Reg. ord. n. 9 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/02/2025 n. 6
Ordinanza del Consiglio di Stato del 15/01/2025
Tra: R.A.V. - Raccordo Autostradale Valle D'Aosta spa C/ Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Oggetto:
Concessioni pubbliche – Prezzi e tariffe – Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti – Previsione che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 è differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari (PEF) predisposti in conformità alle delibere adottate dall'Autorità di regolazione dei trasporti – Previsione che, entro il 30 marzo 2020, i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei PEF, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento – Previsto perfezionamento dell'aggiornamento dei piani economico finanziari presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre il 31 luglio 2020 – Denunciata disciplina che non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dal legislatore nel preambolo di garantire la continuità dell’azione amministrativa, in spregio al buon andamento – Intervento normativo che non riveste carattere di urgenza – Previsione le cui finalità sono diverse da quelle esplicitate dal legislatore e sproporzionate rispetto agli effetti prodotti – Disposizione che produce effetti distorsivi, provocando un ritardo nell’evasione delle istanze del concessionario riguardanti l’adeguamento tariffario e l’aggiornamento del PEF, rendendo difficile l’applicazione degli istituti che compulsano la conclusione di procedimenti con termine ordinatorio scaduto – Deresponsabilizzazione dell’operato dei pubblici dipendenti, non essendo disincentivate le condotte negligenti – Previsione che pregiudica l’efficienza del sistema amministrativo, che presuppone l’esercizio tempestivo e continuo del potere pubblico – Alterazione tra fruizione del bene e pagamento del relativo pedaggio e allontanamento nel tempo della loro corrispondenza – Legge-provvedimento priva di una giustificazione proporzionata agli obiettivi perseguiti e agli effetti sortiti – Produzione di un’irragionevole incisione dei diritti e delle garanzie apprestate dall’ordinamento nello svolgimento di un procedimento amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 – Violazione dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di ragionevolezza – Previsione di un ritardo dell’aggiornamento del PEF e dell’adeguamento delle tariffe che evidenzia una negligente gestione del rapporto nel corso del suo dispiegarsi – Differimento dei termini per l’aggiornamento del PEF e l’adeguamento delle tariffe che pregiudica le capacità programmatorie e di ottenimento delle risorse necessarie per lo svolgimento dell’attività di impresa – Lesione della libertà di impresa – Violazione del principio che riserva alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali – Disposizione che pregiudica i profili concorrenziali della libertà di impresa e il diritto di proprietà, come tutelati dalla disciplina europea e internazionale interposta e dal principio del pacta sunt servanda – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e degli obblighi internazionali.
- Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, [convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8,] art. 13, comma 3, "nella prima formulazione".
- Costituzione, artt. 3, 11, 41, 77, 97 e 117, primo comma; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), artt. 16 e 17; Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), artt. 49, 56 e 63; Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 1.
Concessioni pubbliche – Prezzi e tariffe – Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti – Previsione che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e all’anno 2021 è differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari predisposti in conformità alle delibere adottate dall'Autorità di regolazione dei trasporti – Previsione che, entro il 30 marzo 2020, i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei PEF, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento – Previsto perfezionamento dell'aggiornamento dei PEF presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre il 31 luglio 2021 – Denunciata disciplina che non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dal legislatore nel preambolo di garantire la continuità dell’azione amministrativa, in spregio al buon andamento – Intervento normativo che non riveste carattere di urgenza – Previsione le cui finalità sono diverse da quelle esplicitate dal legislatore e sproporzionate rispetto agli effetti prodotti – Disposizione che produce effetti distorsivi, provocando un ritardo nell’evasione delle istanze del concessionario riguardanti l’adeguamento tariffario e l’aggiornamento del PEF e rendendo difficile l’applicazione degli istituti che compulsano la conclusione di procedimenti con termine ordinatorio scaduto – Deresponsabilizzazione dell’operato dei pubblici dipendenti, non essendo disincentivate le condotte negligenti – Previsione che pregiudica l’efficienza del sistema amministrativo, che presuppone l’esercizio tempestivo e continuo del potere pubblico – Alterazione tra fruizione del bene e pagamento del relativo pedaggio, allontanandone nel tempo la corrispondenza – Legge-provvedimento priva di una giustificazione proporzionata agli obiettivi perseguiti e agli effetti sortiti – Produzione di un’irragionevole incisione dei diritti e delle garanzie apprestate dall’ordinamento nello svolgimento di un procedimento amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 – Violazione dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di ragionevolezza – Previsione di un ritardo dell’aggiornamento del PEF e dell’adeguamento delle tariffe che evidenzia una negligente gestione del rapporto nel corso del suo dispiegarsi – Differimento dei termini per l’aggiornamento del PEF e l’adeguamento delle tariffe che pregiudica le capacità programmatorie e di ottenimento delle risorse necessarie per lo svolgimento dell’attività di impresa – Lesione della libertà di impresa – Violazione del principio che riserva alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali – Disposizione che pregiudica i profili concorrenziali della libertà di impresa e il diritto di proprietà, come tutelati dalla disciplina europea e internazionale e dal principio del pacta sunt servanda – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e degli obblighi internazionali.
- Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, [convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8,] art. 13, comma 3, come modificato dall'art. 13, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 [, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21].
- Costituzione, artt. 3, 11, 41, 77, 97 e 117, primo comma; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), artt. 16 e 17; Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), artt. 49, 56 e 63; Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 1.
Norme impugnate:
decreto-legge del 30/12/2019 Num. 162 Art. 13 Co. 3
legge del 28/02/2020 Num. 8
decreto-legge del 31/12/2020 Num. 183
legge del 26/02/2021 Num. 21
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 77 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 49 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 56 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 63 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 16 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 17 Co.
Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 1 Co.
Udienza Pubblica del 25 giugno 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 9 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2025 Ordinanza del 15 gennaio 2025 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da R.A.V. - Raccordo autostradale Valle D'Aosta spa contro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Autorita' di regolazione dei trasporti.. Concessioni pubbliche - Prezzi e tariffe - Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti - Previsione che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e' differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari (PEF) predisposti in conformita' alle delibere adottate dall'Autorita' di regolazione dei trasporti - Previsione che, entro il 30 marzo 2020, i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei PEF, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento - Previsto perfezionamento dell'aggiornamento dei PEF presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre il 31 luglio 2020. - Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonche' di innovazione tecnologica), [convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8,] art. 13, comma 3, "nella prima formulazione". Concessioni pubbliche - Prezzi e tariffe - Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti - Previsione che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e all'anno 2021 e' differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari (PEF) predisposti in conformita' alle delibere adottate dall'Autorita' di regolazione dei trasporti - Previsione che, entro il 30 marzo 2020, i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei PEF, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento - Previsto perfezionamento dell'aggiornamento dei PEF presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre il 31 luglio 2021. - Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonche' di innovazione tecnologica), [convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8,] art. 13, comma 3, come modificato dall'art. 13, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea) [, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21]. (GU n. 6 del 05-02-2025) IL CONSIGLIO DI STATO In sede giurisdizionale - Sezione Quinta Ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso numero di registro generale 852 del 2021, proposto da R.A.V.- Raccordo Autostradale Valle D'Aosta S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Annoni, Gian Michele Roberti e Luisa Torchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi n. 47; contro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze, Autorita' di regolazione dei trasporti, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghes n. 12; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali, non costituito in giudizio; nei confronti Aiscat-Associazione italiana societa' concessionarie autostrade e trafori, non costituito in giudizio; e con l'intervento di ad adiuvandum: Associazione italiana societa' concessionarie autostrade e trafori - Aiscat, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudio Guccione e Maria Ferrante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; sul ricorso numero di registro generale 2458 del 2022, proposto da R.A.V. - Raccordo Autostradale Valle D'Aosta S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Annoni, Gian Michele Roberti, Luisa Torchia e Francesco Giovanni Albisinni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi n. 47; contro Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze, Autorita' di regolazione dei trasporti, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali, non costituito in giudizio; per la riforma quanto al ricorso n. 2458 del 2022: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle D''Aosta n. 54/2021, resa tra le parti, quanto al ricorso n. 852 del 2021: della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle D''Aosta n. 23/2020, resa tra le parti; Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero dell'economia e delle finanze e Autorita' di regolazione dei trasporti e di Aiscat; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2024 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati Francesco Albisinni in delega degli avvocati Marco Annoni e Luisa Torchia, Gian Michele Roberti e Claudio Guccione. Si da' atto che l'avvocato dello Stato Monica De Vergori ha depositato domanda di passaggio in decisione senza discussione. Visto l'art. 36, comma 2, codice procedura amministrativa; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; FATTO 1. La controversia riguarda l'adeguamento annuale delle tariffe della concessionaria R.A.V. - Raccordo Autostradale Valle d'Aosta S.p.a. (di seguito: «RAV»). 2. RAV ha impugnato la nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (di seguito: «Ministero») 31 dicembre 2019 n. 31633, avente ad oggetto «Aggiornamento tariffario 2020», oltre a ogni ulteriore atto annesso, connesso, presupposto o conseguenziale, ivi inclusi, in particolare e, per quanto occorrer possa, la scheda istruttoria della DGVCA avente ad oggetto «Raccordo Autostradale Valle d'Aosta (RAV) S.p.a., Istruttoria Adeguamenti tariffe autostradali 2020» e il documento della DGVCA recante «Relazione istruttoria relativa alla determinazione del parametro «K» della formula di aggiornamento annuale delle tariffe di cui alla delibera CIPE 39/2007», nella parte in cui «possano ritenersi che non riconoscono a RAV la percentuale di incremento tariffario richiesta dalla societa'». 3. Il Tribunale amministrativo regionale Valle d'Aosta ha respinto il ricorso con sentenza 29 giugno 2020 n. 23. 4. La sentenza e' stata appellata da RAV con ricorso n. 852 del 2021 (di seguito: «ricorso 1»). 5. RAV ha altresi' impugnato la nota del Ministero 31 dicembre 2020 n. 33094, avente ad oggetto «Aggiornamento tariffario 2021», e la successiva nota 2 gennaio 2021 n. 8. 6. Il Tribunale amministrativo regionale Valle d'Aosta ha respinto il ricorso con sentenza 17 settembre 2021 n. 54. 7. La sentenza e' stata appellata da RAV con ricorso n. 2458 del 2022 (di seguito: «ricorso 2»). 8. Nel corso del giudizio di appello si sono costituiti il Ministero, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Autorita' di regolazione dei trasporti (di seguito: «Art») ed e' intervenuta ad adiuvandum l'Associazione italiana delle societa' concessionarie per la costruzione e l'esercizio di autostrade e trafori stradali (di seguito: «Aiscat»). 9. All'udienza del 14 novembre 2024 la causa e' stata trattenuta in decisione. DIRITTO I. Decisioni preliminari e pregiudiziali 10. Si riuniscono i ricorsi 1 e 2, proposti dalla medesima appellante RAV, in ragione della connessione fra i provvedimenti impugnati, aventi lo stesso oggetto, cioe' l'adeguamento annuale delle tariffe, seppur con riferimento ad annualita' differenti, rispettivamente 2020 e 2021. 11. Si rileva l'inammissibilita' dell'intervento ad adiuvadum spiegato da Aiscat, atteso che l'Associazione, pur avendo allegato i profili di attinenza agli scopi statutari dell'intervento spiegato, nulla ha dedotto, come eccepito dal Ministero, in merito alla lesione derivante alla stessa dagli atti impugnati e quindi all'utilita' ottenibile dall'iniziativa intrapresa, cosi' risultando carente l'interesse a ricorrere. II. Contesto della controversia 12. RAV e' titolare della concessione per la progettazione, la costruzione e l'esercizio dell'autostrada Aosta - Traforo del Monte Bianco in virtu' della convenzione sottoscritta il 29 dicembre 2009 con Anas S.p.a., alla quale e' subentrato il Ministero (art. 11 comma 5 del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito in legge n. 14 del 2012, e art. 36 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011). La convenzione e' stata approvata con legge nei termini indicati dall'art. 8-duodecies del decreto-legge n. 59 del 2008, convertito nella legge n. 101 del 2008. 13. Il meccanismo di adeguamento tariffario e' previsto con cadenza annuale dagli articoli 15 e 18 della convenzione, oltre che dalla delibera CIPE n. 39 del 2007 (art. 4) e dall'art. 21 comma 5 del decreto-legge n. 355 del 2003, che individua nel «15 ottobre di ogni anno» il termine per la formulazione della proposta di variazioni tariffarie, sulla quale deve esprimersi «entro il 15 dicembre», con decreto «motivato», il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (detta disposizione e' stata in precedenza piu' volte modificata con riferimento ai termini di presentazione e approvazione dell'adeguamento tariffario, a partire dalla legge di conversione, n. 47 del 2004, e la fissazione dei predetti termini si deve all'art. 27 comma 1 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito nella legge n. 98 del 2013). Si anticipa che sul suddetto termine finale non interviene la delibera dell'Art n. 64 del 2019 (su cui infra), pur delineando le tempistiche delle fasi endoprocedimentali (punto 28). 13.1. Di seguito le vicende di RAV in merito all'adeguamento tariffario: con decreto interministeriale n. 449 del 2015 e' stato sospeso, per il 2016, l'adeguamento tariffario richiesto in attesa dell'approvazione dell'aggiornamento del PEF (decreto annullato dal TAR Valle d'Aosta con sentenza n. 45 del 12 ottobre 2016); per il 2017 con il decreto interministeriale n. 499 del 2016 e' stato riconosciuto un incremento tariffario dello 0,90%, con riserva di riconoscere eventuali conguagli in sede di aggiornamento del PEF (decreto annullato dal TAR Valle d'Aosta con sentenza n. 54 del 12 settembre 2017); per il 2018 il Ministero con decreto n. 605 del 20 dicembre 2018 ha riconosciuto una percentuale di incremento tariffario del 52,69%, con riserva di attribuire «eventuali recuperi tariffari, attivi o passivi, ivi inclusi quelli relativi agli anni precedenti ed anche dovuti a modifiche delle aliquote fiscali e delle deduzioni o compensazioni fiscali saranno determinati al momento dell'aggiornamento del piano economico finanziario per il prossimo quinquennio» (decreto annullato dal TAR Valle d'Aosta con sentenza n. 34 del 27 giugno 2019); con nota 15 ottobre 2019 RAV ha presentato al concedente la proposta per l'adeguamento delle tariffe di pedaggio applicabili dal primo gennaio 2020 (denegata con la nota 1, oggetto del ricorso 1); con nota del 15 ottobre 2020 n. 377 RAV ha presentato al concedente la proposta per l'adeguamento delle tariffe di pedaggio applicabili dal primo gennaio 2021 (denegata con nota 2, oggetto del ricorso 2). 14. Quanto all'aggiornamento del PEF, l'art. 11 della convenzione e le delibere CIPE nn. 39 del 2007 e 27 del 2013 prevedono che la durata della concessione sia divisa in periodi regolatori di durata quinquennale e che, alla scadenza di ciascun periodo regolatorio, il PEF sia sottoposto ad aggiornamento. In particolare e' disposto che le parti «sei mesi prima della scadenza di ciascun periodo regolatorio, procederanno all'aggiornamento del Piano Economico Finanziario», procedendo a un'attivita' di verifica che «dovra' concludersi due mesi prima della scadenza del periodo regolatorio» (art. 11.9). La delibera CIPE n. 27 del 2013 stabilisce che gli aggiornamenti quinquennali dei PEF «dovranno essere effettuati entro il 30 giugno del primo esercizio del nuovo periodo regolatorio». 14.1. In fatto, quanto all'aggiornamento del PEF, si rileva che, in considerazione della scadenza del periodo regolatorio: RAV, con nota 20 giugno 2014, ha presentato al concedente la proposta di «aggiornamento quinquennale del Piano Finanziario 2014/2018» (l'appellante ha dichiarato che «il PEF allegato alla Convenzione di RAV avrebbe dovuto essere aggiornato, in particolare, entro il 30 giugno 2013, data di scadenza del periodo regolatorio» e il Ministero, con nota 9 marzo 2024, ha dichiarato che «in data 31 dicembre 2013 scadeva il primo periodo regolatorio relativo agli anni 2009-2013»); RAV ha riscontrato la richiesta istruttoria del concedente datata 22 luglio 2014 con nota 25 luglio 2014, sempre riferita all'«aggiornamento quinquennale del Piano Finanziario 2014/2018»; con nota 7 ottobre 2014 il concedente, facendo riferimento alla proposta di «aggiornamento quinquennale del Piano Finanziario 2014/2018» presentata con nota 20 giugno 2014, ne ha chiesto una rielaborazione, rappresentando alla societa' la necessita' di limitare gli incrementi tariffari in modo che non si discostassero dal tasso di inflazione di riferimento; RAV, con nota 12 novembre 2014, ha presentato una nuova proposta di «aggiornamento quinquennale del Piano Finanziario 2014/2018» in considerazione delle indicazioni del concedente; il 30 dicembre 2014 e' stato siglato un protocollo di intesa nel quale sono state «stabilite le modalita' di redazione dell'aggiornamento del Piano» e il termine di conclusione del procedimento nel 30 giugno 2015 (cosi' dalle note 3 marzo 2015 e dell'8 maggio 2015); il Ministero, con nota 3 marzo 2015, ha richiesto a RAV di adeguare la documentazione prodotta per tenere conto di quanto previsto nel protocollo d'intesa in merito all'«aggiornamento dello stesso per il periodo 2014/2018»; RAV, con nota 8 maggio 2015, ha inviato l'aggiornamento del PEF, rappresentando che, «a termini del richiamato Protocollo d'intesa del 30 dicembre 2014», «dovra' essere approvato entro il 30 giugno 2015»; RAV, con note 24 giugno 2015 3 luglio 2015 e 9 ottobre 2015, ha sollecitato il Ministero all'aggiornamento del PEF per il periodo regolatorio «2014/2018»; con nota 31 dicembre 2015 il Ministero ha trasmesso a RAV il decreto interministeriale 31 dicembre 2015 n. 449, riguardante «l'aggiornamento tariffario applicabile dal 1° gennaio 2016», nel quale si legge che «e' in corso di perfezionamento la procedura istruttoria di aggiornamento del PEF», che non risulta quindi ancora approvato; RAV, con note 7 dicembre 2017 e 9 maggio 2018, ha predisposto e inviato al Ministero un ulteriore aggiornamento del PEF al fine di tenere conto delle difficolta' contributive dello Stato. Il periodo regolatorio e' quindi scaduto senza l'approvazione dell'aggiornamento del PEF ed e' divenuto attuale anche l'obbligo di aggiornare il PEF per il periodo successivo. L'appellante ha dedotto al riguardo che «il MIT non solo non ha ancora approvato l'aggiornamento del PEF per il quinquennio regolatorio in corso (2019 - 2023) ma non ha mai provveduto neppure all'aggiornamento del PEF per il precedente quinquennio regolatorio». III. L'oggetto della controversia 15. Il concessionario, con la qui impugnata nota 31 dicembre 2019 n. 31633 (di seguito: «nota 1», oggetto del ricorso 1), ha comunicato che «l'aggiornamento da applicare con decorrenza 1° gennaio 2020 e' pari allo 0,00 per cento», dopo avere fatto riferimento all'istruttoria compiuta («esaminato l'esito dell'istruttoria di competenza») e a «quanto disposto dall'art. 13 del decreto-legge «milleproroghe» del 31 dicembre 2019». 15.1. Con la nota 1 il Ministero si e' quindi limitato a fare (doverosa) applicazione dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, convertito nella legge n. 8 del 2020 (su cui infra, al par. VII), verificando l'(in)sussistenza dei presupposti di legge per l'approvazione dell'adeguamento annuale delle tariffe, come sottolineato dalla nota stessa, «in considerazione di quanto disposto dall'art. 13 del decreto-legge «mille proroghe» del 31 dicembre 2019». Il Ministero ha infatti (esclusivamente) rilevato il differimento del termini di conclusione del procedimento di adeguamento annuale delle tariffe, disposto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169 del 30 dicembre 2019 (sopravvenuto nelle more della definizione del procedimento), fino alla «definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari», rispetto al quale sono previsti nuovi (e futuri) termini per depositare l'istanza (riformulata) e per concludere il procedimento, rispettivamente il 30 marzo 2020 e il 31 luglio 2020 . Il richiamo all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169 del 30 dicembre 2019 costituisce la ragione (unica e necessitata) della decisione, essendo rappresentato nella stessa nota come elemento determinante per il superamento delle risultanze dell'istruttoria, contenenti una proposta di adeguamento tariffario «pari al 6,11%», alla quale viene fatto cenno appena prima del riferimento alla disposizione di legge. Tale interpretazione e' confermata dallo stesso Ministero, che ha dedotto come «Con la nota n. 31633 del 31 dicembre 2019 il MIT si e' limitato a verificare la sussistenza dei presupposti di legge per l'approvazione dell'aggiornamento annuale tariffario, come sottolineato dalla nota stessa, «in considerazione di quanto disposto dall'art. 13 del decreto-legge «mille proroghe» del 31 dicembre 2019», normativa entrata in vigore in un momento successivo rispetto allo svolgimento dell'istruttoria, nelle more del procedimento di approvazione dell'aggiornamento tariffario per l'anno 2020». Pertanto alla nota non e' attribuibile alcun altro contenuto. In particolare la nota non contiene un diniego definitivo di adeguamento delle tariffe per l'anno 2020, in ragione del fatto che e' la stessa legge a fissare nel 31 luglio del 2021 il termine per l'adeguamento annuale delle tariffe per l'anno 2020. 16. Il concessionario, con la qui impugnata nota 31 dicembre 2020 n. 33094 ((di seguito: «nota 2», oggetto del ricorso 2), avente ad oggetto «Aggiornamento tariffario 2021», ha comunicato che «l'aggiornamento da applicare con decorrenza 1° gennaio 2021 e' pari allo 0,00 per cento», dopo avere fatto riferimento a «quanto disposto dall'art. 14 del decreto-legge n. 183 del 31 dicembre 2020,«milleproroghe», successivamente corretto richiamando l'art. 13 con la successiva nota 2 gennaio 2021 n. 8 (parimenti qui impugnata). Analogamente a quanto gia' sopra osservato in relazione alla nota 1, il Ministero ha (esclusivamente) rilevato la mancata integrazione della condizione posta dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169 del 30 dicembre 2019, cosi' come modificato dall'art. 14 del d.l. n. 183 del 2020 (sopravvenuto nelle more della definizione del procedimento e , convertito nella legge n. 21 del 2021), per l'approvazione dell'adeguamento tariffario annuale 2020 e 2021, cioe' la «definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari», rispetto al quale e' stato (ulteriormente) prorogato il termine per concludere il procedimento, fissandolo al 31 luglio 2021 (cosi' come infra approfondito, al par. VIII). 17. La lesivita' della nota 1 e della nota 2 deriva dalla mancata approvazione dell'adeguamento annuale delle tariffe a cagione del differimento del termine di conclusione del relativo procedimento disposto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, al quale la nota 1 e la nota 2 fanno rinvio (nella formulazione ratione temporis vigente, su cui infra). La conseguenza e' che l'adeguamento annuale non e' applicato a decorrere dal primo gennaio: indipendentemente dall'eventuale recupero futuro di detto adeguamento, in ogni caso il tempo della provvista finanziaria e' elemento rilevante per l'attivita' imprenditoriale (in tal senso e' condivisibile l'assunto dell'appellante, dedotto in entrambi i ricorsi ma approfondito specificamente nel ricorso 1, che comunque supporta la valutazione dell'interesse a ricorrere, non la fondatezza delle censure di seguito scrutinate). 17.1. Si rileva, per completezza, che, con ordinanze in pari data, sono stati sospesi due giudizi aventi contenuto analogo al presente, in attesa della decisione della Corte costituzionale, dopo avere avvisato le parti e senza che queste abbiano rappresentato l'esigenza di interloquire direttamente davanti la Corte costituzionale (Corte cost. 17 settembre 2020 n. 202 e 23 novembre 2021 n. 218, nonche' Ad. plen. 22 marzo 2024 n. 4). IV. Precisazioni terminologiche 18. Nella presente pronuncia: il richiamo alla nota 2 e' comprensivo della correzione effettuata con nota 2 gennaio 2021; i decreti legge sono richiamati in quanto tali, mentre della relativa legge di conversione si da' conto una sola volta, se non necessario a fini argomentativi; il richiamo ai motivi di appello, in mancanza di diversa specificazione, si intende riferito a entrambi i ricorsi riuniti, considerata l'analogia dei motivi dedotti. V. Infondatezza dei primi motivi di appello (attinenti a vizi propri del provvedimento gravato, che non coinvolgono l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019) 19. In ragione di quanto sopra illustrato e, in particolare, del fatto che la motivazione e la ragione delle note 1 e 2 si rinviene nella disposizione di cui all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 ratione temporis vigente (su cui infra, ai par. VII e VIII): e' infondato il motivo d'appello riguardante la censura, respinta dal Tar, di asserita incompetenza del direttore generale della Direzione vigilanza sulle concessioni autostradali ad approvare le variazioni tariffarie, che debbono essere approvate, ai sensi dell'art. 21 comma 5 del decreto-legge n. 355 del 2003, e dell'art. 18 della convenzione, con decreto motivato del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze: come visto, non si tratta di una nota di approvazione delle variazioni tariffarie e non e' quindi ascrivibile ai soggetti competenti a tale approvazione in base alle sopra richiamate fonti normative; e' infondato il motivo riguardante la censura, respinta dal Tar, di asserita contraddittorieta' rispetto all'istruttoria (contenuto nel solo ricorso 2), che avrebbe evidenziato l'adeguatezza di un aggiornamento tariffario nella misura del 6,11%: la sopravvenienza normativa vincola l'Amministrazione al rispetto del differimento ivi prescritto; e' infondato il motivo riguardante la censura, respinta dal Tar, di illegittimita' del provvedimento per avere determinato nello 0% l'adeguamento tariffario spettante al concessionario, in asserita violazione dell'art. 13 comma 3 del d.l. n. 162 del 2019 (ratione temporis vigente), che si e' «limitato a disporre il solo differimento del termine per l'adeguamento della tariffa relativa a tale anno sino alla definizione del procedimento approvativo dell'aggiornamento del PEF»: l'interpretazione delle note 1 e 2 (precedente par. III) rende la tesi carente in fatto; e' inammissibile per carenza di interesse il motivo finalizzato esclusivamente a restringere il thema decidendum per mancanza delle corrispondenti censure nel ricorso introduttivo, scrutinate dal TAR in riferimento a presunti vizi istruttori, invece dedotti, secondo l'appellante, nei (soli) termini gia' esaminati con riferimento alle doglianze di cui appena sopra, comunque infondate per i motivi gia' visti. VI. Motivi di appello fondati sull'illegittimita' costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge n. 162 del 2019 e sulla non compatibilita' con il diritto UE 20. In relazione all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169 del 2019, che costituisce, come visto, la ragione delle note 1 e 2 (nella formulazione ratione temporis vigente), l'appellante ha formulato i seguenti motivi, riproponendo le censure dedotte in primo grado e respinte dal Tar: incompatibilita' con il diritto eurounitario a cagione della modifica autoritativa e unilaterale della convenzione, in asserita violazione delle liberta' fondamentali tutelate dagli articoli 49 e ss. e 63 e ss. TFUE, che per il loro concreto ed effettivo dispiegarsi presuppongono la stabilita' delle regole cui l'operatore economico e' assoggettato nella propria attivita' imprenditoriale, nonche' del diritto di proprieta', da intendersi nell'ampia accezione prevista dall'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e dell'art. 1 del Primo Protocollo della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come inclusivo di qualsivoglia diritto di natura patrimoniale legittimamente acquisito, anche in virtu' di un titolo convenzionale; incompatibilita' con il diritto eurounitario per asserita violazione dei principi di certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento: eventuali modifiche legislative incidenti su rapporti di durata sono ammissibili se e' previsto un sistema di compensazioni/indennizzi adeguato e «un periodo di tempo transitorio sufficiente per permettere agli operatori economici di adeguarsi» e comunque nel rispetto del principio di proporzionalita'. violazione degli articoli 102 e 104 Cost. per interferenza del legislatore su concreta fattispecie sub iudice; violazione dell'art. 77 Cost. per insussistenza dei requisiti di omogeneita', necessita' e urgenza; violazione degli articoli 2, 3, 41 e 97 Cost. in quanto «la norma impone ex lege ed autoritativamente a RAV l'applicazione del regime tariffario introdotto dall'ART, in violazione del legittimo affidamento riposto dalla societa' nella stabile prosecuzione del rapporto concessorio nei termini previsti e determinati dalla Convenzione» (e' a tal fine prodotta una relazione tecnica volta a evidenziare gli effetti delle delibere Art sul regime tariffario di RAV); violazione del canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. in quanto la disposizione di legge «riconosce la competenza di ART ad intervenire autonomamente in merito alla definizione del sistema tariffario applicabile a RAV, a prescindere atti di impulso del Concedente», introduce una correlazione funzionale tra il procedimento per l'adeguamento delle tariffe autostradali e quello relativo all'aggiornamento del PEF e non prevede la possibilita' di recuperi tariffari in favore della ricorrente. VII. Rilevanza della questione di costituzionalita' 21. Per le ragioni illustrate al par. III la decisione assunta con le note 1 e 2 e' stata determinata e si fonda (esclusivamente) sulla disposizione contenuta nell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019. In particolare, la nota 1, oggetto del ricorso 1, e' stata adottata nel giorno della pubblicazione e dell'entrata in vigore dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge 30 dicembre 2019 n. 162 nella prima formulazione. La nota ministeriale 2, oggetto del ricorso 2, e' stata adottata nel giorno della pubblicazione e dell'entrata in vigore dell'art. 13 comma 5 del decreto-legge 31 dicembre 2020 n. 183 (che ha modificato l'art. 13 comma 3 del decreto-legge 30 dicembre 2019 n. 162). Un'eventuale illegittimita' costituzionale dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge 30 dicembre 2019 n. 162 ratione temporis vigente ne determinerebbe quindi l'annullamento, sicche' la questione di legittimita' di detta disposizione e' rilevante nel presente giudizio. 21.1. Si osserva altresi' che: la pertinenza e il contenuto delle singole questioni di legittimita' si misura sulla portata dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019: il profilo e' approfondito nel paragrafo successivo (con riferimento alla prima formulazione, rilevante con riferimento alla nota 1); le successive modifiche dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 non si riverberano sulla rilevanza, salvo la prima, richiamata nella nota 2, e anzi aggravano la questione di costituzionalita', nei termini che saranno approfonditi al par. VIII; la rilevanza non e' ostacolata dal fatto che il regime introdotto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 interessa (anche) profili della liberta' di impresa sanciti dal diritto Ue, nei termini che saranno approfonditi al par. IX. VII. L'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019: portata normativa e riflessi sui motivi di appello non ancora scrutinati 22. In base all'art. 13 comma 3 decreto-legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione, «Per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e' differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari predisposti in conformita' alle delibere adottate ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'articolo art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214», con il corollario che «Entro il 30 marzo 2020 i concessionari presentano al Concedente le proposte di aggiornamento dei piani economico finanziari, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento» e che «L'aggiornamento dei piani economici finanziari presentati nel termine del 30 marzo 2020 e' perfezionato entro e non oltre il 31 luglio 2020» (rispettivamente periodi primo, secondo e terzo). 22.1. Detta disposizione produce quindi i seguenti effetti «Per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza»: differisce il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 «sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari»; fissa nel 30 marzo 2020 il termine per la presentazione delle proposte di aggiornamento dei PEF, «riformulate» ai sensi della nuova disciplina; fissa il termine per l'aggiornamento dei PEF nel 31 luglio 2020. 22.2. Il principale effetto e' quindi quello del differimento del termine di conclusione dei procedimenti di adeguamento delle tariffe e di aggiornamento dei PEF al 31 luglio 2020, come risulta evidente anche dalla rubrica («Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti») e dal preambolo del decreto-legge, che fa riferimento all'obiettivo di «provvedere alla proroga e alla definizione di termini di prossima scadenza al fine di garantire la continuita' dell'azione amministrativa» (oltre che dai lavori preparatori alla legge di conversione n. 8 del 2020, su cui al punto 36.1). La tecnica utilizzata per raggiungere il predetto obiettivo e' quella di fissare il termine finale per l'adeguamento tariffario in concomitanza con la futura data del 31 luglio 2020, individuata quale termine di conclusione del procedimento per l'aggiornamento del PEF, rispetto al quale sono dettate ulteriori prescrizioni procedimentali (su cui infra). 23. Non puo' invece ritenersi che le conseguenze di dette prescrizioni si riverberino e modifichino indirettamente, attraverso il richiamo alle delibere dell'Art e la prescrizione della riformulazione della proposta di aggiornamento del PEF o la previsione di un medesimo termine di conclusione dei procedimenti, le competenze dell'Art e il regime tariffario e di disciplina del PEF e del relativo aggiornamento. 23.1. Quanto al regime tariffario, l'Art, al tempo dell'adozione del decreto-legge n. 162 del 2019: e' (gia') intestataria della competenza in materia di adeguamento delle tariffe in base all'art. 37 comma 2 lettera b), c) e g) del decreto-legge n. 201 del 2011 (istitutivo dell'Art), convertito nella legge n. 214 del 2011, con competenza estesa, dall'art. 16 comma 1 del decreto-legge n. 109 del 2018 (convertito nella legge n. 130 del 2018), anche alle concessioni in essere («per quelle di cui all'art. 43, comma 1 e, per gli aspetti di competenza, comma 2», aventi l'ambito applicativo infra delineato, confermato anche da Consiglio di Stato, sez. VI, 4 maggio 2022 n. 3484); ha gia' dettato il regime tariffario applicabile a RAV: con delibera n. 16 del 2019 ha stabilito «il sistema tariffario di pedaggio basato sul metodo del price cap e con determinazione dell'indicatore di produttivita' X a cadenza quinquennale [...] per ciascuna delle concessioni ivi richiamate in Appendice», fra le quali la concessione autostradale nella titolarita' di RAV, cosi' come confermato dal preambolo, che individua l'ambito di applicazione rispetto ai «rapporti concessori in corso» («in relazione ai quali si sono realizzate le condizioni di cui al citato art. 43 del decreto-legge 201/2011 cui fa richiamo l'art. 37 del medesimo decreto, comprendano: a) quelli il cui periodo regolatorio quinquennale e' scaduto in epoca successiva all'entrata in vigore del decreto-legge 109/2018 come convertito dalla legge 130/2018; b) quelli il cui periodo regolatorio quinquennale e' scaduto in data antecedente, ma per i quali non si sia ancora perfezionato l'aggiornamento del piano economico- finanziario alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge 109/2018») e con delibera n. 64 del 2019 ha approvato il regime tariffario applicabile specificamente a RAV (entrambe le delibere sono state impugnate da RAV e la domanda caducatoria e' stata ritenuta infondata sul punto dal TAR Piemonte con sentenza 25 novembre 2022 n. 1034, non appellata). 23.2. Nel contempo l'Art, anche prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, e' tenuta a formulare il parere nell'ambito del procedimento di aggiornamento del PEF, dovendo a tal fine rispettare le proprie delibere e potendo formulare le richieste istruttorie necessarie ad adempiere ai propri compiti. 23.3. Cio' e' attestato innanzitutto dal tenore letterale dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, che fa riferimento a delibere gia' assunte dall'Art («alle delibere adottate ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'art. art. 37 del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»). 23.4. In particolare, in riferimento ai rapporti di concessione autostradale gia' vigenti alla data di entrata in vigore del decreto, l'Art ha acquisito detta competenza con il decreto-legge n. 109 del 2018. Quest'ultimo: ha modificato l'art. 43 comma 1 del decreto-legge n. 201 del 2011 prevedendo l'obbligo di consultazione dell'Art ((la stessa deve infatti essere «sentita [...] per i profili di competenza di cui all'art. 37, comma 2, lettera g» del decreto-legge n. 201 del 2011) per gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali (di cui fa parte integrante il PEF in base all'art. 2.3 della convenzione) che comportino variazioni o modificazioni al piano degli investimenti ovvero ad aspetti di carattere regolatorio a tutela della finanza pubblica (detto comma e' stato ulteriormente modificato di recente dal dall'art. 16 comma 4 delle legge 16 dicembre 2024 n. 193, sostituendo le parole «sentita l'Autorita'» con le seguenti: «previo adeguamento del testo convenzionale alle eventuali prescrizioni formulate dall'Autorita'»); ha introdotto il comma 2-bis, concernente l'onere di verifica in capo all'Amministrazione concedente, sempre previa consultazione con l'Art. dell'effettivo stato di attuazione degli investimenti gia' inclusi in tariffa, anche con riferimento agli aggiornamenti e alle revisioni delle convenzioni autostradali di cui al comma 2 («vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto che non comportano le variazioni o le modificazioni di cui al comma 1»). Il decreto-legge n. 109 del 2018 e' altresi' intervenuto sull'art. 37 comma 2 lettera g) del decreto-legge n. 201 del 2011, ampliando la competenza attribuita all'Art anche alle concessioni «di cui all'art. 43, comma 1 e, per gli aspetti di competenza, comma 2». Dette previsioni si applicano a RAV, che e' titolare di concessione alla data di entrata in vigore del decreto, e non e' impedita, in base al generale principio del tempus regit actum, dal gia' avvenuto avvio del procedimento di aggiornamento del PEF (come confermato da una giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato: sez. VI, 9 febbraio 2024 n. 1324, 14 ottobre 2022 n. 8765 esez. V, 27 luglio 2021 n. 5585). Sicche', gia' prima del decreto-legge n. 162 del 2019, l'Art e' tenuta a rendere il parere sull'aggiornamento del PEF, dovendo a tal fine applicare le proprie delibere: pertanto la riformulazione della proposta di aggiornamento del PEF none' funzionale a imporre il rispetto di dette delibere. L'Art. deve infatti essere «sentita [...] per i profili di competenza di cui all'art. 37, comma 2, lettera g)», che ha esercitato adottando le sopra richiamate delibere nn. 16 e 64 del 2019, riguardanti il regime tariffario (richiamate nell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 in quanto, appunto, si riverberano sull'aggiornamento del PEF). Al fine di rendere il parere l'Art, anche prima dell'entrata in vigore dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, puo' formulare le richieste istruttorie necessarie ad esercitare i poteri attribuiti per legge, nell'ambito del contraddittorio con la concessionaria (Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2024 n. 1324, 14 ottobre 2022 n. 8765 e sez. V, 27 luglio 2021 n. 5585), e il concessionario non puo' assumerecondotte che impediscano alle amministrazioni competenti di esercitare la propria competenza, che altrimenti non puo' dolersi della mancata conclusione del procedimento. Infatti la delibera n. 64 del 2019 reca la previsione dell'invio, da parte del concessionario, di «un nuovo Piano Economico Finanziario e Piano Finanziario Regolatorio, elaborato dal concessionario sulla base del presente Sistema tariffario», cioe' del regime definito dalla stessa Art con detta delibera, «Ai fini dell'applicazione dell'art. 43 del decreto-legge n. 201/2011», riguardante anche l'aggiornamento del PEF. Del resto, RAV, come sopra visto (punto 14.1), ha gia' piu' volte interloquito con l'Amministrazione, anche riformulando la proposta di aggiornamento del PEF. 23.5. Una volta ritenuto che il Ministero debba interfacciarsi con Art per l'aggiornamento del PEF anche prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 162 del 2019, al fine di tenere conto delle modifiche introdotte dall'Art con le delibere sopra richiamate (esercitando la competenza alla stessa attribuita) e che al concessionario puo' essere richiesta una qualsiasi integrazione istruttoria volta a consentire ad Art di esprimere il parere di competenza, la portata innovatoria della riformulazione della proposta di aggiornamento tariffario, di cui all'art. 13 comma 3 di detto decreto, si qualifica per l'effetto, cioe' per il fatto che le proposte riformulate di aggiornamento dei PEF «annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento». Tuttavia la previsione risulta strumentale non tanto al procedimento e alla decisione amministrativa riguardante l'aggiornamento tariffario (per le quali le interlocuzioni procedimentali sarebbero state sufficienti), quanto rispetto alla fissazione di un nuovo termine per provvedere, determinato a far data dal (nuovo) avvio procedimentale e la cui giustificazione si rinviene proprio nella riformulazione della proposta. 23.6. L'individuazione del termine finale del procedimento tariffario attraverso il riferimento al termine per l'approvazione dell'aggiornamento del PEF, che quindi risultano entrambi fissati al 31 luglio 2020, puo' indirettamente produrre un effetto di coordinamento. Senonche' l'eventuale effetto (procedimentale) di coordinamento risulta non solo non necessario, atteso che gia' in precedenza viene assicurato nei termini sopra esposti, ma neppure efficacemente conseguito. Detto scopo avrebbe infatti dovuto indurre a ritenere determinante la posizione dell'Art, competente sul sistema tariffario (nei termini visti) e la cui funzione consultiva nell'ambito del procedimento di aggiornamento del PEF (di competenza del Ministero) e' funzionale a detto coordinamento, cosi' considerando la tempistica di adozione del relativo parere. Invece, la fissazione di un medesimo termine di conclusione dei procedimenti di aggiornamento del PEF e adeguamento annuale delle tariffe impone all'Art di esprimersi sulla proposta di aggiornamento tariffario prima di concludere il procedimento di adeguamento annuale delle tariffe, laddove i due procedimenti, di adeguamento tariffario e di aggiornamento del PEF, sono coordinati nel senso che, «riguardando il primo uno dei fondamentali aspetti economici della concessione autostradale, quale e' il sistema tariffario dei pedaggi, finisce per avere effetti rilevanti anche nel secondo, dato che l'imposizione di un diverso sistema tariffario si ripercuote sull'equilibrio economico finanziario della societa' concessionaria, quindi sul piano economico finanziario e sulla convenzione, della quale il PEF e' allegato tecnico», cosi' Consiglio di Stato, sez. V, 27 luglio 2021 n. 5585). 24. Sicche' la portata innovatoria dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione, vede quale aspetto principale la fissazione di un nuovo termine di conclusione dei procedimenti per l'aggiornamento dei PEF e l'adeguamento delle tariffe autostradali, come confermato dal titolo dell'art. 13 del decreto-legge n. 162 del 2019 e dal preambolo dello stesso, risultando invece non necessario e quindi strumentale l'imposizione dell'onere di riformulazione della proposta di aggiornamento del PEF e il coordinamento fra i due procedimenti (peraltro non efficacemente assicurato). 25. Comunque, anche a ritenere il contrario, cioe' che il differimento del termine di adeguamento delle tariffe trovi causa nella necessita' di coordinare la decisione sul punto con la determinazione relativa all'aggiornamento del PEF e di riformulare la relativa proposta, non si alterano le conseguenze in relazione alla questione di legittimita' costituzionale, che riguarda comunque aspetti procedimentali (non il regime tariffario e il contenuto del PEF e del relativo aggiornamento). 26. In ragione di quanto sopra le seguenti questioni di legittimita' costituzionale e incompatibilita' con il diritto Ue, dedotte dall'appellante RAV nei termini sopra richiamati, sono ammissibili nei limiti della pertinenza all'oggetto della presente controversia (che deriva dalla sopra individuata portata normativa dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019). 26.1. Non e' pertinente all'oggetto della presente controversia la questione dell'asserita incompatibilita' con il diritto eurounitario a cagione della modifica autoritativa e unilaterale della convenzione, laddove muove dal presupposto del «carattere gravemente lesivo della modifica autoritativa ed unilaterale della Convenzione Unica attuata mediante la obbligatoria ed imposta applicazione delle delibere Art disposta dall'art. 13 del decreto-legge n. 162/2019». 26.2. Lo stesso e' a dirsi con riferimento alla questione di legittimita' costituzionale riguardante gli articoli 2, 3, 41 e 97 Cost., laddove e' fondata sull'applicazione del «regime tariffario introdotto dall'Art, in violazione del legittimo affidamento riposto dalla societa' nella stabile prosecuzione del rapporto concessorio nei termini previsti e determinati dalla Convenzione» e sul fatto che la disposizione di legge «riconosce la competenza di ART ad intervenire autonomamente in merito alla definizione del sistema tariffario applicabile a RAV, a prescindere atti di impulso del Concedente». 26.3. Detti aspetti, come visto, non sono pertinenti, se non per quanto si dira' al punto 26.6, rispetto al thema decidendum della presente controversia, in quanto gia' la disciplina precedente (rispetto all'entrata in vigore dell'art. 13 comma 3 del decreto legislativo n. 162 del 2019) ha disposto l'attribuzione all'Art delle competenze di settore, che l'Art. ha attuato attraverso le delibere n. 16 e n. 64 del 2019, che sono state oggetto di un contenzioso, concluso con la sopra richiamata sentenza non impugnata (e con la conferma di quelle competenze). D'altro canto l'allegazione in ragione della quale esse sono «obbligatoriamente da recepire nel PEF di Convenzione in virtu' dell'art. 13 del decreto-legge 162/2019 sotto pena del mancato riconoscimento dell'adeguamento tariffario per il 2020» non trova corrispondenza nell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, che, come visto, non interviene sul contenuto del PEF in modo innovativo e quindi non produce «i suoi effetti - negativi e lesivi - proprio sull'equilibrio del rapporto concessorio» (cosi' l'appellante). 26.4. Non si pone quindi, nella presente controversia, il tema di «rinegoziare i termini della concessione recependo il nuovo sistema tariffario», che peraltro sconta il contenuto della convenzione che, dando atto che la tariffa e' calcolata «sulla base di quanto stabilito nell'allegato A, in conformita' alla Delibera CIPE n. 39 del 15 giugno 2007» ed e' adeguata annualmente sulla base delle delibere CIPE (artt. 14 e 15), dispone che «essa sara' periodicamente adeguata in relazione alle normative vigenti» (art. 14 comma 1). 26.5. Pertanto detti profili, non essendo disciplinati dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 ed essendo oggetto di un diverso giudizio, concluso con sentenza non appellata, non possono essere oggetto della relativa questione di legittimita' costituzionale, neppure con riferimento ai profili di asserita incompatibilita' con il diritto Ue, siano essi richiamati, o meno, nella procedura di infrazione avviata nel 2006 della Commissione UE nei confronti dello Stato italiano (nota 2006/2419). Ne', dal momento che detti profili non rientrano nel thema decidendum della presente controversia, si pone una questione di rapporti tra giudicato e diritto UE (Cgue, sez. VI, 16 luglio 2020, C-424/19 e sez. II, 3 settembre 2009, C-2/08 e, in una causa fra controparti private, Grande Sezione, 17 maggio 2022, C-693/19 e C- 831/19). 26.6. I suddetti profili rilevano invece nei termini in cui hanno modificato la precedente regolamentazione del rapporto concessorio per quanto riguarda gli aspetti procedimentali disciplinati dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 e sopra richiamati (differimento dei termini procedimentali, riformulazione della proposta di aggiornamento del PEF ed eventuale coordinamento fra i procedimenti). 27. Neppure sono pertinenti le argomentazioni di parte appellante riguardanti l'asserito contrasto dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 con gli articoli 102 e 104 Cost., «in riferimento all'incisione prodotta dalla norma su concrete fattispecie sub iudice». In particolare, l'appellante ha fatto riferimento al «giudizio instaurato innanzi al TAR Torino per l'annullamento delle delibere ART» (pag. 53 del ricorso) e all'intenzione del legislatore di «incidere sui contenziosi instaurati da RAV e dalle altre societa' concessionarie per l'annullamento delle delibere adottate dall'ART in presunta attuazione delle competenze attribuite all'Autorita' stessa dal decreto-legge n. 109/2018» (pag. 54). Come gia' illustrato sopra l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 non interviene a modificare le competenze e il sistema tariffario mentre le delibere Art non rientrano nel thema decidendum della presente controversia. 28. Pertanto, rispetto ai motivi dedotti dall'appellante e richiamati al precedente par. VI, le suddette questioni (di asserita incompatibilita' con il diritto eurounitario e di illegititmita' costituzionale) sono inammissibili, come eccepito dalle amministrazioni resistenti con memoria depositata il 14 ottobre 2024, salvo che per gli aspetti indicati nel punto 26.6. 29. Rimangono quindi da valutare i suddetti motivi, nei limiti della relativa ammissibilita', oltre che la dedotta violazione dell'art. 77 Cost. VIII. Le successive modifiche normative e i riflessi sulla rilevanza 30. L'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 e' stato modificato una prima volta dall'art. 13 comma 5 decreto-legge n. 183 del 2020: «Per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e all'anno 2021 e' differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari predisposti in conformita' alle delibere adottate ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 109 del 2018, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'articolo art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Entro il 30 marzo 2020 i concessionari presentano al Concedente le proposte di aggiornamento dei piani economico finanziari, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento. L'aggiornamento dei piani economici finanziari presentati nel termine del 30 marzo 2020 e' perfezionato entro e non oltre il 31 luglio 2021». Sicche' gli effetti della suddetta disposizione (rilevante in quanto richiamata nella nota 2, di cui al ricorso 2) sono cosi' enucleabili: il termine per l'aggiornamento dei PEF e l'adeguamento delle tariffe autostradali e' stato spostato al 31 dicembre 2021; gli adeguamenti tariffari coinvolti nell'operazione di dilazione del termine sono individuate in due annualita', quelle relative all'anno 2020 (gia' comprese nella precedente previsione) e quelle relative all'anno 2021; l'aggiornamento dei PEF rimane ancorato alle proposte presentate entro il 30 marzo 2020. 31. Il (solo) termine per l'aggiornamento dei PEF e l'adeguamento delle tariffe autostradali (relative all'anno 2020 e all'anno 2021) e' stato ulteriormente spostato al 31 dicembre 2021 dall'art. 2 comma 1 del decreto-legge n. 121 del 2021, riferendo, in sede di conversione, l'adeguamento delle tariffe autostradali non solo a quelle relative agli anni 2020 e 2021 ma anche a «quelle relative a tutte le annualita' comprese nel nuovo periodo regolatorio» (la conversione e' avvenuta con legge n. 156 del 2021). Successivamente, nell'invarianza delle restanti prescrizioni di legge, cosi' come gia' modificate, e' stato (esclusivamente) spostato il termine per l'aggiornamento dei PEF e l'adeguamento delle tariffe autostradali, portandolo inizialmente al 31 ottobre 2022 (dall'art. 24 comma 10-bis del decreto-legge n. 4 del 2022, convertito nella legge n. 25 del 2022) e poi al 31 dicembre 2022 (dall'art. 10 comma 4 del decreto-legge n. 198 del 2022, convertito nella legge n. 14 del 2023). 32. Il comma e' stato successivamente sostituito dall'art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023, convertito nella legge n. 18 del 2024: «Entro il 30 marzo 2024 le societa' concessionarie per le quali e' intervenuta la scadenza del periodo regolatorio quinquennale presentano le proposte di aggiornamento dei piani economico- finanziari predisposti in conformita' alle delibere adottate ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonche' alle disposizioni emanate dal concedente. L'aggiornamento dei piani economico- finanziari, presentati entro il termine del 30 marzo 2024 conformemente alle modalita' stabilite, e' perfezionato entro il 31 dicembre 2024. Nelle more degli aggiornamenti convenzionali, le tariffe autostradali relative alle concessioni di cui al primo periodo sono incrementate nella misura del 2,3 per cento, corrispondente all'indice di inflazione previsto per l'anno 2024 dalla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023. Gli adeguamenti, in eccesso o in difetto, rispetto ai predetti incrementi tariffari sono definiti in sede di aggiornamento dei piani economico-finanziari». L'art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023 fissa nel 30 marzo 2024 il termine per la presentazione delle proposte di aggiornamento del PEF «riformulate» ai sensi della nuova disciplina e individua il termine di conclusione del procedimento nel 31 dicembre 2024. Quanto all'adeguamento delle tariffe prevede, in modo generale, per «le societa' concessionarie il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza», un incremento delle stesse nella misura del 2,3 per cento, corrispondente «all'indice di inflazione previsto per l'anno 2024 dalla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023», senza riferirsi all'adeguamento tariffario di specifiche annualita', nelle more del procedimento di aggiornamento del PEF, salvo successivo adeguamento in eccesso o in difetto (in sede di aggiornamento del PEF). 33. Quanto alla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, si rileva che le note impugnate, richiamando espressamente l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, non possono che fare riferimento alla formulazione della disposizione vigente a quella data (art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 nella prima formulazione, richiamata nella nota 1, e come modificato dall'art. 13 comma 5 decreto-legge n. 183 del 2020, richiamato nella nota 2), cristallizzandone la portata. 33.1. Sicche' la rilevanza della questione di costituzionalita' non e' compromessa dalle modifiche intervenute successivamente all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 (art. 2 comma 1 del decreto-legge n. 121 del 2021, art. 24 comma 10-bis del decreto-legge n. 4 del 2022 e art. 10 comma 4 del decreto-legge n. 198 del 2022) in quanto la legittimita' delle note impugnate continua a dover essere valutata in relazione alle previsioni di legge in esse richiamate, che ne costituiscono, come visto, la motivazione e la stessa ragion d'essere. 33.2. Le modifiche di cui all'art. 2 comma 1 del decreto-legge n. 121 del 2021, all'art. 24 comma 10-bis del decreto-legge n. 4 del 2022 e all'art. 10 comma 4 del decreto-legge n. 198 del 2022, peraltro, non fanno venir meno la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 nella prima formulazione e come modificato dall'art. 13 comma 5 decreto-legge n. 183 del 2020 sono ininfluenti nel presente giudizio anche in ragione del fatto che gli atti amministrativi sono «da valutare in base al principio tempus regit actum» (Corte cost. 21 luglio 2016 n. 203, proprio in relazione alla valutazione di ammissibilita' della questione di costituzionalita'). 33.3. Persiste quindi la rilevanza del dubbio di legittimita' costituzionale relativo all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 nella prima formulazione e nella formulazione modificata dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020. 33.4. Le successive modifiche recate all'art. 13 comma 3 del d. legge n. 162 del 2019 (art. 2 comma 1 del decreto-legge n. 121 del 2021, art. 24 comma 10-bis del decreto-legge n. 4 del 2022 e art. 10 comma 4 del decreto-legge n. 198 del 2022) neppure si riverberano sulla non manifesta infondatezza della questione, in quanto non sono idonee a mutare i termini della questione di costituzionalita'. E cio' non solo per le stesse ragioni sopra addotte ai fini del vaglio di rilevanza ma anche in ragione del fatto che esse producono l'effetto di posticipare ulteriormente il termine di conclusione del procedimento rispetto all'adeguamento tariffario controverso nel presente giudizio, cioe' quello relativo all'anno 2020 (di cui alla nota 1) e quello relativo all'anno 2021 (di cui alla nota 2). Sicche' esse incidono in termini peggiorativi sul differimento gia' recato dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 nella prima formulazione e nella formulazione modificata dal decreto-legge n. 183 del 2020, cosi' non mettendo in dubbio la non manifesta infondatezza e piuttosto aggravandola (Corte cost., 16 luglio 2024 n. 132). 34. Quanto sopra e' a dirsi, quanto alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza, anche rispetto alla disposizione recata, da ultimo, dall'art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023. Detta disposizione riguarda espressamente i procedimenti che si svolgono nell'anno 2024, non assumendo rilevanza rispetto alle note qui controverse. Pertanto le eventuali difficolta' interpretative che ne derivano non impattano sul presente giudizio (il riferimento e' all'approfondimento del rapporto sussistente fra la decisione circa l'adeguamento annuale definitivo delle tariffe in sede di aggiornamento del PEF e la sopra delineata competenza di due diverse soggettivita' rispetto ai relativi procedimenti, che sembra confermata dalla prescrizione riguardante «L'aggiornamento dei piani economico-finanziari, presentati entro il termine del 30 marzo 2024 conformemente alle modalita' stabilite»). Ne' puo' ritenersi che l'incremento provvisorio ivi disposto possa ritenersi satisfattivo dell'interesse dell'appellante, cosi' rilevando sulla permanenza dell'interesse a ricorrere: depone in tal senso, di per se' sola, la provvisorieta' dello stesso, oltre che la decorrenza dal 2024 (mentre la presente controversia riguarda le annualita' 2020 e 2021). IX. Prevalenza della questione di costituzionalita' 35. Il regime introdotto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 (anche a seguito delle successive modifiche) rileva su profili concorrenziali della liberta' di impresa e sulla proprieta' dei beni, sanciti dal diritto UE (nei termini che saranno approfonditi ai punti 42 e ss.), oltre che rispetto ai parametri costituzionali. 35.1. Il Collegio ritiene di dare prevalenza all'incidente di costituzionalita' rispetto al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE: la disposizione e' potenzialmente lesiva di numerosi principi e liberta' costituzionali (infra approfonditi), rispetto ai quali il tema della compatibilita' con il diritto UE costituisce solo una delle prospettive coinvolte; peraltro, i primi aspetti coinvolgono profili che attengono al «corretto esercizio della funzione normativa primaria» (laddove la questione di costituzionalita' ha come parametro l'art. 77 Cost.) e assumono, quindi, «carattere pregiudiziale» (Corte cost. 18 gennaio 2022 n. 8, in merito al carattere prioritario dei vizi cd. di «produzione normativa», afferenti non al contenuto politico della legge, ma alla correttezza metodologica del suo procedimento di formazione); la liberta' d'impresa e le regole concorrenziali che la connotano sono sancite non solo dal diritto UE ma anche dall'art. 41 Cost., dal che deriva, in base alla teoria della cd. «doppia pregiudizialita'», un ulteriore profilo di preferenza per la scelta di adire la Corte costituzionale in modo da sancire attraverso l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale (con effetti costitutivi erga omnes), la vigenza o meno della norma di che trattasi nell'ambito dell'ordinamento interno con beneficio per il valore della certezza giuridica in settori sensibili, differentemente da quanto potrebbe disporre la Cgue, alla quale non e' consentito espungere dall'ordinamento interno la norma in contrasto con il diritto eurounitario ma solo sancirne l'incompatibilita' e, quindi, imporne la non applicazione con riferimento al caso concreto; la stessa Corte di giustizia ha affermato che il diritto dell'Unione «non osta» al carattere prioritario del giudizio di costituzionalita' di competenza delle Corti costituzionali nazionali, purche' i giudici restino liberi di sottoporre alla Corte di giustizia, «in qualunque fase del procedimento ritengano appropriata e finanche al termine del procedimento incidentale di controllo generale delle leggi, qualsiasi questione pregiudiziale a loro giudizio necessaria», di «adottare qualsiasi misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione» e di «disapplicare, al termine del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale, la disposizione legislativa nazionale in questione che abbia superato il vaglio di costituzionalita', ove, per altri profili, la ritengano contraria al diritto dell'Unione» (Cgue, sez. V, 11 settembre 2014, C-112/13); 0«in linea con questi orientamenti» la Corte costituzionale ha affermato che «laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita' tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale, fatto salvo il ricorso, al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 Tfue» ( Corte costituzionale 14 dicembre 2017 n. 269). X. I parametri di costituzionalita': articoli 3 e 77 Cost. 36. Il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo in esame in riferimento agli articoli 3 e 77 Cost. 36.1. E cio': nella consapevolezza che la scelta del Governo di intervenire con decreto-legge puo' essere sindacata solo nelle ipotesi di evidente mancanza dei presupposti tipizzati dall'art. 77 Cost. e di manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della relativa valutazione (Corte cost., 22 luglio 2024 n. 139); benche' l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione e come successivamente modificato, innanzitutto dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020, pur inserito in un provvedimento a contenuto plurimo, soddisfi il requisito dell'omogeneita': l'art. 13, rubricato «Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti», e' infatti coerente rispetto al decreto-legge n. 162 del 2019, intitolato «Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonche' di innovazione tecnologica», cosi' come rispetto al capo I, contenente proprio le «proroghe»; sebbene l'intervento normativo soddisfi anche il requisito della coerenza in quanto, come emerge dal preambolo, il complesso di norme eterogenee, fra le quali e' inserito l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, e' accomunato, per quanto qui di interesse, dall'obiettivo, indicato nel preambolo, di «provvedere alla proroga e alla definizione di termini di prossima scadenza» (e fatta salva la valutazione della ratio di detta proroga, individuata dal legislatore nel «fine di garantire la continuita' dell'azione amministrativa», cosi' il preambolo) e specificato nei lavori preparatori alla legge di conversione n. 8 del 2020 come differimento dei termini («La norma differisce il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico-finanziari predisposti dall'Autorita' di regolazione dei trasporti» e «Entro il 30 marzo 2020 i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei piani economico-finanziari che sono perfezionati entro il 31 luglio 2020», cosi' nel dossier del Senato della Repubblica), cosi' integrando il requisito dell'omogeneita' dello scopo (Corte cost. 18 luglio 2023 n. 151). Anche il decreto-legge n. 183 del 2020 e la legge di conversione n. 21 del 2021, e il relativo dossier, recano le medesime connotazioni di omogeneita' e coerenza, riportando la medesima rubrica e la medesima finalita' di proroga dei termini in funzione della continuita' dell'azione amministrativa. 36.2. Nondimeno la disciplina contenuta nell'art. 13 comma 3 del d. legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione e come modificato dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020 (e dai successivi interventi sopra richiamati), in violazione degli articoli 3 e 77 Cost.: non e' funzionale al raggiungimento dell'obiettivo dichiarato dal legislatore («garantire la continuita' dell'azione amministrativa», cosi' il preambolo); non riveste carattere di urgenza; e' sproporzionato; ostacola la continuita' dell'azione amministrativa. 36.3. Non e', infatti, l'intervento normativo a consentire all'Amministrazione di provvedere in ritardo (assicurando quindi la continuita' della relativa azione), atteso che l'Amministrazione ha la potesta' di provvedere anche oltre il termine (ordinatorio), nella quale e' insito il potere e il dovere di provvedere. L'utilita' perseguita dall'intervento normativo urgente, cioe' la continuita' dell'azione amministrativa, non richiede quindi la proroga di termini del procedimento. Anzi, la disposizione in esame pregiudica la continuita' amministrativa quale espressione del buon andamento in quanto: differisce i termini procedimentali imponendo all'Amministrazione di attendere prima di provvedere sull'adeguamento annuale delle tariffe in modo da concludere il procedimento di aggiornamento del PEF, a propria volta dipendente dalla proposizione (non necessaria, come visto) di una proposta di aggiornamento riformulata; reitera piu' volte l'intervento normativo, cosi' amplificando il suddetto aspetto e ingenerando una situazione di incertezza prolungata nel tempo; produce un effetto dilatorio particolarmente accentuato rispetto all'aggiornamento del PEF in quanto riguarda, senza limitazioni, i concessionari il cui «periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto a scadenza»; non risulta ininfluente rispetto al termine di conclusione del procedimento di adeguamento annuale delle tariffe in ragione del fatto che era precedentemente fissato al 15 dicembre dell'anno precedente (dal gia' richiamato art. 21 comma 5 del decreto-legge n. 355 del 2003), che viene appunto posticipato (soltanto) al 31 luglio 2020. Infatti, la tecnica di posticipazione utilizzata per il differimento del termine di conclusione del procedimento tariffario, che si basa sul rinvio alla definizione del procedimento di aggiornamento del PEF, risente direttamente delle posticipazioni di quest'ultimo. E cio' nonostante: la riformulazione della proposta sia stata richiesta soltanto per l'aggiornamento del PEF, mentre i profili di coordinamento non risultano di fatto assicurati (come visto); la necessaria conclusione del procedimento di aggiornamento del PEF, la cui complessita' determina con maggiore facilita' ritardi procedimentali, ostacola, pertanto, l'adeguamento annuale della tariffa. Peraltro, detto ritardo si riflette sul profilo tariffario, determinando l'attualita' dell'aggiornamento tariffario relativo all'anno successivo e il superamento dell'esigenza di adeguare le tariffe dell'anno precedente (come evidente dalla nota 2). Senonche' il mancato aggiornamento tariffario riferito a ciascuna annualita' (a cagione dell'attualizzarsi delle esigenze di adeguamento riferite all'annualita' successiva), reso piu' probabile dalla correlazione con il perfezionamento dell'aggiornamento tariffario, oltre a riverberarsi sulle esigenze imprenditoriali (come si vedra' infra), non risponde ad esigenze sul fronte pubblico, atteso che le conseguenze di tale mancato adeguamento della provvista del concessionario si possono quanto meno riverberare (con le conseguenze infra esposte) sull'equilibrio dello stesso, e quindi sull'adeguamento tariffario degli anni successivi e su eventuali azioni dello stesso concessionario (anche in ragione della fruttuosita' del denaro), come attestato: dalla delibera Art n. 64 del 2019, dove si legge che in sede di «applicazione del sistema tariffario» si tiene «conto anche degli eventuali periodi regolatori precedenti per i quali non si sia perfezionato l'iter di aggiornamento del Piano Economico Finanziario» (punto 32); dal richiamato art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023 (che ha da ultimo modificato l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019), che rinvia all'aggiornamento del PEF l'adeguamento definitivo delle tariffe; dal decreto n. 605 del 20 dicembre 2018, oggetto della sentenza del TAR Valle d'Aosta 27 giugno 2019 n. 34, che «ha riconosciuto una percentuale di incremento tariffario del solo 52,69%», con riserva di attribuire «eventuali recuperi tariffari, attivi o passivi, ivi inclusi quelli relativi agli anni precedenti ed anche dovuti a modifiche delle aliquote fiscali e delle deduzioni o compensazioni fiscali saranno determinati al momento dell'aggiornamento del piano economico finanziario per il prossimo quinquennio». 36.4. Ne' l'intervento normativo riveste carattere di urgenza in quanto: i procedimenti di aggiornamento del PEF e di adeguamento annuale delle tariffe sono stati avviati e presentano termini gia' scaduti alla data di entrata in vigore dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 e delle successive modifiche (il 15 dicembre 2019 il procedimento di adeguamento annuale delle tariffe e il 30 giugno successivo alla scadenza del precedente periodo regolatorio il procedimento di aggiornamento del PEF); l'intervento normativo non e' stato, per i motivi sopra addotti, determinante (e, quindi, urgente) al fine di tenere conto delle delibere adottate dall'Art attraverso la riformulazione delle proposte di aggiornamento del PEF; detta disposizione non e' idonea ad assicurare il coordinamento fra i due procedimenti, quello di adeguamento annuale delle tariffe e di aggiornamento del PEF, invece garantite, indipendentemente dalla modifica normativa (o nonostante la stessa), dalla doppia «veste» dell'Art nei due procedimenti in esame e dai poteri istruttori dell'Amministrazione (come sopra illustrato). 36.5. Piuttosto, l'intervento normativo puo' al piu' rendere maggiormente trasparente, e uniforme, la disciplina procedimentale, nell'ambito di un contesto di competenze e regimi tariffari e di aggiornamento del PEF gia' definiti. Senonche' dette finalita' sono diverse da quelle esplicitate dal legislatore e risultano sproporzionate rispetto agli effetti prodotti, in violazione dell'art. 3 Cost. (Corte cost. 25 luglio 2022 n. 188). La valutazione di proporzionalita' non puo' infatti ritenersi superata in quanto: dette finalita' risultano di per se' non necessarie, nel contesto ordinamentale sopra illustrato, specie se si considera che la disposizione si rivolge a (pochi) operatori di mercato in regime monopolistico e rispetto ai quali non si rinvengono rilevanti asimmetrie informative, considerata l'esperienza e la professionalita' che li connota; il risultato non risulta raggiunto con il minor sacrificio possibile, potendo essere perseguito senza dilazionare il termine per l'adeguamento annuale delle tariffe attraverso il collegamento con il termine conclusivo del procedimento per l'aggiornamento del PEF, rispetto al quale soltanto e' stata richiesta la riformulazione dell'atto di avvio del procedimento; l'effetto (sproporzionato) della proroga del termine di adeguamento delle tariffe risulta accentuato dalle successive modifiche normative (sopra richiamate), che hanno ulteriormente dilazionato i termini di entrambi i procedimenti, a partire dall'art. 13 comma 5 decreto-legge n. 183 del 2020 (rilevante per la nota 2); l'intervento normativo avrebbe dovuto assicurare una maggiore tutela a quei concessionari privi da lungo tempo di aggiornamento del PEF, diversificando la relativa posizione. 36.6. Pertanto, non solo non si ravvisa l'urgenza dell'intervento normativo, ma neppure la ragionevolezza rispetto alla dichiarata finalita' di differire i termini (al fine di assicurare continuita' dell'azione amministrativa). Detto profilo coinvolge peraltro direttamente anche le leggi di conversione dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 e dell'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020, la n. 8 del 2020 e la n. 21 del 2021, oltre che gli stessi decreti-legge, in quanto accomunate dalla medesima finalita' di differimento (cosi' dai richiamati dossier parlamentari). 36.7. Il fatto poi che il suddetto differimento del termine sia stato disposto da una fonte di rango primario, che l'Amministrazione e' tenuta a rispettare in ragione del principio di legalita', produce conseguenze che non sarebbero derivate in mancanza di detto intervento legislativo, cioe' affidando la continuita' dell'azione amministrativa alle regole generali che informano i procedimenti amministrativi. La disposizione in esame ha infatti individuato termini, che, in quanto futuri e quindi non ancora scaduti, non consentono o comunque posticipano e rendono maggiormente difficoltosa l'applicazione degli istituti che compulsano la conclusione dei procedimenti aventi termini (ordinatori) scaduti: il silenzio inadempimento e la connessa tutela giurisdizionale: la relativa azione puo' infatti essere esercitata «decorsi i termini per la conclusione del procedimento» (art. 31 c.p.a.); il danno da ritardo procedimentale e l'indennizzo di cui all'art. 2-bis della legge n. 241 del 1990; le conseguenze previste dall'art. 2 comma 9 della legge n. 241 del 1990 in merito alla posizione del funzionario o dirigente preposto al procedimento («La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonche' di responsabilita' disciplinare e amministrativo- contabile del dirigente e del funzionario inadempiente»). 37. Ne', a fronte di tali conseguenze, la necessita' dell'intervento normativo si spiega in ragione della produzione di effetti positivi di altro genere. 37.1. E cio' anche se si considera che la riformulazione della proposta di aggiornamento del PEF e le necessita' di coordinamento costituiscano la ragione del differimento dei termini procedimentali in quanto dette necessita', nel contesto ordinamentali previgente, non risultano necessarie e sono comunque sproporzionate rispetto agli effetti distorsivi prodotti non solo sulla tempestivita' dell'azione amministrativa, ma anche sui profili infra approfonditi. 37.2. Di seguito sono esaminati gli effetti prodotti dall'intervento normativo in esame, che costituiscono non solo ragioni a supporto della mancanza dei presupposti di cui all'art. 77 Cost. e di irragionevolezza dell'intervento normativo ai sensi dell'art. 3 Cost., ma anche motivi di violazione di altri parametri costituzionali. XI. Gli altri parametri di costituzionalita' 38. Prima di esaminare gli ulteriori parametri della questione di costituzionalita' che il Collegio intende proporre avverso l'intervento normativo in esame, si osserva quanto segue in merito alla natura di detta disposizione. 38.1. L'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, anche nella formulazione successivamente modificata (come illustrato sopra), presenta le caratteristiche della legge-provvedimento, integrando le condizioni necessarie per l'ascrivibilita' alla predetta categoria. Possono, infatti, definirsi tali le disposizioni che contengono norme dirette a destinatari determinati ovvero che incidono su un numero determinato e limitato di destinatari, e che hanno contenuto particolare e concreto, anche in quanto ispirate da particolari esigenze (Corte cost. 25 luglio 2022 n. 186). La disposizione riguarda un numero limitato di destinatari, cioe' i concessionari autostradali con periodo regolatorio quinquennale pervenuto a scadenza, e incide sui relativi procedimenti amministrativi di aggiornamento del PEF e di adeguamento annuale delle tariffe. La legge-provvedimento, pur non essendo di per se' incompatibile con l'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, poiche' nessuna disposizione costituzionale comporta una riserva agli organi amministrativi degli atti a contenuto particolare e concreto, in virtu' del canone dell'atipicita' contenutistica degli atti legislativi e dell'adesione della Costituzione alla cd. «concezione formale» della legge, e' sottoposta a uno scrutinio stretto di costituzionalita' sotto i profili della non arbitrarieta', della proporzionalita' e della non irragionevolezza della scelta del legislatore e, quindi, alla verifica della sussistenza di un'appropriata «causa normativa» (Corte cost. 27 luglio 2020 n. 168). Il sindacato di legittimita' costituzionale, secondo il consolidato parametro di «neutralita'» della forma legislativa rispetto all'intensita' del controllo giurisdizionale, non si arresta, infatti, alla valutazione del proposito del legislatore, cioe' alla verifica di una ragione sufficiente, che basti a giustificare la scelta di intervenire con legge-provvedimento, ma si estende al giudizio di congruita' del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito e al giudizio di proporzionalita' della misura selezionata in vista dell'ottenimento di quello scopo (Corte cost. 25 luglio 2022 n. 186). 38.2. Nondimeno nel caso di specie detta verifica si atteggia in modo particolare. 38.3. L'intervento normativo in esame e', infatti, caratterizzato dal fatto che non sostituisce il provvedimento (comunque da adottare), ma modifica le regole del relativo procedimento, stabilite con legge (seppur in parte con legge provvedimento), specie quelle relative ai termini procedimentali. Sicche' non si pone il tema, tipico della legge provvedimento, di attrazione alla sfera legislativa di quanto normalmente affidato all'autorita' amministrativa, ma si pone il tema della congruita' degli effetti prodotti dalla fonte di rango primario. 38.4. Si tratta quindi di valutare la sussistenza di una ragione che giustifichi la scelta di intervenire con legge a ritardare l'azione amministrativa imponendo il differimento del termine, con gli effetti sopra visti. 39. Il Collegio ritiene che la disposizione non solo non produca effetti positivi che bilancino le conseguenze gia' illustrate ma che essa produca effetti distorsivi. 40. Detti effetti distorsivi si riflettono innanzitutto sui principi dettati dagli articoli 3 e 97 Cost. 40.1. Innanzitutto il ritardo (consentito, anzi imposto) nell'evasione delle istanze del concessionario riguardanti l'adeguamento tariffario e l'aggiornamento del PEF e la difficile applicazione degli istituti che compulsano la conclusione di procedimenti con termine (ordinatorio) scaduto e' potenzialmente idonea a produrre le seguenti conseguenze negative sull'attivita' amministrativa, in violazione dell'art. 97 Cost.: deresponsabilizza l'operato dei pubblici dipendenti, cosi' non scoraggiando condotte negligenti e pregiudicando il buon andamento della pubblica amministrazione (Corte cost. 16 luglio 2024 n. 132); pregiudica l'efficienza del sistema amministrativo, che presuppone l'esercizio tempestivo e continuo del potere pubblico, in violazione del principio di buon andamento, tanto piu' in un sistema nel quale si consolida l'amministrazione di risultato (d. lgs. n. 165 del 2001 e al decreto legislativo n. 36 del 2023, con particolare riferimento agli articoli 1 e 2, dedicati al principio del risultato e a quello correlato della fiducia, nei termini illustrati da Corte costituzionale 16 luglio 2024 n. 132). 40.2. Viene poi in evidenza l'oggetto della dilazione temporale, cioe' l'adeguamento della prestazione prevista a favore del concessionario, cioe' le tariffe, e la regolamentazione e l'adeguamento delle prestazioni che il concessionario e' obbligato a eseguire. 40.3. Quanto alle tariffe, non puo' ritenersi che la posticipazione del relativo adeguamento, in quanto evita una maggiorazione delle stesse, produca effetti positivi compatibili con l'ordinamento giuridico. 40.4. Se l'effetto voluto e' quello di calmierare le tariffe, si rileva che l'Art e le delibere dalla stessa assunte, applicabili, come visto, a prescindere dall'intervento normativo in esame, hanno provveduto a razionalizzare i sistemi tariffari al fine di porre rimedio «alle criticita' rilevate nel passato ed efficacemente stigmatizzate, come gia' accennato, dalla Corte dei conti che evidenziava come le concessioni in essere, sovente affidate per estesi archi temporali e senza esperimento di gara, scontavano l'adozione di scelte non attente all'esigenza di assicurare soddisfacenti livelli di efficienza delle gestioni» e all'«esigenza di contenere gli extra profitti che determinavano, come rilevato dalla Corte dei conti con la richiamata delibera n. 18/2019/G, dividendi eccedenti una congrua remunerazione del capitale, talvolta «superiori a quelli degli investimenti non effettuati» (Cons. St., sez. VI, 4 maggio 2022 n. 3484 e Corte dei conti, delibera 18 dicembre 2019 n. 18/2019/G). Se l'intervento non e' ritenuto sufficiente non e' peraltro precluso all'Amministrazione di intervenire ulteriormente nel merito del regime tariffario, al fine di calmierare ulteriormente gli effetti a vantaggio dei fruitori del bene oggetto di concessione (tenendo conto delle prestazioni che il concessionario deve rendere, su cui infra). Nel rispetto delle condizioni poste dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia e' infatti ammesso l'intervento modificativo dei rapporti di durata da parte dello Stato (Corte cost. 26 aprile 2018 n. 89 e 31 marzo 2015 n. 56 e Cgue, sez. I, 20 dicembre 2017, C-322/16 e sez. III, 10 settembre 2009, C-201/08). 40.5. Il fine di evitare una maggiorazione delle tariffe non e' invece efficacemente perseguito con la posticipazione dei termini procedimentali. Il differimento produce infatti effetti distorsivi in quanto altera la corrispondenza fra fruizione del bene e pagamento del relativo pedaggio e ne allontana nel tempo la corrispondenza, potenzialmente riverberandosi su fruitori futuri, che fruiscono di un bene che non corrisponde (piu') a quello considerato nel pedaggio corrisposto, in quanto: non consente di tenere conto delle sopravvenienze, che possono incidere anche in senso sfavorevole sul concessionario (a titolo esemplificativo si richiamano i criteri che consentono di tenere conto della qualita' del servizio e dell'attuazione degli investimenti, rispettivamente punti 24 e 25 della delibera Art n. 64 del 2019 e punti 2.5, 2.10 e 4.2 della delibera CIPE n. 39 del 2007); non impedisce che i ritardi nell'adeguamento annuale non si riverberino sulle successive tariffe. Il protrarsi delle tariffe precedenti determina infatti il solo (continuo) rinvio della modifica del regime tariffario ma non evita che in futuro l'adeguamento non venga maggiorato anche in ragione dei precedenti ritardi, dovendo tenere conto (anche a fini di compensazione e considerata la fruttuosita' del denaro) di quanto non corrisposto in precedenza (anche se l'effetto finanziario si sarebbe gia' esaurito, se riconosciuto per tempo), anche per il tramite dei riflessi sul PEF. Infatti nella delibera Art n. 64 del 2019 si legge che in sede di «applicazione del sistema tariffario» si tiene «conto anche degli eventuali periodi regolatori precedenti per i quali non si sia perfezionato l'iter di aggiornamento del Piano Economico Finanziario» (punto 32). Senonche' il pedaggio trova la sua ragion d'essere nella «utilizzazione delle autostrade», sicche' e' esclusa «l'imposizione agli automobilisti di una prestazione patrimoniale a prescindere dall'utilizzo in concreto del tratto viario interessato dal pedaggio» (Corte cost. 13 luglio 2011 n. 208). I principi di equita' e di buon andamento impongono quindi la tempestiva determinazione della controprestazione e il solerte adeguamento della stessa. 40.6. Le conseguenze di un ritardo nella conclusione del procedimento di revisione delle tariffe e' in generale indice di una gestione non scrupolosa del rapporto concessorio, specie se si considera che e' accompagnata dalla proroga dell'aggiornamento del PEF, anche se scaduto da tempo risalente, e quindi da un'omessa verifica dell'equilibrio economico e finanziario dello stesso, che si riverbera anche sull'attualizzazione delle prestazioni a carico del concessionario, atteso che, in base all'art. 3.2 lettera g) della convenzione, il concessionario provvede «alla progettazione ed esecuzione delle opere indicate all'art. 2, cosi' come previsto nel piano economico finanziario». Inoltre l'aggiornamento del PEF, oltre a poter tenere in conto del regime tariffario secondo quanto stabilito dalla richiamata delibera n. 64 del 2019, consente di valorizzare la mancata o ritardata realizzazione degli investimenti (punto 6.5 della delibera CIPE n. 39 del 2007 e art. 26 della in convezione) e di inserire nuovi investimenti (punto 2.4 della delibera CIPE n. 39 del 2007). 40.7. In tale prospettiva la non scrupolosa cura del rapporto concessorio, che deriva dai ritardi procedimentali (veicolati anche per il tramite dell'intervento normativo in esame), puo' determinare un rinvio degli interventi e, nel contempo, il sopravvenire dell'inidoneita' dell'infrastruttura (non adeguata in ragione di circostanze non considerate nel PEF iniziale), con il rischio di pregiudicare gli interessi dei fruitori del tratto autostradale, oltre che le esigenze di sicurezza strettamente connesse all'oggetto della concessione. Peraltro, le distorsioni derivanti dal mancato aggiornamento del PEF risultano rilevanti anche in ragione del fatto che la fruizione del tratto autostradale non costituisce una scelta fra varie alternative possibili, sicche' il relativo utilizzo si impone in modo necessitato, cosi' come il pagamento del pedaggio. 40.8. Inoltre, nell'attuale sistema la scarsita' delle risorse si impone, in modo prepotente, quale variabile delle politiche pubbliche e dell'azione amministrativa, anche nel caso in cui l'onere del servizio non grava sull'erario ma direttamente sulla collettivita' dei consociati che fruiscono del bene o del servizio. La scarsita' delle risorse e' infatti tema che si apprezza non solo nella prospettiva del soggetto pubblico, e delle risorse finanziarie di cui lo stesso dispone, ma nella piu' generale prospettiva delle risorse che i privati mettono a disposizione delle politiche pubbliche attraverso la fiscalita' generale o altrimenti. Una volta che il sistema pubblico ha ritenuto di accollare alla collettivita' di riferimento una spesa (di cui ha la responsabilita' di determinare l'ammontare), si richiede un'estrema e continua cura nel garantire che essa produca tutti i risultati programmati e tutti quelli che possono eventualmente derivarne nel corso del rapporto, al fine di assicurare che si realizzino le esternalita' e le conseguenze positive che alla prima sono riconducibili, anche in modo indiretto. E cio' non solo a vantaggio del diretto destinatario dell'esborso finanziario, non solo a vantaggio dei fruitori del bene pubblico interessato dalla spesa, ma a vantaggio dell'intera collettivita': in un sistema di risorse scarse la scelta di devolvere le risorse private a una determinata finalita' si accompagna alla consapevolezza di dover rinunciare a «prelevare» dette risorse per altre politiche pubbliche, delle quali potrebbero beneficiare altri soggetti, sicche' le politiche intraprese debbono essere gestite al fine di ricavarne ogni possibile effetto positivo, cosi' potendo produrre i maggiori benefici, anche indiretti, a vantaggio dell'intera collettivita'. 40.9. Il Collegio ritiene pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo in esame in riferimento agli articoli 3 e 97 Cost. In definitiva, viene in rilievo una legge- provvedimento - pur se con i profili prima descritti di peculiarita' - che, da un lato, non risulta supportata da una giustificazione proporzionata agli obiettivi perseguiti e agli effetti sortiti e, dall'altro, produce un'incisione irragionevole dei diritti e delle garanzie apprestate dall'ordinamento in caso di svolgimento di un procedimento amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 (cd. «virtu' del procedimento»). Di qui il non superamento in termini positivi dello «strict scrutiny» (cd. «controllo severo») cui e' sottoposta una legge materialmente amministrativa che si surroghi alle potesta' amministrative. 41. In una diversa prospettiva il ritardo, peraltro piu' volte reiterato, dell'aggiornamento del PEF e dell'adeguamento delle tariffe evidenzia una negligente gestione del rapporto nel corso del suo dispiegarsi, che produce conseguenze negative sulla liberta' d'impresa e sull'utilita' sociale alla quale la prima e' indirizzata, oltre a non rispettare quei programmi e controlli ritenuti opportuni dalla stessa legge «perche' l'attivita' economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali», in violazione dell'art. 41 Cost. 41.1. In particolare, il differimento dei termini per l'aggiornamento del PEF e l'adeguamento annuale delle tariffe pregiudica le capacita' programmatorie e di ottenimento delle risorse necessarie per lo svolgimento dell'attivita' di impresa quale centro di promozione del lavoro e quale soggetto in grado di effettuare servizi e svolgere lavori di interesse per la collettivita', con conseguente violazione dell'art. 41 Cost. E cio' ancor piu' se si considera che l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione e cosi' come modificata dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020, non dispone alcun incremento provvisorio delle tariffe, che possa calmierare le esigenze imprenditoriali, previsto solo dal decreto-legge n. 215 del 2023 a far tempo dal 2024. In tale prospettiva l'incertezza creata dal protrarsi di una situazione transitoria (ad opera del legislatore), peraltro reiterata, impedisce quell'organizzazione imprenditoriale che costituisce il tratto distintivo dell'attivita' professionale dell'imprenditore (art. 2082 c.c.) e quindi il nucleo della liberta' imprenditoriale. Infatti non solo l'an della provvista finanziaria ma anche il tempo dell'ottenimento della stessa, oltre che l'assenza, nelle more dell'adeguamento, di meccanismi di (almeno parziale) compensazione del pregiudizio derivante da ritardo dell'adeguamento tariffario annuale (introdotti solo a partire dal 2024, come visto), si riflette sull'attivita' di impresa, risultando quindi rilevante indipendentemente dal successivo recupero. La stessa mancata definizione anticipata degli esatti termini di detto recupero e dell'aggiornamento del PEF pregiudicano, anche in considerazione di quanto sopra illustrato, le esigenze programmatorie e organizzative dell'impresa. La giurisprudenza costituzionale, pur riconoscendo il rilievo dell'affidamento nella «sicurezza giuridica» quale elemento essenziale dello Stato di diritto, non riconosce la vigenza di un principio di immodificabilita' assoluta della disciplina dei rapporti di durata derivanti da pattuizioni negoziali, ancorche', l'ammissibilita' di interventi incidenti sulle posizioni che ne derivano, sia subordinata all'esistenza di un interesse meritevole di tutela, ovvero, finalizzata a scopi di utilita' sociale (art. 412 Cost.), e sempreche' l'intervento non si traduca in scelte illogiche irrazionali e non proporzionate all'utilita' perseguita (Corte cost. 3 giugno 2022 n. 136 e 24 gennaio 2017 n. 16). Il limite dell'intervento restrittivo deve essere individuato «nell'arbitrarieta' e nell'incongruenza - e quindi nell'irragionevolezza - delle misure restrittive adottate per assicurare l'utilita' sociale» (Corte cost., 25 luglio 2022 n. 186). Senonche' nel caso di specie, per i motivi gia' sopra illustrati, non puo' ritenersi che il differimento di detti termini risponda a finalita' pubbliche che ne bilancino gli effetti, ne' a criteri di ragionevolezza e proporzionalita' (come illustrato sopra e infra). Infatti «Onde valutare il requisito della «giustificazione sul piano della ragionevolezza» occorre prendere le mosse dalle ragioni che hanno condotto il legislatore regionale all'adozione delle disposizioni censurate», nel caso di specie individuate nella «continuita' dell'azione amministrativa», con le conseguenze sopra individuate in ordine all'inidoneita' a tal fine dell'intervento normativo in esame. D'altro canto il ripetuto differimento dei relativi termini costituisce violazione dei programmi e controlli previsti dalla legge ai sensi dell'art. 41 comma 3 Cost. («La legge determina i programmi e i controlli opportuni perche' l'attivita' economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali»), ai quali e' sottoposto il rapporto concessorio anche ai fini dell'aggiornamento del PEF e dell'adeguamento annuale delle tariffe. 42. Il regime introdotto dalle disposizioni sopra richiamate pregiudica altresi' (e per gli stessi motivi) i profili concorrenziali della liberta' di impresa, in violazione degli articoli 11 e 117 Cost., integrati dalla disciplina interposta dettata dagli articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' dagli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dal Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e dal principio pacta sunt servanda, oltre che dell'art. 41 Cost. che, nel tutelare la liberta' economica, ha ricevuto una connotazione proconcorrenziale (di derivazione eurounitaria) a partire dal 1982 (Corte cost. 16 dicembre 1982 n. 223). Se pur vero infatti che la rete autostradale italiana e' affidata a concessionarie che beneficiano di contratti di durata spesso pluridecennale, in molti casi ottenuti senza alcuna procedura di evidenza pubblica, che danno vita a una situazione assimilabile a un monopolio, piu' che a un mercato naturale, il tema si pone soprattutto rispetto ai possibili investitori nella societa' concessionaria (come evidenziato dalla Commissione nella procedura di infrazione n. 2419/2006, su cui infra). 42.1. Con specifico riferimento ai profili concorrenziali (di cui agli articoli 49, 56 e 63 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), sui quali si pronuncia la Corte di giustizia, quest'ultima si pone su posizioni convergenti rispetto al sopra riferito orientamento della Corte costituzionale: un operatore economico non puo' riporre affidamento nel fatto che non interverra' assolutamente alcuna modifica legislativa, bensi' puo' unicamente mettere in discussione le modalita' di applicazione di una modifica siffatta e la previsione di un sistema di compensazioni adeguate (Cgue, sez. I, 20 dicembre 2017, C-322/16); il principio della certezza del diritto, il quale ha come corollario quello della tutela del legittimo affidamento, «impone, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano avere conseguenze sfavorevoli sugli individui e sulle imprese» (Cgue, sez. I, 20 dicembre 2017, C-322/16); il legislatore deve tenere «conto delle situazioni particolari degli operatori economici» e prevedere, «eventualmente, adattamenti all'applicazione delle nuove norme giuridiche» (Cgue, sez. III, 10 settembre 2009, C-201/08); un operatore economico prudente ed accorto non puo' invocare il principio della certezza del diritto se e' in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, considerando le «diverse circostanze che hanno preceduto tale entrata in vigore» (Cgue, sez. III, 10 settembre 2009, C-201/08). In tale prospettiva devono, ad avviso del Collegio, essere interpretate anche le note inviate dalla Commissione europea nell'ambito della procedura d'infrazione C 2006/2419, avviata nei confronti dello Stato italiano, in relazione al nuovo regime delle concessioni autostradali previsto dal decreto-legge n. 262/2006, del 3 ottobre 2006, poi convertito con modificazioni in legge n. 286/2006, del 27 dicembre 2006, riguardante, fra l'altro, talune modifiche ex lege, introdotte unilateralmente dalle autorita' italiane, suscettibili di modificare in pejus il regime delle convenzioni autostradali esistenti: con lettera di messa in mora 14 novembre 2006 la Commissione ha rilevato che le modifiche unilaterali disposte all'epoca dall'Italia non recavano indicazione degli scopi e delle giustificazioni alla base delle stesse, sicche' «non e' possibile valutare se tale giustificazione sia compatibile con le eccezioni previste dal Trattato o da motivi imperiosi di interesse pubblico», oltre al fatto che «cio' impedisce di determinare l'idoneita' del decreto-legge a garantire il conseguimento dell'eventuale legittimo obiettivo e di esaminare la proporzionalita' della misura, tenuto conto anche del contratto esistente», non ritenendo quindi incompatibile il principio della certezza del diritto con modifiche legislative. Comunque, una piu' severa interpretazione delle successive note, conduce, con maggiore facilita', alla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'. Il riferimento e' all'accento posto sulla necessita' di superare l'ambiguita' circa l'applicazione della modifica unilaterale alle concessioni gia' esistenti, di cui alle note inviate nell'ambito della medesima procedura d'infrazione, 12 giugno 2007 e 5 ottobre 2007, e l'espressione «non modificabilita', in via unilaterale, da parte dello Stato concedente, del regime tariffario del concessionario per tutta la durata del rapporto concessorio in essere», di cui alla nota 28 novembre 2007. A fronte del sopra richiamato orientamento della giurisprudenza costituzionale e della Corte di giustizia, che pone l'accento sull'obiettivo, di interesse pubblico, perseguito, sulla prevedibilita' della misura sulla base delle circostanze esistenti e sulla chiarezza del dato normativo: le misure introdotte dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 non risultano funzionali all'obiettivo della continuita' dell'attivita' amministrativa; il differimento e' avvenuto, con decreto-legge, l'ultimo giorno utile prima dell'inizio dell'anno, proprio allorquando l'adeguamento avrebbe dovuto essere applicato (con l'avvio del nuovo anno); la situazione sulla quale ha prodotto effetti l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 e' caratterizzata nei termini gia' sopra visti, con un PEF scaduto nel 2013 e non piu' aggiornato e adeguamenti tariffari parziali ormai da molti anni; il differimento e' stato reiterato, come visto, con analoghe modalita' anche in seguito, cosi' prolungando il periodo transitorio e rendendo incerta la situazione per un lungo lasso di tempo; non sono state previste misure di compensazione, neppure transitorie (se non, come visto, a partire dal 2024). Il Collegio dubita pertanto che, nel caso di specie, siano state rispettate le condizioni di ammissibilita' delle modifiche unilaterali dei rapporti di durata. 42.2. Le modifiche dei rapporti di durata si riflettono anche sul diritto di proprieta' che, nella giurisprudenza eurounitaria, presenta un'estensione lata, volta a contemplare posizioni giuridiche di vantaggio che, ancorche' non qualificabili dominicali in senso stretto, tuttavia accedono a prerogative consolidate del titolare. La portata del diritto di proprieta' di cui all'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: puo' essere limitata «a condizione che sia prevista dalla legge, che rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprieta' e che, nel rispetto del principio di proporzionalita', sia necessaria e risponda effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le liberta' altrui» (Cgue, sez. IV, 19 settembre 2024, C-198/21); deve, conformemente all'art. 52 della stessa Carta, essere determinata prendendo in considerazione l'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale sancisce tale diritto (Cgue, sez. IV, 19 settembre 2024, C-198/21). Nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo anche l'aspettativa legittima di ottenere un valore patrimoniale puo' beneficiare della tutela dell'art. 1 del Protocollo n. 1: «la nozione di beni puo' ricomprendere sia beni attuali che valori patrimoniali, compresi i crediti, in virtu' dei quali il ricorrente puo' pretendere di avere almeno un'«aspettativa legittima» di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprieta'» (Corte europea diritti dell'uomo, sez. II, 23 settembre 2014, n. 46154/11 e Cgue, sez. III, 10 settembre 2009, C-201/08). Pertanto la limitazione, derivante dalla dilazione temporale (ripetuta) dell'aspettativa legittima all'adeguamento tariffario e all'aggiornamento del PEF, deve essere necessaria e rispondere effettivamente a obiettivi di interesse generale e rispettare il principio di proporzionalita', circostanze tutte che, per i motivi gia' sopra illustrati, risultano frustrate in relazione all'intervento normativo in esame. 42.3. Il Collegio ritiene pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo in esame in riferimento agli articoli 11, 41 e 117, primo comma, Cost., anche per il tramite della disciplina interposta di cui agli articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' agli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e al Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e al principio pacta sunt servanda. 43. Il Collegio pertanto: dubita della legittimita' costituzionale dell'intervento normativo in esame in riferimento agli articoli 3, 77 e 97 Cost., oltre che in riferimento agli articoli 11, 41 e 117 Cost., anche per il tramite della disciplina interposta di cui agli articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' agli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e al Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e al principio pacta sunt servanda, ritenendo rilevane e non manifestamente infondata la relativa questione di legittimita' costituzionale, nei termini di cui in motivazione; individua l'oggetto della rimessione nell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 (poi convertito nella legge n. 8 del 2020), nella prima formulazione, rilevante con riferimento alla nota 1 (di cui al ricorso 1), e come modificato dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020, rilevante con riferimento alla nota 2 (di cui al ricorso 2), rispetto ai quali le successive modifiche risultano aggravare il quadro normativo nei termini esposti in motivazione, rimettendo comunque alla Corte le stesse laddove ritenesse necessario pronunciarsi su di esse ai fini della decisione. XII. Conclusioni 44. In conclusione: vanno riuniti i ricorsi in appello nn. 852 del 2021 e 2458 del 2022; va estromessa Aiscat; i motivi di cui al par. V vanno dichiarati infondati; i motivi scrutinati al par. VI vanno dichiarati in parte inammissibili, nei limiti ivi indicati; per la restante parte (cioe' con riferimento ai motivi di cui al precedente alinea nella parte in cui non sono dichiarati inammissibili) il processo va sospeso ai sensi e per gli effetti degli articoli 79 e 80 c.p.a. e 295 c.p.c., rimettendo alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' dell'intervento normativo cosi' come individuato nel punto precedente, in riferimento agli articoli 3, 77 e 97 Cost., oltre che in riferimento agli articoli 11, 41 e 117, primo comma, Cost., anche per il tramite della disciplina interposta di cui agli articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' agli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e al Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e al principio pacta sunt servanda. 45. Ogni ulteriore statuizione e' riservata alla decisione definitiva. P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, parzialmente e non definitivamente pronunciando: riunisce gli appelli, come in epigrafe proposti; estromette l'Associazione italiana delle societa' concessionarie per la costruzione e l'esercizio di autostrade e trafori stradali; in parte respinge e dichiara inammissibili gli appelli riuniti, nei termini di cui in motivazione; per la restante parte, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, la questione di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo cosi' come individuato al punto 26 per violazione degli agli articoli 3, 77 e 97 Cost., oltre che degli articoli 11, 41 e 117, primo comma, Cost., anche per il tramite della disciplina interposta di cui agli articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' agli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e al Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e al principio pacta sunt servanda, nei sensi di cui in motivazione; sospende il presente giudizio ai sensi dell'art. 79 comma 1 c.p.a.; dispone, a cura della Segreteria, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite, all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria, a tutte le parti in causa, e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Consiglio dei ministri. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 14 novembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Francesco Caringella, Presidente Valerio Perotti, Consigliere Stefano Fantini, Consigliere Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore Marina Perrelli, Consigliere Il Presidente: Caringella L'Estensore: Molinaro