemento realmente indispensabile affinche' l'assicuratore
del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile e'
la previsione normativa [...] dell'azione diretta del danneggiato:
previsione a fronte della quale, nel caso in cui il fatto illecito
dell'assicurato integri un'ipotesi di reato, l'assicuratore deve
considerarsi obbligato verso la vittima, in virtu' di una
disposizione della legge civile, a risarcire i danni causati dal
reato in solido con l'imputato, conformemente allo schema delineato
dal codice penale» (sent. n. 159 del 2022, punto 3.3 del Considerato
in diritto).
Ravvisando, quindi, «la medesima ingiustificata disparita' di
trattamento, tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel
processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile, gia'
riscontrata dalla sentenza n. 112 del 1998» - a fronte della quale
«l'effettivita' della duplice funzione di garanzia del rapporto
assicurativo [...] rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta
del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far valere le
proprie pretese» (ivi, punto 3.6 del Considerato in diritto) - la
Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non
prevede che, nel caso di responsabilita' civile derivante
dall'assicurazione obbligatoria prevista per l'esercizio
dell'attivita' venatoria, l'assicuratore possa essere citato nel
processo penale a richiesta dell'imputato.
3.2. Applicazione dei menzionati principi al caso di specie
Cosi' riassunti i requisiti espressi dalla giurisprudenza
costituzionale rispetto alle questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 83 del codice di procedura penale con riferimento alla
mancata possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione del
responsabile civile, si deve rilevare che, nella fattispecie in
esame, tali requisiti appaiono tutti sussistenti.
Si procede, infatti, nei confronti di un medico c.d.
«strutturato», chiamato a rispondere del delitto di omicidio colposo
in ambito sanitario (articoli 589 e 590-sexies c.p.), il quale ha
chiesto la citazione quale responsabile civile (essendosi costituiti
parti civili nel processo i prossimi congiunti del paziente deceduto)
dell'assicuratore della struttura sanitaria, in presenza di
un'ipotesi di assicurazione obbligatoria, con previsione dell'azione
diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore e con
evidente funzione di garanzia sia a favore dell'operatore
sanitario-danneggiante sia a favore del paziente-danneggiato.
Onde esplicitare con maggiore chiarezza la sussistenza dei citati
requisiti, e' opportuno ricostruire, pur in sintesi, la normativa
vigente in materia di responsabilita' civile (e assicurazione della
stessa) derivante dall'esercizio delle professioni sanitarie, di cui
alla legge 8 marzo 2017, n. 24, recante «Disposizioni in materia di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita' professionale degli esercenti le professioni
sanitarie».
Orbene, tale legge prevede che le strutture sanitarie o
sociosanitarie (nel prosieguo anche «strutture sanitarie»), pubbliche
o private, che, nell'adempimento delle proprie obbligazioni, si
avvalgano dell'opera di esercenti la professione sanitaria (anche se
scelti dal paziente e anche se non dipendenti delle strutture stesse)
rispondano delle condotte dolose o colpose di costoro «ai sensi degli
articoli 1218 e 1228 del codice civile», quindi a titolo di
responsabilita' contrattuale (art. 7, comma 1, legge n. 24/2017). Si
prevede poi che gli esercenti la professione sanitaria (nel prosieguo
anche «i professionisti sanitari») che operino all'interno di una
struttura e che non abbiano agito nell'adempimento di obbligazioni
contrattuali assunte con il paziente rispondano invece del proprio
operato «ai sensi dell'art. 2043 del codice civile», quindi a titolo
di responsabilita' extracontrattuale (art. 7, comma 3, legge n.
24/2017).
La finalita' della previsione, come riconosciuto anche dalla
Corte costituzionale, e' stata quella di «alleggerire la posizione
del medico cosiddetto «strutturato», sottraendolo alle conseguenze -
considerate eccessivamente gravose - della responsabilita' da
inadempimento contrattuale, precedentemente ipotizzata nei suoi
confronti dall'orientamento giurisprudenziale favorevole alla teoria
del cosiddetto "contatto sociale"» (sent. n. 182 del 2023).
E' inoltre prevista la possibilita' delle strutture sanitarie,
che abbiano risarcito il danno provocato da professionisti sanitari
c.d. «strutturati», di rivalersi sui medesimi, ma solo nei casi di
dolo o di colpa grave e per un importo non superiore - nei casi di
colpa grave - al triplo del valore maggiore del reddito
professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito
nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno
immediatamente precedente o successivo (art. 9, commi 1 e 6, legge n.
24/2017). Analoghi limiti sono previsti con riferimento all'azione di
responsabilita' amministrativa esercitata dal pubblico ministero
presso la Corte dei conti nei confronti dei professionisti sanitari
che operino in strutture pubbliche (art. 9, comma 5, legge n.
24/2017).
Rispetto a tali differenti responsabilita', la legge n. 24/2017,
all'art. 10, prevede diversi obblighi assicurativi, a carico dei
diversi soggetti coinvolti.
In primo luogo, le strutture sanitarie «devono essere provviste
di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la
responsabilita' civile verso terzi e per la responsabilita' civile»
anche per i danni cagionati dal personale «a qualunque titolo
operante presso le strutture», sia in qualita' di dipendente (c.d.
"strutturato") sia in regime di libera professione intramuraria o in
regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale (art. 10,
comma 1, 1º e 2º periodo, legge n. 24/2017). Le strutture, quindi,
oltre che per la responsabilita' civile derivante da fatto proprio,
devono essere necessariamente assicurate anche per la responsabilita'
civile derivante da fatto altrui, ossia dall'attivita' di tutti i
professionisti sanitari che operino al loro interno. Si tratta,
quindi, in quest'ultimo caso, di un'assicurazione per conto altrui,
ai sensi dell'art. 1891 del codice civile.
Le strutture sanitarie, inoltre, devono stipulare polizze
assicurative o adottare altre analoghe misure «per la copertura della
responsabilita' civile verso terzi degli esercenti le professioni
sanitarie anche ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui
al comma 3 dell'art. 7» (art. 10, comma 1, 3º periodo, legge n.
24/2017). Le strutture, pertanto, devono assicurare anche i
professionisti sanitari di cui si avvalgono, per il caso in cui
costoro siano chiamati in prima persona a rispondere dei danni
arrecati ai pazienti, ai sensi dell'art. 2043 del codice civile. Tale
previsione, tuttavia, da un lato fa salva la possibilita' di rivalsa
di cui all'art. 9, legge n. 24/2017 (con i limiti ivi previsti);
dall'altro lato, non si applica con riferimento ai professionisti
sanitari che operino in regime di libera professione («Le
disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano in
relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma
2»).
In secondo luogo, la legge prevede che per i professionisti
sanitari che svolgano la propria attivita' al di fuori delle citate
strutture sanitarie o che comunque operino in regime di libera
professione (anche intramuraria) rimanga fermo l'obbligo di
assicurazione della responsabilita' civile a tutela del
cliente-paziente, gia' previsto da altre disposizioni (art. 10, comma
2, legge n. 24/2017).
Infine, i professionisti sanitari operanti «a qualunque titolo»
nelle strutture sanitarie pubbliche o private sono tenuti a
stipulare, con oneri a proprio carico, «un'adeguata polizza di
assicurazione per colpa grave» «[a]l fine di garantire efficacia alle
azioni di cui all'art. 9 e all'articolo 12, comma 3» (art. 10, comma
3, legge n. 24/2017), ossia al fine di garantire efficacia alle
azioni di rivalsa della struttura sanitaria o di responsabilita'
amministrativa promossa dal pubblico ministero presso la Corte dei
conti (art. 9, legge n. 24/2017), nonche' all'azione di rivalsa da
parte dell'assicuratore (art. 12, comma 3, legge n. 24/2017, a sua
volta soggetta ai limiti di cui all'art. 9, comma 6, legge n.
24/2017), nei loro confronti.
Oltre a tali diverse forme di assicurazione obbligatoria, la
legge n. 24/2017 prevede sia la possibilita' per il danneggiato di
agire direttamente nei confronti dell'impresa di assicurazione che
presti la copertura assicurativa alla struttura sanitaria o al
professionista sanitario che operi in regime di libera professione
(art. 12, comma 1), sia il litisconsorzio necessario -
rispettivamente della struttura o del professionista sanitario - nel
giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa di assicurazione
(art. 12, comma 4).
Non e' prevista un'azione diretta del danneggiato nei confronti
dell'assicuratore nei casi di assicurazione obbligatoria del
professionista sanitario ai sensi dell'art. 10, comma 3, legge n.
24/2017, in quanto - come gia' rilevato - tale assicurazione e'
stipulata non a copertura della responsabilita' civile del
professionista medesimo nei confronti dei pazienti, ma al fine di
garantire efficacia alle azioni di rivalsa o all'azione di
responsabilita' amministrativa promosse nei suoi confronti.
L'azione diretta del danneggiato, peraltro, e' divenuta
pienamente operativa, ai sensi dell'art. 12, comma 6, legge n.
24/2017, solo dal 16 marzo 2024, con l'entrata in vigore del decreto
interministeriale n. 232/2023 (Regolamento recante la determinazione
dei requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture
sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le
professioni sanitarie, i requisiti minimi di garanzia e le condizioni
generali di operativita' delle altre analoghe misure, anche di
assunzione diretta del rischio e le regole per il trasferimento del
rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di
assicurazione, nonche' la previsione nel bilancio delle strutture di
un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per
competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati), il
quale ha determinato - tra l'altro - i requisiti minimi delle polizze
assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie nonche' per
gli esercenti le professioni sanitarie.
Cosi' illustrato il quadro normativo di riferimento, nel caso in
esame - come anticipato - appaiono sussistere tutti i requisiti
espressi dalla giurisprudenza costituzionale per ravvisare quella
«ingiustificata disparita' di trattamento, tra imputato assoggettato
ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa
azione in sede civile» che ha condotto alle dichiarazioni di
illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura
penale di cui alle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del
1998 e 159 del 2022.
L'imputato - come ricordato piu' volte - e' un medico c.d.
«strutturato», dipendente dell'azienda sanitaria (pubblica) ... di
..., e ha chiesto la citazione, quale responsabile civile,
dell'assicuratore di tale azienda sanitaria, ossia S... .
L'assicurazione, come risulta dai documenti depositati dalla
difesa dell'imputato all'udienza del 29 gennaio 2025, e' prestata
«per il rischio di responsabilita' civile derivante ai sensi di legge
all'azienda/assicurato in relazione allo svolgimento delle attivita'
istituzionali e competenze previste e/o consentite e/o delegate da
leggi, regolamenti o altri atti amministrativi - anche interni - e
delle attivita' accessorie, complementari, connesse e collegate,
preliminari e conseguenti alle principali, nessuna esclusa ne'
eccettuata, comprese le attivita' umanitarie in genere, attivita'
comunque e ovunque svolte, anche avvalendosi di strutture di terzi,
comprese tutte le attivita' e i servizi che in futuro possano essere
espletati, anche in forma di consorzi o societa' miste, anche quelli
di carattere tecnico, amministrativo, sociale, culturale e
assistenziale. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, sono
compresi in garanzia l'esercizio di ospedali, comprese le sedi
distaccate, ambulatori, di centri per il recupero e l'inserimento
lavorativo di soggetti con handicap, anche mentali e
tossicodipendenti, centri di educazione psicomotoria, distretti
socio-sanitari ecc.», con la precisazione che «[i]l soggetto il cui
interesse e' tutelato dall'assicurazione e' pertanto: - L'Azienda; -
Il direttore generale, anche in qualita' di legale rappresentante
dell'Azienda, il direttore amministrativo, il direttore sanitario, il
direttore dei Servizi sociali e della funzione territoriale, il
direttore scientifico; - I componenti del Comitato etico di ciascuna
Azienda; - Tutti i dirigenti, i funzionari e i dipendenti della
Azienda e tutti i soggetti dalla stessa incaricati che, anche se non
dipendenti, partecipano a qualsiasi titolo alle attivita' della
Azienda».
Si e' quindi in presenza, in primo luogo, di un'ipotesi di
assicurazione obbligatoria, prevista dall'art. 10, comma 1, legge n.
24/2017, il quale impone alle strutture sanitarie di assicurarsi non
solo per i danni derivanti da fatto proprio (p. es. per difetti di
organizzazione), ma anche per i danni derivanti dal fatto altrui
costituito dall'esercizio della professione sanitaria da parte dei
professionisti sanitari che operino presso di loro.
In secondo luogo, e' prevista dalla legge (art. 12, comma 1,
legge n. 24/2017) ed e' oggi pienamente operativa (dopo l'adozione
del regolamento di cui al decreto interministeriale n. 232/2023,
entrato in vigore il 16 marzo 2024) la possibilita' di azione diretta
del danneggiato nei confronti dell'assicuratore.
Ricorre, quindi, il caso previsto dall'art. 185, 2º comma, c.p.,
in quanto l'assicuratore della struttura sanitaria e' tenuto dalla
legge civile a rispondere per il fatto dell'imputato.
Va peraltro rilevato che, sebbene la sentenza della Corte
costituzionale n. 159 del 2022 abbia chiarito che la previsione del
litisconsorzio necessario tra assicuratore e responsabile del danno
non sia, in realta', un requisito necessario al fine di ricondurre la
fattispecie alle ipotesi di responsabilita' civile ex lege di cui
all'art. 185, 2º comma, c.p. («il solo elemento realmente
indispensabile affinche' l'assicuratore del danneggiante possa essere
qualificato come responsabile civile e' la previsione normativa [...]
dell'azione diretta del danneggiato»: punto 3.3 del Considerato in
diritto), in ogni caso la legge n. 24/2017, come illustrato in
precedenza, prevede anche tale litisconsorzio necessario (art. 12,
comma 4).
Oltre a cio', ricorre senza dubbio anche la «funzione plurima» di
garanzia gia' valorizzata nelle sentenze della Corte costituzionale
n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022. E' infatti evidente come le forme
di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante
dall'esercizio della professione sanitaria tutelino tanto
l'assicurato-professionista sanitario (che viene manlevato dalle
pretese risarcitorie del danneggiato, potendo cosi' esercitare la
professione sanitaria con maggiore serenita', secondo le finalita'
della legge n. 24/2017) quanto il danneggiato-paziente (garantendo a
quest'ultimo il ristoro dei danni subiti, anche in ragione del
carattere «fondamentale» del diritto alla salute, tutelato dall'art.
32 della Costituzione).
Appare quindi sussistere un'ingiustificata disparita' di
trattamento - con conseguente violazione del principio di
uguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione - tra l'imputato
assoggettato all'azione risarcitoria nel processo penale (a cui e'
precluso, in forza dell'attuale previsione dell'art. 83 del codice di
procedura penale, di ottenere la citazione dell'assicuratore della
struttura quale responsabile civile) ed il convenuto con la stessa
azione in sede civile (che invece puo' chiamare in garanzia, ai sensi
degli articoli 1917, 4º comma, c.c. e 106 c.p.c., il medesimo
assicuratore), gia' riscontrata nelle sentenze n. 112 del 1998 e n.
159 del 2022 della Corte costituzionale, a fronte della quale
«l'effettivita' della duplice funzione di garanzia del rapporto
assicurativo [...] rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta
del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far valere le
proprie pretese» (cosi' sent. n. 159 del 2022, punto 3.6 del
Considerato in diritto).
Non puo' ritenersi un ostacolo alla sussistenza della cennata
disparita' di trattamento il fatto che, nel caso di specie, sia stata
chiesta la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore
della struttura, ossia di un soggetto che e' parte di un contratto
stipulato con una persona (giuridica) diversa dall'imputato (ossia
con la struttura sanitaria).
Si e' infatti in presenza, come gia' rilevato, di
un'assicurazione per conto altrui, secondo lo schema di cui all'art.
1891 del codice civile, in forza del quale la struttura sanitaria
assume la veste di contraente e il professionista sanitario quella di
assicurato.
Cio' che rileva, ai fini della riconducibilita' della fattispecie
al paradigma di cui all'art. 185, 2º comma, c.p., e' che ricorra il
caso di persone (in questa ipotesi, giuridiche) «che, a norma delle
leggi civili, debbono rispondere» per il fatto dell'imputato. Tale
situazione sicuramente si ravvisa nel caso di specie, in cui
l'assicuratore, pur avendo stipulato il contratto di assicurazione
con la struttura sanitaria (contraente), deve rispondere - anche
direttamente nei confronti del danneggiato - per il fatto
dell'imputato-danneggiante (assicurato). Ricorre quindi senza dubbio
un'ipotesi di responsabilita' civile ex lege, a nulla rilevando che
l'imputato non sia parte del rapporto contrattuale tra l'assicuratore
e la struttura sanitaria.
Per le ragioni esposte, non puo' ritenersi manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83
del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che,
nel caso di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione
obbligatoria prevista dall'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017,
l'assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria possa
essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato esercente
la professione sanitaria.
Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte con riferimento
alla richiesta, da parte dell'imputato esercente la professione
sanitaria in regime libero-professionale, di citare quale
responsabile civile il proprio assicuratore ai sensi dell'art. 10,
comma 2, legge n. 24/2017 (per cui sono ugualmente previste
l'obbligatorieta' della copertura assicurativa e l'azione diretta del
danneggiato; anche in tal caso, inoltre, l'assicurazione svolge una
«funzione plurima» di garanzia, a tutela tanto del
paziente-danneggiato quanto dell'esercente la professione
sanitaria-danneggiante). Tale questione, tuttavia, non e' rilevante
nel caso di specie, il quale si riferisce ad un medico c.d.
«strutturato», e al piu' potra' essere valutata dalla Corte
costituzionale ai sensi dell'art. 27, legge n. 87/1953.
Non si ignora che analoghe questioni, sollevate dal Tribunale di
Avellino e dal Tribunale di Palermo, sono state dichiarate dalla
Corte costituzionale l'una inammissibile e l'altra manifestamente
inammissibile, rispettivamente con sentenza n. 182 del 2023 e con
ordinanza n. 177 del 2024.
In entrambi i casi, tuttavia, i giudici rimettenti avevano
rappresentato la richiesta dei rispettivi imputati di citare, quali
responsabili civili, i propri assicuratori, senza tuttavia precisare
se le polizze relative ai professionisti sanitari fossero
riconducibili all'art. 10, comma 3, legge n. 24/2017 (forma di
assicurazione certamente obbligatoria, ma relativa alla copertura con
riferimento alle azioni di rivalsa e di responsabilita'
amministrativa, come tale senza possibilita' di azione diretta da
parte del danneggiato-paziente), all'art. 10, comma 2, legge n.
24/2017 (assicurazione dei professionisti sanitari operanti in regime
libero-professionale, con conseguente difetto di rilevanza delle
questioni, posto che nei giudizi a quibus si verteva in casi di
medici c.d. «strutturati») o, ancora, a polizze liberamente stipulate
dai professionisti sanitari in assenza di un obbligo di legge (con
conseguente impossibilita' di ravvisare l'ipotesi di cui all'art.
185, 2º comma, c.p.).
A fronte dell'«inadeguata ricostruzione del quadro normativo di
riferimento», pertanto, il Giudice delle leggi aveva dichiarato
inammissibili tali questioni.
Nel caso di specie, tuttavia, si e' precisato che l'assicuratore
di cui l'imputato ha chiesto la citazione quale responsabile civile
e' quello della struttura sanitaria, con il quale quest'ultima ha
stipulato una polizza ai sensi dell'art. 10, comma 1, legge n.
24/2017.
In ragione di quanto illustrato in precedenza, si ritiene
adeguatamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, nonche'
indicate le caratteristiche del rapporto che lega assicuratore,
struttura sanitaria (contraente) e imputato (assicurato).
4. Impossibilita' di operare un'interpretazione costituzionalmente
orientata
La previsione legislativa censurata, di cui all'art. 83 del
codice di procedura penale, non consente di operare interpretazioni
costituzionalmente orientate che, a partire dal medesimo testo della
disposizione, superino il contrasto con la Costituzione sopra
evidenziato. D'altronde, in precedenza si e' sempre reso necessario
un intervento della Corte costituzionale al fine di consentire
all'imputato di richiedere, in particolari ipotesi (che si ritengono
sovrapponibili a quella oggi in esame), la citazione del responsabile
civile.
E' quindi inevitabile la rimessione della questione alla Corte
costituzionale, con sospensione del giudizio in corso.
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale
n. 1/1948 e 23 legge n. 87/1953,
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione
all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale, nella
parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilita' civile
derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'art. 10,
comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita' professionale degli esercenti le professioni
sanitarie), l'assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria
possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato;
Dispone l'immediata trasmissione della presente ordinanza alla
Corte costituzionale;
Sospende il giudizio in corso;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente
della Camera dei deputati.
Ordinanza letta in udienza.
Verona, 28 marzo 2025
Il giudice: Zuccon
Oggetto:
Processo penale – Citazione del responsabile civile – Mancata previsione, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista a carico degli esercenti la professione sanitaria, che l’assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria, con il quale quest’ultima ha stipulato una polizza ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge n. 24 del 2017, possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato – Violazione del principio di eguaglianza per ingiustificata disparità di trattamento tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile – Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 83
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. MARINI F. S.
Testo dell'ordinanza
N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 2025 Ordinanza del 28 marzo 2025 del Tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di F. Z.. Processo penale - Citazione del responsabile civile - Mancata previsione, nel caso di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista a carico degli esercenti la professione sanitaria, che l'assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria, con il quale quest'ultima ha stipulato una polizza ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge n. 24 del 2017, possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato. - Codice di procedura penale, art. 83. (GU n. 20 del 14-05-2025) TRIBUNALE DI VERONA Sezione penale Il Tribunale di Verona in composizione monocratica, in persona del giudice Enrico Zuccon, letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: F. Z., nato a ... il ..., domicilio dichiarato a ..., via ..., difeso di fiducia dall'avv. Claudio Fiorini del Foro di Verona; Imputato del delitto di cui agli articoli 589 e 590-sexies c.p., perche', quale medico di reparto in servizio presso l'Ospedale ..., cagionava la morte di N. F. nato a ... il ... ricoverato il ... presso l'U.O. di Chirurgia della stessa struttura con diagnosi di «Subbocclusione intestinale da verosimile eteroplasia del colon discendente» e sottoposto lo stesso giorno del ... ad intervento chirurgico di colostomia del colon traverso con accesso laparotomico trasversale (intervento iniziato alle ore ... e terminato alle ore ... eseguito dal dott. M. C. con l'ausilio del dott. R. P.) per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, nonche' per colpa specifica non avendo osservato le linee guida che indicano le azioni da eseguire nel piu' breve tempo possibile dopo una diagnosi di shock settico, nello specifico: 1. ponendo diagnosi di shock settico solo alle ore ... del ... laddove la angio TAC effettuata alle ore ... del ... - che peraltro avrebbe dovuto estendere all'addome, cio' che avrebbe permesso di rilevare la sofferenza ischemica del colon destro - escludendo l'embolia polmonare, gia' poneva il quadro di uno shock settico; 2. attivando il dott. P. P. medico anestesista solo alle ore ... del ... per una consulenza anestesiologica; 3. omettendo di applicare le c.d. «bundles» come prescritto dalle linee guida in caso di shock settico ed il c.d. «source control»: dosaggio e monitoraggio dei lattati; esecuzione di emocolture; inizio di una terapia antibiotica ad ampio spettro; inizio di un reintegro volemico con cristalloidi fino a 30 ml/kg; inizio di farmaci vaso pressori se dopo il riempimento volemico il paziente rimane ipoteso; non rispettando pienamente nessuno di tali punti: una sola EGA (emogasanalisi) e' stata effettuata alle ... del ... che documentava una acidosi lattica importante e non e' stata ripetuta; le emoculture non sono state eseguite; una terapia antibiotica ad ampio spettro e' stata eseguita solo la mattina del ... quando gia' la sera precedente l'angio TAC aveva escluso un'embolia polmonare; non e' stato prescritto un adeguato reintegro volemico; i farmaci vaso pressori (noradrenalina) vennero prescritti solamente il ... alle ore ... cioe' trenta minuti prima del decesso; sicche' N. F. decedeva il ... alle ore ... a causa di uno shock settico con ischemia del colon destro e fascite necrotizzante in soggetto affetto da adenocarcinoma stenosante del colon discendente. In ... il ... (data del decesso); in cui sono parti civili (costituite all'udienza preliminare del 10 ottobre 2024): T. N., nato a ... il ..., M. N., nato a ... il ..., C. F., nata a ... il ..., tutti difesi dall'avv. Eleonora Danieletto del Foro di Padova; all'udienza del 28 marzo 2025 ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. Sintetica esposizione dei fatti A seguito di decreto che dispone il giudizio pronunciato dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verona il 10 ottobre 2024, l'imputato F. Z. e' chiamato a rispondere del delitto di cui agli articoli 589 e 590-sexies c.p., commesso a ... il ..., per avere, in qualita' di medico di reparto in servizio presso l'ospedale «...» di ... di ..., provocato per colpa la morte del paziente F. N., ivi ricoverato con diagnosi di «subocclusione intestinale da verosimile eteroplasia del colon discendente». Nello specifico, i profili di colpa ipotizzati a carico dell'imputato concernono il non aver operato correttamente nel diagnosticare (in particolare, ritardando la diagnosi) uno shock settico di cui il paziente sarebbe stato affetto e nel non aver posto in essere le azioni indicate dalle pertinenti linee guida per le ipotesi di shock settico. Tali condotte, principalmente omissive, avrebbero determinato il decesso del paziente F. N., intervenuto il ..., alle ore ..., a causa di «shock settico con ischemia del colon destro e fascite necrotizzante in soggetto affetto da adenocarcinoma stenosante del colon discendente». Nel corso dell'udienza preliminare si sono costituiti parti civili nel processo T. N., M. N. e C. F., prossimi congiunti del paziente deceduto F. N. . Alla prima udienza dibattimentale, del 19 novembre 2024, il processo e' stato rinviato sul ruolo dell'odierno giudice, in attuazione di provvedimento tabellare di riassegnazione. All'udienza del 29 gennaio 2025 il difensore dell'imputato ha chiesto la citazione, quale responsabile civile, dell'assicurazione della struttura sanitaria (pubblica) di cui l'imputato e' (ed era anche all'epoca dei fatti) dipendente, chiedendo al giudice di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che l'imputato, nella sua qualita' di medico c.d. «strutturato», nel caso di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017, possa chiedere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore della struttura, affinche' lo tenga indenne dalle richieste risarcitorie avanzate dalle parti civili nei suoi confronti. A tal fine, il difensore dell'imputato ha precisato (e documentato) che l'imputato e' (ed era anche all'epoca dei fatti) dipendente a tempo indeterminato dell'Azienda unita' locale socio-sanitaria (ULSS) n. ... «...», in qualita' di dirigente medico assegnato all'unita' operativa di Chirurgia dell'ospedale «...» di ... . Ha altresi' documentato la stipulazione, ai sensi della legge n. 24/2017, di polizze assicurative da parte dall'Azienda per il governo della sanita' della Regione del Veneto - Azienda Zero (istituita con legge regionale n. 19/2016) per conto di tutte le aziende sanitarie della Regione del Veneto. Il giudice ha rinviato il processo per la decisione sulla questione. 2. Rilevanza La questione di legittimita' costituzionale e' certamente rilevante, in quanto il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della medesima. L'imputato, infatti, ha chiesto la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore dell'azienda sanitaria, S. ... (la stipulazione della polizza - da parte di Azienda Zero, per conto di tutte le aziende sanitarie della Regione del Veneto - e' stata comprovata dalla difesa dell'imputato mediante i documenti prodotti all'udienza del 29 gennaio 2025). L'art. 83 del codice di procedura penale, tuttavia, non consente all'imputato di chiedere ed ottenere la citazione di soggetti quali responsabili civili, ad eccezione che nelle ipotesi introdotte dalle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022, relative rispettivamente al caso della responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per cui la legge n. 990/1969 prevede l'assicurazione obbligatoria, e al caso della responsabilita' civile derivante dall'esercizio dell'attivita' venatoria, per cui la legge n. 157/1992 parimenti prevede l'assicurazione obbligatoria. In tali ipotesi, a seguito dei citati interventi del Giudice delle leggi, anche l'imputato puo' chiedere ed ottenere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore. L'attuale formulazione dell'art. 83 del codice di procedura penale, pertanto, impedisce di accogliere l'istanza dell'imputato, non ricorrendo i casi gia' oggetto delle citate pronunce di incostituzionalita'. Ove fosse invece ritenuta fondata la questione di legittimita' costituzionale eccepita dal difensore e sollevata con la presente ordinanza, l'imputato sarebbe legittimato a chiedere ed ottenere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore della struttura sanitaria. Ne consegue la rilevanza della questione. 3. Non manifesta infondatezza 3.1. Principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in materia di (il)legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale. In punto di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, si deve anzitutto rilevare che, in forza dell'art. 185, 2º comma, c.p., «[o]gni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui». E' su tale previsione che si fonda la figura del responsabile civile nel processo penale, ossia il soggetto che, pur non avendo commesso il fatto, e' tenuto a risarcire il danno in solido con l'imputato. L'art. 83 del codice di procedura penale consente alla parte civile (ed, eccezionalmente, al pubblico ministero nel caso di cui all'art. 77, comma 4, c.p.p.) di richiedere la citazione del responsabile civile nel processo penale, onde ottenerne la condanna al risarcimento del danno in solido con l'imputato, nel caso in cui quest'ultimo sia ritenuto responsabile del reato ascrittogli. La facolta' di richiedere la citazione del responsabile civile e' stata da sempre negata all'imputato (sin dal codice di procedura penale del 1865, con opzione confermata nei successivi codici di procedura penale del 1913 e del 1930, fino a giungere al codice attualmente vigente), in ragione del carattere strettamente civilistico del rapporto sottostante e della considerazione che la presenza nel processo penale del responsabile civile sarebbe uno strumento posto a tutela della parte civile e non tanto dell'imputato. La Corte costituzionale, con sentenza n. 38 del 1982, infatti, con riferimento alle disposizioni del codice di procedura penale del 1930 che non consentivano all'imputato di chiedere la citazione del responsabile civile, sostenne che la parte civile si colloca nel processo penale «in posizione accessoria rispetto alla esigenza dell'accertamento dei reati, cui corrisponde l'esercizio del magistero penale»; a sua volta, il responsabile civile e' un «soggetto secondario del rapporto processuale», la cui presenza «e' cosi' collegata ad un oggetto del tutto diverso da quello cui e' preordinato il processo penale, di talche' la regolamentazione relativa, per quanto attiene alla sua citazione razionalmente riflette la diversita' delle situazioni, aderendo al carattere dell'azione civile, subordinata alle scelte della parte lesa che puo' liberamente rivolgere la propria domanda o verso il solo imputato o anche nei confronti del responsabile civile». L'imputato, invece, nel processo penale non ha «richieste di natura civilistica da avanzare», ne' «pretese da far valere [...] nei confronti del responsabile civile» e, se mai, potra' rivalersi su quest'ultimo in via di regresso. Il Giudice delle leggi escluse, quindi, una violazione del principio di uguaglianza, il quale «esige che a situazioni eguali si applichi una eguale regolamentazione, salvo differenziazioni razionalmente stabilite», poiche' nel caso in esame la «diversita' di disciplina» doveva ritenersi «giustificata dalla diversita' delle situazioni» (punto 2 del Considerato in diritto). Dopo l'entrata in vigore dell'attuale codice di procedura penale, tuttavia, la Corte costituzionale, in una specifica ipotesi, riconobbe la possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione del responsabile civile: si trattava del caso della responsabilita' civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti (c.d. «responsabilita' civile automobilistica»), rispetto al quale il Giudice delle leggi, con sentenza n. 112 del 1998, dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiedere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore. Cio' sulla base dell'ingiustificata disparita' di trattamento - con conseguente violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione - che venne ravvisata tra l'imputato assoggettato all'azione civile nel processo penale e il convenuto assoggettato alla medesima azione in sede civile, il quale ben avrebbe potuto, ai sensi dagli articoli 1917, 4º comma, del codice civile e 106 c.p.c., chiamare in garanzia il proprio assicuratore. La Corte costituzionale, in quell'occasione, rilevo' infatti che «[l]a posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per il quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale sono assolutamente identiche»; di conseguenza, ravviso' una violazione del principio di uguaglianza ad opera di un «sistema come quello degli articoli 83 e seguenti del codice di procedura penale, per effetto del quale l'assicuratore, quando sia responsabile civile ai sensi di legge puo' entrare nel processo solo in forza di citazione della parte civile (o del pubblico ministero nel caso previsto dall'art. 77, [comma] 4) o in forza del proprio intervento volontario», privando l'imputato «di ogni possibilita' di coinvolgere nella pretesa di danno avanzata dalla parte civile il civilmente responsabile» e cosi' irragionevolmente deviando «dallo schema del rapporto processuale civile» (punto 4 del Considerato in diritto). Con successive pronunce, la Corte costituzionale chiari' l'esatta portata dei principi enunciati nella sentenza n. 112 del 1998, evidenziando anzitutto come la tendenza del codice di procedura penale del 1988 fosse quella di «circoscrivere nei limiti della essenzialita' tutte le forme di cumulo processuale, stante la maturata consapevolezza che l'incremento delle regiudicande - specie se, come quelle civili, estranee alle finalita' tipiche del processo penale - non possa che aggravarne l'iter; con conseguente perdita di snellezza e celerita' nelle cadenze e nei tempi di definizione» (sent. n. 75 del 2001, punto 2 del Considerato in diritto), anche a salvaguardia del valore della ragionevole durata del processo, «oggetto di espressa garanzia costituzionale ad opera dell'art. 111, secondo comma, Cost.» (ord. n. 300 del 2004). Si evidenzio', quindi, che la sentenza n. 112 del 1998 aveva posto in rilievo alcuni peculiari aspetti della disciplina dell'assicurazione della «responsabilita' civile automobilistica», tali per cui doveva ravvisarsi «una correlazione tra le posizioni coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile il corrispondente regime ad esse riservato, tanto in sede civile che nella ipotesi di esercizio della domanda risarcitoria in sede penale» (sent. n. 75 del 2001, punto 3 del Considerato in diritto). Detti aspetti erano costituiti: dalle circostanze che «il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore» e che «nel giudizio promosso contro l'assicuratore debba "essere chiamato nel processo anche il responsabile del danno": cosi' configurandosi, in tale ipotesi, un litisconsorzio necessario»; cio' che consentiva di ricondurre la «responsabilita' civile automobilistica» ai casi «ai quali si riferisce il secondo comma dell'art. 185 del codice penale» (ibidem); dalla possibilita', riconosciuta al danneggiante convenuto in sede civile, di chiamare in garanzia l'impresa assicuratrice ai sensi dell'art. 106 del codice di procedura civile; tale possibilita', infatti, evidenziava il «diritto dell'assicurato di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie, con correlativo potere di regresso, al contrario escluso per l'assicuratore», con il conseguente necessario «allineamento - anche in sede penale - dei poteri processuali di "chiamata" assicurati in sede civile; restando altrimenti irragionevolmente sterilizzata la "effettivita'" del rapporto di garanzia (nella specie a funzione "plurima", in quanto destinato a salvaguardare direttamente tanto la vittima che il danneggiante), in virtu' delle scelte a tal proposito operate dall'attore-parte civile» (ibidem). Sostanzialmente, quindi, la Corte costituzionale ravviso' la necessita' di riconoscere all'imputato la facolta' di chiedere la citazione del responsabile civile nei casi di assicurazione obbligatoria per cui fosse prevista l'azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore (solo in tali ipotesi, infatti, si sarebbe rientrati nel paradigma di cui all'art. 185, 2º comma, c.p., con riferimento ai soggetti che secondo la legge civile «debbono rispondere» per il fatto dell'imputato) e soltanto ove sussistesse un rapporto interno di garanzia tra danneggiante-imputato e assicuratore-terzo, che consentisse di ravvisare una «funzione "plurima"» della garanzia, a salvaguardia quindi sia del danneggiato-parte civile sia del danneggiante-imputato. In tali ipotesi - e solo in tali ipotesi - si sarebbe dovuta ritenere irragionevole la mancata previsione della possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore, posto che l'assicurazione della responsabilita' civile, in tali casi, era prevista dalla legge anche a tutela del danneggiante, ossia dell'imputato stesso. Sulla base di tali argomenti, vennero quindi ritenute non fondate le questioni di legittimita' costituzionale volte ad estendere la possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione, quale responsabile civile, dell'esercente l'aeromobile ai sensi dell'art. 878 cod. nav. per i danni provocati dal sinistro cagionato dall'imputato (sent. n. 75 del 2001) o dell'ente pubblico-datore di lavoro dell'imputato in caso di lesioni personali colpose aggravate dalla violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (ord. n. 300 del 2004). In entrambi i casi, infatti, pur essendo prevista l'azione diretta del danneggiato nei confronti del terzo (esercente l'aeromobile o ente pubblico-datore di lavoro), mancava il rapporto interno «di garanzia» tra imputato-danneggiante e terzo responsabile, nei termini di cui all'art. 1917 del codice civile: era previsto il diritto di regresso del terzo nei confronti del danneggiante e non il contrario; di conseguenza, la responsabilita' del terzo svolgeva una funzione di tutela solo nei confronti del danneggiato-parte civile (al quale era assicurata una maggiore probabilita' di ottenere il risarcimento, stante la pluralita' dei responsabili) e non anche del danneggiante-imputato, che non era in alcun modo «garantito». Venne altresi' ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale volta a consentire all'imputato di citare, quale responsabile civile, il «proprio assicuratore della responsabilita' civile facoltativa» (sempre sent. n. 75 del 2001). In tale ipotesi, infatti, sebbene fosse ravvisabile il rapporto di «garanzia» a vantaggio dell'imputato-danneggiante, non ricorreva ne' l'obbligatorieta' ex lege del risarcimento («presupposto oggettivo-sostanziale») ne' l'azione diretta del danneggiato-parte civile nei confronti dell'assicuratore («presupposto soggettivo-processuale»). Si trattava quindi di una situazione non riconducibile al disposto dell'art. 185, 2º comma, c.p., il quale si riferisce esclusivamente alle persone (fisiche o giuridiche) che, secondo la legge civile, «debbono rispondere» nei confronti del danneggiato per il fatto dell'imputato. Per la stessa ragione, piu' di recente, e' stata ritenuta non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la citazione, a richiesta dell'imputato, dell'assicuratore nei casi di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante dall'esercizio dell'attivita' professionale dei notai, prevista dagli articoli 19 e 20, legge n. 89/1913. Con la sentenza n. 34 del 2018, infatti, la Corte costituzionale, pur riconoscendo la sussistenza di quella «funzione plurima» del rapporto di garanzia, «destinato a salvaguardare direttamente sia la vittima, sia il danneggiante», ha rilevato che, nel caso dell'assicurazione della responsabilita' civile derivante dall'esercizio dell'attivita' professionale notarile, «il legislatore non si e' spinto sino a prevedere la possibilita' di un'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, analoga a quella che contraddistingue la responsabilita' civile automobilistica». Cio' impedisce di ricondurre tale ipotesi di assicurazione al «paradigma del responsabile civile ex lege, quale delineato dall'art. 185, secondo comma, cod. pen.»; una pronuncia additiva nel senso richiesto dal giudice rimettente avrebbe quindi «la valenza di innovazione sistematica», che invece e' «riservata alla discrezionalita' del legislatore» (punti 4 e 5 del Considerato in diritto). Ancor piu' recentemente, invece, e' stata ritenuta fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non consente all'imputato di chiedere la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore nei casi di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista per l'attivita' venatoria dall'art. 12, comma 8, legge n. 157/1992. Nella sentenza n. 159 del 2022, infatti, il Giudice delle leggi ha rilevato che in tale ipotesi ricorrono tutti i requisiti enucleati dalla giurisprudenza costituzionale appena richiamata per ritenere sussistente quell'irragionevole disparita' di trattamento tra «[l]a posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per il quale, in relazione allo stesso tipo di illecito, vi sia stata costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale», gia' posta a fondamento della sentenza n. 112 del 1998 (a cui la citazione si riferisce). In particolare, si e' anzitutto rilevato che l'assicurazione della responsabilita' civile derivante dall'attivita' venatoria e' obbligatoria (art. 12, comma 8, legge n. 157/1992); e' inoltre prevista l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore (art. 12, comma 10, legge n. 157/1992). Si rientra, pertanto, nell'ipotesi di responsabilita' civile ex lege di cui all'art. 185, 2º comma, c.p. Accertata la riconducibilita' della fattispecie all'art. 185, 2º comma, c.p., la Corte costituzionale ha ritenuto «indubitabile che l'assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile da attivita' venatoria assolva a quella "funzione plurima" di garanzia cui ha fatto riferimento la sentenza n. 112 del 1998», in quanto «essa tutela l'assicurato, che ha diritto di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato, con correlato diritto di regresso verso l'assicuratore qualora le abbia soddisfatte; ma tutela pure le vittime degli incidenti di caccia, garantendo loro, entro i limiti del massimale assicurativo, il ristoro dei danni subiti». La ratio del regime di assicurazione della responsabilita' civile derivante dall'attivita' venatoria - ha continuato la Corte - e' infatti «proprio quella di proteggere in maniera effettiva, per ragioni di sicurezza sociale, i terzi danneggiati, stante l'elevata pericolosita' dell'attivita' venatoria, esercitata mediante armi da fuoco» (sent. n. 159 del 2022, punto 3.1 del Considerato in diritto). Quanto all'ulteriore requisito che appariva essere stato espresso dalla precedente giurisprudenza costituzionale, ossia la previsione di un litisconsorzio necessario di assicuratore e danneggiante nel giudizio promosso contro il primo, la Corte ha rilevato che, in realta', al fine di ricondurre la fattispecie alle ipotesi di responsabilita' civile ex lege di cui all'art. 185, 2º comma, c.p., «il solo elemento realmente indispensabile affinche' l'assicuratore del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile e' la previsione normativa [...] dell'azione diretta del danneggiato: previsione a fronte della quale, nel caso in cui il fatto illecito dell'assicurato integri un'ipotesi di reato, l'assicuratore deve considerarsi obbligato verso la vittima, in virtu' di una disposizione della legge civile, a risarcire i danni causati dal reato in solido con l'imputato, conformemente allo schema delineato dal codice penale» (sent. n. 159 del 2022, punto 3.3 del Considerato in diritto). Ravvisando, quindi, «la medesima ingiustificata disparita' di trattamento, tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile, gia' riscontrata dalla sentenza n. 112 del 1998» - a fronte della quale «l'effettivita' della duplice funzione di garanzia del rapporto assicurativo [...] rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far valere le proprie pretese» (ivi, punto 3.6 del Considerato in diritto) - la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista per l'esercizio dell'attivita' venatoria, l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato. 3.2. Applicazione dei menzionati principi al caso di specie Cosi' riassunti i requisiti espressi dalla giurisprudenza costituzionale rispetto alle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale con riferimento alla mancata possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione del responsabile civile, si deve rilevare che, nella fattispecie in esame, tali requisiti appaiono tutti sussistenti. Si procede, infatti, nei confronti di un medico c.d. «strutturato», chiamato a rispondere del delitto di omicidio colposo in ambito sanitario (articoli 589 e 590-sexies c.p.), il quale ha chiesto la citazione quale responsabile civile (essendosi costituiti parti civili nel processo i prossimi congiunti del paziente deceduto) dell'assicuratore della struttura sanitaria, in presenza di un'ipotesi di assicurazione obbligatoria, con previsione dell'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore e con evidente funzione di garanzia sia a favore dell'operatore sanitario-danneggiante sia a favore del paziente-danneggiato. Onde esplicitare con maggiore chiarezza la sussistenza dei citati requisiti, e' opportuno ricostruire, pur in sintesi, la normativa vigente in materia di responsabilita' civile (e assicurazione della stessa) derivante dall'esercizio delle professioni sanitarie, di cui alla legge 8 marzo 2017, n. 24, recante «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di responsabilita' professionale degli esercenti le professioni sanitarie». Orbene, tale legge prevede che le strutture sanitarie o sociosanitarie (nel prosieguo anche «strutture sanitarie»), pubbliche o private, che, nell'adempimento delle proprie obbligazioni, si avvalgano dell'opera di esercenti la professione sanitaria (anche se scelti dal paziente e anche se non dipendenti delle strutture stesse) rispondano delle condotte dolose o colpose di costoro «ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile», quindi a titolo di responsabilita' contrattuale (art. 7, comma 1, legge n. 24/2017). Si prevede poi che gli esercenti la professione sanitaria (nel prosieguo anche «i professionisti sanitari») che operino all'interno di una struttura e che non abbiano agito nell'adempimento di obbligazioni contrattuali assunte con il paziente rispondano invece del proprio operato «ai sensi dell'art. 2043 del codice civile», quindi a titolo di responsabilita' extracontrattuale (art. 7, comma 3, legge n. 24/2017). La finalita' della previsione, come riconosciuto anche dalla Corte costituzionale, e' stata quella di «alleggerire la posizione del medico cosiddetto «strutturato», sottraendolo alle conseguenze - considerate eccessivamente gravose - della responsabilita' da inadempimento contrattuale, precedentemente ipotizzata nei suoi confronti dall'orientamento giurisprudenziale favorevole alla teoria del cosiddetto "contatto sociale"» (sent. n. 182 del 2023). E' inoltre prevista la possibilita' delle strutture sanitarie, che abbiano risarcito il danno provocato da professionisti sanitari c.d. «strutturati», di rivalersi sui medesimi, ma solo nei casi di dolo o di colpa grave e per un importo non superiore - nei casi di colpa grave - al triplo del valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo (art. 9, commi 1 e 6, legge n. 24/2017). Analoghi limiti sono previsti con riferimento all'azione di responsabilita' amministrativa esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti nei confronti dei professionisti sanitari che operino in strutture pubbliche (art. 9, comma 5, legge n. 24/2017). Rispetto a tali differenti responsabilita', la legge n. 24/2017, all'art. 10, prevede diversi obblighi assicurativi, a carico dei diversi soggetti coinvolti. In primo luogo, le strutture sanitarie «devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilita' civile verso terzi e per la responsabilita' civile» anche per i danni cagionati dal personale «a qualunque titolo operante presso le strutture», sia in qualita' di dipendente (c.d. "strutturato") sia in regime di libera professione intramuraria o in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale (art. 10, comma 1, 1º e 2º periodo, legge n. 24/2017). Le strutture, quindi, oltre che per la responsabilita' civile derivante da fatto proprio, devono essere necessariamente assicurate anche per la responsabilita' civile derivante da fatto altrui, ossia dall'attivita' di tutti i professionisti sanitari che operino al loro interno. Si tratta, quindi, in quest'ultimo caso, di un'assicurazione per conto altrui, ai sensi dell'art. 1891 del codice civile. Le strutture sanitarie, inoltre, devono stipulare polizze assicurative o adottare altre analoghe misure «per la copertura della responsabilita' civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'art. 7» (art. 10, comma 1, 3º periodo, legge n. 24/2017). Le strutture, pertanto, devono assicurare anche i professionisti sanitari di cui si avvalgono, per il caso in cui costoro siano chiamati in prima persona a rispondere dei danni arrecati ai pazienti, ai sensi dell'art. 2043 del codice civile. Tale previsione, tuttavia, da un lato fa salva la possibilita' di rivalsa di cui all'art. 9, legge n. 24/2017 (con i limiti ivi previsti); dall'altro lato, non si applica con riferimento ai professionisti sanitari che operino in regime di libera professione («Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2»). In secondo luogo, la legge prevede che per i professionisti sanitari che svolgano la propria attivita' al di fuori delle citate strutture sanitarie o che comunque operino in regime di libera professione (anche intramuraria) rimanga fermo l'obbligo di assicurazione della responsabilita' civile a tutela del cliente-paziente, gia' previsto da altre disposizioni (art. 10, comma 2, legge n. 24/2017). Infine, i professionisti sanitari operanti «a qualunque titolo» nelle strutture sanitarie pubbliche o private sono tenuti a stipulare, con oneri a proprio carico, «un'adeguata polizza di assicurazione per colpa grave» «[a]l fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'art. 9 e all'articolo 12, comma 3» (art. 10, comma 3, legge n. 24/2017), ossia al fine di garantire efficacia alle azioni di rivalsa della struttura sanitaria o di responsabilita' amministrativa promossa dal pubblico ministero presso la Corte dei conti (art. 9, legge n. 24/2017), nonche' all'azione di rivalsa da parte dell'assicuratore (art. 12, comma 3, legge n. 24/2017, a sua volta soggetta ai limiti di cui all'art. 9, comma 6, legge n. 24/2017), nei loro confronti. Oltre a tali diverse forme di assicurazione obbligatoria, la legge n. 24/2017 prevede sia la possibilita' per il danneggiato di agire direttamente nei confronti dell'impresa di assicurazione che presti la copertura assicurativa alla struttura sanitaria o al professionista sanitario che operi in regime di libera professione (art. 12, comma 1), sia il litisconsorzio necessario - rispettivamente della struttura o del professionista sanitario - nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa di assicurazione (art. 12, comma 4). Non e' prevista un'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore nei casi di assicurazione obbligatoria del professionista sanitario ai sensi dell'art. 10, comma 3, legge n. 24/2017, in quanto - come gia' rilevato - tale assicurazione e' stipulata non a copertura della responsabilita' civile del professionista medesimo nei confronti dei pazienti, ma al fine di garantire efficacia alle azioni di rivalsa o all'azione di responsabilita' amministrativa promosse nei suoi confronti. L'azione diretta del danneggiato, peraltro, e' divenuta pienamente operativa, ai sensi dell'art. 12, comma 6, legge n. 24/2017, solo dal 16 marzo 2024, con l'entrata in vigore del decreto interministeriale n. 232/2023 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operativita' delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio e le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione, nonche' la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati), il quale ha determinato - tra l'altro - i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie nonche' per gli esercenti le professioni sanitarie. Cosi' illustrato il quadro normativo di riferimento, nel caso in esame - come anticipato - appaiono sussistere tutti i requisiti espressi dalla giurisprudenza costituzionale per ravvisare quella «ingiustificata disparita' di trattamento, tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile» che ha condotto alle dichiarazioni di illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale di cui alle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e 159 del 2022. L'imputato - come ricordato piu' volte - e' un medico c.d. «strutturato», dipendente dell'azienda sanitaria (pubblica) ... di ..., e ha chiesto la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore di tale azienda sanitaria, ossia S... . L'assicurazione, come risulta dai documenti depositati dalla difesa dell'imputato all'udienza del 29 gennaio 2025, e' prestata «per il rischio di responsabilita' civile derivante ai sensi di legge all'azienda/assicurato in relazione allo svolgimento delle attivita' istituzionali e competenze previste e/o consentite e/o delegate da leggi, regolamenti o altri atti amministrativi - anche interni - e delle attivita' accessorie, complementari, connesse e collegate, preliminari e conseguenti alle principali, nessuna esclusa ne' eccettuata, comprese le attivita' umanitarie in genere, attivita' comunque e ovunque svolte, anche avvalendosi di strutture di terzi, comprese tutte le attivita' e i servizi che in futuro possano essere espletati, anche in forma di consorzi o societa' miste, anche quelli di carattere tecnico, amministrativo, sociale, culturale e assistenziale. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, sono compresi in garanzia l'esercizio di ospedali, comprese le sedi distaccate, ambulatori, di centri per il recupero e l'inserimento lavorativo di soggetti con handicap, anche mentali e tossicodipendenti, centri di educazione psicomotoria, distretti socio-sanitari ecc.», con la precisazione che «[i]l soggetto il cui interesse e' tutelato dall'assicurazione e' pertanto: - L'Azienda; - Il direttore generale, anche in qualita' di legale rappresentante dell'Azienda, il direttore amministrativo, il direttore sanitario, il direttore dei Servizi sociali e della funzione territoriale, il direttore scientifico; - I componenti del Comitato etico di ciascuna Azienda; - Tutti i dirigenti, i funzionari e i dipendenti della Azienda e tutti i soggetti dalla stessa incaricati che, anche se non dipendenti, partecipano a qualsiasi titolo alle attivita' della Azienda». Si e' quindi in presenza, in primo luogo, di un'ipotesi di assicurazione obbligatoria, prevista dall'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017, il quale impone alle strutture sanitarie di assicurarsi non solo per i danni derivanti da fatto proprio (p. es. per difetti di organizzazione), ma anche per i danni derivanti dal fatto altrui costituito dall'esercizio della professione sanitaria da parte dei professionisti sanitari che operino presso di loro. In secondo luogo, e' prevista dalla legge (art. 12, comma 1, legge n. 24/2017) ed e' oggi pienamente operativa (dopo l'adozione del regolamento di cui al decreto interministeriale n. 232/2023, entrato in vigore il 16 marzo 2024) la possibilita' di azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore. Ricorre, quindi, il caso previsto dall'art. 185, 2º comma, c.p., in quanto l'assicuratore della struttura sanitaria e' tenuto dalla legge civile a rispondere per il fatto dell'imputato. Va peraltro rilevato che, sebbene la sentenza della Corte costituzionale n. 159 del 2022 abbia chiarito che la previsione del litisconsorzio necessario tra assicuratore e responsabile del danno non sia, in realta', un requisito necessario al fine di ricondurre la fattispecie alle ipotesi di responsabilita' civile ex lege di cui all'art. 185, 2º comma, c.p. («il solo elemento realmente indispensabile affinche' l'assicuratore del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile e' la previsione normativa [...] dell'azione diretta del danneggiato»: punto 3.3 del Considerato in diritto), in ogni caso la legge n. 24/2017, come illustrato in precedenza, prevede anche tale litisconsorzio necessario (art. 12, comma 4). Oltre a cio', ricorre senza dubbio anche la «funzione plurima» di garanzia gia' valorizzata nelle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022. E' infatti evidente come le forme di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante dall'esercizio della professione sanitaria tutelino tanto l'assicurato-professionista sanitario (che viene manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato, potendo cosi' esercitare la professione sanitaria con maggiore serenita', secondo le finalita' della legge n. 24/2017) quanto il danneggiato-paziente (garantendo a quest'ultimo il ristoro dei danni subiti, anche in ragione del carattere «fondamentale» del diritto alla salute, tutelato dall'art. 32 della Costituzione). Appare quindi sussistere un'ingiustificata disparita' di trattamento - con conseguente violazione del principio di uguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione - tra l'imputato assoggettato all'azione risarcitoria nel processo penale (a cui e' precluso, in forza dell'attuale previsione dell'art. 83 del codice di procedura penale, di ottenere la citazione dell'assicuratore della struttura quale responsabile civile) ed il convenuto con la stessa azione in sede civile (che invece puo' chiamare in garanzia, ai sensi degli articoli 1917, 4º comma, c.c. e 106 c.p.c., il medesimo assicuratore), gia' riscontrata nelle sentenze n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022 della Corte costituzionale, a fronte della quale «l'effettivita' della duplice funzione di garanzia del rapporto assicurativo [...] rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far valere le proprie pretese» (cosi' sent. n. 159 del 2022, punto 3.6 del Considerato in diritto). Non puo' ritenersi un ostacolo alla sussistenza della cennata disparita' di trattamento il fatto che, nel caso di specie, sia stata chiesta la citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore della struttura, ossia di un soggetto che e' parte di un contratto stipulato con una persona (giuridica) diversa dall'imputato (ossia con la struttura sanitaria). Si e' infatti in presenza, come gia' rilevato, di un'assicurazione per conto altrui, secondo lo schema di cui all'art. 1891 del codice civile, in forza del quale la struttura sanitaria assume la veste di contraente e il professionista sanitario quella di assicurato. Cio' che rileva, ai fini della riconducibilita' della fattispecie al paradigma di cui all'art. 185, 2º comma, c.p., e' che ricorra il caso di persone (in questa ipotesi, giuridiche) «che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere» per il fatto dell'imputato. Tale situazione sicuramente si ravvisa nel caso di specie, in cui l'assicuratore, pur avendo stipulato il contratto di assicurazione con la struttura sanitaria (contraente), deve rispondere - anche direttamente nei confronti del danneggiato - per il fatto dell'imputato-danneggiante (assicurato). Ricorre quindi senza dubbio un'ipotesi di responsabilita' civile ex lege, a nulla rilevando che l'imputato non sia parte del rapporto contrattuale tra l'assicuratore e la struttura sanitaria. Per le ragioni esposte, non puo' ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017, l'assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato esercente la professione sanitaria. Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte con riferimento alla richiesta, da parte dell'imputato esercente la professione sanitaria in regime libero-professionale, di citare quale responsabile civile il proprio assicuratore ai sensi dell'art. 10, comma 2, legge n. 24/2017 (per cui sono ugualmente previste l'obbligatorieta' della copertura assicurativa e l'azione diretta del danneggiato; anche in tal caso, inoltre, l'assicurazione svolge una «funzione plurima» di garanzia, a tutela tanto del paziente-danneggiato quanto dell'esercente la professione sanitaria-danneggiante). Tale questione, tuttavia, non e' rilevante nel caso di specie, il quale si riferisce ad un medico c.d. «strutturato», e al piu' potra' essere valutata dalla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 27, legge n. 87/1953. Non si ignora che analoghe questioni, sollevate dal Tribunale di Avellino e dal Tribunale di Palermo, sono state dichiarate dalla Corte costituzionale l'una inammissibile e l'altra manifestamente inammissibile, rispettivamente con sentenza n. 182 del 2023 e con ordinanza n. 177 del 2024. In entrambi i casi, tuttavia, i giudici rimettenti avevano rappresentato la richiesta dei rispettivi imputati di citare, quali responsabili civili, i propri assicuratori, senza tuttavia precisare se le polizze relative ai professionisti sanitari fossero riconducibili all'art. 10, comma 3, legge n. 24/2017 (forma di assicurazione certamente obbligatoria, ma relativa alla copertura con riferimento alle azioni di rivalsa e di responsabilita' amministrativa, come tale senza possibilita' di azione diretta da parte del danneggiato-paziente), all'art. 10, comma 2, legge n. 24/2017 (assicurazione dei professionisti sanitari operanti in regime libero-professionale, con conseguente difetto di rilevanza delle questioni, posto che nei giudizi a quibus si verteva in casi di medici c.d. «strutturati») o, ancora, a polizze liberamente stipulate dai professionisti sanitari in assenza di un obbligo di legge (con conseguente impossibilita' di ravvisare l'ipotesi di cui all'art. 185, 2º comma, c.p.). A fronte dell'«inadeguata ricostruzione del quadro normativo di riferimento», pertanto, il Giudice delle leggi aveva dichiarato inammissibili tali questioni. Nel caso di specie, tuttavia, si e' precisato che l'assicuratore di cui l'imputato ha chiesto la citazione quale responsabile civile e' quello della struttura sanitaria, con il quale quest'ultima ha stipulato una polizza ai sensi dell'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017. In ragione di quanto illustrato in precedenza, si ritiene adeguatamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, nonche' indicate le caratteristiche del rapporto che lega assicuratore, struttura sanitaria (contraente) e imputato (assicurato). 4. Impossibilita' di operare un'interpretazione costituzionalmente orientata La previsione legislativa censurata, di cui all'art. 83 del codice di procedura penale, non consente di operare interpretazioni costituzionalmente orientate che, a partire dal medesimo testo della disposizione, superino il contrasto con la Costituzione sopra evidenziato. D'altronde, in precedenza si e' sempre reso necessario un intervento della Corte costituzionale al fine di consentire all'imputato di richiedere, in particolari ipotesi (che si ritengono sovrapponibili a quella oggi in esame), la citazione del responsabile civile. E' quindi inevitabile la rimessione della questione alla Corte costituzionale, con sospensione del giudizio in corso. P.Q.M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale n. 1/1948 e 23 legge n. 87/1953, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, nel caso di responsabilita' civile derivante dall'assicurazione obbligatoria prevista dall'art. 10, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di responsabilita' professionale degli esercenti le professioni sanitarie), l'assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato; Dispone l'immediata trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Ordinanza letta in udienza. Verona, 28 marzo 2025 Il giudice: Zuccon