Reg. ord. n. 91 del 2025 pubbl. su G.U. del 28/05/2025 n. 22
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 26/10/2024
Tra: Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione - A.S.G.I. C/ Comune di Arezzo
Oggetto:
Edilizia residenziale pubblica – Assegnazione di alloggi – Norme della Regione Toscana – Formazione delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi – Condizioni per l’assegnazione dei punteggi – Condizioni di storicità di presenza – Assegnazione da 1 a 4 punti in caso di residenza anagrafica o prestazione di attività lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell’ambito territoriale di riferimento del bando da almeno tre anni fino a oltre venti anni alla data di pubblicazione del bando – Denunciata incoerenza dell’assegnazione di un punteggio premiale e graduato per la residenza (o attività lavorativa) protratta rispetto al fine perseguito – Effetto discriminatorio – Irragionevolezza – Violazione dei vincoli derivanti dal diritto dell’Unione europea – Irragionevole diseguaglianza sia nei confronti dei cittadini dell’Unione europea, sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi, che siano soggiornanti di lungo periodo.
Norme impugnate:
legge della Regione Toscana del 02/01/2019 Num. 2 Art. 10
legge della Regione Toscana del 02/01/2019 Num. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva CE Art. 11 Co.
direttiva CE Art. 11 Co.
direttiva CE Art. 24 Co.
direttiva UE Art. 12 Co.
direttiva UE Art. 12 Co.
Udienza Pubblica del 5 novembre 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 2024 Ordinanza del 26 ottobre 2024 del Tribunale di Firenze nel procedimento civile promosso dall'Associazione studi giuridici sull'immigrazione - A.S.G.I. e L'Altro Diritto O.D.V. contro Comune di Arezzo e Regione Toscana. Edilizia residenziale pubblica - Assegnazione di alloggi - Norme della Regione Toscana - Formazione delle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi - Condizioni per l'assegnazione dei punteggi - Condizioni di storicita' di presenza - Assegnazione da 1 a 4 punti in caso di residenza anagrafica o prestazione di attivita' lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando da almeno tre anni fino a oltre venti anni alla data di pubblicazione del bando. - Legge della Regione Toscana, 2 gennaio 2019, n. 2 (Disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica (ERP)), art. 10, lettera c-1), Allegato B (recte: art. 10, in combinato disposto con l'Allegato B, lettera c-1) della medesima legge regionale). (GU n. 22 del 28-05-2025) TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE IV Sezione civile Nella causa civile iscritta al n. R.G. 1108/2023; A.S.G.I. - Associazione studi giuridici sull'immigrazione (97086880156) rappresentato e difeso da avv. Guariso Alberto e da avv. Roberta Randellini; L'Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca interuniversitario su carcere, devianza, marginalita' e governo delle migrazioni (94093950486) rappresentato e difeso da avv. Alida Surace e avv. Silvia Ventura - ricorrenti; contro Comune di Arezzo (00176820512) rappresentato e difeso da avv. Rulli Lucia e avv. Stefano Pasquini; Regione Toscana (01386030488) rappresentato e difeso da avv. Flora Neglia - resistenti. Il Giudice dott. Luca Minniti, all'esito dell'udienza del 12 marzo 2024, ha emesso la seguente ordinanza: Oggetto: art. 28, decreto legislativo n. 150/2011 - Controversia in materia di discriminazione. 1. Con ricorso ex art. 28, decreto legislativo n. 150/2011 le associazioni ASGI - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione e L'Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca interuniversitario su carcere, devianza, marginalita' e governo delle migrazioni (di seguito solo ASGI e L'Altro Diritto) hanno convenuto in giudizio il Comune di Arezzo e la Regione Toscana per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: in via preliminare: dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'allegato B, art. 10, lett. C-1), L.R. Toscana 2/2019 e successive modifiche e integrazioni laddove prevede l'assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando da almeno 3 anni e fino ad oltre venti anni, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con l'art. 117, comma 1 della Costituzione quest'ultimo in riferimento all'art. 11, direttiva 2003/109 e art. 12 direttiva 2011/98 e occorrendo degli articoli 21 (non discriminazione) e 34 (Diritto all'assistenza abitativa) della CDFUE; per l'effetto sospendere il presente giudizio rinviando gli atti alla Corte costituzionale. In via principale: successivamente, anche all'esito del predetto giudizio di costituzionalita': a. accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta: dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione nel bando ERP 2022 della clausola di cui all'art. 4, sub. C-1 relativa all'assegnazione del punteggio basata sulle condizioni di «storicita' di presenza»; dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione del regolamento in materia di utilizzo autorizzato di alloggi ERP in via emergenziale, delle clausole relative al requisito della pregressa residenza quinquennale e (per i soli stranieri) all'esercizio di una regolare attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo (art. 2); b. ordinare al Comune di Arezzo di modificare il bando ERP 2022 e il regolamento per le assegnazioni emergenziali (e relativo bando), eliminando le clausole censurate; c. ordinare al Comune di Arezzo di modificare le graduatorie relative al bando ERP 2022 e al regolamento per le assegnazioni emergenziali (previo annullamento della graduatoria eventualmente gia' emessa nelle more del giudizio) e di riformularla senza considerazione della anzianita' di residenza o attivita' lavorativa nell'area di efficacia del bando; d. ordinare al Comune di Arezzo di riaprire i termini di presentazione delle domande di partecipazione al bando ERP 2022 e a quello relativo al regolamento per le assegnazioni emergenziali secondo le nuove regole risultanti dalla eliminazione delle predette clausole; e. dato atto che le statuizioni richieste attengono a obblighi di fare infungibili, condannare l'amministrazione convenuta a pagare alle associazioni ricorrenti, in solido tra loro e ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., euro 100,00 per ogni giorno di ritardo nell'adempimento integrale con decorrenza dal trentesimo giorno successivo alla emananda ordinanza; f. condannare la Regione Toscana e il Comune di Arezzo, in solido fra loro o, in subordine, in via disgiuntiva per la parte di rispettiva competenza a risarcire alle ricorrenti il danno non patrimoniale derivante dalla discriminazione di cui al punto a), danno da liquidarsi in via equitativa, anche in relazione ai criteri indicati al par. 7, indicandosi sin d'ora la somma di euro 10.000, per ciascuna associazione, con riserva di precisazione in relazione alle circostanze esposte al punto 7; g. ordinare la pubblicazione dell'emanando provvedimento sulla home page del sito istituzionale dell'amministrazione per un minimo di giorni trenta, o su un giornale che il Tribunale vorra' indicare, con caratteri doppi di quelli normalmente utilizzati; h. Con vittoria di spese, ivi compreso il rimborso del contributo unificato, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari. 1.1. A sostegno delle proprie domande i ricorrenti hanno rappresentato: che con determinazione dirigenziale n. 2387 del 19 settembre 2022 il Comune di Arezzo ha approvato il bando ERP 2022 (bando generale di concorso, indetto ai sensi della LRT n. 2/2019 e del regolamento dei Comuni del Lode di Arezzo) «sulle modalita' di accesso, di assegnazione e di utilizzo successivo all'assegnazione degli alloggi di Edilizia residenziale pubblica (E.R.P.), per formare la graduatoria degli aspiranti assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica E.R.P., periodicamente disponibili nel Comune di Arezzo»; che il predetto bando conteneva tra le condizioni di accesso e le modalita' di attribuzione del punteggio le medesime previste dall'allegato B della L.R. Toscana 2 gennaio 2019, n. 2, oggetto di modifica, unitamente all'allegato A, ad opera della L.R. 21 settembre 2021, n. 35; che detta modifica si era resa necessaria a seguito di due sentenze della Corte costituzionale: la sentenza n. 44 del 9 marzo 2020 che, con riferimento a una legge regionale lombarda, aveva dichiarato l'incostituzionalita' del requisito di residenza quinquennale per accedere agli alloggi ERP (anche la L.R. Toscana prevedeva identico requisito); la sentenza n. 9 del 12 gennaio 2021 che, con riferimento a una legge regionale della Regione Abruzzo, aveva dichiarato incostituzionale sia la richiesta ai soli cittadini stranieri di documenti aggiuntivi - rispetto a quanto richiesto agli italiani - per comprovare la «impossidenza» di immobili all'estero (e anche la L.R. Toscana n. 2 prevedeva analogo onere), sia la valorizzazione della pregressa residenza nella Regione nell'attribuzione dei punteggi per la formazione della graduatoria; che nel recepire le citate sentenze, tuttavia, la Regione (e conseguentemente il Comune di Arezzo replicando le condizioni ed i criteri di attribuzione del punteggio nel bando in esame) ha operato, nella nuova lettera c) dell'allegato B, una «valorizzazione» della residenza pregressa che non pare, ad avviso delle associazioni ricorrenti, conforme alle indicazioni rese dalla Consulta nella citata sentenza n. 9/2021. In particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, i criteri di attribuzione del punteggio basati su condizioni di durata della presenza (residenza o prestazione di attivita' lavorativa) rivestirebbero una rilevanza eccessiva rispetto agli altri criteri (basati invece sulle condizioni socio-economiche e familiari e sulle situazioni di grave disagio abitativo) maggiormente coerenti alla ratio ed al bisogno che la normativa residenziale pubblica tende a soddisfare (1) (2) che l'applicazione di tali criteri di punteggio, pur essendo prevista per la generalita' dei richiedenti, ha determinato una consistente riduzione della presenza dei cittadini stranieri nelle graduatorie per l'accesso agli alloggi ERP. 1.2. Le associazioni ricorrenti lamentano inoltre una ulteriore condotta discriminatoria, in questo caso del solo Comune di Arezzo, che attiene al regolamento in materia di utilizzo autorizzato in via emergenziale di alloggi ERP ai sensi della L.R.T. 2/2019 modificato da ultimo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 2021 e avente ad oggetto le «modalita' ed i criteri di conferimento provvisorio di alloggi ERP a nuclei familiari non assegnatari in via ordinaria e che necessitino di risolvere in via emergenziale il proprio disagio abitativo». In particolare, a dispetto della normativa regionale in materia di assegnazioni emergenziali (3) , nel regolamento in parola del Comune di Arezzo, che disciplina l'utilizzo temporaneo per 1 anno rinnovabile e le modalita' di inserimento nelle graduatorie per assegnazioni emergenziali, si prevede: all'art. 2, il requisito di cinque anni di residenza o lavoro nel Comune e tale requisito e' riportato anche nel modulo di istanza risultante dal sito del Comune; per gli stranieri, l'onere di documenti aggiuntivi nella formulazione soppressa dalla L.R. n. 35/2021 ma tale onere documentale e' poi riportato nel modulo di domanda nella formulazione corretta; che il cittadino extra UE, ove titolare del permesso di soggiorno almeno biennale, debba «esercitare una regolare attivita' lavorativa di lavoro subordinato o di lavoro autonomo» e anche tale requisito e' riportato come obbligatorio nella domanda online (che, tra l'altro, e' formulata in modo tale da rendere difficoltosa la dichiarazione dei lavoratori autonomi: «dichiara di essere titolare di permesso di soggiorno almeno biennale e contestuale attivita' lavorativa presso...»); che la domanda deve essere presentata utilizzando esclusivamente il predetto modulo reperibile online. Conseguentemente chi non ha i requisiti richiesti nel modulo non potrebbe neppure ottenere un provvedimento di diniego perche' la domanda non verrebbe neppure ammessa. 1.3. Alla luce di quanto sostenuto i ricorrenti concludevano chiedendo di rimuovere la discriminazione e ripristinare le condizioni di eguaglianza e parita' di trattamento, previa rimessione alla Corte costituzionale, del criterio discriminatorio della «residenzialita' storica» dalla normativa regionale e la conseguente disapplicazione dei relativi atti amministrativi; nonche' di ripristinare la parita' di trattamento anche per il bando del 2022, riformulando la graduatoria senza considerare il punteggio della residenza pregressa, ed eventualmente adottando, in caso di inadempienza, provvedimenti coercitivi ex art. 614-bis c.p.c. considerando la natura del diritto dedotto e la gravita' degli effetti dell'inadempimento; di risarcire il danno non patrimoniale derivante dalla discriminazione in favore delle associazioni ricorrenti, sottolineando l'importanza dissuasiva di tale rimedio. 2. Si costituiva in giudizio in data 7 settembre 2023 il Comune di Arezzo chiedendo in via preliminare ed in diritto di dichiarare l'inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione e per carenza di interesse, di dichiarare il difetto di legittimazione attiva di Asgi e l'Altro Diritto O.D.V. e, nel merito, di rigettare le domande di parte ricorrente. 2.1. L'amministrazione comunale di Arezzo ha dedotto in fatto: che il Comune, in applicazione della L.R. Toscana n. 2/2019, procede nell'assegnazione di alloggi ERP in due modalita', in via ordinaria e provvisoria: A. Assegnazione alloggi in via ordinaria, mediante bando periodico almeno quadriennale che il Comune ha approvato con provvedimento n. 3272 del 2 dicembre 2019 il bando E.R.P.; che la legge regionale n. 2/2019 e' stata oggetto di modifica con Legge Regionale n. 35/2021 che ha modificato: l'allegato A n. 2, lett. b) che prevedeva tra i requisiti per partecipare al bando per l'assegnazione dell'alloggio E.R.P. il possesso della residenza anagrafica da almeno 5 anni; ora, non e' piu' richiesto il requisito quinquennale della residenza, ma e' stato previsto quale requisito solo la residenza anagrafica o sede di attivita' lavorativa stabile ed esclusiva o principale nell'ambito territoriale del comune o dei comuni a cui si riferisce il bando cosi' conformandosi alle due pronunce della Corte costituzionale n. 44/2020 e n. 9/2021; l'allegato B, lett. c 1) della legge Regione Toscana n. 2/2019 in merito ai punteggi da attribuire alle condizioni di storicita' di presenza; che con provvedimento n. 2387 del 19 settembre 2022 il Comune di Arezzo ha pertanto provveduto ad approvare il nuovo bando adeguandolo alle modifiche introdotte dalla legge regionale n. 35/2021, che e' stato pubblicato dal 19 settembre 2022 al 18 novembre 2022; che, scaduto il termine per la presentazione delle domande, il Servizio Patrimonio del Comune di Arezzo, ha effettuato apposita istruttoria in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione da parte dei candidati, la Commissione giudicatrice ha valutato le domande ed ha assegnato i relativi punteggi in conformita' a quanto previsto dal bando, procedimento poi conclusa con decisione n. 1176 dell'11 maggio 2023 di approvazione della graduatoria definitiva; B. Assegnazioni alloggi in via provvisoria tramite autorizzazione all'utilizzo degli alloggi che gli articoli 7 e 14 della legge regionale n. 2/2019 disciplinano l'assegnazione provvisoria di alloggi ERP a favore di nuclei familiari, in possesso dei requisiti previsti per l'accesso agli alloggi ERP, non assegnatari in via ordinaria e che necessitino di risolvere in via emergenziale il proprio disagio abitativo (c.d. utilizzo autorizzato degli alloggi) (4) che in attuazione della legge regionale n. 2/2019 il Comune di Arezzo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 29 aprile 2021 ha approvato il regolamento in materia di utilizzo autorizzato di alloggi ERP che all'art. 2 individua i requisiti di accesso che sono i medesimi di quelli previsti per l'accesso all'alloggio ordinario; che tale articolo ad oggi non risulta adeguato alla nuova previsione dell'allegato A n. 2, lett. b) della legge Regione Toscana n. 2/2019 nella versione modificata da ultimo con legge regionale n. 35/2021 (che ha abrogato il requisito di accesso rappresentato dall'anzianita' almeno quinquennale della residenza anagrafica); che tuttavia il Servizio Patrimonio del Comune di Arezzo a decorrere dall'entrata in vigore delle modifiche apportate alla Legge regionale, ha sempre disapplicato l'art. 2 del regolamento rifacendosi alle prescrizioni contenute nell'atto normativo di rango piu' elevato (rectius legge regionale) come emerge dai verbali delle sedute della Commissione Comunale per l'utilizzo autorizzato degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (costituita ai sensi dell'art. 7, comma 1, lettera c, della L.R.T. n. 02/2019 e dell'art. 7 del regolamento dei Comuni del Lode di Arezzo sulle modalita' di accesso, di assegnazione e di utilizzo successivo all'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) riunitasi in data 7 marzo 2022, 10 ottobre 2022 e 21 marzo 2023; che con provvedimento n. 1901 del 14 luglio 2023 il Servizio Patrimonio ha poi disposto formalmente la disapplicazione dell'art. 2 del regolamento, nelle more dell'aggiornamento del regolamento stesso, dandone pubblicizzazione tramite la pagina del proprio sito web. 2.2. Alla luce dei fatti esposti, il Comune di Arezzo argomentava in diritto eccependo - in via preliminare: a) l'inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione, poiche' in materia di edilizia residenziale pubblica il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo soggiace alle comuni regole correlate alla posizione fatta valere in giudizio; giacche' nel caso di specie, il giudice ordinario non potrebbe ordinare alla P.A. di modificare o annullare il proprio provvedimento amministrativo (il bando ERP adottato esercitando un potere legalmente previsto) essendo rimessa questa possibilita' solo al Giudice Amministrativo, l'interesse leso a non subire trattamenti discriminatori per effetto delle disposizioni discriminatorie del bando rappresenta un interesse legittimo tutelabile dinanzi al giudice amministrativo; b) il difetto di legittimazione attiva di ASGI e di L'Altro Diritto legittimate solo nelle ipotesi di discriminazione diretta o indiretta per razza o origine etnica (per effetto combinato dell'art. 5, comma 3, e dell'art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per ragioni di nazionalita' - come nel caso di specie, e non nel caso di discriminazione collettiva (nelle quali ipotesi sono legittimate all'azione le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale). Nel merito: a) quanto alla non conformita' dell'All. B, lett. c) L.R.T. n. 2/2019 alla sentenza della Corte della costituzione n. 9 del 12 gennaio 2021: che la disposizione contenuta nella L.R.T. 2/2019 non e' identica a quella prevista dalla Regione Abruzzo censurata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 9/2021; che il criterio di attribuzione del punteggio basato sulla residenza nel territorio comunale e' idoneo a bilanciare l'assegnazione degli alloggi ERP a soggetti che offrono garanzie di stanzialita', senza che vi sia una sopravvalutazione di tale presupposto rispetto allo stato di bisogno, in conformita' ai principi dettati da Corte costituzionale n. 9/2021 e 145/2023; che in ogni caso il Comune nell'adozione del bando ERP e' tenuto a dare attuazione alla disciplina della legge regionale non potendo prevedere requisiti o criteri premianti diversi; b) quanto alla previsione all'art. 2 quale requisito di partecipazione alla procedura per l'utilizzo di tali alloggi in via emergenziale della residenza almeno quinquennale nel Comune di Arezzo e dell'attivita' lavorativa; che la disposizione regolamentare deve essere adeguata alla nuova previsione della legge regionale, e tuttavia nelle more il Comune di Arezzo ha, di fatto, sempre disapplicato tale norma regolamentare; c) l'inammissibilita' della richiesta di condanna ex art. 614-bis c.p.c. poiche' nessuna obbligazione di fare infungibile puo' essere ordinata al Comune di Arezzo e comunque non e' in alcun modo provato il danno e l'entita' della richiesta risarcitoria. 3. Anche la Regione Toscana si costituiva in giudizio in data 7 settembre 2023 chiedendo il rigetto di tutte le domande svolte dai ricorrenti nei confronti della Regione Toscana. 3.1. Sosteneva nel merito: che non vi e' identita' tra la legge della Regione Toscana e la legge della Regione Abruzzo oggetto della sentenza n. 9/2021 della Corte costituzionale; che la stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 145/2023 ha stabilito che dalla previsione di elementi espressione della «prospettiva di stabilita'» non consegue in maniera automatica alcuna illegittimita' costituzionale nei termini lamentati dalle ricorrenti; che con la modifica del 2021, la Regione Toscana ha elaborato un sistema complesso articolato e bilanciato per contemplare i vari aspetti in cui si esprime il bisogno abitativo, in particolare: inserendo come alternativa alla residenza la «prestazione di attivita' lavorativa continuativa»; ridimensionando il criterio della residenza storica attraverso la sua graduazione in un maggior numero di fasce di punteggio; prevedendo la prevalenza del punteggio attribuibile per le condizioni sociali rispetto al punteggio conseguibile con la residenza storica; quanto al rispetto del principio di non discriminazione: che puo' parlarsi solo di discriminazione indiretta e comunque l'effetto discriminatorio non sarebbe provato dai documenti prodotti dalle associazioni ricorrenti ed in ogni caso contestando il valore dei dati statistici portati a fondamento delle argomentazioni di parte ricorrente; che alla luce della giurisprudenza eurounitaria ed europea relativa ai dati statistici e alla presunzione di discriminazione, solo in presenza di dati statistici ufficiali relativi a percentuali molto alte di appartenenti ad una data categoria, in genere, e' riconosciuta una discriminazione indiretta (5) che una percentuale pari al 62% del totale degli stranieri presenti in Provincia di Arezzo, peraltro indimostrata - che sarebbero colpiti dall'effetto discriminatorio non e' sufficiente a fornire un principio di prova di discriminazione; quanto alla domanda di risarcimento del danno, che tale domanda sarebbe inammissibile alla stregua di Cass. n. 23730 del 22 novembre 2016 che ha evidenziato come non sia configurabile una responsabilita' dello Stato (e quindi anche del legislatore regionale) per «illecito legislativo» cio' sia nel caso di omissione che di ritardo nell'attivita' legislativa ed anche nell'ipotesi di illegittimita' costituzionale; che in ogni caso non sarebbero stati provati gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento e difetterebbe in particolare l'elemento della colpevolezza della Regione; quanto all'infondatezza della domanda di condanna degli enti convenuti al pagamento di una somma ex art. 614-bis c.p.c, che «trattandosi di enti pubblici e di adempimenti amministrativi che richiedono (in particolare per la modifica regolamentare e l'esame delle graduatorie) tempi non preventivabili, non puo' trovare accoglimento la domanda di condanna degli enti convenuti al pagamento di una somma ex art. 614-bis c.p.c., poiche' cio' si rivelerebbe non equo» ( come si ricaverebbe dalla decisione del Tribunale Sez. Lav. - Udine, 2 marzo 2021. 4. All'udienza del 16 gennaio 2024 fissata per la trattazione della causa, il Comune di Arezzo confermava che il regolamento censurato non veniva di fatto applicato e che sarebbe stata in corso una procedura abrogativa. Il Giudice su richiesta delle parti che discutevano a fondo il merito, concedeva trenta giorni per memorie conclusionali e fissava per la trattenuta in decisione l'udienza all'esito della quale tratteneva la causa in decisione. 5. Preliminarmente va evidenziato che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla presente controversia. Si tratta, infatti, di controversia in materia di discriminazione che spetta alla cognizione del Giudice ordinario in quanto involge la tutela di una posizione di diritto soggettivo, anche nel caso in cui la discriminazione sia attuata attraverso un provvedimento della pubblica amministrazione. (6) L'assunto puo' ritenersi pacifico, tenuto conto dell'orientamento piu' volte espresso dalla giurisprudenza di legittimita' in base al quale «il diritto a non essere discriminati si configura, in considerazione del quadro normativo costituzionale (art. 3 della Costituzione), sovranazionale (direttiva 2000/43/CE) ed interno (articoli 3 e 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, nonche' art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), come un diritto soggettivo assoluto tutelabile dal giudice ordinario, a nulla rilevando che il dedotto comportamento discriminatorio consista o meno nell'emanazione di un atto amministrativo. (7) A cio' si aggiunga la conferma ricavabile dal dato normativo, posto che l'art. 28 del decreto legislativo n. 150/2011 stabilisce al comma 1 che «Le controversie in materia di discriminazione di cui all'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle di cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all'art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle di cui all'art. 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo» e al comma 5 che «Con l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo' condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti». Deve ritenersi sussistente, pertanto, la giurisdizione del Tribunale adito in relazione a tutte le domande proposte dai ricorrenti e non assorbente l'eccezione proposta. 6. In secondo luogo, il Comune di Arezzo contesta l'interesse e la legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti. 6.1. Va osservato che nel caso di specie si verte in ipotesi di azione contro la discriminazione, per sua natura caratterizzata da un petitum volto all'accertamento del carattere discriminatorio di un comportamento, di una condotta o di un atto e alla rimozione degli effetti pregiudizievoli di conseguenza prodotti. Gli enti ricorrenti hanno agito in giudizio, per la generalita' dei soggetti illegittimamente pregiudicati nell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, denunciando l'effetto discriminatorio derivante dalla previsione della legge regionale e del bando comunale che attribuisce un punteggio sproporzionato alla residenza storica nel territorio comunale. In particolare, le associazioni ricorrenti hanno esercitato l'azione antidiscriminatoria collettiva prevista dall'art. 5 del decreto legislativo. n. 215/2003 e dall'art. 5 del decreto legislativo n. 216/2003 (come modificato con legge 23 dicembre 2021, n. 238) al fine di tutelare l'interesse di tutti i soggetti, non immediatamente e direttamente identificabili, a non subire discriminazioni nell'accesso a beni e servizi, incluso l'alloggio, in ragione della nazionalita'. Tanto premesso, va osservato che l'interesse ad agire di ASGI e di L'Altro Diritto deve ritenersi sussistente nella misura in cui l'accoglimento del ricorso - previa declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 10, Lett. C-1), allegato B della legge regionale Toscana n. 2/2019, comporterebbe la rimozione dell'attribuzione di punteggi attribuiti sulla base della mera residenza storica nella formazione delle graduatorie per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nonche' l'accertamento dell'obbligo a carico delle amministrazioni convenute di procedere alla revisione della normativa secondaria e delle relative graduatorie con ripristino di una situazione di pari trattamento per tutti coloro che sono risultati privi dei requisiti ritenuti discriminatori. In altre parole, il risultato vantaggioso, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice che sorregge l'azione collettiva degli enti ricorrenti va ravvisato proprio nella rimozione della condotta discriminatoria, attuata tramite la riproduzione del contenuto della norma ritenuta incostituzionale nell'Allegato alla legge regionale e nel bando emanato dal Comune di Arezzo, e delle conseguenze pregiudizievoli dalla stessa derivanti in capo a tutti i soggetti esclusi o pregiudicati dal bando, perche' privi di requisiti di residenza storica duratura. L'eccezione di difetto di interesse ad agire degli enti ricorrenti deve dunque ritenersi allo stato degli atti non assorbente. 6.2. Quanto alla legittimazione attiva dei ricorrenti, preliminarmente si evidenzia che la legitimatio ad causam «si risolve nella titolarita' del potere o del dovere (rispettivamente per la legittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente dalla questione dell'effettiva titolarita' del lato attivo o passivo del rapporto controverso» (cfr. Cass., sentenza n. 16678 del 12 agosto 2005). E' noto che la questione della titolarita' del rapporto (tanto attiva che passiva) attiene al merito della decisione e quindi alla fondatezza della domanda in concreto proposta. E' dunque questione da esaminarsi in detta sede all'esito della valutazione della rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate dal ricorrente, nonche' all'esito della decisione della questione di legittimita' costituzionale che si solleva nel presente provvedimento. Deve tuttavia rilevarsi fin d'ora l'infondatezza dell'argomento svolto dall'amministrazione comunale convenuta. Invero, ad avviso del Comune di Arezzo le associazioni ricorrenti sarebbero legittimate solo nelle ipotesi di discriminazione diretta o indiretta per razza o origine etnica (per effetto combinato dell'art. 5, comma 3, e dell'art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per ragioni di nazionalita'. L'argomento e' privo di pregio. Come risulta dagli atti del procedimento entrambe le associazioni sono iscritte nell'elenco di cui all'art. 5 decreto legislativo n. 215/03. La questione della limitazione della legittimazione attiva delle organizzazioni iscritte all'elenco ex art. 5 decreto legislativo n. 215/03 alle sole discriminazioni per etnia, e' stata risolta in senso negativo da consolidata giurisprudenza di legittimita' (cfr. Cass. sentenze nn. 11165/2017, 11166/2017, 28745/2019) che ha ritenuto che la legittimazione attiva delle associazioni di cui all'elenco art. 5 d.lgs. 215/03 nell'azione discriminatoria in parola vada estesa anche alla tutela contro condotte discriminatorie per «nazionalita'» e non solo per «etnia». Non pare sussistere, pertanto, il difetto di legittimazione ad agire in capo alle associazioni ricorrenti. 7. Tanto premesso in ordine alle eccezioni pregiudiziali sollevate dai convenuti, nel merito va osservato che i ricorrenti lamentano l'esistenza di una condotta discriminatoria della Regione Toscana e del Comune di Arezzo. Occorre fin da subito osservare che le questioni sottoposte all'attenzione di questo Giudice possono essere separate in due gruppi di domande. Il primo gruppo di domande, rivolte esclusivamente nei confronti del Comune di Arezzo, riguardano clausole del bando dell'amministrazione comunale relativo all'assegnazione emergenziale degli alloggi; trattandosi di questione che puo' essere risolta da questo Giudice allo stato degli atti, sara' oggetto di provvedimento decisorio all'esito del giudizio di costituzionalita' rilevante per le altre domande, dalle quali per economia di giudizio non e' opportuno separarle. La presente ordinanza ha invece ad oggetto la proposta questione di legittimita' costituzionale delle norme di legge regionali che utilizzano nella formazione delle graduatorie il criterio della residenza protratta nel tempo. In particolare, secondo i ricorrenti la condotta discriminatoria lamentata consisterebbe, rispettivamente, nell'avere approvato ed emanato la legge regionale toscana n. 2/2019, con particolare riferimento all'art. 10, della legge regionale Toscana n. 2/2019 nella parte in cui richiama le condizioni per l'attribuzione dei punteggi determinate all'allegato B, Lett. C-1). La questione e' ammissibile perche' ha ad oggetto norme di legge soggette al controllo di costituzionalita' ai sensi dell'art. 134 e 117 della Costituzione. Nello specifico le disposizioni dell'allegato B, come richiamato dall'art. 10 della legge regionale n. 2/2019, prevedono l'attribuzione di punteggi nelle modalita' che seguono: «a) Condizioni sociali, economiche e familiari: a-1. Reddito annuo complessivo del nucleo familiare costituito esclusivamente da pensione sociale, assegno sociale, pensione minima INPS, da pensione di invalidita': punti 2; a-1 bis. Reddito fiscalmente imponibile pro capite del nucleo familiare non superiore all'importo annuo di una pensione minima INPS per persona: punti 1; a-2. Nucleo familiare composto da una sola persona che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' alla data di pubblicazione del bando o da una coppia i cui componenti abbiano entrambi compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' alla suddetta data, anche in presenza di minori a carico o di soggetti di cui ai successivi punti a-4 o a-4 bis: punti 1; a-3. Nucleo familiare composto da coppia coniugata, convivente more uxorio, unita civilmente ovvero convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze), anagraficamente convivente e che viva in coabitazione con altro nucleo familiare, ovvero convivente nell'ambito di un nucleo familiare piu' ampio, alla data di pubblicazione del bando: punti 1; con uno o piu' figli minori a carico: punti 2. Il punteggio e' attribuibile a condizione che nessuno dei due componenti la coppia abbia compiuto il trentaquattresimo anno di eta' alla data di pubblicazione del bando; a-4. Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto riconosciuto invalido ai sensi delle vigenti normative: con eta' compresa fra 18 anni e 65 anni alla data di pubblicazione del bando, riconosciuto invalido in misura pari o superiore al 67%: punti 1; con eta' compresa fra 18 anni e 65 anni alla data di pubblicazione del bando, riconosciuto invalido in misura pari al 100%: punti 2; che non abbia compiuto il diciottesimo anno di eta' o che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' alla data di pubblicazione del bando: punti 2; a-4 bis. Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto riconosciuto invalido al 100% con necessita' di assistenza continua e/o un portatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita' tale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione: punti 3. Nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti due o piu' situazioni di invalidita' di cui ai precedenti punti a-4 e a-4 bis, non possono comunque essere attribuiti piu' di punti 4; a-5. Richiedente in condizione di pendolarita' per distanza tra il luogo di lavoro e il luogo di residenza superiore a km 70: punti 1. Il punteggio si applica limitatamente al bando pubblicato dal comune nel quale il richiedente lavora; a-6. Nucleo familiare composto da due persone con tre o piu' familiari fiscalmente a carico: punti 2; a-7. Nucleo familiare composto da una sola persona con: uno o piu' figli maggiorenni fiscalmente a carico, purche' non abbiano compiuto il ventiseiesimo anno di eta' alla data di pubblicazione del bando: punti 1; un figlio minore fiscalmente a carico o un minore in affidamento preadottivo a carico: punti 2; due o piu' figli minori fiscalmente a carico o due o piu' minori in affidamento preadottivo a carico: punti 3; uno o piu' soggetti fiscalmente a carico di cui ai punti a-4 o a-4 bis: punti 4. Nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti piu' situazioni tra quelle sopra indicate, non possono comunque essere attribuiti piu' di punti 6. Il punteggio di cui al punto a-7, ultimo capoverso, non e' cumulabile con i punteggi di cui ai punti a-4 e a-4 bis. a-8. Richiedente separato o divorziato legalmente su cui grava l'obbligo disposto dall'autorita' giudiziaria del pagamento mensile di un assegno di mantenimento a favore del coniuge e/o dei figli: punti 1. b) Condizioni abitative dovute a situazioni di grave disagio abitativo, accertate dall'autorita' competente, per i seguenti motivi: b-1. Permanenza effettiva e continuativa, documentata dalle autorita' pubbliche competenti, in ambienti impropriamente adibiti ad abitazione, aventi caratteristiche tipologiche e/o igienico-sanitarie di assoluta ed effettiva incompatibilita' con la destinazione ad abitazione: punti 3. Ai fini di cui al presente punto b-1, l'eventuale classificazione catastale dell'unita' immobiliare non ha valore cogente. Tale situazione deve sussistere da almeno un anno alla data di pubblicazione del bando. Dopo la formazione della graduatoria, gli uffici trasmettono apposita segnalazione dei casi in cui risulta attribuito il punteggio di cui al presente punto b-1 al comune e alla prefettura per la verifica in ordine alle eventuali conseguenze o responsabilita' derivanti dal suddetto accertamento ai sensi delle vigenti disposizioni di legge; b-2. Abitazione in alloggio avente barriere architettoniche tali da determinare grave disagio abitativo, e non facilmente eliminabili, in presenza di nucleo familiare con componente affetto da handicap, invalidita' o minorazioni congenite o acquisite, comportanti gravi e permanenti difficolta' di deambulazione: punti 2; b-3. Abitazione in alloggi o altre strutture abitative assegnati a titolo precario dai servizi di assistenza del comune o da altri servizi assistenziali pubblici, regolarmente occupati, o abitazione in alloggi privati procurati dai servizi di assistenza del comune, regolarmente occupati, il cui canone di locazione e' parzialmente o interamente corrisposto dal comune stesso: punti 3; b-4. Abitazione in alloggio di proprieta' privata con un contratto di locazione registrato il cui canone annuo relativo all'anno di produzione del reddito sia superiore ad un terzo del reddito imponibile, e risulti regolarmente corrisposto: punti 3; in caso di canone uguale o superiore al 50% del reddito imponibile: punti 4. Ai fini del suddetto calcolo, eventuali contributi percepiti a titolo di sostegno alloggiativo devono essere scomputati dall'ammontare del canone corrisposto; b-5. Abitazione che debba essere rilasciata a seguito di provvedimento esecutivo di sfratto per finita locazione o per morosita' incolpevole come definita all'art. 14, comma 3, o di provvedimento di espropriazione forzata a seguito di pignoramento. Il suddetto sfratto e la relativa convalida devono avere data certa, anteriore alla data di pubblicazione del bando, comunque non superiore ad anni due: punti 2; b-6. Coabitazione in uno stesso alloggio con altro o piu' nuclei familiari, ciascuno composto da almeno due unita', o situazione di sovraffollamento con oltre due persone per vano utile: punti 2. Le due condizioni non sono cumulabili. c) Condizioni di storicita' di presenza: c1. Residenza anagrafica o prestazione di attivita' lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando, da almeno tre anni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque anni alla data di pubblicazione del bando: punti 2; da almeno dieci anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3; da almeno quindici anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3,5; da almeno venti anni alla data di pubblicazione del bando: punti 4; (grassetto dell'estensore); c-2. Presenza continuativa del richiedente nella graduatoria comunale o intercomunale per l'assegnazione degli alloggi, ovvero presenza continuativa del nucleo richiedente nell'alloggio con utilizzo autorizzato: punti 0,50 per ogni anno di presenza in graduatoria o nell'alloggio. Il punteggio massimo attribuibile non puo' comunque superare i 6 punti. Le condizioni di storicita' di presenza devono essere in ogni caso dichiarate nella domanda dal richiedente. Il comune, ai fini dell'attribuzione del relativo punteggio, ha la facolta' di verificare d'ufficio le suddette dichiarazioni; c-3. Periodo di contribuzione al Fondo GESCAL non inferiore ad anni 5: punti 1; Periodo di contribuzione al fondo GESCAL non inferiore ad anni 10: punti 2. I punteggi di cui al punto c) non possono essere attribuiti ai nuclei familiari gia' assegnatari di alloggi di ERP». 7.1. In primo luogo, va osservato che la controversia in esame ha ad oggetto un ambito materiale che rientra nella sfera di competenza che il TFUE attribuisce all'Unione. L'esame della questione di compatibilita' con il diritto dell'Unione europea costituisce un prius logico e giuridico rispetto alla questione di legittimita' costituzionale in via incidentale, poiche' investe la stessa applicabilita' della norma censurata nel giudizio principale (e, pertanto, la rilevanza della questione). Tanto premesso, non pare inutile ricordare che il contrasto con il diritto dell'Unione europea condiziona l'applicabilita' della norma censurata nel giudizio a quo - e di conseguenza la irrilevanza o la diversa rilevanza (alla luce della sentenza n. 15/2024 della Corte della Costituzione di cui infra) delle questioni di legittimita' costituzionale che si intendano sollevare sulla medesima - soltanto quando la norma europea sia dotata di effetto diretto o sia direttamente applicabile. Al riguardo, come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 269/2017, «deve richiamarsi l'insegnamento di questa Corte, in base al quale «conformemente ai principi affermati dalla sentenza della Corte di giustizia 9 marzo 1978, in causa C-106/77 (Simmenthal), e dalla successiva giurisprudenza di questa Corte, segnatamente con la sentenza n. 170 del 1984 (Granital), qualora si tratti di disposizione del diritto dell'Unione europea direttamente efficace, spetta al giudice nazionale comune valutare la compatibilita' comunitaria della normativa interna censurata, utilizzando - se del caso - il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, e nell'ipotesi di contrasto provvedere egli stesso all'applicazione della norma comunitaria in luogo della norma nazionale; mentre, in caso di contrasto con una norma comunitaria priva di efficacia diretta - contrasto accertato eventualmente mediante ricorso alla Corte di giustizia - e nell'impossibilita' di risolvere il contrasto in via interpretativa, il giudice comune deve sollevare la questione di legittimita' costituzionale, spettando poi a questa Corte valutare l'esistenza di un contrasto insanabile in via interpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con il diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del 2007, n. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del 2012)» (ordinanza n. 207 del 2013)". Nella pronuncia in esame, con considerazioni rilevanti nel caso di specie, e' affermato che: «quando una disposizione di diritto interno diverge da norme dell'Unione europea prive di effetti diretti, occorre sollevare una questione di legittimita' costituzionale, riservata alla esclusiva competenza di questa Corte, senza delibare preventivamente i profili di incompatibilita' con il diritto europeo. In tali ipotesi spetta a questa Corte giudicare la legge, sia in riferimento ai parametri europei» (con riguardo alle priorita', nei giudizi in via di azione, si veda ad esempio la sentenza n. 197 del 2014, ove si afferma che «la verifica della conformita' della norma impugnata alle regole di competenza interna e' preliminare al controllo del rispetto dei principi comunitari (sentenze n. 245 del 2013, n. 127 e n. 120 del 2010)». Da ultimo occorre considerare il portato della significativa recente sentenza n. 15/2024 del 12 febbraio 2024 con la quale la Corte costituzionale e' tornata sul rapporto tra ordinamenti sotto il profilo dei rimedi attivabili in caso di contrasto tra norma interna e obbligo derivante dal diritto dell'Unione europea. Sul punto il richiamo e' al par. 7.3. del Considerato in diritto ove si legge: «Nel caso in cui, invece, la discriminazione compiuta dalla pubblica amministrazione trovi origine nella legge, in quanto e' quest'ultima a imporre, senza alternative, quella specifica condotta, allora l'attivita' discriminatoria e' ascrivibile alla pubblica amministrazione soltanto in via mediata, in quanto alla radice delle scelte amministrative che si e' accertato essere discriminatorie sta, appunto, la legge (...). In evenienze del genere, il giudice ordinario non puo' allora ordinare la modifica di norme regolamentari che siano riproduttive di norme legislative, in quanto ordinerebbe alla pubblica amministrazione di adottare atti regolamentari confliggenti con la legge non rimossa. L'esercizio di un siffatto potere e', dunque, subordinato all'accoglimento da parte di questa Corte della questione di legittimita' costituzionale sulla norma legislativa che il giudice ritenga essere causa della natura discriminatoria dell'atto regolamentare. (...) In quest'ottica, laddove la norma regolamentare sia sostanzialmente riproduttiva di norma legislativa, ordinarne la rimozione implica che sia sollevata questione di legittimita' costituzionale sulla seconda. La non applicazione per contrasto con il diritto dell'Unione europea a efficacia diretta - necessaria per l'attribuzione immediata del bene della vita negato sulla base dell'accertata discriminazione - non rimuove, infatti, la legge dall'ordinamento con immediata efficacia, ma impedisce soltanto «erga omnes che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia innanzi al giudice nazionale» (sentenza n. 170 del 1984). L'ordine di rimozione della norma regolamentare - che proietta i suoi effetti, per espressa scelta del legislatore compiuta con l'art. 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, oltre il caso che ha originato il giudizio antidiscriminatorio - richiede, allora, che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge, la quale, ancorche' non applicata nel caso concreto, e' ancora vigente, efficace e, sia pure in ipotesi erroneamente, suscettibile di applicazione da parte della pubblica amministrazione o anche di altri giudici che ne valutino diversamente la compatibilita' con il diritto dell'Unione europea. Sono, dunque, tanto l'ordinato funzionamento del sistema delle fonti interne, e, nello specifico, i rapporti tra legge e regolamento regionali, anche in relazione al diritto dell'Unione europea, quanto l'esigenza che i piani di rimozione della discriminazione siano efficaci a richiedere che il giudice ordinario, se correttamente intenda ordinare la rimozione di una norma regolamentare al fine di evitare il riprodursi della discriminazione de futuro, sollevi questione di legittimita' costituzionale sulla norma legislativa sostanzialmente riprodotta dall'atto regolamentare, anche dopo che si sia accertata l'incompatibilita' di dette norme interne con norme di diritto dell'Unione europea aventi efficacia diretta. Cio' premesso, una norma eurounitaria puo' essere ritenuta ad efficacia diretta quando, a prescindere dall'atto della Unione Europea in cui e' contenuta imponga ai destinatari un comportamento preciso ed incondizionato e contenga una disciplina completa che non necessiti di una normativa ulteriore di attuazione da parte degli Stati Membri, o comunque individui un diritto soggettivo o prescriva un obbligo che possano essere immediatamente fatti valere in un giudizio. La Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano chiare, sufficientemente precise ed incondizionate, i singoli possono invocarle dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l'abbia recepita in modo non corretto (v., in particolare, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, punto 11, e 11 luglio 2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, punto 25; sentenza 5 ottobre 2004, cause riunite C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., punto 103). Ma, alla luce della citata giurisprudenza, deve ritenersi che le disposizioni della direttiva 2003/109 - nella parte rilevante ai fini del caso in esame, non possano essere ritenute ad efficacia diretta se si ritenga che lo stato si sia avvalso della facolta' di deroga. Questo perche', dovrebbero, a tal fine, essere considerati i seguenti elementi: l'art. 11, primo paragrafo, lettera f) della direttiva prevede espressamente che il soggiornante di lungo periodo goda dello stesso trattamento dei cittadini nazionali anche per l'accesso alla «procedura per l'ottenimento di un alloggio», ma, allo stesso tempo, prevede che lo Stato membro possa limitare la parita' di trattamento ai casi in cui il richiedente ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo territorio (art. 11, par. 2); le previsioni in esame, pur essendo chiare e precise, non sono incondizionate, in quanto prevedono la possibilita' di un intervento limitativo dello Stato membro; la direttiva in esame e' stata attuata con il decreto legislativo n. 3/2007 (cfr. in particolare art. 9, comma 12, lettera c). Parimenti dovrebbe concludersi anche in relazione all'art. 12, direttiva 2011/98 ove si prevede che «I lavoratori dei paesi terzi di cui all'art. 3, paragrafo 1, lettere b e c), (8) beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: (...); g) l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all'erogazione degli stessi, incluse le procedure per l'ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto nazionale, fatta salva la liberta' contrattuale conformemente al diritto dell'Unione e al diritto nazionale» e tuttavia al paragrafo successivo prevede che gli Stati membri possano limitare la parita' di trattamento «d) in ordine al paragrafo 1, lettera g): i) limitandone l'applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono un'attivita' lavorativa; ii) limitando l'accesso per quanto concerne l'assistenza abitativa». Le stesse integrano, pertanto, quali norme interposte il parametro costituzionale espresso dall'art. 117, primo comma della Costituzione, nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Ma e' vero anche che, come afferma la Corte di Giustizia dell'UE 24 aprile 2012 (C 2012:233) ai paragrafi par. 87 e 88 della sentenza, «occorre rilevare che un'autorita' pubblica, sia essa di livello nazionale, regionale o locale, puo' invocare la deroga prevista all'art. 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 unicamente qualora gli organi competenti nello Stato membro interessato per l'attuazione di tale direttiva abbiano chiaramente espresso l'intenzione di avvalersi della deroga suddetta». E va considerato che, nel caso in esame, allo stato degli atti non risulta che «la Repubblica italiana abbia manifestato la propria intenzione di ricorrere alla deroga al principio della parita' di trattamento prevista dall'art. 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109». Del resto, quand'anche, il Giudice si trovi nell'ipotesi di dover disapplicare la norma nazionale in contrasto con l'obbligo dell'Unione direttamente applicabile o idoneo a produrre effetti diretti, la questione di legittimita' costituzionale della norma disapplicata rimarrebbe comunque ammissibile alla luce dei recenti approdi della Corte costituzionale (sentenza 15/2024), che ha consentito il cumulo dei due strumenti della disapplicazione della legge con la rimessione alla Corte di una questione di legittimita' costituzionale sulla medesima legge, nell'ottica di garantire un piano di rimozione delle discriminazioni effettivo e pro futuro (art. 28, comma 5, decreto legislativo n. 150/2011), comprensivo della rimozione dell'atto normativo in contrasto con le norme eurounitarie e tuttavia conseguente alla dichiarazione di incostituzionalita' adottata dalla Corte costituzionale. Per queste ragioni la questione appare al giudicante, nel caso in esame ed in ogni caso, ammissibile. 7.2 Quanto alla rilevanza, ossia alla prevedibile necessita' che la norma sulla quale verte il dubbio di costituzionalita' debba trovare applicazione nel giudizio a quo, va richiamato quanto osservato in ordine all'interesse ad agire dei ricorrenti. Del resto, basti a tal proposito osservare che ASGI e L'Altro Diritto hanno proposto, in proprio, l'azione collettiva ex art. 5 del decreto legislativo n. 215/2003 volta ad accertare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dalla regione Toscana consistente nell'aver emanato l'art. 10, L.R. Toscana n. 2/2019 laddove, nel rinvio all'allegato B, Lett. C-1) prevede l'assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando da almeno tre anni e fino ad oltre venti anni, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con l'art. 117, comma 1 della Costituzione quest'ultimo in riferimento all'art. 11, direttiva 2003/109 ed all'art. 12 della direttiva 2011/98. 7.3. Ad avviso di questo giudice, in definitiva, il presente giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale che, pertanto, si sottopone in relazione all'art. 10, Lett. C-1), dell'allegato B alla L.R. Toscana n. 2/2019, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nonche' per contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione alla direttiva 2003/109 e direttiva 2011/98. Appare, pertanto, riscontrabile anche il presupposto della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 8. A parere di questo giudice, inoltre, la questione di conformita' a Costituzione appare non manifestamente infondata. In primo luogo perche' non appare possibile l'interpretazione delle disposizioni della L.R. Toscana n. 2/2019 in senso conforme alle disposizioni costituzionali. E' noto, infatti, che prima di sollevare l'incidente di costituzionalita' il giudice a quo deve verificare la possibilita' di interpretare la disposizione censurata in modo da renderla rispettosa della Costituzione; soltanto nel caso in cui il giudice ritenga impossibile fornire una interpretazione secundum constitutionem della norma, diviene necessaria la rimessione della questione alla Corte costituzionale (cfr., fra le altre, Corte costituzionale nn. 356/1996; 308/2008; 113/2015). L'art. 10 rinvia all'allegato B della legge regionale n. 2/2019 per la determinazione delle modalita' della formazione della graduatoria secondo i criteri illustrati nel paragrafo precedente, criteri che attribuiscono alla mera residenza un determinato punteggio con un meccanismo che pur essendo di dubbia conformita' costituzionale, tuttavia non lascia spazio ad interpretazioni diverse o alternative. La chiara lettera della legge, confermata anche dall'utilizzo di espressioni dal senso univoco, non consente alcuna interpretazione idonea a fugare il dubbio di conformita' all'art. 3 della Costituzione. 8.1. La questione di costituzionalita' dell'art. 10 della L.R.T. 2/2019 nella parte in cui rinvia all'Allegato B Condizioni per l'attribuzione dei punteggi (art. 10) lett. c1. appare, ad avviso di questo giudice, non manifestamente infondata in relazione, in primo luogo, all'art. 3 della Costituzione. L'articolo in parola attribuisce un punteggio in graduatoria da uno a quattro punti nel massimo a tutti i soggetti che possano far valere una residenza protratta nel territorio comunale (ovvero la prestazione di un'attivita' lavorativa continuativa) secondo un meccanismo premiale e graduato che aumenta con l'aumentare degli anni di residenza (o lavoro continuativo). A tale proposito i ricorrenti richiamando le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 44/2020 e n. 9/2021 sostengono che il meccanismo di assegnazione dei punteggi congegnato dal legislatore regionale risulti illegittimo in quanto l'attribuzione di un punteggio sulla base della mera residenza e' totalmente svincolato dal bisogno abitativo che la legge regionale intende soddisfare. I ricorrenti censurano, in particolare, l'attribuzione di punteggi aggiuntivi in ragione della prolungata residenza in Toscana, sproporzionati rispetto ai punteggi attribuiti dalle altre condizioni (sociali, economiche e familiari e di cd. disagio abitativo) che appaiono invece maggiormente aderenti alla ratio cui la normativa ERP appare ispirata. Per vero le richiamate sentenze non si sono occupate della questione qui in esame (anche se la sentenza n. 9/2021 aveva ad oggetto una questione assai simile a quella del caso di specie), cioe' della rilevanza della durata della residenza ai fini della attribuzione della posizione in graduatoria, e tuttavia in esse e' possibile estrapolare principi generali che al giudicante appaiono pertinenti anche al caso in esame. Anzitutto deve essere osservato che, come si legge al punto 3 della sentenza 44/2020: "il diritto all'abitazione «rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialita' cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» ed e' compito dello Stato garantirlo, contribuendo cosi' «a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della dignita' umana» (sentenza n. 217 del 1988; nello stesso senso sentenze n. 106 del 2018, n. 168 del 2014, n. 209 del 2009 e n. 404 del 1988). Benche' non espressamente previsto dalla Costituzione, tale diritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili (fra le altre, sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e n. 404 del 1988 e ordinanza n. 76 del 2010) e il suo oggetto, l'abitazione, deve considerarsi «bene di primaria importanza» (sentenza n. 166 del 2018; si vedano anche le sentenze n. 38 del 2016, n. 168 del 2014 e n. 209 del 2009"). L'edilizia residenziale pubblica e' diretta ad assicurare in concreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perche' serve a «garantire un'abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo ove e' la sede dei loro interessi» (sentenza n. 176 del 2000), al fine di assicurare un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), mediante un servizio pubblico deputato alla «provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie meno abbienti» (sentenza n. 168 del 2014). Orbene la Corte costituzionale ha, a piu' riprese, chiarito che «i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei beneficiari dei servizi sociali devono presentare un collegamento con la funzione del servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del 2018, n. 168 del 2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011) (grassetto dell'estensore). Il giudizio sulla sussistenza e sull'adeguatezza di tale collegamento, fra finalita' del servizio da erogare e caratteristiche soggettive richieste ai suoi potenziali beneficiari - muove dall'identificazione della ratio della norma di riferimento e passa poi attraverso la verifica della coerenza con tale ratio, del filtro selettivo introdotto, secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai sensi dell'art. 3, primo comma, della Costituzione. Se dunque la ratio della normativa di edilizia residenziale abitativa e' quella di assicurare il soddisfacimento del bisogno primario ad una abitazione, il requisito della residenza pregressa non appare di per se' collegato alla funzione del servizio. Ed in effetti, se e' vero che e' certamente ragionevole che i servizi sociali erogati da un comune si rivolgano a persone residenti nel comune stesso, se e' vero che e' certamente coerente con la funzione della norma che i servizi siano erogati a persone che assicurino una certa stabilita' sul territorio, e' altrettanto vero - come rilevato dalla Corte costituzionale che «La previa residenza (...) non e' di per se' indice di un'elevata probabilita' di permanenza in un determinato ambito territoriale, mentre a tali fini risulterebbero ben piu' significativi altri elementi sui quali si puo' ragionevolmente fondare una prognosi di stanzialita'. In altri termini, la rilevanza conferita a una condizione del passato, quale e' la residenza [...], non sarebbe comunque oggettivamente idonea a evitare il "rischio di instabilita'" del beneficiario dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, obiettivo che dovrebbe invece essere perseguito avendo riguardo agli indici di probabilita' di permanenza per il futuro. In ogni caso, si deve osservare che lo stesso "radicamento" territoriale, quand'anche fosse adeguatamente valutato (non con riferimento alla previa residenza protratta), non potrebbe comunque assumere importanza tale da escludere qualsiasi rilievo del bisogno. Data la funzione sociale del servizio di edilizia residenziale pubblica, e' irragionevole che anche i soggetti piu' bisognosi siano esclusi a priori dall'assegnazione degli alloggi solo perche' non offrirebbero sufficienti garanzie di stabilita' (par. 3.1. Corte costituzionale, sentenza n. 44/2020») (grassetto dell'estensore). In termini piu' generali la Corte costituzionale ha affermato «il principio che se al legislatore, sia statale che regionale (e provinciale), e' consentito introdurre una disciplina differenziata per l'accesso alle prestazioni assistenziali al fine di conciliare la massima fruibilita' dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili» (sentenza n. 133 del 2013), tuttavia «la legittimita' di una simile scelta non esclude che i canoni selettivi adottati debbano comunque rispondere al principio di ragionevolezza» (sentenza n. 133 del 2013) e che, quindi, debbano essere in ogni caso coerenti ed adeguati a fronteggiare le situazioni di bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale, che costituiscono il presupposto principale di fruibilita' delle provvidenze in questione (sentenza n. 40 del 2011)» (sentenza n. 168 del 2014). Ha inoltre affermato che «l'introduzione di regimi differenziati e' consentita solo in presenza di una causa normativa non palesemente irrazionale o arbitraria, che sia cioe' giustificata da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e' subordinata l'attribuzione del beneficio e gli altri peculiari requisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la ratio» (sentenza n. 172 del 2013). Orbene, la Corte non ha escluso ed ha anzi affermato che «la prospettiva della stabilita' puo' rientrare tra gli elementi da valutare in sede di formazione della graduatoria» ma ha altresi' precisato che le norme che introducono tale requisito [della residenza] vanno «vagliate con particolare attenzione, in quanto implicano il rischio di privare certi soggetti dell'accesso alle prestazioni pubbliche solo per il fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza» (sentenza n. 107 del 2018) (grassetto dell'estensore). Nel presente giudizio non sono impugnate norme regionali che prevedono, come requisito per la partecipazione, la residenza protratta nel tempo. Viene invece in rilievo la previsione, introdotta dalla legge regionale Toscana n. 2/2019, che, come correttamente osserva la Regione, introduce, non un requisito di accesso, ma un meccanismo premiale in ragione della residenza prolungata nell'ambito territoriale di riferimento del bando. Questo Giudice e' quindi chiamato a valutare «in concreto» (come indica la stessa sentenza n. 44 del 2020) se l'assegnazione di un determinato punteggio alla residenza protratta per un certo periodo sia coerente con il fine perseguito (di garanzia di un'adeguata stabilita' nell'ambito della Regione), e se cio' non sia discriminatorio. Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 9 del 2021 «La previsione deve dunque essere sottoposta a uno scrutinio che ne valorizzi gli elementi di contesto in relazione ai profili indicati: in altri termini essa deve essere valutata all'interno del sistema costituito dalle norme che stabiliscono i punteggi da assegnare ai richiedenti in ragione delle loro condizioni soggettive e oggettive, e da quelle che definiscono i requisiti di accesso al servizio». Muovendo da questa prospettiva, dalla disciplina regionale si deduce che il punteggio massimo da attribuire alle «Condizioni economiche, sociali e familiari» e' di 6 punti; quello per le condizioni oggettive riferibili alla gravita' del disagio abitativo e' nel massimo di 4 punti; quello per le «Condizioni di storicita' della presenza» e' nel massimo di 4 punti; nella specie quello attribuito ad una persona residente nel territorio comunale da almeno venti anni (condizione nient'affatto eccezionale per un cittadino toscano ) e' di 4 punti. Se si considera, dunque, il complessivo punteggio attribuibile ai fini della selezione degli assegnatari, e se solo si raffronta il punteggio massimo assegnabile per le condizioni soggettive del richiedente con quello massimo ottenibile in base alla residenza protratta, non si puo' non constatare l'evidente «sopravvalutazione», operata dal legislatore regionale, della situazione connessa all'anzianita' di residenza rispetto al rilievo conferito alle altre condizioni, e segnatamente a quelle che piu' rispecchiano la situazione di bisogno alla quale il servizio tende a porre rimedio. In applicazione dei criteri anzidetti, infatti, si perverrebbe, solo per fare un esempio, all'irragionevole conseguenza che un «Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto riconosciuto invalido al 100% con necessita' di assistenza continua e/o un portatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita' tale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione (punti 3)», dotato di un alloggio inadeguato o fatiscente, ma non in grado di far valere il punteggio aggiuntivo connesso alla residenza ultraventennale, verrebbe sopravanzato in graduatoria da un «Nucleo familiare composto da una sola persona con uno o piu' figli maggiorenni fiscalmente a carico, purche' non abbiano compiuto il ventiseiesimo anno di eta' alla data di pubblicazione del bando (1 punto)», dotato di analogo alloggio, solo perche' in grado di vantare una durata di residenza idonea a produrre tutti e quattro i punti aggiuntivi a tale scopo assegnati. Per riprendere l'ipotesi esemplificativa utilizzata dai ricorrenti: la valutazione della residenza e' in grado di sopravanzare sempre situazioni di bisogno e disagio anche drammatiche: basti considerare che una coppia con un figlio il cui richiedente risieda da venti anni in Arezzo (situazione nient'affatto eccezionale per una persona nata ad Arezzo) sopravanza, per il solo fatto della residenza (che gli conferisce 4 punti), una famiglia residente da due anni e trecentosettanyaquattro giorni, in identiche situazioni economiche ma con cinque figli (2 punti); sopravanza un nucleo di 4 persone che viva con una sola pensione minima (punti 2); sopravanza una coppia con due bimbi che viva da due anni in una abitazione avente caratteristiche tipologiche e/o igienico sanitarie di assoluta incompatibilita' con la destinazione ad abitazione (punti 3): una situazione quest'ultima che, a logica, dovrebbe dar luogo a assoluta preferenza rispetto a qualsiasi altra ipotesi. Emerge quindi un assetto normativo che tende a «sopravvalutare» una «condizione del passato» (sentenza n. 44 del 2020) rispetto alle condizioni (soggettive e oggettive) del presente (bisogno attuale), senza peraltro che dalla residenza protratta nel tempo possa trarsi alcun ragionevole indice di probabilita' della permanenza nel futuro. Come affermato dalla Corte costituzionale: «il legislatore regionale ben puo' dare rilievo, ai fini della determinazione del punteggio per la formazione della graduatoria di accesso, alla "prospettiva della stabilita'", ma tale aspetto, se puo' concorrere a determinare la posizione dei beneficiari, deve nondimeno conservare un carattere meno rilevante rispetto alla necessaria centralita' dei fattori significativi della situazione di bisogno alla quale risponde il servizio, quali sono quelli che indicano condizioni soggettive e oggettive dei richiedenti. E quale potrebbe invece essere, in ipotesi, un'"anzianita' di presenza" del richiedente, non genericamente nel territorio regionale, ma precisamente nella graduatoria degli aventi diritto, giacche' questa circostanza darebbe evidenza a un fattore di bisogno rilevante in funzione del servizio erogato, e quindi idoneo a combinare il dato del radicamento con quello dello stesso bisogno». (sentenza 9/2021 par. 4.2.2.) (grassetto dell'estensore). Ed ancora "la stessa residenza protratta costituisce solo un indice debole di quella stessa «prospettiva della stabilita'», alla quale, nei termini anzidetti, puo' essere dato legittimo rilievo in ponderata concorrenza con i fattori che dimostrano invece l'effettivo grado di necessita' dell'alloggio da parte dei richiedenti.". La Corte conclude pertanto che: "il peso esorbitante assegnato al dato del radicamento territoriale nel piu' generale punteggio per l'assegnazione degli alloggi, il carattere marginale del dato medesimo in relazione alle finalita' del servizio di cui si tratta, e la stessa debolezza dell'indice della residenza protratta quale dimostrazione della prospettiva di stabilita', concorrono a determinare l'illegittimita' costituzionale della previsione in esame, in quanto fonte di discriminazione di tutti coloro che - siano essi cittadini italiani, cittadini di altri Stati UE o cittadini extracomunitari, risiedono in Abruzzo da meno di dieci anni rispetto ai residenti da almeno dieci anni.» Infine: "E' il «pieno sviluppo della persona umana» (art. 3, secondo comma, della Costituzione) la bussola che deve orientare l'azione del legislatore, sia statale sia regionale, specie quando e' chiamato a erogare prestazioni e servizi connessi ai bisogni vitali dell'individuo, come quello abitativo. Ogni tentativo di far prevalere sulle condizioni soggettive e oggettive del richiedente valutazioni diverse, quali in particolare quelle dirette a valorizzare la stabile permanenza nel territorio, sia nazionale sia comunale, deve essere quindi oggetto di uno stretto scrutinio di costituzionalita' che verifichi la congruenza di siffatte previsioni rispetto all'obiettivo di assicurare il diritto all'abitazione ai non abbienti e ai bisognosi." (grassetto dell'estensore). Il ragionamento della Corte negli estratti evidenziati, che questo Giudice non puo' che integralmente condividere, solleva indubbie criticita' anche con riguardo alle previsioni adottate dal legislatore regionale toscano. 8.2.2. La questione appare, inoltre, non manifestamente infondata, anche con riferimento all'art. 117 della Costituzione, in relazione alla direttiva 2003/109/CE (e, segnatamente, all'art. 11) ed alla direttiva n. 2011/98/CE (art. 12). Come noto nell'ambito di competenza in materia di immigrazione, l'Unione europea ha adottato le appena citate direttive che obbligano gli Stati ad assicurare la parita' di trattamento dei cittadini di Paesi terzi con i cittadini degli Stati membri nei quali soggiornano. Il richiamo e' all'art. 11 della direttiva 2003/109/CE che prevede: «Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda: (...) lett. f) l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all'erogazione degli stessi, nonche' alla procedura per l'ottenimento di un alloggio». Il secondo comma dispone: «Per quanto riguarda le disposizioni del paragrafo 1, lettere b), d), e), f) e g), lo Stato membro interessato puo' limitare la parita' di trattamento ai casi in cui il soggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui questi chiede la prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo territorio». Nella disposizione legislativa regionale in esame non si prevede solo una limitazione della parita' di trattamento per chi «dimora o risiede abitualmente», ma si prevede un meccanismo di attribuzione dei punteggi che assegnando una rilevanza molto significativa al criterio della residenza storica, puo' estromettere soggetti che evidenziano uno stato soggettivo di forte bisogno abitativo a vantaggio di chi puo' semplicemente far valere una residenza prolungata nel tempo, anche se non possa fare valere particolari situazioni soggettive di bisogno. In relazione ai requisiti di residenza prolungata, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha affermato che «una siffatta normativa nazionale, che svantaggia taluni cittadini di uno Stato membro per il solo fatto che essi hanno esercitato la loro liberta' di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro, costituisce una restrizione alle liberta' riconosciute dall'art. 21, n. 1, TFUE ad ogni cittadino dell'Unione», e che «una simile restrizione puo' essere giustificata, con riferimento al diritto dell'Unione, solo se e' basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate ed e' proporzionata allo scopo legittimamente perseguito dal diritto nazionale» (sentenza 21 luglio 2011, in causa C-503/09, Stewart, punti 86 e 87; si vedano anche le sentenze 26 febbraio 2015, in causa C-359/13, B. Martens; 24 ottobre 2013, in causa C-220/12, Andreas Ingemar Thiele Meneses (punti 22-29); 15 marzo 2005, in causa C-209/03, The Queen, ex parte di Dany Bidar, punti 51-54; 23 marzo 2004, in causa C-138/02, Brian Francis Collins; 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Gerhard Köbler; si vedano infine CGUE 14.6.2012, Commissione c. Paesi Bassi, causa C-542/09; CGUE 20.6.02 Commissione c. Lussemburgo, causa C- 299/01). La Corte di giustizia non esclude a priori l'ammissibilita' di requisiti di residenza per l'accesso a prestazioni erogate dagli Stati membri, ma richiede che la norma persegua uno scopo legittimo, che sia idonea e proporzionata a perseguire tale scopo e che il criterio adottato non sia «troppo esclusivo», potendo sussistere altri elementi rivelatori del «nesso reale» tra il richiedente e lo Stato (si vedano le citate sentenze Stewart, punti 92 e 95, e Thiele Meneses, punto 36). Orbene, la norma in esame, alla luce delle considerazioni sopra espresse, non puo' ritenersi che sia idonea a perseguire uno scopo legittimo. Se, infatti, oggetto della legge e' quello di «soddisfare il fabbisogno abitativo primario e di ridurre il disagio abitativo dei nuclei familiari, nonche' di particolari categorie sociali in condizioni di svantaggio» (art. 1, della legge n. 16/2016), non si comprende come tale scopo possa essere raggiunto attraverso l'elevata valorizzazione della residenza pregressa, criterio che come detto non offre alcuna prognosi sulla stanzialita' futura del soggetto che puo' farla valere, e con la postergazione automatica nella graduatoria per l'assegnazione di alloggi di persone che possono far valere fattori di bisogno soggettivo rilevanti a vantaggio di chi tali fattori non li possegga. Quand'anche si ritenesse legittimo lo scopo del legislatore di attribuire un beneficio soltanto a coloro che possano manifestare una prognosi di radicamento futuro nel territorio, resterebbe comunque da valutare la proporzionalita' della misura utilizzata per realizzare tale scopo. Come si e' visto il requisito della residenza prolungata come criterio di attribuzione del punteggio appare sproporzionato sia nella misura (attribuzione di un punteggio equivalente o superiore a diverse condizioni che esprimono condizioni di bisogno soggettivo o di disagio abitativo), sia perche' e' ben possibile considerare misure alternative e piu' proporzionate per raggiungere lo stesso obiettivo che si prefigge il legislatore attribuendo rilevanza all'anzianita' di graduatoria, oppure utilizzando il criterio della residenzialita' storica come criterio di preferenza residuale, a parita' dei bisogni soggettivi ed oggettivi evidenziati dai richiedenti. La Corte costituzionale, peraltro ha gia' censurato, per violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, e dell'art. 21 TFUE, una norma che annoverava, fra i requisiti di accesso all'edilizia residenziale pubblica, la «residenza nella Regione da almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente» (sentenza n. 168 del 2014; si vedano anche le sentenze n. 190 del 2014 e n. 264 del 2013). Nella citata sentenza, sebbene relativa all'utilizzo del criterio della residenza prolungata quale limite all'accesso e non quale criterio di attribuzione di punteggi in graduatoria, la Corte costituzionale ha offerto alcune argomentazioni che, nella parte relativa alla valutazione del principio di ragionevolezza, ben possono essere valutate nel caso in esame. In particolare, il giudice delle leggi ha ravvisato nel requisito della residenza protratta un'irragionevole discriminazione sia nei confronti dei cittadini dell'Unione, sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Nella pronuncia in esame si legge: «Quanto ai primi, risulta evidente che la norma regionale in esame li pone in una condizione di inevitabile svantaggio in particolare rispetto alla comunita' regionale, ma anche rispetto agli stessi cittadini italiani, che potrebbero piu' agevolmente maturare gli otto anni di residenza in maniera non consecutiva, realizzando una discriminazione vietata dal diritto comunitario (oggi «diritto dell'Unione europea», in virtu' dell'art. 2, numero 2, lettera a, del Trattato di Lisbona, che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunita' europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007), in particolare dall'art. 18 del TFUE, in quanto determina una compressione ingiustificata della loro liberta' di circolazione e soggiorno, garantita dall'art. 21 del TFUE. Infatti, il requisito della residenza protratta per otto anni sul territorio regionale induce i cittadini dell'Unione a non esercitare la liberta' di circolazione abbandonando lo Stato membro cui appartengono (Corte di giustizia, sentenza 21 luglio 2011, in causa C-503/09, Stewart), limitando tale liberta' in una misura che non risulta ne' proporzionata, ne' necessaria al pur legittimo scopo di assicurare che a beneficiare della provvidenza siano soggetti che abbiano dimostrato un livello sufficiente di integrazione nella comunita' presso la quale risiedono (Corte di giustizia, sentenza 23 marzo 2004, in causa C-138/02, Collins), anche al fine di evitare oneri irragionevoli onde preservare l'equilibrio finanziario del sistema locale di assistenza sociale (Corte di giustizia, sentenza 2 agosto 1993, in cause riunite C-259/91, C-331/91 e C-332/91, Allue'). Non e', infatti, possibile presumere, in termini assoluti, che i cittadini dell'Unione che risiedano nel territorio regionale da meno di otto anni, ma che siano pur sempre ivi stabilmente residenti o dimoranti, e che quindi abbiano instaurato un legame con la comunita' locale, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi risiede o dimora da piu' anni e, per cio' stesso siano estromessi dalla possibilita' di accedere al beneficio. Sulla base di analoghe argomentazioni, e' agevole ravvisare la portata irragionevolmente discriminatoria della norma regionale impugnata anche con riguardo ai cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. L'art. 11 della direttiva 2003/109/CE stabilisce, alla lettera f) del paragrafo 1, che il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda «l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all'erogazione degli stessi, nonche' alla procedura per l'ottenimento di un alloggio». Tale previsione, che e' stata recepita dall'art. 9, comma 12, lettera c), del decreto legislativo n. 286 del 1998 (nel testo modificato dal decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, recante «Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo»), mira ad impedire qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, applicando criteri di distinzione diversi dalla cittadinanza, conduca di fatto allo stesso risultato, a meno che non sia obiettivamente giustificata e proporzionata al suo scopo». Deve ritenersi che, anche nel caso di specie, la sopravvalutazione della residenza prolungata, che agisce fattore discriminatorio per chi non puo' farla valere, rivelandosi presupposto necessario per concorrere a parita' di mezzi all'ammissione al beneficio dell'accesso all'edilizia residenziale pubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza a parita' di bisogni evidenziati), determini un'irragionevole diseguaglianza sia nei confronti dei cittadini dell'Unione, ai quali deve essere garantita la parita' di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali, in virtu' dell'art. 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l'accesso alla procedura per l'ottenimento di un alloggio. La giurisprudenza costituzionale appena richiamata ad avviso del giudicante sembra imporre di ritenere che il requisito di residenza prolungata non possa giustificarsi in ragione dell'esigenza di evitare di assegnare i servizi abitativi pubblici a persone che non hanno un legame sufficientemente stabile con il territorio, atteso che richiedere una residenza prolungata si appalesa in contrasto con le finalita' della legge sull'edilizia residenziale pubblica e risulta irragionevole e del tutto sproporzionato rispetto allo scopo perseguito. 9. Per i motivi sinora esposti, ritenuta la sussistenza dei presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, L.R. Toscana n. 2/2019 nella parte in cui richiama l'allegato B, Lett. C-1), che attribuisce un punteggio aggiuntivo a chi possa far valere la mera residenza nel territorio di riferimento del bando secondo le seguenti modalita' «c1. residenza anagrafica o prestazione di attivita' lavorativa continuativa di almeno un component e del nucleo familiare nell'ambi to territoriale di riferimento del bando, da almeno tre anni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque anni alla data di pubblicazione del bando punti 2; da almeno dieci anni alla data di pubblicazione del bando punti 3; da almeno quindici anni alla data di pubblicazione del bando punti 3,5; da almeno venti anni alla data di pubblicazione del bando punti 4» per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, va sollevata questione di costituzionalita' in via incidentale, al fine di ottenere dalla Corte costituzionale, la valutazione della conformita' della norma a Costituzione. (1) Rappresentano i ricorrenti che i criteri di attribuzione del punteggio sono raggruppati secondo le seguenti macrocategorie: A. Condizioni sociali-economiche-familiari: attribuiscono da 1 a 3 punti per ogni condizione di svantaggio. Solo in alcuni casi le condizioni possono essere considerate in modo cumulativo e in tal caso il limite massimo arriva a 6 punti; B. Condizioni abitative dovute a situazioni di grave disagio abitativo, accertate dall'autorita' competente: attribuiscono da 1 a 4 punti per ogni condizione di svantaggio C. Condizioni di storicita' di presenza: che attribuiscono da 1 a 4 punti secondo la seguente graduazione: residenza anagrafica o prestazione di attivita' lavorativa continuative di almeno un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando: da almeno tre anni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque anni alla data di pubblicazione del bando: punti 2; da almeno dieci anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3; almeno quindici anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3,5; almeno venti anni alla data di pubblicazione del bando: punti 4. (2) La previgente formulazione dell'allegato C prevedeva l'assegnazione di 2 punti in caso di residenza nell'ambito territoriale del bando per almeno 10 anni, 3 punti per almeno 15 anni, 4 punti per almeno 20 anni. In pratica, il nuovo testo incrementa la rilevanza della residenza decennale (che passa da 2 a 3 punti) e quella della residenza quindicennale (che passa da 3 a 3,5 punti) e lascia immutata la rilevanza della residenza ventennale (4 punti); oltre a valorizzare anche la residenza di durata inferiore a 10 anni, che nel precedente testo era irrilevante. (3) La materia delle assegnazioni temporanee e' disciplinata dall'art. 7, c. 7, L.R. 2/2019 a norma del quale «I comuni possono riservare, previa informazione alla Giunta regionale, un'aliquota non superiore al 40 per cento degli alloggi da assegnare annualmente nel proprio ambito territoriale, con bandi speciali o attraverso la formulazione di apposite graduatorie, a soggetti in possesso dei requisiti di cui alla presente legge, per i seguenti motivi: a) specifiche e documentate situazioni di emergenza abitativa, di cui all'art. 14, comma 2 (...». A sua volta tale ultima norma prevede, nell'ambito della predetta quota del 40%, che i Comuni possano riservare una quota ad «utilizzo provvisorio autorizzato» della durata massima di 4 anni per le famiglie che si trovino in specifiche situazioni emergenziali indicate appunto dall'art. 14, comma 2, (a. pubbliche calamita'; b. situazioni emergenziali accertate con ordinanza; c. sfratti esecutivi non prorogabili, inseriti negli appositi elenchi per l'esecuzione con la forza pubblica, che siano stati intimati per finita locazione o per morosita' incolpevole come definita al comma 3 del presente articolo; d. provvedimenti di espropriazione forzata o seguito di pignoramento che comportano il rilascio di alloggi di proprieta' privata; e. grave disabilita' e temporanea impossibilita' nell'abbattimento delle barriere architettoniche dell'alloggio utilizzato; f. provvedimento di separazione, omologato dal tribunale, o sentenza passata in giudicato con obbligo di rilascio dell'alloggio; g. verbale di conciliazione giudiziale con l'obbligo di rilascio dell'alloggio; h. presenza nel nucleo familiare di un soggetto riconosciuto invalido al 100% con necessita' di assistenza continua e/o un soggetto, portatore di handicap o affetto da disagio psichico, riconosciuto in situazione di gravita' tale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la cui situazione non possa essere altrimenti presa in carico a livello socio-sanitario. La citata L.R. n. 35/2021 ha aggiunto all'art. 14 il comma 3 che ha specificato cosa debba intendersi (ai fini della sopra trascritta lettera c) per «morosita' incolpevole». Trattasi della morosita' derivante dalle seguenti situazioni che il comma 3 indica «in via esemplificativa»: a) perdita del lavoro per licenziamento; b) accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro; c) cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacita' reddituale; d) mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; e) cessazione di attivita' libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; f) malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato, o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo, o la necessita' dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche ed assistenziali. Sempre l'art. 14 prevede, al comma 4, che il Comune rediga una apposita graduatoria per l'utilizzo provvisorio autorizzato (o altrimenti dette «assegnazioni emergenziali») (4) La procedura viene cosi' esplicata dal Comune convenuto: In tale caso non viene pubblicato un bando ma il cittadino che e' interessato ed e' in possesso dei requisiti per richiedere l'assegnazione provvisoria dell'alloggio puo' inoltrare la domanda in qualsiasi momento dell'anno. Le domande, previa istruttoria da parte dei competenti uffici, vengono trasmesse alla Commissione Comunale per l'utilizzo autorizzato degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, la quale provvede alla formulazione delle graduatorie ordinate sulla base dei punteggi assegnati. Il Comune aggiorna le graduatorie due volte all'anno, nei mesi di marzo e settembre relativamente alle domande pervenute entro i mesi di gennaio e luglio di ciascun anno solare. L'utilizzo autorizzato degli alloggi consente soltanto sistemazioni provvisorie e il Comune non emette atti di assegnazione, bensi' atti di autorizzazione all'utilizzo temporaneo, sotto forma di determinazione dirigenziale. L'utilizzo e' autorizzato per un periodo massimo di un anno, rinnovabile esclusivamente nel caso di documentata permanenza delle situazioni che ne hanno determinato la sistemazione provvisoria e, comunque, fino ad un termine massimo di due anni. (5) l'87%, nella causa CGUE C-5/02 Hilde Schönheit c. Stadt Frankfurt am Main e Silvia Becker c. Land Hessen, 23.10.2003 (doc. 5); il 97% nella causa Di Trizio c. Svizzera (CEDU, Requête no 7186/09, 04.07.2016) (doc. 6); l'89% nella causa CGUE C-171/88, Ingrid Rinner-Kühn c. FWW Spezial-Gebäudereinigung GmbH & Co. KG, 13 luglio 1989 (docc. 7A e 7B). Alla luce di tali pronunce, come evidenziato nelle conclusioni dell'avvocato generale Leger del 31 maggio 1995, punti 57-58, nella causa CGUE Inge Nolte c. Landesversicherungsanstalt Hannover, 14 dicembre 1995 «la cifra del 60 % di per se' [...] probabilmente sarebbe insufficiente per lasciar presumere una discriminazione» (doc. 8). (6) Come da tempo chiarito dalla Suprema Corte, l'indagine sulla sussistenza di un «trattamento favorevole connesso al fattore vietato» rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, anche quando - come nel caso di specie - sia posta in essere mediante l'adozione di atti amministrativi (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011). (7) La Suprema Corte (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011), infatti, ha definitivamente chiarito che: «in presenza di normative che, al fine di garantire parita' di trattamento, in termini particolarmente incisivi e circostanziati, e correlativamente vietare discriminazioni ingiustificate, con riferimento a fattori meritevoli di particolare considerazione sulla base di indicazioni costituzionali o fonti sovranazionali articolano in maniera specifica disposizioni di divieto di determinate discriminazioni contemporaneamente istituiscono strumenti processuali speciali per la loro repressione, affidati al giudice ordinario, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso configurare, a tutela del soggetto potenziale vittima delle discriminazioni, una specifica posizione di diritto soggettivo, e specificamente un diritto qualificabile come «diritto assoluto» in quanto posto a presidio di una area di liberta' e potenzialita' del soggetto, rispetto a qualsiasi tipo di violazione della stessa. Il fatto che la posizione tutelata assurga a diritto assoluto, e che simmetricamente possano qualificarsi come fatti illeciti i comportamenti di mancato rispetto della stessa, fa si' che il contenuto e l'estensione delle tutele conseguibili in giudizio presentino aspetti di atipicita' e di variabilita' in dipendenza del tipo di condotta lesiva che e' stata messa in essere e anche della preesistenza o meno di posizioni soggettive di diritto o interesse legittimo del soggetto leso a determinate prestazioni. Di cio' si trova riscontro nel dettato normativo, secondo cui il giudice puo' «ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione» (decreto legislativo n. 2876 del 1998, art. 44, comma 1), oltre che condannare il responsabile al risarcimento del danno (comma 7). Risulta quindi spiegabile, in particolare, come, in relazione a discriminazioni del genere di quelle in esame, anche quando esse siano attuate nell'ambito di procedimenti per il riconoscimento da parte della pubblica amministrazione di utilita' rispetto a cui il soggetto privato fruisca di una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, la tutela del privato rispetto alla discriminazione possa essere assicurata secondo il modulo del diritto soggettivo e delle relative protezioni giurisdizionali». Il giudice ordinario deve, infatti, limitarsi «a decidere la controversia valutando il provvedimento amministrativo denunziato, disattendendolo "tamquam non esset" e adottando i conseguenti provvedimenti idonei a rimuoverne gli effetti, ove confermato lesivo del principio di non discriminazione od integrante gli estremi della illegittima reazione, senza tuttavia interferire nelle potesta' della p.a., se non nei consueti e fisiologici limiti ordinamentali della disapplicazione incidentale ai fini della tutela dei diritti soggettivi controversi» (cfr. Cassazione civile n. 3842/2021, che riprende Cassazione sentenza unica n. 3670/2011). (8) L'art. 3 della direttiva 2011/98, per la parte rilevante, cosi' definisce all'art. 3 l'ambito di applicazione soggettivo: (...) b) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall'attivita' lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali e' consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002; e c) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale. P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, Lett. C-1), allegato B, L.R. Toscana 2/2019 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con l'art. 117, comma 1 della Costituzione, quest'ultimo in riferimento alla direttiva 2003/109, nella parte in cui prevede l'assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando da almeno tre anni e fino ad oltre venti anni; dichiara sospeso il presente giudizio sino all'esito del giudizio davanti alla Corte costituzionale; ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della Cancelleria alle parti, al Presidente della Giunta Regionale della Toscana e sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Toscana; dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a cura della cancelleria, unitamente alla presente ordinanza e alla prova delle predette notificazioni e comunicazioni. Firenze, 26 ottobre 2024 Il Giudice: Minniti