Reg. ord. n. 95 del 2025 pubbl. su G.U. del 28/05/2025 n. 22
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 14/04/2025
Tra: Y. L.
Oggetto:
Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito – Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità ) – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
In subordine: Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Denunciata previsione che la misura di sicurezza della confisca si applichi ai reati di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) retroattivamente entro i limiti dettati dall’art. 200, primo comma, cod. pen. anziché prevedere che non si applichi a tali reati precedenti la modifica dell’art. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 ad opera dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Lesione del diritto di proprietà, tutelato anche convenzionalmente.
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con gli artt. 200, primo comma, 236, secondo comma, e 240-bis del codice penale.
- Costituzione, artt. 42 e 117; Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), art. 1.
In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Confisca cosiddetta allargata – Denunciata previsione che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, anziché prevedere che il giudice possa disporre tale confisca – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con l’art. 240-bis del codice penale.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
Norme impugnate:
decreto del Presidente della Repubblica
del 09/10/1990
Num. 309
Art. 85
decreto-legge
del 15/09/2023
Num. 123
Art. 4
Co. 3
legge
del 13/11/2023
Num. 159
decreto del Presidente della Repubblica
del 09/10/1990
Num. 309
Art. 85
codice penale
del
Num.
Art. 200
Co. 1
codice penale
del
Num.
Art. 236
Co. 2
codice penale
del
Num.
Art. 240
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 42
Co.
Costituzione
Art. 117
Co.
Protocollo n. 1 a Convenzione europea diritti dell'uomo
Art. 1
Co.
Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 95 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 2025
Ordinanza del 14 aprile 2025 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di Y. L..
Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990
- Ipotesi particolari di confisca - Previsione dell'applicazione
dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di applicazione
della pena su richiesta - Omessa esclusione dal proprio ambito
applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena
su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5.
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art.
85-bis.
In subordine: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n.
309 del 1990 - Ipotesi particolari di confisca - Previsione
dell'applicazione dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna
o di applicazione della pena su richiesta - Denunciata previsione
che la misura di sicurezza della confisca si applichi ai reati di
cui all'art. 73, comma 5, retroattivamente entro i limiti dettati
dall'art. 200, primo comma, cod. pen. anziche' prevedere che non si
applichi a tali reati precedenti la modifica dell'art. 85-bis del
d.P.R. n. 309 del 1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis del d.l.
n. 123 del 2023, come convertito.
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art.
85-bis, in combinato disposto con gli artt. 200, primo comma, 236,
secondo comma, e 240-bis del codice penale.
In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui
all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi
particolari di confisca - Confisca cosiddetta allargata -
Denunciata previsione che e' sempre disposta la confisca del
denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non
puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta
persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la
disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al
proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o
alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice
possa disporre tale confisca.
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art.
85-bis, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale.
(GU n. 22 del 28-05-2025)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima sezione penale
Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di L... Y..., nato a ..., il ... sedicente, identificato con
rilievi fotodattiloscopici (CUI...), con domicilio dichiarato in via
...;
Difeso di fiducia dall'avv. Sabrina Serroni del Foro di Prato;
Imputato: (in concorso con L... O... separatamente giudicato);
In ordine al reato di cui agli articoli 81 cpv., 110 del codice
penale e 73, commi 1, 4 e 5 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 perche', con piu' azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro e comunque previo
concerto, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle
ipotesi previste dall'art. 75 del decreto del Presidente della
Repubblica cit., detenevano illecitamente, occultate presso la loro
abilitazione, sostanze stupefacenti del tipo «hashish», «marijuana» e
«MDMA», confezionate, rispettivamente, in tre panetti e due frammenti
di «hashish» del peso netto di 30,18 gr. e da cui sono risultate
estraibili complessivamente trecentottantacinque dosi medie singole,
quindici pasticche e della polvere di «MDMA» del peso netto di 7,34
gr. e da cui sono risultate estraibili complessivamente 7,5 dosi
medie singole, e due frammenti di «marijuana» del peso netto di 0,19
gr. e da cui e' risultata estraibile una dose media singola, sostanze
che - per quantitativo, diversificazione qualitativa, modalita' di
presentazione e occultamento, peso lordo complessivo ed il
contestuale rinvenimento nella loro disponibilita' della somma in
contanti di euro 750 di cui non sapevano fornire alcuna
giustificazione - apparivano destinate ad un uso non esclusivamente
personale.
In ..., fino al ... sentite le parti;
Premesso che:
con decreto del pubblico ministero emesso il 3 luglio 2023
L... Y... e L... O... erano citati a giudizio per il reato di cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, in ipotesi posto in essere il ... mediante la detenzione in
casa di vari quantitativi di hashish, marijuana ed MDMA;
a seguito di taluni rinvii preliminari, all'udienza
predibattimentale del 31 marzo 2024 il difensore di L... Y..., munito
di procura speciale, chiedeva procedersi con il rito abbreviato
condizionato (all'acquisizione di una sentenza del Tribunale di
Spoleto) e il giudice provvedeva in conformita';
all'udienza odierna, previa separazione delle posizioni dei
due imputati, con riguardo a L... Y... le parti illustravano le
rispettive conclusioni: il pubblico ministero chiedeva la condanna
del predetto - previo riconoscimento della continuazione tra il reato
oggi in esame e quello di cui alla sentenza del Tribunale di Spoleto
del 23 novembre 2022 - alla pena di anni uno e mesi dieci di
reclusione ed euro 4.000 di multa (ivi ricompresa la pena applicata
con la citata sentenza); il difensore chiedeva, previo riconoscimento
della continuazione tra il reato oggi in esame e quelli di cui alla
sentenza del Tribunale di Spoleto del 23 novembre 2022, ritenersi
piu' grave quello di cui al capo A) della citata sentenza, applicarsi
un aumento minimo per la continuazione e confermarsi il beneficio
della sospensione condizionale della pena.
Rilevato che:
A) In base agli atti d'indagine, in data ... L... Y...
(sedicente e identificato con rilievi fotodattiloscopici) era tratto
in arresto in flagranza di reato per la detenzione a fine di spaccio
di sostanza stupefacente di tipo chetamina (quattordici dosi) e MDMA
(trentadue dosi) all'interno di una discoteca di ...; ne seguiva il
giorno dopo un processo con rito direttissimo presso il Tribunale di
Spoleto, che si sarebbe concluso con sentenza di applicazione pena ex
art. 444 del codice di procedura penale del 23 novembre 2022 (irrev.
15 dicembre 2022) con riguardo a due imputazioni ex art. 73, comma 5,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, con pena
finale di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 2.000 di multa,
condizionalmente sospesa.
Nel frattempo, poiche' in sede di dichiarazioni spontanee
l'imputato aveva dichiarato di detenere ulteriore stupefacente presso
la propria abitazione di ..., il pubblico ministero presso il
Tribunale di Spoleto con decreto del 7 novembre 2022 disponeva la
perquisizione della citata abitazione.
Nel tardo pomeriggio dello stesso ... era eseguita la citata
perquisizione, nel corso della quale gli operanti della polizia di
Stato rinvenivano:
tre panetti di hashish, occultati dietro lo specchio di un
bagno non funzionante;
due frammenti di hashish, sul tavolo del soggiorno;
quindici pasticche di MDMA occultate nel mobile portaposate
sito nel corridoio;
marijuana essiccata, sul tavolo del soggiorno;
una dose di (supposta) chetamina sul comodino della camera
da letto dei due fratelli L...;
750 euro in contanti (tre tonate da 100 euro, 6 banconote
da 50 euro, 5 banconote da 20 euro, 5 banconote da 10 euro) occultati
dietro lo specchio di altro bagno (funzionante).
Le successive analisi confermavano la natura delle citate
sostanze stupefacenti; soltanto l'analisi della supposta chetamina
rivelava trattarsi in realta' anche in tal caso di MDMA, peraltro in
quantita' inferiore ad una dose media singola.
In totale si trattava di 30,18 grammi di hashish, 0,19 grammi
di marijuana e 7,34 grammi di MDMA.
B) Il presente procedimento ha ad oggetto per l'appunto la
detenzione delle sostanze stupefacenti rinvenute presso l'abitazione
di ...
C) Ne' il prevenuto ne' il fratello O... risultano avere reso
dichiarazioni nell'ambito del presente procedimento.
D) Alla luce di quanto precede si deve ritenere provata la
responsabilita' dell'imputato rispetto al reato ascritto di cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990.
In particolare, in considerazione del fatto che appena la
sera prima l'imputato era stato arrestato in flagranza di reato per
la detenzione a fine di spaccio di stupefacenti (in parte) della
medesima tipologia - reato di cui alla sentenza di applicazione pena,
ormai irrevocabile - la detenzione della sostanza rinvenuta presso la
relativa abitazione, pur comune al fratello, puo' ascriversi con
certezza (quanto meno) a L... Y...; del resto, era a seguito delle
relative dichiarazioni spontanee che era disposta la perquisizione
dell'abitazione.
In secondo luogo, e' plausibile che lo stupefacente fosse in
parte finalizzato all'uso personale, considerato che alcune singole
dosi erano rinvenute - pronte all'uso - sul tavolo del soggiorno e
sul comodino della camera da letto. Tuttavia, considerati i
quantitativi complessivi (non trascurabili) e la circostanza della
detenzione a fine di spaccio del giorno prima in una discoteca, si
deve ritenere che la detenzione non fosse finalizzata ad un uso
esclusivamente personale.
E) Risulta corretta la qualificazione ai sensi dell'art. 73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in
ragione sia dei quantitativi delle sostanze rinvenute, sia il fatto
che l'imputato costituisse l'anello terminale della catena dello
spaccio, come attestato anche dal fatto che la sera precedente egli
fosse colto in possesso di quantitativi modesti da cedere a singoli
consumatori all'interno di una discoteca.
F) Risulta possibile riconoscere la circostanza attenuante di
cui all'art. 73, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990, posto che e' solo grazie alla collaborazione del
prevenuto (e in particolare alle relative dichiarazioni spontanee)
che la polizia giudiziaria e' riuscita a rinvenire e sequestrare le
sostanze oggetto del presente procedimento.
G) Sussiste il vincolo della continuazione tra i fatti
oggetto del presente procedimento e quelli oggetto del procedimento
gia' conclusosi con sentenza irrevocabile presso il Tribunale di
Spoleto. Il trattamento sanzionatorio, contenibile nei limiti della
conferma della sospensione condizionale (anche alla luce della citata
collaborazione) non e' pero' rilevante ai presenti fini.
H) La somma di euro 750 sequestrata deve ritenersi
appartenesse allo stesso L... Y..., posto che era occultata
nell'abitazione con modalita' del tutto analoghe allo stupefacente.
I) Quanto all'applicazione in sede di condanna della norma di
cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, per poter addivenire ad una corretta decisione appare
necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine
alla legittimita' costituzionale di detta norma nella parte in cui
non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di condanna o
di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di
cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990.
In subordine, di detta norma in combinato disposto con gli
articoli 200, comma 1, 236, comma 2, e 240-bis del codice penale
nella parte in cui prevede che la misura di sicurezza della confisca
dalla stessa disciplinata si applichi ai reati di cui all'art. 73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del
codice penale, anziche' prevedere che non si applichi reati di cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 precedenti la modifica dell'art. 85-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma
3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n.
159/2023).
In via ulteriormente subordinata, si dubita della
legittimita' dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 in combinato disposto con l'art. 240-bis del
codice penale, nella parte in cui, con riguardo all'ipotesi di
condanna o di applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma 5,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 prevede che
e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre
utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e
di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta
essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in
valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle
imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche'
prevedere che il giudice possa disporre la confisca in questione.
L) le questioni che qui s'intendono porre all'attenzione
della Corte costituzionale sono in parte analoghe a quelle gia'
sollevate con ordinanza di questo giudice del 30 settembre 2024:
posto che il fatto oggetto del presente procedimento e' precedente la
modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n.
123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023), si formula qui,
in aggiunta, la questione relativa all'applicazione retroattiva della
norma, come modificata, ai fatti precedenti alla stessa modifica
(prima questione subordinata).
Cio' premesso;
Osserva
1. Rilevanza della questione
1.1 L'imputato deve essere condannato per il reato contestatogli
di cui all'art. 73, comma 5, primo periodo, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990.
Non e' contestata la circostanza aggravante della non
occasionalita' della condotta di cui all'art. 73, comma 5, secondo
periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990,
introdotta solo successivamente dall'art. 4, comma 3, del
decreto-legge n. 123/2023, come convertito dalla legge n. 159/2023.
1.2 Ai sensi dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis,
decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023),
dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l'art. 240-bis del
codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del
denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito,
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria
attivita' economica».
1.3 Il citato art. 4, comma 3-bis, decreto-legge n. 123/2023
(come convertito) ha infatti modificato l'art. 85-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 sopprimendo l'inciso «esclusa
la fattispecie di cui al comma 5», per effetto del quale la norma di
cui all'art. 240-bis del codice penale precedentemente non trovava
applicazione nei casi di condanna o di applicazione pena per il reato
di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990.
Per effetto di tale modifica quindi il reato oggetto del presente
procedimento ricade nell'ambito applicativo della norma ex art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990.
1.4 Il fatto di reato in esame e' stato commesso il ..., e quindi
in data precedente la citata modifica normativa.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza di legittimita' ormai assurta
a diritto vivente, venendo in rilievo una misura di sicurezza
patrimoniale avente natura non sanzionatorio-punitiva, «il disposto
di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica 9
ottobre 1990, n. 309, novellato dall'art. 4, comma 3-bis, del
decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con
modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il
delitto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309 del 1990 nel novero di quelli costituenti
presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis del
codice penale, si applica retroattivamente entro i limiti previsti
dall'art. 200, comma primo, del codice penale, sicche', per
l'individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla
legge vigente al momento in cui e' stata emessa la sentenza di primo
grado» (cosi' Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo
2024 Rv. 286103 - 01). In modo piu' diffuso la sentenza Cassazione
Sezione 6, n. 40620 del 2024 «La nuova disciplina si applica
retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del
codice penale. Ne consegue che, ai fini della individuazione del
regime da considerare, deve aversi riguardo alla legge in vigore al
momento in cui e' stata emessa la sentenza di primo grado (cosi'
Sezione 6, n. 213 del 22 novembre 2023, ..., Rv. 285602). Infatti,
l'art. 200, comma 1, del codice penale stabilisce che «Le misure di
sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro
applicazione» e il successivo art. 236, che detta le regole generali
per le misure di sicurezza patrimoniali (tra cui la confisca),
stabilisce che ad esse si applica solo il comma 1 dell'art. 200 cit.
(e non, dunque, anche il comma 2, secondo cui «Se la legge del tempo
in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza e' diversa, si applica
la legge in vigore al tempo della esecuzione»). Pertanto, la confisca
- anche ai sensi dell'art. 240-bis del codice penale - e' regolata
dal principio di retroattivita' entro i limiti dettati dal primo
comma dell'art. 200, del codice penale, stante il richiamo dell'art.
236, comma 2, del codice penale, esclusivamente alla prima parte di
detta disposizione, sicche', per l'individuazione del regime legale
di riferimento, deve aversi riguardo alla legge in vigore al tempo
della sua applicazione, che coincide con il momento in cui viene
emessa la decisione di primo grado (Sezione 6, n. 21491 del 16
febbraio 2015, ..., Rv. 263768)».
Nello stesso senso si vedano anche Cassazione Sezione 6, sentenza
n. 213 del 22 novembre 2023 Rv. 285602 - 01, Cassazione Sezione 6,
sentenza n. 317 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 299 del
2025, Cassazione Sezione 4, sentenza n. 29 del 2025, Cassazione
Sezione 6, sentenza n. 44535 del 2024, Cassazione Sezione 6, sentenza
n. 40617 del 2024.
1.5 Ricorrono gli ulteriori requisiti dell'istituto in questione,
posto che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione circa la
provenienza della somma di euro 750 rinvenuta in sede di
perquisizione.
Dagli atti del fascicolo il prevenuto non risulta titolare di un
reddito regolare.
Infine, il denaro e' stato trovato in possesso dell'imputato nel
momento in cui era commesso il reato in esame e non e' stato dedotto
ne' tanto meno sono stati forniti elementi per ritenere che detto
denaro fosse stato dal medesimo acquisito in un periodo
eccessivamente antecedente rispetto alla citata data (requisito c.d.
della ragionevolezza temporale).
La Corte di Cassazione ha ritenuto che l'entita' modesta della
somma di denaro rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del reato
non sia di per se' ostativa all'operativita' della confisca, fatta
salva la necessita' di una motivazione piu' stringente (nella
sentenza Sezione 4 - , n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254 - 01 la
Corte di Cassazione riteneva congrua la motivazione rispetto alla
confisca di 240 euro).
1.6 Nella sentenza n. 33 del 2018 la Corte costituzionale ha
inoltre svolto un'ulteriore considerazione: «Nella medesima ottica di
valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che -
quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un
programma criminoso dilatato nel tempo (com'e' per la ricettazione) e
che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di
criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di
verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla
personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a
connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed
occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui
e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che
vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza
da parte del condannato».
Nel caso di specie non e' data tale situazione. Dalle circostanze
del caso concreto non emergono elementi che valgano a connotare la
vicenda criminosa in esame come del tutto episodica e occasionale ed
esulante dal modello che vale a fondare la presunzione di illecita
accumulazione. E' anzi emerso che il prevenuto gia' la sera
precedente aveva posto in essere reati simili; la somma in sequestro
ora in esame non proviene pero' certo ne' dalla condotta di
detenzione della sera prima (che non puo' avere prodotto alcun
profitto) ne' dalla condotta di cessione sempre della sera prima
(contestatagli rispetto alla cessione a soggetti indeterminati per il
prezzo complessivo di euro 515, verosimilmente trovato in suo
possesso in quel contesto).
1.7 Ai sensi degli art. 85-bis del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale questo giudice
dovrebbe quindi disporre la confisca della somma di euro 750 in
sequestro.
Diversamente - ove la norma qui censurata fosse dichiarata
costituzionalmente illegittima, come prospettato in via principale o
nella questione sollevata nella prima subordinata - questo giudice
non potrebbe disporre la citata confisca e dovrebbe disporre la
restituzione della somma di denaro in sequestro.
A tal riguardo occorre rilevare che, in base alla consolidata
giurisprudenza di legittimita', non potrebbe disporsi la confisca ai
sensi dell'art. 240 del codice penale e dell'art. 73, comma 7-bis,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che
non sussiste un nesso di pertinenzialita', in termini di
strumentalita' o di derivazione (prodotto, profitto o prezzo), della
somma di denaro in questione rispetto alla specifica condotta
illecita contestata (cfr., tra le altre, Cassazione Sezione 6,
sentenza n. 55852 del 17 ottobre 2017 Rv. 272204 - 01, Cassazione
Sezione 4, sentenza n. 20130 del 19 aprile 2022 Rv. 283248 - 01 e
Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103
- 01 in motivazione).
Quanto alla questione sollevata in via di ulteriore
subordinazione, nel caso in cui l'applicazione dell'istituto della
confisca allargata fosse facoltativa in caso di condanna per il reato
di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, nel caso in esame tale confisca non potrebbe
essere disposta, posto che dalle circostanze concrete non emergono
sufficienti elementi per ritenere che la somma rinvenuta sia il
frutto dell'accumulo dei proventi di precedenti delitti.
2. Non manifesta infondatezza.
La questione sollevata in via principale e la seconda subordinata
2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di
cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge
n. 123/2023 (come convertito in legge), nella parte in cui prevede
l'applicazione anche con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma
5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 dell'art.
240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la
confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il
condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per
interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o
avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato
al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o
alla propria attivita' economica».
Mentre prima della riforma del 2023 il reato di cui all'art. 73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 era
espressamente escluso dall'ambito applicativo dell'art. 85-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quindi
dell'art. 240-bis del codice penale, ora - per effetto della
soppressione nell'art. 85-bis dell'inciso «esclusa la fattispecie di
cui al comma 5» - anche nelle ipotesi di condanna o di applicazione
pena per i fatti di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5, deve
essere disposta la citata confisca c.d. allargata.
2.2 Quanto alla natura dell'istituto della confisca c.d.
allargata, ai requisiti dello stesso e alle ragioni storiche della
relativa introduzione nell'ordinamento, appare utile riportare quanto
affermato dalla Corte costituzionale nella gia' citata sentenza n. 33
del 2018: «La misura patrimoniale prevista dalla norma censurata si
colloca nell'alveo delle forme "moderne" di confisca alle quali, gia'
da tempo, plurimi Stati europei hanno fatto ricorso per superare i
limiti di efficacia della confisca penale "classica": limiti legati
all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in
termini di strumentalita' o di derivazione - tra i beni da confiscare
e il singolo reato per cui e' pronunciata condanna. [...] Di qui,
dunque, la diffusa tendenza ad introdurre speciali tipologie di
confisca, caratterizzate sia da un allentamento del rapporto tra
l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da un
affievolimento degli oneri probatori gravanti sull'accusa. Tra i
diversi modelli di intervento in tale direzione, il piu' diffuso nel
panorama europeo e' quello della cosiddetta confisca dei beni di
sospetta origine illecita: modello al quale e' riconducibile anche la
confisca "allargata" [...] Esso poggia, nella sostanza, su una
presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai soggetti
condannati per taluni reati, per lo piu' (ma non sempre) connessi a
forme di criminalita' organizzata: in presenza di determinate
condizioni, si presume, cioe', che il condannato abbia commesso non
solo il delitto che ha dato luogo alla condanna, ma anche altri
reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero i beni
di cui egli dispone. [...] Nella cornice del generale processo di
valorizzazione degli strumenti patrimoniali di lotta alla
criminalita' organizzata, da tempo in atto a livello dell'Unione,
dapprima la decisione quadro 24 febbraio 2005, n. 2005/212/GAI del
Consiglio [...] e indi la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio [...] hanno, infatti,
specificamente richiesto agli Stati membri di riconoscere
all'autorita' giudiziaria poteri di "confisca estesa". [...]. L'art.
5, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce, in particolare,
che gli Stati membri devono adottare "le misure necessarie per poter
procedere alla confisca, totale o parziale, dei beni che appartengono
a una persona condannata per un reato suscettibile di produrre,
direttamente o indirettamente, un vantaggio economico, laddove
l'autorita' giudiziaria, in base alle circostanze del caso, compresi
i fatti specifici e gli elementi di prova disponibili, come il fatto
che il valore dei beni e' sproporzionato rispetto al reddito
legittimo della persona condannata, sia convinta che i beni in
questione derivino da attivita' criminose". Diversamente dalla
decisione quadro 2005/212/GAI, la direttiva non limita l'applicazione
della confisca estesa ai soli reati di criminalita' organizzata o
collegati al terrorismo, ma la richiede anche in relazione ad una
serie di altri reati previsti da strumenti normativi dell'Unione,
benche' non commessi nel quadro di organizzazioni criminali. 7.- Per
quanto piu' specificamente attiene alla misura prevista dall'art.
12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, essa e' nata
storicamente come "sostituto" del delitto di "possesso ingiustificato
di valori", gia' previsto dall'art. 12-quinquies, comma 2, del
medesimo decreto-legge. [...] La norma incriminatrice fu dichiarata
illegittima da questa Corte, dopo un breve periodo di vigenza, con la
sentenza n. 48 del 1994, per violazione della presunzione di non
colpevolezza sancita all'art. 27, secondo comma, Costituzione [...] A
fronte di tale declaratoria, il legislatore introdusse [...] una
speciale ipotesi di confisca, disciplinata in un articolo aggiunto
[...] (il 12-sexies). La formulazione della norma fu motivata con la
necessita' di creare un nuovo strumento che fosse in grado, per un
verso, di realizzare le medesime finalita' che si volevano
raggiungere con la disposizione dichiarata illegittima [...]; per
altro verso, di recepire le indicazioni offerte da questa Corte con
la citata sentenza n. 48 del 1994 [...]. In tale ottica, la norma
prevedeva [...] che, in caso di condanna o di applicazione della pena
su richiesta delle parti per taluno dei delitti in essa indicati, e'
"sempre disposta" (si tratta, dunque, di confisca speciale
obbligatoria) "la confisca del denaro, dei beni o delle altre
utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e
di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta
essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in
valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle
imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica". La norma
denunciata riconnette, dunque, a due elementi - la qualita' di
condannato per determinati reati e la sproporzione del patrimonio di
cui il condannato dispone, anche indirettamente, rispetto al suo
reddito o alla sua attivita' economica - la presunzione che il
patrimonio stesso derivi da attivita' criminose che non e' stato
possibile accertare: presunzione, peraltro, solo relativa, potendo il
condannato vincerla giustificando la provenienza dei beni. La
confisca "allargata" italiana si caratterizza, quindi, rispetto al
modello di confisca "estesa" prefigurato dalla direttiva 2014/42/UE
(la quale si limita, peraltro, a stabilire "norme minime", senza
impedire agli Stati membri di adottare soluzioni piu' rigorose), per
il diverso e piu' ridotto standard probatorio. La sproporzione tra il
valore dei beni e i redditi legittimi del condannato - che in base
all'art. 5 della direttiva costituisce uno dei "fatti specifici" e
degli "elementi di prova" dai quali il giudice puo' trarre la
convinzione che i beni da confiscare «derivino da condotte criminose"
- vale, invece, da sola a fondare la misura ablativa in esame,
allorche' il condannato non giustifichi la provenienza dei beni,
senza che occorra alcuna ulteriore dimostrazione della loro origine
delittuosa. 8.- Al riguardo, costituisce, in effetti, approdo
ermeneutico ampiamente consolidato nella giurisprudenza di
legittimita' [...] che, in presenza delle condizioni indicate dalla
norma, il giudice non debba ricercare alcun nesso di derivazione tra
i beni confiscabili ed il reato per cui e' stata pronunciata
condanna, e neppure tra i medesimi beni e una piu' generica attivita'
criminosa del condannato. [...] Di qui la conclusione per cui la
confiscabilita' non e' esclusa dal fatto che i beni siano stati
acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si e'
proceduto, o che il loro valore superi il provento di tale reato. In
questa prospettiva [...] la disposizione in esame si presenta
espressiva di una «scelta di politica criminale del legislatore,
operata con l'individuare delitti particolarmente allarmanti, idonei
a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento
di ulteriori delitti, e quindi col trarne una presunzione, iuris
tantum, di origine illecita del patrimonio "sproporzionato" a
disposizione del condannato per tali delitti": presunzione che trova
"base nella nota capacita' dei delitti individuati dal legislatore
[...] ad essere perpetrati in forma quasi professionale e a porsi
quali fonti di illecita ricchezza". [...] secondo un indirizzo della
giurisprudenza di legittimita' [...] la presunzione di illegittima
acquisizione dei beni oggetto della misura resta circoscritta,
comunque sia, in un ambito di cosiddetta "ragionevolezza temporale".
Il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare, cioe',
talmente lontano dall'epoca di realizzazione del "reato spia" da
rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del
bene stesso da una attivita' illecita, sia pure diversa e
complementare rispetto a quella per cui e' intervenuta condanna.
[...] La ricordata tesi della "ragionevolezza temporale" risponde, in
effetti, all'esigenza di evitare una abnorme dilatazione della sfera
di operativita' dell'istituto della confisca "allargata", il quale
legittimerebbe altrimenti - anche a fronte della condanna per un
singolo reato compreso nella lista - un monitoraggio patrimoniale
esteso all'intera vita del condannato. [...] Nella medesima ottica di
valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che -
quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un
programma criminoso dilatato nel tempo [...] e che non risultino
altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita'
organizzata - il giudice conservi la possibilita' di verificare se,
in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita'
del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la
vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e
produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta
condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la
presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del
condannato.».
2.3 A fronte del progressivo e alluvionale accrescimento della
compagine dei reati cui e' annessa la misura ablativa speciale, la
Corte concludeva peraltro la citata sentenza formulando «l'auspicio
che la selezione dei "delitti matrice" da parte del legislatore
avvenga, fin tanto che l'istituto conservi la sua attuale fisionomia,
secondo criteri ad essa strettamente coesi e, dunque, ragionevolmente
restrittivi. Ad evitare, infatti, evidenti tensioni sul piano delle
garanzie che devono assistere misure tanto invasive sul piano
patrimoniale, non puo' non sottolinearsi l'esigenza che la rassegna
dei reati presupposto si fondi su tipologie e modalita' di fatti in
se' sintomatiche di un illecito arricchimento del loro autore, che
trascenda la singola vicenda giudizialmente accertata, cosi' da poter
veramente annettere il patrimonio "sproporzionato" e "ingiustificato"
di cui l'agente dispone ad una ulteriore attivita' criminosa rimasta
"sommersa"».
2.4 Nonostante tale auspicio, in seguito il legislatore ha esteso
l'ambito applicativo della confisca allargata (la cui disciplina e'
ora sostanzialmente confluita nell'art. 240-bis del codice penale) a
diversi altri reati, tra cui - per quanto qui rileva - quello di cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990.
In tal caso pare violato il principio di ragionevolezza di cui
all'art. 3 della Costituzione, oltre al diritto di proprieta' di cui
all'art. 42 della Costituzione.
Nella sentenza n. 223 del 2022 la Corte costituzionale ha
affermato che «i fatti di piccolo spaccio» di cui all'art. 73, comma
5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 «si
caratterizzano per un'offensivita' contenuta per essere modesto il
quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di cessione. Di qui,
non e' ragionevole presumere che la "redditivita'" dell'attivita'
delittuosa sia stata tale da determinare il superamento da parte del
reo dei limiti di reddito contemplati dall'art. 76 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per ottenere l'ammissione
al beneficio del patrocinio a spese dello Stato». La Corte, dopo
avere sottolineato l'eterogeneita' del reato di cui all'art. 73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
rispetto agli altri delitti cui si applicava la norma allora
censurata, ha inoltre sottolineato che il reato in questione «e'
privo dell'idoneita' ex se a far presumere un livello di reddito
superiore alla (peraltro non esigua) soglia minima dell'art. 76,
comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002
(id est un reddito Irpef di circa mille euro al mese), in ragione dei
proventi derivanti dall'attivita' criminosa. E' anzi vero il
contrario: si tratta spesso di manovalanza utilizzata dalla
criminalita' organizzata e proveniente dalle fasce marginali dei "non
abbienti", ossia di quelli che sono sprovvisti dei "mezzi per agire e
difendersi davanti ad ogni giurisdizione" (art. 24, terzo comma,
della Costituzione)».
La Corte ha quindi ritenuto manifestamente irragionevole la
presunzione (pur relativa) operata dal legislatore quanto al
superamento della soglia fissata per l'ammissione al gratuito
patrocinio da parte di coloro che fossero stati condannati per il
reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990. Detto in altri termini, la condanna per il
reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 non legittima la presunzione (anche solo
relativa) di un accumulo di ricchezza da parte del suo autore.
Nel caso in esame la finalita' della presunzione relativa e'
diversa (la confisca allargata delle somme e dei beni disponibili,
che siano sproporzionate rispetto al reddito e di cui non sia
giustificata la provenienza), ma il presupposto da cui ha mosso il
legislatore e' sempre lo stesso, e cioe' il fatto che il reato in
questione sarebbe idoneo a creare una accumulazione economica, tale
da giustificare, da un lato, la presunzione (relativa) di un livello
di reddito superiore alla soglia minima dell'art. 76, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, dall'altro, la
presunzione (relativa) di origine delittuosa del denaro e dei beni
sproporzionati al reddito di cui il prevenuto non abbia giustificato
la provenienza.
Trattasi pero' di presupposto non confacente alla realta'. Come
sottolineato nella citata sentenza n. 223 del 2022, il delitto ex
art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 non e' connotato dalla particolare redditivita' che
giustificherebbe la citata presunzione, essendo viceversa spesso
reato commesso da «bassa manovalanza» priva di significativi mezzi
economici.
La ridotta offensivita' del reato ex art. 73, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' stata ribadita
dalla Corte costituzionale anche nella sentenza n. 43 del 2024 e
nella sentenza n. 88 del 2023, nelle quali e' stata censurata la
presunzione assoluta di pericolosita' sociale del soggetto condannato
per detto reato ai fini delle procedure di regolarizzazione del
rapporto di lavoro e di rinnovo del permesso di soggiorno.
2.5 E' si' vero che l'istituto della confisca allargata
presuppone l'effettivo rinvenimento di somme di denaro (o altre
utilita') sproporzionate al reddito, cio' che potrebbe far apparire
ragionevole la presunzione.
Tuttavia, il mero possesso non giustificato di una somma di
denaro (peraltro non elevata, per quanto sproporzionata al reddito)
non rende ragionevole la presunzione nella misura in cui la tipologia
di delitto (per cui vi e' condanna), pur postulando o comunque
essendo accompagnata abitualmente da un fine di lucro, non e' di per
se' idonea a determinare un significativo accumulo di ricchezza.
Possesso di somme di denaro (o altre utilita') in misura
sproporzionata al reddito e mancata giustificazione della relativa
provenienza non legittimano cioe' di per se' la presunzione, ma solo
a condizione che il reato per cui vi e' condanna sia connotato da una
significativa redditivita' e quindi sia idoneo a determinare un
accumulo di ricchezza (cosicche' le somme/utilita' rinvenute - in
misura sproporzionata al reddito e senza giustificazione della
relativa provenienza - possano ragionevolmente attribuirsi ad una
pregressa analoga attivita' delittuosa).
Diversamente opinando, del resto, si dovrebbe ritenere che
qualunque delitto determinato - in astratto o anche solo in concreto
- da fine di lucro possa giustificare analoga presunzione a fronte
del rinvenimento di somme di denaro (o altre utilita') che siano
sproporzionate rispetto al reddito e la cui provenienza non sia
giustificata: anche un piccolo furto al supermercato o la
ricettazione di beni di valore modesto o la vendita ambulante di
prodotti con marchi falsi, reati che, per quanto eventualmente
commessi in modo non occasionale, non sono connotati da elevata
redditivita'. Ne risulterebbero chiaramente sacrificate le «garanzie
che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale».
Viceversa, lo stesso legislatore, con riguardo al delitto di
ricettazione, ha escluso che l'istituto della confisca allargata si
applichi in caso di condanna per fatti di particolare tenuita'.
2.6 Anche la disamina della genesi della norma qui censurata non
fornisce elementi utili alla luce dei quali la stessa possa ritenersi
ragionevole.
La versione attuale della disposizione dell'art. 85-bis-del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e' il risultato
della modifica apportata dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge
n. 123/2023, come modificato in sede di conversione in legge (legge
n. 159/2023).
Piu' precisamente, la versione originaria dell'art. 4 del citato
decreto-legge - dopo avere previsto alcune novita' in materia di armi
e oggetti atti ad offendere - al terzo comma prevedeva un
innalzamento (da quattro a cinque anni) del massimo edittale del
reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990.
Nel corso dei lavori preparatori del Senato per la conversione in
legge del decreto, in Commissione in sede referente nella seduta del
25 ottobre 2023 erano approvati due emendamenti, il 4.11 e il 4.12
(terza versione), che modificavano l'art. 4 del decreto
rispettivamente prevedendo la soppressione nell'art. 85-bis del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 delle parole
«esclusa la fattispecie di cui al comma 5» (cosi', in definitiva,
prevedendo anche per il delitto ex art. 73, comma 5, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 l'operativita' obbligatoria
della confisca allargata) e configurando nell'ambito del delitto ex
art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 una nuova ipotesi speciale («quando la condotta assume
caratteri di non occasionalita'»), sanzionata con la pena della
reclusione da diciotto mesi a cinque anni e della multa da euro 2.500
a euro 10.329 (e dunque con un minimo edittale decisamente piu' alto
rispetto a quello previsto per l'ipotesi ordinaria dall'art. 73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990).
Il testo dell'art. 4 del decreto-legge n. 123/2023 nella parte in
questione sarebbe poi rimasto immutato nel corso della disamina in
Assemblea e poi alla Camera dei deputati.
Nell'ambito di un intervento tanto articolato (il decreto-legge
n. 123/2023 e la legge di conversione investivano numerose altre
materie) non pare che il singolo profilo ora in esame sia stato
oggetto di particolare approfondimento.
Una disamina (probabilmente non esaustiva) dei lavori preparatori
non ha consentito a questo giudice di rinvenire l'esplicitazione dei
motivi per cui - a fronte dell'auspicio formulato dalla Corte
costituzionale nella sentenza 33 del 2018 e delle osservazioni svolte
dalla stessa Corte nella sentenza n. 223 del 2022 circa la modesta
redditivita' del delitto ex art. 75, comma 5, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 - si sia proceduto ad
estendere anche a tale delitto l'operativita' della confisca
allargata. Non si rinvengono considerazioni (ne' tanto meno
riferimenti a studi accademici o a rilevazioni statistiche) circa gli
aspetti economici del fenomeno, quali i prezzi di vendita sul mercato
delle varie sostanze e i margini di guadagno per gli autori del
reato, o circa l'entita' del reimpiego dei proventi del delitto.
La ragione di un simile intervento e' allora forse da
rintracciare nella volonta' del Legislatore di punire piu'
severamente lo spaccio di stupefacenti, anche ove il singolo fatto
risulti di lieve entita'; in tal senso, pare significativo che la
novella si accompagni all'incremento del massimo edittale e alla
previsione di una nuova fattispecie (aggravata) in cui il minimo
edittale e' sensibilmente aumentato.
Un tale impiego in funzione punitiva dell'istituto pare pero' non
coerente con la natura e il presupposto dello stesso: trattasi
infatti di misura di sicurezza patrimoniale a carattere non
sanzionatorio che presuppone l'idoneita' dei delitti matrice a creare
una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di
ulteriori delitti.
2.7 L'art. 3 della Costituzione pare violato anche con riguardo
al principio di uguaglianza. In particolare, pare costituire un
idoneo tertium comparationis il delitto di cui all'art. 74, comma 6,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990:
l'applicabilita' della confisca allargata ai fatti di lieve entita'
pare irragionevole nella misura in cui detto istituto non puo'
viceversa trovare applicazione con riguardo al delitto associativo di
cui all'art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990.
Come e' noto, «l'associazione [...] costituita per commettere i
fatti descritti dal comma 5 dell'art. 73» integra un reato autonomo,
e non una mera circostanza attenuante indipendente dei piu' gravi
delitti di cui all'art. 74, comma 1 e 2, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990, posto che il rinvio all'art. 416, comma
1 e 2, del codice penale - contenuto nel citato art. 74, comma 6, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - e' un rinvio
quoad factum e non un mero rinvio quoad poenam (Cassazione Sezione U,
sentenza n. 34475 del 23 giugno 2011 Rv. 250352 - 01, Cassazione
Sezione 3 - sentenza n. 44837 del 6 febbraio 2018 Rv. 274696 - 01).
In ragione di tale natura autonoma del delitto ex art. 74, comma
6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, la Corte
di Cassazione (Cassazione Sezione 3, sentenza n. 27770 dell'11 giugno
2015 Rv. 267226 - 01 e Cassazione Sezione 6 - sentenza n. 6247
dell'11 gennaio 2024 Rv. 286083 - 01) ha affermato che l'istituto
della confisca allargata - applicabile ai delitti ex art. 74, comma 1
e 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prima
in ragione della previsione diretta da parte dell'art. 12-sexies,
comma 1, del decreto-legge n. 306/1992, ora in ragione del combinato
disposto degli articoli 240-bis del codice penale e 51, comma 3-bis,
del codice di procedura penale - non si applica nel caso di condanna
per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla
commissione di fatti di lieve entita' di cui all'art. 74, comma 6,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990.
Conseguentemente, mentre chi si associ per commettere una
pluralita' di delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990 in caso di condanna non e' di per se'
passibile di confisca allargata (salvo sia condannato anche per
qualche reato fine), colui che sia condannato per un singolo reato ex
art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 (eventualmente anche solo di detenzione) potra' essere
soggetto a confisca allargata.
La disparita' di trattamento risulta irragionevole, posto che -
se il presupposto della confisca allargata e' l'idoneita' del delitto
accertato a determinare un accumulo di ricchezza, con conseguente
pericolo di «utilizzazione delle risorse per il finanziamento di
ulteriori delitti o del loro reimpiego nel circuito
economico-finanziario» - cio' vale sicuramente piu' per
l'associazione (costituita per realizzare una serie indeterminata di
reati e normalmente connotata da un riutilizzo dei proventi del reato
per commettere nuove attivita' delittuose) che non per il singolo
reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, eventualmente commesso in modo occasionale o
dalla «manovalanza utilizzata dalla criminalita' organizzata».
Il paradosso e' tanto piu' evidente ove si consideri che non sono
passibili di confisca allargata neppure i
promotori/fondatori/organizzatori dell'associazione ex art. 74, comma
6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, vale a
dire i soggetti che normalmente traggono maggior profitto dai
traffici di stupefacenti e che maggiormente sono in grado di
destinare denaro e beni alla realizzazione di nuovi reati; per gli
stessi, inoltre, talora/spesso non e' possibile l'accertamento del
concorso nei singoli reati fine (e quindi la condanna per gli
stessi), cosicche' non e' possibile neppure a tale titolo la confisca
allargata.
2.8 In via (ulteriormente) subordinata, si chiede alla Corte
costituzionale di rendere facoltativa, anziche' obbligatoria,
l'operativita' della confisca allargata con riguardo al delitto ex
art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990.
Nella citata sentenza 33 del 2018 la Corte, in via
interpretativa, ha gia' riconosciuto al giudice la possibilita' -
«quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un
programma criminoso dilatato nel tempo [...] e che non risultino
altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita'
organizzata» - di «verificare se, in relazione alle circostanze del
caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano,
in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto
episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il
fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesta dal
"modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione
di ricchezza da parte del condannato.» In presenza di tali
condizioni, che renderebbero evidente l'insussistenza di un quadro
complessivo conforme alla ratio giustificatrice della confisca
allargata, il giudice potrebbe astenersi dal disporre la confisca. Si
richiede quindi che il fatto «esuli in modo manifesto dal modello».
Qualora la Corte non ritenga che gia' in via generale e astratta
il reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 esuli dal modello per le ragioni gia'
esplicitate, e quindi non accolga le questioni gia' sopra illustrate,
si chiede che riconosca al giudice un maggiore margine di
apprezzamento, che non consista solo nel verificare l'eventuale
dissonanza del fatto concreto rispetto al modello - circostanza che
dovrebbe essere del tutto eccezionale - ma nel verificare, alla luce
di tutte le circostanze concrete (quantitativo e tipologia di
sostanze, modalita' della detenzione, eventuale profitto conseguito,
stile di vita dell'imputato, eventuali precedenti, entita' dei valori
rinvenuti, ecc.), se la presunzione sottostante all'istituto sia
giustificata nel singolo caso concreto.
A fronte di reati commessi in ambito di criminalita' organizzata
o comunque connotati da un'elevata redditivita' si giustifica
l'obbligatorieta' della confisca allargata (fatta salva l'evidente
estraneita' del fatto concreto rispetto al modello, per l'elevata
distanza temporale dell'acquisizione del cespite patrimoniale o per
altra ragione), in quanto la presunzione di illecita accumulazione di
ricchezza da parte del condannato risponde all'id quod plenanque
accidit. Rispetto ad un reato - quale quello ex art. 73, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - normalmente
connotato da una redditivita' modesta e in relazione al quale e'
dunque agevole formulare ipotesi in cui la presunzione di legge non
si giustifichi, l'obbligatorieta' della confisca risulta
irragionevole. Si ritiene viceversa piu' ragionevole affidare al
prudente apprezzamento del giudice, sulla base di tutte le evenienze
del caso concreto, la disposizione o meno della confisca.
3. La prima questione subordinata
3.1 Si dubita della legittimita' della norma di cui all'art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in
combinato disposto con gli articoli 200, comma 1, 236, comma 2, e
240-bis del codice penale, nella parte in cui prevede che la misura
di sicurezza della confisca allargata dalla stessa disciplinata si
applichi ai reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 retroattivamente, entro i
limiti dettati dall'art. 200, comma primo, del codice penale: si e'
gia' rilevato che, secondo costante la giurisprudenza di
legittimita', in ragione della natura di misura di sicurezza
patrimoniale a carattere non punitivo della confisca in questione, la
nuova disciplina introdotta dall'art. 4, comma 3-bis, del
decreto-legge n. 123/2023 (come convertito) - che ha incluso il
delitto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 nel novero di quelli costituenti presupposto
della confisca per sproporzione ex art. 240-bis del codice penale -
si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art. 200,
comma 1, del codice penale, dovendo aversi riguardo alla legge
vigente al momento in cui e' emessa la sentenza di primo grado
(Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103
- 01, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 213 del 22 novembre 2023 Rv.
285602 - 01, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 317 del 2025,
Cassazione Sezione 6, sentenza n. 299 del 2025, Cassazione Sezione 4,
sentenza n. 29 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 44535 del
2024, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 40617 del 2024).
3.2 In effetti, il principio di irretroattivita' delle norme
sfavorevoli e' fissato dall'art. 25, comma 2, della Costituzione
unicamente con riguardo alla pena (ma la recente giurisprudenza ne ha
riconosciuto la validita' anche per le sanzioni amministrative aventi
natura punitiva), laddove - in relazione alle misure di sicurezza -
l'art. 25, comma 3, della Costituzione si limita a prevedere che
«Nessuno puo' essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi
previsti dalla legge», cosi declinando il principio di legalita' «in
modo differenziato rispetto a quanto previsto nel secondo comma a
proposito delle pene, non prevedendo - in particolare - la garanzia
della loro irretroattivita' in peius» (sentenza della Corte
costituzionale n. 22 del 2022).
3.3 D'altro canto, l'art. 25 della Costituzione, se con riguardo
alle misure di sicurezza non prevede il principio di
irretroattivita', neppure impone l'applicazione delle norme in vigore
al momento della sentenza di primo grado, risultando in proposito al
piu' neutro.
3.4 Recenti pronunce sia della Corte costituzionale sia della
Corte europea dei diritti dell'uomo hanno pero' sottolineato che le
misure a carattere non punitivo, se non devono rispettare i principi
propri della materia sostanzialmente penale, sottostanno pero'
comunque alle garanzie proprie dei beni giuridici su cui incidono.
In particolare, la Corte costituzionale nella sentenza n. 24 del
2019 - avendo riguardo alla confisca di prevenzione, di cui peraltro
ha ampiamente sottolineato le analogie con la confisca allargata - ha
affermato: «Pur non avendo natura penale, sequestro e confisca di
prevenzione restano peraltro misure che incidono pesantemente sui
diritti di proprieta' e di iniziativa economica, tutelati a livello
costituzionale (articoli 41 e 42 della Costituzione) e convenzionale
(art. 1, prot. addiz. CEDU). Esse dovranno, pertanto, soggiacere al
combinato disposto delle garanzie cui la Costituzione e la stessa
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali subordinano la legittimita' di qualsiasi
restrizione ai diritti in questione, tra cui - segnatamente -: a) la
sua previsione attraverso una legge (articoli 41 e 42 della
Costituzione) che possa consentire ai propri destinatari, in
conformita' alla costante giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell'uomo sui requisiti di qualita' della "base legale" della
restrizione, di prevedere la futura possibile applicazione di tali
misure (art. 1 prot. addiz. CEDU) [...]».
3.5 Anche la confisca allargata, esattamente come la confisca di
prevenzione, incide pesantemente sul diritto di proprieta', tutelato
dall'art. 42 della Costituzione e dall'art. 1 del Protocollo
addizionale CEDU.
Perche' la normativa relativa alla confisca allargata sia
costituzionalmente legittima - rispetto all'art. 42 e all'art. 117
della Costituzione (quest'ultimo in relazione all'art. 1, prot.
addiz. CEDU) - e' allora necessario che la «base legale» sia di
adeguata qualita'.
A tale scopo, e' in primo luogo essenziale che la disciplina
normativa - proprio perche' possa «consentire ai propri destinatari
[...] di prevedere la futura possibile applicazione di tali misure» -
sia preesistente rispetto alle condotte che giustificano
l'applicazione delle misure privative/limitative della proprieta'.
In particolare, e' necessario che - in caso di previsione di
nuove misure ablative o di estensione di misure ablative preesistenti
a casi prima non previsti (come nell'ipotesi in esame) - la nuova
disciplina si applichi solo ai fatti successivi.
3.6 A tale proposito e' anche significativa la circostanza che -
in sede di conversione del decreto-legge n. 124/2019, che all'art. 39
aveva esteso l'istituto della confisca allargata a taluni reati
tributari di cui al decreto legislativo n. 74/2000 - lo stesso
legislatore abbia previsto espressamente che le disposizioni
concernenti la confisca allargata si applicassero esclusivamente alle
condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del decreto-legge (art. 39, comma
1-bis, del decreto-legge n. 124/2019, come convertito dalla legge n.
157/2019).
Cosi' il relativo dossier del Servizio studi del Senato della
Repubblica: «A completamento dell'introduzione dell'istituto della
confisca allargata per i reati tributari, la Camera ha specificato
(comma 1-bis) che tale istituto potra' essere applicato solo in
relazione a fatti commessi dopo l'entrata in vigore della riforma. Il
legislatore riconduce dunque questo istituto al diritto penale
sostanziale, escludendo una applicazione retroattiva, sfavorevole al
reo».
4. Possibilita' di un'interpretazione conforme
Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma
ora censurata ai citati parametri costituzionali.
Piu' precisamente, quanto alla questione sollevata in via
principale e alla prima subordinata, il dato letterale dell'art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990
risulta chiaro e univoco nel prevedere l'applicabilita' dell'art.
240-bis del codice penale - e quindi dell'istituto della confisca
allargata - in tutti i casi di condanna o applicazione pena per uno
dei delitti di cui all'art. 73 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, quindi anche per i delitti ex art. 73, comma
5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e anche
per i delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 commessi prima della modifica dell'art. 85-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 operata
dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023, come
convertito dalla legge n. 159/2023 (in ogni caso la giurisprudenza di
legittimita', ormai assurta a diritto vivente, ha stabilito la
retroattivita' della nuova disciplina entro i limiti dettati
dall'art. 200, comma 1, del codice penale).
Rispetto alla questione sollevata in via ulteriormente
subordinata, la Corte costituzionale nella citata sentenza 33 del
2018 ha gia' riconosciuto al giudice un certo margine in sede
interpretativa, affinche' verifichi «se, in relazione alle
circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore
[...] il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo
manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita
accumulazione di ricchezza da parte del condannato». Tale
interpretazione adeguatrice postula pero' una palese estraneita' del
fatto concreto rispetto al modello, laddove nella soluzione che si
ritiene di dover suggerire l'applicazione sarebbe facoltativa e
presupporrebbe cioe' la constatazione in positivo di elementi che
giustifichino la presunzione di un accumulo illecito di ricchezza, e
non semplicemente che non sia evidente il contrario.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della
legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non
manifestamente infondata;
Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli articoli 3 e 42 della Costituzione - della norma di
cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990 nella parte in cui non esclude dal proprio ambito
applicativo le ipotesi di condanna o di applicazione della pena su
richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990;
In subordine, questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli articoli 42 e 117 della Costituzione (quest'ultimo
in relazione all'art. 1 prot. addiz CEDU) - della norma di cui
all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990, in combinato disposto con gli articoli 200, comma 1, 236,
comma 2, e 240-bis del codice penale, nella parte in cui prevede che
la misura di sicurezza della confisca dalla stessa disciplinata si
applichi ai reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 retroattivamente entro i
limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del codice penale, anziche'
prevedere che non si applichi reati di cui all'art. 73, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 precedenti la
modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n.
123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023);
In via ulteriormente subordinata, della norma di cui all'art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in
combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale nella parte
in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di applicazione pena
per il delitto all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, prevede che e' sempre disposta la confisca
del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non
puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta
persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la
disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria
attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre
la confisca in questione;
Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale;
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla Cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, della legge
n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e
che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o
devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5, del codice di
procedura penale.
Firenze, 14 aprile 2025
Il Giudice: Attina'
Oggetto:
Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito – Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità ) – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
In subordine: Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Denunciata previsione che la misura di sicurezza della confisca si applichi ai reati di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) retroattivamente entro i limiti dettati dall’art. 200, primo comma, cod. pen. anziché prevedere che non si applichi a tali reati precedenti la modifica dell’art. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 ad opera dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Lesione del diritto di proprietà, tutelato anche convenzionalmente.
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con gli artt. 200, primo comma, 236, secondo comma, e 240-bis del codice penale.
- Costituzione, artt. 42 e 117; Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), art. 1.
In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Confisca cosiddetta allargata – Denunciata previsione che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, anziché prevedere che il giudice possa disporre tale confisca – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).
- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con l’art. 240-bis del codice penale.
- Costituzione, artt. 3 e 42.
Norme impugnate:
decreto del Presidente della Repubblica del 09/10/1990 Num. 309 Art. 85
decreto-legge del 15/09/2023 Num. 123 Art. 4 Co. 3
legge del 13/11/2023 Num. 159
decreto del Presidente della Repubblica del 09/10/1990 Num. 309 Art. 85
codice penale del Num. Art. 200 Co. 1
codice penale del Num. Art. 236 Co. 2
codice penale del Num. Art. 240
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 42 Co.
Costituzione Art. 117 Co.
Protocollo n. 1 a Convenzione europea diritti dell'uomo Art. 1 Co.
Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 95 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 2025 Ordinanza del 14 aprile 2025 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di Y. L.. Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi particolari di confisca - Previsione dell'applicazione dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta - Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5. - Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art. 85-bis. In subordine: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi particolari di confisca - Previsione dell'applicazione dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta - Denunciata previsione che la misura di sicurezza della confisca si applichi ai reati di cui all'art. 73, comma 5, retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, primo comma, cod. pen. anziche' prevedere che non si applichi a tali reati precedenti la modifica dell'art. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis del d.l. n. 123 del 2023, come convertito. - Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art. 85-bis, in combinato disposto con gli artt. 200, primo comma, 236, secondo comma, e 240-bis del codice penale. In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 - Ipotesi particolari di confisca - Confisca cosiddetta allargata - Denunciata previsione che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre tale confisca. - Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), art. 85-bis, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale. (GU n. 22 del 28-05-2025) TRIBUNALE DI FIRENZE Prima sezione penale Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di L... Y..., nato a ..., il ... sedicente, identificato con rilievi fotodattiloscopici (CUI...), con domicilio dichiarato in via ...; Difeso di fiducia dall'avv. Sabrina Serroni del Foro di Prato; Imputato: (in concorso con L... O... separatamente giudicato); In ordine al reato di cui agli articoli 81 cpv., 110 del codice penale e 73, commi 1, 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 perche', con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro e comunque previo concerto, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17 e fuori dalle ipotesi previste dall'art. 75 del decreto del Presidente della Repubblica cit., detenevano illecitamente, occultate presso la loro abilitazione, sostanze stupefacenti del tipo «hashish», «marijuana» e «MDMA», confezionate, rispettivamente, in tre panetti e due frammenti di «hashish» del peso netto di 30,18 gr. e da cui sono risultate estraibili complessivamente trecentottantacinque dosi medie singole, quindici pasticche e della polvere di «MDMA» del peso netto di 7,34 gr. e da cui sono risultate estraibili complessivamente 7,5 dosi medie singole, e due frammenti di «marijuana» del peso netto di 0,19 gr. e da cui e' risultata estraibile una dose media singola, sostanze che - per quantitativo, diversificazione qualitativa, modalita' di presentazione e occultamento, peso lordo complessivo ed il contestuale rinvenimento nella loro disponibilita' della somma in contanti di euro 750 di cui non sapevano fornire alcuna giustificazione - apparivano destinate ad un uso non esclusivamente personale. In ..., fino al ... sentite le parti; Premesso che: con decreto del pubblico ministero emesso il 3 luglio 2023 L... Y... e L... O... erano citati a giudizio per il reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in ipotesi posto in essere il ... mediante la detenzione in casa di vari quantitativi di hashish, marijuana ed MDMA; a seguito di taluni rinvii preliminari, all'udienza predibattimentale del 31 marzo 2024 il difensore di L... Y..., munito di procura speciale, chiedeva procedersi con il rito abbreviato condizionato (all'acquisizione di una sentenza del Tribunale di Spoleto) e il giudice provvedeva in conformita'; all'udienza odierna, previa separazione delle posizioni dei due imputati, con riguardo a L... Y... le parti illustravano le rispettive conclusioni: il pubblico ministero chiedeva la condanna del predetto - previo riconoscimento della continuazione tra il reato oggi in esame e quello di cui alla sentenza del Tribunale di Spoleto del 23 novembre 2022 - alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 4.000 di multa (ivi ricompresa la pena applicata con la citata sentenza); il difensore chiedeva, previo riconoscimento della continuazione tra il reato oggi in esame e quelli di cui alla sentenza del Tribunale di Spoleto del 23 novembre 2022, ritenersi piu' grave quello di cui al capo A) della citata sentenza, applicarsi un aumento minimo per la continuazione e confermarsi il beneficio della sospensione condizionale della pena. Rilevato che: A) In base agli atti d'indagine, in data ... L... Y... (sedicente e identificato con rilievi fotodattiloscopici) era tratto in arresto in flagranza di reato per la detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente di tipo chetamina (quattordici dosi) e MDMA (trentadue dosi) all'interno di una discoteca di ...; ne seguiva il giorno dopo un processo con rito direttissimo presso il Tribunale di Spoleto, che si sarebbe concluso con sentenza di applicazione pena ex art. 444 del codice di procedura penale del 23 novembre 2022 (irrev. 15 dicembre 2022) con riguardo a due imputazioni ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, con pena finale di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 2.000 di multa, condizionalmente sospesa. Nel frattempo, poiche' in sede di dichiarazioni spontanee l'imputato aveva dichiarato di detenere ulteriore stupefacente presso la propria abitazione di ..., il pubblico ministero presso il Tribunale di Spoleto con decreto del 7 novembre 2022 disponeva la perquisizione della citata abitazione. Nel tardo pomeriggio dello stesso ... era eseguita la citata perquisizione, nel corso della quale gli operanti della polizia di Stato rinvenivano: tre panetti di hashish, occultati dietro lo specchio di un bagno non funzionante; due frammenti di hashish, sul tavolo del soggiorno; quindici pasticche di MDMA occultate nel mobile portaposate sito nel corridoio; marijuana essiccata, sul tavolo del soggiorno; una dose di (supposta) chetamina sul comodino della camera da letto dei due fratelli L...; 750 euro in contanti (tre tonate da 100 euro, 6 banconote da 50 euro, 5 banconote da 20 euro, 5 banconote da 10 euro) occultati dietro lo specchio di altro bagno (funzionante). Le successive analisi confermavano la natura delle citate sostanze stupefacenti; soltanto l'analisi della supposta chetamina rivelava trattarsi in realta' anche in tal caso di MDMA, peraltro in quantita' inferiore ad una dose media singola. In totale si trattava di 30,18 grammi di hashish, 0,19 grammi di marijuana e 7,34 grammi di MDMA. B) Il presente procedimento ha ad oggetto per l'appunto la detenzione delle sostanze stupefacenti rinvenute presso l'abitazione di ... C) Ne' il prevenuto ne' il fratello O... risultano avere reso dichiarazioni nell'ambito del presente procedimento. D) Alla luce di quanto precede si deve ritenere provata la responsabilita' dell'imputato rispetto al reato ascritto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. In particolare, in considerazione del fatto che appena la sera prima l'imputato era stato arrestato in flagranza di reato per la detenzione a fine di spaccio di stupefacenti (in parte) della medesima tipologia - reato di cui alla sentenza di applicazione pena, ormai irrevocabile - la detenzione della sostanza rinvenuta presso la relativa abitazione, pur comune al fratello, puo' ascriversi con certezza (quanto meno) a L... Y...; del resto, era a seguito delle relative dichiarazioni spontanee che era disposta la perquisizione dell'abitazione. In secondo luogo, e' plausibile che lo stupefacente fosse in parte finalizzato all'uso personale, considerato che alcune singole dosi erano rinvenute - pronte all'uso - sul tavolo del soggiorno e sul comodino della camera da letto. Tuttavia, considerati i quantitativi complessivi (non trascurabili) e la circostanza della detenzione a fine di spaccio del giorno prima in una discoteca, si deve ritenere che la detenzione non fosse finalizzata ad un uso esclusivamente personale. E) Risulta corretta la qualificazione ai sensi dell'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in ragione sia dei quantitativi delle sostanze rinvenute, sia il fatto che l'imputato costituisse l'anello terminale della catena dello spaccio, come attestato anche dal fatto che la sera precedente egli fosse colto in possesso di quantitativi modesti da cedere a singoli consumatori all'interno di una discoteca. F) Risulta possibile riconoscere la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che e' solo grazie alla collaborazione del prevenuto (e in particolare alle relative dichiarazioni spontanee) che la polizia giudiziaria e' riuscita a rinvenire e sequestrare le sostanze oggetto del presente procedimento. G) Sussiste il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli oggetto del procedimento gia' conclusosi con sentenza irrevocabile presso il Tribunale di Spoleto. Il trattamento sanzionatorio, contenibile nei limiti della conferma della sospensione condizionale (anche alla luce della citata collaborazione) non e' pero' rilevante ai presenti fini. H) La somma di euro 750 sequestrata deve ritenersi appartenesse allo stesso L... Y..., posto che era occultata nell'abitazione con modalita' del tutto analoghe allo stupefacente. I) Quanto all'applicazione in sede di condanna della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, per poter addivenire ad una corretta decisione appare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale di detta norma nella parte in cui non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. In subordine, di detta norma in combinato disposto con gli articoli 200, comma 1, 236, comma 2, e 240-bis del codice penale nella parte in cui prevede che la misura di sicurezza della confisca dalla stessa disciplinata si applichi ai reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del codice penale, anziche' prevedere che non si applichi reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 precedenti la modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023). In via ulteriormente subordinata, si dubita della legittimita' dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale, nella parte in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 prevede che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre la confisca in questione. L) le questioni che qui s'intendono porre all'attenzione della Corte costituzionale sono in parte analoghe a quelle gia' sollevate con ordinanza di questo giudice del 30 settembre 2024: posto che il fatto oggetto del presente procedimento e' precedente la modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023), si formula qui, in aggiunta, la questione relativa all'applicazione retroattiva della norma, come modificata, ai fatti precedenti alla stessa modifica (prima questione subordinata). Cio' premesso; Osserva 1. Rilevanza della questione 1.1 L'imputato deve essere condannato per il reato contestatogli di cui all'art. 73, comma 5, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Non e' contestata la circostanza aggravante della non occasionalita' della condotta di cui all'art. 73, comma 5, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, introdotta solo successivamente dall'art. 4, comma 3, del decreto-legge n. 123/2023, come convertito dalla legge n. 159/2023. 1.2 Ai sensi dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023), dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l'art. 240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica». 1.3 Il citato art. 4, comma 3-bis, decreto-legge n. 123/2023 (come convertito) ha infatti modificato l'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 sopprimendo l'inciso «esclusa la fattispecie di cui al comma 5», per effetto del quale la norma di cui all'art. 240-bis del codice penale precedentemente non trovava applicazione nei casi di condanna o di applicazione pena per il reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Per effetto di tale modifica quindi il reato oggetto del presente procedimento ricade nell'ambito applicativo della norma ex art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 1.4 Il fatto di reato in esame e' stato commesso il ..., e quindi in data precedente la citata modifica normativa. Tuttavia, secondo la giurisprudenza di legittimita' ormai assurta a diritto vivente, venendo in rilievo una misura di sicurezza patrimoniale avente natura non sanzionatorio-punitiva, «il disposto di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis del codice penale, si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art. 200, comma primo, del codice penale, sicche', per l'individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui e' stata emessa la sentenza di primo grado» (cosi' Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103 - 01). In modo piu' diffuso la sentenza Cassazione Sezione 6, n. 40620 del 2024 «La nuova disciplina si applica retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del codice penale. Ne consegue che, ai fini della individuazione del regime da considerare, deve aversi riguardo alla legge in vigore al momento in cui e' stata emessa la sentenza di primo grado (cosi' Sezione 6, n. 213 del 22 novembre 2023, ..., Rv. 285602). Infatti, l'art. 200, comma 1, del codice penale stabilisce che «Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione» e il successivo art. 236, che detta le regole generali per le misure di sicurezza patrimoniali (tra cui la confisca), stabilisce che ad esse si applica solo il comma 1 dell'art. 200 cit. (e non, dunque, anche il comma 2, secondo cui «Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza e' diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione»). Pertanto, la confisca - anche ai sensi dell'art. 240-bis del codice penale - e' regolata dal principio di retroattivita' entro i limiti dettati dal primo comma dell'art. 200, del codice penale, stante il richiamo dell'art. 236, comma 2, del codice penale, esclusivamente alla prima parte di detta disposizione, sicche', per l'individuazione del regime legale di riferimento, deve aversi riguardo alla legge in vigore al tempo della sua applicazione, che coincide con il momento in cui viene emessa la decisione di primo grado (Sezione 6, n. 21491 del 16 febbraio 2015, ..., Rv. 263768)». Nello stesso senso si vedano anche Cassazione Sezione 6, sentenza n. 213 del 22 novembre 2023 Rv. 285602 - 01, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 317 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 299 del 2025, Cassazione Sezione 4, sentenza n. 29 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 44535 del 2024, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 40617 del 2024. 1.5 Ricorrono gli ulteriori requisiti dell'istituto in questione, posto che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione circa la provenienza della somma di euro 750 rinvenuta in sede di perquisizione. Dagli atti del fascicolo il prevenuto non risulta titolare di un reddito regolare. Infine, il denaro e' stato trovato in possesso dell'imputato nel momento in cui era commesso il reato in esame e non e' stato dedotto ne' tanto meno sono stati forniti elementi per ritenere che detto denaro fosse stato dal medesimo acquisito in un periodo eccessivamente antecedente rispetto alla citata data (requisito c.d. della ragionevolezza temporale). La Corte di Cassazione ha ritenuto che l'entita' modesta della somma di denaro rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del reato non sia di per se' ostativa all'operativita' della confisca, fatta salva la necessita' di una motivazione piu' stringente (nella sentenza Sezione 4 - , n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254 - 01 la Corte di Cassazione riteneva congrua la motivazione rispetto alla confisca di 240 euro). 1.6 Nella sentenza n. 33 del 2018 la Corte costituzionale ha inoltre svolto un'ulteriore considerazione: «Nella medesima ottica di valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che - quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo (com'e' per la ricettazione) e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato». Nel caso di specie non e' data tale situazione. Dalle circostanze del caso concreto non emergono elementi che valgano a connotare la vicenda criminosa in esame come del tutto episodica e occasionale ed esulante dal modello che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione. E' anzi emerso che il prevenuto gia' la sera precedente aveva posto in essere reati simili; la somma in sequestro ora in esame non proviene pero' certo ne' dalla condotta di detenzione della sera prima (che non puo' avere prodotto alcun profitto) ne' dalla condotta di cessione sempre della sera prima (contestatagli rispetto alla cessione a soggetti indeterminati per il prezzo complessivo di euro 515, verosimilmente trovato in suo possesso in quel contesto). 1.7 Ai sensi degli art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del codice penale questo giudice dovrebbe quindi disporre la confisca della somma di euro 750 in sequestro. Diversamente - ove la norma qui censurata fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, come prospettato in via principale o nella questione sollevata nella prima subordinata - questo giudice non potrebbe disporre la citata confisca e dovrebbe disporre la restituzione della somma di denaro in sequestro. A tal riguardo occorre rilevare che, in base alla consolidata giurisprudenza di legittimita', non potrebbe disporsi la confisca ai sensi dell'art. 240 del codice penale e dell'art. 73, comma 7-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che non sussiste un nesso di pertinenzialita', in termini di strumentalita' o di derivazione (prodotto, profitto o prezzo), della somma di denaro in questione rispetto alla specifica condotta illecita contestata (cfr., tra le altre, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 55852 del 17 ottobre 2017 Rv. 272204 - 01, Cassazione Sezione 4, sentenza n. 20130 del 19 aprile 2022 Rv. 283248 - 01 e Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103 - 01 in motivazione). Quanto alla questione sollevata in via di ulteriore subordinazione, nel caso in cui l'applicazione dell'istituto della confisca allargata fosse facoltativa in caso di condanna per il reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, nel caso in esame tale confisca non potrebbe essere disposta, posto che dalle circostanze concrete non emergono sufficienti elementi per ritenere che la somma rinvenuta sia il frutto dell'accumulo dei proventi di precedenti delitti. 2. Non manifesta infondatezza. La questione sollevata in via principale e la seconda subordinata 2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito in legge), nella parte in cui prevede l'applicazione anche con riguardo al reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 dell'art. 240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica». Mentre prima della riforma del 2023 il reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 era espressamente escluso dall'ambito applicativo dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e quindi dell'art. 240-bis del codice penale, ora - per effetto della soppressione nell'art. 85-bis dell'inciso «esclusa la fattispecie di cui al comma 5» - anche nelle ipotesi di condanna o di applicazione pena per i fatti di lieve entita' di cui all'art. 73, comma 5, deve essere disposta la citata confisca c.d. allargata. 2.2 Quanto alla natura dell'istituto della confisca c.d. allargata, ai requisiti dello stesso e alle ragioni storiche della relativa introduzione nell'ordinamento, appare utile riportare quanto affermato dalla Corte costituzionale nella gia' citata sentenza n. 33 del 2018: «La misura patrimoniale prevista dalla norma censurata si colloca nell'alveo delle forme "moderne" di confisca alle quali, gia' da tempo, plurimi Stati europei hanno fatto ricorso per superare i limiti di efficacia della confisca penale "classica": limiti legati all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in termini di strumentalita' o di derivazione - tra i beni da confiscare e il singolo reato per cui e' pronunciata condanna. [...] Di qui, dunque, la diffusa tendenza ad introdurre speciali tipologie di confisca, caratterizzate sia da un allentamento del rapporto tra l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da un affievolimento degli oneri probatori gravanti sull'accusa. Tra i diversi modelli di intervento in tale direzione, il piu' diffuso nel panorama europeo e' quello della cosiddetta confisca dei beni di sospetta origine illecita: modello al quale e' riconducibile anche la confisca "allargata" [...] Esso poggia, nella sostanza, su una presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai soggetti condannati per taluni reati, per lo piu' (ma non sempre) connessi a forme di criminalita' organizzata: in presenza di determinate condizioni, si presume, cioe', che il condannato abbia commesso non solo il delitto che ha dato luogo alla condanna, ma anche altri reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero i beni di cui egli dispone. [...] Nella cornice del generale processo di valorizzazione degli strumenti patrimoniali di lotta alla criminalita' organizzata, da tempo in atto a livello dell'Unione, dapprima la decisione quadro 24 febbraio 2005, n. 2005/212/GAI del Consiglio [...] e indi la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [...] hanno, infatti, specificamente richiesto agli Stati membri di riconoscere all'autorita' giudiziaria poteri di "confisca estesa". [...]. L'art. 5, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce, in particolare, che gli Stati membri devono adottare "le misure necessarie per poter procedere alla confisca, totale o parziale, dei beni che appartengono a una persona condannata per un reato suscettibile di produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico, laddove l'autorita' giudiziaria, in base alle circostanze del caso, compresi i fatti specifici e gli elementi di prova disponibili, come il fatto che il valore dei beni e' sproporzionato rispetto al reddito legittimo della persona condannata, sia convinta che i beni in questione derivino da attivita' criminose". Diversamente dalla decisione quadro 2005/212/GAI, la direttiva non limita l'applicazione della confisca estesa ai soli reati di criminalita' organizzata o collegati al terrorismo, ma la richiede anche in relazione ad una serie di altri reati previsti da strumenti normativi dell'Unione, benche' non commessi nel quadro di organizzazioni criminali. 7.- Per quanto piu' specificamente attiene alla misura prevista dall'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, essa e' nata storicamente come "sostituto" del delitto di "possesso ingiustificato di valori", gia' previsto dall'art. 12-quinquies, comma 2, del medesimo decreto-legge. [...] La norma incriminatrice fu dichiarata illegittima da questa Corte, dopo un breve periodo di vigenza, con la sentenza n. 48 del 1994, per violazione della presunzione di non colpevolezza sancita all'art. 27, secondo comma, Costituzione [...] A fronte di tale declaratoria, il legislatore introdusse [...] una speciale ipotesi di confisca, disciplinata in un articolo aggiunto [...] (il 12-sexies). La formulazione della norma fu motivata con la necessita' di creare un nuovo strumento che fosse in grado, per un verso, di realizzare le medesime finalita' che si volevano raggiungere con la disposizione dichiarata illegittima [...]; per altro verso, di recepire le indicazioni offerte da questa Corte con la citata sentenza n. 48 del 1994 [...]. In tale ottica, la norma prevedeva [...] che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per taluno dei delitti in essa indicati, e' "sempre disposta" (si tratta, dunque, di confisca speciale obbligatoria) "la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica". La norma denunciata riconnette, dunque, a due elementi - la qualita' di condannato per determinati reati e la sproporzione del patrimonio di cui il condannato dispone, anche indirettamente, rispetto al suo reddito o alla sua attivita' economica - la presunzione che il patrimonio stesso derivi da attivita' criminose che non e' stato possibile accertare: presunzione, peraltro, solo relativa, potendo il condannato vincerla giustificando la provenienza dei beni. La confisca "allargata" italiana si caratterizza, quindi, rispetto al modello di confisca "estesa" prefigurato dalla direttiva 2014/42/UE (la quale si limita, peraltro, a stabilire "norme minime", senza impedire agli Stati membri di adottare soluzioni piu' rigorose), per il diverso e piu' ridotto standard probatorio. La sproporzione tra il valore dei beni e i redditi legittimi del condannato - che in base all'art. 5 della direttiva costituisce uno dei "fatti specifici" e degli "elementi di prova" dai quali il giudice puo' trarre la convinzione che i beni da confiscare «derivino da condotte criminose" - vale, invece, da sola a fondare la misura ablativa in esame, allorche' il condannato non giustifichi la provenienza dei beni, senza che occorra alcuna ulteriore dimostrazione della loro origine delittuosa. 8.- Al riguardo, costituisce, in effetti, approdo ermeneutico ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimita' [...] che, in presenza delle condizioni indicate dalla norma, il giudice non debba ricercare alcun nesso di derivazione tra i beni confiscabili ed il reato per cui e' stata pronunciata condanna, e neppure tra i medesimi beni e una piu' generica attivita' criminosa del condannato. [...] Di qui la conclusione per cui la confiscabilita' non e' esclusa dal fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si e' proceduto, o che il loro valore superi il provento di tale reato. In questa prospettiva [...] la disposizione in esame si presenta espressiva di una «scelta di politica criminale del legislatore, operata con l'individuare delitti particolarmente allarmanti, idonei a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti, e quindi col trarne una presunzione, iuris tantum, di origine illecita del patrimonio "sproporzionato" a disposizione del condannato per tali delitti": presunzione che trova "base nella nota capacita' dei delitti individuati dal legislatore [...] ad essere perpetrati in forma quasi professionale e a porsi quali fonti di illecita ricchezza". [...] secondo un indirizzo della giurisprudenza di legittimita' [...] la presunzione di illegittima acquisizione dei beni oggetto della misura resta circoscritta, comunque sia, in un ambito di cosiddetta "ragionevolezza temporale". Il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare, cioe', talmente lontano dall'epoca di realizzazione del "reato spia" da rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attivita' illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui e' intervenuta condanna. [...] La ricordata tesi della "ragionevolezza temporale" risponde, in effetti, all'esigenza di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operativita' dell'istituto della confisca "allargata", il quale legittimerebbe altrimenti - anche a fronte della condanna per un singolo reato compreso nella lista - un monitoraggio patrimoniale esteso all'intera vita del condannato. [...] Nella medesima ottica di valorizzazione della ratio legis, puo' ritenersi, peraltro, che - quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo [...] e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita' organizzata - il giudice conservi la possibilita' di verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato.». 2.3 A fronte del progressivo e alluvionale accrescimento della compagine dei reati cui e' annessa la misura ablativa speciale, la Corte concludeva peraltro la citata sentenza formulando «l'auspicio che la selezione dei "delitti matrice" da parte del legislatore avvenga, fin tanto che l'istituto conservi la sua attuale fisionomia, secondo criteri ad essa strettamente coesi e, dunque, ragionevolmente restrittivi. Ad evitare, infatti, evidenti tensioni sul piano delle garanzie che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale, non puo' non sottolinearsi l'esigenza che la rassegna dei reati presupposto si fondi su tipologie e modalita' di fatti in se' sintomatiche di un illecito arricchimento del loro autore, che trascenda la singola vicenda giudizialmente accertata, cosi' da poter veramente annettere il patrimonio "sproporzionato" e "ingiustificato" di cui l'agente dispone ad una ulteriore attivita' criminosa rimasta "sommersa"». 2.4 Nonostante tale auspicio, in seguito il legislatore ha esteso l'ambito applicativo della confisca allargata (la cui disciplina e' ora sostanzialmente confluita nell'art. 240-bis del codice penale) a diversi altri reati, tra cui - per quanto qui rileva - quello di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. In tal caso pare violato il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, oltre al diritto di proprieta' di cui all'art. 42 della Costituzione. Nella sentenza n. 223 del 2022 la Corte costituzionale ha affermato che «i fatti di piccolo spaccio» di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 «si caratterizzano per un'offensivita' contenuta per essere modesto il quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di cessione. Di qui, non e' ragionevole presumere che la "redditivita'" dell'attivita' delittuosa sia stata tale da determinare il superamento da parte del reo dei limiti di reddito contemplati dall'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per ottenere l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato». La Corte, dopo avere sottolineato l'eterogeneita' del reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 rispetto agli altri delitti cui si applicava la norma allora censurata, ha inoltre sottolineato che il reato in questione «e' privo dell'idoneita' ex se a far presumere un livello di reddito superiore alla (peraltro non esigua) soglia minima dell'art. 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (id est un reddito Irpef di circa mille euro al mese), in ragione dei proventi derivanti dall'attivita' criminosa. E' anzi vero il contrario: si tratta spesso di manovalanza utilizzata dalla criminalita' organizzata e proveniente dalle fasce marginali dei "non abbienti", ossia di quelli che sono sprovvisti dei "mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione" (art. 24, terzo comma, della Costituzione)». La Corte ha quindi ritenuto manifestamente irragionevole la presunzione (pur relativa) operata dal legislatore quanto al superamento della soglia fissata per l'ammissione al gratuito patrocinio da parte di coloro che fossero stati condannati per il reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Detto in altri termini, la condanna per il reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 non legittima la presunzione (anche solo relativa) di un accumulo di ricchezza da parte del suo autore. Nel caso in esame la finalita' della presunzione relativa e' diversa (la confisca allargata delle somme e dei beni disponibili, che siano sproporzionate rispetto al reddito e di cui non sia giustificata la provenienza), ma il presupposto da cui ha mosso il legislatore e' sempre lo stesso, e cioe' il fatto che il reato in questione sarebbe idoneo a creare una accumulazione economica, tale da giustificare, da un lato, la presunzione (relativa) di un livello di reddito superiore alla soglia minima dell'art. 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, dall'altro, la presunzione (relativa) di origine delittuosa del denaro e dei beni sproporzionati al reddito di cui il prevenuto non abbia giustificato la provenienza. Trattasi pero' di presupposto non confacente alla realta'. Come sottolineato nella citata sentenza n. 223 del 2022, il delitto ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 non e' connotato dalla particolare redditivita' che giustificherebbe la citata presunzione, essendo viceversa spesso reato commesso da «bassa manovalanza» priva di significativi mezzi economici. La ridotta offensivita' del reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' stata ribadita dalla Corte costituzionale anche nella sentenza n. 43 del 2024 e nella sentenza n. 88 del 2023, nelle quali e' stata censurata la presunzione assoluta di pericolosita' sociale del soggetto condannato per detto reato ai fini delle procedure di regolarizzazione del rapporto di lavoro e di rinnovo del permesso di soggiorno. 2.5 E' si' vero che l'istituto della confisca allargata presuppone l'effettivo rinvenimento di somme di denaro (o altre utilita') sproporzionate al reddito, cio' che potrebbe far apparire ragionevole la presunzione. Tuttavia, il mero possesso non giustificato di una somma di denaro (peraltro non elevata, per quanto sproporzionata al reddito) non rende ragionevole la presunzione nella misura in cui la tipologia di delitto (per cui vi e' condanna), pur postulando o comunque essendo accompagnata abitualmente da un fine di lucro, non e' di per se' idonea a determinare un significativo accumulo di ricchezza. Possesso di somme di denaro (o altre utilita') in misura sproporzionata al reddito e mancata giustificazione della relativa provenienza non legittimano cioe' di per se' la presunzione, ma solo a condizione che il reato per cui vi e' condanna sia connotato da una significativa redditivita' e quindi sia idoneo a determinare un accumulo di ricchezza (cosicche' le somme/utilita' rinvenute - in misura sproporzionata al reddito e senza giustificazione della relativa provenienza - possano ragionevolmente attribuirsi ad una pregressa analoga attivita' delittuosa). Diversamente opinando, del resto, si dovrebbe ritenere che qualunque delitto determinato - in astratto o anche solo in concreto - da fine di lucro possa giustificare analoga presunzione a fronte del rinvenimento di somme di denaro (o altre utilita') che siano sproporzionate rispetto al reddito e la cui provenienza non sia giustificata: anche un piccolo furto al supermercato o la ricettazione di beni di valore modesto o la vendita ambulante di prodotti con marchi falsi, reati che, per quanto eventualmente commessi in modo non occasionale, non sono connotati da elevata redditivita'. Ne risulterebbero chiaramente sacrificate le «garanzie che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale». Viceversa, lo stesso legislatore, con riguardo al delitto di ricettazione, ha escluso che l'istituto della confisca allargata si applichi in caso di condanna per fatti di particolare tenuita'. 2.6 Anche la disamina della genesi della norma qui censurata non fornisce elementi utili alla luce dei quali la stessa possa ritenersi ragionevole. La versione attuale della disposizione dell'art. 85-bis-del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e' il risultato della modifica apportata dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023, come modificato in sede di conversione in legge (legge n. 159/2023). Piu' precisamente, la versione originaria dell'art. 4 del citato decreto-legge - dopo avere previsto alcune novita' in materia di armi e oggetti atti ad offendere - al terzo comma prevedeva un innalzamento (da quattro a cinque anni) del massimo edittale del reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Nel corso dei lavori preparatori del Senato per la conversione in legge del decreto, in Commissione in sede referente nella seduta del 25 ottobre 2023 erano approvati due emendamenti, il 4.11 e il 4.12 (terza versione), che modificavano l'art. 4 del decreto rispettivamente prevedendo la soppressione nell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 delle parole «esclusa la fattispecie di cui al comma 5» (cosi', in definitiva, prevedendo anche per il delitto ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 l'operativita' obbligatoria della confisca allargata) e configurando nell'ambito del delitto ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 una nuova ipotesi speciale («quando la condotta assume caratteri di non occasionalita'»), sanzionata con la pena della reclusione da diciotto mesi a cinque anni e della multa da euro 2.500 a euro 10.329 (e dunque con un minimo edittale decisamente piu' alto rispetto a quello previsto per l'ipotesi ordinaria dall'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990). Il testo dell'art. 4 del decreto-legge n. 123/2023 nella parte in questione sarebbe poi rimasto immutato nel corso della disamina in Assemblea e poi alla Camera dei deputati. Nell'ambito di un intervento tanto articolato (il decreto-legge n. 123/2023 e la legge di conversione investivano numerose altre materie) non pare che il singolo profilo ora in esame sia stato oggetto di particolare approfondimento. Una disamina (probabilmente non esaustiva) dei lavori preparatori non ha consentito a questo giudice di rinvenire l'esplicitazione dei motivi per cui - a fronte dell'auspicio formulato dalla Corte costituzionale nella sentenza 33 del 2018 e delle osservazioni svolte dalla stessa Corte nella sentenza n. 223 del 2022 circa la modesta redditivita' del delitto ex art. 75, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - si sia proceduto ad estendere anche a tale delitto l'operativita' della confisca allargata. Non si rinvengono considerazioni (ne' tanto meno riferimenti a studi accademici o a rilevazioni statistiche) circa gli aspetti economici del fenomeno, quali i prezzi di vendita sul mercato delle varie sostanze e i margini di guadagno per gli autori del reato, o circa l'entita' del reimpiego dei proventi del delitto. La ragione di un simile intervento e' allora forse da rintracciare nella volonta' del Legislatore di punire piu' severamente lo spaccio di stupefacenti, anche ove il singolo fatto risulti di lieve entita'; in tal senso, pare significativo che la novella si accompagni all'incremento del massimo edittale e alla previsione di una nuova fattispecie (aggravata) in cui il minimo edittale e' sensibilmente aumentato. Un tale impiego in funzione punitiva dell'istituto pare pero' non coerente con la natura e il presupposto dello stesso: trattasi infatti di misura di sicurezza patrimoniale a carattere non sanzionatorio che presuppone l'idoneita' dei delitti matrice a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti. 2.7 L'art. 3 della Costituzione pare violato anche con riguardo al principio di uguaglianza. In particolare, pare costituire un idoneo tertium comparationis il delitto di cui all'art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990: l'applicabilita' della confisca allargata ai fatti di lieve entita' pare irragionevole nella misura in cui detto istituto non puo' viceversa trovare applicazione con riguardo al delitto associativo di cui all'art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Come e' noto, «l'associazione [...] costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell'art. 73» integra un reato autonomo, e non una mera circostanza attenuante indipendente dei piu' gravi delitti di cui all'art. 74, comma 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, posto che il rinvio all'art. 416, comma 1 e 2, del codice penale - contenuto nel citato art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - e' un rinvio quoad factum e non un mero rinvio quoad poenam (Cassazione Sezione U, sentenza n. 34475 del 23 giugno 2011 Rv. 250352 - 01, Cassazione Sezione 3 - sentenza n. 44837 del 6 febbraio 2018 Rv. 274696 - 01). In ragione di tale natura autonoma del delitto ex art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, la Corte di Cassazione (Cassazione Sezione 3, sentenza n. 27770 dell'11 giugno 2015 Rv. 267226 - 01 e Cassazione Sezione 6 - sentenza n. 6247 dell'11 gennaio 2024 Rv. 286083 - 01) ha affermato che l'istituto della confisca allargata - applicabile ai delitti ex art. 74, comma 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prima in ragione della previsione diretta da parte dell'art. 12-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 306/1992, ora in ragione del combinato disposto degli articoli 240-bis del codice penale e 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale - non si applica nel caso di condanna per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di fatti di lieve entita' di cui all'art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Conseguentemente, mentre chi si associ per commettere una pluralita' di delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 in caso di condanna non e' di per se' passibile di confisca allargata (salvo sia condannato anche per qualche reato fine), colui che sia condannato per un singolo reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (eventualmente anche solo di detenzione) potra' essere soggetto a confisca allargata. La disparita' di trattamento risulta irragionevole, posto che - se il presupposto della confisca allargata e' l'idoneita' del delitto accertato a determinare un accumulo di ricchezza, con conseguente pericolo di «utilizzazione delle risorse per il finanziamento di ulteriori delitti o del loro reimpiego nel circuito economico-finanziario» - cio' vale sicuramente piu' per l'associazione (costituita per realizzare una serie indeterminata di reati e normalmente connotata da un riutilizzo dei proventi del reato per commettere nuove attivita' delittuose) che non per il singolo reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, eventualmente commesso in modo occasionale o dalla «manovalanza utilizzata dalla criminalita' organizzata». Il paradosso e' tanto piu' evidente ove si consideri che non sono passibili di confisca allargata neppure i promotori/fondatori/organizzatori dell'associazione ex art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, vale a dire i soggetti che normalmente traggono maggior profitto dai traffici di stupefacenti e che maggiormente sono in grado di destinare denaro e beni alla realizzazione di nuovi reati; per gli stessi, inoltre, talora/spesso non e' possibile l'accertamento del concorso nei singoli reati fine (e quindi la condanna per gli stessi), cosicche' non e' possibile neppure a tale titolo la confisca allargata. 2.8 In via (ulteriormente) subordinata, si chiede alla Corte costituzionale di rendere facoltativa, anziche' obbligatoria, l'operativita' della confisca allargata con riguardo al delitto ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. Nella citata sentenza 33 del 2018 la Corte, in via interpretativa, ha gia' riconosciuto al giudice la possibilita' - «quando si discuta di reati che, per loro natura, non implicano un programma criminoso dilatato nel tempo [...] e che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in un ambito di criminalita' organizzata» - di «verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali valgano, in particolare, a connotare la vicenda criminosa come del tutto episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesta dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato.» In presenza di tali condizioni, che renderebbero evidente l'insussistenza di un quadro complessivo conforme alla ratio giustificatrice della confisca allargata, il giudice potrebbe astenersi dal disporre la confisca. Si richiede quindi che il fatto «esuli in modo manifesto dal modello». Qualora la Corte non ritenga che gia' in via generale e astratta il reato ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 esuli dal modello per le ragioni gia' esplicitate, e quindi non accolga le questioni gia' sopra illustrate, si chiede che riconosca al giudice un maggiore margine di apprezzamento, che non consista solo nel verificare l'eventuale dissonanza del fatto concreto rispetto al modello - circostanza che dovrebbe essere del tutto eccezionale - ma nel verificare, alla luce di tutte le circostanze concrete (quantitativo e tipologia di sostanze, modalita' della detenzione, eventuale profitto conseguito, stile di vita dell'imputato, eventuali precedenti, entita' dei valori rinvenuti, ecc.), se la presunzione sottostante all'istituto sia giustificata nel singolo caso concreto. A fronte di reati commessi in ambito di criminalita' organizzata o comunque connotati da un'elevata redditivita' si giustifica l'obbligatorieta' della confisca allargata (fatta salva l'evidente estraneita' del fatto concreto rispetto al modello, per l'elevata distanza temporale dell'acquisizione del cespite patrimoniale o per altra ragione), in quanto la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato risponde all'id quod plenanque accidit. Rispetto ad un reato - quale quello ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - normalmente connotato da una redditivita' modesta e in relazione al quale e' dunque agevole formulare ipotesi in cui la presunzione di legge non si giustifichi, l'obbligatorieta' della confisca risulta irragionevole. Si ritiene viceversa piu' ragionevole affidare al prudente apprezzamento del giudice, sulla base di tutte le evenienze del caso concreto, la disposizione o meno della confisca. 3. La prima questione subordinata 3.1 Si dubita della legittimita' della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in combinato disposto con gli articoli 200, comma 1, 236, comma 2, e 240-bis del codice penale, nella parte in cui prevede che la misura di sicurezza della confisca allargata dalla stessa disciplinata si applichi ai reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 retroattivamente, entro i limiti dettati dall'art. 200, comma primo, del codice penale: si e' gia' rilevato che, secondo costante la giurisprudenza di legittimita', in ragione della natura di misura di sicurezza patrimoniale a carattere non punitivo della confisca in questione, la nuova disciplina introdotta dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito) - che ha incluso il delitto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis del codice penale - si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall'art. 200, comma 1, del codice penale, dovendo aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui e' emessa la sentenza di primo grado (Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103 - 01, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 213 del 22 novembre 2023 Rv. 285602 - 01, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 317 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 299 del 2025, Cassazione Sezione 4, sentenza n. 29 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 44535 del 2024, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 40617 del 2024). 3.2 In effetti, il principio di irretroattivita' delle norme sfavorevoli e' fissato dall'art. 25, comma 2, della Costituzione unicamente con riguardo alla pena (ma la recente giurisprudenza ne ha riconosciuto la validita' anche per le sanzioni amministrative aventi natura punitiva), laddove - in relazione alle misure di sicurezza - l'art. 25, comma 3, della Costituzione si limita a prevedere che «Nessuno puo' essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge», cosi declinando il principio di legalita' «in modo differenziato rispetto a quanto previsto nel secondo comma a proposito delle pene, non prevedendo - in particolare - la garanzia della loro irretroattivita' in peius» (sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2022). 3.3 D'altro canto, l'art. 25 della Costituzione, se con riguardo alle misure di sicurezza non prevede il principio di irretroattivita', neppure impone l'applicazione delle norme in vigore al momento della sentenza di primo grado, risultando in proposito al piu' neutro. 3.4 Recenti pronunce sia della Corte costituzionale sia della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno pero' sottolineato che le misure a carattere non punitivo, se non devono rispettare i principi propri della materia sostanzialmente penale, sottostanno pero' comunque alle garanzie proprie dei beni giuridici su cui incidono. In particolare, la Corte costituzionale nella sentenza n. 24 del 2019 - avendo riguardo alla confisca di prevenzione, di cui peraltro ha ampiamente sottolineato le analogie con la confisca allargata - ha affermato: «Pur non avendo natura penale, sequestro e confisca di prevenzione restano peraltro misure che incidono pesantemente sui diritti di proprieta' e di iniziativa economica, tutelati a livello costituzionale (articoli 41 e 42 della Costituzione) e convenzionale (art. 1, prot. addiz. CEDU). Esse dovranno, pertanto, soggiacere al combinato disposto delle garanzie cui la Costituzione e la stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali subordinano la legittimita' di qualsiasi restrizione ai diritti in questione, tra cui - segnatamente -: a) la sua previsione attraverso una legge (articoli 41 e 42 della Costituzione) che possa consentire ai propri destinatari, in conformita' alla costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sui requisiti di qualita' della "base legale" della restrizione, di prevedere la futura possibile applicazione di tali misure (art. 1 prot. addiz. CEDU) [...]». 3.5 Anche la confisca allargata, esattamente come la confisca di prevenzione, incide pesantemente sul diritto di proprieta', tutelato dall'art. 42 della Costituzione e dall'art. 1 del Protocollo addizionale CEDU. Perche' la normativa relativa alla confisca allargata sia costituzionalmente legittima - rispetto all'art. 42 e all'art. 117 della Costituzione (quest'ultimo in relazione all'art. 1, prot. addiz. CEDU) - e' allora necessario che la «base legale» sia di adeguata qualita'. A tale scopo, e' in primo luogo essenziale che la disciplina normativa - proprio perche' possa «consentire ai propri destinatari [...] di prevedere la futura possibile applicazione di tali misure» - sia preesistente rispetto alle condotte che giustificano l'applicazione delle misure privative/limitative della proprieta'. In particolare, e' necessario che - in caso di previsione di nuove misure ablative o di estensione di misure ablative preesistenti a casi prima non previsti (come nell'ipotesi in esame) - la nuova disciplina si applichi solo ai fatti successivi. 3.6 A tale proposito e' anche significativa la circostanza che - in sede di conversione del decreto-legge n. 124/2019, che all'art. 39 aveva esteso l'istituto della confisca allargata a taluni reati tributari di cui al decreto legislativo n. 74/2000 - lo stesso legislatore abbia previsto espressamente che le disposizioni concernenti la confisca allargata si applicassero esclusivamente alle condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (art. 39, comma 1-bis, del decreto-legge n. 124/2019, come convertito dalla legge n. 157/2019). Cosi' il relativo dossier del Servizio studi del Senato della Repubblica: «A completamento dell'introduzione dell'istituto della confisca allargata per i reati tributari, la Camera ha specificato (comma 1-bis) che tale istituto potra' essere applicato solo in relazione a fatti commessi dopo l'entrata in vigore della riforma. Il legislatore riconduce dunque questo istituto al diritto penale sostanziale, escludendo una applicazione retroattiva, sfavorevole al reo». 4. Possibilita' di un'interpretazione conforme Non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata ai citati parametri costituzionali. Piu' precisamente, quanto alla questione sollevata in via principale e alla prima subordinata, il dato letterale dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 risulta chiaro e univoco nel prevedere l'applicabilita' dell'art. 240-bis del codice penale - e quindi dell'istituto della confisca allargata - in tutti i casi di condanna o applicazione pena per uno dei delitti di cui all'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, quindi anche per i delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e anche per i delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 commessi prima della modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 operata dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023, come convertito dalla legge n. 159/2023 (in ogni caso la giurisprudenza di legittimita', ormai assurta a diritto vivente, ha stabilito la retroattivita' della nuova disciplina entro i limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del codice penale). Rispetto alla questione sollevata in via ulteriormente subordinata, la Corte costituzionale nella citata sentenza 33 del 2018 ha gia' riconosciuto al giudice un certo margine in sede interpretativa, affinche' verifichi «se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalita' del suo autore [...] il fatto per cui e' intervenuta condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di ricchezza da parte del condannato». Tale interpretazione adeguatrice postula pero' una palese estraneita' del fatto concreto rispetto al modello, laddove nella soluzione che si ritiene di dover suggerire l'applicazione sarebbe facoltativa e presupporrebbe cioe' la constatazione in positivo di elementi che giustifichino la presunzione di un accumulo illecito di ricchezza, e non semplicemente che non sia evidente il contrario. P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata; Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 3 e 42 della Costituzione - della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 nella parte in cui non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; In subordine, questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli articoli 42 e 117 della Costituzione (quest'ultimo in relazione all'art. 1 prot. addiz CEDU) - della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in combinato disposto con gli articoli 200, comma 1, 236, comma 2, e 240-bis del codice penale, nella parte in cui prevede che la misura di sicurezza della confisca dalla stessa disciplinata si applichi ai reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del codice penale, anziche' prevedere che non si applichi reati di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 precedenti la modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023); In via ulteriormente subordinata, della norma di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale nella parte in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, prevede che e' sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre la confisca in questione; Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla Cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, della legge n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma 5, del codice di procedura penale. Firenze, 14 aprile 2025 Il Giudice: Attina'