Reg. ord. n. 82 del 2025 pubbl. su G.U. del 14/05/2025 n. 20

Ordinanza del Tribunale di Verona  del 28/03/2025

Tra: F. Z.

Oggetto:

Processo penale – Citazione del responsabile civile – Mancata previsione, nel caso di responsabilità civile derivante dall’assicurazione obbligatoria prevista a carico degli esercenti la professione sanitaria, che l’assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria, con il quale quest’ultima ha stipulato una polizza ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge n. 24 del 2017, possa essere citato nel processo penale a richiesta dell’imputato – Violazione del principio di eguaglianza per ingiustificata disparità di trattamento tra imputato assoggettato ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile – Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022.

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 83



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025 rel. MARINI F. S.


Testo dell'ordinanza

                        N. 82 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 2025

Ordinanza del 28 marzo 2025 del Tribunale di Verona nel  procedimento
penale a carico di F. Z.. 
 
Processo  penale  -  Citazione  del  responsabile  civile  -  Mancata
  previsione,  nel   caso   di   responsabilita'   civile   derivante
  dall'assicurazione obbligatoria prevista a carico  degli  esercenti
  la  professione  sanitaria,  che  l'assicuratore  della   struttura
  sanitaria o sociosanitaria, con il quale quest'ultima ha  stipulato
  una polizza ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge n.  24  del
  2017,  possa  essere  citato  nel  processo  penale   a   richiesta
  dell'imputato. 
- Codice di procedura penale, art. 83. 


(GU n. 20 del 14-05-2025)

 
                         TRIBUNALE DI VERONA 
                           Sezione penale 
 
    Il Tribunale di Verona in composizione  monocratica,  in  persona
del giudice Enrico Zuccon, letti gli  atti  del  procedimento  penale
indicato in epigrafe, nei confronti di: 
        F. Z., nato a ... il ..., domicilio  dichiarato  a  ...,  via
..., difeso di fiducia dall'avv. Claudio Fiorini del Foro di Verona; 
    Imputato del delitto di cui agli articoli 589 e 590-sexies  c.p.,
perche', quale medico di reparto in servizio presso  l'Ospedale  ...,
cagionava la morte di N. F. nato a  ...  il  ...  ricoverato  il  ...
presso l'U.O. di Chirurgia della stessa  struttura  con  diagnosi  di
«Subbocclusione  intestinale  da  verosimile  eteroplasia  del  colon
discendente» e sottoposto lo stesso  giorno  del  ...  ad  intervento
chirurgico di colostomia del colon traverso con accesso  laparotomico
trasversale (intervento iniziato alle ore ... e  terminato  alle  ore
... eseguito dal dott. M. C. con l'ausilio del dott. R. P.) per colpa
consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, nonche'  per  colpa
specifica non avendo osservato le linee guida che indicano le  azioni
da eseguire nel piu' breve tempo possibile dopo una diagnosi di shock
settico, nello specifico: 
        1. ponendo diagnosi di shock settico solo alle  ore  ...  del
... laddove la angio TAC effettuata  alle  ore  ...  del  ...  -  che
peraltro  avrebbe  dovuto  estendere  all'addome,  cio'  che  avrebbe
permesso di rilevare la  sofferenza  ischemica  del  colon  destro  -
escludendo l'embolia polmonare, gia' poneva il quadro  di  uno  shock
settico; 
        2. attivando il dott. P. P. medico anestesista solo alle  ore
... del ... per una consulenza anestesiologica; 
        3. omettendo di applicare le c.d. «bundles»  come  prescritto
dalle linee guida in  caso  di  shock  settico  ed  il  c.d.  «source
control»: 
          dosaggio e monitoraggio dei lattati; 
          esecuzione di emocolture; 
          inizio di una terapia antibiotica ad ampio spettro; 
          inizio di un reintegro volemico con cristalloidi fino a  30
ml/kg; 
          inizio di farmaci vaso  pressori  se  dopo  il  riempimento
volemico il paziente rimane ipoteso; 
        non rispettando pienamente nessuno di tali punti: 
          una sola EGA (emogasanalisi) e' stata effettuata  alle  ...
del ... che documentava una acidosi lattica importante e non e' stata
ripetuta; 
          le emoculture non sono state eseguite; 
          una terapia antibiotica ad ampio spettro e' stata  eseguita
solo la mattina del ... quando gia' la sera  precedente  l'angio  TAC
aveva escluso un'embolia polmonare; 
          non e' stato prescritto un adeguato reintegro volemico; 
          i farmaci vaso pressori (noradrenalina) vennero  prescritti
solamente il ... alle ore ... cioe' trenta minuti prima del decesso; 
        sicche' N. F. decedeva il ... alle ore ...  a  causa  di  uno
shock settico con ischemia del colon destro e  fascite  necrotizzante
in  soggetto  affetto  da   adenocarcinoma   stenosante   del   colon
discendente. 
    In ... il ... (data del decesso); 
    in cui sono parti civili (costituite all'udienza preliminare  del
10 ottobre 2024): 
        T. N., nato a ... il ..., 
        M. N., nato a ... il ..., 
        C. F., nata a ... il ..., 
        tutti  difesi  dall'avv.  Eleonora  Danieletto  del  Foro  di
Padova; 
    all'udienza  del  28  marzo  2025  ha  pronunciato  la   seguente
ordinanza. 
1. Sintetica esposizione dei fatti 
    A seguito di decreto che  dispone  il  giudizio  pronunciato  dal
giudice dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Verona  il  10
ottobre 2024, l'imputato F. Z. e' chiamato a rispondere  del  delitto
di cui agli articoli 589 e 590-sexies c.p., commesso a  ...  il  ...,
per avere, in qualita'  di  medico  di  reparto  in  servizio  presso
l'ospedale «...» di ... di ..., provocato  per  colpa  la  morte  del
paziente  F.  N.,  ivi  ricoverato  con  diagnosi  di  «subocclusione
intestinale da verosimile eteroplasia del colon discendente». 
    Nello  specifico,  i  profili  di  colpa  ipotizzati   a   carico
dell'imputato  concernono  il  non  aver  operato  correttamente  nel
diagnosticare (in particolare,  ritardando  la  diagnosi)  uno  shock
settico di cui il paziente sarebbe stato affetto e nel non aver posto
in essere le azioni indicate dalle  pertinenti  linee  guida  per  le
ipotesi di shock settico.  Tali  condotte,  principalmente  omissive,
avrebbero determinato il decesso del paziente F. N.,  intervenuto  il
..., alle ore ..., a causa di «shock settico con ischemia  del  colon
destro e fascite necrotizzante in soggetto affetto da  adenocarcinoma
stenosante del colon discendente». 
    Nel corso  dell'udienza  preliminare  si  sono  costituiti  parti
civili nel processo T. N., M. N. e  C.  F.,  prossimi  congiunti  del
paziente deceduto F. N. . 
    Alla prima udienza  dibattimentale,  del  19  novembre  2024,  il
processo  e'  stato  rinviato  sul  ruolo  dell'odierno  giudice,  in
attuazione di provvedimento tabellare di riassegnazione. 
    All'udienza del 29 gennaio 2025  il  difensore  dell'imputato  ha
chiesto la citazione, quale responsabile  civile,  dell'assicurazione
della struttura sanitaria (pubblica) di cui  l'imputato  e'  (ed  era
anche all'epoca  dei  fatti)  dipendente,  chiedendo  al  giudice  di
sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art.  83  del
codice di procedura penale,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che
l'imputato, nella sua qualita' di medico c.d. «strutturato», nel caso
di responsabilita' civile derivante  dall'assicurazione  obbligatoria
prevista dall'art. 10, comma 1, legge n. 24/2017, possa  chiedere  la
citazione,  quale  responsabile   civile,   dell'assicuratore   della
struttura, affinche' lo tenga indenne  dalle  richieste  risarcitorie
avanzate dalle parti civili nei suoi confronti. 
    A  tal  fine,  il  difensore  dell'imputato   ha   precisato   (e
documentato) che l'imputato e' (ed era  anche  all'epoca  dei  fatti)
dipendente  a  tempo   indeterminato   dell'Azienda   unita'   locale
socio-sanitaria (ULSS) n. ... «...», in qualita' di dirigente  medico
assegnato all'unita' operativa di Chirurgia  dell'ospedale  «...»  di
... . Ha altresi' documentato la stipulazione, ai sensi  della  legge
n. 24/2017, di polizze assicurative  da  parte  dall'Azienda  per  il
governo della  sanita'  della  Regione  del  Veneto  -  Azienda  Zero
(istituita con legge regionale n. 19/2016)  per  conto  di  tutte  le
aziende sanitarie della Regione del Veneto. 
    Il giudice  ha  rinviato  il  processo  per  la  decisione  sulla
questione. 
2. Rilevanza 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale   e'   certamente
rilevante,  in  quanto  il  giudizio   non   puo'   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione della medesima. 
    L'imputato, infatti, ha chiesto la citazione, quale  responsabile
civile,  dell'assicuratore   dell'azienda   sanitaria, S.   ...   (la
stipulazione della polizza - da parte di Azienda Zero, per  conto  di
tutte le aziende sanitarie  della  Regione  del  Veneto  -  e'  stata
comprovata dalla difesa dell'imputato mediante i  documenti  prodotti
all'udienza del 29 gennaio 2025). 
    L'art. 83 del codice di procedura penale, tuttavia, non  consente
all'imputato di chiedere ed ottenere la citazione di  soggetti  quali
responsabili civili, ad eccezione che nelle ipotesi introdotte  dalle
sentenze della Corte costituzionale n. 112 del  1998  e  n.  159  del
2022, relative rispettivamente al caso della  responsabilita'  civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti,  per
cui la legge n. 990/1969 prevede l'assicurazione obbligatoria,  e  al
caso   della   responsabilita'   civile   derivante    dall'esercizio
dell'attivita' venatoria, per cui  la  legge  n.  157/1992  parimenti
prevede l'assicurazione obbligatoria. In tali ipotesi, a seguito  dei
citati interventi del Giudice  delle  leggi,  anche  l'imputato  puo'
chiedere  ed  ottenere  la  citazione,  quale  responsabile   civile,
dell'assicuratore. 
    L'attuale formulazione  dell'art.  83  del  codice  di  procedura
penale, pertanto, impedisce di  accogliere  l'istanza  dell'imputato,
non  ricorrendo  i  casi  gia'  oggetto  delle  citate  pronunce   di
incostituzionalita'. Ove fosse invece ritenuta fondata  la  questione
di legittimita' costituzionale eccepita dal difensore e sollevata con
la presente ordinanza, l'imputato sarebbe legittimato a  chiedere  ed
ottenere la citazione, quale responsabile  civile,  dell'assicuratore
della struttura sanitaria. 
    Ne consegue la rilevanza della questione. 
3. Non manifesta infondatezza 
  3.1. Principi  affermati  dalla  giurisprudenza  costituzionale  in
materia di (il)legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di
procedura penale. 
    In  punto  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale, si deve anzitutto rilevare che, in forza
dell'art. 185, 2º comma, c.p., «[o]gni reato, che abbia cagionato  un
danno patrimoniale o non patrimoniale,  obbliga  al  risarcimento  il
colpevole e le persone che,  a  norma  delle  leggi  civili,  debbono
rispondere per il fatto di lui». E' su tale previsione che  si  fonda
la figura del responsabile  civile  nel  processo  penale,  ossia  il
soggetto che, pur non avendo commesso il fatto, e' tenuto a risarcire
il danno in solido con l'imputato. 
    L'art. 83 del codice di  procedura  penale  consente  alla  parte
civile (ed, eccezionalmente, al pubblico ministero nel  caso  di  cui
all'art.  77,  comma  4,  c.p.p.)  di  richiedere  la  citazione  del
responsabile civile nel processo penale, onde ottenerne  la  condanna
al risarcimento del danno in solido con l'imputato, nel caso  in  cui
quest'ultimo sia ritenuto responsabile del reato ascrittogli. 
    La facolta' di richiedere la citazione del responsabile civile e'
stata da sempre negata all'imputato  (sin  dal  codice  di  procedura
penale del 1865, con opzione  confermata  nei  successivi  codici  di
procedura penale del 1913 e del  1930,  fino  a  giungere  al  codice
attualmente  vigente),  in   ragione   del   carattere   strettamente
civilistico del rapporto sottostante e della  considerazione  che  la
presenza nel processo penale  del  responsabile  civile  sarebbe  uno
strumento  posto  a  tutela  della   parte   civile   e   non   tanto
dell'imputato. 
    La Corte costituzionale, con sentenza n. 38  del  1982,  infatti,
con riferimento alle disposizioni del codice di procedura penale  del
1930 che non consentivano all'imputato di chiedere la  citazione  del
responsabile civile, sostenne che la  parte  civile  si  colloca  nel
processo penale  «in  posizione  accessoria  rispetto  alla  esigenza
dell'accertamento  dei  reati,  cui   corrisponde   l'esercizio   del
magistero  penale»;  a  sua  volta,  il  responsabile  civile  e'  un
«soggetto secondario del rapporto processuale», la cui  presenza  «e'
cosi' collegata ad un oggetto del tutto  diverso  da  quello  cui  e'
preordinato  il  processo  penale,  di  talche'  la  regolamentazione
relativa,  per  quanto  attiene  alla  sua  citazione   razionalmente
riflette  la  diversita'  delle  situazioni,  aderendo  al  carattere
dell'azione civile, subordinata alle scelte della parte lesa che puo'
liberamente rivolgere la propria domanda o verso il solo  imputato  o
anche nei confronti del responsabile civile». L'imputato, invece, nel
processo penale non ha «richieste di natura civilistica da avanzare»,
ne' «pretese da far  valere  [...]  nei  confronti  del  responsabile
civile» e, se  mai,  potra'  rivalersi  su  quest'ultimo  in  via  di
regresso. Il Giudice delle leggi escluse, quindi, una violazione  del
principio di uguaglianza, il quale «esige che a situazioni eguali  si
applichi  una   eguale   regolamentazione,   salvo   differenziazioni
razionalmente stabilite», poiche' nel caso in esame la «diversita' di
disciplina» doveva ritenersi  «giustificata  dalla  diversita'  delle
situazioni» (punto 2 del Considerato in diritto). 
    Dopo l'entrata in vigore dell'attuale codice di procedura penale,
tuttavia,  la  Corte  costituzionale,  in  una   specifica   ipotesi,
riconobbe la possibilita' per l'imputato di chiedere la citazione del
responsabile civile:  si  trattava  del  caso  della  responsabilita'
civile derivante dalla  circolazione  dei  veicoli  a  motore  e  dei
natanti (c.d. «responsabilita' civile automobilistica»), rispetto  al
quale il Giudice delle leggi, con sentenza n. 112 del 1998, dichiaro'
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice di  procedura
penale nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiedere  la
citazione, quale responsabile civile, dell'assicuratore.  Cio'  sulla
base dell'ingiustificata disparita' di trattamento - con  conseguente
violazione del principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione  -  che  venne  ravvisata  tra  l'imputato  assoggettato
all'azione civile nel processo penale  e  il  convenuto  assoggettato
alla medesima azione in sede civile, il quale ben avrebbe potuto,  ai
sensi dagli articoli 1917, 4º comma, del codice civile e 106  c.p.c.,
chiamare in garanzia il proprio assicuratore. 
    La Corte costituzionale, in quell'occasione, rilevo' infatti  che
«[l]a posizione del convenuto chiamato a rispondere del proprio fatto
illecito in autonomo giudizio civile e quella  dell'imputato  per  il
quale, in relazione allo  stesso  tipo  di  illecito,  vi  sia  stata
costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale sono
assolutamente identiche»; di conseguenza, ravviso' una violazione del
principio di uguaglianza ad opera di un «sistema  come  quello  degli
articoli 83 e seguenti del codice di procedura  penale,  per  effetto
del quale l'assicuratore, quando sia responsabile civile ai sensi  di
legge puo' entrare nel processo solo  in  forza  di  citazione  della
parte civile (o del pubblico ministero nel  caso  previsto  dall'art.
77, [comma]  4)  o  in  forza  del  proprio  intervento  volontario»,
privando  l'imputato  «di  ogni  possibilita'  di  coinvolgere  nella
pretesa  di  danno  avanzata  dalla  parte   civile   il   civilmente
responsabile» e cosi' irragionevolmente deviando  «dallo  schema  del
rapporto processuale civile» (punto 4 del Considerato in diritto). 
    Con successive pronunce, la Corte costituzionale chiari' l'esatta
portata dei principi  enunciati  nella  sentenza  n.  112  del  1998,
evidenziando anzitutto come  la  tendenza  del  codice  di  procedura
penale del 1988 fosse  quella  di  «circoscrivere  nei  limiti  della
essenzialita'  tutte  le  forme  di  cumulo  processuale,  stante  la
maturata consapevolezza che l'incremento delle regiudicande -  specie
se, come quelle civili, estranee alle finalita' tipiche del  processo
penale - non possa che aggravarne l'iter; con conseguente perdita  di
snellezza e celerita' nelle  cadenze  e  nei  tempi  di  definizione»
(sent. n. 75 del 2001, punto 2 del Considerato in diritto),  anche  a
salvaguardia  del  valore  della  ragionevole  durata  del  processo,
«oggetto di espressa garanzia costituzionale ad opera dell'art.  111,
secondo comma, Cost.» (ord. n. 300 del 2004). 
    Si evidenzio', quindi, che la sentenza  n.  112  del  1998  aveva
posto  in  rilievo  alcuni   peculiari   aspetti   della   disciplina
dell'assicurazione della  «responsabilita'  civile  automobilistica»,
tali per cui doveva ravvisarsi «una  correlazione  tra  le  posizioni
coinvolte di spessore tale da rendere necessariamente omologabile  il
corrispondente regime ad esse riservato, tanto  in  sede  civile  che
nella ipotesi di esercizio della domanda risarcitoria in sede penale»
(sent. n. 75 del 2001, punto 3 del Considerato in diritto). 
    Detti aspetti erano costituiti: 
        dalle circostanze che «il danneggiato  per  sinistro  causato
dalla circolazione di un veicolo o di un natante  ha  azione  diretta
per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore» e  che
«nel giudizio promosso contro l'assicuratore debba  "essere  chiamato
nel processo anche il responsabile del danno": cosi'  configurandosi,
in tale ipotesi, un litisconsorzio necessario»; cio'  che  consentiva
di ricondurre la «responsabilita' civile automobilistica» ai casi «ai
quali si riferisce il secondo comma dell'art. 185 del codice  penale»
(ibidem); 
        dalla possibilita', riconosciuta al danneggiante convenuto in
sede civile, di chiamare in garanzia l'impresa assicuratrice ai sensi
dell'art. 106 del codice  di  procedura  civile;  tale  possibilita',
infatti, evidenziava il «diritto dell'assicurato di vedersi manlevato
dalle pretese risarcitorie, con correlativo potere  di  regresso,  al
contrario escluso per l'assicuratore», con il conseguente  necessario
«allineamento - anche in sede penale  -  dei  poteri  processuali  di
"chiamata"   assicurati   in   sede   civile;   restando   altrimenti
irragionevolmente sterilizzata  la  "effettivita'"  del  rapporto  di
garanzia (nella specie a funzione "plurima", in  quanto  destinato  a
salvaguardare direttamente tanto la vittima che il danneggiante),  in
virtu' delle scelte a tal proposito operate dall'attore-parte civile»
(ibidem). 
    Sostanzialmente, quindi,  la  Corte  costituzionale  ravviso'  la
necessita' di riconoscere all'imputato la  facolta'  di  chiedere  la
citazione  del  responsabile  civile  nei   casi   di   assicurazione
obbligatoria per cui fosse prevista l'azione diretta del  danneggiato
contro l'assicuratore (solo in  tali  ipotesi,  infatti,  si  sarebbe
rientrati nel paradigma di cui all'art.  185,  2º  comma,  c.p.,  con
riferimento  ai  soggetti  che  secondo  la  legge  civile   «debbono
rispondere» per il fatto dell'imputato) e soltanto ove sussistesse un
rapporto   interno   di   garanzia   tra   danneggiante-imputato    e
assicuratore-terzo,  che  consentisse  di  ravvisare  una   «funzione
"plurima"»  della   garanzia,   a   salvaguardia   quindi   sia   del
danneggiato-parte civile sia del danneggiante-imputato. 
    In tali ipotesi - e solo in tali  ipotesi  -  si  sarebbe  dovuta
ritenere irragionevole la mancata previsione della  possibilita'  per
l'imputato di  chiedere  la  citazione,  quale  responsabile  civile,
dell'assicuratore, posto che  l'assicurazione  della  responsabilita'
civile, in tali casi, era prevista dalla legge  anche  a  tutela  del
danneggiante, ossia dell'imputato stesso. 
    Sulla base di tali argomenti, vennero quindi ritenute non fondate
le questioni di legittimita' costituzionale  volte  ad  estendere  la
possibilita'  per  l'imputato  di  chiedere   la   citazione,   quale
responsabile civile, dell'esercente l'aeromobile ai  sensi  dell'art.
878  cod.  nav.  per  i  danni  provocati  dal   sinistro   cagionato
dall'imputato (sent. n. 75 del 2001) o dell'ente  pubblico-datore  di
lavoro dell'imputato in caso di lesioni personali  colpose  aggravate
dalla violazione della normativa  in  materia  di  prevenzione  degli
infortuni sul lavoro (ord. n. 300 del 2004). 
    In entrambi  i  casi,  infatti,  pur  essendo  prevista  l'azione
diretta  del  danneggiato  nei   confronti   del   terzo   (esercente
l'aeromobile o ente pubblico-datore di lavoro), mancava  il  rapporto
interno «di garanzia» tra imputato-danneggiante e terzo responsabile,
nei termini di cui all'art. 1917 del codice civile: era  previsto  il
diritto di regresso del terzo nei confronti del danneggiante e non il
contrario; di conseguenza, la responsabilita' del terzo svolgeva  una
funzione di tutela solo nei confronti  del  danneggiato-parte  civile
(al quale era assicurata una maggiore  probabilita'  di  ottenere  il
risarcimento, stante la pluralita' dei responsabili) e non anche  del
danneggiante-imputato, che non era in alcun modo «garantito». 
    Venne altresi' ritenuta manifestamente infondata la questione  di
legittimita'  costituzionale  volta  a  consentire  all'imputato   di
citare, quale responsabile civile,  il  «proprio  assicuratore  della
responsabilita' civile facoltativa» (sempre sent. n. 75 del 2001). In
tale ipotesi, infatti,  sebbene  fosse  ravvisabile  il  rapporto  di
«garanzia» a vantaggio dell'imputato-danneggiante, non ricorreva  ne'
l'obbligatorieta'   ex   lege    del    risarcimento    («presupposto
oggettivo-sostanziale») ne' l'azione  diretta  del  danneggiato-parte
civile     nei     confronti     dell'assicuratore      («presupposto
soggettivo-processuale»). Si trattava quindi di  una  situazione  non
riconducibile al disposto dell'art. 185, 2º comma, c.p., il quale  si
riferisce esclusivamente alle persone  (fisiche  o  giuridiche)  che,
secondo la legge  civile,  «debbono  rispondere»  nei  confronti  del
danneggiato per il fatto dell'imputato. 
    Per la stessa ragione, piu' di recente,  e'  stata  ritenuta  non
fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83  del
codice di  procedura  penale  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
citazione, a richiesta dell'imputato, dell'assicuratore nei  casi  di
assicurazione obbligatoria  della  responsabilita'  civile  derivante
dall'esercizio dell'attivita' professionale dei notai, prevista dagli
articoli 19 e 20, legge n. 89/1913. 
    Con la sentenza n. 34 del 2018, infatti, la Corte costituzionale,
pur riconoscendo la sussistenza  di  quella  «funzione  plurima»  del
rapporto di garanzia, «destinato a salvaguardare direttamente sia  la
vittima,  sia  il  danneggiante»,   ha   rilevato   che,   nel   caso
dell'assicurazione    della    responsabilita'    civile    derivante
dall'esercizio dell'attivita' professionale notarile, «il legislatore
non si e' spinto  sino  a  prevedere  la  possibilita'  di  un'azione
diretta del danneggiato nei confronti  dell'assicuratore,  analoga  a
quella    che    contraddistingue    la    responsabilita'     civile
automobilistica».  Cio'  impedisce  di  ricondurre  tale  ipotesi  di
assicurazione al «paradigma del responsabile civile  ex  lege,  quale
delineato dall'art. 185, secondo comma,  cod.  pen.»;  una  pronuncia
additiva nel senso richiesto dal giudice  rimettente  avrebbe  quindi
«la valenza di innovazione sistematica»,  che  invece  e'  «riservata
alla discrezionalita' del legislatore» (punti 4 e 5  del  Considerato
in diritto). 
    Ancor piu' recentemente, invece, e'  stata  ritenuta  fondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del  codice  di
procedura penale nella parte in  cui  non  consente  all'imputato  di
chiedere la citazione, quale responsabile  civile,  dell'assicuratore
nei  casi  di  responsabilita'  civile  derivante  dall'assicurazione
obbligatoria prevista per l'attivita' venatoria dall'art.  12,  comma
8, legge n. 157/1992. 
    Nella sentenza n. 159 del 2022, infatti, il Giudice  delle  leggi
ha rilevato che in tale ipotesi ricorrono tutti i requisiti enucleati
dalla giurisprudenza costituzionale appena  richiamata  per  ritenere
sussistente quell'irragionevole disparita' di trattamento  tra  «[l]a
posizione del convenuto  chiamato  a  rispondere  del  proprio  fatto
illecito in autonomo giudizio civile e quella  dell'imputato  per  il
quale, in relazione allo  stesso  tipo  di  illecito,  vi  sia  stata
costituzione di parte civile del danneggiato  nel  processo  penale»,
gia' posta a fondamento della sentenza n. 112  del  1998  (a  cui  la
citazione si riferisce). 
    In particolare, si  e'  anzitutto  rilevato  che  l'assicurazione
della responsabilita' civile derivante  dall'attivita'  venatoria  e'
obbligatoria (art. 12,  comma  8,  legge  n.  157/1992);  e'  inoltre
prevista   l'azione   diretta   del   danneggiato    nei    confronti
dell'assicuratore (art. 12, comma 10, legge n. 157/1992). 
    Si rientra, pertanto, nell'ipotesi di responsabilita'  civile  ex
lege di cui all'art. 185, 2º comma, c.p. 
    Accertata la riconducibilita' della fattispecie all'art. 185,  2º
comma, c.p., la Corte costituzionale ha  ritenuto  «indubitabile  che
l'assicurazione  obbligatoria   della   responsabilita'   civile   da
attivita' venatoria assolva a quella "funzione plurima"  di  garanzia
cui ha fatto riferimento la sentenza n.  112  del  1998»,  in  quanto
«essa tutela l'assicurato, che ha diritto di vedersi manlevato  dalle
pretese  risarcitorie  del  danneggiato,  con  correlato  diritto  di
regresso verso l'assicuratore qualora le abbia soddisfatte; ma tutela
pure le vittime degli incidenti di caccia, garantendo loro,  entro  i
limiti del massimale assicurativo, il ristoro dei danni  subiti».  La
ratio  del  regime  di  assicurazione  della  responsabilita'  civile
derivante dall'attivita' venatoria - ha  continuato  la  Corte  -  e'
infatti «proprio quella  di  proteggere  in  maniera  effettiva,  per
ragioni di sicurezza sociale, i terzi danneggiati,  stante  l'elevata
pericolosita' dell'attivita' venatoria, esercitata mediante  armi  da
fuoco» (sent. n. 159 del 2022, punto 3.1 del Considerato in diritto). 
    Quanto all'ulteriore requisito che appariva essere stato espresso
dalla precedente giurisprudenza costituzionale, ossia  la  previsione
di un litisconsorzio necessario di assicuratore  e  danneggiante  nel
giudizio promosso contro il primo,  la  Corte  ha  rilevato  che,  in
realta', al  fine  di  ricondurre  la  fattispecie  alle  ipotesi  di
responsabilita' civile ex lege di cui all'art. 185, 2º  comma,  c.p.,
«il solo elemento realmente indispensabile  affinche'  l'assicuratore
del danneggiante possa essere qualificato come responsabile civile e'
la previsione normativa [...] dell'azione  diretta  del  danneggiato:
previsione a fronte della quale, nel caso in cui  il  fatto  illecito
dell'assicurato integri  un'ipotesi  di  reato,  l'assicuratore  deve
considerarsi  obbligato  verso  la  vittima,   in   virtu'   di   una
disposizione della legge civile, a  risarcire  i  danni  causati  dal
reato in solido con l'imputato, conformemente allo  schema  delineato
dal codice penale» (sent. n. 159 del 2022, punto 3.3 del  Considerato
in diritto). 
    Ravvisando, quindi, «la  medesima  ingiustificata  disparita'  di
trattamento, tra imputato assoggettato  ad  azione  risarcitoria  nel
processo penale e convenuto con la stessa azione in sede civile, gia'
riscontrata dalla sentenza n. 112 del 1998» - a  fronte  della  quale
«l'effettivita' della  duplice  funzione  di  garanzia  del  rapporto
assicurativo [...] rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta
del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far  valere  le
proprie pretese» (ivi, punto 3.6 del Considerato  in  diritto)  -  la
Corte costituzionale ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 83 del codice di procedura penale nella parte  in  cui  non
prevede  che,  nel   caso   di   responsabilita'   civile   derivante
dall'assicurazione    obbligatoria    prevista    per     l'esercizio
dell'attivita' venatoria,  l'assicuratore  possa  essere  citato  nel
processo penale a richiesta dell'imputato. 
  3.2. Applicazione dei menzionati principi al caso di specie 
    Cosi'  riassunti  i  requisiti  espressi   dalla   giurisprudenza
costituzionale rispetto alle questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 83 del codice di  procedura  penale  con  riferimento  alla
mancata possibilita' per l'imputato  di  chiedere  la  citazione  del
responsabile civile, si  deve  rilevare  che,  nella  fattispecie  in
esame, tali requisiti appaiono tutti sussistenti. 
    Si  procede,  infatti,  nei   confronti   di   un   medico   c.d.
«strutturato», chiamato a rispondere del delitto di omicidio  colposo
in ambito sanitario (articoli 589 e 590-sexies  c.p.),  il  quale  ha
chiesto la citazione quale responsabile civile (essendosi  costituiti
parti civili nel processo i prossimi congiunti del paziente deceduto)
dell'assicuratore  della  struttura   sanitaria,   in   presenza   di
un'ipotesi di assicurazione obbligatoria, con previsione  dell'azione
diretta  del  danneggiato  nei  confronti  dell'assicuratore  e   con
evidente  funzione  di   garanzia   sia   a   favore   dell'operatore
sanitario-danneggiante sia a favore del paziente-danneggiato. 
    Onde esplicitare con maggiore chiarezza la sussistenza dei citati
requisiti, e' opportuno ricostruire, pur  in  sintesi,  la  normativa
vigente in materia di responsabilita' civile (e  assicurazione  della
stessa) derivante dall'esercizio delle professioni sanitarie, di  cui
alla legge 8 marzo 2017, n. 24, recante «Disposizioni in  materia  di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita'  professionale   degli   esercenti   le   professioni
sanitarie». 
    Orbene,  tale  legge  prevede  che  le  strutture   sanitarie   o
sociosanitarie (nel prosieguo anche «strutture sanitarie»), pubbliche
o private,  che,  nell'adempimento  delle  proprie  obbligazioni,  si
avvalgano dell'opera di esercenti la professione sanitaria (anche  se
scelti dal paziente e anche se non dipendenti delle strutture stesse)
rispondano delle condotte dolose o colpose di costoro «ai sensi degli
articoli  1218  e  1228  del  codice  civile»,  quindi  a  titolo  di
responsabilita' contrattuale (art. 7, comma 1, legge n. 24/2017).  Si
prevede poi che gli esercenti la professione sanitaria (nel prosieguo
anche «i professionisti sanitari») che  operino  all'interno  di  una
struttura e che non abbiano agito  nell'adempimento  di  obbligazioni
contrattuali assunte con il paziente rispondano  invece  del  proprio
operato «ai sensi dell'art. 2043 del codice civile», quindi a  titolo
di responsabilita' extracontrattuale  (art.  7,  comma  3,  legge  n.
24/2017). 
    La finalita' della  previsione,  come  riconosciuto  anche  dalla
Corte costituzionale, e' stata quella di  «alleggerire  la  posizione
del medico cosiddetto «strutturato», sottraendolo alle conseguenze  -
considerate  eccessivamente  gravose  -  della   responsabilita'   da
inadempimento  contrattuale,  precedentemente  ipotizzata  nei   suoi
confronti dall'orientamento giurisprudenziale favorevole alla  teoria
del cosiddetto "contatto sociale"» (sent. n. 182 del 2023). 
    E' inoltre prevista la possibilita'  delle  strutture  sanitarie,
che abbiano risarcito il danno provocato da  professionisti  sanitari
c.d. «strutturati», di rivalersi sui medesimi, ma solo  nei  casi  di
dolo o di colpa grave e per un importo non superiore -  nei  casi  di
colpa  grave  -  al  triplo   del   valore   maggiore   del   reddito
professionale,  ivi  compresa  la  retribuzione   lorda,   conseguito
nell'anno di inizio della  condotta  causa  dell'evento  o  nell'anno
immediatamente precedente o successivo (art. 9, commi 1 e 6, legge n.
24/2017). Analoghi limiti sono previsti con riferimento all'azione di
responsabilita'  amministrativa  esercitata  dal  pubblico  ministero
presso la Corte dei conti nei confronti dei  professionisti  sanitari
che operino in  strutture  pubbliche  (art.  9,  comma  5,  legge  n.
24/2017). 
    Rispetto a tali differenti responsabilita', la legge n.  24/2017,
all'art. 10, prevede diversi  obblighi  assicurativi,  a  carico  dei
diversi soggetti coinvolti. 
    In primo luogo, le strutture sanitarie «devono  essere  provviste
di  copertura  assicurativa  o  di  altre  analoghe  misure  per   la
responsabilita' civile verso terzi e per la  responsabilita'  civile»
anche per  i  danni  cagionati  dal  personale  «a  qualunque  titolo
operante presso le strutture», sia in qualita'  di  dipendente  (c.d.
"strutturato") sia in regime di libera professione intramuraria o  in
regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale  (art.  10,
comma 1, 1º e 2º periodo, legge n. 24/2017).  Le  strutture,  quindi,
oltre che per la responsabilita' civile derivante da  fatto  proprio,
devono essere necessariamente assicurate anche per la responsabilita'
civile derivante da fatto altrui, ossia  dall'attivita'  di  tutti  i
professionisti sanitari che  operino  al  loro  interno.  Si  tratta,
quindi, in quest'ultimo caso, di un'assicurazione per  conto  altrui,
ai sensi dell'art. 1891 del codice civile. 
    Le  strutture  sanitarie,  inoltre,  devono   stipulare   polizze
assicurative o adottare altre analoghe misure «per la copertura della
responsabilita' civile verso terzi  degli  esercenti  le  professioni
sanitarie anche ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di  cui
al comma 3 dell'art. 7» (art. 10,  comma  1,  3º  periodo,  legge  n.
24/2017).  Le  strutture,  pertanto,  devono   assicurare   anche   i
professionisti sanitari di cui si  avvalgono,  per  il  caso  in  cui
costoro siano chiamati  in  prima  persona  a  rispondere  dei  danni
arrecati ai pazienti, ai sensi dell'art. 2043 del codice civile. Tale
previsione, tuttavia, da un lato fa salva la possibilita' di  rivalsa
di cui all'art. 9, legge n. 24/2017  (con  i  limiti  ivi  previsti);
dall'altro lato, non si applica  con  riferimento  ai  professionisti
sanitari  che  operino  in  regime   di   libera   professione   («Le
disposizioni di  cui  al  periodo  precedente  non  si  applicano  in
relazione agli esercenti la professione sanitaria  di  cui  al  comma
2»). 
    In secondo luogo, la  legge  prevede  che  per  i  professionisti
sanitari che svolgano la propria attivita' al di fuori  delle  citate
strutture sanitarie o  che  comunque  operino  in  regime  di  libera
professione  (anche  intramuraria)   rimanga   fermo   l'obbligo   di
assicurazione   della   responsabilita'   civile   a    tutela    del
cliente-paziente, gia' previsto da altre disposizioni (art. 10, comma
2, legge n. 24/2017). 
    Infine, i professionisti sanitari operanti «a  qualunque  titolo»
nelle  strutture  sanitarie  pubbliche  o  private  sono   tenuti   a
stipulare, con  oneri  a  proprio  carico,  «un'adeguata  polizza  di
assicurazione per colpa grave» «[a]l fine di garantire efficacia alle
azioni di cui all'art. 9 e all'articolo 12, comma 3» (art. 10,  comma
3, legge n. 24/2017), ossia  al  fine  di  garantire  efficacia  alle
azioni di rivalsa della  struttura  sanitaria  o  di  responsabilita'
amministrativa promossa dal pubblico ministero presso  la  Corte  dei
conti (art. 9, legge n. 24/2017), nonche' all'azione  di  rivalsa  da
parte dell'assicuratore (art. 12, comma 3, legge n.  24/2017,  a  sua
volta soggetta ai limiti  di  cui  all'art.  9,  comma  6,  legge  n.
24/2017), nei loro confronti. 
    Oltre a tali diverse  forme  di  assicurazione  obbligatoria,  la
legge n. 24/2017 prevede sia la possibilita' per  il  danneggiato  di
agire direttamente nei confronti dell'impresa  di  assicurazione  che
presti la  copertura  assicurativa  alla  struttura  sanitaria  o  al
professionista sanitario che operi in regime  di  libera  professione
(art.  12,   comma   1),   sia   il   litisconsorzio   necessario   -
rispettivamente della struttura o del professionista sanitario -  nel
giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa  di  assicurazione
(art. 12, comma 4). 
    Non e' prevista un'azione diretta del danneggiato  nei  confronti
dell'assicuratore  nei  casi  di   assicurazione   obbligatoria   del
professionista sanitario ai sensi dell'art. 10,  comma  3,  legge  n.
24/2017, in quanto - come  gia'  rilevato  -  tale  assicurazione  e'
stipulata  non  a  copertura   della   responsabilita'   civile   del
professionista medesimo nei confronti dei pazienti,  ma  al  fine  di
garantire  efficacia  alle  azioni  di  rivalsa   o   all'azione   di
responsabilita' amministrativa promosse nei suoi confronti. 
    L'azione  diretta  del   danneggiato,   peraltro,   e'   divenuta
pienamente operativa, ai  sensi  dell'art.  12,  comma  6,  legge  n.
24/2017, solo dal 16 marzo 2024, con l'entrata in vigore del  decreto
interministeriale n. 232/2023 (Regolamento recante la  determinazione
dei requisiti minimi delle  polizze  assicurative  per  le  strutture
sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le
professioni sanitarie, i requisiti minimi di garanzia e le condizioni
generali di  operativita'  delle  altre  analoghe  misure,  anche  di
assunzione diretta del rischio e le regole per il  trasferimento  del
rischio  nel  caso  di  subentro  contrattuale   di   un'impresa   di
assicurazione, nonche' la previsione nel bilancio delle strutture  di
un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa  a  riserva  per
competenza dei risarcimenti  relativi  ai  sinistri  denunciati),  il
quale ha determinato - tra l'altro - i requisiti minimi delle polizze
assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie nonche'  per
gli esercenti le professioni sanitarie. 
    Cosi' illustrato il quadro normativo di riferimento, nel caso  in
esame - come anticipato  -  appaiono  sussistere  tutti  i  requisiti
espressi dalla giurisprudenza  costituzionale  per  ravvisare  quella
«ingiustificata disparita' di trattamento, tra imputato  assoggettato
ad azione risarcitoria nel processo penale e convenuto con la  stessa
azione  in  sede  civile»  che  ha  condotto  alle  dichiarazioni  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 83 del  codice  di  procedura
penale di cui alle sentenze della Corte  costituzionale  n.  112  del
1998 e 159 del 2022. 
    L'imputato - come ricordato  piu'  volte  -  e'  un  medico  c.d.
«strutturato», dipendente dell'azienda sanitaria  (pubblica)  ...  di
...,  e  ha  chiesto  la  citazione,   quale   responsabile   civile,
dell'assicuratore di tale azienda sanitaria, ossia S... . 
    L'assicurazione, come  risulta  dai  documenti  depositati  dalla
difesa dell'imputato all'udienza del 29  gennaio  2025,  e'  prestata
«per il rischio di responsabilita' civile derivante ai sensi di legge
all'azienda/assicurato in relazione allo svolgimento delle  attivita'
istituzionali e competenze previste e/o consentite  e/o  delegate  da
leggi, regolamenti o altri atti amministrativi - anche  interni  -  e
delle attivita'  accessorie,  complementari,  connesse  e  collegate,
preliminari  e  conseguenti  alle  principali,  nessuna  esclusa  ne'
eccettuata, comprese le attivita'  umanitarie  in  genere,  attivita'
comunque e ovunque svolte, anche avvalendosi di strutture  di  terzi,
comprese tutte le attivita' e i servizi che in futuro possano  essere
espletati, anche in forma di consorzi o societa' miste, anche  quelli
di  carattere   tecnico,   amministrativo,   sociale,   culturale   e
assistenziale.  A  titolo  esemplificativo  ma  non  esaustivo,  sono
compresi in  garanzia  l'esercizio  di  ospedali,  comprese  le  sedi
distaccate, ambulatori, di centri per  il  recupero  e  l'inserimento
lavorativo   di   soggetti   con   handicap,    anche    mentali    e
tossicodipendenti,  centri  di  educazione  psicomotoria,   distretti
socio-sanitari ecc.», con la precisazione che «[i]l soggetto  il  cui
interesse e' tutelato dall'assicurazione e' pertanto: - L'Azienda;  -
Il direttore generale, anche in  qualita'  di  legale  rappresentante
dell'Azienda, il direttore amministrativo, il direttore sanitario, il
direttore dei Servizi  sociali  e  della  funzione  territoriale,  il
direttore scientifico; - I componenti del Comitato etico di  ciascuna
Azienda; - Tutti i dirigenti,  i  funzionari  e  i  dipendenti  della
Azienda e tutti i soggetti dalla stessa incaricati che, anche se  non
dipendenti, partecipano  a  qualsiasi  titolo  alle  attivita'  della
Azienda». 
    Si e' quindi in  presenza,  in  primo  luogo,  di  un'ipotesi  di
assicurazione obbligatoria, prevista dall'art. 10, comma 1, legge  n.
24/2017, il quale impone alle strutture sanitarie di assicurarsi  non
solo per i danni derivanti da fatto proprio (p. es.  per  difetti  di
organizzazione), ma anche per i  danni  derivanti  dal  fatto  altrui
costituito dall'esercizio della professione sanitaria  da  parte  dei
professionisti sanitari che operino presso di loro. 
    In secondo luogo, e' prevista dalla  legge  (art.  12,  comma  1,
legge n. 24/2017) ed e' oggi pienamente  operativa  (dopo  l'adozione
del regolamento di cui  al  decreto  interministeriale  n.  232/2023,
entrato in vigore il 16 marzo 2024) la possibilita' di azione diretta
del danneggiato nei confronti dell'assicuratore. 
    Ricorre, quindi, il caso previsto dall'art. 185, 2º comma,  c.p.,
in quanto l'assicuratore della struttura sanitaria  e'  tenuto  dalla
legge civile a rispondere per il fatto dell'imputato. 
    Va  peraltro  rilevato  che,  sebbene  la  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 159 del 2022 abbia chiarito che la  previsione  del
litisconsorzio necessario tra assicuratore e responsabile  del  danno
non sia, in realta', un requisito necessario al fine di ricondurre la
fattispecie alle ipotesi di responsabilita' civile  ex  lege  di  cui
all'art.  185,  2º  comma,  c.p.   («il   solo   elemento   realmente
indispensabile affinche' l'assicuratore del danneggiante possa essere
qualificato come responsabile civile e' la previsione normativa [...]
dell'azione diretta del danneggiato»: punto 3.3  del  Considerato  in
diritto), in ogni caso  la  legge  n.  24/2017,  come  illustrato  in
precedenza, prevede anche tale litisconsorzio  necessario  (art.  12,
comma 4). 
    Oltre a cio', ricorre senza dubbio anche la «funzione plurima» di
garanzia gia' valorizzata nelle sentenze della  Corte  costituzionale
n. 112 del 1998 e n. 159 del 2022. E' infatti evidente come le  forme
di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile  derivante
dall'esercizio   della   professione   sanitaria    tutelino    tanto
l'assicurato-professionista  sanitario  (che  viene  manlevato  dalle
pretese risarcitorie del danneggiato,  potendo  cosi'  esercitare  la
professione sanitaria con maggiore serenita',  secondo  le  finalita'
della legge n. 24/2017) quanto il danneggiato-paziente (garantendo  a
quest'ultimo il ristoro  dei  danni  subiti,  anche  in  ragione  del
carattere «fondamentale» del diritto alla salute, tutelato  dall'art.
32 della Costituzione). 
    Appare  quindi   sussistere   un'ingiustificata   disparita'   di
trattamento  -  con   conseguente   violazione   del   principio   di
uguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione  -  tra  l'imputato
assoggettato all'azione risarcitoria nel processo penale  (a  cui  e'
precluso, in forza dell'attuale previsione dell'art. 83 del codice di
procedura penale, di ottenere la  citazione  dell'assicuratore  della
struttura quale responsabile civile) ed il convenuto  con  la  stessa
azione in sede civile (che invece puo' chiamare in garanzia, ai sensi
degli articoli 1917,  4º  comma,  c.c.  e  106  c.p.c.,  il  medesimo
assicuratore), gia' riscontrata nelle sentenze n. 112 del 1998  e  n.
159 del  2022  della  Corte  costituzionale,  a  fronte  della  quale
«l'effettivita' della  duplice  funzione  di  garanzia  del  rapporto
assicurativo [...] rischia di rimanere compromessa, secondo la scelta
del danneggiato riguardo alla sede processuale in cui far  valere  le
proprie pretese»  (cosi'  sent.  n.  159  del  2022,  punto  3.6  del
Considerato in diritto). 
    Non puo' ritenersi un ostacolo  alla  sussistenza  della  cennata
disparita' di trattamento il fatto che, nel caso di specie, sia stata
chiesta la citazione, quale  responsabile  civile,  dell'assicuratore
della struttura, ossia di un soggetto che e' parte  di  un  contratto
stipulato con una persona (giuridica)  diversa  dall'imputato  (ossia
con la struttura sanitaria). 
    Si   e'   infatti   in   presenza,   come   gia'   rilevato,   di
un'assicurazione per conto altrui, secondo lo schema di cui  all'art.
1891 del codice civile, in forza del  quale  la  struttura  sanitaria
assume la veste di contraente e il professionista sanitario quella di
assicurato. 
    Cio' che rileva, ai fini della riconducibilita' della fattispecie
al paradigma di cui all'art. 185, 2º comma, c.p., e' che  ricorra  il
caso di persone (in questa ipotesi, giuridiche) «che, a  norma  delle
leggi civili, debbono rispondere» per il  fatto  dell'imputato.  Tale
situazione  sicuramente  si  ravvisa  nel  caso  di  specie,  in  cui
l'assicuratore, pur avendo stipulato il  contratto  di  assicurazione
con la struttura sanitaria  (contraente),  deve  rispondere  -  anche
direttamente  nei  confronti  del  danneggiato   -   per   il   fatto
dell'imputato-danneggiante (assicurato). Ricorre quindi senza  dubbio
un'ipotesi di responsabilita' civile ex lege, a nulla  rilevando  che
l'imputato non sia parte del rapporto contrattuale tra l'assicuratore
e la struttura sanitaria. 
    Per  le  ragioni  esposte,  non  puo'  ritenersi   manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  83
del codice di procedura penale, nella parte in cui non  prevede  che,
nel  caso  di  responsabilita'  civile  derivante  dall'assicurazione
obbligatoria prevista  dall'art.  10,  comma  1,  legge  n.  24/2017,
l'assicuratore  della  struttura  sanitaria  o  sociosanitaria  possa
essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato esercente
la professione sanitaria. 
    Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte con  riferimento
alla richiesta,  da  parte  dell'imputato  esercente  la  professione
sanitaria   in   regime   libero-professionale,   di   citare   quale
responsabile civile il proprio assicuratore ai  sensi  dell'art.  10,
comma  2,  legge  n.  24/2017  (per  cui  sono  ugualmente   previste
l'obbligatorieta' della copertura assicurativa e l'azione diretta del
danneggiato; anche in tal caso, inoltre, l'assicurazione  svolge  una
«funzione   plurima»   di    garanzia,    a    tutela    tanto    del
paziente-danneggiato    quanto    dell'esercente    la    professione
sanitaria-danneggiante). Tale questione, tuttavia, non  e'  rilevante
nel caso  di  specie,  il  quale  si  riferisce  ad  un  medico  c.d.
«strutturato»,  e  al  piu'  potra'  essere  valutata   dalla   Corte
costituzionale ai sensi dell'art. 27, legge n. 87/1953. 
    Non si ignora che analoghe questioni, sollevate dal Tribunale  di
Avellino e dal Tribunale di  Palermo,  sono  state  dichiarate  dalla
Corte costituzionale l'una  inammissibile  e  l'altra  manifestamente
inammissibile, rispettivamente con sentenza n. 182  del  2023  e  con
ordinanza n. 177 del 2024. 
    In entrambi  i  casi,  tuttavia,  i  giudici  rimettenti  avevano
rappresentato la richiesta dei rispettivi imputati di  citare,  quali
responsabili civili, i propri assicuratori, senza tuttavia  precisare
se  le  polizze   relative   ai   professionisti   sanitari   fossero
riconducibili all'art. 10,  comma  3,  legge  n.  24/2017  (forma  di
assicurazione certamente obbligatoria, ma relativa alla copertura con
riferimento   alle   azioni   di   rivalsa   e   di   responsabilita'
amministrativa, come tale senza possibilita'  di  azione  diretta  da
parte del danneggiato-paziente),  all'art.  10,  comma  2,  legge  n.
24/2017 (assicurazione dei professionisti sanitari operanti in regime
libero-professionale, con  conseguente  difetto  di  rilevanza  delle
questioni, posto che nei giudizi a  quibus  si  verteva  in  casi  di
medici c.d. «strutturati») o, ancora, a polizze liberamente stipulate
dai professionisti sanitari in assenza di un obbligo  di  legge  (con
conseguente impossibilita' di ravvisare  l'ipotesi  di  cui  all'art.
185, 2º comma, c.p.). 
    A fronte dell'«inadeguata ricostruzione del quadro  normativo  di
riferimento», pertanto,  il  Giudice  delle  leggi  aveva  dichiarato
inammissibili tali questioni. 
    Nel caso di specie, tuttavia, si e' precisato che  l'assicuratore
di cui l'imputato ha chiesto la citazione quale  responsabile  civile
e' quello della struttura sanitaria, con  il  quale  quest'ultima  ha
stipulato una polizza ai  sensi  dell'art.  10,  comma  1,  legge  n.
24/2017. 
    In  ragione  di  quanto  illustrato  in  precedenza,  si  ritiene
adeguatamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, nonche'
indicate le  caratteristiche  del  rapporto  che  lega  assicuratore,
struttura sanitaria (contraente) e imputato (assicurato). 
4. Impossibilita' di  operare  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata 
    La previsione legislativa  censurata,  di  cui  all'art.  83  del
codice di procedura penale, non consente di  operare  interpretazioni
costituzionalmente orientate che, a partire dal medesimo testo  della
disposizione,  superino  il  contrasto  con  la  Costituzione   sopra
evidenziato. D'altronde, in precedenza si e' sempre  reso  necessario
un intervento  della  Corte  costituzionale  al  fine  di  consentire
all'imputato di richiedere, in particolari ipotesi (che si  ritengono
sovrapponibili a quella oggi in esame), la citazione del responsabile
civile. 
    E' quindi inevitabile la rimessione della  questione  alla  Corte
costituzionale, con sospensione del giudizio in corso.  

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale
n. 1/1948 e 23 legge n. 87/1953, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
all'art.  3  della  Costituzione,  la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 83 del codice  di  procedura  penale,  nella
parte in cui non prevede che,  nel  caso  di  responsabilita'  civile
derivante  dall'assicurazione  obbligatoria  prevista  dall'art.  10,
comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia  di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita'  professionale   degli   esercenti   le   professioni
sanitarie), l'assicuratore della struttura sanitaria o sociosanitaria
possa essere citato nel processo penale a richiesta dell'imputato; 
    Dispone l'immediata trasmissione della  presente  ordinanza  alla
Corte costituzionale; 
    Sospende il giudizio in corso; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata  al  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   nonche'
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al  Presidente
della Camera dei deputati. 
    Ordinanza letta in udienza. 
        Verona, 28 marzo 2025 
 
                         Il giudice: Zuccon