Reg. ord. n. 89 del 2025 pubbl. su G.U. del 21/05/2025 n. 21
Ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bologna del 16/04/2025
Tra: D.A. D.N.
Oggetto:
Reati e pene – Pene sostitutive – Mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine di all’art. 660, comma 3, cod. proc. pen. indicato nell’ordine di esecuzione – Denunciata norma che non prevede dopo le parole “ne comporta la conversione nella semilibertà sostitutiva” le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l’art. 58.” – In via conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole “la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva”, le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva” – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di cui all’art. 71 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di mancato pagamento entro il termine della pena pecuniaria per condotta colpevole del condannato, consente al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo tra la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva – Assetto normativo che, per analoghe ipotesi di insolvenza, risulta irragionevole, non essendo consentito al magistrato di sorveglianza una valutazione del caso concreto, imponendo una sola misura sostitutiva possibile – Lesione al principio di uguaglianza sostanziale – Disallineamento tra due discipline che ha l’irragionevole effetto di sanzionare più gravemente l’inadempimento di una pena pecuniaria tout court rispetto a quello di una pena pecuniaria originariamente detentiva, determinando l’incarcerazione dell’inadempiente, senza alternativa – Violazione della libertà personale – Contrasto con il principio di rieducazione della pena che, in virtù di tale automatismo applicativo, risulta sproporzionata e ingiusta per chi la subisce.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 660
Co. 3
legge
del 24/11/1981
Num. 689
Art. 102
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co. 2
Costituzione
Art. 13
Co.
Costituzione
Art. 27
Co. 3
Testo dell'ordinanza
N. 89 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2025
Ordinanza del 16 aprile 2025 del Tribunale di sorveglianza di Bologna
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di D.A. D.N..
Reati e pene - Pene sostitutive - Mancato pagamento della pena
pecuniaria entro il termine di cui all'art. 660, comma 3, cod.
proc. pen. indicato nell'ordine di esecuzione - Denunciata norma
che non prevede dopo le parole "ne comporta la conversione nella
semiliberta' sostitutiva" le parole "o nella detenzione domiciliare
sostitutiva. Si applica l'art. 58." - In via conseguenziale,
denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole "la pena
pecuniaria sara' convertita nella semiliberta' sostitutiva", le
parole "o nella detenzione domiciliare sostitutiva".
- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), art.
102; Codice di procedura penale, art. 660, comma 3.
(GU n. 21 del 21-05-2025)
UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA
Visti gli atti relativi alla domanda di conversione della pena
pecuniaria ex art. 660 del codice di procedura penale proposta dalla
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forli' il 16 luglio
2024 nei confronti di D.N. D.A., nato a ... il ..., ivi residente in
via ... in relazione alla pena pecuniaria di euro 1.840 di ammenda di
cui al decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di
Forli' il 31 ottobre 2023, esecutivo il 19 dicembre 2023;
Il caso
Con decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di
Forli' il 31 ottobre 2023, esecutivo il 19 dicembre 2023 D.N. D.A. e'
stato condannato alla pena pecuniaria di euro 1.840 di ammenda per
reato ex art. 4 legge n. 110/1975 commesso a ... il ...
La Procura della Repubblica di Forli' con provvedimento SIEP
20010/2024 del 6 febbraio 2024 ha emesso ai sensi del novello art.
660 del codice di procedura penale ordine di esecuzione della pena
pecuniaria, ingiungendo alla persona il pagamento entro novanta
giorni e fornendo all'interessato tutti gli avvisi di legge previsti
dal comma 3 dell'art. 660 del codice di procedura penale; in
particolare, gli avvertimenti in punto di conversione della pena
pecuniaria, rappresentando al condannato la facolta' di richiedere
entro venti giorni la rateizzazione.
L'ordine di esecuzione era notificato al difensore ed al
condannato l'8 febbraio 2024.
Pertanto, il termine per il pagamento della pena pecuniaria
risulta scaduto l'8 maggio 2024 senza che l'ingiunto abbia
provveduto.
Accertato il mancato pagamento e l'assenza di richieste di
rateizzazione nel termine di legge, la Procura di Forli' ha dunque
trasmesso gli atti a questo Ufficio il 16 luglio 2024 ai sensi
dell'art. 660 del codice di procedura penale per procedere alla
conversione della pena pecuniaria.
Veniva svolta attivita' istruttoria onde verificare se il
condannato versasse in condizioni di insolvibilita' ovvero di
insolvenza, demandandosi accertamenti alla Questura di Forli'/Cesena
sulle attuali condizioni economiche del condannato.
In data 22 novembre 2024 giungeva rapporto da parte della
Questura di Forli'/Cesena e in data 18 marzo 2025 la chiesta
integrazione istruttoria sui redditi con verbale di dichiarazioni
resa dal D.N. in cui la persona affermava di percepire redditi netti
mensili di 1.400 euro circa e di essere disponibile a svolgere lavoro
sostitutivo, con riferimento al quale tuttavia non faceva pervenire
nel termine indicato di quindici giorni la scelta dell'ente presso il
quale svolgerlo all'Ufficio di Sorveglianza.
Come rilevato con recente ordinanza di questo Ufficio a data 31
marzo 2025, emessa nel procedimento n. SIUIS 2024/10525, con la quale
veniva proposta analoga questione di legittimita' costituzionale -
seppur in termini parzialmente diversi - l'attuale assetto normativo
imporrebbe a questa autorita' giudiziaria di procedere alla
conversione della pena pecuniaria, applicata quale pena principale e
volontariamente non pagata, nella misura della semiliberta'
sostitutiva ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981 da eseguirsi in
carcere, essendo emerso dagli atti che il mancato adempimento e'
dipeso non gia' da una condizione di insolvibilita' contingente,
bensi' da insolvenza volontaria da parte del condannato.
La persona, infatti, dispone di redditi da lavoro dipendente
adeguati e sufficienti al pagamento della pena pecuniaria, sia in
unica soluzione, sebbene con un certo aggravio, sia in forma
rateizzata (se gli venisse concesso il numero massimo di sessanta
rate, il condannato si troverebbe a pagare la somma di 30 euro
mensili, piu' che sostenibile considerato lo stipendio mensile,
l'alloggio concesso in locazione ai genitori presso il quale al
momento dimora, l'assenza di ulteriori e diversi oneri o debiti).
Tuttavia, la normativa, allo stato attuale, non consente al
magistrato di sorveglianza di disporre una ratealizzazione del
pagamento, posto che D.N. e' decaduto da tale possibilita', non
avendo proposto istanza in questo senso alla Procura di Forli'
secondo le scansioni procedimentali previste dall'art. 660 del codice
di procedura penale ne' formalizzato tale richiesta agli organi della
Questura.
A questo punto, dunque, non potrebbe che prendersi atto
dell'insolvenza e provvedere ai sensi degli articoli 660, commi 3, 9
del codice di procedura penale e 102 legge n. 689/1981 alla
conversione della pena pecuniaria non pagata nella sanzione della
semiliberta' sostitutiva per giorni sette, secondo il criterio di
ragguaglio per cui un giorno di semiliberta' sostitutiva corrisponde
a 250,00 euro di pena pecuniaria.
La questione di legittimita' costituzionale
Sembra esservi una irragionevole disparita' di trattamento, con
violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art.
3, comma 2, della Costituzione insita nel sistema di conversione
risultante dagli articoli 660 del codice di procedura penale, 71 e
102 legge n. 689/1981 poiche' il condannato al pagamento di pena
pecuniaria originaria in caso di insolvenza, ha unicamente la
possibilita' di vedere la pena pecuniaria convertita in semiliberta'
sostitutiva mentre il condannato a pena pecuniaria sostitutiva di
pena detentiva puo' beneficiare dell'alternativa conversione in
semiliberta' sostitutiva o detenzione domiciliare sostitutiva.
La scelta normativa tratta in modo differente condizioni di fatto
e di diritto del tutto assimilabili, con ritenuta violazione del
principio di uguaglianza sostanziale di cui all' art. 3, comma 2,
della Costituzione e ricadute rilevanti in materia di liberta'
personale.
In questi termini, la norma si segnala per profili di dubbia
costituzionalita', che si ritengono non emendabili in via ermeneutica
e che, anche ai fini di una applicazione uniforme, possono essere
superati esclusivamente mediante un intervento della Corte
costituzionale.
Con decreto legislativo n. 150/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia)
il Governo in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 avente
ad oggetto «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale
nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la
celere definizione dei procedimenti giudiziari» (Gazzetta Ufficiale
n. 237 del 4 ottobre 2021), ha, tra gli altri significativi
interventi, ridisegnato la materia dell'esecuzione delle pene
pecuniarie.
La ratio dell'intervento riformatore e' ben delineata dalla legge
delega all'art. 1, comma 16 (1) , ove si esplicita il fine di
garantire effettivita' al sistema sanzionatorio nel suo complesso,
razionalizzando la materia, introducendo procedure rapide
nell'esazione di quanto dovuto dal condannato allo Stato.
Invero, i dati circa l'esecuzione concreta delle pene pecuniarie,
riportati negli atti preparatori e nella relazione illustrativa al
decreto legislativo (2) , apparivano sconfortanti, evidenziando la
diffusa ineffettivita' del sistema sanzionatorio pecuniario, non solo
nei confronti del condannato che non fosse nelle condizioni di
provvedere al pagamento della pena pecuniaria ma anche di coloro che
avrebbero potuto essere solvibili. Costoro, infatti, omettendo il
pagamento potevano accedere a forme di rateizzazione ovvero di
conversione della sanzione ai sensi dell'art. 660 del codice di
procedura penale con conseguenze sanzionatorie giudicate dal
legislatore particolarmente blande e dal minimo valore coercitivo e
quindi general preventivo.
A cio' si aggiunga che nel sistema previgente la pena pecuniaria
era considerata un mero credito dello Stato verso il condannato, la
cui riscossione avveniva in via prioritaria mediante ruolo. Tale
circostanza che aveva condotto dapprima all'attribuzione di
competenze per il recupero delle somme dovute agli uffici recupero
crediti degli uffici giudiziari e, da ultimo, con legge 18 giugno
2009, n. 69, cui si deve l'introduzione dell'art. 227-ter del decreto
del Presidente della Repubblica n. 115/2002, a mente del quale la
riscossione mediante ruolo era attivata senza che fosse previamente
notificato dall'U.R.C. l'invito al pagamento, devolvendo l'intera
materia agli agenti incaricati della riscossione, con lungaggini
procedurali che il piu' delle volte esitavano nella prescrizione
della pena pecuniaria ai sensi degli articoli 172 e 173 del codice
penale.
Solo a fronte dell'esito negativo di tale procedura, dunque,
l'U.R.C. trasmetteva gli atti alla Procura segnalando la mancata
riscossione della pena pecuniaria; l'autorita' requirente, a questo
punto, trasmetteva gli atti al magistrato di sorveglianza per la
conversione ex art. 660 del codice di procedura penale.
Questi, da ultimo, era tenuto a svolgere accertamenti sulle
condizioni economiche dell'interessato, spesso a distanza di anni dai
fatti e dalla notifica della cartella di pagamento, incorrendo in
difficolta' nel reperire il condannato e potendo disporre la
conversione solo previo accertamento della insolvibilita' del
condannato; nelle ipotesi di insolvenza, infatti, il magistrato di
sorveglianza avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti alla Procura ed
alle autorita' competenti per la riscossione coattiva del credito.
Attivita' che, statisticamente, si traduceva in un continuo
inseguire senza esito chi si sottraeva al pagamento.
La riforma ha anzitutto determinato l'assegnazione alle Procure
di una competenza funzionale prima appannaggio degli uffici recupero
crediti e dei concessionari dei servizi di riscossione
(Equitalia-Agenzia delle entrate), che vede gli organi requirenti
promotori di un procedimento che inizia con un ordine di esecuzione
anche per le pene pecuniarie.
Altra innovazione e' rappresentata da un radicale ripensamento
del meccanismo di conversione che risulta imperniato sulle distinte
nozioni di insolvibilita' ed insolvenza.
Le nuove norme hanno tipizzato i concetti di insolvenza, per
indicare il mancato pagamento colpevole, e di insolvibilita', per
indicare il mancato pagamento incolpevole, descrivendo due
fattispecie che la legge oggi definisce come strettamente alternative
ed a cui associa esiti diversi in sede di conversione.
L'art. 660 del codice di procedura penale infatti prevede al
comma terzo che l'ordine di esecuzione della Procura contenga
«l'avviso che, in mancanza, la pena pecuniaria sara' convertita nella
semiliberta' sostitutiva o, in caso di accertata insolvibilita', nel
lavoro di pubblica utilita' sostitutivo o nella detenzione
domiciliare sostitutiva, ai sensi degli articoli 102 e 103 della
legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando deve essere eseguita
una pena pecuniaria sostitutiva, nella semiliberta' sostitutiva o
nella detenzione domiciliare sostitutiva, ovvero, in caso di
accertata insolvibilita', nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo
o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi dell'art. 71
della legge 24 novembre 1981, n. 689. L'ordine di esecuzione
contiene, inoltre, l'avviso al condannato che, quando non e' gia'
stato disposto nella sentenza o nel decreto penale di condanna, entro
venti giorni, puo' depositare presso la segreteria del pubblico
ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai
sensi dell'art. 133-ter del codice penale».
I commi da sette a dieci, invece, stabiliscono che:
«7. Quando accerta il mancato pagamento della pena
pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine
indicato nell'ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette
gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione
ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n.
689, ovvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai
sensi dell'art. 71 della medesima legge n. 689 del 1981. In ogni
caso, se il pagamento della pena pecuniaria e' stato disposto in rate
mensili, e' convertita la parte non ancora pagata.
8. Il procedimento per la conversione della pena pecuniaria,
anche sostitutiva, e' disciplinato dall'art. 667, comma 4. Per la
conversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102 e
103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applica, in quanto
compatibile, l'art. 545-bis, comma 2.
9. Il magistrato di sorveglianza provvede alla conversione
della pena pecuniaria con ordinanza, previo accertamento della
condizione di insolvenza ovvero di insolvibilita' del condannato. A
tal fine dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o
della residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che il
condannato possieda beni o cespiti di reddito e richiede, se
necessario, informazioni agli organi finanziari o di polizia
giudiziaria.
10. Quando il mancato pagamento della pena pecuniaria e'
dovuto a insolvibilita', il condannato puo' chiedere al magistrato di
sorveglianza il differimento della conversione per un tempo non
superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di
insolvibilita' perdura. Ai fini della estinzione della pena
pecuniaria per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo
durante il quale la conversione e' stata differita.».
L'art. 660 del codice di procedura penale espressamente indica
che la pena pecuniaria non pagata si converte in una pena sostitutiva
secondo le modalita' di conversione stabilite agli articoli 102 e 103
legge n. 689/1981 per le pene pecuniarie e all'art. 71 legge n.
689/1981 per le pene pecuniarie sostitutive di pene detentive brevi.
Ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981, rubricato «Conversione
delle pene pecuniarie principali per mancato pagamento», laddove la
persona non provveda al pagamento della pena pecuniaria entro il
termine indicato nell'ordine di esecuzione, la pena pecuniaria non
pagata si converte in semiliberta' sostitutiva per la durata massima
di quattro anni, se la pena convertita e' quella della multa, o due
anni, se la pena convertita e' quella dell'ammenda.
Laddove la sentenza abbia disposto il pagamento rateale, la
condanna ha luogo per la sola parte residua.
Da ultimo, si prevede che dopo l'inizio dell'esecuzione della
pena convertita il condannato puo' in qualsiasi momento far cessare
la semiliberta', pagando la pena residua e, in questo caso, puo'
essere ammesso nuovamente al pagamento rateale ex art. 133-ter del
codice penale.
Trattandosi di inadempimento colpevole, la conversione si
realizza per legge con la pena sostitutiva massima, vale a dire la
semiliberta' sostitutiva da eseguirsi in carcere, secondo i criteri
di cui all'art. 135 del codice penale (250,00 euro per giorno di pena
detentiva) per un massimo di quattro anni, se la pena e' quella della
multa, ovvero due anni, se la pena e' quella dell'ammenda.
E' evidente la ratio che ha ispirato la scelta di prevedere, per
l'insolvenza una pena sostitutiva restrittiva che realizza una forma
di espiazione propriamente di tipo carcerario: rappresentare
conseguenze particolarmente gravose quali la detenzione inframuraria
come sanzione per il mancato pagamento da parte di chi pur potendo
pagare non vi provveda, ottenendo auspicabilmente l'adempimento
spontaneo da parte del condannato. Si tratta di una scelta chiara e
che segue le linee guida espresse nella relazione gia' citata.
L'art. 103 legge n. 689/1981, tuttavia, rubricato espressamente
Mancato pagamento della pena pecuniaria per insolvibilita' del
condannato, invece, trova applicazione «Quando le condizioni
economiche patrimoniali del condannato al momento dell'esecuzione
rendono impossibile il pagamento della multa o dell'ammenda entro il
termine di cui all'art. 660 del codice di procedura penale indicato
nell'ordine di esecuzione [...]», condizioni al ricorrere delle quali
si realizza la diversa fattispecie della insolvibilita': la persona
condannata versa in condizioni economiche che le rendono impossibile
il pagamento, ma trattasi di un inadempimento incolpevole.
La pena pecuniaria non pagata per insolvibilita' si converte, ai
sensi dell'art. 103 legge n. 689/1981 in via principale nel lavoro di
pubblica utilita' sostitutivo ex art. 56-bis legge n. 689/1981 e,
solo in caso di opposizione del condannato, nella detenzione
domiciliare sostitutiva di cui all'art. 56 legge n. 689/1981.
Dunque, cio' che giustifica, in questo meccanismo, l'imposizione
di una misura restrittiva della liberta' personale in luogo di una
meramente limitativa non e', pero', la mera insolvibilita', bensi' la
congiunta ricorrenza di insolvibilita' e opposizione al lavoro, in
cui l'elemento discretivo e' dato dalla volonta' del condannato.
Solo il concorso della volonta' del condannato, dunque, consente
l'inflizione di una misura restrittiva della liberta' personale in
luogo di quella limitativa, secondo una gradazione degli interessi
che attribuisce al condannato la disponibilita' dei propri diritti.
Se questa e' la disciplina prevista per la conversione delle pene
originariamente pecuniarie (articoli 102 e 103 legge n. 689/1981 come
novellati), la riforma ha poi previsto meccanismi di conversione
parzialmente diversi nel caso in cui il mancato pagamento riguardi
non gia' una pena pecuniaria principale, ma una pena pecuniaria
sostitutiva di pena detentiva.
La disciplina e' gia' richiamata sinteticamente nell'art. 660,
comma 3 del codice di procedura penale succitato, ma e' piu'
specificatamente dettagliata all'art. 71 legge n. 689/1981.
La norma, infatti, stabilisce al comma primo che alle pene
pecuniarie sostitutive di pena detentiva si applica l'art. 660 del
codice di procedura penale, in ossequio al principio generale di cui
all'art. 57 legge n. 689/1981 che vede la pena pecuniaria sostitutiva
parificata ad ogni effetto di legge alla pena pecuniaria originaria.
Il comma secondo dell'art. 660 del codice di procedura penale,
invece, prevede tra l'altro che nel caso di mancato pagamento alla
scadenza della pena pecuniaria sostitutiva, la stessa e' revocata e
convertita in semiliberta' sostitutiva o detenzione domiciliare
sostitutiva.
Se e' stato disposto il pagamento rateale, la revoca e la
conversione operano a partire dal mancato pagamento di una rata e
solo limitatamente alla pena pecuniaria residua.
Il comma terzo, invece, prevede che laddove le condizioni
economiche del condannato al momento dell'esecuzione rendano
impossibile il pagamento entro la scadenza indicata nell'ordine di
esecuzione della procura, la pena pecuniaria sostitutiva e' revocata
e si converte nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo solo ove la
persona non vi si opponga, venendo viceversa convertita in detenzione
domiciliare sostitutiva.
La norma, da ultimo, richiama l'ultimo periodo del comma
precedente in punto di rateizzazione.
Dalla disamina condotta sulla normativa complessiva puo'
cogliersi la differente disciplina rimediale tracciata dal
legislatore per le diverse ipotesi di insolvenza e insolvibilita',
distinguendo, dunque, tra mancato pagamento colpevole e mancato
pagamento incolpevole.
Il nuovo sistema, come visto, nell'ottica di garantire
effettivita' ed efficacia deterrente rispetto al mancato pagamento,
e' ben piu' rigido non solo nel sanzionare il condannato inadempiente
con la conversione, ma anche nel fissare precise scansioni temporali
in cui viene in rilievo il giudizio sulla insolvenza o
insolvibilita', ancorate al termine di pagamento fissato dalla
Procura, nonche' nel restringere le ipotesi in cui e' consentito dare
spazio alla valutazione/rivalutazione delle condizioni economiche
dell'interessato per l'accesso agli istituti del differimento e della
rateizzazione rispetto alle diverse condizioni di insolvibilita' o
insolvenza.
In generale, si assume, vi e' un evidente favor dell'ordinamento
per la riscossione della pena pecuniaria, che assegna alla procedura
di conversione il ruolo di extrema ratio del sistema.
La rateizzazione e' disciplinata all'art. 133-ter del codice
penale e viene concepita quale beneficio che consente di agevolare
l'adempimento dell'obbligazione di pagamento, adeguando la pretesa di
riscossione dello Stato alle condizioni economiche della persona le
concrete modalita' esecutive della sanzione, dilazionandole nel
tempo.
In assenza di istanza di rateizzazione, o in caso di decadenza
dal beneficio, e a fronte del mancato pagamento nel termine, il
magistrato di sorveglianza a norma del comma 9 dell'art. 660 del
codice di procedura penale effettuera' le verifiche per stabilire se
l'inadempimento dipende da una condizione di insolvenza o di
insolvibilita'.
Laddove ravvisi che il condannato non abbia provveduto al
pagamento perche' insolvibile, potra' disporre il differimento della
conversione per un massimo di un anno, ai sensi dell'art. 660, comma
10, del codice di procedura penale; oppure procedere alla conversione
ai sensi dell'art. 103 legge n. 689/1981 o del terzo comma dell'art.
71 legge n. 689/1981.
Ma, se il magistrato accerta una condizione di solvibilita',
essendo il condannato nelle condizioni di pagare, anche eventualmente
accedendo alla rateizzazione da cui e' decaduto o che non ha chiesto,
la norma offre come sola alternativa la conversione della pena
pecuniaria e l'inizio dell'esecuzione della pena sostitutiva
convertita.
Cio' perche' a questo punto della procedura la persona risultata
non insolvibile sara' gia' stata messa nelle condizioni di provvedere
al pagamento rateale: infatti, o il condannato era stato ammesso al
beneficio dal giudice di merito e vi e' decaduto; ovvero, pur a
fronte degli avvertimenti contenuti nell'ordine di esecuzione, non ha
avanzato richiesta di rateizzazione nei termini.
In entrambi i casi la persona non ha adempiuto colpevolmente o
non si e' attivata in modo negligente, rendendosi passibile di un
rimprovero che legittima la conversione ai sensi dell'art. 102 legge
n. 689/1981.
Egli, in altre parole, avra' esaurito le proprie chances
affinche' l'ordinamento valuti le sue condizioni economiche
agevolandolo nei pagamenti, meritando l'avvio dell'esecuzione della
pena sostitutiva.
E' evidente lo spirito che ha animato il legislatore in questo
senso: il metus del carcere per ottenere il pagamento spontaneo delle
pene pecuniarie, siano esse originarie o sostitutive.
Tuttavia, le perplessita' di compatibilita' con l'assetto
costituzionale che tutela la liberta' personale e l'uguaglianza
sostanziale risultano rilevanti al punto da far dubitare, sotto certi
profili, della legittimita' di questa opzione normativa, sotto il
profilo della sua proporzionalita' e coerenza con gli obiettivi
deflattivi della popolazione carceraria fatti anch'essi propri dalla
riforma che introduce le sanzioni sostitutive.
Nel sistema delineato dal legislatore si realizza una radicale
discrasia tra i meccanismi di conversione previsti per le pene
pecuniarie originarie e quelli previsti per le pene pecuniarie
sostitutive delle pene detentive brevi.
Le due discipline sono del tutto omologhe in caso di
insolvibilita' prevedendo tanto l'art. 103 legge n. 689/1981 quanto
l'art. 71, comma 3, legge n. 689/1981 la prioritaria conversione
della pena pecuniaria non pagata nel lavoro di pubblica utilita'
sostitutivo e, solo a fronte di opposizione del condannato,
l'applicazione detenzione domiciliare sostitutiva.
Viceversa, in caso di insolvenza le norme di riferimento
prevedono esiti parzialmente difformi.
L'art. 102 legge n. 689/1981, infatti, stabilisce che in caso di
mancato pagamento colpevole la pena pecuniaria originaria (come nel
caso di specie) si converta nella semiliberta' sostitutiva,
prevedendo un'unica modalita' di esecuzione possibile.
L'art. 71 legge n. 689/1981, invece, prevede che il mancato
pagamento della pena pecuniaria sostitutiva entro il termine consente
al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo
alternativamente tra la semiliberta' sostitutiva e la detenzione
domiciliare sostitutiva.
In entrambi i casi, la conversione origina da un medesimo fatto:
il mancato pagamento della pena pecuniaria per condotta colpevole del
condannato.
Circostanza che costituzionalmente richiede l'assoggettamento
delle due fattispecie alla medesima disciplina, cosi' come previsto
nel caso di insolvibilita'.
L'attuale differente assetto normativo per analoghe ipotesi di
insolvenza, infatti, pare arrecare un rilevante vulnus al principio
di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, comma 2, della
Costituzione, connotandosi in termini di irragionevolezza per la
disparita' di trattamento che ne consegue, poiche' la normativa nel
suo complesso non consente al magistrato di sorveglianza una
valutazione del caso concreto, imponendo una sola misura sostitutiva
possibile.
Lo stesso legislatore prevede una disciplina comune laddove il
mancato pagamento derivi da insolvibilita' agli articoli 103, comma
3, legge n. 689/1981 e 71, comma 3, legge n. 689/1981.
L'elemento discretivo e differenziale della disciplina si
rinviene solo con riferimento alla ipotesi della insolvenza.
Occorre, a questo punto, verificare se l'opzione normativa sia
sorretta da una ratio adeguata che consenta di valutare in termini di
ragionevolezza questa differenziazione.
Potrebbe essere il genus della misura da convertire ad aver
guidato la scelta legislativa nell'uno e nell'altro caso.
Alla base di questa differenziazione si potrebbe cogliere l'idea
che mentre le pene pecuniarie originarie di solito accedono a reati
gravi quale sanzione principale, la pena pecuniaria sostitutiva
rappresenterebbe, secondo la prospettiva assunta dal legislatore la
piu' mite risposta che l'ordinamento offre ad una sanzione detentiva
contenuta entro l'anno e, in ipotesi, cio' evidenzierebbe tale misura
come statisticamente applicabile a delitti di minore gravita'.
Si tratta, tuttavia, di argomenti che, invero, appaiono
irragionevoli.
Quanto alla tesi per cui la pena pecuniaria originaria sarebbe
espressiva di maggiore pericolosita' sociale, giova evidenziare che
nel sistema sanzionatorio classico, la pena pecuniaria e' sempre
considerata meno afflittiva della pena detentiva e, nell'ambito di
una condanna, puo' presentarsi in aggiunta alla pena detentiva.
In questo senso, sostenere che le pene pecuniarie sostitutive di
pene detentive brevi siano la piu' mite risposta dell'ordinamento
alla violazione della legge penale appare, quantomeno, frutto di una
lettura semplicistica del sistema complessivo di esecuzione penale.
Non puo' dubitarsi che rispetto ad una pena originariamente
detentiva, reclusione o arresto, passibile di conversione in pena
pecuniaria, una pena originariamente pecuniaria quale la multa e, a
fortiori, l'ammenda, sia sempre da intendersi come sanzione
penalmente piu' mite.
Cio' in considerazione del fatto che se l'una vede tramutata la
propria natura da detentiva a pecuniaria in forza di una valutazione
concreta operata dal giudice, l'altra e' gia' stata in astratto
selezionata dal legislatore come pena adeguata alla gravita' di quel
fatto, nel senso che tipicamente lo stesso non richiede il presidio
di sanzioni di tipo coercitivo, sulla base di una valutazione di
politica criminale e di tutela dei beni giuridici operata dal
legislatore.
E' dunque sul piano della tipizzazione normativa che l'asserita
maggiore gravita' della pena pecuniaria originaria rispetto alla pena
pecuniaria sostitutiva di pena detentiva risulta un argomento non
convincente e che non puo' assumersi ragionevolmente alla base del
diverso regime giuridico delineato.
Non dovrebbe potersi validamente stabilire una differente
disciplina per situazioni di fatto e di diritto del tutto analoghe,
prevedendo che a fronte di un medesimo comportamento colpevole del
condannato per il mancato pagamento di pena pecuniaria (originaria o
sostitutiva che sia) nell'un caso possa darsi luogo solo ad
applicazione della semiliberta' sostitutiva, mentre nell'altro sia
consentito al giudice di scegliere la misura piu' adeguata tra la
semiliberta' sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva.
Cio' appare ancor piu' irrazionale laddove si consideri che e' lo
stesso legislatore delegato a stabilire, all'art. 57 ultimo comma
legge n. 689/1981 che «la pena pecuniaria si considera sempre come
tale, anche se sostitutiva della pena detentiva», cosi' indicando che
ai fini della esecuzione penale l'originarieta' o meno della pena
pecuniaria non ne muta la natura, che e' la medesima, dunque anche i
rimedi in caso d'inadempimento, colpevole o incolpevole, devono
essere rispettivamente gli stessi, per evitare disparita' di
trattamento di situazioni esattamente sovrapponibili.
Quindi si vuole qui ribadire che il rimedio differenziato in
ipotesi di inadempimento colpevole della pena pecuniaria originaria,
che determina la conversione nella sola semiliberta' sostitutiva, e
di inadempimento colpevole della pena pecuniaria sostitutiva, che
determina la conversione nelle alternative detenzione domiciliare
sostitutiva o semiliberta' sostitutiva, secondo la discrezionalita'
del magistrato di sorveglianza contrasta con il principio di
uguaglianza sostanziale (art. 3 della Costituzione).
L'assunto e' tanto piu' vero e rilevante in quanto il magistrato
di sorveglianza, laddove abbia a disposizione una alternativa,
orientera' la propria discrezionalita' verso l'applicazione in via
preferenziale della detenzione domiciliare sostitutiva, poiche'
implicante il minor sacrificio possibile della liberta' personale del
condannato che abbia un idoneo domicilio, divenendo l'applicazione
della semiliberta' sostitutiva - in questi casi e giustamente per
quanto si e' sopra argomentato - rimedio del tutto residuale,
applicabile ad esempio nei casi ove il condannato non abbia domicilio
idoneo.
Ed allora si presenta lampante l'irragionevole conseguenza che
deriva, nel caso sottoposto a questo giudice ed in molti altri che si
presenteranno (tendenzialmente in procedimenti iscritti dal 2024 in
avanti per fatti commessi dal 2023 in poi poiche' le nuove norme in
questione, costituendo una disciplina deteriore rispetto a quelle
precedentemente in vigore, si applicano solo a partire dalla loro
entrata in vigore e non per fatti commessi antecedentemente), nel
dover sottoporre il condannato a sette giorni di semiliberta'
sostitutiva di pena pecuniaria da eseguirsi in carcere (e non a sette
giorni di detenzione domiciliare sostitutiva - poiche' alternativa
non prevista dalla legge -) nella ipotesi che occupa di mancato
pagamento colpevole di pena pecuniaria originaria.
Preme considerare che l'applicazione della semiliberta'
sostitutiva per un cosi' breve periodo di tempo pone problemi pure
sul piano pratico, per il sovraffollamento degli istituti di pena,
anche nelle sezioni dedicate ai semiliberi, con necessita' di
redigere programmi di trattamento da parte degli operatori per
periodi, appunto, cosi' brevi di espiazione.
In estrema sintesi si osserva che il disallineamento tra le due
discipline ha l'effetto irragionevole di sanzionare piu' gravemente
l'inadempimento di una pena pecuniaria tout court rispetto a quello
di una pena pecuniaria originariamente detentiva, determinando la
incarcerazione dell'inadempiente, senza prevedere alternativa, in
contrasto con gli articoli 13, 3 e 27 della Costituzione.
Non consentire poi al magistrato di sorveglianza di gradare ed
individualizzare il trattamento sanzionatorio, precludendo in radice
la scelta tra la misura piu' grave e quella meno afflittiva di tipo
domiciliare, espone inoltre il sistema al rischio di sanzionare
troppo.
E una pena sproporzionata e', in vero, una pena difficilmente
percepibile come giusta da chi la subisce, il che impedisce al
condannato di compiere quel percorso interiore di accettazione della
condanna e della sanzione necessario alla realizzazione della
funzione general e special preventiva.
La conversione, dunque, e' un procedimento per far espiare una
pena pecuniaria non pagata ma e' altresi', rispetto all'insolvenza,
un meccanismo sanzionatorio che, quantomeno rispetto alle pene
pecuniarie originarie, ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981, si
presenta allo stato attuale del tutto rigido, risolvendosi in un
automatismo applicativo sproporzionato e, in ultima analisi, ingiusto
per la persona.
Poiche' la medesima condizione di insolvenza e' stata assunta dal
legislatore, nel medesimo corpus normativo, ai fini di prevedere una
disciplina che consente di modulare la risposta ordinamentale tra un
massimo ed un minimo di afflizione della liberta' personale in
ipotesi di pene pecuniarie sostitutive, non si vedono ragioni per non
estendere quest'ultima opzione anche nell'art. 102 legge n. 689/1981
per le pene pecuniarie originarie.
A parere della scrivente, dunque, l'attuale disciplina incorre in
una evidente incostituzionalita', potendo essere dichiarato l'art.
102 legge n. 689/1981 incostituzionale nella parte in cui non prevede
dopo le parole «ne comporta la conversione nella semiliberta'
sostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva.
Si applica l'art. 58» si' come stabilito nell'art. 71 legge n.
689/1981 (nonche', in via conseguenziale, dichiarando
incostituzionale l'art. 660, comma 3, del codice di procedura penale
nella parte in cui disciplina gli avvisi al condannato, nella parte
in cui non prevede dopo le parole «nella semiliberta' sostitutiva» le
parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva»).
La questione qui posta e' certamente rilevante nel caso di
specie, posto che D.N. si trova esattamente nella condizione
descritta dall'art. 102 legge n. 689/1981: egli, pur avendo ricevuto
gli avvisi da parte della Procura, non ha provveduto al pagamento
della pena pecuniaria principale ne' ha richiesto la rateizzazione
della stessa entro i termini previsti dalla nuova disciplina ne' ha
fatto pervenire all'Ufficio nei termini la scelta dell'ente presso il
quale prestare lavoro sostitutivo.
E', dunque, decaduto dalla possibilita' di consentire a questo
magistrato di procedere alla rateizzazione, che potrebbe ben
consentirgli di provvedere al pagamento secondo modalita' meno
gravose.
Eppure, e' persona che lavora stabilmente e che percepisce
redditi da lavoro dipendente di circa 1.400 euro mensili in assenza
di ulteriori debiti/oneri.
A fronte di questa condizione, questo giudice sarebbe costretto
dalla disciplina attuale a convertire la pena in semiliberta'
sostitutiva, determinando la carcerazione del condannato.
E, solo una volta incarcerato, ed a semiliberta' in corso, egli
potra' far valere l'eventuale richiesta di pagamento rateale.
Laddove la Corte accogliesse la questione di legittimita'
costituzionale, nel presente procedimento si potrebbe scegliere tra
semiliberta' sostitutiva e detenzione domiciliare sostitutiva.
E cio' attiene alla rilevanza della questione rispetto al caso
concreto di cui trattasi.
La questione, inoltre, per quanto su esposto, appare non
manifestamente infondata e non emendabile mediante interpretazioni
costituzionalmente orientate.
Invero, il dato normativo testuale non lascia margine per un
esito diverso da quello di applicare la semiliberta' sostitutiva
all'ipotesi dell'insolvenza rispetto a pena pecuniaria principale.
A fronte di queste considerazioni, si ritiene di dover sospendere
il procedimento al fine di sollevare la questione di
costituzionalita' suesposta.
(1) Art. 1, comma 16 della legge delega: «Nell'esercizio della delega
di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al
codice di procedura penale, al codice penale e alla collegata
legislazione speciale in materia di pena pecuniaria, al fine di
restituire effettivita' alla stessa, sono adottati nel rispetto
dei seguenti principi e criteri direttivi: a) razionalizzare e
semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie;
b) rivedere, secondo criteri di equita', efficienza ed
effettivita', i meccanismi e la procedura di conversione della
pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o
insolvibilita' del condannato; c) prevedere procedure
amministrative efficaci, che assicurino l'effettiva riscossione
della pena pecuniaria e la sua conversione in caso di mancato
pagamento».
(2) Cfr. «Decreto legislativo recante attuazione della legge 27
settembre 2021 n. 134 recante delega al Governo per l'efficienza
del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa e
disposizioni per la celere definizione dei procedimenti
giudiziari - Relazione illustrativa» pubblicata in Gazzetta
Ufficiale, Serie generale n. 245 del 19 ottobre 2022 - Suppl.
Straordinario n. 5.
P.Q.M.
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva
nei termini indicati in parte motiva, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 102 legge n. 689/1981 per violazione
dell'art. 3, comma 2, della Costituzione in relazione all'art. 13 ed
all'art. 27, comma 3, della Costituzione, nella parte in cui non
prevede dopo le parole «ne comporta la conversione nella semiliberta'
sostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva.
Si applica l'art. 58.», nonche', in via consequenziale, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 660, comma 3, del codice di
procedura penale nella parte in cui non prevede dopo le parole «la
pena pecuniaria sara' convertita nella semiliberta' sostitutiva» le
parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva».
Sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale.
Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente
ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico
ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e che
sia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Bologna, 14 aprile 2025
Il magistrato di sorveglianza: De Maria
Oggetto:
Reati e pene – Pene sostitutive – Mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine di all’art. 660, comma 3, cod. proc. pen. indicato nell’ordine di esecuzione – Denunciata norma che non prevede dopo le parole “ne comporta la conversione nella semilibertà sostitutiva” le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l’art. 58.” – In via conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole “la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva”, le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva” – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di cui all’art. 71 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di mancato pagamento entro il termine della pena pecuniaria per condotta colpevole del condannato, consente al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo tra la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva – Assetto normativo che, per analoghe ipotesi di insolvenza, risulta irragionevole, non essendo consentito al magistrato di sorveglianza una valutazione del caso concreto, imponendo una sola misura sostitutiva possibile – Lesione al principio di uguaglianza sostanziale – Disallineamento tra due discipline che ha l’irragionevole effetto di sanzionare più gravemente l’inadempimento di una pena pecuniaria tout court rispetto a quello di una pena pecuniaria originariamente detentiva, determinando l’incarcerazione dell’inadempiente, senza alternativa – Violazione della libertà personale – Contrasto con il principio di rieducazione della pena che, in virtù di tale automatismo applicativo, risulta sproporzionata e ingiusta per chi la subisce.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 660 Co. 3
legge del 24/11/1981 Num. 689 Art. 102
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 2
Costituzione Art. 13 Co.
Costituzione Art. 27 Co. 3
Testo dell'ordinanza
N. 89 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2025 Ordinanza del 16 aprile 2025 del Tribunale di sorveglianza di Bologna nel procedimento di sorveglianza nei confronti di D.A. D.N.. Reati e pene - Pene sostitutive - Mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine di cui all'art. 660, comma 3, cod. proc. pen. indicato nell'ordine di esecuzione - Denunciata norma che non prevede dopo le parole "ne comporta la conversione nella semiliberta' sostitutiva" le parole "o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l'art. 58." - In via conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole "la pena pecuniaria sara' convertita nella semiliberta' sostitutiva", le parole "o nella detenzione domiciliare sostitutiva". - Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), art. 102; Codice di procedura penale, art. 660, comma 3. (GU n. 21 del 21-05-2025) UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA Visti gli atti relativi alla domanda di conversione della pena pecuniaria ex art. 660 del codice di procedura penale proposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forli' il 16 luglio 2024 nei confronti di D.N. D.A., nato a ... il ..., ivi residente in via ... in relazione alla pena pecuniaria di euro 1.840 di ammenda di cui al decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di Forli' il 31 ottobre 2023, esecutivo il 19 dicembre 2023; Il caso Con decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di Forli' il 31 ottobre 2023, esecutivo il 19 dicembre 2023 D.N. D.A. e' stato condannato alla pena pecuniaria di euro 1.840 di ammenda per reato ex art. 4 legge n. 110/1975 commesso a ... il ... La Procura della Repubblica di Forli' con provvedimento SIEP 20010/2024 del 6 febbraio 2024 ha emesso ai sensi del novello art. 660 del codice di procedura penale ordine di esecuzione della pena pecuniaria, ingiungendo alla persona il pagamento entro novanta giorni e fornendo all'interessato tutti gli avvisi di legge previsti dal comma 3 dell'art. 660 del codice di procedura penale; in particolare, gli avvertimenti in punto di conversione della pena pecuniaria, rappresentando al condannato la facolta' di richiedere entro venti giorni la rateizzazione. L'ordine di esecuzione era notificato al difensore ed al condannato l'8 febbraio 2024. Pertanto, il termine per il pagamento della pena pecuniaria risulta scaduto l'8 maggio 2024 senza che l'ingiunto abbia provveduto. Accertato il mancato pagamento e l'assenza di richieste di rateizzazione nel termine di legge, la Procura di Forli' ha dunque trasmesso gli atti a questo Ufficio il 16 luglio 2024 ai sensi dell'art. 660 del codice di procedura penale per procedere alla conversione della pena pecuniaria. Veniva svolta attivita' istruttoria onde verificare se il condannato versasse in condizioni di insolvibilita' ovvero di insolvenza, demandandosi accertamenti alla Questura di Forli'/Cesena sulle attuali condizioni economiche del condannato. In data 22 novembre 2024 giungeva rapporto da parte della Questura di Forli'/Cesena e in data 18 marzo 2025 la chiesta integrazione istruttoria sui redditi con verbale di dichiarazioni resa dal D.N. in cui la persona affermava di percepire redditi netti mensili di 1.400 euro circa e di essere disponibile a svolgere lavoro sostitutivo, con riferimento al quale tuttavia non faceva pervenire nel termine indicato di quindici giorni la scelta dell'ente presso il quale svolgerlo all'Ufficio di Sorveglianza. Come rilevato con recente ordinanza di questo Ufficio a data 31 marzo 2025, emessa nel procedimento n. SIUIS 2024/10525, con la quale veniva proposta analoga questione di legittimita' costituzionale - seppur in termini parzialmente diversi - l'attuale assetto normativo imporrebbe a questa autorita' giudiziaria di procedere alla conversione della pena pecuniaria, applicata quale pena principale e volontariamente non pagata, nella misura della semiliberta' sostitutiva ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981 da eseguirsi in carcere, essendo emerso dagli atti che il mancato adempimento e' dipeso non gia' da una condizione di insolvibilita' contingente, bensi' da insolvenza volontaria da parte del condannato. La persona, infatti, dispone di redditi da lavoro dipendente adeguati e sufficienti al pagamento della pena pecuniaria, sia in unica soluzione, sebbene con un certo aggravio, sia in forma rateizzata (se gli venisse concesso il numero massimo di sessanta rate, il condannato si troverebbe a pagare la somma di 30 euro mensili, piu' che sostenibile considerato lo stipendio mensile, l'alloggio concesso in locazione ai genitori presso il quale al momento dimora, l'assenza di ulteriori e diversi oneri o debiti). Tuttavia, la normativa, allo stato attuale, non consente al magistrato di sorveglianza di disporre una ratealizzazione del pagamento, posto che D.N. e' decaduto da tale possibilita', non avendo proposto istanza in questo senso alla Procura di Forli' secondo le scansioni procedimentali previste dall'art. 660 del codice di procedura penale ne' formalizzato tale richiesta agli organi della Questura. A questo punto, dunque, non potrebbe che prendersi atto dell'insolvenza e provvedere ai sensi degli articoli 660, commi 3, 9 del codice di procedura penale e 102 legge n. 689/1981 alla conversione della pena pecuniaria non pagata nella sanzione della semiliberta' sostitutiva per giorni sette, secondo il criterio di ragguaglio per cui un giorno di semiliberta' sostitutiva corrisponde a 250,00 euro di pena pecuniaria. La questione di legittimita' costituzionale Sembra esservi una irragionevole disparita' di trattamento, con violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, comma 2, della Costituzione insita nel sistema di conversione risultante dagli articoli 660 del codice di procedura penale, 71 e 102 legge n. 689/1981 poiche' il condannato al pagamento di pena pecuniaria originaria in caso di insolvenza, ha unicamente la possibilita' di vedere la pena pecuniaria convertita in semiliberta' sostitutiva mentre il condannato a pena pecuniaria sostitutiva di pena detentiva puo' beneficiare dell'alternativa conversione in semiliberta' sostitutiva o detenzione domiciliare sostitutiva. La scelta normativa tratta in modo differente condizioni di fatto e di diritto del tutto assimilabili, con ritenuta violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all' art. 3, comma 2, della Costituzione e ricadute rilevanti in materia di liberta' personale. In questi termini, la norma si segnala per profili di dubbia costituzionalita', che si ritengono non emendabili in via ermeneutica e che, anche ai fini di una applicazione uniforme, possono essere superati esclusivamente mediante un intervento della Corte costituzionale. Con decreto legislativo n. 150/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia) il Governo in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 avente ad oggetto «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» (Gazzetta Ufficiale n. 237 del 4 ottobre 2021), ha, tra gli altri significativi interventi, ridisegnato la materia dell'esecuzione delle pene pecuniarie. La ratio dell'intervento riformatore e' ben delineata dalla legge delega all'art. 1, comma 16 (1) , ove si esplicita il fine di garantire effettivita' al sistema sanzionatorio nel suo complesso, razionalizzando la materia, introducendo procedure rapide nell'esazione di quanto dovuto dal condannato allo Stato. Invero, i dati circa l'esecuzione concreta delle pene pecuniarie, riportati negli atti preparatori e nella relazione illustrativa al decreto legislativo (2) , apparivano sconfortanti, evidenziando la diffusa ineffettivita' del sistema sanzionatorio pecuniario, non solo nei confronti del condannato che non fosse nelle condizioni di provvedere al pagamento della pena pecuniaria ma anche di coloro che avrebbero potuto essere solvibili. Costoro, infatti, omettendo il pagamento potevano accedere a forme di rateizzazione ovvero di conversione della sanzione ai sensi dell'art. 660 del codice di procedura penale con conseguenze sanzionatorie giudicate dal legislatore particolarmente blande e dal minimo valore coercitivo e quindi general preventivo. A cio' si aggiunga che nel sistema previgente la pena pecuniaria era considerata un mero credito dello Stato verso il condannato, la cui riscossione avveniva in via prioritaria mediante ruolo. Tale circostanza che aveva condotto dapprima all'attribuzione di competenze per il recupero delle somme dovute agli uffici recupero crediti degli uffici giudiziari e, da ultimo, con legge 18 giugno 2009, n. 69, cui si deve l'introduzione dell'art. 227-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, a mente del quale la riscossione mediante ruolo era attivata senza che fosse previamente notificato dall'U.R.C. l'invito al pagamento, devolvendo l'intera materia agli agenti incaricati della riscossione, con lungaggini procedurali che il piu' delle volte esitavano nella prescrizione della pena pecuniaria ai sensi degli articoli 172 e 173 del codice penale. Solo a fronte dell'esito negativo di tale procedura, dunque, l'U.R.C. trasmetteva gli atti alla Procura segnalando la mancata riscossione della pena pecuniaria; l'autorita' requirente, a questo punto, trasmetteva gli atti al magistrato di sorveglianza per la conversione ex art. 660 del codice di procedura penale. Questi, da ultimo, era tenuto a svolgere accertamenti sulle condizioni economiche dell'interessato, spesso a distanza di anni dai fatti e dalla notifica della cartella di pagamento, incorrendo in difficolta' nel reperire il condannato e potendo disporre la conversione solo previo accertamento della insolvibilita' del condannato; nelle ipotesi di insolvenza, infatti, il magistrato di sorveglianza avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti alla Procura ed alle autorita' competenti per la riscossione coattiva del credito. Attivita' che, statisticamente, si traduceva in un continuo inseguire senza esito chi si sottraeva al pagamento. La riforma ha anzitutto determinato l'assegnazione alle Procure di una competenza funzionale prima appannaggio degli uffici recupero crediti e dei concessionari dei servizi di riscossione (Equitalia-Agenzia delle entrate), che vede gli organi requirenti promotori di un procedimento che inizia con un ordine di esecuzione anche per le pene pecuniarie. Altra innovazione e' rappresentata da un radicale ripensamento del meccanismo di conversione che risulta imperniato sulle distinte nozioni di insolvibilita' ed insolvenza. Le nuove norme hanno tipizzato i concetti di insolvenza, per indicare il mancato pagamento colpevole, e di insolvibilita', per indicare il mancato pagamento incolpevole, descrivendo due fattispecie che la legge oggi definisce come strettamente alternative ed a cui associa esiti diversi in sede di conversione. L'art. 660 del codice di procedura penale infatti prevede al comma terzo che l'ordine di esecuzione della Procura contenga «l'avviso che, in mancanza, la pena pecuniaria sara' convertita nella semiliberta' sostitutiva o, in caso di accertata insolvibilita', nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando deve essere eseguita una pena pecuniaria sostitutiva, nella semiliberta' sostitutiva o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ovvero, in caso di accertata insolvibilita', nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi dell'art. 71 della legge 24 novembre 1981, n. 689. L'ordine di esecuzione contiene, inoltre, l'avviso al condannato che, quando non e' gia' stato disposto nella sentenza o nel decreto penale di condanna, entro venti giorni, puo' depositare presso la segreteria del pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai sensi dell'art. 133-ter del codice penale». I commi da sette a dieci, invece, stabiliscono che: «7. Quando accerta il mancato pagamento della pena pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine indicato nell'ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai sensi dell'art. 71 della medesima legge n. 689 del 1981. In ogni caso, se il pagamento della pena pecuniaria e' stato disposto in rate mensili, e' convertita la parte non ancora pagata. 8. Il procedimento per la conversione della pena pecuniaria, anche sostitutiva, e' disciplinato dall'art. 667, comma 4. Per la conversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applica, in quanto compatibile, l'art. 545-bis, comma 2. 9. Il magistrato di sorveglianza provvede alla conversione della pena pecuniaria con ordinanza, previo accertamento della condizione di insolvenza ovvero di insolvibilita' del condannato. A tal fine dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o della residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che il condannato possieda beni o cespiti di reddito e richiede, se necessario, informazioni agli organi finanziari o di polizia giudiziaria. 10. Quando il mancato pagamento della pena pecuniaria e' dovuto a insolvibilita', il condannato puo' chiedere al magistrato di sorveglianza il differimento della conversione per un tempo non superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di insolvibilita' perdura. Ai fini della estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale la conversione e' stata differita.». L'art. 660 del codice di procedura penale espressamente indica che la pena pecuniaria non pagata si converte in una pena sostitutiva secondo le modalita' di conversione stabilite agli articoli 102 e 103 legge n. 689/1981 per le pene pecuniarie e all'art. 71 legge n. 689/1981 per le pene pecuniarie sostitutive di pene detentive brevi. Ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981, rubricato «Conversione delle pene pecuniarie principali per mancato pagamento», laddove la persona non provveda al pagamento della pena pecuniaria entro il termine indicato nell'ordine di esecuzione, la pena pecuniaria non pagata si converte in semiliberta' sostitutiva per la durata massima di quattro anni, se la pena convertita e' quella della multa, o due anni, se la pena convertita e' quella dell'ammenda. Laddove la sentenza abbia disposto il pagamento rateale, la condanna ha luogo per la sola parte residua. Da ultimo, si prevede che dopo l'inizio dell'esecuzione della pena convertita il condannato puo' in qualsiasi momento far cessare la semiliberta', pagando la pena residua e, in questo caso, puo' essere ammesso nuovamente al pagamento rateale ex art. 133-ter del codice penale. Trattandosi di inadempimento colpevole, la conversione si realizza per legge con la pena sostitutiva massima, vale a dire la semiliberta' sostitutiva da eseguirsi in carcere, secondo i criteri di cui all'art. 135 del codice penale (250,00 euro per giorno di pena detentiva) per un massimo di quattro anni, se la pena e' quella della multa, ovvero due anni, se la pena e' quella dell'ammenda. E' evidente la ratio che ha ispirato la scelta di prevedere, per l'insolvenza una pena sostitutiva restrittiva che realizza una forma di espiazione propriamente di tipo carcerario: rappresentare conseguenze particolarmente gravose quali la detenzione inframuraria come sanzione per il mancato pagamento da parte di chi pur potendo pagare non vi provveda, ottenendo auspicabilmente l'adempimento spontaneo da parte del condannato. Si tratta di una scelta chiara e che segue le linee guida espresse nella relazione gia' citata. L'art. 103 legge n. 689/1981, tuttavia, rubricato espressamente Mancato pagamento della pena pecuniaria per insolvibilita' del condannato, invece, trova applicazione «Quando le condizioni economiche patrimoniali del condannato al momento dell'esecuzione rendono impossibile il pagamento della multa o dell'ammenda entro il termine di cui all'art. 660 del codice di procedura penale indicato nell'ordine di esecuzione [...]», condizioni al ricorrere delle quali si realizza la diversa fattispecie della insolvibilita': la persona condannata versa in condizioni economiche che le rendono impossibile il pagamento, ma trattasi di un inadempimento incolpevole. La pena pecuniaria non pagata per insolvibilita' si converte, ai sensi dell'art. 103 legge n. 689/1981 in via principale nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo ex art. 56-bis legge n. 689/1981 e, solo in caso di opposizione del condannato, nella detenzione domiciliare sostitutiva di cui all'art. 56 legge n. 689/1981. Dunque, cio' che giustifica, in questo meccanismo, l'imposizione di una misura restrittiva della liberta' personale in luogo di una meramente limitativa non e', pero', la mera insolvibilita', bensi' la congiunta ricorrenza di insolvibilita' e opposizione al lavoro, in cui l'elemento discretivo e' dato dalla volonta' del condannato. Solo il concorso della volonta' del condannato, dunque, consente l'inflizione di una misura restrittiva della liberta' personale in luogo di quella limitativa, secondo una gradazione degli interessi che attribuisce al condannato la disponibilita' dei propri diritti. Se questa e' la disciplina prevista per la conversione delle pene originariamente pecuniarie (articoli 102 e 103 legge n. 689/1981 come novellati), la riforma ha poi previsto meccanismi di conversione parzialmente diversi nel caso in cui il mancato pagamento riguardi non gia' una pena pecuniaria principale, ma una pena pecuniaria sostitutiva di pena detentiva. La disciplina e' gia' richiamata sinteticamente nell'art. 660, comma 3 del codice di procedura penale succitato, ma e' piu' specificatamente dettagliata all'art. 71 legge n. 689/1981. La norma, infatti, stabilisce al comma primo che alle pene pecuniarie sostitutive di pena detentiva si applica l'art. 660 del codice di procedura penale, in ossequio al principio generale di cui all'art. 57 legge n. 689/1981 che vede la pena pecuniaria sostitutiva parificata ad ogni effetto di legge alla pena pecuniaria originaria. Il comma secondo dell'art. 660 del codice di procedura penale, invece, prevede tra l'altro che nel caso di mancato pagamento alla scadenza della pena pecuniaria sostitutiva, la stessa e' revocata e convertita in semiliberta' sostitutiva o detenzione domiciliare sostitutiva. Se e' stato disposto il pagamento rateale, la revoca e la conversione operano a partire dal mancato pagamento di una rata e solo limitatamente alla pena pecuniaria residua. Il comma terzo, invece, prevede che laddove le condizioni economiche del condannato al momento dell'esecuzione rendano impossibile il pagamento entro la scadenza indicata nell'ordine di esecuzione della procura, la pena pecuniaria sostitutiva e' revocata e si converte nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo solo ove la persona non vi si opponga, venendo viceversa convertita in detenzione domiciliare sostitutiva. La norma, da ultimo, richiama l'ultimo periodo del comma precedente in punto di rateizzazione. Dalla disamina condotta sulla normativa complessiva puo' cogliersi la differente disciplina rimediale tracciata dal legislatore per le diverse ipotesi di insolvenza e insolvibilita', distinguendo, dunque, tra mancato pagamento colpevole e mancato pagamento incolpevole. Il nuovo sistema, come visto, nell'ottica di garantire effettivita' ed efficacia deterrente rispetto al mancato pagamento, e' ben piu' rigido non solo nel sanzionare il condannato inadempiente con la conversione, ma anche nel fissare precise scansioni temporali in cui viene in rilievo il giudizio sulla insolvenza o insolvibilita', ancorate al termine di pagamento fissato dalla Procura, nonche' nel restringere le ipotesi in cui e' consentito dare spazio alla valutazione/rivalutazione delle condizioni economiche dell'interessato per l'accesso agli istituti del differimento e della rateizzazione rispetto alle diverse condizioni di insolvibilita' o insolvenza. In generale, si assume, vi e' un evidente favor dell'ordinamento per la riscossione della pena pecuniaria, che assegna alla procedura di conversione il ruolo di extrema ratio del sistema. La rateizzazione e' disciplinata all'art. 133-ter del codice penale e viene concepita quale beneficio che consente di agevolare l'adempimento dell'obbligazione di pagamento, adeguando la pretesa di riscossione dello Stato alle condizioni economiche della persona le concrete modalita' esecutive della sanzione, dilazionandole nel tempo. In assenza di istanza di rateizzazione, o in caso di decadenza dal beneficio, e a fronte del mancato pagamento nel termine, il magistrato di sorveglianza a norma del comma 9 dell'art. 660 del codice di procedura penale effettuera' le verifiche per stabilire se l'inadempimento dipende da una condizione di insolvenza o di insolvibilita'. Laddove ravvisi che il condannato non abbia provveduto al pagamento perche' insolvibile, potra' disporre il differimento della conversione per un massimo di un anno, ai sensi dell'art. 660, comma 10, del codice di procedura penale; oppure procedere alla conversione ai sensi dell'art. 103 legge n. 689/1981 o del terzo comma dell'art. 71 legge n. 689/1981. Ma, se il magistrato accerta una condizione di solvibilita', essendo il condannato nelle condizioni di pagare, anche eventualmente accedendo alla rateizzazione da cui e' decaduto o che non ha chiesto, la norma offre come sola alternativa la conversione della pena pecuniaria e l'inizio dell'esecuzione della pena sostitutiva convertita. Cio' perche' a questo punto della procedura la persona risultata non insolvibile sara' gia' stata messa nelle condizioni di provvedere al pagamento rateale: infatti, o il condannato era stato ammesso al beneficio dal giudice di merito e vi e' decaduto; ovvero, pur a fronte degli avvertimenti contenuti nell'ordine di esecuzione, non ha avanzato richiesta di rateizzazione nei termini. In entrambi i casi la persona non ha adempiuto colpevolmente o non si e' attivata in modo negligente, rendendosi passibile di un rimprovero che legittima la conversione ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981. Egli, in altre parole, avra' esaurito le proprie chances affinche' l'ordinamento valuti le sue condizioni economiche agevolandolo nei pagamenti, meritando l'avvio dell'esecuzione della pena sostitutiva. E' evidente lo spirito che ha animato il legislatore in questo senso: il metus del carcere per ottenere il pagamento spontaneo delle pene pecuniarie, siano esse originarie o sostitutive. Tuttavia, le perplessita' di compatibilita' con l'assetto costituzionale che tutela la liberta' personale e l'uguaglianza sostanziale risultano rilevanti al punto da far dubitare, sotto certi profili, della legittimita' di questa opzione normativa, sotto il profilo della sua proporzionalita' e coerenza con gli obiettivi deflattivi della popolazione carceraria fatti anch'essi propri dalla riforma che introduce le sanzioni sostitutive. Nel sistema delineato dal legislatore si realizza una radicale discrasia tra i meccanismi di conversione previsti per le pene pecuniarie originarie e quelli previsti per le pene pecuniarie sostitutive delle pene detentive brevi. Le due discipline sono del tutto omologhe in caso di insolvibilita' prevedendo tanto l'art. 103 legge n. 689/1981 quanto l'art. 71, comma 3, legge n. 689/1981 la prioritaria conversione della pena pecuniaria non pagata nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo e, solo a fronte di opposizione del condannato, l'applicazione detenzione domiciliare sostitutiva. Viceversa, in caso di insolvenza le norme di riferimento prevedono esiti parzialmente difformi. L'art. 102 legge n. 689/1981, infatti, stabilisce che in caso di mancato pagamento colpevole la pena pecuniaria originaria (come nel caso di specie) si converta nella semiliberta' sostitutiva, prevedendo un'unica modalita' di esecuzione possibile. L'art. 71 legge n. 689/1981, invece, prevede che il mancato pagamento della pena pecuniaria sostitutiva entro il termine consente al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo alternativamente tra la semiliberta' sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva. In entrambi i casi, la conversione origina da un medesimo fatto: il mancato pagamento della pena pecuniaria per condotta colpevole del condannato. Circostanza che costituzionalmente richiede l'assoggettamento delle due fattispecie alla medesima disciplina, cosi' come previsto nel caso di insolvibilita'. L'attuale differente assetto normativo per analoghe ipotesi di insolvenza, infatti, pare arrecare un rilevante vulnus al principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, comma 2, della Costituzione, connotandosi in termini di irragionevolezza per la disparita' di trattamento che ne consegue, poiche' la normativa nel suo complesso non consente al magistrato di sorveglianza una valutazione del caso concreto, imponendo una sola misura sostitutiva possibile. Lo stesso legislatore prevede una disciplina comune laddove il mancato pagamento derivi da insolvibilita' agli articoli 103, comma 3, legge n. 689/1981 e 71, comma 3, legge n. 689/1981. L'elemento discretivo e differenziale della disciplina si rinviene solo con riferimento alla ipotesi della insolvenza. Occorre, a questo punto, verificare se l'opzione normativa sia sorretta da una ratio adeguata che consenta di valutare in termini di ragionevolezza questa differenziazione. Potrebbe essere il genus della misura da convertire ad aver guidato la scelta legislativa nell'uno e nell'altro caso. Alla base di questa differenziazione si potrebbe cogliere l'idea che mentre le pene pecuniarie originarie di solito accedono a reati gravi quale sanzione principale, la pena pecuniaria sostitutiva rappresenterebbe, secondo la prospettiva assunta dal legislatore la piu' mite risposta che l'ordinamento offre ad una sanzione detentiva contenuta entro l'anno e, in ipotesi, cio' evidenzierebbe tale misura come statisticamente applicabile a delitti di minore gravita'. Si tratta, tuttavia, di argomenti che, invero, appaiono irragionevoli. Quanto alla tesi per cui la pena pecuniaria originaria sarebbe espressiva di maggiore pericolosita' sociale, giova evidenziare che nel sistema sanzionatorio classico, la pena pecuniaria e' sempre considerata meno afflittiva della pena detentiva e, nell'ambito di una condanna, puo' presentarsi in aggiunta alla pena detentiva. In questo senso, sostenere che le pene pecuniarie sostitutive di pene detentive brevi siano la piu' mite risposta dell'ordinamento alla violazione della legge penale appare, quantomeno, frutto di una lettura semplicistica del sistema complessivo di esecuzione penale. Non puo' dubitarsi che rispetto ad una pena originariamente detentiva, reclusione o arresto, passibile di conversione in pena pecuniaria, una pena originariamente pecuniaria quale la multa e, a fortiori, l'ammenda, sia sempre da intendersi come sanzione penalmente piu' mite. Cio' in considerazione del fatto che se l'una vede tramutata la propria natura da detentiva a pecuniaria in forza di una valutazione concreta operata dal giudice, l'altra e' gia' stata in astratto selezionata dal legislatore come pena adeguata alla gravita' di quel fatto, nel senso che tipicamente lo stesso non richiede il presidio di sanzioni di tipo coercitivo, sulla base di una valutazione di politica criminale e di tutela dei beni giuridici operata dal legislatore. E' dunque sul piano della tipizzazione normativa che l'asserita maggiore gravita' della pena pecuniaria originaria rispetto alla pena pecuniaria sostitutiva di pena detentiva risulta un argomento non convincente e che non puo' assumersi ragionevolmente alla base del diverso regime giuridico delineato. Non dovrebbe potersi validamente stabilire una differente disciplina per situazioni di fatto e di diritto del tutto analoghe, prevedendo che a fronte di un medesimo comportamento colpevole del condannato per il mancato pagamento di pena pecuniaria (originaria o sostitutiva che sia) nell'un caso possa darsi luogo solo ad applicazione della semiliberta' sostitutiva, mentre nell'altro sia consentito al giudice di scegliere la misura piu' adeguata tra la semiliberta' sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva. Cio' appare ancor piu' irrazionale laddove si consideri che e' lo stesso legislatore delegato a stabilire, all'art. 57 ultimo comma legge n. 689/1981 che «la pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della pena detentiva», cosi' indicando che ai fini della esecuzione penale l'originarieta' o meno della pena pecuniaria non ne muta la natura, che e' la medesima, dunque anche i rimedi in caso d'inadempimento, colpevole o incolpevole, devono essere rispettivamente gli stessi, per evitare disparita' di trattamento di situazioni esattamente sovrapponibili. Quindi si vuole qui ribadire che il rimedio differenziato in ipotesi di inadempimento colpevole della pena pecuniaria originaria, che determina la conversione nella sola semiliberta' sostitutiva, e di inadempimento colpevole della pena pecuniaria sostitutiva, che determina la conversione nelle alternative detenzione domiciliare sostitutiva o semiliberta' sostitutiva, secondo la discrezionalita' del magistrato di sorveglianza contrasta con il principio di uguaglianza sostanziale (art. 3 della Costituzione). L'assunto e' tanto piu' vero e rilevante in quanto il magistrato di sorveglianza, laddove abbia a disposizione una alternativa, orientera' la propria discrezionalita' verso l'applicazione in via preferenziale della detenzione domiciliare sostitutiva, poiche' implicante il minor sacrificio possibile della liberta' personale del condannato che abbia un idoneo domicilio, divenendo l'applicazione della semiliberta' sostitutiva - in questi casi e giustamente per quanto si e' sopra argomentato - rimedio del tutto residuale, applicabile ad esempio nei casi ove il condannato non abbia domicilio idoneo. Ed allora si presenta lampante l'irragionevole conseguenza che deriva, nel caso sottoposto a questo giudice ed in molti altri che si presenteranno (tendenzialmente in procedimenti iscritti dal 2024 in avanti per fatti commessi dal 2023 in poi poiche' le nuove norme in questione, costituendo una disciplina deteriore rispetto a quelle precedentemente in vigore, si applicano solo a partire dalla loro entrata in vigore e non per fatti commessi antecedentemente), nel dover sottoporre il condannato a sette giorni di semiliberta' sostitutiva di pena pecuniaria da eseguirsi in carcere (e non a sette giorni di detenzione domiciliare sostitutiva - poiche' alternativa non prevista dalla legge -) nella ipotesi che occupa di mancato pagamento colpevole di pena pecuniaria originaria. Preme considerare che l'applicazione della semiliberta' sostitutiva per un cosi' breve periodo di tempo pone problemi pure sul piano pratico, per il sovraffollamento degli istituti di pena, anche nelle sezioni dedicate ai semiliberi, con necessita' di redigere programmi di trattamento da parte degli operatori per periodi, appunto, cosi' brevi di espiazione. In estrema sintesi si osserva che il disallineamento tra le due discipline ha l'effetto irragionevole di sanzionare piu' gravemente l'inadempimento di una pena pecuniaria tout court rispetto a quello di una pena pecuniaria originariamente detentiva, determinando la incarcerazione dell'inadempiente, senza prevedere alternativa, in contrasto con gli articoli 13, 3 e 27 della Costituzione. Non consentire poi al magistrato di sorveglianza di gradare ed individualizzare il trattamento sanzionatorio, precludendo in radice la scelta tra la misura piu' grave e quella meno afflittiva di tipo domiciliare, espone inoltre il sistema al rischio di sanzionare troppo. E una pena sproporzionata e', in vero, una pena difficilmente percepibile come giusta da chi la subisce, il che impedisce al condannato di compiere quel percorso interiore di accettazione della condanna e della sanzione necessario alla realizzazione della funzione general e special preventiva. La conversione, dunque, e' un procedimento per far espiare una pena pecuniaria non pagata ma e' altresi', rispetto all'insolvenza, un meccanismo sanzionatorio che, quantomeno rispetto alle pene pecuniarie originarie, ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981, si presenta allo stato attuale del tutto rigido, risolvendosi in un automatismo applicativo sproporzionato e, in ultima analisi, ingiusto per la persona. Poiche' la medesima condizione di insolvenza e' stata assunta dal legislatore, nel medesimo corpus normativo, ai fini di prevedere una disciplina che consente di modulare la risposta ordinamentale tra un massimo ed un minimo di afflizione della liberta' personale in ipotesi di pene pecuniarie sostitutive, non si vedono ragioni per non estendere quest'ultima opzione anche nell'art. 102 legge n. 689/1981 per le pene pecuniarie originarie. A parere della scrivente, dunque, l'attuale disciplina incorre in una evidente incostituzionalita', potendo essere dichiarato l'art. 102 legge n. 689/1981 incostituzionale nella parte in cui non prevede dopo le parole «ne comporta la conversione nella semiliberta' sostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l'art. 58» si' come stabilito nell'art. 71 legge n. 689/1981 (nonche', in via conseguenziale, dichiarando incostituzionale l'art. 660, comma 3, del codice di procedura penale nella parte in cui disciplina gli avvisi al condannato, nella parte in cui non prevede dopo le parole «nella semiliberta' sostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva»). La questione qui posta e' certamente rilevante nel caso di specie, posto che D.N. si trova esattamente nella condizione descritta dall'art. 102 legge n. 689/1981: egli, pur avendo ricevuto gli avvisi da parte della Procura, non ha provveduto al pagamento della pena pecuniaria principale ne' ha richiesto la rateizzazione della stessa entro i termini previsti dalla nuova disciplina ne' ha fatto pervenire all'Ufficio nei termini la scelta dell'ente presso il quale prestare lavoro sostitutivo. E', dunque, decaduto dalla possibilita' di consentire a questo magistrato di procedere alla rateizzazione, che potrebbe ben consentirgli di provvedere al pagamento secondo modalita' meno gravose. Eppure, e' persona che lavora stabilmente e che percepisce redditi da lavoro dipendente di circa 1.400 euro mensili in assenza di ulteriori debiti/oneri. A fronte di questa condizione, questo giudice sarebbe costretto dalla disciplina attuale a convertire la pena in semiliberta' sostitutiva, determinando la carcerazione del condannato. E, solo una volta incarcerato, ed a semiliberta' in corso, egli potra' far valere l'eventuale richiesta di pagamento rateale. Laddove la Corte accogliesse la questione di legittimita' costituzionale, nel presente procedimento si potrebbe scegliere tra semiliberta' sostitutiva e detenzione domiciliare sostitutiva. E cio' attiene alla rilevanza della questione rispetto al caso concreto di cui trattasi. La questione, inoltre, per quanto su esposto, appare non manifestamente infondata e non emendabile mediante interpretazioni costituzionalmente orientate. Invero, il dato normativo testuale non lascia margine per un esito diverso da quello di applicare la semiliberta' sostitutiva all'ipotesi dell'insolvenza rispetto a pena pecuniaria principale. A fronte di queste considerazioni, si ritiene di dover sospendere il procedimento al fine di sollevare la questione di costituzionalita' suesposta. (1) Art. 1, comma 16 della legge delega: «Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale, al codice penale e alla collegata legislazione speciale in materia di pena pecuniaria, al fine di restituire effettivita' alla stessa, sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) razionalizzare e semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie; b) rivedere, secondo criteri di equita', efficienza ed effettivita', i meccanismi e la procedura di conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento per insolvenza o insolvibilita' del condannato; c) prevedere procedure amministrative efficaci, che assicurino l'effettiva riscossione della pena pecuniaria e la sua conversione in caso di mancato pagamento». (2) Cfr. «Decreto legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari - Relazione illustrativa» pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 245 del 19 ottobre 2022 - Suppl. Straordinario n. 5. P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva nei termini indicati in parte motiva, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 102 legge n. 689/1981 per violazione dell'art. 3, comma 2, della Costituzione in relazione all'art. 13 ed all'art. 27, comma 3, della Costituzione, nella parte in cui non prevede dopo le parole «ne comporta la conversione nella semiliberta' sostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l'art. 58.», nonche', in via consequenziale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 660, comma 3, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede dopo le parole «la pena pecuniaria sara' convertita nella semiliberta' sostitutiva» le parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva». Sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e che sia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bologna, 14 aprile 2025 Il magistrato di sorveglianza: De Maria