Reg. ord. n. 89 del 2025 pubbl. su G.U. del 21/05/2025 n. 21

Ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bologna  del 16/04/2025

Tra: D.A. D.N.

Oggetto:

Reati e pene – Pene sostitutive – Mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine di all’art. 660, comma 3, cod. proc. pen. indicato nell’ordine di esecuzione – Denunciata norma che non prevede dopo le parole “ne comporta la conversione nella semilibertà sostitutiva” le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva. Si applica l’art. 58.” – In via conseguenziale, denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole “la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva”, le parole “o nella detenzione domiciliare sostitutiva” – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di cui all’art. 71 della legge n. 689 del 1981 che, in caso di mancato pagamento entro il termine della pena pecuniaria per condotta colpevole del condannato, consente al magistrato di sorveglianza di sostituire la stessa scegliendo tra la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva – Assetto normativo che, per analoghe ipotesi di insolvenza, risulta irragionevole, non essendo consentito al magistrato di sorveglianza una valutazione del caso concreto, imponendo una sola misura sostitutiva possibile – Lesione al principio di uguaglianza sostanziale – Disallineamento tra due discipline che ha l’irragionevole effetto di sanzionare più gravemente l’inadempimento di una pena pecuniaria tout court rispetto a quello di una pena pecuniaria originariamente detentiva, determinando l’incarcerazione dell’inadempiente, senza alternativa – Violazione della libertà personale – Contrasto con il principio di rieducazione della pena che, in virtù di tale automatismo applicativo, risulta sproporzionata e ingiusta per chi la subisce.

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 660  Co. 3

legge  del 24/11/1981  Num. 689  Art. 102



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 13   Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 89 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 aprile 2025

Ordinanza del 16 aprile 2025 del Tribunale di sorveglianza di Bologna
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di D.A. D.N.. 
 
Reati e pene -  Pene  sostitutive  -  Mancato  pagamento  della  pena
  pecuniaria entro il termine di cui  all'art.  660,  comma  3,  cod.
  proc. pen. indicato nell'ordine di esecuzione  -  Denunciata  norma
  che non prevede dopo le parole "ne comporta  la  conversione  nella
  semiliberta' sostitutiva" le parole "o nella detenzione domiciliare
  sostitutiva. Si  applica  l'art.  58."  -  In  via  conseguenziale,
  denunciata previsione, la quale non dispone dopo le parole "la pena
  pecuniaria sara' convertita  nella  semiliberta'  sostitutiva",  le
  parole "o nella detenzione domiciliare sostitutiva". 
- Legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),  art.
  102; Codice di procedura penale, art. 660, comma 3. 


(GU n. 21 del 21-05-2025)

 
                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA 
 
    Visti gli atti relativi alla domanda di  conversione  della  pena
pecuniaria ex art. 660 del codice di procedura penale proposta  dalla
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forli' il  16  luglio
2024 nei confronti di D.N. D.A., nato a ... il ..., ivi residente  in
via ... in relazione alla pena pecuniaria di euro 1.840 di ammenda di
cui al decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale  di
Forli' il 31 ottobre 2023, esecutivo il 19 dicembre 2023; 
 
                               Il caso 
 
    Con decreto penale di condanna emesso dal G.I.P. del Tribunale di
Forli' il 31 ottobre 2023, esecutivo il 19 dicembre 2023 D.N. D.A. e'
stato condannato alla pena pecuniaria di euro 1.840  di  ammenda  per
reato ex art. 4 legge n. 110/1975 commesso a ... il ... 
    La Procura della Repubblica  di  Forli'  con  provvedimento  SIEP
20010/2024 del 6 febbraio 2024 ha emesso ai sensi  del  novello  art.
660 del codice di procedura penale ordine di  esecuzione  della  pena
pecuniaria, ingiungendo  alla  persona  il  pagamento  entro  novanta
giorni e fornendo all'interessato tutti gli avvisi di legge  previsti
dal comma  3  dell'art.  660  del  codice  di  procedura  penale;  in
particolare, gli avvertimenti in  punto  di  conversione  della  pena
pecuniaria, rappresentando al condannato la  facolta'  di  richiedere
entro venti giorni la rateizzazione. 
    L'ordine  di  esecuzione  era  notificato  al  difensore  ed   al
condannato l'8 febbraio 2024. 
    Pertanto, il termine  per  il  pagamento  della  pena  pecuniaria
risulta  scaduto  l'8  maggio  2024  senza   che   l'ingiunto   abbia
provveduto. 
    Accertato il  mancato  pagamento  e  l'assenza  di  richieste  di
rateizzazione nel termine di legge, la Procura di  Forli'  ha  dunque
trasmesso gli atti a questo  Ufficio  il  16  luglio  2024  ai  sensi
dell'art. 660 del codice  di  procedura  penale  per  procedere  alla
conversione della pena pecuniaria. 
    Veniva  svolta  attivita'  istruttoria  onde  verificare  se   il
condannato  versasse  in  condizioni  di  insolvibilita'  ovvero   di
insolvenza, demandandosi accertamenti alla Questura di  Forli'/Cesena
sulle attuali condizioni economiche del condannato. 
    In data  22  novembre  2024  giungeva  rapporto  da  parte  della
Questura di  Forli'/Cesena  e  in  data  18  marzo  2025  la  chiesta
integrazione istruttoria sui redditi  con  verbale  di  dichiarazioni
resa dal D.N. in cui la persona affermava di percepire redditi  netti
mensili di 1.400 euro circa e di essere disponibile a svolgere lavoro
sostitutivo, con riferimento al quale tuttavia non  faceva  pervenire
nel termine indicato di quindici giorni la scelta dell'ente presso il
quale svolgerlo all'Ufficio di Sorveglianza. 
    Come rilevato con recente ordinanza di questo Ufficio a  data  31
marzo 2025, emessa nel procedimento n. SIUIS 2024/10525, con la quale
veniva proposta analoga questione  di  legittimita'  costituzionale -
seppur in termini parzialmente diversi - l'attuale assetto  normativo
imporrebbe  a  questa  autorita'  giudiziaria   di   procedere   alla
conversione della pena pecuniaria, applicata quale pena principale  e
volontariamente  non  pagata,   nella   misura   della   semiliberta'
sostitutiva ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981 da eseguirsi  in
carcere, essendo emerso dagli atti  che  il  mancato  adempimento  e'
dipeso non gia' da  una  condizione  di  insolvibilita'  contingente,
bensi' da insolvenza volontaria da parte del condannato. 
    La persona, infatti, dispone  di  redditi  da  lavoro  dipendente
adeguati e sufficienti al pagamento della  pena  pecuniaria,  sia  in
unica  soluzione,  sebbene  con  un  certo  aggravio,  sia  in  forma
rateizzata (se gli venisse concesso il  numero  massimo  di  sessanta
rate, il condannato si troverebbe  a  pagare  la  somma  di  30  euro
mensili, piu'  che  sostenibile  considerato  lo  stipendio  mensile,
l'alloggio concesso in locazione  ai  genitori  presso  il  quale  al
momento dimora, l'assenza di ulteriori e diversi oneri o debiti). 
    Tuttavia, la normativa,  allo  stato  attuale,  non  consente  al
magistrato  di  sorveglianza  di  disporre  una  ratealizzazione  del
pagamento, posto che D.N.  e'  decaduto  da  tale  possibilita',  non
avendo proposto istanza  in  questo  senso  alla  Procura  di  Forli'
secondo le scansioni procedimentali previste dall'art. 660 del codice
di procedura penale ne' formalizzato tale richiesta agli organi della
Questura. 
    A  questo  punto,  dunque,  non  potrebbe  che   prendersi   atto
dell'insolvenza e provvedere ai sensi degli articoli 660, commi 3,  9
del  codice  di  procedura  penale  e  102  legge  n.  689/1981  alla
conversione della pena pecuniaria non  pagata  nella  sanzione  della
semiliberta' sostitutiva per giorni sette,  secondo  il  criterio  di
ragguaglio per cui un giorno di semiliberta' sostitutiva  corrisponde
a 250,00 euro di pena pecuniaria. 
 
             La questione di legittimita' costituzionale 
 
    Sembra esservi una irragionevole disparita' di  trattamento,  con
violazione del principio di uguaglianza sostanziale di  cui  all'art.
3, comma 2, della Costituzione  insita  nel  sistema  di  conversione
risultante dagli articoli 660 del codice di procedura  penale,  71  e
102 legge n. 689/1981 poiche' il  condannato  al  pagamento  di  pena
pecuniaria  originaria  in  caso  di  insolvenza,  ha  unicamente  la
possibilita' di vedere la pena pecuniaria convertita in  semiliberta'
sostitutiva mentre il condannato a  pena  pecuniaria  sostitutiva  di
pena  detentiva  puo'  beneficiare  dell'alternativa  conversione  in
semiliberta' sostitutiva o detenzione domiciliare sostitutiva. 
    La scelta normativa tratta in modo differente condizioni di fatto
e di diritto del tutto  assimilabili,  con  ritenuta  violazione  del
principio di uguaglianza sostanziale di cui all'  art.  3,  comma  2,
della Costituzione  e  ricadute  rilevanti  in  materia  di  liberta'
personale. 
    In questi termini, la norma si  segnala  per  profili  di  dubbia
costituzionalita', che si ritengono non emendabili in via ermeneutica
e che, anche ai fini di una  applicazione  uniforme,  possono  essere
superati  esclusivamente   mediante   un   intervento   della   Corte
costituzionale. 
    Con decreto legislativo n. 150/2022 (cosiddetta Riforma Cartabia)
il Governo in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 avente
ad oggetto «Delega al Governo per l'efficienza  del  processo  penale
nonche' in materia di giustizia  riparativa  e  disposizioni  per  la
celere definizione dei procedimenti giudiziari»  (Gazzetta  Ufficiale
n.  237  del  4  ottobre  2021),  ha,  tra  gli  altri  significativi
interventi,  ridisegnato  la  materia  dell'esecuzione   delle   pene
pecuniarie. 
    La ratio dell'intervento riformatore e' ben delineata dalla legge
delega all'art. 1, comma 16  (1)  ,  ove  si  esplicita  il  fine  di
garantire effettivita' al sistema sanzionatorio  nel  suo  complesso,
razionalizzando   la   materia,   introducendo    procedure    rapide
nell'esazione di quanto dovuto dal condannato allo Stato. 
    Invero, i dati circa l'esecuzione concreta delle pene pecuniarie,
riportati negli atti preparatori e nella  relazione  illustrativa  al
decreto legislativo (2) , apparivano  sconfortanti,  evidenziando  la
diffusa ineffettivita' del sistema sanzionatorio pecuniario, non solo
nei confronti del  condannato  che  non  fosse  nelle  condizioni  di
provvedere al pagamento della pena pecuniaria ma anche di coloro  che
avrebbero potuto essere solvibili.  Costoro,  infatti,  omettendo  il
pagamento potevano  accedere  a  forme  di  rateizzazione  ovvero  di
conversione della sanzione ai  sensi  dell'art.  660  del  codice  di
procedura  penale  con  conseguenze   sanzionatorie   giudicate   dal
legislatore particolarmente blande e dal minimo valore  coercitivo  e
quindi general preventivo. 
    A cio' si aggiunga che nel sistema previgente la pena  pecuniaria
era considerata un mero credito dello Stato verso il  condannato,  la
cui riscossione avveniva in  via  prioritaria  mediante  ruolo.  Tale
circostanza  che  aveva   condotto   dapprima   all'attribuzione   di
competenze per il recupero delle somme dovute  agli  uffici  recupero
crediti degli uffici giudiziari e, da ultimo,  con  legge  18  giugno
2009, n. 69, cui si deve l'introduzione dell'art. 227-ter del decreto
del Presidente della Repubblica n. 115/2002, a  mente  del  quale  la
riscossione mediante ruolo era attivata senza che  fosse  previamente
notificato dall'U.R.C. l'invito  al  pagamento,  devolvendo  l'intera
materia agli agenti  incaricati  della  riscossione,  con  lungaggini
procedurali che il piu'  delle  volte  esitavano  nella  prescrizione
della pena pecuniaria ai sensi degli articoli 172 e  173  del  codice
penale. 
    Solo a fronte dell'esito  negativo  di  tale  procedura,  dunque,
l'U.R.C. trasmetteva gli atti  alla  Procura  segnalando  la  mancata
riscossione della pena pecuniaria; l'autorita' requirente,  a  questo
punto, trasmetteva gli atti al  magistrato  di  sorveglianza  per  la
conversione ex art. 660 del codice di procedura penale. 
    Questi, da ultimo,  era  tenuto  a  svolgere  accertamenti  sulle
condizioni economiche dell'interessato, spesso a distanza di anni dai
fatti e dalla notifica della cartella  di  pagamento,  incorrendo  in
difficolta'  nel  reperire  il  condannato  e  potendo  disporre   la
conversione  solo  previo  accertamento  della   insolvibilita'   del
condannato; nelle ipotesi di insolvenza, infatti,  il  magistrato  di
sorveglianza avrebbe dovuto ritrasmettere gli atti  alla  Procura  ed
alle autorita' competenti per la riscossione coattiva del credito. 
    Attivita' che,  statisticamente,  si  traduceva  in  un  continuo
inseguire senza esito chi si sottraeva al pagamento. 
    La riforma ha anzitutto determinato l'assegnazione  alle  Procure
di una competenza funzionale prima appannaggio degli uffici  recupero
crediti   e   dei   concessionari   dei   servizi   di    riscossione
(Equitalia-Agenzia delle entrate), che  vede  gli  organi  requirenti
promotori di un procedimento che inizia con un ordine  di  esecuzione
anche per le pene pecuniarie. 
    Altra innovazione e' rappresentata da  un  radicale  ripensamento
del meccanismo di conversione che risulta imperniato  sulle  distinte
nozioni di insolvibilita' ed insolvenza. 
    Le nuove norme hanno tipizzato  i  concetti  di  insolvenza,  per
indicare il mancato pagamento colpevole,  e  di  insolvibilita',  per
indicare  il   mancato   pagamento   incolpevole,   descrivendo   due
fattispecie che la legge oggi definisce come strettamente alternative
ed a cui associa esiti diversi in sede di conversione. 
    L'art. 660 del codice di  procedura  penale  infatti  prevede  al
comma  terzo  che  l'ordine  di  esecuzione  della  Procura  contenga
«l'avviso che, in mancanza, la pena pecuniaria sara' convertita nella
semiliberta' sostitutiva o, in caso di accertata insolvibilita',  nel
lavoro  di  pubblica  utilita'   sostitutivo   o   nella   detenzione
domiciliare sostitutiva, ai sensi degli  articoli  102  e  103  della
legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando deve  essere  eseguita
una pena pecuniaria sostitutiva,  nella  semiliberta'  sostitutiva  o
nella  detenzione  domiciliare  sostitutiva,  ovvero,  in   caso   di
accertata insolvibilita', nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo
o nella detenzione domiciliare sostitutiva,  ai  sensi  dell'art.  71
della  legge  24  novembre  1981,  n.  689.  L'ordine  di  esecuzione
contiene, inoltre, l'avviso al condannato che,  quando  non  e'  gia'
stato disposto nella sentenza o nel decreto penale di condanna, entro
venti giorni, puo'  depositare  presso  la  segreteria  del  pubblico
ministero istanza di pagamento  rateale  della  pena  pecuniaria,  ai
sensi dell'art. 133-ter del codice penale». 
    I commi da sette a dieci, invece, stabiliscono che: 
        «7.  Quando  accerta  il   mancato   pagamento   della   pena
pecuniaria, ovvero  di  una  rata  della  stessa,  entro  il  termine
indicato nell'ordine di esecuzione, il pubblico  ministero  trasmette
gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la  conversione
ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24  novembre  1981,  n.
689, ovvero, quando si tratta  di  pena  pecuniaria  sostitutiva,  ai
sensi dell'art. 71 della medesima legge n.  689  del  1981.  In  ogni
caso, se il pagamento della pena pecuniaria e' stato disposto in rate
mensili, e' convertita la parte non ancora pagata. 
        8. Il procedimento per la conversione della pena  pecuniaria,
anche sostitutiva, e' disciplinato dall'art. 667,  comma  4.  Per  la
conversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102  e
103 della legge 24 novembre 1981,  n.  689,  si  applica,  in  quanto
compatibile, l'art. 545-bis, comma 2. 
        9. Il magistrato di sorveglianza  provvede  alla  conversione
della  pena  pecuniaria  con  ordinanza,  previo  accertamento  della
condizione di insolvenza ovvero di insolvibilita' del  condannato.  A
tal fine dispone le opportune indagini  nel  luogo  del  domicilio  o
della residenza, ovvero  dove  si  ha  ragione  di  ritenere  che  il
condannato  possieda  beni  o  cespiti  di  reddito  e  richiede,  se
necessario,  informazioni  agli  organi  finanziari  o   di   polizia
giudiziaria. 
        10. Quando il mancato  pagamento  della  pena  pecuniaria  e'
dovuto a insolvibilita', il condannato puo' chiedere al magistrato di
sorveglianza il differimento  della  conversione  per  un  tempo  non
superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo  stato  di
insolvibilita'  perdura.  Ai  fini  della   estinzione   della   pena
pecuniaria per decorso del tempo, non  si  tiene  conto  del  periodo
durante il quale la conversione e' stata differita.». 
    L'art. 660 del codice di procedura  penale  espressamente  indica
che la pena pecuniaria non pagata si converte in una pena sostitutiva
secondo le modalita' di conversione stabilite agli articoli 102 e 103
legge n. 689/1981 per le pene  pecuniarie  e  all'art.  71  legge  n.
689/1981 per le pene pecuniarie sostitutive di pene detentive brevi. 
    Ai sensi dell'art. 102 legge n. 689/1981, rubricato  «Conversione
delle pene pecuniarie principali per mancato pagamento»,  laddove  la
persona non provveda al pagamento  della  pena  pecuniaria  entro  il
termine indicato nell'ordine di esecuzione, la  pena  pecuniaria  non
pagata si converte in semiliberta' sostitutiva per la durata  massima
di quattro anni, se la pena convertita e' quella della multa,  o  due
anni, se la pena convertita e' quella dell'ammenda. 
    Laddove la sentenza  abbia  disposto  il  pagamento  rateale,  la
condanna ha luogo per la sola parte residua. 
    Da ultimo, si prevede che  dopo  l'inizio  dell'esecuzione  della
pena convertita il condannato puo' in qualsiasi momento  far  cessare
la semiliberta', pagando la pena residua  e,  in  questo  caso,  puo'
essere ammesso nuovamente al pagamento rateale ex  art.  133-ter  del
codice penale. 
    Trattandosi  di  inadempimento  colpevole,  la   conversione   si
realizza per legge con la pena sostitutiva massima, vale  a  dire  la
semiliberta' sostitutiva da eseguirsi in carcere, secondo  i  criteri
di cui all'art. 135 del codice penale (250,00 euro per giorno di pena
detentiva) per un massimo di quattro anni, se la pena e' quella della
multa, ovvero due anni, se la pena e' quella dell'ammenda. 
    E' evidente la ratio che ha ispirato la scelta di prevedere,  per
l'insolvenza una pena sostitutiva restrittiva che realizza una  forma
di  espiazione  propriamente  di   tipo   carcerario:   rappresentare
conseguenze particolarmente gravose quali la detenzione  inframuraria
come sanzione per il mancato pagamento da parte di  chi  pur  potendo
pagare  non  vi  provveda,  ottenendo  auspicabilmente  l'adempimento
spontaneo da parte del condannato. Si tratta di una scelta  chiara  e
che segue le linee guida espresse nella relazione gia' citata. 
    L'art. 103 legge n. 689/1981, tuttavia,  rubricato  espressamente
Mancato  pagamento  della  pena  pecuniaria  per  insolvibilita'  del
condannato,  invece,  trova  applicazione   «Quando   le   condizioni
economiche patrimoniali del  condannato  al  momento  dell'esecuzione
rendono impossibile il pagamento della multa o dell'ammenda entro  il
termine di cui all'art. 660 del codice di procedura  penale  indicato
nell'ordine di esecuzione [...]», condizioni al ricorrere delle quali
si realizza la diversa fattispecie della insolvibilita':  la  persona
condannata versa in condizioni economiche che le rendono  impossibile
il pagamento, ma trattasi di un inadempimento incolpevole. 
    La pena pecuniaria non pagata per insolvibilita' si converte,  ai
sensi dell'art. 103 legge n. 689/1981 in via principale nel lavoro di
pubblica utilita' sostitutivo ex art. 56-bis  legge  n.  689/1981  e,
solo  in  caso  di  opposizione  del  condannato,  nella   detenzione
domiciliare sostitutiva di cui all'art. 56 legge n. 689/1981. 
    Dunque, cio' che giustifica, in questo meccanismo,  l'imposizione
di una misura restrittiva della liberta' personale in  luogo  di  una
meramente limitativa non e', pero', la mera insolvibilita', bensi' la
congiunta ricorrenza di insolvibilita' e opposizione  al  lavoro,  in
cui l'elemento discretivo e' dato dalla volonta' del condannato. 
    Solo il concorso della volonta' del condannato, dunque,  consente
l'inflizione di una misura restrittiva della  liberta'  personale  in
luogo di quella limitativa, secondo una  gradazione  degli  interessi
che attribuisce al condannato la disponibilita' dei propri diritti. 
    Se questa e' la disciplina prevista per la conversione delle pene
originariamente pecuniarie (articoli 102 e 103 legge n. 689/1981 come
novellati), la riforma ha  poi  previsto  meccanismi  di  conversione
parzialmente diversi nel caso in cui il  mancato  pagamento  riguardi
non gia' una pena  pecuniaria  principale,  ma  una  pena  pecuniaria
sostitutiva di pena detentiva. 
    La disciplina e' gia' richiamata  sinteticamente  nell'art.  660,
comma 3  del  codice  di  procedura  penale  succitato,  ma  e'  piu'
specificatamente dettagliata all'art. 71 legge n. 689/1981. 
    La norma, infatti,  stabilisce  al  comma  primo  che  alle  pene
pecuniarie sostitutive di pena detentiva si applica  l'art.  660  del
codice di procedura penale, in ossequio al principio generale di  cui
all'art. 57 legge n. 689/1981 che vede la pena pecuniaria sostitutiva
parificata ad ogni effetto di legge alla pena pecuniaria originaria. 
    Il comma secondo dell'art. 660 del codice  di  procedura  penale,
invece, prevede tra l'altro che nel caso di  mancato  pagamento  alla
scadenza della pena pecuniaria sostitutiva, la stessa e'  revocata  e
convertita  in  semiliberta'  sostitutiva  o  detenzione  domiciliare
sostitutiva. 
    Se e' stato  disposto  il  pagamento  rateale,  la  revoca  e  la
conversione operano a partire dal mancato pagamento  di  una  rata  e
solo limitatamente alla pena pecuniaria residua. 
    Il  comma  terzo,  invece,  prevede  che  laddove  le  condizioni
economiche  del  condannato  al   momento   dell'esecuzione   rendano
impossibile il pagamento entro la scadenza  indicata  nell'ordine  di
esecuzione della procura, la pena pecuniaria sostitutiva e'  revocata
e si converte nel lavoro di pubblica utilita' sostitutivo solo ove la
persona non vi si opponga, venendo viceversa convertita in detenzione
domiciliare sostitutiva. 
    La  norma,  da  ultimo,  richiama  l'ultimo  periodo  del   comma
precedente in punto di rateizzazione. 
    Dalla  disamina  condotta  sulla   normativa   complessiva   puo'
cogliersi  la   differente   disciplina   rimediale   tracciata   dal
legislatore per le diverse ipotesi di  insolvenza  e  insolvibilita',
distinguendo, dunque,  tra  mancato  pagamento  colpevole  e  mancato
pagamento incolpevole. 
    Il  nuovo  sistema,  come   visto,   nell'ottica   di   garantire
effettivita' ed efficacia deterrente rispetto al  mancato  pagamento,
e' ben piu' rigido non solo nel sanzionare il condannato inadempiente
con la conversione, ma anche nel fissare precise scansioni  temporali
in  cui  viene  in   rilievo   il   giudizio   sulla   insolvenza   o
insolvibilita',  ancorate  al  termine  di  pagamento  fissato  dalla
Procura, nonche' nel restringere le ipotesi in cui e' consentito dare
spazio alla  valutazione/rivalutazione  delle  condizioni  economiche
dell'interessato per l'accesso agli istituti del differimento e della
rateizzazione rispetto alle diverse condizioni  di  insolvibilita'  o
insolvenza. 
    In generale, si assume, vi e' un evidente favor  dell'ordinamento
per la riscossione della pena pecuniaria, che assegna alla  procedura
di conversione il ruolo di extrema ratio del sistema. 
    La rateizzazione e'  disciplinata  all'art.  133-ter  del  codice
penale e viene concepita quale beneficio che  consente  di  agevolare
l'adempimento dell'obbligazione di pagamento, adeguando la pretesa di
riscossione dello Stato alle condizioni economiche della  persona  le
concrete  modalita'  esecutive  della  sanzione,  dilazionandole  nel
tempo. 
    In assenza di istanza di rateizzazione, o in  caso  di  decadenza
dal beneficio, e a fronte  del  mancato  pagamento  nel  termine,  il
magistrato di sorveglianza a norma del  comma  9  dell'art.  660  del
codice di procedura penale effettuera' le verifiche per stabilire  se
l'inadempimento  dipende  da  una  condizione  di  insolvenza  o   di
insolvibilita'. 
    Laddove  ravvisi  che  il  condannato  non  abbia  provveduto  al
pagamento perche' insolvibile, potra' disporre il differimento  della
conversione per un massimo di un anno, ai sensi dell'art. 660,  comma
10, del codice di procedura penale; oppure procedere alla conversione
ai sensi dell'art. 103 legge n. 689/1981 o del terzo comma  dell'art.
71 legge n. 689/1981. 
    Ma, se il magistrato  accerta  una  condizione  di  solvibilita',
essendo il condannato nelle condizioni di pagare, anche eventualmente
accedendo alla rateizzazione da cui e' decaduto o che non ha chiesto,
la norma offre  come  sola  alternativa  la  conversione  della  pena
pecuniaria  e  l'inizio  dell'esecuzione   della   pena   sostitutiva
convertita. 
    Cio' perche' a questo punto della procedura la persona  risultata
non insolvibile sara' gia' stata messa nelle condizioni di provvedere
al pagamento rateale: infatti, o il condannato era stato  ammesso  al
beneficio dal giudice di merito e  vi  e'  decaduto;  ovvero,  pur  a
fronte degli avvertimenti contenuti nell'ordine di esecuzione, non ha
avanzato richiesta di rateizzazione nei termini. 
    In entrambi i casi la persona non ha  adempiuto  colpevolmente  o
non si e' attivata in modo negligente,  rendendosi  passibile  di  un
rimprovero che legittima la conversione ai sensi dell'art. 102  legge
n. 689/1981. 
    Egli,  in  altre  parole,  avra'  esaurito  le  proprie   chances
affinche'  l'ordinamento  valuti   le   sue   condizioni   economiche
agevolandolo nei pagamenti, meritando l'avvio  dell'esecuzione  della
pena sostitutiva. 
    E' evidente lo spirito che ha animato il  legislatore  in  questo
senso: il metus del carcere per ottenere il pagamento spontaneo delle
pene pecuniarie, siano esse originarie o sostitutive. 
    Tuttavia,  le  perplessita'  di  compatibilita'   con   l'assetto
costituzionale che  tutela  la  liberta'  personale  e  l'uguaglianza
sostanziale risultano rilevanti al punto da far dubitare, sotto certi
profili, della legittimita' di questa  opzione  normativa,  sotto  il
profilo della sua  proporzionalita'  e  coerenza  con  gli  obiettivi
deflattivi della popolazione carceraria fatti anch'essi propri  dalla
riforma che introduce le sanzioni sostitutive. 
    Nel sistema delineato dal legislatore si  realizza  una  radicale
discrasia tra i  meccanismi  di  conversione  previsti  per  le  pene
pecuniarie originarie  e  quelli  previsti  per  le  pene  pecuniarie
sostitutive delle pene detentive brevi. 
    Le  due  discipline  sono  del  tutto   omologhe   in   caso   di
insolvibilita' prevedendo tanto l'art. 103 legge n.  689/1981  quanto
l'art. 71, comma 3, legge  n.  689/1981  la  prioritaria  conversione
della pena pecuniaria non pagata  nel  lavoro  di  pubblica  utilita'
sostitutivo  e,  solo  a  fronte  di  opposizione   del   condannato,
l'applicazione detenzione domiciliare sostitutiva. 
    Viceversa,  in  caso  di  insolvenza  le  norme  di   riferimento
prevedono esiti parzialmente difformi. 
    L'art. 102 legge n. 689/1981, infatti, stabilisce che in caso  di
mancato pagamento colpevole la pena pecuniaria originaria  (come  nel
caso  di  specie)  si  converta   nella   semiliberta'   sostitutiva,
prevedendo un'unica modalita' di esecuzione possibile. 
    L'art. 71 legge n.  689/1981,  invece,  prevede  che  il  mancato
pagamento della pena pecuniaria sostitutiva entro il termine consente
al magistrato di sorveglianza  di  sostituire  la  stessa  scegliendo
alternativamente tra la  semiliberta'  sostitutiva  e  la  detenzione
domiciliare sostitutiva. 
    In entrambi i casi, la conversione origina da un medesimo  fatto:
il mancato pagamento della pena pecuniaria per condotta colpevole del
condannato. 
    Circostanza  che  costituzionalmente  richiede  l'assoggettamento
delle due fattispecie alla medesima disciplina, cosi'  come  previsto
nel caso di insolvibilita'. 
    L'attuale differente assetto normativo per  analoghe  ipotesi  di
insolvenza, infatti, pare arrecare un rilevante vulnus  al  principio
di  uguaglianza  sostanziale  di  cui  all'art.  3,  comma  2,  della
Costituzione, connotandosi in  termini  di  irragionevolezza  per  la
disparita' di trattamento che ne consegue, poiche' la  normativa  nel
suo  complesso  non  consente  al  magistrato  di  sorveglianza   una
valutazione del caso concreto, imponendo una sola misura  sostitutiva
possibile. 
    Lo stesso legislatore prevede una disciplina  comune  laddove  il
mancato pagamento derivi da insolvibilita' agli articoli  103,  comma
3, legge n. 689/1981 e 71, comma 3, legge n. 689/1981. 
    L'elemento  discretivo  e  differenziale  della   disciplina   si
rinviene solo con riferimento alla ipotesi della insolvenza. 
    Occorre, a questo punto, verificare se  l'opzione  normativa  sia
sorretta da una ratio adeguata che consenta di valutare in termini di
ragionevolezza questa differenziazione. 
    Potrebbe essere il genus  della  misura  da  convertire  ad  aver
guidato la scelta legislativa nell'uno e nell'altro caso. 
    Alla base di questa differenziazione si potrebbe cogliere  l'idea
che mentre le pene pecuniarie originarie di solito accedono  a  reati
gravi quale  sanzione  principale,  la  pena  pecuniaria  sostitutiva
rappresenterebbe, secondo la prospettiva assunta dal  legislatore  la
piu' mite risposta che l'ordinamento offre ad una sanzione  detentiva
contenuta entro l'anno e, in ipotesi, cio' evidenzierebbe tale misura
come statisticamente applicabile a delitti di minore gravita'. 
    Si  tratta,  tuttavia,  di  argomenti   che,   invero,   appaiono
irragionevoli. 
    Quanto alla tesi per cui la pena  pecuniaria  originaria  sarebbe
espressiva di maggiore pericolosita' sociale, giova  evidenziare  che
nel sistema sanzionatorio classico,  la  pena  pecuniaria  e'  sempre
considerata meno afflittiva della pena detentiva  e,  nell'ambito  di
una condanna, puo' presentarsi in aggiunta alla pena detentiva. 
    In questo senso, sostenere che le pene pecuniarie sostitutive  di
pene detentive brevi siano la  piu'  mite  risposta  dell'ordinamento
alla violazione della legge penale appare, quantomeno, frutto di  una
lettura semplicistica del sistema complessivo di esecuzione penale. 
    Non puo' dubitarsi  che  rispetto  ad  una  pena  originariamente
detentiva, reclusione o arresto, passibile  di  conversione  in  pena
pecuniaria, una pena originariamente pecuniaria quale la multa  e,  a
fortiori,  l'ammenda,  sia  sempre  da   intendersi   come   sanzione
penalmente piu' mite. 
    Cio' in considerazione del fatto che se l'una vede  tramutata  la
propria natura da detentiva a pecuniaria in forza di una  valutazione
concreta operata dal giudice,  l'altra  e'  gia'  stata  in  astratto
selezionata dal legislatore come pena adeguata alla gravita' di  quel
fatto, nel senso che tipicamente lo stesso non richiede  il  presidio
di sanzioni di tipo coercitivo, sulla  base  di  una  valutazione  di
politica criminale  e  di  tutela  dei  beni  giuridici  operata  dal
legislatore. 
    E' dunque sul piano della tipizzazione normativa  che  l'asserita
maggiore gravita' della pena pecuniaria originaria rispetto alla pena
pecuniaria sostitutiva di pena detentiva  risulta  un  argomento  non
convincente e che non puo' assumersi ragionevolmente  alla  base  del
diverso regime giuridico delineato. 
    Non  dovrebbe  potersi  validamente  stabilire   una   differente
disciplina per situazioni di fatto e di diritto del  tutto  analoghe,
prevedendo che a fronte di un medesimo  comportamento  colpevole  del
condannato per il mancato pagamento di pena pecuniaria (originaria  o
sostitutiva  che  sia)  nell'un  caso  possa  darsi  luogo  solo   ad
applicazione della semiliberta' sostitutiva,  mentre  nell'altro  sia
consentito al giudice di scegliere la misura  piu'  adeguata  tra  la
semiliberta' sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva. 
    Cio' appare ancor piu' irrazionale laddove si consideri che e' lo
stesso legislatore delegato a stabilire,  all'art.  57  ultimo  comma
legge n. 689/1981 che «la pena pecuniaria si  considera  sempre  come
tale, anche se sostitutiva della pena detentiva», cosi' indicando che
ai fini della esecuzione penale l'originarieta'  o  meno  della  pena
pecuniaria non ne muta la natura, che e' la medesima, dunque anche  i
rimedi in  caso  d'inadempimento,  colpevole  o  incolpevole,  devono
essere  rispettivamente  gli  stessi,  per  evitare   disparita'   di
trattamento di situazioni esattamente sovrapponibili. 
    Quindi si vuole qui ribadire  che  il  rimedio  differenziato  in
ipotesi di inadempimento colpevole della pena pecuniaria  originaria,
che determina la conversione nella sola semiliberta'  sostitutiva,  e
di inadempimento colpevole della  pena  pecuniaria  sostitutiva,  che
determina la conversione  nelle  alternative  detenzione  domiciliare
sostitutiva o semiliberta' sostitutiva, secondo  la  discrezionalita'
del  magistrato  di  sorveglianza  contrasta  con  il  principio   di
uguaglianza sostanziale (art. 3 della Costituzione). 
    L'assunto e' tanto piu' vero e rilevante in quanto il  magistrato
di  sorveglianza,  laddove  abbia  a  disposizione  una  alternativa,
orientera' la propria discrezionalita' verso  l'applicazione  in  via
preferenziale  della  detenzione  domiciliare  sostitutiva,   poiche'
implicante il minor sacrificio possibile della liberta' personale del
condannato che abbia un idoneo  domicilio,  divenendo  l'applicazione
della semiliberta' sostitutiva - in questi  casi  e  giustamente  per
quanto si  e'  sopra  argomentato  -  rimedio  del  tutto  residuale,
applicabile ad esempio nei casi ove il condannato non abbia domicilio
idoneo. 
    Ed allora si presenta lampante  l'irragionevole  conseguenza  che
deriva, nel caso sottoposto a questo giudice ed in molti altri che si
presenteranno (tendenzialmente in procedimenti iscritti dal  2024  in
avanti per fatti commessi dal 2023 in poi poiche' le nuove  norme  in
questione, costituendo una disciplina  deteriore  rispetto  a  quelle
precedentemente in vigore, si applicano solo  a  partire  dalla  loro
entrata in vigore e non per  fatti  commessi  antecedentemente),  nel
dover  sottoporre  il  condannato  a  sette  giorni  di  semiliberta'
sostitutiva di pena pecuniaria da eseguirsi in carcere (e non a sette
giorni di detenzione domiciliare sostitutiva  -  poiche'  alternativa
non prevista dalla legge -)  nella  ipotesi  che  occupa  di  mancato
pagamento colpevole di pena pecuniaria originaria. 
    Preme   considerare   che   l'applicazione   della   semiliberta'
sostitutiva per un cosi' breve periodo di tempo  pone  problemi  pure
sul piano pratico, per il sovraffollamento degli  istituti  di  pena,
anche  nelle  sezioni  dedicate  ai  semiliberi,  con  necessita'  di
redigere programmi  di  trattamento  da  parte  degli  operatori  per
periodi, appunto, cosi' brevi di espiazione. 
    In estrema sintesi si osserva che il disallineamento tra  le  due
discipline ha l'effetto irragionevole di sanzionare  piu'  gravemente
l'inadempimento di una pena pecuniaria tout court rispetto  a  quello
di una pena pecuniaria  originariamente  detentiva,  determinando  la
incarcerazione dell'inadempiente,  senza  prevedere  alternativa,  in
contrasto con gli articoli 13, 3 e 27 della Costituzione. 
    Non consentire poi al magistrato di sorveglianza  di  gradare  ed
individualizzare il trattamento sanzionatorio, precludendo in  radice
la scelta tra la misura piu' grave e quella meno afflittiva  di  tipo
domiciliare, espone inoltre  il  sistema  al  rischio  di  sanzionare
troppo. 
    E una pena sproporzionata e', in  vero,  una  pena  difficilmente
percepibile come giusta da  chi  la  subisce,  il  che  impedisce  al
condannato di compiere quel percorso interiore di accettazione  della
condanna  e  della  sanzione  necessario  alla  realizzazione   della
funzione general e special preventiva. 
    La conversione, dunque, e' un procedimento per  far  espiare  una
pena pecuniaria non pagata ma e' altresi',  rispetto  all'insolvenza,
un  meccanismo  sanzionatorio  che,  quantomeno  rispetto  alle  pene
pecuniarie originarie, ai sensi dell'art. 102 legge n.  689/1981,  si
presenta allo stato attuale del  tutto  rigido,  risolvendosi  in  un
automatismo applicativo sproporzionato e, in ultima analisi, ingiusto
per la persona. 
    Poiche' la medesima condizione di insolvenza e' stata assunta dal
legislatore, nel medesimo corpus normativo, ai fini di prevedere  una
disciplina che consente di modulare la risposta ordinamentale tra  un
massimo ed un  minimo  di  afflizione  della  liberta'  personale  in
ipotesi di pene pecuniarie sostitutive, non si vedono ragioni per non
estendere quest'ultima opzione anche nell'art. 102 legge n.  689/1981
per le pene pecuniarie originarie. 
    A parere della scrivente, dunque, l'attuale disciplina incorre in
una evidente incostituzionalita', potendo  essere  dichiarato  l'art.
102 legge n. 689/1981 incostituzionale nella parte in cui non prevede
dopo  le  parole  «ne  comporta  la  conversione  nella  semiliberta'
sostitutiva» le parole «o nella detenzione  domiciliare  sostitutiva.
Si applica l'art. 58»  si'  come  stabilito  nell'art.  71  legge  n.
689/1981    (nonche',    in    via    conseguenziale,     dichiarando
incostituzionale l'art. 660, comma 3, del codice di procedura  penale
nella parte in cui disciplina gli avvisi al condannato,  nella  parte
in cui non prevede dopo le parole «nella semiliberta' sostitutiva» le
parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva»). 
    La questione qui  posta  e'  certamente  rilevante  nel  caso  di
specie,  posto  che  D.N.  si  trova  esattamente  nella   condizione
descritta dall'art. 102 legge n. 689/1981: egli, pur avendo  ricevuto
gli avvisi da parte della Procura, non  ha  provveduto  al  pagamento
della pena pecuniaria principale ne' ha  richiesto  la  rateizzazione
della stessa entro i termini previsti dalla nuova disciplina  ne'  ha
fatto pervenire all'Ufficio nei termini la scelta dell'ente presso il
quale prestare lavoro sostitutivo. 
    E', dunque, decaduto dalla possibilita' di  consentire  a  questo
magistrato  di  procedere  alla  rateizzazione,  che   potrebbe   ben
consentirgli  di  provvedere  al  pagamento  secondo  modalita'  meno
gravose. 
    Eppure, e'  persona  che  lavora  stabilmente  e  che  percepisce
redditi da lavoro dipendente di circa 1.400 euro mensili  in  assenza
di ulteriori debiti/oneri. 
    A fronte di questa condizione, questo giudice  sarebbe  costretto
dalla  disciplina  attuale  a  convertire  la  pena  in  semiliberta'
sostitutiva, determinando la carcerazione del condannato. 
    E, solo una volta incarcerato, ed a semiliberta' in  corso,  egli
potra' far valere l'eventuale richiesta di pagamento rateale. 
    Laddove  la  Corte  accogliesse  la  questione  di   legittimita'
costituzionale, nel presente procedimento si potrebbe  scegliere  tra
semiliberta' sostitutiva e detenzione domiciliare sostitutiva. 
    E cio' attiene alla rilevanza della questione  rispetto  al  caso
concreto di cui trattasi. 
    La  questione,  inoltre,  per  quanto  su  esposto,  appare   non
manifestamente infondata e non  emendabile  mediante  interpretazioni
costituzionalmente orientate. 
    Invero, il dato normativo testuale  non  lascia  margine  per  un
esito diverso da quello  di  applicare  la  semiliberta'  sostitutiva
all'ipotesi dell'insolvenza rispetto a pena pecuniaria principale. 
    A fronte di queste considerazioni, si ritiene di dover sospendere
il   procedimento   al   fine   di   sollevare   la   questione    di
costituzionalita' suesposta. 

(1) Art. 1, comma 16 della legge delega: «Nell'esercizio della delega
    di cui al comma 1, i decreti  legislativi  recanti  modifiche  al
    codice di procedura penale, al codice  penale  e  alla  collegata
    legislazione speciale in materia di pena pecuniaria, al  fine  di
    restituire effettivita' alla stessa, sono adottati  nel  rispetto
    dei seguenti principi e criteri direttivi:  a)  razionalizzare  e
    semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie;
    b)  rivedere,  secondo  criteri   di   equita',   efficienza   ed
    effettivita', i meccanismi e la procedura  di  conversione  della
    pena pecuniaria in caso di mancato  pagamento  per  insolvenza  o
    insolvibilita'   del   condannato;   c)    prevedere    procedure
    amministrative efficaci, che assicurino  l'effettiva  riscossione
    della pena pecuniaria e la sua conversione  in  caso  di  mancato
    pagamento». 

(2) Cfr. «Decreto  legislativo  recante  attuazione  della  legge  27
    settembre 2021 n. 134 recante delega al Governo per  l'efficienza
    del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa  e
    disposizioni  per  la   celere   definizione   dei   procedimenti
    giudiziari  -  Relazione  illustrativa»  pubblicata  in  Gazzetta
    Ufficiale, Serie generale n. 245 del 19  ottobre  2022  -  Suppl.
    Straordinario n. 5. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza,  solleva
nei termini indicati  in  parte  motiva,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  102  legge  n.  689/1981  per   violazione
dell'art. 3, comma 2, della Costituzione in relazione all'art. 13  ed
all'art. 27, comma 3, della Costituzione,  nella  parte  in  cui  non
prevede dopo le parole «ne comporta la conversione nella semiliberta'
sostitutiva» le parole «o nella detenzione  domiciliare  sostitutiva.
Si applica l'art. 58.», nonche', in via consequenziale, questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 660, comma  3,  del  codice  di
procedura penale nella parte in cui non prevede dopo  le  parole  «la
pena pecuniaria sara' convertita nella semiliberta'  sostitutiva»  le
parole «o nella detenzione domiciliare sostitutiva». 
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale. 
    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano
immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed  al   pubblico
ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei  ministri,  e  che
sia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Bologna, 14 aprile 2025 
 
               Il magistrato di sorveglianza: De Maria