Reg. ord. n. 9 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/02/2025 n. 6

Ordinanza del Consiglio di Stato  del 15/01/2025

Tra: R.A.V. - Raccordo Autostradale Valle D'Aosta spa  C/ Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti



Oggetto:

Concessioni pubbliche – Prezzi e tariffe – Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti – Previsione che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 è differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari (PEF) predisposti in conformità alle delibere adottate dall'Autorità di regolazione dei trasporti – Previsione che, entro il 30 marzo 2020, i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei PEF, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento – Previsto perfezionamento dell'aggiornamento dei piani economico finanziari presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre il 31 luglio 2020 – Denunciata disciplina che non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dal legislatore nel preambolo di garantire la continuità dell’azione amministrativa, in spregio al buon andamento – Intervento normativo che non riveste carattere di urgenza – Previsione le cui finalità sono diverse da quelle esplicitate dal legislatore e sproporzionate rispetto agli effetti prodotti – Disposizione che produce effetti distorsivi, provocando un ritardo nell’evasione delle istanze del concessionario riguardanti l’adeguamento tariffario e l’aggiornamento del PEF, rendendo difficile l’applicazione degli istituti che compulsano la conclusione di procedimenti con termine ordinatorio scaduto – Deresponsabilizzazione dell’operato dei pubblici dipendenti, non essendo disincentivate le condotte negligenti – Previsione che pregiudica l’efficienza del sistema amministrativo, che presuppone l’esercizio tempestivo e continuo del potere pubblico – Alterazione tra fruizione del bene e pagamento del relativo pedaggio e allontanamento nel tempo della loro corrispondenza – Legge-provvedimento priva di una giustificazione proporzionata agli obiettivi perseguiti e agli effetti sortiti – Produzione di un’irragionevole incisione dei diritti e delle garanzie apprestate dall’ordinamento nello svolgimento di un procedimento amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 – Violazione dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di ragionevolezza – Previsione di un ritardo dell’aggiornamento del PEF e dell’adeguamento delle tariffe che evidenzia una negligente gestione del rapporto nel corso del suo dispiegarsi – Differimento dei termini per l’aggiornamento del PEF e l’adeguamento delle tariffe che pregiudica le capacità programmatorie e di ottenimento delle risorse necessarie per lo svolgimento dell’attività di impresa – Lesione della libertà di impresa – Violazione del principio che riserva alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali – Disposizione che pregiudica i profili concorrenziali della libertà di impresa e il diritto di proprietà, come tutelati dalla disciplina europea e internazionale interposta e dal principio del pacta sunt servanda – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e degli obblighi internazionali.

- Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, [convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8,] art. 13, comma 3, "nella prima formulazione".

- Costituzione, artt. 3, 11, 41, 77, 97 e 117, primo comma; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), artt. 16 e 17; Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), artt. 49, 56 e 63; Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 1.

Concessioni pubbliche – Prezzi e tariffe – Proroga di termini in materia di infrastrutture e trasporti – Previsione che, per i concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale è pervenuto a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e all’anno 2021 è differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari predisposti in conformità alle delibere adottate dall'Autorità di regolazione dei trasporti – Previsione che, entro il 30 marzo 2020, i concessionari presentano al concedente le proposte di aggiornamento dei PEF, riformulate ai sensi della predetta normativa, che annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento – Previsto perfezionamento dell'aggiornamento dei PEF presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre il 31 luglio 2021 – Denunciata disciplina che non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dal legislatore nel preambolo di garantire la continuità dell’azione amministrativa, in spregio al buon andamento – Intervento normativo che non riveste carattere di urgenza – Previsione le cui finalità sono diverse da quelle esplicitate dal legislatore e sproporzionate rispetto agli effetti prodotti – Disposizione che produce effetti distorsivi, provocando un ritardo nell’evasione delle istanze del concessionario riguardanti l’adeguamento tariffario e l’aggiornamento del PEF e rendendo difficile l’applicazione degli istituti che compulsano la conclusione di procedimenti con termine ordinatorio scaduto – Deresponsabilizzazione dell’operato dei pubblici dipendenti, non essendo disincentivate le condotte negligenti – Previsione che pregiudica l’efficienza del sistema amministrativo, che presuppone l’esercizio tempestivo e continuo del potere pubblico – Alterazione tra fruizione del bene e pagamento del relativo pedaggio, allontanandone nel tempo la corrispondenza – Legge-provvedimento priva di una giustificazione proporzionata agli obiettivi perseguiti e agli effetti sortiti – Produzione di un’irragionevole incisione dei diritti e delle garanzie apprestate dall’ordinamento nello svolgimento di un procedimento amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 – Violazione dei principi di buon andamento dell’amministrazione e di ragionevolezza – Previsione di un ritardo dell’aggiornamento del PEF e dell’adeguamento delle tariffe che evidenzia una negligente gestione del rapporto nel corso del suo dispiegarsi – Differimento dei termini per l’aggiornamento del PEF e l’adeguamento delle tariffe che pregiudica le capacità programmatorie e di ottenimento delle risorse necessarie per lo svolgimento dell’attività di impresa – Lesione della libertà di impresa – Violazione del principio che riserva alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni affinché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali – Disposizione che pregiudica i profili concorrenziali della libertà di impresa e il diritto di proprietà, come tutelati dalla disciplina europea e internazionale e dal principio del pacta sunt servanda – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e degli obblighi internazionali.

- Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, [convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8,] art. 13, comma 3, come modificato dall'art. 13, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 [, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21].

- Costituzione, artt. 3, 11, 41, 77, 97 e 117, primo comma; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), artt. 16 e 17; Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), artt. 49, 56 e 63; Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 1.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 30/12/2019  Num. 162  Art. 13  Co. 3

legge  del 28/02/2020  Num. 8

decreto-legge  del 31/12/2020  Num. 183

legge  del 26/02/2021  Num. 21



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 77   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 49   Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 56   Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 63   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 16   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 17   Co.  

Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  



Udienza Pubblica del 25 giugno 2025 rel. PATRONI GRIFFI


Testo dell'ordinanza

                        N. 9 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2025

Ordinanza del 15 gennaio 2025 del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da R.A.V. - Raccordo autostradale Valle D'Aosta  spa  contro
Ministero   delle   infrastrutture   e   dei   trasporti,   Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  e  Autorita'  di  regolazione   dei
trasporti.. 
 
Concessioni pubbliche - Prezzi e tariffe  -  Proroga  di  termini  in
  materia di infrastrutture e  trasporti  -  Previsione  che,  per  i
  concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e'  pervenuto
  a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali
  relative all'anno 2020  e'  differito  sino  alla  definizione  del
  procedimento di aggiornamento dei piani economico finanziari  (PEF)
  predisposti in conformita' alle delibere adottate dall'Autorita' di
  regolazione dei trasporti - Previsione che, entro il 30 marzo 2020,
  i  concessionari  presentano   al   concedente   le   proposte   di
  aggiornamento  dei  PEF,  riformulate  ai  sensi   della   predetta
  normativa, che annullano e sostituiscono ogni  precedente  proposta
  di aggiornamento - Previsto perfezionamento dell'aggiornamento  dei
  PEF presentati nel termine del 30 marzo 2020, entro e non oltre  il
  31 luglio 2020. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2019, n.  162  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione  delle
  pubbliche amministrazioni,  nonche'  di  innovazione  tecnologica),
  [convertito, con modificazioni, nella legge 28  febbraio  2020,  n.
  8,] art. 13, comma 3, "nella prima formulazione". 
Concessioni pubbliche - Prezzi e tariffe  -  Proroga  di  termini  in
  materia di infrastrutture e  trasporti  -  Previsione  che,  per  i
  concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e'  pervenuto
  a scadenza, il termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali
  relative all'anno 2020 e  all'anno  2021  e'  differito  sino  alla
  definizione del procedimento di aggiornamento dei  piani  economico
  finanziari (PEF) predisposti in conformita' alle delibere  adottate
  dall'Autorita' di regolazione dei trasporti - Previsione che, entro
  il 30 marzo 2020,  i  concessionari  presentano  al  concedente  le
  proposte di aggiornamento  dei  PEF,  riformulate  ai  sensi  della
  predetta normativa, che annullano e sostituiscono  ogni  precedente
  proposta    di    aggiornamento    -    Previsto    perfezionamento
  dell'aggiornamento dei PEF presentati  nel  termine  del  30  marzo
  2020, entro e non oltre il 31 luglio 2021. 
- Decreto-legge 30 dicembre 2019, n.  162  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione  delle
  pubbliche amministrazioni,  nonche'  di  innovazione  tecnologica),
  [convertito, con modificazioni, nella legge 28  febbraio  2020,  n.
  8,] art. 13, comma 3, come modificato dall'art. 13,  comma  5,  del
  decreto-legge 31 dicembre 2020, n.  183  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di termini legislativi, di  realizzazione  di  collegamenti
  digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del
  Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso  del
  Regno Unito dall'Unione europea) [, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 26 febbraio 2021, n. 21]. 


(GU n. 6 del 05-02-2025)

 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
 
              In sede giurisdizionale - Sezione Quinta 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di  registro  generale  852  del  2021,  proposto  da  R.A.V.-
Raccordo Autostradale Valle D'Aosta S.p.a.,  in  persona  del  legale
rappresentante pro-tempore, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Marco Annoni, Gian Michele Roberti e  Luisa  Torchia,  con  domicilio
digitale come da PEC da Registri  di  Giustizia  e  domicilio  fisico
eletto presso lo studio Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi  n.
47; 
 
                               contro 
 
    Ministero  delle  infrastrutture  e  dei   trasporti,   Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  Autorita'   di   regolazione   dei
trasporti,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro-tempore,
rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghes n. 12; 
    Ministero  delle  Infrastrutture  e  dei  Trasporti  -  Direzione
generale  per  la  vigilanza  sulle  concessioni  autostradali,   non
costituito in giudizio; 
 
                            nei confronti 
 
    Aiscat-Associazione italiana societa' concessionarie autostrade e
trafori, non costituito in giudizio; 
    e con l'intervento di ad adiuvandum: 
      Associazione  italiana  societa'  concessionarie  autostrade  e
trafori - Aiscat, in persona del legale  rappresentante  pro-tempore,
rappresentato e  difeso  dagli  avvocati  Claudio  Guccione  e  Maria
Ferrante,  con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da  Registri   di
Giustizia; 
      sul ricorso numero di registro generale 2458 del 2022, proposto
da R.A.V. - Raccordo Autostradale Valle D'Aosta  S.p.a.,  in  persona
del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e  difeso  dagli
avvocati  Marco  Annoni,  Gian  Michele  Roberti,  Luisa  Torchia   e
Francesco Giovanni Albisinni, con domicilio digitale come da  PEC  da
Registri di Giustizia e domicilio  fisico  eletto  presso  lo  studio
Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi n. 47; 
 
                               contro 
 
      Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze,  Autorita'   di   regolazione   dei
trasporti,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro-tempore,
rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
      Ministero delle Infrastrutture  e  dei  Trasporti  -  Direzione
generale  per  la  vigilanza  sulle  concessioni  autostradali,   non
costituito in giudizio; 
 
                           per la riforma 
 
      quanto al ricorso n. 2458 del 2022: 
        della sentenza del Tribunale amministrativo  regionale  della
Valle D''Aosta n. 54/2021, resa tra le parti, quanto  al  ricorso  n.
852 del 2021: 
        della sentenza del Tribunale amministrativo  regionale  della
Valle D''Aosta n. 23/2020, resa tra le parti; 
    Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  delle
infrastrutture e  dei  trasporti,  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze e Autorita' di regolazione dei trasporti e di Aiscat; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  14  novembre  2024  il
Cons. Sara Raffaella Molinaro e  uditi  per  le  parti  gli  avvocati
Francesco Albisinni in delega degli avvocati  Marco  Annoni  e  Luisa
Torchia, Gian Michele Roberti e Claudio Guccione. 
    Si da' atto che l'avvocato  dello  Stato  Monica  De  Vergori  ha
depositato domanda di passaggio in decisione senza discussione. 
    Visto l'art. 36, comma 2, codice procedura amministrativa; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; 
 
                                FATTO 
 
    1. La controversia riguarda l'adeguamento annuale  delle  tariffe
della concessionaria R.A.V. -  Raccordo  Autostradale  Valle  d'Aosta
S.p.a. (di seguito: «RAV»). 
    2. RAV ha impugnato la nota del Ministero delle infrastrutture  e
dei trasporti (di seguito: «Ministero») 31 dicembre  2019  n.  31633,
avente ad oggetto  «Aggiornamento  tariffario  2020»,  oltre  a  ogni
ulteriore atto annesso, connesso, presupposto o  conseguenziale,  ivi
inclusi, in particolare e,  per  quanto  occorrer  possa,  la  scheda
istruttoria della DGVCA  avente  ad  oggetto  «Raccordo  Autostradale
Valle  d'Aosta  (RAV)   S.p.a.,   Istruttoria   Adeguamenti   tariffe
autostradali 2020» e il  documento  della  DGVCA  recante  «Relazione
istruttoria relativa alla  determinazione  del  parametro  «K»  della
formula di aggiornamento annuale delle tariffe di cui  alla  delibera
CIPE  39/2007»,  nella  parte  in  cui  «possano  ritenersi  che  non
riconoscono a RAV la percentuale di incremento  tariffario  richiesta
dalla societa'». 
    3.  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  Valle  d'Aosta   ha
respinto il ricorso con sentenza 29 giugno 2020 n. 23. 
    4. La sentenza e' stata appellata da RAV con ricorso n.  852  del
2021 (di seguito: «ricorso 1»). 
    5. RAV ha altresi' impugnato la nota del  Ministero  31  dicembre
2020 n. 33094, avente ad oggetto «Aggiornamento tariffario  2021»,  e
la successiva nota 2 gennaio 2021 n. 8. 
    6.  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  Valle  d'Aosta   ha
respinto il ricorso con sentenza 17 settembre 2021 n. 54. 
    7. La sentenza e' stata appellata da RAV con ricorso n. 2458  del
2022 (di seguito: «ricorso 2»). 
    8. Nel corso del  giudizio  di  appello  si  sono  costituiti  il
Ministero, il Ministero dell'economia e delle finanze  e  l'Autorita'
di regolazione dei trasporti (di seguito: «Art») ed e' intervenuta ad
adiuvandum l'Associazione italiana delle societa' concessionarie  per
la costruzione e l'esercizio di autostrade  e  trafori  stradali  (di
seguito: «Aiscat»). 
    9. All'udienza del 14 novembre 2024 la causa e' stata  trattenuta
in decisione. 
 
                               DIRITTO 
 
  I. Decisioni preliminari e pregiudiziali 
    10. Si riuniscono i  ricorsi  1  e  2,  proposti  dalla  medesima
appellante RAV, in ragione  della  connessione  fra  i  provvedimenti
impugnati, aventi lo  stesso  oggetto,  cioe'  l'adeguamento  annuale
delle tariffe,  seppur  con  riferimento  ad  annualita'  differenti,
rispettivamente 2020 e 2021. 
    11. Si rileva  l'inammissibilita'  dell'intervento  ad  adiuvadum
spiegato da Aiscat, atteso che l'Associazione, pur avendo allegato  i
profili di attinenza agli scopi statutari  dell'intervento  spiegato,
nulla ha dedotto, come eccepito dal Ministero, in merito alla lesione
derivante alla stessa dagli  atti  impugnati  e  quindi  all'utilita'
ottenibile  dall'iniziativa  intrapresa,  cosi'  risultando   carente
l'interesse a ricorrere. 
  II. Contesto della controversia 
    12. RAV e' titolare della concessione per  la  progettazione,  la
costruzione e l'esercizio dell'autostrada Aosta - Traforo  del  Monte
Bianco in virtu' della convenzione sottoscritta il 29  dicembre  2009
con Anas S.p.a., alla quale e' subentrato il Ministero (art. 11 comma
5 del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito in legge  n.  14  del
2012, e art. 36 del decreto-legge n. 98 del  2011,  convertito  nella
legge n. 111 del 2011). 
    La convenzione e' stata approvata con legge nei termini  indicati
dall'art. 8-duodecies del decreto-legge n. 59  del  2008,  convertito
nella legge n. 101 del 2008. 
    13. Il meccanismo  di  adeguamento  tariffario  e'  previsto  con
cadenza annuale dagli articoli 15 e 18 della convenzione,  oltre  che
dalla delibera CIPE n. 39 del 2007 (art. 4) e dall'art.  21  comma  5
del decreto-legge n. 355 del 2003, che individua nel «15  ottobre  di
ogni  anno»  il  termine  per  la  formulazione  della  proposta   di
variazioni tariffarie, sulla  quale  deve  esprimersi  «entro  il  15
dicembre», con decreto «motivato», il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti, di concerto con  il  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze  (detta  disposizione  e'  stata  in  precedenza  piu'  volte
modificata con riferimento ai termini di presentazione e approvazione
dell'adeguamento tariffario, a partire dalla legge di conversione, n.
47 del 2004, e la fissazione dei predetti termini si deve all'art. 27
comma 1 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito nella  legge  n.
98 del 2013). 
    Si anticipa che sul suddetto termine  finale  non  interviene  la
delibera dell'Art n. 64 del 2019 (su cui infra),  pur  delineando  le
tempistiche delle fasi endoprocedimentali (punto 28). 
    13.1. Di seguito le vicende  di  RAV  in  merito  all'adeguamento
tariffario: 
      con decreto interministeriale n. 449 del 2015 e' stato sospeso,
per  il  2016,   l'adeguamento   tariffario   richiesto   in   attesa
dell'approvazione dell'aggiornamento del PEF (decreto  annullato  dal
TAR Valle d'Aosta con sentenza n. 45 del 12 ottobre 2016); 
      per il 2017 con il decreto interministeriale n. 499 del 2016 e'
stato riconosciuto un incremento tariffario dello 0,90%, con  riserva
di riconoscere eventuali conguagli in sede di aggiornamento  del  PEF
(decreto annullato dal TAR Valle d'Aosta con sentenza n.  54  del  12
settembre 2017); 
      per il 2018 il Ministero con decreto n.  605  del  20  dicembre
2018 ha riconosciuto una percentuale  di  incremento  tariffario  del
52,69%, con riserva  di  attribuire  «eventuali  recuperi  tariffari,
attivi o passivi, ivi inclusi quelli relativi agli anni precedenti ed
anche dovuti a modifiche delle aliquote fiscali e delle  deduzioni  o
compensazioni    fiscali    saranno    determinati     al     momento
dell'aggiornamento del piano economico finanziario  per  il  prossimo
quinquennio» (decreto annullato dal TAR Valle d'Aosta con sentenza n.
34 del 27 giugno 2019); 
      con nota 15 ottobre 2019 RAV ha  presentato  al  concedente  la
proposta per l'adeguamento delle tariffe di pedaggio applicabili  dal
primo gennaio 2020 (denegata con la nota 1, oggetto del ricorso 1); 
      con nota del 15 ottobre  2020  n.  377  RAV  ha  presentato  al
concedente la proposta per l'adeguamento delle  tariffe  di  pedaggio
applicabili dal primo gennaio 2021 (denegata con nota 2, oggetto  del
ricorso 2). 
    14. Quanto all'aggiornamento del PEF, l'art. 11 della convenzione
e le delibere CIPE nn. 39 del 2007 e 27 del  2013  prevedono  che  la
durata della concessione sia divisa in periodi regolatori  di  durata
quinquennale e che, alla scadenza di ciascun periodo regolatorio,  il
PEF sia sottoposto ad aggiornamento. 
    In particolare e' disposto che le parti  «sei  mesi  prima  della
scadenza    di    ciascun    periodo    regolatorio,     procederanno
all'aggiornamento del  Piano  Economico  Finanziario»,  procedendo  a
un'attivita' di verifica che «dovra' concludersi due mesi prima della
scadenza del periodo regolatorio» (art. 11.9). 
    La delibera CIPE n. 27 del 2013 stabilisce che gli  aggiornamenti
quinquennali dei PEF «dovranno essere effettuati entro il  30  giugno
del primo esercizio del nuovo periodo regolatorio». 
    14.1. In fatto, quanto all'aggiornamento del PEF, si rileva  che,
in considerazione della scadenza del periodo regolatorio: 
      RAV, con nota 20 giugno 2014, ha presentato  al  concedente  la
proposta  di  «aggiornamento  quinquennale  del   Piano   Finanziario
2014/2018» (l'appellante ha dichiarato  che  «il  PEF  allegato  alla
Convenzione di RAV avrebbe dovuto essere aggiornato, in  particolare,
entro il 30 giugno 2013, data di scadenza del periodo regolatorio»  e
il Ministero, con nota 9 marzo 2024, ha dichiarato che  «in  data  31
dicembre 2013 scadeva il primo periodo regolatorio relativo agli anni
2009-2013»); 
      RAV ha riscontrato  la  richiesta  istruttoria  del  concedente
datata 22 luglio 2014  con  nota  25  luglio  2014,  sempre  riferita
all'«aggiornamento quinquennale del Piano Finanziario 2014/2018»; 
      con nota 7 ottobre 2014 il concedente, facendo riferimento alla
proposta  di  «aggiornamento  quinquennale  del   Piano   Finanziario
2014/2018» presentata con nota 20 giugno  2014,  ne  ha  chiesto  una
rielaborazione,  rappresentando  alla  societa'  la   necessita'   di
limitare gli incrementi tariffari in modo che  non  si  discostassero
dal tasso di inflazione di riferimento; 
      RAV, con  nota  12  novembre  2014,  ha  presentato  una  nuova
proposta  di  «aggiornamento  quinquennale  del   Piano   Finanziario
2014/2018» in considerazione delle indicazioni del concedente; 
      il 30 dicembre 2014 e' stato siglato un  protocollo  di  intesa
nel  quale  sono  state  «stabilite   le   modalita'   di   redazione
dell'aggiornamento  del  Piano»  e  il  termine  di  conclusione  del
procedimento nel 30 giugno 2015 (cosi' dalle  note  3  marzo  2015  e
dell'8 maggio 2015); 
      il Ministero, con nota 3 marzo 2015,  ha  richiesto  a  RAV  di
adeguare la  documentazione  prodotta  per  tenere  conto  di  quanto
previsto nel protocollo d'intesa in merito  all'«aggiornamento  dello
stesso per il periodo 2014/2018»; 
      RAV, con nota 8 maggio 2015,  ha  inviato  l'aggiornamento  del
PEF,  rappresentando  che,  «a  termini  del  richiamato   Protocollo
d'intesa del 30 dicembre 2014», «dovra' essere approvato entro il  30
giugno 2015»; 
      RAV, con note 24 giugno 2015 3 luglio 2015 e 9 ottobre 2015, ha
sollecitato il Ministero all'aggiornamento del  PEF  per  il  periodo
regolatorio «2014/2018»; 
      con nota 31 dicembre 2015 il Ministero ha trasmesso  a  RAV  il
decreto  interministeriale  31  dicembre  2015  n.  449,  riguardante
«l'aggiornamento tariffario applicabile dal  1°  gennaio  2016»,  nel
quale si legge che «e'  in  corso  di  perfezionamento  la  procedura
istruttoria di aggiornamento del PEF», che non risulta quindi  ancora
approvato; 
      RAV, con note 7 dicembre 2017 e 9 maggio 2018, ha predisposto e
inviato al Ministero un ulteriore aggiornamento del PEF  al  fine  di
tenere conto delle difficolta' contributive dello Stato. 
    Il periodo regolatorio e'  quindi  scaduto  senza  l'approvazione
dell'aggiornamento del PEF ed e' divenuto attuale anche l'obbligo  di
aggiornare il PEF per il periodo successivo. 
    L'appellante ha dedotto al riguardo che «il MIT non solo  non  ha
ancora  approvato  l'aggiornamento  del  PEF   per   il   quinquennio
regolatorio in corso (2019 - 2023) ma non ha mai  provveduto  neppure
all'aggiornamento del PEF per il precedente quinquennio regolatorio». 
  III. L'oggetto della controversia 
    15. Il concessionario, con la qui impugnata nota 31 dicembre 2019
n. 31633 (di seguito: «nota 1», oggetto del ricorso 1), ha comunicato
che «l'aggiornamento da applicare con decorrenza 1° gennaio  2020  e'
pari  allo  0,00   per   cento»,   dopo   avere   fatto   riferimento
all'istruttoria  compiuta  («esaminato  l'esito  dell'istruttoria  di
competenza») e a «quanto  disposto  dall'art.  13  del  decreto-legge
«milleproroghe» del 31 dicembre 2019». 
    15.1. Con la nota 1 il Ministero si e'  quindi  limitato  a  fare
(doverosa) applicazione dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162
del 2019, convertito nella legge n. 8 del 2020 (su cui infra, al par.
VII), verificando l'(in)sussistenza  dei  presupposti  di  legge  per
l'approvazione   dell'adeguamento   annuale   delle   tariffe,   come
sottolineato dalla nota stessa, «in considerazione di quanto disposto
dall'art. 13 del  decreto-legge  «mille  proroghe»  del  31  dicembre
2019». 
    Il Ministero ha infatti (esclusivamente) rilevato il differimento
del termini di conclusione del procedimento  di  adeguamento  annuale
delle tariffe, disposto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169
del 30 dicembre 2019 (sopravvenuto nelle more della  definizione  del
procedimento),   fino   alla   «definizione   del   procedimento   di
aggiornamento dei piani economici finanziari», rispetto al quale sono
previsti  nuovi  (e  futuri)   termini   per   depositare   l'istanza
(riformulata) e per concludere il procedimento, rispettivamente il 30
marzo 2020 e il 31 luglio 2020 . 
    Il richiamo all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169  del  30
dicembre 2019 costituisce la  ragione  (unica  e  necessitata)  della
decisione, essendo rappresentato  nella  stessa  nota  come  elemento
determinante per il superamento  delle  risultanze  dell'istruttoria,
contenenti una proposta di adeguamento tariffario  «pari  al  6,11%»,
alla quale viene  fatto  cenno  appena  prima  del  riferimento  alla
disposizione di legge. 
    Tale interpretazione e' confermata dallo stesso Ministero, che ha
dedotto come «Con la nota n. 31633 del 31 dicembre 2019 il MIT si  e'
limitato a verificare la sussistenza dei  presupposti  di  legge  per
l'approvazione   dell'aggiornamento    annuale    tariffario,    come
sottolineato dalla nota stessa, «in considerazione di quanto disposto
dall'art. 13 del  decreto-legge  «mille  proroghe»  del  31  dicembre
2019», normativa entrata in vigore in un momento successivo  rispetto
allo svolgimento dell'istruttoria, nelle  more  del  procedimento  di
approvazione dell'aggiornamento tariffario per l'anno 2020». 
    Pertanto alla nota non e' attribuibile alcun altro contenuto.  In
particolare la nota non contiene un diniego definitivo di adeguamento
delle tariffe per l'anno 2020, in ragione del fatto che e' la  stessa
legge a fissare nel 31 luglio del 2021 il termine  per  l'adeguamento
annuale delle tariffe per l'anno 2020. 
    16. Il concessionario, con la qui impugnata nota 31 dicembre 2020
n. 33094 ((di seguito: «nota 2», oggetto del ricorso  2),  avente  ad
oggetto  «Aggiornamento   tariffario   2021»,   ha   comunicato   che
«l'aggiornamento da applicare con decorrenza 1° gennaio 2021 e'  pari
allo 0,00 per cento», dopo avere fatto riferimento a «quanto disposto
dall'art.   14   del   decreto-legge   n.   183   del   31   dicembre
2020,«milleproroghe», successivamente corretto richiamando l'art.  13
con la successiva nota 2 gennaio 2021 n. 8 (parimenti qui impugnata). 
    Analogamente a quanto gia' sopra osservato in relazione alla nota
1, il Ministero ha (esclusivamente) rilevato la mancata  integrazione
della condizione posta dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  169
del 30 dicembre 2019, cosi' come modificato dall'art. 14 del d.l.  n.
183  del  2020  (sopravvenuto  nelle  more  della   definizione   del
procedimento e  ,  convertito  nella  legge  n.  21  del  2021),  per
l'approvazione dell'adeguamento tariffario annuale 2020 e 2021, cioe'
la «definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici
finanziari», rispetto al quale e' stato (ulteriormente) prorogato  il
termine per concludere il procedimento, fissandolo al 31 luglio  2021
(cosi' come infra approfondito, al par. VIII). 
    17. La lesivita' della nota 1 e della nota 2 deriva dalla mancata
approvazione dell'adeguamento annuale delle  tariffe  a  cagione  del
differimento del termine di  conclusione  del  relativo  procedimento
disposto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del  2019,  al
quale la nota 1 e la nota 2 fanno rinvio (nella formulazione  ratione
temporis vigente, su cui infra). La conseguenza e' che  l'adeguamento
annuale  non  e'   applicato   a   decorrere   dal   primo   gennaio:
indipendentemente   dall'eventuale   recupero   futuro    di    detto
adeguamento, in ogni caso il tempo  della  provvista  finanziaria  e'
elemento rilevante per l'attivita' imprenditoriale (in tal  senso  e'
condivisibile  l'assunto  dell'appellante,  dedotto  in  entrambi   i
ricorsi ma approfondito specificamente nel ricorso  1,  che  comunque
supporta la valutazione dell'interesse a ricorrere, non la fondatezza
delle censure di seguito scrutinate). 
    17.1. Si rileva, per completezza,  che,  con  ordinanze  in  pari
data, sono stati sospesi due  giudizi  aventi  contenuto  analogo  al
presente, in attesa della decisione della Corte costituzionale,  dopo
avere avvisato le parti e  senza  che  queste  abbiano  rappresentato
l'esigenza   di   interloquire   direttamente   davanti   la    Corte
costituzionale (Corte cost. 17 settembre 2020 n. 202  e  23  novembre
2021 n. 218, nonche' Ad. plen. 22 marzo 2024 n. 4). 
  IV. Precisazioni terminologiche 
    18. Nella presente pronuncia: 
      il  richiamo  alla  nota  2  e'  comprensivo  della  correzione
effettuata con nota 2 gennaio 2021; 
      i decreti legge sono richiamati in quanto  tali,  mentre  della
relativa legge di conversione si da' conto una  sola  volta,  se  non
necessario a fini argomentativi; 
      il richiamo ai  motivi  di  appello,  in  mancanza  di  diversa
specificazione, si intende riferito a  entrambi  i  ricorsi  riuniti,
considerata l'analogia dei motivi dedotti. 
  V. Infondatezza dei primi  motivi  di  appello  (attinenti  a  vizi
propri del provvedimento gravato, che non coinvolgono l'art. 13 comma
3 del decreto-legge n. 162 del 2019) 
    19. In ragione di quanto sopra illustrato e, in particolare,  del
fatto che la motivazione e la ragione delle note 1 e  2  si  rinviene
nella disposizione di cui all'art. 13 comma 3  del  decreto-legge  n.
162 del 2019 ratione temporis vigente (su cui infra, ai  par.  VII  e
VIII): 
      e'  infondato  il  motivo  d'appello  riguardante  la  censura,
respinta dal Tar, di asserita  incompetenza  del  direttore  generale
della Direzione vigilanza sulle concessioni autostradali ad approvare
le variazioni tariffarie, che  debbono  essere  approvate,  ai  sensi
dell'art. 21 comma 5 del decreto-legge n. 355 del 2003,  e  dell'art.
18  della  convenzione,  con  decreto  motivato  del  Ministro  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  di  concerto  con   il   Ministro
dell'economia e delle finanze: come visto, non si tratta di una  nota
di  approvazione  delle  variazioni  tariffarie  e  non   e'   quindi
ascrivibile ai soggetti competenti a tale approvazione in  base  alle
sopra richiamate fonti normative; 
      e' infondato il motivo riguardante  la  censura,  respinta  dal
Tar,  di   asserita   contraddittorieta'   rispetto   all'istruttoria
(contenuto nel solo ricorso 2), che avrebbe evidenziato l'adeguatezza
di  un  aggiornamento  tariffario  nella   misura   del   6,11%:   la
sopravvenienza normativa vincola l'Amministrazione  al  rispetto  del
differimento ivi prescritto; 
      e' infondato il motivo riguardante  la  censura,  respinta  dal
Tar, di illegittimita' del provvedimento per avere determinato  nello
0% l'adeguamento tariffario spettante al concessionario, in  asserita
violazione dell'art. 13 comma 3 del d.l. n.  162  del  2019  (ratione
temporis  vigente),  che  si  e'  «limitato  a   disporre   il   solo
differimento del termine per l'adeguamento della tariffa  relativa  a
tale  anno  sino  alla  definizione  del   procedimento   approvativo
dell'aggiornamento del PEF»:  l'interpretazione  delle  note  1  e  2
(precedente par. III) rende la tesi carente in fatto; 
      e' inammissibile per carenza di interesse il motivo finalizzato
esclusivamente a restringere il thema decidendum per  mancanza  delle
corrispondenti censure nel ricorso introduttivo, scrutinate  dal  TAR
in riferimento a presunti vizi istruttori,  invece  dedotti,  secondo
l'appellante, nei (soli) termini gia' esaminati con riferimento  alle
doglianze di cui appena sopra, comunque infondate per i  motivi  gia'
visti. 
  VI. Motivi di appello  fondati  sull'illegittimita'  costituzionale
dell'art.  13  del  decreto-legge  n.  162  del  2019  e  sulla   non
compatibilita' con il diritto UE 
    20. In relazione all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 169 del
2019, che costituisce, come visto, la ragione delle note 1 e 2 (nella
formulazione ratione temporis vigente), l'appellante ha  formulato  i
seguenti motivi, riproponendo le censure dedotte  in  primo  grado  e
respinte dal Tar: 
      incompatibilita' con il diritto eurounitario  a  cagione  della
modifica autoritativa e unilaterale della  convenzione,  in  asserita
violazione delle liberta' fondamentali tutelate dagli articoli  49  e
ss. e  63  e  ss.  TFUE,  che  per  il  loro  concreto  ed  effettivo
dispiegarsi presuppongono la stabilita' delle regole cui  l'operatore
economico e' assoggettato nella  propria  attivita'  imprenditoriale,
nonche' del diritto di proprieta', da intendersi nell'ampia accezione
prevista  dall'art.  17  della   Carta   dei   diritti   fondamentali
dell'Unione  europea,  e  dell'art.  1  del  Primo  Protocollo  della
Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo,  come   inclusivo   di
qualsivoglia diritto di natura patrimoniale legittimamente acquisito,
anche in virtu' di un titolo convenzionale; 
      incompatibilita'  con  il  diritto  eurounitario  per  asserita
violazione  dei  principi  di  certezza  del  diritto  e  tutela  del
legittimo affidamento: eventuali modifiche legislative  incidenti  su
rapporti di durata sono ammissibili se  e'  previsto  un  sistema  di
compensazioni/indennizzi adeguato e «un periodo di tempo  transitorio
sufficiente per permettere agli operatori economici di  adeguarsi»  e
comunque nel rispetto del principio di proporzionalita'. 
      violazione degli articoli 102 e 104 Cost. per interferenza  del
legislatore su concreta fattispecie sub iudice; 
      violazione dell'art. 77 Cost. per insussistenza  dei  requisiti
di omogeneita', necessita' e urgenza; 
      violazione degli articoli 2, 3, 41 e 97  Cost.  in  quanto  «la
norma impone ex lege ed autoritativamente a  RAV  l'applicazione  del
regime tariffario introdotto dall'ART, in  violazione  del  legittimo
affidamento riposto dalla societa'  nella  stabile  prosecuzione  del
rapporto  concessorio  nei  termini  previsti  e  determinati   dalla
Convenzione» (e' a tal fine prodotta una relazione  tecnica  volta  a
evidenziare gli effetti delle delibere Art sul regime  tariffario  di
RAV); 
      violazione del canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
in quanto la disposizione di legge «riconosce la competenza di ART ad
intervenire autonomamente in  merito  alla  definizione  del  sistema
tariffario applicabile a RAV,  a  prescindere  atti  di  impulso  del
Concedente»,   introduce   una   correlazione   funzionale   tra   il
procedimento per l'adeguamento delle tariffe  autostradali  e  quello
relativo all'aggiornamento del PEF e non prevede la  possibilita'  di
recuperi tariffari in favore della ricorrente. 
  VII. Rilevanza della questione di costituzionalita' 
    21. Per le ragioni illustrate al par. III  la  decisione  assunta
con le note 1 e 2 e' stata determinata e  si  fonda  (esclusivamente)
sulla disposizione contenuta nell'art. 13 comma 3  del  decreto-legge
n. 162 del 2019. 
    In particolare, la nota  1,  oggetto  del  ricorso  1,  e'  stata
adottata nel giorno della  pubblicazione  e  dell'entrata  in  vigore
dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge 30 dicembre 2019 n. 162  nella
prima formulazione. 
    La nota ministeriale 2, oggetto del ricorso 2, e' stata  adottata
nel giorno della pubblicazione e dell'entrata in vigore dell'art.  13
comma 5 del decreto-legge 31 dicembre 2020 n. 183 (che ha  modificato
l'art. 13 comma  3  del  decreto-legge  30  dicembre  2019  n.  162).
Un'eventuale illegittimita' costituzionale dell'art. 13 comma  3  del
decreto-legge 30 dicembre 2019 n. 162  ratione  temporis  vigente  ne
determinerebbe  quindi  l'annullamento,  sicche'  la   questione   di
legittimita'  di  detta  disposizione  e'  rilevante   nel   presente
giudizio. 
    21.1. Si osserva altresi' che: 
      la  pertinenza  e  il  contenuto  delle  singole  questioni  di
legittimita' si  misura  sulla  portata  dell'art.  13  comma  3  del
decreto-legge n.  162  del  2019:  il  profilo  e'  approfondito  nel
paragrafo  successivo  (con  riferimento  alla  prima   formulazione,
rilevante con riferimento alla nota 1); 
      le successive modifiche dell'art. 13 comma 3 del  decreto-legge
n. 162 del 2019 non si riverberano sulla rilevanza, salvo  la  prima,
richiamata  nella  nota  2,  e  anzi  aggravano   la   questione   di
costituzionalita', nei termini che saranno approfonditi al par. VIII; 
      la  rilevanza  non  e'  ostacolata  dal  fatto  che  il  regime
introdotto dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge  n.  162  del  2019
interessa (anche) profili  della  liberta'  di  impresa  sanciti  dal
diritto Ue, nei termini che saranno approfonditi al par. IX. 
  VII. L'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del  2019:  portata
normativa e riflessi sui motivi di appello non ancora scrutinati 
    22. In base all'art. 13 comma 3 decreto-legge n.  162  del  2019,
nella  prima  formulazione,  «Per  i  concessionari  il  cui  periodo
regolatorio quinquennale e' pervenuto  a  scadenza,  il  termine  per
l'adeguamento delle tariffe autostradali relative  all'anno  2020  e'
differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei
piani economici finanziari predisposti in conformita'  alle  delibere
adottate ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 109 del
2018, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'articolo
art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  22  dicembre  2011,  n.  214»,  con  il
corollario che «Entro il 30 marzo 2020 i concessionari presentano  al
Concedente  le  proposte  di  aggiornamento   dei   piani   economico
finanziari,  riformulate  ai  sensi  della  predetta  normativa,  che
annullano e sostituiscono ogni precedente proposta di  aggiornamento»
e che «L'aggiornamento dei piani economici finanziari presentati  nel
termine del 30 marzo 2020 e' perfezionato entro e  non  oltre  il  31
luglio 2020» (rispettivamente periodi primo, secondo e terzo). 
    22.1. Detta disposizione produce quindi i seguenti effetti «Per i
concessionari il cui periodo regolatorio quinquennale e' pervenuto  a
scadenza»: 
      differisce  il  termine   per   l'adeguamento   delle   tariffe
autostradali  relative  all'anno  2020  «sino  alla  definizione  del
procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari»; 
      fissa nel 30 marzo 2020 il termine per la  presentazione  delle
proposte di aggiornamento dei PEF, «riformulate» ai sensi della nuova
disciplina; 
      fissa il termine per l'aggiornamento  dei  PEF  nel  31  luglio
2020. 
    22.2. Il principale effetto e' quindi quello del differimento del
termine di conclusione dei procedimenti di adeguamento delle  tariffe
e di aggiornamento dei PEF al 31 luglio 2020, come  risulta  evidente
anche dalla rubrica («Proroga di termini in materia di infrastrutture
e trasporti») e dal preambolo del decreto-legge, che  fa  riferimento
all'obiettivo di «provvedere  alla  proroga  e  alla  definizione  di
termini di prossima scadenza al  fine  di  garantire  la  continuita'
dell'azione amministrativa» (oltre che dai  lavori  preparatori  alla
legge di conversione n. 8 del 2020, su cui al punto 36.1). 
    La tecnica utilizzata per raggiungere il  predetto  obiettivo  e'
quella di fissare il termine finale per l'adeguamento  tariffario  in
concomitanza con la futura data del 31 luglio 2020, individuata quale
termine di conclusione del procedimento per l'aggiornamento del  PEF,
rispetto al quale sono dettate ulteriori prescrizioni  procedimentali
(su cui infra). 
    23. Non  puo'  invece  ritenersi  che  le  conseguenze  di  dette
prescrizioni si riverberino e modifichino indirettamente,  attraverso
il  richiamo  alle  delibere  dell'Art  e   la   prescrizione   della
riformulazione  della  proposta  di  aggiornamento  del  PEF   o   la
previsione di un medesimo termine di conclusione dei procedimenti, le
competenze dell'Art e il regime tariffario e di disciplina del PEF  e
del relativo aggiornamento. 
    23.1. Quanto al regime tariffario, l'Art, al tempo  dell'adozione
del decreto-legge n. 162 del 2019: 
      e'  (gia')  intestataria  della  competenza   in   materia   di
adeguamento delle tariffe in base all'art. 37 comma 2 lettera b),  c)
e g)  del  decreto-legge  n.  201  del  2011  (istitutivo  dell'Art),
convertito nella legge  n.  214  del  2011,  con  competenza  estesa,
dall'art. 16 comma 1 del decreto-legge n. 109  del  2018  (convertito
nella legge n. 130 del 2018), anche alle concessioni in essere  («per
quelle di cui all'art. 43, comma 1 e, per gli aspetti di  competenza,
comma 2», aventi l'ambito  applicativo  infra  delineato,  confermato
anche da Consiglio di Stato, sez. VI, 4 maggio 2022 n. 3484); 
      ha gia' dettato il regime tariffario  applicabile  a  RAV:  con
delibera n. 16 del  2019  ha  stabilito  «il  sistema  tariffario  di
pedaggio basato  sul  metodo  del  price  cap  e  con  determinazione
dell'indicatore di produttivita' X a cadenza quinquennale  [...]  per
ciascuna delle concessioni ivi richiamate in Appendice», fra le quali
la concessione autostradale nella  titolarita'  di  RAV,  cosi'  come
confermato dal preambolo,  che  individua  l'ambito  di  applicazione
rispetto ai «rapporti concessori in corso» («in relazione ai quali si
sono  realizzate  le  condizioni  di  cui  al  citato  art.  43   del
decreto-legge  201/2011  cui  fa  richiamo  l'art.  37  del  medesimo
decreto,  comprendano:  a)  quelli   il   cui   periodo   regolatorio
quinquennale e' scaduto in epoca successiva all'entrata in vigore del
decreto-legge 109/2018  come  convertito  dalla  legge  130/2018;  b)
quelli il cui periodo regolatorio quinquennale  e'  scaduto  in  data
antecedente,  ma  per  i  quali  non  si  sia   ancora   perfezionato
l'aggiornamento del piano economico- finanziario alla data di entrata
in vigore del medesimo decreto-legge 109/2018») e con delibera n.  64
del 2019 ha approvato il regime tariffario applicabile specificamente
a RAV (entrambe le delibere sono state impugnate da RAV e la  domanda
caducatoria e' stata ritenuta infondata sul punto  dal  TAR  Piemonte
con sentenza 25 novembre 2022 n. 1034, non appellata). 
    23.2. Nel contempo l'Art,  anche  prima  dell'entrata  in  vigore
dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019, e'  tenuta  a
formulare il parere nell'ambito del procedimento di aggiornamento del
PEF, dovendo a tal fine rispettare  le  proprie  delibere  e  potendo
formulare le richieste istruttorie necessarie ad adempiere ai  propri
compiti. 
    23.3.  Cio'  e'  attestato  innanzitutto  dal  tenore   letterale
dell'art. 13 comma 3 del  decreto-legge  n.  162  del  2019,  che  fa
riferimento a delibere gia' assunte dall'Art («alle delibere adottate
ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n.  109  del  2018,
dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'art.  art.  37
del  decreto-  legge  6  dicembre  2011,  n.  201,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214»). 
    23.4. In particolare, in riferimento ai rapporti  di  concessione
autostradale gia' vigenti alla data di entrata in vigore del decreto,
l'Art ha acquisito detta competenza con il decreto-legge n.  109  del
2018. 
    Quest'ultimo: 
      ha modificato l'art. 43 comma 1 del decreto-legge  n.  201  del
2011 prevedendo l'obbligo di consultazione dell'Art ((la stessa  deve
infatti essere «sentita [...] per i  profili  di  competenza  di  cui
all'art. 37, comma 2, lettera g» del decreto-legge n. 201  del  2011)
per gli aggiornamenti o le revisioni delle  convenzioni  autostradali
(di cui fa parte  integrante  il  PEF  in  base  all'art.  2.3  della
convenzione) che comportino variazioni o modificazioni al piano degli
investimenti ovvero ad aspetti  di  carattere  regolatorio  a  tutela
della finanza pubblica (detto comma e' stato ulteriormente modificato
di recente dal dall'art. 16 comma 4 delle legge 16 dicembre  2024  n.
193, sostituendo le parole «sentita  l'Autorita'»  con  le  seguenti:
«previo  adeguamento   del   testo   convenzionale   alle   eventuali
prescrizioni formulate dall'Autorita'»); 
      ha introdotto il comma 2-bis, concernente l'onere  di  verifica
in capo all'Amministrazione concedente, sempre  previa  consultazione
con l'Art. dell'effettivo stato di attuazione degli investimenti gia'
inclusi in tariffa, anche con riferimento agli aggiornamenti  e  alle
revisioni delle convenzioni autostradali di cui al comma 2  («vigenti
alla  data  di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto  che  non
comportano le variazioni o le modificazioni di cui al comma 1»). 
    Il  decreto-legge  n.  109  del  2018  e'  altresi'   intervenuto
sull'art. 37 comma 2 lettera g) del decreto-legge n.  201  del  2011,
ampliando la competenza attribuita all'Art anche alle concessioni «di
cui all'art. 43, comma 1 e, per gli aspetti di competenza, comma 2». 
    Dette  previsioni  si  applicano  a  RAV,  che  e'  titolare   di
concessione alla data di entrata in vigore  del  decreto,  e  non  e'
impedita, in base al generale principio del tempus regit  actum,  dal
gia' avvenuto avvio del procedimento di aggiornamento del  PEF  (come
confermato da una giurisprudenza consolidata del Consiglio di  Stato:
sez. VI, 9 febbraio 2024 n. 1324, 14 ottobre 2022 n. 8765 esez. V, 27
luglio 2021 n. 5585). 
    Sicche', gia' prima del decreto-legge n. 162 del 2019,  l'Art  e'
tenuta a rendere il parere sull'aggiornamento del PEF, dovendo a  tal
fine applicare le proprie delibere: pertanto la riformulazione  della
proposta di aggiornamento del  PEF  none'  funzionale  a  imporre  il
rispetto di dette delibere. 
    L'Art. deve infatti  essere  «sentita  [...]  per  i  profili  di
competenza  di  cui  all'art.  37,  comma  2,  lettera  g)»,  che  ha
esercitato adottando le sopra richiamate delibere nn.  16  e  64  del
2019, riguardanti il regime tariffario (richiamate nell'art. 13 comma
3  del  decreto-legge  n.  162  del  2019  in  quanto,  appunto,   si
riverberano sull'aggiornamento del PEF). 
    Al fine di rendere il parere l'Art, anche prima  dell'entrata  in
vigore dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del  2019,  puo'
formulare le richieste istruttorie necessarie ad esercitare i  poteri
attribuiti  per  legge,  nell'ambito  del  contraddittorio   con   la
concessionaria (Cons. St., sez. VI,  9  febbraio  2024  n.  1324,  14
ottobre 2022 n. 8765 e  sez.  V,  27  luglio  2021  n.  5585),  e  il
concessionario  non  puo'  assumerecondotte  che   impediscano   alle
amministrazioni competenti di esercitare la propria  competenza,  che
altrimenti  non  puo'   dolersi   della   mancata   conclusione   del
procedimento. 
    Infatti la delibera n. 64 del 2019 reca la previsione dell'invio,
da parte del concessionario, di «un nuovo Piano Economico Finanziario
e Piano Finanziario Regolatorio, elaborato dal  concessionario  sulla
base del presente Sistema  tariffario»,  cioe'  del  regime  definito
dalla stessa Art  con  detta  delibera,  «Ai  fini  dell'applicazione
dell'art.  43  del  decreto-legge  n.  201/2011»,  riguardante  anche
l'aggiornamento del PEF. 
    Del resto, RAV, come sopra visto (punto 14.1), ha gia' piu' volte
interloquito con l'Amministrazione, anche riformulando la proposta di
aggiornamento del PEF. 
    23.5. Una volta ritenuto che il  Ministero  debba  interfacciarsi
con Art per l'aggiornamento  del  PEF  anche  prima  dell'entrata  in
vigore del decreto-legge n. 162 del 2019, al  fine  di  tenere  conto
delle modifiche introdotte dall'Art con le delibere sopra  richiamate
(esercitando  la  competenza  alla  stessa  attribuita)  e   che   al
concessionario  puo'  essere  richiesta  una  qualsiasi  integrazione
istruttoria volta a consentire ad  Art  di  esprimere  il  parere  di
competenza,  la  portata  innovatoria  della   riformulazione   della
proposta di aggiornamento tariffario, di cui all'art. 13 comma  3  di
detto decreto, si qualifica per l'effetto, cioe' per il fatto che  le
proposte  riformulate  di  aggiornamento   dei   PEF   «annullano   e
sostituiscono ogni precedente proposta di aggiornamento». 
    Tuttavia  la  previsione  risulta  strumentale   non   tanto   al
procedimento   e   alla    decisione    amministrativa    riguardante
l'aggiornamento  tariffario   (per   le   quali   le   interlocuzioni
procedimentali sarebbero state  sufficienti),  quanto  rispetto  alla
fissazione di un nuovo termine per provvedere, determinato a far data
dal (nuovo) avvio procedimentale e la cui giustificazione si rinviene
proprio nella riformulazione della proposta. 
    23.6.  L'individuazione  del  termine  finale  del   procedimento
tariffario attraverso il riferimento al  termine  per  l'approvazione
dell'aggiornamento del PEF, che quindi risultano entrambi fissati  al
31  luglio  2020,  puo'  indirettamente  produrre   un   effetto   di
coordinamento. 
    Senonche' l'eventuale effetto (procedimentale)  di  coordinamento
risulta non solo non necessario, atteso che gia' in precedenza  viene
assicurato  nei  termini  sopra  esposti,  ma  neppure  efficacemente
conseguito. 
    Detto  scopo  avrebbe   infatti   dovuto   indurre   a   ritenere
determinante la posizione dell'Art, competente sul sistema tariffario
(nei termini visti) e la  cui  funzione  consultiva  nell'ambito  del
procedimento di aggiornamento del PEF (di competenza  del  Ministero)
e' funzionale a detto coordinamento, cosi' considerando la tempistica
di adozione del relativo parere. 
    Invece, la fissazione di un medesimo termine di  conclusione  dei
procedimenti di aggiornamento del PEF  e  adeguamento  annuale  delle
tariffe impone all'Art di esprimersi sulla proposta di  aggiornamento
tariffario prima di concludere il procedimento di adeguamento annuale
delle tariffe, laddove i due procedimenti, di adeguamento  tariffario
e  di  aggiornamento  del  PEF,  sono  coordinati  nel   senso   che,
«riguardando il primo uno dei fondamentali  aspetti  economici  della
concessione autostradale, quale e' il sistema tariffario dei pedaggi,
finisce per avere effetti  rilevanti  anche  nel  secondo,  dato  che
l'imposizione  di  un  diverso  sistema  tariffario   si   ripercuote
sull'equilibrio economico finanziario della societa'  concessionaria,
quindi sul piano economico finanziario  e  sulla  convenzione,  della
quale il PEF e' allegato tecnico», cosi' Consiglio di Stato, sez.  V,
27 luglio 2021 n. 5585). 
    24. Sicche' la portata  innovatoria  dell'art.  13  comma  3  del
decreto-legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione,  vede  quale
aspetto principale la fissazione di un nuovo termine  di  conclusione
dei procedimenti per l'aggiornamento dei PEF  e  l'adeguamento  delle
tariffe autostradali, come confermato dal  titolo  dell'art.  13  del
decreto-legge  n.  162  del  2019  e  dal  preambolo  dello   stesso,
risultando invece non necessario e quindi  strumentale  l'imposizione
dell'onere di riformulazione della proposta di aggiornamento del  PEF
e il coordinamento fra i due procedimenti (peraltro non efficacemente
assicurato). 
    25. Comunque,  anche  a  ritenere  il  contrario,  cioe'  che  il
differimento del termine di adeguamento  delle  tariffe  trovi  causa
nella  necessita'  di  coordinare  la  decisione  sul  punto  con  la
determinazione relativa all'aggiornamento del PEF e di riformulare la
relativa proposta, non si alterano le conseguenze in  relazione  alla
questione  di  legittimita'  costituzionale,  che  riguarda  comunque
aspetti procedimentali (non il regime tariffario e il  contenuto  del
PEF e del relativo aggiornamento). 
    26.  In  ragione  di  quanto  sopra  le  seguenti  questioni   di
legittimita' costituzionale e incompatibilita'  con  il  diritto  Ue,
dedotte  dall'appellante  RAV  nei  termini  sopra  richiamati,  sono
ammissibili nei limiti della pertinenza  all'oggetto  della  presente
controversia (che deriva dalla sopra  individuata  portata  normativa
dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019). 
    26.1. Non e' pertinente all'oggetto della  presente  controversia
la  questione   dell'asserita   incompatibilita'   con   il   diritto
eurounitario a cagione  della  modifica  autoritativa  e  unilaterale
della convenzione,  laddove  muove  dal  presupposto  del  «carattere
gravemente lesivo della modifica autoritativa  ed  unilaterale  della
Convenzione  Unica  attuata  mediante  la  obbligatoria  ed   imposta
applicazione  delle  delibere   Art   disposta   dall'art.   13   del
decreto-legge n. 162/2019». 
    26.2. Lo stesso e' a dirsi  con  riferimento  alla  questione  di
legittimita' costituzionale riguardante gli articoli 2, 3,  41  e  97
Cost., laddove e' fondata sull'applicazione  del  «regime  tariffario
introdotto dall'Art, in violazione del legittimo affidamento  riposto
dalla societa' nella stabile prosecuzione  del  rapporto  concessorio
nei termini previsti e determinati dalla Convenzione» e sul fatto che
la  disposizione  di  legge  «riconosce  la  competenza  di  ART   ad
intervenire autonomamente in  merito  alla  definizione  del  sistema
tariffario applicabile a RAV,  a  prescindere  atti  di  impulso  del
Concedente». 
    26.3. Detti aspetti, come visto, non sono pertinenti, se non  per
quanto si dira' al punto 26.6, rispetto  al  thema  decidendum  della
presente  controversia,  in  quanto  gia'  la  disciplina  precedente
(rispetto all'entrata in vigore dell'art.  13  comma  3  del  decreto
legislativo n. 162 del 2019) ha disposto l'attribuzione all'Art delle
competenze di settore, che l'Art. ha attuato attraverso  le  delibere
n. 16 e n. 64 del 2019, che sono state  oggetto  di  un  contenzioso,
concluso con la sopra richiamata sentenza non  impugnata  (e  con  la
conferma di quelle competenze). 
    D'altro canto l'allegazione in  ragione  della  quale  esse  sono
«obbligatoriamente da recepire  nel  PEF  di  Convenzione  in  virtu'
dell'art. 13  del  decreto-legge  162/2019  sotto  pena  del  mancato
riconoscimento dell'adeguamento tariffario per  il  2020»  non  trova
corrispondenza nell'art. 13 comma 3  del  decreto-legge  n.  162  del
2019, che, come visto, non interviene sul contenuto del PEF  in  modo
innovativo e quindi non produce «i suoi effetti - negativi e lesivi -
proprio   sull'equilibrio   del    rapporto    concessorio»    (cosi'
l'appellante). 
    26.4. Non si pone quindi, nella presente controversia, il tema di
«rinegoziare i termini della concessione recependo il  nuovo  sistema
tariffario», che peraltro sconta il contenuto della convenzione  che,
dando atto  che  la  tariffa  e'  calcolata  «sulla  base  di  quanto
stabilito nell'allegato A, in conformita' alla Delibera  CIPE  n.  39
del 15 giugno 2007» ed  e'  adeguata  annualmente  sulla  base  delle
delibere CIPE (artt. 14 e 15), dispone che «essa sara' periodicamente
adeguata in relazione alle normative vigenti» (art. 14 comma 1). 
    26.5. Pertanto detti profili, non essendo disciplinati  dall'art.
13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 ed essendo oggetto di un
diverso giudizio, concluso con sentenza non  appellata,  non  possono
essere   oggetto   della   relativa   questione    di    legittimita'
costituzionale,  neppure  con  riferimento  ai  profili  di  asserita
incompatibilita' con il diritto Ue, siano essi  richiamati,  o  meno,
nella procedura di infrazione avviata nel 2006 della  Commissione  UE
nei confronti dello Stato italiano (nota 2006/2419). 
    Ne', dal momento  che  detti  profili  non  rientrano  nel  thema
decidendum della presente controversia,  si  pone  una  questione  di
rapporti tra giudicato e diritto UE (Cgue, sez. VI, 16  luglio  2020,
C-424/19 e sez. II, 3 settembre 2009, C-2/08  e,  in  una  causa  fra
controparti private, Grande Sezione, 17 maggio 2022,  C-693/19  e  C-
831/19). 
    26.6. I suddetti profili rilevano invece nei termini in cui hanno
modificato la precedente regolamentazione  del  rapporto  concessorio
per quanto riguarda gli aspetti procedimentali disciplinati dall'art.
13 comma 3 del decreto-legge n.  162  del  2019  e  sopra  richiamati
(differimento  dei  termini  procedimentali,   riformulazione   della
proposta di aggiornamento del PEF ed eventuale  coordinamento  fra  i
procedimenti). 
    27. Neppure sono pertinenti le argomentazioni di parte appellante
riguardanti  l'asserito  contrasto   dell'art.   13   comma   3   del
decreto-legge n. 162 del 2019 con gli articoli 102 e 104  Cost.,  «in
riferimento  all'incisione   prodotta   dalla   norma   su   concrete
fattispecie  sub  iudice».  In  particolare,  l'appellante  ha  fatto
riferimento  al  «giudizio  instaurato  innanzi  al  TAR  Torino  per
l'annullamento  delle  delibere  ART»  (pag.  53   del   ricorso)   e
all'intenzione  del  legislatore   di   «incidere   sui   contenziosi
instaurati  da  RAV  e  dalle  altre  societa'   concessionarie   per
l'annullamento  delle  delibere   adottate   dall'ART   in   presunta
attuazione  delle  competenze  attribuite  all'Autorita'  stessa  dal
decreto-legge n. 109/2018» (pag. 54). 
    Come gia' illustrato sopra l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.
162 del 2019 non interviene a modificare le competenze e  il  sistema
tariffario mentre le delibere Art non rientrano nel thema  decidendum
della presente controversia. 
    28.  Pertanto,  rispetto  ai  motivi  dedotti  dall'appellante  e
richiamati al precedente par. VI, le suddette questioni (di  asserita
incompatibilita' con il  diritto  eurounitario  e  di  illegititmita'
costituzionale)   sono    inammissibili,    come    eccepito    dalle
amministrazioni resistenti con memoria depositata il 14 ottobre 2024,
salvo che per gli aspetti indicati nel punto 26.6. 
    29. Rimangono quindi da valutare i suddetti  motivi,  nei  limiti
della  relativa  ammissibilita',  oltre  che  la  dedotta  violazione
dell'art. 77 Cost. 
  VIII.  Le  successive  modifiche  normative  e  i  riflessi   sulla
rilevanza 
    30. L'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 e'  stato
modificato una prima volta dall'art. 13 comma 5 decreto-legge n.  183
del  2020:  «Per  i  concessionari   il   cui   periodo   regolatorio
quinquennale e' pervenuto a scadenza, il  termine  per  l'adeguamento
delle tariffe autostradali relative all'anno 2020 e all'anno 2021  e'
differito sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei
piani economici finanziari predisposti in conformita'  alle  delibere
adottate ai sensi dell'art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 109 del
2018, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di cui all'articolo
art. 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,  n.  214.  Entro  il  30
marzo 2020 i concessionari presentano al Concedente  le  proposte  di
aggiornamento dei piani economico finanziari,  riformulate  ai  sensi
della  predetta  normativa,  che  annullano  e   sostituiscono   ogni
precedente  proposta  di  aggiornamento.  L'aggiornamento  dei  piani
economici finanziari presentati nel termine  del  30  marzo  2020  e'
perfezionato entro e non oltre il 31 luglio 2021». 
    Sicche' gli effetti della  suddetta  disposizione  (rilevante  in
quanto richiamata nella nota 2, di  cui  al  ricorso  2)  sono  cosi'
enucleabili: 
      il termine per l'aggiornamento dei PEF  e  l'adeguamento  delle
tariffe autostradali e' stato spostato al 31 dicembre 2021; 
      gli  adeguamenti   tariffari   coinvolti   nell'operazione   di
dilazione del termine sono  individuate  in  due  annualita',  quelle
relative all'anno 2020 (gia' comprese nella precedente previsione)  e
quelle relative all'anno 2021; 
      l'aggiornamento  dei  PEF   rimane   ancorato   alle   proposte
presentate entro il 30 marzo 2020. 
    31. Il (solo) termine per l'aggiornamento dei PEF e l'adeguamento
delle tariffe autostradali (relative all'anno 2020 e  all'anno  2021)
e' stato ulteriormente spostato al 31 dicembre 2021 dall'art. 2 comma
1  del  decreto-legge  n.  121  del  2021,  riferendo,  in  sede   di
conversione, l'adeguamento delle  tariffe  autostradali  non  solo  a
quelle relative agli anni 2020 e 2021 ma anche a «quelle  relative  a
tutte le annualita'  comprese  nel  nuovo  periodo  regolatorio»  (la
conversione e' avvenuta con legge n. 156 del 2021).  Successivamente,
nell'invarianza delle restanti prescrizioni di legge, cosi' come gia'
modificate,  e'  stato  (esclusivamente)  spostato  il  termine   per
l'aggiornamento dei PEF e l'adeguamento delle  tariffe  autostradali,
portandolo inizialmente al 31 ottobre 2022 (dall'art. 24 comma 10-bis
del decreto-legge n. 4 del 2022, convertito nella  legge  n.  25  del
2022)  e  poi  al  31  dicembre  2022  (dall'art.  10  comma  4   del
decreto-legge n. 198 del 2022,  convertito  nella  legge  n.  14  del
2023). 
    32. Il comma e'  stato  successivamente  sostituito  dall'art.  8
comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023, convertito nella legge  n.
18 del 2024: «Entro il 30 marzo 2024 le societa'  concessionarie  per
le  quali  e'  intervenuta  la  scadenza  del   periodo   regolatorio
quinquennale  presentano  le  proposte  di  aggiornamento  dei  piani
economico-  finanziari  predisposti  in  conformita'  alle   delibere
adottate ai  sensi  dell'art.  16,  comma  1,  del  decreto-legge  28
settembre 2018, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 16
novembre 2018, n. 130, dall'Autorita' di regolazione dei trasporti di
cui  all'art.  37  del  decreto-legge  6  dicembre  2011,   n.   201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
nonche' alle disposizioni emanate dal concedente. L'aggiornamento dei
piani economico- finanziari, presentati entro il termine del 30 marzo
2024 conformemente alle modalita' stabilite, e' perfezionato entro il
31 dicembre 2024. Nelle more degli  aggiornamenti  convenzionali,  le
tariffe autostradali  relative  alle  concessioni  di  cui  al  primo
periodo  sono  incrementate  nella  misura   del   2,3   per   cento,
corrispondente all'indice di  inflazione  previsto  per  l'anno  2024
dalla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023.
Gli adeguamenti, in  eccesso  o  in  difetto,  rispetto  ai  predetti
incrementi tariffari sono definiti in sede di aggiornamento dei piani
economico-finanziari». 
    L'art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023 fissa  nel  30
marzo  2024  il  termine  per  la  presentazione  delle  proposte  di
aggiornamento del PEF «riformulate» ai sensi della nuova disciplina e
individua il termine di conclusione del procedimento nel 31  dicembre
2024. 
    Quanto all'adeguamento delle tariffe prevede, in  modo  generale,
per  «le  societa'  concessionarie   il   cui   periodo   regolatorio
quinquennale e' pervenuto a scadenza»,  un  incremento  delle  stesse
nella  misura  del  2,3  per  cento,  corrispondente  «all'indice  di
inflazione previsto per l'anno 2024 dalla Nota di  aggiornamento  del
documento   di   economia   e   finanza   2023»,   senza    riferirsi
all'adeguamento tariffario di specifiche annualita', nelle  more  del
procedimento di aggiornamento del PEF, salvo  successivo  adeguamento
in eccesso o in difetto (in sede di aggiornamento del PEF). 
    33.  Quanto  alla  rilevanza  della  questione  di   legittimita'
costituzionale,  si  rileva  che  le  note   impugnate,   richiamando
espressamente l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  162  del  2019,
non possono che fare riferimento alla formulazione della disposizione
vigente a quella data (art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  162  del
2019 nella prima  formulazione,  richiamata  nella  nota  1,  e  come
modificato dall'art. 13  comma  5  decreto-legge  n.  183  del  2020,
richiamato nella nota 2), cristallizzandone la portata. 
    33.1. Sicche' la rilevanza della questione  di  costituzionalita'
non  e'  compromessa  dalle  modifiche  intervenute   successivamente
all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019 (art. 2 comma 1
del  decreto-legge  n.  121  del  2021,  art.  24  comma  10-bis  del
decreto-legge n. 4 del 2022 e art. 10 comma 4  del  decreto-legge  n.
198 del 2022) in quanto la legittimita' delle note impugnate continua
a dover essere valutata in relazione alle previsioni di legge in esse
richiamate, che ne costituiscono, come visto,  la  motivazione  e  la
stessa ragion d'essere. 
    33.2. Le modifiche di cui all'art. 2 comma 1 del decreto-legge n.
121 del 2021, all'art. 24 comma 10-bis del  decreto-legge  n.  4  del
2022 e all'art. 10  comma  4  del  decreto-legge  n.  198  del  2022,
peraltro, non fanno  venir  meno  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.
162 del 2019 nella prima formulazione e come modificato dall'art.  13
comma 5 decreto-legge n. 183 del 2020 sono ininfluenti  nel  presente
giudizio anche in ragione del fatto che gli atti amministrativi  sono
«da valutare in base al principio tempus regit actum» (Corte cost. 21
luglio  2016  n.  203,  proprio  in  relazione  alla  valutazione  di
ammissibilita' della questione di costituzionalita'). 
    33.3. Persiste quindi la rilevanza  del  dubbio  di  legittimita'
costituzionale relativo all'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  162
del 2019 nella prima formulazione  e  nella  formulazione  modificata
dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020. 
    33.4. Le successive modifiche recate all'art. 13 comma 3  del  d.
legge n. 162 del 2019 (art. 2 comma 1 del decreto-legge  n.  121  del
2021, art. 24 comma 10-bis del decreto-legge n. 4 del 2022 e art.  10
comma 4 del decreto-legge n. 198 del  2022)  neppure  si  riverberano
sulla non manifesta infondatezza della questione, in quanto non  sono
idonee a mutare i termini della  questione  di  costituzionalita'.  E
cio' non solo per le stesse ragioni sopra addotte ai fini del  vaglio
di rilevanza ma  anche  in  ragione  del  fatto  che  esse  producono
l'effetto di posticipare ulteriormente il termine di conclusione  del
procedimento  rispetto  all'adeguamento  tariffario  controverso  nel
presente giudizio, cioe' quello relativo all'anno 2020 (di  cui  alla
nota 1) e quello relativo all'anno 2021 (di cui alla nota 2). 
    Sicche' esse incidono in termini  peggiorativi  sul  differimento
gia' recato dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  162  del  2019
nella  prima  formulazione  e  nella  formulazione   modificata   dal
decreto-legge n. 183 del 2020, cosi' non mettendo in  dubbio  la  non
manifesta infondatezza e  piuttosto  aggravandola  (Corte  cost.,  16
luglio 2024 n. 132). 
    34. Quanto sopra e' a dirsi, quanto alla  rilevanza  e  alla  non
manifesta infondatezza, anche rispetto alla disposizione  recata,  da
ultimo, dall'art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023. 
    Detta disposizione riguarda espressamente i procedimenti  che  si
svolgono nell'anno 2024, non assumendo rilevanza rispetto  alle  note
qui controverse. Pertanto le eventuali difficolta' interpretative che
ne derivano non impattano sul presente giudizio  (il  riferimento  e'
all'approfondimento del rapporto sussistente fra la  decisione  circa
l'adeguamento  annuale  definitivo   delle   tariffe   in   sede   di
aggiornamento del PEF e la sopra delineata competenza di due  diverse
soggettivita'  rispetto  ai   relativi   procedimenti,   che   sembra
confermata dalla prescrizione riguardante «L'aggiornamento dei  piani
economico-finanziari, presentati entro il termine del 30  marzo  2024
conformemente alle modalita' stabilite»). 
    Ne' puo' ritenersi  che  l'incremento  provvisorio  ivi  disposto
possa ritenersi satisfattivo  dell'interesse  dell'appellante,  cosi'
rilevando sulla permanenza dell'interesse a ricorrere: depone in  tal
senso, di per se' sola, la provvisorieta' dello stesso, oltre che  la
decorrenza dal 2024 (mentre  la  presente  controversia  riguarda  le
annualita' 2020 e 2021). 
  IX. Prevalenza della questione di costituzionalita' 
    35. Il regime introdotto dall'art. 13 comma 3  del  decreto-legge
n. 162 (anche a seguito delle successive modifiche) rileva su profili
concorrenziali della liberta' di impresa e sulla proprieta' dei beni,
sanciti dal diritto UE (nei termini che saranno approfonditi ai punti
42 e ss.), oltre che rispetto ai parametri costituzionali. 
    35.1. Il Collegio ritiene di  dare  prevalenza  all'incidente  di
costituzionalita' rispetto al  rinvio  pregiudiziale  alla  Corte  di
giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE: 
      la disposizione e' potenzialmente lesiva di numerosi principi e
liberta' costituzionali (infra approfonditi), rispetto  ai  quali  il
tema della compatibilita' con il  diritto  UE  costituisce  solo  una
delle prospettive coinvolte; peraltro, i  primi  aspetti  coinvolgono
profili che attengono al «corretto esercizio della funzione normativa
primaria»  (laddove  la  questione  di  costituzionalita'   ha   come
parametro  l'art.  77   Cost.)   e   assumono,   quindi,   «carattere
pregiudiziale» (Corte cost. 18  gennaio  2022  n.  8,  in  merito  al
carattere  prioritario  dei  vizi  cd.  di  «produzione   normativa»,
afferenti non al contenuto politico della legge, ma alla  correttezza
metodologica del suo procedimento di formazione); 
      la  liberta'  d'impresa  e  le  regole  concorrenziali  che  la
connotano sono sancite non solo dal diritto UE ma anche dall'art.  41
Cost., dal  che  deriva,  in  base  alla  teoria  della  cd.  «doppia
pregiudizialita'», un ulteriore profilo di preferenza per  la  scelta
di adire la  Corte  costituzionale  in  modo  da  sancire  attraverso
l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'   costituzionale   (con
effetti costitutivi erga omnes), la vigenza o meno della norma di che
trattasi nell'ambito dell'ordinamento interno con  beneficio  per  il
valore della certezza giuridica in settori sensibili, differentemente
da quanto potrebbe disporre la Cgue, alla  quale  non  e'  consentito
espungere dall'ordinamento interno  la  norma  in  contrasto  con  il
diritto eurounitario ma solo sancirne l'incompatibilita'  e,  quindi,
imporne la non applicazione con riferimento al caso concreto; 
      la stessa Corte  di  giustizia  ha  affermato  che  il  diritto
dell'Unione «non osta»  al  carattere  prioritario  del  giudizio  di
costituzionalita' di competenza delle Corti costituzionali nazionali,
purche'  i  giudici  restino  liberi  di  sottoporre  alla  Corte  di
giustizia, «in qualunque fase del procedimento ritengano  appropriata
e finanche al  termine  del  procedimento  incidentale  di  controllo
generale  delle  leggi,  qualsiasi  questione  pregiudiziale  a  loro
giudizio necessaria», di «adottare qualsiasi  misura  necessaria  per
garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti
dall'ordinamento  giuridico  dell'Unione»  e  di  «disapplicare,   al
termine del giudizio incidentale di legittimita'  costituzionale,  la
disposizione legislativa nazionale in questione che abbia superato il
vaglio di costituzionalita', ove, per  altri  profili,  la  ritengano
contraria al diritto dell'Unione» (Cgue, sez. V, 11  settembre  2014,
C-112/13); 
      0«in linea con questi orientamenti» la Corte costituzionale  ha
affermato  che  «laddove  una  legge  sia   oggetto   di   dubbi   di
illegittimita'  tanto  in  riferimento  ai  diritti  protetti   dalla
Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli  garantiti  dalla
Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  Europea  in  ambito  di
rilevanza  comunitaria,  debba  essere  sollevata  la  questione   di
legittimita'  costituzionale,  fatto  salvo  il  ricorso,  al  rinvio
pregiudiziale per le questioni di interpretazione  o  di  invalidita'
del diritto  dell'Unione,  ai  sensi  dell'art.  267  Tfue»  (  Corte
costituzionale 14 dicembre 2017 n. 269). 
  X. I parametri di costituzionalita': articoli 3 e 77 Cost. 
    36. Il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo in esame  in
riferimento agli articoli 3 e 77 Cost. 
    36.1. E cio': 
      nella consapevolezza che la scelta del Governo  di  intervenire
con  decreto-legge  puo'  essere  sindacata  solo  nelle  ipotesi  di
evidente mancanza dei presupposti tipizzati dall'art. 77 Cost.  e  di
manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' della relativa valutazione
(Corte cost., 22 luglio 2024 n. 139); 
      benche' l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  162  del  2019,
nella  prima  formulazione   e   come   successivamente   modificato,
innanzitutto dall'art. 13 comma 5 del decreto-legge n. 183 del  2020,
pur inserito in un provvedimento a  contenuto  plurimo,  soddisfi  il
requisito dell'omogeneita': l'art. 13, rubricato «Proroga di  termini
in materia  di  infrastrutture  e  trasporti»,  e'  infatti  coerente
rispetto al decreto-legge n. 162 del 2019,  intitolato  «Disposizioni
urgenti  in  materia  di   proroga   di   termini   legislativi,   di
organizzazione   delle   pubbliche   amministrazioni,   nonche'    di
innovazione tecnologica», cosi' come rispetto al capo  I,  contenente
proprio le «proroghe»; 
      sebbene l'intervento  normativo  soddisfi  anche  il  requisito
della coerenza in quanto, come emerge dal preambolo, il complesso  di
norme eterogenee, fra le quali e' inserito  l'art.  13  comma  3  del
decreto-legge n. 162 del 2019,  e'  accomunato,  per  quanto  qui  di
interesse, dall'obiettivo, indicato  nel  preambolo,  di  «provvedere
alla proroga e alla definizione di termini di prossima  scadenza»  (e
fatta salva la valutazione della ratio di detta proroga,  individuata
dal legislatore nel «fine di  garantire  la  continuita'  dell'azione
amministrativa»,  cosi'  il  preambolo)  e  specificato  nei   lavori
preparatori alla legge di conversione n. 8 del 2020 come differimento
dei termini («La norma differisce il termine per l'adeguamento  delle
tariffe autostradali relative all'anno 2020 sino alla definizione del
procedimento  di   aggiornamento   dei   piani   economico-finanziari
predisposti dall'Autorita' di regolazione dei trasporti» e «Entro  il
30 marzo 2020 i concessionari presentano al concedente le proposte di
aggiornamento dei piani economico-finanziari  che  sono  perfezionati
entro il  31  luglio  2020»,  cosi'  nel  dossier  del  Senato  della
Repubblica), cosi' integrando  il  requisito  dell'omogeneita'  dello
scopo (Corte cost. 18 luglio 2023 n. 151). 
    Anche il decreto-legge n. 183 del 2020 e la legge di  conversione
n.  21  del  2021,  e  il  relativo  dossier,  recano   le   medesime
connotazioni  di  omogeneita'  e  coerenza,  riportando  la  medesima
rubrica e la medesima finalita' di proroga dei  termini  in  funzione
della continuita' dell'azione amministrativa. 
    36.2. Nondimeno la disciplina contenuta nell'art. 13 comma 3  del
d. legge n. 162 del 2019, nella prima formulazione e come  modificato
dall'art. 13 comma 5  del  decreto-legge  n.  183  del  2020  (e  dai
successivi interventi sopra richiamati), in violazione degli articoli
3 e 77 Cost.: 
      non e' funzionale al raggiungimento  dell'obiettivo  dichiarato
dal    legislatore    («garantire    la    continuita'    dell'azione
amministrativa», cosi' il preambolo); 
      non riveste carattere di urgenza; 
      e' sproporzionato; 
      ostacola la continuita' dell'azione amministrativa. 
    36.3.  Non  e',  infatti,  l'intervento  normativo  a  consentire
all'Amministrazione di provvedere in ritardo (assicurando  quindi  la
continuita' della relativa azione), atteso che  l'Amministrazione  ha
la potesta' di provvedere anche oltre il termine (ordinatorio), nella
quale e' insito il potere e il dovere di provvedere. 
    L'utilita' perseguita dall'intervento normativo urgente, cioe' la
continuita'  dell'azione  amministrativa,  non  richiede  quindi   la
proroga di termini del procedimento. 
    Anzi,  la  disposizione  in  esame  pregiudica   la   continuita'
amministrativa quale espressione del buon andamento in quanto: 
      differisce     i     termini      procedimentali      imponendo
all'Amministrazione di attendere prima di provvedere sull'adeguamento
annuale delle tariffe  in  modo  da  concludere  il  procedimento  di
aggiornamento del PEF, a propria volta dipendente dalla  proposizione
(non  necessaria,  come  visto)  di  una  proposta  di  aggiornamento
riformulata; 
      reitera piu' volte l'intervento normativo,  cosi'  amplificando
il suddetto  aspetto  e  ingenerando  una  situazione  di  incertezza
prolungata nel tempo; 
      produce  un  effetto   dilatorio   particolarmente   accentuato
rispetto  all'aggiornamento  del  PEF  in  quanto   riguarda,   senza
limitazioni, i concessionari il cui «periodo regolatorio quinquennale
e' pervenuto a scadenza»; 
      non risulta ininfluente rispetto al termine di conclusione  del
procedimento di adeguamento annuale  delle  tariffe  in  ragione  del
fatto che  era  precedentemente  fissato  al  15  dicembre  dell'anno
precedente (dal gia' richiamato art. 21 comma 5 del decreto-legge  n.
355 del 2003), che viene appunto posticipato (soltanto) al 31  luglio
2020. 
    Infatti,  la  tecnica  di  posticipazione   utilizzata   per   il
differimento del termine di conclusione del procedimento  tariffario,
che  si  basa  sul  rinvio  alla  definizione  del  procedimento   di
aggiornamento del PEF, risente direttamente delle  posticipazioni  di
quest'ultimo. E cio' nonostante: 
      la riformulazione della proposta sia stata  richiesta  soltanto
per l'aggiornamento del PEF, mentre i profili  di  coordinamento  non
risultano di fatto assicurati (come visto); 
      la necessaria conclusione del procedimento di aggiornamento del
PEF, la cui complessita' determina  con  maggiore  facilita'  ritardi
procedimentali,  ostacola,  pertanto,  l'adeguamento  annuale   della
tariffa. 
    Peraltro, detto  ritardo  si  riflette  sul  profilo  tariffario,
determinando  l'attualita'  dell'aggiornamento  tariffario   relativo
all'anno successivo e il superamento  dell'esigenza  di  adeguare  le
tariffe dell'anno precedente (come evidente dalla nota 2). 
    Senonche' il mancato aggiornamento tariffario riferito a ciascuna
annualita'  (a   cagione   dell'attualizzarsi   delle   esigenze   di
adeguamento riferite all'annualita' successiva), reso piu'  probabile
dalla  correlazione   con   il   perfezionamento   dell'aggiornamento
tariffario, oltre a riverberarsi sulle esigenze imprenditoriali (come
si vedra' infra), non  risponde  ad  esigenze  sul  fronte  pubblico,
atteso che le conseguenze di tale mancato adeguamento della provvista
del  concessionario  si  possono  quanto  meno  riverberare  (con  le
conseguenze infra esposte) sull'equilibrio  dello  stesso,  e  quindi
sull'adeguamento tariffario degli  anni  successivi  e  su  eventuali
azioni  dello  stesso  concessionario   (anche   in   ragione   della
fruttuosita' del denaro), come attestato: 
      dalla delibera Art n. 64 del 2019, dove si legge che in sede di
«applicazione del sistema tariffario» si  tiene  «conto  anche  degli
eventuali periodi regolatori  precedenti  per  i  quali  non  si  sia
perfezionato l'iter di aggiornamento del Piano Economico Finanziario»
(punto 32); 
      dal richiamato art. 8 comma 9 del decreto-legge n. 215 del 2023
(che ha da ultimo modificato l'art. 13 comma 3 del  decreto-legge  n.
162 del 2019), che rinvia  all'aggiornamento  del  PEF  l'adeguamento
definitivo delle tariffe; 
      dal decreto n. 605 del 20 dicembre 2018, oggetto della sentenza
del TAR Valle d'Aosta 27 giugno 2019 n. 34, che «ha riconosciuto  una
percentuale di incremento tariffario del solo 52,69%», con riserva di
attribuire «eventuali  recuperi  tariffari,  attivi  o  passivi,  ivi
inclusi quelli relativi  agli  anni  precedenti  ed  anche  dovuti  a
modifiche delle aliquote fiscali e delle  deduzioni  o  compensazioni
fiscali saranno determinati al momento dell'aggiornamento  del  piano
economico finanziario per il prossimo quinquennio». 
    36.4. Ne' l'intervento normativo riveste carattere di urgenza  in
quanto: 
      i procedimenti  di  aggiornamento  del  PEF  e  di  adeguamento
annuale delle tariffe sono stati avviati e  presentano  termini  gia'
scaduti alla data di entrata in  vigore  dell'art.  13  comma  3  del
decreto-legge n. 162 del 2019 e delle  successive  modifiche  (il  15
dicembre 2019 il procedimento di adeguamento annuale delle tariffe  e
il  30  giugno  successivo  alla  scadenza  del  precedente   periodo
regolatorio il procedimento di aggiornamento del PEF); 
      l'intervento  normativo  non  e'  stato,  per  i  motivi  sopra
addotti, determinante (e, quindi, urgente) al fine  di  tenere  conto
delle delibere adottate dall'Art attraverso la  riformulazione  delle
proposte di aggiornamento del PEF; 
      detta disposizione non e' idonea ad assicurare il coordinamento
fra i due procedimenti, quello di adeguamento annuale delle tariffe e
di aggiornamento del PEF, invece garantite,  indipendentemente  dalla
modifica normativa (o nonostante la  stessa),  dalla  doppia  «veste»
dell'Art nei due  procedimenti  in  esame  e  dai  poteri  istruttori
dell'Amministrazione (come sopra illustrato). 
    36.5. Piuttosto, l'intervento  normativo  puo'  al  piu'  rendere
maggiormente trasparente, e uniforme, la  disciplina  procedimentale,
nell'ambito di un contesto di competenze  e  regimi  tariffari  e  di
aggiornamento del PEF gia' definiti. 
    Senonche' dette finalita' sono diverse da quelle esplicitate  dal
legislatore  e  risultano  sproporzionate   rispetto   agli   effetti
prodotti, in violazione dell'art. 3 Cost. (Corte cost. 25 luglio 2022
n. 188). 
    La valutazione di proporzionalita'  non  puo'  infatti  ritenersi
superata in quanto: 
      dette finalita'  risultano  di  per  se'  non  necessarie,  nel
contesto ordinamentale sopra illustrato, specie se si  considera  che
la disposizione si rivolge a (pochi) operatori di mercato  in  regime
monopolistico  e  rispetto  ai  quali  non  si  rinvengono  rilevanti
asimmetrie    informative,    considerata    l'esperienza    e     la
professionalita' che li connota; 
      il risultato non risulta  raggiunto  con  il  minor  sacrificio
possibile, potendo essere perseguito senza dilazionare il termine per
l'adeguamento annuale delle tariffe attraverso il collegamento con il
termine conclusivo del  procedimento  per  l'aggiornamento  del  PEF,
rispetto al quale  soltanto  e'  stata  richiesta  la  riformulazione
dell'atto di avvio del procedimento; 
      l'effetto  (sproporzionato)  della  proroga  del   termine   di
adeguamento  delle  tariffe  risulta  accentuato   dalle   successive
modifiche  normative  (sopra  richiamate),  che  hanno  ulteriormente
dilazionato i termini di entrambi i procedimenti, a partire dall'art.
13 comma 5 decreto-legge n. 183 del 2020 (rilevante per la nota 2); 
      l'intervento normativo avrebbe dovuto assicurare  una  maggiore
tutela a quei concessionari privi da lungo tempo di aggiornamento del
PEF, diversificando la relativa posizione. 
    36.6. Pertanto, non solo non si ravvisa l'urgenza dell'intervento
normativo, ma neppure  la  ragionevolezza  rispetto  alla  dichiarata
finalita' di differire i termini (al fine di  assicurare  continuita'
dell'azione  amministrativa).  Detto   profilo   coinvolge   peraltro
direttamente anche le leggi di conversione dell'art. 13 comma  3  del
decreto-legge  n.  162  del  2019  e  dell'art.  13   comma   5   del
decreto-legge n. 183 del 2020, la n. 8 del 2020 e la n. 21 del  2021,
oltre che  gli  stessi  decreti-legge,  in  quanto  accomunate  dalla
medesima finalita' di  differimento  (cosi'  dai  richiamati  dossier
parlamentari). 
    36.7. Il fatto poi che il suddetto differimento del  termine  sia
stato disposto da una fonte di rango primario, che  l'Amministrazione
e' tenuta a rispettare in ragione del principio di legalita', produce
conseguenze  che  non  sarebbero  derivate  in  mancanza   di   detto
intervento legislativo, cioe' affidando  la  continuita'  dell'azione
amministrativa alle regole  generali  che  informano  i  procedimenti
amministrativi. 
    La disposizione in esame ha infatti individuato termini, che,  in
quanto futuri e quindi non ancora scaduti, non consentono o  comunque
posticipano e rendono maggiormente difficoltosa l'applicazione  degli
istituti  che  compulsano  la  conclusione  dei  procedimenti  aventi
termini (ordinatori) scaduti: 
      il silenzio inadempimento e la connessa tutela giurisdizionale:
la relativa azione puo' infatti essere esercitata «decorsi i  termini
per la conclusione del procedimento» (art. 31 c.p.a.); 
      il danno  da  ritardo  procedimentale  e  l'indennizzo  di  cui
all'art. 2-bis della legge n. 241 del 1990; 
      le conseguenze previste dall'art. 2 comma 9 della legge n.  241
del 1990  in  merito  alla  posizione  del  funzionario  o  dirigente
preposto al  procedimento  («La  mancata  o  tardiva  emanazione  del
provvedimento costituisce elemento di valutazione  della  performance
individuale,    nonche'    di    responsabilita'    disciplinare    e
amministrativo-   contabile   del   dirigente   e   del   funzionario
inadempiente»). 
    37.  Ne',  a  fronte   di   tali   conseguenze,   la   necessita'
dell'intervento normativo si spiega in ragione  della  produzione  di
effetti positivi di altro genere. 
    37.1. E cio' anche se si considera che  la  riformulazione  della
proposta di aggiornamento del PEF e le  necessita'  di  coordinamento
costituiscano la ragione del differimento dei termini  procedimentali
in quanto dette necessita', nel  contesto  ordinamentali  previgente,
non risultano necessarie e sono comunque sproporzionate rispetto agli
effetti distorsivi prodotti non solo sulla tempestivita'  dell'azione
amministrativa, ma anche sui profili infra approfonditi. 
    37.2.  Di   seguito   sono   esaminati   gli   effetti   prodotti
dall'intervento  normativo  in  esame,  che  costituiscono  non  solo
ragioni a supporto della mancanza dei presupposti di cui all'art.  77
Cost.  e  di  irragionevolezza  dell'intervento  normativo  ai  sensi
dell'art. 3 Cost., ma anche motivi di violazione di  altri  parametri
costituzionali. 
  XI. Gli altri parametri di costituzionalita' 
    38. Prima di esaminare gli ulteriori parametri della questione di
costituzionalita'  che   il   Collegio   intende   proporre   avverso
l'intervento normativo in esame, si osserva quanto  segue  in  merito
alla natura di detta disposizione. 
    38.1. L'art. 13 comma 3 del decreto-legge n. 162 del 2019,  anche
nella  formulazione  successivamente  modificata   (come   illustrato
sopra),  presenta  le  caratteristiche   della   legge-provvedimento,
integrando  le  condizioni  necessarie  per   l'ascrivibilita'   alla
predetta categoria. 
    Possono, infatti, definirsi tali le disposizioni  che  contengono
norme dirette a destinatari determinati ovvero  che  incidono  su  un
numero determinato e limitato di destinatari, e che  hanno  contenuto
particolare e concreto,  anche  in  quanto  ispirate  da  particolari
esigenze (Corte cost. 25 luglio 2022 n. 186). 
    La disposizione riguarda un numero limitato di destinatari, cioe'
i concessionari autostradali  con  periodo  regolatorio  quinquennale
pervenuto  a   scadenza,   e   incide   sui   relativi   procedimenti
amministrativi di aggiornamento del  PEF  e  di  adeguamento  annuale
delle tariffe. 
    La legge-provvedimento, pur non essendo di per se'  incompatibile
con  l'assetto  dei  poteri  stabilito  dalla  Costituzione,  poiche'
nessuna disposizione costituzionale comporta una riserva agli  organi
amministrativi degli atti a  contenuto  particolare  e  concreto,  in
virtu'  del  canone   dell'atipicita'   contenutistica   degli   atti
legislativi e dell'adesione della Costituzione alla  cd.  «concezione
formale» della legge,  e'  sottoposta  a  uno  scrutinio  stretto  di
costituzionalita' sotto i  profili  della  non  arbitrarieta',  della
proporzionalita'  e  della  non  irragionevolezza  della  scelta  del
legislatore  e,  quindi,   alla   verifica   della   sussistenza   di
un'appropriata «causa normativa» (Corte cost. 27 luglio 2020 n. 168).
Il sindacato di legittimita' costituzionale, secondo  il  consolidato
parametro  di  «neutralita'»   della   forma   legislativa   rispetto
all'intensita'  del  controllo  giurisdizionale,  non   si   arresta,
infatti, alla valutazione del proposito del legislatore,  cioe'  alla
verifica di una ragione sufficiente,  che  basti  a  giustificare  la
scelta di intervenire  con  legge-provvedimento,  ma  si  estende  al
giudizio di congruita'  del  mezzo  approntato  rispetto  allo  scopo
perseguito e al giudizio di proporzionalita' della misura selezionata
in vista dell'ottenimento di quello scopo (Corte cost. 25 luglio 2022
n. 186). 
    38.2. Nondimeno nel caso di specie detta verifica si atteggia  in
modo particolare. 
    38.3. L'intervento normativo in esame e', infatti, caratterizzato
dal  fatto  che  non  sostituisce  il  provvedimento   (comunque   da
adottare), ma modifica le regole del relativo procedimento, stabilite
con legge (seppur in parte con legge  provvedimento),  specie  quelle
relative ai termini procedimentali. 
    Sicche' non si pone il tema, tipico della legge provvedimento, di
attrazione alla sfera  legislativa  di  quanto  normalmente  affidato
all'autorita' amministrativa, ma si pone  il  tema  della  congruita'
degli effetti prodotti dalla fonte di rango primario. 
    38.4. Si tratta quindi di valutare la sussistenza di una  ragione
che giustifichi la  scelta  di  intervenire  con  legge  a  ritardare
l'azione amministrativa imponendo il differimento  del  termine,  con
gli effetti sopra visti. 
    39. Il Collegio ritiene che la disposizione non solo non  produca
effetti positivi che bilancino le conseguenze gia' illustrate ma  che
essa produca effetti distorsivi. 
    40. Detti  effetti  distorsivi  si  riflettono  innanzitutto  sui
principi dettati dagli articoli 3 e 97 Cost. 
    40.1.  Innanzitutto  il  ritardo   (consentito,   anzi   imposto)
nell'evasione   delle   istanze   del   concessionario    riguardanti
l'adeguamento tariffario e l'aggiornamento del  PEF  e  la  difficile
applicazione  degli  istituti  che  compulsano  la   conclusione   di
procedimenti con  termine  (ordinatorio)  scaduto  e'  potenzialmente
idonea a produrre le  seguenti  conseguenze  negative  sull'attivita'
amministrativa, in violazione dell'art. 97 Cost.: 
      deresponsabilizza l'operato dei pubblici dipendenti, cosi'  non
scoraggiando condotte negligenti e pregiudicando  il  buon  andamento
della pubblica amministrazione (Corte cost. 16 luglio 2024 n. 132); 
      pregiudica  l'efficienza  del   sistema   amministrativo,   che
presuppone l'esercizio tempestivo e continuo del potere pubblico,  in
violazione del principio di buon andamento, tanto piu' in un  sistema
nel quale si consolida l'amministrazione di risultato (d. lgs. n. 165
del 2001 e al decreto legislativo n. 36  del  2023,  con  particolare
riferimento agli articoli 1 e 2, dedicati al principio del  risultato
e a quello correlato della fiducia, nei termini illustrati  da  Corte
costituzionale 16 luglio 2024 n. 132). 
    40.2. Viene poi in evidenza l'oggetto della dilazione  temporale,
cioe'  l'adeguamento  della  prestazione  prevista   a   favore   del
concessionario,  cioe'  le   tariffe,   e   la   regolamentazione   e
l'adeguamento delle prestazioni che il concessionario e' obbligato  a
eseguire. 
    40.3.  Quanto  alle  tariffe,   non   puo'   ritenersi   che   la
posticipazione  del  relativo  adeguamento,  in  quanto   evita   una
maggiorazione delle stesse, produca effetti positivi compatibili  con
l'ordinamento giuridico. 
    40.4. Se l'effetto voluto e' quello di calmierare le tariffe,  si
rileva che l'Art e le delibere  dalla  stessa  assunte,  applicabili,
come visto, a prescindere dall'intervento normativo in  esame,  hanno
provveduto a razionalizzare i sistemi  tariffari  al  fine  di  porre
rimedio  «alle  criticita'  rilevate  nel  passato  ed  efficacemente
stigmatizzate,  come  gia'  accennato,  dalla  Corte  dei  conti  che
evidenziava come le  concessioni  in  essere,  sovente  affidate  per
estesi archi  temporali  e  senza  esperimento  di  gara,  scontavano
l'adozione  di  scelte  non  attente   all'esigenza   di   assicurare
soddisfacenti livelli di efficienza delle gestioni»  e  all'«esigenza
di contenere gli extra  profitti  che  determinavano,  come  rilevato
dalla Corte dei  conti  con  la  richiamata  delibera  n.  18/2019/G,
dividendi eccedenti una congrua remunerazione del capitale,  talvolta
«superiori a quelli degli investimenti non  effettuati»  (Cons.  St.,
sez. VI, 4 maggio 2022  n.  3484  e  Corte  dei  conti,  delibera  18
dicembre 2019 n. 18/2019/G). 
    Se l'intervento non  e'  ritenuto  sufficiente  non  e'  peraltro
precluso all'Amministrazione di intervenire ulteriormente nel  merito
del regime  tariffario,  al  fine  di  calmierare  ulteriormente  gli
effetti a vantaggio dei fruitori  del  bene  oggetto  di  concessione
(tenendo conto delle prestazioni che il concessionario deve  rendere,
su cui infra). 
    Nel rispetto delle condizioni poste  dalla  giurisprudenza  della
Corte costituzionale e della Corte di giustizia  e'  infatti  ammesso
l'intervento modificativo dei rapporti di durata da parte dello Stato
(Corte cost. 26 aprile 2018 n. 89 e 31 marzo 2015 n. 56 e Cgue,  sez.
I, 20  dicembre  2017,  C-322/16  e  sez.  III,  10  settembre  2009,
C-201/08). 
    40.5. Il fine di evitare una maggiorazione delle tariffe  non  e'
invece efficacemente perseguito con  la  posticipazione  dei  termini
procedimentali. 
    Il differimento produce  infatti  effetti  distorsivi  in  quanto
altera la corrispondenza fra  fruizione  del  bene  e  pagamento  del
relativo  pedaggio  e  ne  allontana  nel  tempo  la  corrispondenza,
potenzialmente riverberandosi su fruitori futuri, che fruiscono di un
bene che non corrisponde (piu') a  quello  considerato  nel  pedaggio
corrisposto, in quanto: 
      non consente di tenere conto delle sopravvenienze, che  possono
incidere anche in senso  sfavorevole  sul  concessionario  (a  titolo
esemplificativo si richiamano i  criteri  che  consentono  di  tenere
conto  della  qualita'   del   servizio   e   dell'attuazione   degli
investimenti, rispettivamente punti 24 e 25 della delibera Art n.  64
del 2019 e punti 2.5, 2.10 e 4.2 della delibera CIPE n. 39 del 2007); 
      non impedisce che i ritardi  nell'adeguamento  annuale  non  si
riverberino sulle successive tariffe. 
    Il protrarsi delle tariffe precedenti determina infatti  il  solo
(continuo) rinvio della modifica del regime tariffario ma  non  evita
che in futuro l'adeguamento non venga maggiorato anche in ragione dei
precedenti  ritardi,  dovendo  tenere  conto   (anche   a   fini   di
compensazione e considerata la fruttuosita' del denaro) di quanto non
corrisposto in precedenza (anche se l'effetto finanziario si  sarebbe
gia' esaurito, se riconosciuto per tempo), anche per il  tramite  dei
riflessi sul PEF. Infatti nella delibera Art n. 64 del 2019 si  legge
che in sede di «applicazione del sistema tariffario» si tiene  «conto
anche degli eventuali periodi regolatori precedenti per i  quali  non
si sia perfezionato  l'iter  di  aggiornamento  del  Piano  Economico
Finanziario» (punto 32). 
    Senonche'  il  pedaggio  trova  la  sua  ragion  d'essere   nella
«utilizzazione delle autostrade», sicche' e'  esclusa  «l'imposizione
agli automobilisti di  una  prestazione  patrimoniale  a  prescindere
dall'utilizzo in concreto del tratto viario interessato dal pedaggio»
(Corte cost. 13 luglio 2011 n. 208). 
    I principi di equita' e di buon  andamento  impongono  quindi  la
tempestiva  determinazione  della  controprestazione  e  il   solerte
adeguamento della stessa. 
    40.6.  Le  conseguenze  di  un  ritardo  nella  conclusione   del
procedimento di revisione delle tariffe e' in generale indice di  una
gestione non  scrupolosa  del  rapporto  concessorio,  specie  se  si
considera che e' accompagnata dalla  proroga  dell'aggiornamento  del
PEF, anche se scaduto da  tempo  risalente,  e  quindi  da  un'omessa
verifica dell'equilibrio economico e finanziario dello stesso, che si
riverbera anche sull'attualizzazione delle prestazioni a  carico  del
concessionario, atteso che, in base all'art.  3.2  lettera  g)  della
convenzione,  il  concessionario  provvede  «alla  progettazione   ed
esecuzione delle opere indicate all'art. 2, cosi' come  previsto  nel
piano economico finanziario». 
    Inoltre l'aggiornamento del PEF, oltre a poter  tenere  in  conto
del regime  tariffario  secondo  quanto  stabilito  dalla  richiamata
delibera n. 64  del  2019,  consente  di  valorizzare  la  mancata  o
ritardata realizzazione degli investimenti (punto 6.5 della  delibera
CIPE n. 39 del 2007 e art. 26 della  in  convezione)  e  di  inserire
nuovi investimenti (punto 2.4 della delibera CIPE n. 39 del 2007). 
    40.7. In tale prospettiva la non  scrupolosa  cura  del  rapporto
concessorio, che deriva dai ritardi procedimentali  (veicolati  anche
per il tramite dell'intervento normativo in esame), puo'  determinare
un  rinvio  degli  interventi  e,  nel  contempo,   il   sopravvenire
dell'inidoneita' dell'infrastruttura  (non  adeguata  in  ragione  di
circostanze non considerate nel PEF  iniziale),  con  il  rischio  di
pregiudicare gli interessi  dei  fruitori  del  tratto  autostradale,
oltre che le esigenze di sicurezza strettamente connesse  all'oggetto
della concessione. 
    Peraltro, le distorsioni derivanti dal mancato aggiornamento  del
PEF risultano rilevanti anche in ragione del fatto che  la  fruizione
del  tratto  autostradale  non  costituisce  una  scelta  fra   varie
alternative possibili, sicche' il relativo utilizzo si impone in modo
necessitato, cosi' come il pagamento del pedaggio. 
    40.8. Inoltre, nell'attuale sistema la scarsita' delle risorse si
impone, in modo prepotente, quale variabile delle politiche pubbliche
e dell'azione amministrativa, anche  nel  caso  in  cui  l'onere  del
servizio non grava sull'erario ma  direttamente  sulla  collettivita'
dei consociati che fruiscono del bene o del servizio. 
    La scarsita' delle risorse e' infatti tema che  si  apprezza  non
solo  nella  prospettiva  del  soggetto  pubblico,  e  delle  risorse
finanziarie  di  cui  lo  stesso  dispone,  ma  nella  piu'  generale
prospettiva delle risorse che i privati mettono a disposizione  delle
politiche pubbliche attraverso la fiscalita' generale o altrimenti. 
    Una volta che il sistema pubblico ha ritenuto di  accollare  alla
collettivita' di riferimento una spesa (di cui ha la  responsabilita'
di determinare l'ammontare), si richiede un'estrema e  continua  cura
nel garantire che essa produca tutti i risultati programmati e  tutti
quelli che possono eventualmente derivarne nel corso del rapporto, al
fine di assicurare che si realizzino le esternalita' e le conseguenze
positive che alla prima sono riconducibili, anche in modo  indiretto.
E cio' non solo a vantaggio  del  diretto  destinatario  dell'esborso
finanziario, non solo a vantaggio  dei  fruitori  del  bene  pubblico
interessato dalla spesa, ma a vantaggio dell'intera collettivita': in
un sistema di risorse  scarse  la  scelta  di  devolvere  le  risorse
private a una determinata finalita' si accompagna alla consapevolezza
di dover rinunciare a «prelevare» dette risorse per  altre  politiche
pubbliche, delle quali potrebbero beneficiare altri soggetti, sicche'
le politiche intraprese debbono essere gestite al fine  di  ricavarne
ogni possibile effetto positivo, cosi' potendo  produrre  i  maggiori
benefici, anche indiretti, a vantaggio dell'intera collettivita'. 
    40.9. Il Collegio ritiene pertanto non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo
in esame in riferimento agli articoli 3 e 97 Cost. 
    In definitiva, viene in rilievo una legge- provvedimento - pur se
con i profili prima descritti di peculiarita' - che, da un lato,  non
risulta  supportata  da  una   giustificazione   proporzionata   agli
obiettivi perseguiti e agli effetti sortiti  e,  dall'altro,  produce
un'incisione irragionevole dei diritti e  delle  garanzie  apprestate
dall'ordinamento  in  caso  di   svolgimento   di   un   procedimento
amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 (cd. «virtu'  del
procedimento»). Di qui il non superamento in termini  positivi  dello
«strict scrutiny» (cd. «controllo  severo»)  cui  e'  sottoposta  una
legge materialmente amministrativa  che  si  surroghi  alle  potesta'
amministrative. 
    41. In una diversa prospettiva il ritardo,  peraltro  piu'  volte
reiterato,  dell'aggiornamento  del  PEF  e  dell'adeguamento   delle
tariffe evidenzia una negligente gestione del rapporto nel corso  del
suo dispiegarsi, che  produce  conseguenze  negative  sulla  liberta'
d'impresa e sull'utilita' sociale alla quale la prima e' indirizzata,
oltre a non rispettare quei programmi e controlli ritenuti  opportuni
dalla stessa legge «perche' l'attivita' economica pubblica e  privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali  e  ambientali»,
in violazione dell'art. 41 Cost. 
    41.1.  In  particolare,   il   differimento   dei   termini   per
l'aggiornamento  del  PEF  e  l'adeguamento  annuale  delle   tariffe
pregiudica le capacita' programmatorie e di ottenimento delle risorse
necessarie per lo svolgimento dell'attivita' di impresa quale  centro
di promozione del lavoro e quale  soggetto  in  grado  di  effettuare
servizi e svolgere lavori di  interesse  per  la  collettivita',  con
conseguente violazione dell'art. 41 Cost. E cio'  ancor  piu'  se  si
considera che l'art. 13 comma 3 del decreto-legge n.  162  del  2019,
nella prima formulazione e cosi' come modificata dall'art. 13 comma 5
del decreto-legge n. 183  del  2020,  non  dispone  alcun  incremento
provvisorio  delle  tariffe,  che  possa   calmierare   le   esigenze
imprenditoriali, previsto solo dal decreto-legge n. 215  del  2023  a
far tempo dal 2024. 
    In tale prospettiva l'incertezza  creata  dal  protrarsi  di  una
situazione  transitoria  (ad   opera   del   legislatore),   peraltro
reiterata,   impedisce   quell'organizzazione   imprenditoriale   che
costituisce  il  tratto   distintivo   dell'attivita'   professionale
dell'imprenditore (art. 2082 c.c.) e quindi il nucleo della  liberta'
imprenditoriale. Infatti non solo l'an della provvista finanziaria ma
anche il tempo dell'ottenimento della stessa,  oltre  che  l'assenza,
nelle more  dell'adeguamento,  di  meccanismi  di  (almeno  parziale)
compensazione del pregiudizio derivante da  ritardo  dell'adeguamento
tariffario annuale (introdotti solo a partire dal 2024, come  visto),
si riflette sull'attivita' di impresa,  risultando  quindi  rilevante
indipendentemente dal successivo recupero. 
    La stessa mancata definizione anticipata degli esatti termini  di
detto recupero e dell'aggiornamento del PEF  pregiudicano,  anche  in
considerazione di quanto sopra illustrato, le esigenze programmatorie
e organizzative dell'impresa. 
    La giurisprudenza costituzionale,  pur  riconoscendo  il  rilievo
dell'affidamento   nella   «sicurezza   giuridica»   quale   elemento
essenziale dello Stato di diritto, non riconosce  la  vigenza  di  un
principio di immodificabilita' assoluta della disciplina dei rapporti
di   durata   derivanti   da   pattuizioni   negoziali,    ancorche',
l'ammissibilita' di  interventi  incidenti  sulle  posizioni  che  ne
derivano, sia subordinata all'esistenza di un interesse meritevole di
tutela, ovvero, finalizzata a scopi di  utilita'  sociale  (art.  412
Cost.), e sempreche' l'intervento non si traduca in scelte  illogiche
irrazionali e non proporzionate all'utilita' perseguita (Corte  cost.
3 giugno 2022 n. 136 e 24 gennaio 2017 n. 16). 
    Il limite dell'intervento  restrittivo  deve  essere  individuato
«nell'arbitrarieta'    e     nell'incongruenza     -     e     quindi
nell'irragionevolezza  -  delle  misure  restrittive   adottate   per
assicurare l'utilita' sociale» (Corte cost., 25 luglio 2022 n. 186). 
    Senonche' nel caso di specie, per i motivi gia' sopra illustrati,
non puo' ritenersi che il differimento di detti  termini  risponda  a
finalita' pubbliche che ne bilancino gli effetti, ne'  a  criteri  di
ragionevolezza e proporzionalita' (come illustrato  sopra  e  infra).
Infatti «Onde valutare il requisito della «giustificazione sul  piano
della ragionevolezza» occorre prendere le  mosse  dalle  ragioni  che
hanno  condotto   il   legislatore   regionale   all'adozione   delle
disposizioni  censurate»,  nel  caso  di  specie  individuate   nella
«continuita' dell'azione amministrativa», con  le  conseguenze  sopra
individuate in ordine  all'inidoneita'  a  tal  fine  dell'intervento
normativo in esame. 
    D'altro canto  il  ripetuto  differimento  dei  relativi  termini
costituisce violazione dei programmi e controlli previsti dalla legge
ai sensi dell'art. 41 comma 3 Cost. («La legge determina i  programmi
e i controlli opportuni  perche'  l'attivita'  economica  pubblica  e
privata possa essere indirizzata e coordinata a  fini  sociali»),  ai
quali  e'  sottoposto  il  rapporto   concessorio   anche   ai   fini
dell'aggiornamento del PEF e dell'adeguamento annuale delle tariffe. 
    42. Il regime  introdotto  dalle  disposizioni  sopra  richiamate
pregiudica  altresi'  (e   per   gli   stessi   motivi)   i   profili
concorrenziali  della  liberta'  di  impresa,  in  violazione   degli
articoli 11  e  117  Cost.,  integrati  dalla  disciplina  interposta
dettata dagli articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' dagli articoli 16  e
17 della Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione  europea  e  dal
Protocollo  addizionale  n.  1  alla  Convenzione  europea   per   la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  e
dal principio pacta sunt servanda, oltre che dell'art. 41 Cost.  che,
nel tutelare la liberta'  economica,  ha  ricevuto  una  connotazione
proconcorrenziale (di derivazione eurounitaria) a  partire  dal  1982
(Corte cost. 16 dicembre 1982 n. 223). 
    Se pur vero infatti che la rete autostradale italiana e' affidata
a concessionarie  che  beneficiano  di  contratti  di  durata  spesso
pluridecennale, in molti casi  ottenuti  senza  alcuna  procedura  di
evidenza pubblica, che danno vita a una situazione assimilabile a  un
monopolio,  piu'  che  a  un  mercato  naturale,  il  tema  si   pone
soprattutto  rispetto  ai  possibili   investitori   nella   societa'
concessionaria (come evidenziato dalla Commissione nella procedura di
infrazione n. 2419/2006, su cui infra). 
    42.1. Con specifico riferimento ai profili concorrenziali (di cui
agli articoli 49, 56 e  63  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea  e  16  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea), sui quali si pronuncia la Corte di giustizia,  quest'ultima
si  pone  su  posizioni  convergenti  rispetto  al   sopra   riferito
orientamento della Corte costituzionale: 
      un operatore economico non puo' riporre affidamento  nel  fatto
che non interverra' assolutamente alcuna modifica legislativa, bensi'
puo' unicamente mettere in discussione le modalita'  di  applicazione
di  una  modifica  siffatta  e  la  previsione  di  un   sistema   di
compensazioni adeguate (Cgue, sez. I, 20 dicembre 2017, C-322/16); 
      il principio della certezza  del  diritto,  il  quale  ha  come
corollario quello della tutela del  legittimo  affidamento,  «impone,
segnatamente,  che  le  norme  giuridiche  siano  chiare,  precise  e
prevedibili nei loro effetti, in  particolare  qualora  esse  possano
avere conseguenze sfavorevoli sugli individui e sulle imprese» (Cgue,
sez. I, 20 dicembre 2017, C-322/16); 
      il legislatore deve tenere «conto delle situazioni  particolari
degli operatori economici» e prevedere,  «eventualmente,  adattamenti
all'applicazione delle nuove norme giuridiche» (Cgue,  sez.  III,  10
settembre 2009, C-201/08); 
      un operatore economico prudente ed accorto non puo' invocare il
principio della certezza del diritto se  e'  in  grado  di  prevedere
l'adozione di un provvedimento idoneo  a  ledere  i  suoi  interessi,
considerando le «diverse circostanze che hanno preceduto tale entrata
in vigore» (Cgue, sez. III, 10 settembre 2009, C-201/08). 
    In tale  prospettiva  devono,  ad  avviso  del  Collegio,  essere
interpretate  anche  le  note  inviate  dalla   Commissione   europea
nell'ambito della procedura d'infrazione  C  2006/2419,  avviata  nei
confronti dello Stato italiano, in relazione al  nuovo  regime  delle
concessioni autostradali previsto dal decreto-legge n. 262/2006,  del
3  ottobre  2006,  poi  convertito  con  modificazioni  in  legge  n.
286/2006, del 27 dicembre  2006,  riguardante,  fra  l'altro,  talune
modifiche  ex  lege,  introdotte  unilateralmente   dalle   autorita'
italiane,  suscettibili  di  modificare  in  pejus  il  regime  delle
convenzioni autostradali esistenti: con lettera di messa in  mora  14
novembre 2006 la Commissione ha rilevato che le modifiche unilaterali
disposte all'epoca dall'Italia non recavano indicazione degli scopi e
delle  giustificazioni  alla  base  delle  stesse,  sicche'  «non  e'
possibile valutare se tale giustificazione  sia  compatibile  con  le
eccezioni previste dal Trattato o da motivi  imperiosi  di  interesse
pubblico»,  oltre  al  fatto  che  «cio'  impedisce  di   determinare
l'idoneita'  del   decreto-legge   a   garantire   il   conseguimento
dell'eventuale legittimo obiettivo e di esaminare la proporzionalita'
della misura,  tenuto  conto  anche  del  contratto  esistente»,  non
ritenendo  quindi  incompatibile  il  principio  della  certezza  del
diritto con modifiche legislative. 
    Comunque, una piu' severa interpretazione delle successive  note,
conduce, con maggiore  facilita',  alla  non  manifesta  infondatezza
della questione di costituzionalita'. Il riferimento  e'  all'accento
posto sulla necessita' di superare l'ambiguita' circa  l'applicazione
della modifica unilaterale alle concessioni gia'  esistenti,  di  cui
alle note inviate nell'ambito della medesima procedura  d'infrazione,
12  giugno  2007   e   5   ottobre   2007,   e   l'espressione   «non
modificabilita', in via unilaterale, da parte dello Stato concedente,
del regime tariffario del concessionario  per  tutta  la  durata  del
rapporto concessorio in essere», di cui alla nota 28 novembre 2007. 
    A fronte del sopra richiamato orientamento  della  giurisprudenza
costituzionale  e  della  Corte  di  giustizia,  che  pone  l'accento
sull'obiettivo,   di   interesse    pubblico,    perseguito,    sulla
prevedibilita' della misura sulla base delle circostanze esistenti  e
sulla chiarezza del dato normativo: 
      le misure introdotte dall'art. 13 comma 3 del decreto-legge  n.
162 del 2019 non risultano funzionali all'obiettivo della continuita'
dell'attivita' amministrativa; 
      il differimento e' avvenuto, con decreto-legge, l'ultimo giorno
utile prima dell'inizio dell'anno, proprio allorquando  l'adeguamento
avrebbe dovuto essere applicato (con l'avvio del nuovo anno); 
      la situazione sulla quale ha prodotto effetti l'art. 13 comma 3
del decreto-legge n. 162 del 2019 e' caratterizzata nei termini  gia'
sopra visti, con un PEF scaduto nel 2013  e  non  piu'  aggiornato  e
adeguamenti tariffari parziali ormai da molti anni; 
      il differimento e' stato reiterato, come  visto,  con  analoghe
modalita' anche in seguito, cosi' prolungando il periodo  transitorio
e rendendo incerta la situazione per un lungo lasso di tempo; 
      non  sono  state  previste  misure  di  compensazione,  neppure
transitorie (se non, come visto, a partire dal 2024). 
    Il Collegio dubita pertanto che, nel caso di specie, siano  state
rispettate  le   condizioni   di   ammissibilita'   delle   modifiche
unilaterali dei rapporti di durata. 
    42.2. Le modifiche dei rapporti di durata si riflettono anche sul
diritto  di  proprieta'  che,  nella   giurisprudenza   eurounitaria,
presenta un'estensione lata, volta a contemplare posizioni giuridiche
di vantaggio che, ancorche' non  qualificabili  dominicali  in  senso
stretto, tuttavia accedono a prerogative consolidate del titolare. La
portata del diritto di proprieta' di cui all'art. 17 della Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea: 
      puo' essere limitata  «a  condizione  che  sia  prevista  dalla
legge, che rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprieta'
e che, nel rispetto del principio di proporzionalita', sia necessaria
e  risponda  effettivamente  a  obiettivi   di   interesse   generale
riconosciuti dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e  le
liberta' altrui» (Cgue, sez. IV, 19 settembre 2024, C-198/21); 
      deve, conformemente all'art.  52  della  stessa  Carta,  essere
determinata prendendo  in  considerazione  l'art.  1  del  Protocollo
addizionale n. 1 alla Convenzione europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, il quale sancisce tale  diritto  (Cgue,  sez.  IV,  19
settembre 2024, C-198/21). 
    Nella giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti  dell'uomo
anche l'aspettativa legittima di ottenere un valore patrimoniale puo'
beneficiare della tutela dell'art. 1 del Protocollo n. 1: «la nozione
di beni puo' ricomprendere sia beni attuali che valori  patrimoniali,
compresi i crediti, in virtu' dei quali il ricorrente puo' pretendere
di avere almeno un'«aspettativa legittima» di ottenere  il  godimento
effettivo  di  un  diritto  di  proprieta'»  (Corte  europea  diritti
dell'uomo, sez. II, 23 settembre 2014, n. 46154/11 e Cgue, sez.  III,
10 settembre 2009, C-201/08). 
    Pertanto la  limitazione,  derivante  dalla  dilazione  temporale
(ripetuta) dell'aspettativa legittima  all'adeguamento  tariffario  e
all'aggiornamento  del  PEF,  deve  essere  necessaria  e  rispondere
effettivamente a obiettivi di  interesse  generale  e  rispettare  il
principio di proporzionalita', circostanze tutte che,  per  i  motivi
gia'   sopra   illustrati,   risultano   frustrate    in    relazione
all'intervento normativo in esame. 
    42.3. Il Collegio ritiene pertanto non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' costituzionale dell'intervento normativo
in esame in riferimento agli articoli 11,  41  e  117,  primo  comma,
Cost., anche per il tramite della disciplina interposta di  cui  agli
articoli 49, 56 e 63 TFUE, nonche' agli articoli 16 e 17 della  Carta
dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  e   al   Protocollo
addizionale n. 1 alla Convenzione europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e al principio  pacta
sunt servanda. 
    43. Il Collegio pertanto: 
      dubita  della   legittimita'   costituzionale   dell'intervento
normativo in esame in riferimento agli articoli 3,  77  e  97  Cost.,
oltre che in riferimento agli articoli 11, 41 e 117 Cost., anche  per
il tramite della disciplina interposta di cui agli articoli 49, 56  e
63 TFUE, nonche' agli articoli  16  e  17  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea e al  Protocollo  addizionale  n.  1
alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali  e  al  principio  pacta  sunt  servanda,
ritenendo  rilevane  e  non  manifestamente  infondata  la   relativa
questione di legittimita'  costituzionale,  nei  termini  di  cui  in
motivazione; 
      individua l'oggetto della rimessione nell'art. 13 comma  3  del
decreto-legge n. 162 del 2019 (poi convertito nella legge  n.  8  del
2020), nella prima formulazione, rilevante con riferimento alla  nota
1 (di cui al ricorso 1), e come modificato dall'art. 13 comma  5  del
decreto-legge n. 183 del 2020, rilevante con riferimento alla nota  2
(di cui al ricorso 2), rispetto  ai  quali  le  successive  modifiche
risultano aggravare  il  quadro  normativo  nei  termini  esposti  in
motivazione,  rimettendo  comunque  alla  Corte  le  stesse   laddove
ritenesse necessario pronunciarsi su di esse ai fini della decisione. 
  XII. Conclusioni 
    44. In conclusione: 
      vanno riuniti i ricorsi in appello nn. 852 del 2021 e 2458  del
2022; 
      va estromessa Aiscat; 
      i motivi di cui al par. V vanno dichiarati infondati; 
      i motivi scrutinati  al  par.  VI  vanno  dichiarati  in  parte
inammissibili, nei limiti ivi indicati; 
      per la restante parte (cioe' con riferimento ai motivi  di  cui
al  precedente  alinea  nella  parte  in  cui  non  sono   dichiarati
inammissibili) il processo va sospeso ai  sensi  e  per  gli  effetti
degli articoli 79 e 80 c.p.a. e 295  c.p.c.,  rimettendo  alla  Corte
costituzionale  la  questione  di  costituzionalita'  dell'intervento
normativo cosi' come individuato nel punto precedente, in riferimento
agli articoli 3, 77  e  97  Cost.,  oltre  che  in  riferimento  agli
articoli 11, 41 e 117, primo comma, Cost., anche per il tramite della
disciplina interposta di cui agli articoli 49, 56 e 63 TFUE,  nonche'
agli  articoli  16  e  17  della  Carta  dei   diritti   fondamentali
dell'Unione europea e al Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali e al principio pacta sunt servanda. 
    45.  Ogni  ulteriore  statuizione  e'  riservata  alla  decisione
definitiva.  

 
                               P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  Quinta),
non  definitivamente  pronunciando  sull'appello,  come  in  epigrafe
proposto, parzialmente e non definitivamente pronunciando: 
      riunisce gli appelli, come in epigrafe proposti; 
      estromette    l'Associazione    italiana     delle     societa'
concessionarie per la  costruzione  e  l'esercizio  di  autostrade  e
trafori stradali; 
      in parte respinge e dichiara inammissibili gli appelli riuniti,
nei termini di cui in motivazione; 
      per la restante parte, visto l'art. 23  della  legge  11  marzo
1953 n. 87, dichiara rilevante e  non  manifestamente  infondata,  ai
sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'intervento  normativo  cosi'  come
individuato al punto 26 per violazione degli agli articoli 3, 77 e 97
Cost., oltre che degli articoli 11, 41 e  117,  primo  comma,  Cost.,
anche per il tramite della disciplina interposta di cui agli articoli
49, 56 e 63 TFUE, nonche' agli articoli  16  e  17  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea e al Protocollo  addizionale
n. 1  alla  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali e  al  principio  pacta  sunt
servanda, nei sensi di cui in motivazione; 
      sospende il presente giudizio ai sensi  dell'art.  79  comma  1
c.p.a.; 
      dispone, a  cura  della  Segreteria,  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale; 
      rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito  e  sulle
spese   di   lite,   all'esito   del    giudizio    incidentale    di
costituzionalita'. 
    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della
Segreteria, a tutte le parti  in  causa,  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica, al  Presidente  della  Camera
dei deputati e al Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  14
novembre 2024 con l'intervento dei magistrati: 
      Francesco Caringella, Presidente 
      Valerio Perotti, Consigliere 
      Stefano Fantini, Consigliere 
      Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore 
      Marina Perrelli, Consigliere 
 
                      Il Presidente: Caringella 
 
                        L'Estensore: Molinaro