Reg. ord. n. 95 del 2025 pubbl. su G.U. del 28/05/2025 n. 22

Ordinanza del Tribunale di Firenze  del 14/04/2025

Tra: Y. L.

Oggetto:

Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 123 del 2023, come convertito – Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Omessa esclusione dal proprio ambito applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per il reato di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità ) – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73).

- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159.

- Costituzione, artt. 3 e 42.

 

In subordine: Reati e pene – Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Previsione dell’applicazione dell’art. 240-bis cod. pen. (confisca cosiddetta allargata) nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta – Denunciata previsione che la misura di sicurezza della confisca si applichi ai reati di cui all’art. 73, comma 5 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) retroattivamente entro i limiti dettati dall’art. 200, primo comma, cod. pen. anziché prevedere che non si applichi a tali reati precedenti la modifica dell’art. 85-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 ad opera dell’art. 4, comma 3-bis, del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Lesione del diritto di proprietà, tutelato anche convenzionalmente.

- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con gli artt. 200, primo comma, 236, secondo comma, e 240-bis del codice penale.

- Costituzione, artt. 42 e 117; Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), art. 1.

 

In via ulteriormente subordinata: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità) – Ipotesi particolari di confisca – Modifiche normative ad opera del d.l. n. 123 del 2023, come convertito – Confisca cosiddetta allargata – Denunciata previsione che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, anziché prevedere che il giudice possa disporre tale confisca – Violazione del principio di ragionevolezza – Lesione del diritto di proprietà – Disparità di trattamento rispetto al delitto di cui all’art. 74, comma 6, del d.P.R. n. 309 del 1990 (associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73). 

- Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, art. 85-bis, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, nella legge 13 novembre 2023, n. 159, in combinato disposto con l’art. 240-bis del codice penale.

- Costituzione, artt. 3 e 42.

Norme impugnate:

decreto del Presidente della Repubblica  del 09/10/1990  Num. 309  Art. 85

decreto-legge  del 15/09/2023  Num. 123  Art. 4  Co. 3

legge  del 13/11/2023  Num. 159

decreto del Presidente della Repubblica  del 09/10/1990  Num. 309  Art. 85

codice penale  del  Num.  Art. 200  Co. 1

codice penale  del  Num.  Art. 236  Co. 2

codice penale  del  Num.  Art. 240



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 42   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.  

Protocollo n. 1 a Convenzione europea diritti dell'uomo  Art.  Co.  



Camera di Consiglio del 22 settembre 2025 rel. VIGANÒ


Testo dell'ordinanza

                        N. 95 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 2025

Ordinanza  del  14  aprile  2025  del  Tribunale   di   Firenze   nel
procedimento penale a carico di Y. L.. 
 
Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n. 309 del  1990
  - Ipotesi particolari di confisca  -  Previsione  dell'applicazione
  dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di condanna o di  applicazione
  della pena su richiesta -  Omessa  esclusione  dal  proprio  ambito
  applicativo delle ipotesi di condanna o di applicazione della  pena
  su richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma 5. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
  (Testo  unico  delle  leggi  in   materia   di   disciplina   degli
  stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza),  art.
  85-bis. 
In subordine: Reati e pene - Delitti di cui all'art. 73 del d.P.R. n.
  309 del  1990  -  Ipotesi  particolari  di  confisca  -  Previsione
  dell'applicazione dell'art. 240-bis cod. pen. nei casi di  condanna
  o di applicazione della pena su richiesta -  Denunciata  previsione
  che la misura di sicurezza della confisca si applichi ai  reati  di
  cui all'art. 73, comma 5, retroattivamente entro i  limiti  dettati
  dall'art. 200, primo comma, cod. pen. anziche' prevedere che non si
  applichi a tali reati precedenti la modifica dell'art.  85-bis  del
  d.P.R. n. 309 del 1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis  del  d.l.
  n. 123 del 2023, come convertito. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
  (Testo  unico  delle  leggi  in   materia   di   disciplina   degli
  stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza),  art.
  85-bis, in combinato disposto con gli artt. 200, primo comma,  236,
  secondo comma, e 240-bis del codice penale. 
In via ulteriormente subordinata: Reati  e  pene  -  Delitti  di  cui
  all'art. 73, comma  5,  del  d.P.R.  n.  309  del  1990  -  Ipotesi
  particolari  di  confisca  -  Confisca   cosiddetta   allargata   -
  Denunciata previsione  che  e'  sempre  disposta  la  confisca  del
  denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui  il  condannato  non
  puo' giustificare la provenienza e di  cui,  anche  per  interposta
  persona fisica o giuridica, risulta  essere  titolare  o  avere  la
  disponibilita' a  qualsiasi  titolo  in  valore  sproporzionato  al
  proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte  sul  reddito,  o
  alla propria attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice
  possa disporre tale confisca. 
- Decreto del Presidente della Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309
  (Testo  unico  delle  leggi  in   materia   di   disciplina   degli
  stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
  riabilitazione  dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza),  art.
  85-bis, in combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale. 


(GU n. 22 del 28-05-2025)

 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima sezione penale 
 
    Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di L... Y..., nato a ..., il ... sedicente, identificato con
rilievi fotodattiloscopici (CUI...), con domicilio dichiarato in  via
...; 
    Difeso di fiducia dall'avv. Sabrina Serroni del Foro di Prato; 
    Imputato: (in concorso con L... O... separatamente giudicato); 
    In ordine al reato di cui agli articoli 81 cpv., 110  del  codice
penale e 73, commi  1,  4  e  5  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 perche',  con  piu'  azioni  esecutive  di  un
medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro  e  comunque  previo
concerto, senza l'autorizzazione di cui all'art.  17  e  fuori  dalle
ipotesi previste  dall'art.  75  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica cit., detenevano illecitamente, occultate presso  la  loro
abilitazione, sostanze stupefacenti del tipo «hashish», «marijuana» e
«MDMA», confezionate, rispettivamente, in tre panetti e due frammenti
di «hashish» del peso netto di 30,18 gr.  e  da  cui  sono  risultate
estraibili complessivamente trecentottantacinque dosi medie  singole,
quindici pasticche e della polvere di «MDMA» del peso netto  di  7,34
gr. e da cui sono  risultate  estraibili  complessivamente  7,5  dosi
medie singole, e due frammenti di «marijuana» del peso netto di  0,19
gr. e da cui e' risultata estraibile una dose media singola, sostanze
che - per quantitativo, diversificazione  qualitativa,  modalita'  di
presentazione  e  occultamento,  peso   lordo   complessivo   ed   il
contestuale rinvenimento nella loro  disponibilita'  della  somma  in
contanti  di  euro  750  di   cui   non   sapevano   fornire   alcuna
giustificazione - apparivano destinate ad un uso  non  esclusivamente
personale. 
    In ..., fino al ... sentite le parti; 
    Premesso che: 
        con decreto del pubblico ministero emesso il  3  luglio  2023
L... Y... e L... O... erano citati a giudizio per  il  reato  di  cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990, in ipotesi posto in essere il ... mediante la detenzione in
casa di vari quantitativi di hashish, marijuana ed MDMA; 
        a  seguito  di   taluni   rinvii   preliminari,   all'udienza
predibattimentale del 31 marzo 2024 il difensore di L... Y..., munito
di procura speciale,  chiedeva  procedersi  con  il  rito  abbreviato
condizionato (all'acquisizione  di  una  sentenza  del  Tribunale  di
Spoleto) e il giudice provvedeva in conformita'; 
        all'udienza odierna, previa separazione delle  posizioni  dei
due imputati, con riguardo a  L...  Y...  le  parti  illustravano  le
rispettive conclusioni: il pubblico ministero  chiedeva  la  condanna
del predetto - previo riconoscimento della continuazione tra il reato
oggi in esame e quello di cui alla sentenza del Tribunale di  Spoleto
del 23 novembre 2022 -  alla  pena  di  anni  uno  e  mesi  dieci  di
reclusione ed euro 4.000 di multa (ivi ricompresa la  pena  applicata
con la citata sentenza); il difensore chiedeva, previo riconoscimento
della continuazione tra il reato oggi in esame e quelli di  cui  alla
sentenza del Tribunale di Spoleto del  23  novembre  2022,  ritenersi
piu' grave quello di cui al capo A) della citata sentenza, applicarsi
un aumento minimo per la continuazione  e  confermarsi  il  beneficio
della sospensione condizionale della pena. 
    Rilevato che: 
        A) In base agli  atti  d'indagine,  in  data  ...  L...  Y...
(sedicente e identificato con rilievi fotodattiloscopici) era  tratto
in arresto in flagranza di reato per la detenzione a fine di  spaccio
di sostanza stupefacente di tipo chetamina (quattordici dosi) e  MDMA
(trentadue dosi) all'interno di una discoteca di ...; ne  seguiva  il
giorno dopo un processo con rito direttissimo presso il Tribunale  di
Spoleto, che si sarebbe concluso con sentenza di applicazione pena ex
art. 444 del codice di procedura penale del 23 novembre 2022  (irrev.
15 dicembre 2022) con riguardo a due imputazioni ex art. 73, comma 5,
del decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990,  con  pena
finale di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 2.000  di  multa,
condizionalmente sospesa. 
        Nel frattempo, poiche' in  sede  di  dichiarazioni  spontanee
l'imputato aveva dichiarato di detenere ulteriore stupefacente presso
la propria  abitazione  di  ...,  il  pubblico  ministero  presso  il
Tribunale di Spoleto con decreto del 7  novembre  2022  disponeva  la
perquisizione della citata abitazione. 
        Nel tardo pomeriggio dello stesso ... era eseguita la  citata
perquisizione, nel corso della quale gli operanti  della  polizia  di
Stato rinvenivano: 
          tre panetti di hashish, occultati dietro lo specchio di  un
bagno non funzionante; 
          due frammenti di hashish, sul tavolo del soggiorno; 
          quindici pasticche di MDMA occultate nel mobile portaposate
sito nel corridoio; 
          marijuana essiccata, sul tavolo del soggiorno; 
          una dose di (supposta) chetamina sul comodino della  camera
da letto dei due fratelli L...; 
          750 euro in contanti (tre tonate da 100 euro,  6  banconote
da 50 euro, 5 banconote da 20 euro, 5 banconote da 10 euro) occultati
dietro lo specchio di altro bagno (funzionante). 
        Le successive analisi confermavano  la  natura  delle  citate
sostanze stupefacenti; soltanto l'analisi  della  supposta  chetamina
rivelava trattarsi in realta' anche in tal caso di MDMA, peraltro  in
quantita' inferiore ad una dose media singola. 
        In totale si trattava di 30,18 grammi di hashish, 0,19 grammi
di marijuana e 7,34 grammi di MDMA. 
         B) Il presente procedimento ha ad oggetto per  l'appunto  la
detenzione delle sostanze stupefacenti rinvenute presso  l'abitazione
di ... 
        C) Ne' il prevenuto ne' il fratello O... risultano avere reso
dichiarazioni nell'ambito del presente procedimento. 
        D) Alla luce di quanto precede si deve  ritenere  provata  la
responsabilita' dell'imputato  rispetto  al  reato  ascritto  di  cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990. 
        In particolare, in considerazione del  fatto  che  appena  la
sera prima l'imputato era stato arrestato in flagranza di  reato  per
la detenzione a fine di spaccio  di  stupefacenti  (in  parte)  della
medesima tipologia - reato di cui alla sentenza di applicazione pena,
ormai irrevocabile - la detenzione della sostanza rinvenuta presso la
relativa abitazione, pur comune  al  fratello,  puo'  ascriversi  con
certezza (quanto meno) a L... Y...; del resto, era  a  seguito  delle
relative dichiarazioni spontanee che era  disposta  la  perquisizione
dell'abitazione. 
        In secondo luogo, e' plausibile che lo stupefacente fosse  in
parte finalizzato all'uso personale, considerato che  alcune  singole
dosi erano rinvenute - pronte all'uso - sul tavolo  del  soggiorno  e
sul  comodino  della  camera  da  letto.  Tuttavia,   considerati   i
quantitativi complessivi (non trascurabili) e  la  circostanza  della
detenzione a fine di spaccio del giorno prima in  una  discoteca,  si
deve ritenere che la detenzione  non  fosse  finalizzata  ad  un  uso
esclusivamente personale. 
         E) Risulta corretta la qualificazione ai sensi dell'art. 73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990  in
ragione sia dei quantitativi delle sostanze rinvenute, sia  il  fatto
che l'imputato costituisse  l'anello  terminale  della  catena  dello
spaccio, come attestato anche dal fatto che la sera  precedente  egli
fosse colto in possesso di quantitativi modesti da cedere  a  singoli
consumatori all'interno di una discoteca. 
        F) Risulta possibile riconoscere la circostanza attenuante di
cui all'art. 73, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990,  posto  che  e'  solo  grazie  alla  collaborazione  del
prevenuto (e in particolare alle  relative  dichiarazioni  spontanee)
che la polizia giudiziaria e' riuscita a rinvenire e  sequestrare  le
sostanze oggetto del presente procedimento. 
        G) Sussiste  il  vincolo  della  continuazione  tra  i  fatti
oggetto del presente procedimento e quelli oggetto  del  procedimento
gia' conclusosi con sentenza  irrevocabile  presso  il  Tribunale  di
Spoleto. Il trattamento sanzionatorio, contenibile nei  limiti  della
conferma della sospensione condizionale (anche alla luce della citata
collaborazione) non e' pero' rilevante ai presenti fini. 
        H)  La  somma  di  euro  750   sequestrata   deve   ritenersi
appartenesse  allo  stesso  L...  Y...,  posto  che   era   occultata
nell'abitazione con modalita' del tutto analoghe allo stupefacente. 
        I) Quanto all'applicazione in sede di condanna della norma di
cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, per poter  addivenire  ad  una  corretta  decisione  appare
necessario il pronunciamento della  Corte  costituzionale  in  ordine
alla legittimita' costituzionale di detta norma nella  parte  in  cui
non esclude dal proprio ambito applicativo le ipotesi di  condanna  o
di applicazione della pena su richiesta delle parti per il  reato  di
cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990. 
        In subordine, di detta norma in combinato  disposto  con  gli
articoli 200, comma 1, 236, comma 2,  e  240-bis  del  codice  penale
nella parte in cui prevede che la misura di sicurezza della  confisca
dalla stessa disciplinata si applichi ai reati di  cui  all'art.  73,
comma 5, del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990
retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma  1,  del
codice penale, anziche' prevedere che non si applichi  reati  di  cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990 precedenti la modifica  dell'art.  85-bis  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 ad opera dell'art.  4,  comma
3-bis, del decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge  n.
159/2023). 
        In   via   ulteriormente   subordinata,   si   dubita   della
legittimita'  dell'art.  85-bis  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 in combinato disposto con l'art.  240-bis  del
codice penale, nella  parte  in  cui,  con  riguardo  all'ipotesi  di
condanna o di applicazione pena per il delitto all'art. 73, comma  5,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990  prevede  che
e' sempre disposta la confisca del denaro, dei  beni  o  delle  altre
utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza  e
di cui, anche per interposta  persona  fisica  o  giuridica,  risulta
essere titolare o avere  la  disponibilita'  a  qualsiasi  titolo  in
valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato  ai  fini  delle
imposte sul reddito, o alla  propria  attivita'  economica,  anziche'
prevedere che il giudice possa disporre la confisca in questione. 
        L) le questioni  che  qui  s'intendono  porre  all'attenzione
della Corte costituzionale sono  in  parte  analoghe  a  quelle  gia'
sollevate con ordinanza di questo  giudice  del  30  settembre  2024:
posto che il fatto oggetto del presente procedimento e' precedente la
modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del  decreto-legge  n.
123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023), si  formula  qui,
in aggiunta, la questione relativa all'applicazione retroattiva della
norma, come modificata, ai  fatti  precedenti  alla  stessa  modifica
(prima questione subordinata). 
    Cio' premesso; 
 
                               Osserva 
 
1. Rilevanza della questione 
    1.1 L'imputato deve essere condannato per il reato  contestatogli
di  cui  all'art.  73,  comma  5,  primo  periodo,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    Non  e'  contestata   la   circostanza   aggravante   della   non
occasionalita' della condotta di cui all'art. 73,  comma  5,  secondo
periodo, del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,
introdotta  solo  successivamente   dall'art.   4,   comma   3,   del
decreto-legge n. 123/2023, come convertito dalla legge n. 159/2023. 
    1.2 Ai sensi dell'art. 85-bis del decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990, come modificato  dall'art.  4,  comma  3-bis,
decreto-legge n. 123/2023 (come convertito dalla legge n.  159/2023),
dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie l'art.  240-bis  del
codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta la confisca del
denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato non puo'
giustificare la provenienza e di cui, anche  per  interposta  persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilita'
a qualsiasi titolo  in  valore  sproporzionato  al  proprio  reddito,
dichiarato  ai  fini  delle  imposte  sul  reddito,  o  alla  propria
attivita' economica». 
    1.3 Il citato art. 4,  comma  3-bis,  decreto-legge  n.  123/2023
(come convertito) ha infatti modificato l'art. 85-bis del decreto del
Presidente della Repubblica n. 309/1990 sopprimendo l'inciso «esclusa
la fattispecie di cui al comma 5», per effetto del quale la norma  di
cui all'art. 240-bis del codice penale  precedentemente  non  trovava
applicazione nei casi di condanna o di applicazione pena per il reato
di cui all'art.  73,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990. 
    Per effetto di tale modifica quindi il reato oggetto del presente
procedimento ricade  nell'ambito  applicativo  della  norma  ex  art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    1.4 Il fatto di reato in esame e' stato commesso il ..., e quindi
in data precedente la citata modifica normativa. 
    Tuttavia, secondo la giurisprudenza di legittimita' ormai assurta
a diritto  vivente,  venendo  in  rilievo  una  misura  di  sicurezza
patrimoniale avente natura non sanzionatorio-punitiva,  «il  disposto
di cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica  9
ottobre 1990,  n.  309,  novellato  dall'art.  4,  comma  3-bis,  del
decreto-legge  15   settembre   2023,   n.   123,   convertito,   con
modificazioni, in legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha  incluso  il
delitto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica  n.  309  del  1990  nel  novero  di  quelli   costituenti
presupposto della confisca  per  sproporzione  ex  art.  240-bis  del
codice penale, si applica retroattivamente entro  i  limiti  previsti
dall'art.  200,  comma  primo,  del  codice  penale,   sicche',   per
l'individuazione del regime applicabile, deve  aversi  riguardo  alla
legge vigente al momento in cui e' stata emessa la sentenza di  primo
grado» (cosi' Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095  del  20  marzo
2024 Rv. 286103 - 01). In modo piu' diffuso  la  sentenza  Cassazione
Sezione 6,  n.  40620  del  2024  «La  nuova  disciplina  si  applica
retroattivamente entro i limiti dettati dall'art. 200, comma  1,  del
codice penale. Ne consegue che,  ai  fini  della  individuazione  del
regime da considerare, deve aversi riguardo alla legge in  vigore  al
momento in cui e' stata emessa la  sentenza  di  primo  grado  (cosi'
Sezione 6, n. 213 del 22 novembre 2023, ...,  Rv.  285602).  Infatti,
l'art. 200, comma 1, del codice penale stabilisce che «Le  misure  di
sicurezza sono regolate dalla legge in vigore  al  tempo  della  loro
applicazione» e il successivo art. 236, che detta le regole  generali
per le misure  di  sicurezza  patrimoniali  (tra  cui  la  confisca),
stabilisce che ad esse si applica solo il comma 1 dell'art. 200  cit.
(e non, dunque, anche il comma 2, secondo cui «Se la legge del  tempo
in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza e' diversa,  si  applica
la legge in vigore al tempo della esecuzione»). Pertanto, la confisca
- anche ai sensi dell'art. 240-bis del codice penale  -  e'  regolata
dal principio di retroattivita' entro  i  limiti  dettati  dal  primo
comma dell'art. 200, del codice penale, stante il richiamo  dell'art.
236, comma 2, del codice penale, esclusivamente alla prima  parte  di
detta disposizione, sicche', per l'individuazione del  regime  legale
di riferimento, deve aversi riguardo alla legge in  vigore  al  tempo
della sua applicazione, che coincide con  il  momento  in  cui  viene
emessa la decisione di primo  grado  (Sezione  6,  n.  21491  del  16
febbraio 2015, ..., Rv. 263768)». 
    Nello stesso senso si vedano anche Cassazione Sezione 6, sentenza
n. 213 del 22 novembre 2023 Rv. 285602 - 01,  Cassazione  Sezione  6,
sentenza n. 317 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n.  299  del
2025, Cassazione Sezione 4,  sentenza  n.  29  del  2025,  Cassazione
Sezione 6, sentenza n. 44535 del 2024, Cassazione Sezione 6, sentenza
n. 40617 del 2024. 
    1.5 Ricorrono gli ulteriori requisiti dell'istituto in questione,
posto che l'imputato non ha fornito alcuna giustificazione  circa  la
provenienza  della  somma  di  euro  750   rinvenuta   in   sede   di
perquisizione. 
    Dagli atti del fascicolo il prevenuto non risulta titolare di  un
reddito regolare. 
    Infine, il denaro e' stato trovato in possesso dell'imputato  nel
momento in cui era commesso il reato in esame e non e' stato  dedotto
ne' tanto meno sono stati forniti elementi  per  ritenere  che  detto
denaro  fosse  stato   dal   medesimo   acquisito   in   un   periodo
eccessivamente antecedente rispetto alla citata data (requisito  c.d.
della ragionevolezza temporale). 
    La Corte di Cassazione ha ritenuto che  l'entita'  modesta  della
somma di denaro rinvenuta nella disponibilita' dell'autore del  reato
non sia di per se' ostativa all'operativita'  della  confisca,  fatta
salva  la  necessita'  di  una  motivazione  piu'  stringente  (nella
sentenza Sezione 4 - , n. 18608 del 22 marzo 2024 Rv. 286254 - 01  la
Corte di Cassazione riteneva congrua  la  motivazione  rispetto  alla
confisca di 240 euro). 
    1.6 Nella sentenza n. 33 del  2018  la  Corte  costituzionale  ha
inoltre svolto un'ulteriore considerazione: «Nella medesima ottica di
valorizzazione della ratio legis, puo'  ritenersi,  peraltro,  che  -
quando si discuta di reati che, per loro  natura,  non  implicano  un
programma criminoso dilatato nel tempo (com'e' per la ricettazione) e
che non risultino altresi' commessi, comunque sia, in  un  ambito  di
criminalita' organizzata - il giudice  conservi  la  possibilita'  di
verificare se, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla
personalita' del suo autore - le quali  valgano,  in  particolare,  a
connotare  la  vicenda  criminosa  come  del   tutto   episodica   ed
occasionale e produttiva di modesto arricchimento - il fatto per  cui
e' intervenuta condanna esuli in modo  manifesto  dal  "modello"  che
vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione di  ricchezza
da parte del condannato». 
    Nel caso di specie non e' data tale situazione. Dalle circostanze
del caso concreto non emergono elementi che valgano  a  connotare  la
vicenda criminosa in esame come del tutto episodica e occasionale  ed
esulante dal modello che vale a fondare la  presunzione  di  illecita
accumulazione.  E'  anzi  emerso  che  il  prevenuto  gia'  la   sera
precedente aveva posto in essere reati simili; la somma in  sequestro
ora  in  esame  non  proviene  pero'  certo  ne'  dalla  condotta  di
detenzione della sera  prima  (che  non  puo'  avere  prodotto  alcun
profitto) ne' dalla condotta di  cessione  sempre  della  sera  prima
(contestatagli rispetto alla cessione a soggetti indeterminati per il
prezzo  complessivo  di  euro  515,  verosimilmente  trovato  in  suo
possesso in quel contesto). 
    1.7 Ai sensi degli art. 85-bis del decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 e 240-bis del  codice  penale  questo  giudice
dovrebbe quindi disporre la confisca  della  somma  di  euro  750  in
sequestro. 
    Diversamente -  ove  la  norma  qui  censurata  fosse  dichiarata
costituzionalmente illegittima, come prospettato in via principale  o
nella questione sollevata nella prima subordinata  -  questo  giudice
non potrebbe disporre la  citata  confisca  e  dovrebbe  disporre  la
restituzione della somma di denaro in sequestro. 
    A tal riguardo occorre rilevare che,  in  base  alla  consolidata
giurisprudenza di legittimita', non potrebbe disporsi la confisca  ai
sensi dell'art. 240 del codice penale e dell'art.  73,  comma  7-bis,
del decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990,  posto  che
non  sussiste  un  nesso   di   pertinenzialita',   in   termini   di
strumentalita' o di derivazione (prodotto, profitto o prezzo),  della
somma  di  denaro  in  questione  rispetto  alla  specifica  condotta
illecita contestata  (cfr.,  tra  le  altre,  Cassazione  Sezione  6,
sentenza n. 55852 del 17 ottobre 2017 Rv.  272204  -  01,  Cassazione
Sezione 4, sentenza n. 20130 del 19 aprile 2022 Rv.  283248  -  01  e
Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv.  286103
- 01 in motivazione). 
    Quanto   alla   questione   sollevata   in   via   di   ulteriore
subordinazione, nel caso in cui  l'applicazione  dell'istituto  della
confisca allargata fosse facoltativa in caso di condanna per il reato
di cui all'art.  73,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990, nel caso in esame tale confisca non  potrebbe
essere disposta, posto che dalle circostanze  concrete  non  emergono
sufficienti elementi per ritenere  che  la  somma  rinvenuta  sia  il
frutto dell'accumulo dei proventi di precedenti delitti. 
2. Non manifesta infondatezza. 
La questione sollevata in via principale e la seconda subordinata 
    2.1 Si dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  di
cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, come modificato dall'art. 4, comma 3-bis, del decreto-legge
n. 123/2023 (come convertito in legge), nella parte  in  cui  prevede
l'applicazione anche con riguardo al reato di cui all'art. 73,  comma
5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990  dell'art.
240-bis del codice penale, ai sensi del quale «e' sempre disposta  la
confisca del denaro, dei beni  o  delle  altre  utilita'  di  cui  il
condannato non puo' giustificare la provenienza e di cui,  anche  per
interposta persona fisica o  giuridica,  risulta  essere  titolare  o
avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in  valore  sproporzionato
al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul  reddito,  o
alla propria attivita' economica». 
    Mentre prima della riforma del 2023 il reato di cui all'art.  73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990  era
espressamente escluso dall'ambito applicativo  dell'art.  85-bis  del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  e   quindi
dell'art.  240-bis  del  codice  penale,  ora  -  per  effetto  della
soppressione nell'art. 85-bis dell'inciso «esclusa la fattispecie  di
cui al comma 5» - anche nelle ipotesi di condanna o  di  applicazione
pena per i fatti di lieve entita' di cui all'art. 73, comma  5,  deve
essere disposta la citata confisca c.d. allargata. 
    2.2  Quanto  alla  natura  dell'istituto  della   confisca   c.d.
allargata, ai requisiti dello stesso e alle  ragioni  storiche  della
relativa introduzione nell'ordinamento, appare utile riportare quanto
affermato dalla Corte costituzionale nella gia' citata sentenza n. 33
del 2018: «La misura patrimoniale prevista dalla norma  censurata  si
colloca nell'alveo delle forme "moderne" di confisca alle quali, gia'
da tempo, plurimi Stati europei hanno fatto ricorso  per  superare  i
limiti di efficacia della confisca penale "classica":  limiti  legati
all'esigenza di dimostrare l'esistenza di un nesso di pertinenza - in
termini di strumentalita' o di derivazione - tra i beni da confiscare
e il singolo reato per cui e' pronunciata  condanna.  [...]  Di  qui,
dunque, la diffusa  tendenza  ad  introdurre  speciali  tipologie  di
confisca, caratterizzate sia da  un  allentamento  del  rapporto  tra
l'oggetto dell'ablazione e il singolo reato, sia, soprattutto, da  un
affievolimento degli oneri  probatori  gravanti  sull'accusa.  Tra  i
diversi modelli di intervento in tale direzione, il piu' diffuso  nel
panorama europeo e' quello della  cosiddetta  confisca  dei  beni  di
sospetta origine illecita: modello al quale e' riconducibile anche la
confisca "allargata"  [...]  Esso  poggia,  nella  sostanza,  su  una
presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai  soggetti
condannati per taluni reati, per lo piu' (ma non sempre)  connessi  a
forme  di  criminalita'  organizzata:  in  presenza  di   determinate
condizioni, si presume, cioe', che il condannato abbia  commesso  non
solo il delitto che ha dato  luogo  alla  condanna,  ma  anche  altri
reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero  i  beni
di cui egli dispone. [...] Nella cornice  del  generale  processo  di
valorizzazione   degli   strumenti   patrimoniali   di   lotta   alla
criminalita' organizzata, da tempo in  atto  a  livello  dell'Unione,
dapprima la decisione quadro 24 febbraio 2005,  n.  2005/212/GAI  del
Consiglio [...] e indi la direttiva 3 aprile 2014, n. 2014/42/UE  del
Parlamento  europeo   e   del   Consiglio   [...]   hanno,   infatti,
specificamente   richiesto   agli   Stati   membri   di   riconoscere
all'autorita' giudiziaria poteri di "confisca estesa". [...].  L'art.
5, paragrafo 1, della citata direttiva  stabilisce,  in  particolare,
che gli Stati membri devono adottare "le misure necessarie per  poter
procedere alla confisca, totale o parziale, dei beni che appartengono
a una persona condannata  per  un  reato  suscettibile  di  produrre,
direttamente  o  indirettamente,  un  vantaggio  economico,   laddove
l'autorita' giudiziaria, in base alle circostanze del caso,  compresi
i fatti specifici e gli elementi di prova disponibili, come il  fatto
che  il  valore  dei  beni  e'  sproporzionato  rispetto  al  reddito
legittimo della persona  condannata,  sia  convinta  che  i  beni  in
questione  derivino  da  attivita'  criminose".  Diversamente   dalla
decisione quadro 2005/212/GAI, la direttiva non limita l'applicazione
della confisca estesa ai soli reati  di  criminalita'  organizzata  o
collegati al terrorismo, ma la richiede anche  in  relazione  ad  una
serie di altri reati previsti  da  strumenti  normativi  dell'Unione,
benche' non commessi nel quadro di organizzazioni criminali. 7.-  Per
quanto piu' specificamente attiene  alla  misura  prevista  dall'art.
12-sexies  del  decreto-legge  n.  306  del  1992,   essa   e'   nata
storicamente come "sostituto" del delitto di "possesso ingiustificato
di valori",  gia'  previsto  dall'art.  12-quinquies,  comma  2,  del
medesimo decreto-legge. [...] La norma incriminatrice  fu  dichiarata
illegittima da questa Corte, dopo un breve periodo di vigenza, con la
sentenza n. 48 del 1994, per  violazione  della  presunzione  di  non
colpevolezza sancita all'art. 27, secondo comma, Costituzione [...] A
fronte di tale declaratoria,  il  legislatore  introdusse  [...]  una
speciale ipotesi di confisca, disciplinata in  un  articolo  aggiunto
[...] (il 12-sexies). La formulazione della norma fu motivata con  la
necessita' di creare un nuovo strumento che fosse in  grado,  per  un
verso,  di  realizzare  le  medesime  finalita'   che   si   volevano
raggiungere con la disposizione  dichiarata  illegittima  [...];  per
altro verso, di recepire le indicazioni offerte da questa  Corte  con
la citata sentenza n. 48 del 1994 [...]. In  tale  ottica,  la  norma
prevedeva [...] che, in caso di condanna o di applicazione della pena
su richiesta delle parti per taluno dei delitti in essa indicati,  e'
"sempre  disposta"  (si  tratta,   dunque,   di   confisca   speciale
obbligatoria) "la  confisca  del  denaro,  dei  beni  o  delle  altre
utilita' di cui il condannato non puo' giustificare la provenienza  e
di cui, anche per interposta  persona  fisica  o  giuridica,  risulta
essere titolare o avere  la  disponibilita'  a  qualsiasi  titolo  in
valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato  ai  fini  delle
imposte sul reddito, o alla propria attivita'  economica".  La  norma
denunciata riconnette, dunque,  a  due  elementi  -  la  qualita'  di
condannato per determinati reati e la sproporzione del patrimonio  di
cui il condannato dispone,  anche  indirettamente,  rispetto  al  suo
reddito o alla sua  attivita'  economica  -  la  presunzione  che  il
patrimonio stesso derivi da attivita'  criminose  che  non  e'  stato
possibile accertare: presunzione, peraltro, solo relativa, potendo il
condannato  vincerla  giustificando  la  provenienza  dei  beni.   La
confisca "allargata" italiana si caratterizza,  quindi,  rispetto  al
modello di confisca "estesa" prefigurato dalla  direttiva  2014/42/UE
(la quale si limita, peraltro,  a  stabilire  "norme  minime",  senza
impedire agli Stati membri di adottare soluzioni piu' rigorose),  per
il diverso e piu' ridotto standard probatorio. La sproporzione tra il
valore dei beni e i redditi legittimi del condannato -  che  in  base
all'art. 5 della direttiva costituisce uno dei  "fatti  specifici"  e
degli "elementi di  prova"  dai  quali  il  giudice  puo'  trarre  la
convinzione che i beni da confiscare «derivino da condotte criminose"
- vale, invece, da sola  a  fondare  la  misura  ablativa  in  esame,
allorche' il condannato non  giustifichi  la  provenienza  dei  beni,
senza che occorra alcuna ulteriore dimostrazione della  loro  origine
delittuosa.  8.-  Al  riguardo,  costituisce,  in  effetti,   approdo
ermeneutico   ampiamente   consolidato   nella   giurisprudenza    di
legittimita' [...] che, in presenza delle condizioni  indicate  dalla
norma, il giudice non debba ricercare alcun nesso di derivazione  tra
i beni  confiscabili  ed  il  reato  per  cui  e'  stata  pronunciata
condanna, e neppure tra i medesimi beni e una piu' generica attivita'
criminosa del condannato. [...] Di qui  la  conclusione  per  cui  la
confiscabilita' non e' esclusa dal  fatto  che  i  beni  siano  stati
acquisiti in data anteriore o successiva  al  reato  per  cui  si  e'
proceduto, o che il loro valore superi il provento di tale reato.  In
questa  prospettiva  [...]  la  disposizione  in  esame  si  presenta
espressiva di una «scelta  di  politica  criminale  del  legislatore,
operata con l'individuare delitti particolarmente allarmanti,  idonei
a creare una accumulazione economica, a sua volta possibile strumento
di ulteriori delitti, e quindi  col  trarne  una  presunzione,  iuris
tantum,  di  origine  illecita  del  patrimonio  "sproporzionato"   a
disposizione del condannato per tali delitti": presunzione che  trova
"base nella nota capacita' dei delitti  individuati  dal  legislatore
[...] ad essere perpetrati in forma quasi  professionale  e  a  porsi
quali fonti di illecita ricchezza". [...] secondo un indirizzo  della
giurisprudenza di legittimita' [...] la  presunzione  di  illegittima
acquisizione  dei  beni  oggetto  della  misura  resta  circoscritta,
comunque sia, in un ambito di cosiddetta "ragionevolezza  temporale".
Il momento di acquisizione del bene non  dovrebbe  risultare,  cioe',
talmente lontano dall'epoca di  realizzazione  del  "reato  spia"  da
rendere ictu oculi irragionevole la presunzione  di  derivazione  del
bene  stesso  da  una  attivita'  illecita,  sia   pure   diversa   e
complementare rispetto a quella  per  cui  e'  intervenuta  condanna.
[...] La ricordata tesi della "ragionevolezza temporale" risponde, in
effetti, all'esigenza di evitare una abnorme dilatazione della  sfera
di operativita' dell'istituto della confisca  "allargata",  il  quale
legittimerebbe altrimenti - anche a  fronte  della  condanna  per  un
singolo reato compreso nella lista  -  un  monitoraggio  patrimoniale
esteso all'intera vita del condannato. [...] Nella medesima ottica di
valorizzazione della ratio legis, puo'  ritenersi,  peraltro,  che  -
quando si discuta di reati che, per loro  natura,  non  implicano  un
programma criminoso dilatato nel tempo  [...]  e  che  non  risultino
altresi'  commessi,  comunque  sia,  in  un  ambito  di  criminalita'
organizzata - il giudice conservi la possibilita' di  verificare  se,
in relazione alle circostanze del caso concreto e  alla  personalita'
del suo autore - le quali valgano, in  particolare,  a  connotare  la
vicenda  criminosa  come  del  tutto  episodica  ed   occasionale   e
produttiva di modesto arricchimento - il fatto per cui e' intervenuta
condanna esuli in modo manifesto dal "modello" che vale a fondare  la
presunzione di illecita  accumulazione  di  ricchezza  da  parte  del
condannato.». 
    2.3 A fronte del progressivo e  alluvionale  accrescimento  della
compagine dei reati cui e' annessa la misura  ablativa  speciale,  la
Corte concludeva peraltro la citata sentenza  formulando  «l'auspicio
che la selezione dei  "delitti  matrice"  da  parte  del  legislatore
avvenga, fin tanto che l'istituto conservi la sua attuale fisionomia,
secondo criteri ad essa strettamente coesi e, dunque, ragionevolmente
restrittivi. Ad evitare, infatti, evidenti tensioni sul  piano  delle
garanzie  che  devono  assistere  misure  tanto  invasive  sul  piano
patrimoniale, non puo' non sottolinearsi l'esigenza che  la  rassegna
dei reati presupposto si fondi su tipologie e modalita' di  fatti  in
se' sintomatiche di un illecito arricchimento del  loro  autore,  che
trascenda la singola vicenda giudizialmente accertata, cosi' da poter
veramente annettere il patrimonio "sproporzionato" e "ingiustificato"
di cui l'agente dispone ad una ulteriore attivita' criminosa  rimasta
"sommersa"». 
    2.4 Nonostante tale auspicio, in seguito il legislatore ha esteso
l'ambito applicativo della confisca allargata (la cui  disciplina  e'
ora sostanzialmente confluita nell'art. 240-bis del codice penale)  a
diversi altri reati, tra cui - per quanto qui rileva - quello di  cui
all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica  n.
309/1990.  
    In tal caso pare violato il principio di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione, oltre al diritto di proprieta' di  cui
all'art. 42 della Costituzione. 
    Nella sentenza  n.  223  del  2022  la  Corte  costituzionale  ha
affermato che «i fatti di piccolo spaccio» di cui all'art. 73,  comma
5, del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  «si
caratterizzano per un'offensivita' contenuta per  essere  modesto  il
quantitativo di sostanze stupefacenti oggetto di  cessione.  Di  qui,
non e' ragionevole presumere  che  la  "redditivita'"  dell'attivita'
delittuosa sia stata tale da determinare il superamento da parte  del
reo dei limiti di reddito contemplati dall'art. 76  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per ottenere l'ammissione
al beneficio del patrocinio a spese  dello  Stato».  La  Corte,  dopo
avere sottolineato l'eterogeneita' del  reato  di  cui  all'art.  73,
comma 5, del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990
rispetto  agli  altri  delitti  cui  si  applicava  la  norma  allora
censurata, ha inoltre sottolineato che  il  reato  in  questione  «e'
privo dell'idoneita' ex se a far  presumere  un  livello  di  reddito
superiore alla (peraltro non  esigua)  soglia  minima  dell'art.  76,
comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del  2002
(id est un reddito Irpef di circa mille euro al mese), in ragione dei
proventi  derivanti  dall'attivita'  criminosa.  E'  anzi   vero   il
contrario:  si  tratta  spesso  di   manovalanza   utilizzata   dalla
criminalita' organizzata e proveniente dalle fasce marginali dei "non
abbienti", ossia di quelli che sono sprovvisti dei "mezzi per agire e
difendersi davanti ad ogni  giurisdizione"  (art.  24,  terzo  comma,
della Costituzione)». 
    La Corte  ha  quindi  ritenuto  manifestamente  irragionevole  la
presunzione  (pur  relativa)  operata  dal  legislatore   quanto   al
superamento  della  soglia  fissata  per  l'ammissione  al   gratuito
patrocinio da parte di coloro che fossero  stati  condannati  per  il
reato  ex  art.  73,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990. Detto in altri termini, la  condanna  per  il
reato  ex  art.  73,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990  non  legittima  la  presunzione  (anche  solo
relativa) di un accumulo di ricchezza da parte del suo autore. 
    Nel caso in esame la  finalita'  della  presunzione  relativa  e'
diversa (la confisca allargata delle somme e  dei  beni  disponibili,
che siano sproporzionate  rispetto  al  reddito  e  di  cui  non  sia
giustificata la provenienza), ma il presupposto da cui  ha  mosso  il
legislatore e' sempre lo stesso, e cioe' il fatto  che  il  reato  in
questione sarebbe idoneo a creare una accumulazione  economica,  tale
da giustificare, da un lato, la presunzione (relativa) di un  livello
di reddito superiore alla soglia minima dell'art. 76,  comma  1,  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e, dall'altro, la
presunzione (relativa) di origine delittuosa del denaro  e  dei  beni
sproporzionati al reddito di cui il prevenuto non abbia  giustificato
la provenienza. 
    Trattasi pero' di presupposto non confacente alla  realta'.  Come
sottolineato nella citata sentenza n. 223 del  2022,  il  delitto  ex
art. 73, comma 5, del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990  non  e'  connotato  dalla  particolare   redditivita'   che
giustificherebbe la  citata  presunzione,  essendo  viceversa  spesso
reato commesso da «bassa manovalanza» priva  di  significativi  mezzi
economici. 
    La ridotta offensivita' del  reato  ex  art.  73,  comma  5,  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e' stata ribadita
dalla Corte costituzionale anche nella sentenza  n.  43  del  2024  e
nella sentenza n. 88 del 2023, nelle  quali  e'  stata  censurata  la
presunzione assoluta di pericolosita' sociale del soggetto condannato
per detto reato ai  fini  delle  procedure  di  regolarizzazione  del
rapporto di lavoro e di rinnovo del permesso di soggiorno. 
    2.5  E'  si'  vero  che  l'istituto  della   confisca   allargata
presuppone l'effettivo rinvenimento  di  somme  di  denaro  (o  altre
utilita') sproporzionate al reddito, cio' che potrebbe  far  apparire
ragionevole la presunzione. 
    Tuttavia, il mero possesso  non  giustificato  di  una  somma  di
denaro (peraltro non elevata, per quanto sproporzionata  al  reddito)
non rende ragionevole la presunzione nella misura in cui la tipologia
di delitto (per cui  vi  e'  condanna),  pur  postulando  o  comunque
essendo accompagnata abitualmente da un fine di lucro, non e' di  per
se' idonea a determinare  un  significativo  accumulo  di  ricchezza.
Possesso  di  somme  di  denaro  (o   altre   utilita')   in   misura
sproporzionata al reddito e mancata  giustificazione  della  relativa
provenienza non legittimano cioe' di per se' la presunzione, ma  solo
a condizione che il reato per cui vi e' condanna sia connotato da una
significativa redditivita' e  quindi  sia  idoneo  a  determinare  un
accumulo di ricchezza (cosicche' le  somme/utilita'  rinvenute  -  in
misura  sproporzionata  al  reddito  e  senza  giustificazione  della
relativa provenienza - possano  ragionevolmente  attribuirsi  ad  una
pregressa analoga attivita' delittuosa). 
    Diversamente  opinando,  del  resto,  si  dovrebbe  ritenere  che
qualunque delitto determinato - in astratto o anche solo in  concreto
- da fine di lucro possa giustificare analoga  presunzione  a  fronte
del rinvenimento di somme di denaro  (o  altre  utilita')  che  siano
sproporzionate rispetto al reddito  e  la  cui  provenienza  non  sia
giustificata:  anche  un  piccolo  furto   al   supermercato   o   la
ricettazione di beni di valore modesto  o  la  vendita  ambulante  di
prodotti con  marchi  falsi,  reati  che,  per  quanto  eventualmente
commessi in modo non  occasionale,  non  sono  connotati  da  elevata
redditivita'. Ne risulterebbero chiaramente sacrificate le  «garanzie
che devono assistere misure tanto invasive sul piano patrimoniale». 
    Viceversa, lo stesso legislatore,  con  riguardo  al  delitto  di
ricettazione, ha escluso che l'istituto della confisca  allargata  si
applichi in caso di condanna per fatti di particolare tenuita'. 
    2.6 Anche la disamina della genesi della norma qui censurata  non
fornisce elementi utili alla luce dei quali la stessa possa ritenersi
ragionevole. 
    La  versione  attuale  della  disposizione  dell'art.  85-bis-del
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e'  il  risultato
della modifica apportata dall'art. 4, comma 3-bis, del  decreto-legge
n. 123/2023, come modificato in sede di conversione in  legge  (legge
n. 159/2023). 
    Piu' precisamente, la versione originaria dell'art. 4 del  citato
decreto-legge - dopo avere previsto alcune novita' in materia di armi
e  oggetti  atti  ad  offendere  -  al  terzo  comma   prevedeva   un
innalzamento (da quattro a cinque  anni)  del  massimo  edittale  del
reato di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990. 
    Nel corso dei lavori preparatori del Senato per la conversione in
legge del decreto, in Commissione in sede referente nella seduta  del
25 ottobre 2023 erano approvati due emendamenti, il 4.11  e  il  4.12
(terza   versione),   che   modificavano   l'art.   4   del   decreto
rispettivamente  prevedendo  la  soppressione  nell'art.  85-bis  del
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  309/1990  delle  parole
«esclusa la fattispecie di cui al comma  5»  (cosi',  in  definitiva,
prevedendo anche per il delitto ex art. 73, comma 5, del decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990  l'operativita'  obbligatoria
della confisca allargata) e configurando nell'ambito del  delitto  ex
art. 73, comma 5, del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 una nuova  ipotesi  speciale  («quando  la  condotta  assume
caratteri di non  occasionalita'»),  sanzionata  con  la  pena  della
reclusione da diciotto mesi a cinque anni e della multa da euro 2.500
a euro 10.329 (e dunque con un minimo edittale decisamente piu'  alto
rispetto a quello previsto  per  l'ipotesi  ordinaria  dall'art.  73,
comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990). 
    Il testo dell'art. 4 del decreto-legge n. 123/2023 nella parte in
questione sarebbe poi rimasto immutato nel corso  della  disamina  in
Assemblea e poi alla Camera dei deputati. 
    Nell'ambito di un intervento tanto articolato  (il  decreto-legge
n. 123/2023 e la legge  di  conversione  investivano  numerose  altre
materie) non pare che il singolo  profilo  ora  in  esame  sia  stato
oggetto di particolare approfondimento. 
    Una disamina (probabilmente non esaustiva) dei lavori preparatori
non ha consentito a questo giudice di rinvenire l'esplicitazione  dei
motivi per  cui  -  a  fronte  dell'auspicio  formulato  dalla  Corte
costituzionale nella sentenza 33 del 2018 e delle osservazioni svolte
dalla stessa Corte nella sentenza n. 223 del 2022  circa  la  modesta
redditivita' del delitto  ex  art.  75,  comma  5,  del  decreto  del
Presidente della  Repubblica  n.  309/1990  -  si  sia  proceduto  ad
estendere  anche  a  tale  delitto  l'operativita'   della   confisca
allargata.  Non  si  rinvengono  considerazioni   (ne'   tanto   meno
riferimenti a studi accademici o a rilevazioni statistiche) circa gli
aspetti economici del fenomeno, quali i prezzi di vendita sul mercato
delle varie sostanze e i margini  di  guadagno  per  gli  autori  del
reato, o circa l'entita' del reimpiego dei proventi del delitto. 
    La  ragione  di  un  simile  intervento  e'   allora   forse   da
rintracciare  nella  volonta'  del   Legislatore   di   punire   piu'
severamente lo spaccio di stupefacenti, anche ove  il  singolo  fatto
risulti di lieve entita'; in tal senso,  pare  significativo  che  la
novella si accompagni all'incremento  del  massimo  edittale  e  alla
previsione di una nuova fattispecie  (aggravata)  in  cui  il  minimo
edittale e' sensibilmente aumentato. 
    Un tale impiego in funzione punitiva dell'istituto pare pero' non
coerente con la  natura  e  il  presupposto  dello  stesso:  trattasi
infatti  di  misura  di  sicurezza  patrimoniale  a   carattere   non
sanzionatorio che presuppone l'idoneita' dei delitti matrice a creare
una accumulazione economica,  a  sua  volta  possibile  strumento  di
ulteriori delitti. 
     2.7 L'art. 3 della Costituzione pare violato anche con  riguardo
al principio di  uguaglianza.  In  particolare,  pare  costituire  un
idoneo tertium comparationis il delitto di cui all'art. 74, comma  6,
del  decreto   del   Presidente   della   Repubblica   n.   309/1990:
l'applicabilita' della confisca allargata ai fatti di  lieve  entita'
pare irragionevole nella  misura  in  cui  detto  istituto  non  puo'
viceversa trovare applicazione con riguardo al delitto associativo di
cui all'art. 74, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990. 
    Come e' noto, «l'associazione [...] costituita per  commettere  i
fatti descritti dal comma 5 dell'art. 73» integra un reato  autonomo,
e non una mera circostanza attenuante  indipendente  dei  piu'  gravi
delitti di cui all'art. 74, comma 1 e 2, del decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 309/1990, posto che il rinvio all'art. 416, comma
1 e 2, del codice penale - contenuto nel citato art. 74, comma 6, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 -  e'  un  rinvio
quoad factum e non un mero rinvio quoad poenam (Cassazione Sezione U,
sentenza n. 34475 del 23 giugno 2011  Rv.  250352  -  01,  Cassazione
Sezione 3 - sentenza n. 44837 del 6 febbraio 2018 Rv. 274696 - 01). 
    In ragione di tale natura autonoma del delitto ex art. 74,  comma
6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, la  Corte
di Cassazione (Cassazione Sezione 3, sentenza n. 27770 dell'11 giugno
2015 Rv. 267226 - 01 e  Cassazione  Sezione  6  -  sentenza  n.  6247
dell'11 gennaio 2024 Rv. 286083 - 01)  ha  affermato  che  l'istituto
della confisca allargata - applicabile ai delitti ex art. 74, comma 1
e 2, del decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990,  prima
in ragione della previsione diretta  da  parte  dell'art.  12-sexies,
comma 1, del decreto-legge n. 306/1992, ora in ragione del  combinato
disposto degli articoli 240-bis del codice penale e 51, comma  3-bis,
del codice di procedura penale - non si applica nel caso di  condanna
per  il  reato  di  associazione  per  delinquere  finalizzata   alla
commissione di fatti di lieve entita' di cui all'art.  74,  comma  6,
del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990. 
    Conseguentemente,  mentre  chi  si  associ  per  commettere   una
pluralita' di delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del Presidente
della Repubblica n. 309/1990 in caso di condanna non e'  di  per  se'
passibile di confisca  allargata  (salvo  sia  condannato  anche  per
qualche reato fine), colui che sia condannato per un singolo reato ex
art. 73, comma 5, del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990 (eventualmente  anche  solo  di  detenzione)  potra'  essere
soggetto a confisca allargata. 
    La disparita' di trattamento risulta irragionevole, posto  che  -
se il presupposto della confisca allargata e' l'idoneita' del delitto
accertato a determinare un accumulo  di  ricchezza,  con  conseguente
pericolo di «utilizzazione delle  risorse  per  il  finanziamento  di
ulteriori   delitti   o   del    loro    reimpiego    nel    circuito
economico-finanziario»   -   cio'   vale   sicuramente    piu'    per
l'associazione (costituita per realizzare una serie indeterminata  di
reati e normalmente connotata da un riutilizzo dei proventi del reato
per commettere nuove attivita' delittuose) che  non  per  il  singolo
reato  ex  art.  73,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990, eventualmente commesso in modo occasionale  o
dalla «manovalanza utilizzata dalla criminalita' organizzata». 
    Il paradosso e' tanto piu' evidente ove si consideri che non sono
passibili      di      confisca       allargata       neppure       i
promotori/fondatori/organizzatori dell'associazione ex art. 74, comma
6, del decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990,  vale  a
dire  i  soggetti  che  normalmente  traggono  maggior  profitto  dai
traffici  di  stupefacenti  e  che  maggiormente  sono  in  grado  di
destinare denaro e beni alla realizzazione di nuovi  reati;  per  gli
stessi, inoltre, talora/spesso non e'  possibile  l'accertamento  del
concorso nei singoli  reati  fine  (e  quindi  la  condanna  per  gli
stessi), cosicche' non e' possibile neppure a tale titolo la confisca
allargata. 
     2.8 In via (ulteriormente) subordinata,  si  chiede  alla  Corte
costituzionale  di  rendere   facoltativa,   anziche'   obbligatoria,
l'operativita' della confisca allargata con riguardo  al  delitto  ex
art. 73, comma 5, del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990. 
    Nella  citata  sentenza  33   del   2018   la   Corte,   in   via
interpretativa, ha gia' riconosciuto al  giudice  la  possibilita'  -
«quando si discuta di reati che, per loro natura,  non  implicano  un
programma criminoso dilatato nel tempo  [...]  e  che  non  risultino
altresi'  commessi,  comunque  sia,  in  un  ambito  di  criminalita'
organizzata» - di «verificare se, in relazione alle  circostanze  del
caso concreto e alla personalita' del suo autore - le quali  valgano,
in particolare, a connotare  la  vicenda  criminosa  come  del  tutto
episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento  -  il
fatto per cui e' intervenuta condanna esuli  in  modo  manifesta  dal
"modello" che vale a fondare la presunzione di illecita accumulazione
di  ricchezza  da  parte  del  condannato.»  In  presenza   di   tali
condizioni, che renderebbero evidente l'insussistenza  di  un  quadro
complessivo  conforme  alla  ratio  giustificatrice  della   confisca
allargata, il giudice potrebbe astenersi dal disporre la confisca. Si
richiede quindi che il fatto «esuli in modo manifesto dal modello». 
    Qualora la Corte non ritenga che gia' in via generale e  astratta
il reato ex art. 73,  comma  5,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  309/1990  esuli  dal  modello  per  le  ragioni  gia'
esplicitate, e quindi non accolga le questioni gia' sopra illustrate,
si  chiede  che  riconosca  al  giudice  un   maggiore   margine   di
apprezzamento, che  non  consista  solo  nel  verificare  l'eventuale
dissonanza del fatto concreto rispetto al modello -  circostanza  che
dovrebbe essere del tutto eccezionale - ma nel verificare, alla  luce
di  tutte  le  circostanze  concrete  (quantitativo  e  tipologia  di
sostanze, modalita' della detenzione, eventuale profitto  conseguito,
stile di vita dell'imputato, eventuali precedenti, entita' dei valori
rinvenuti, ecc.), se  la  presunzione  sottostante  all'istituto  sia
giustificata nel singolo caso concreto. 
    A fronte di reati commessi in ambito di criminalita'  organizzata
o  comunque  connotati  da  un'elevata  redditivita'  si   giustifica
l'obbligatorieta' della confisca allargata  (fatta  salva  l'evidente
estraneita' del fatto concreto rispetto  al  modello,  per  l'elevata
distanza temporale dell'acquisizione del cespite patrimoniale  o  per
altra ragione), in quanto la presunzione di illecita accumulazione di
ricchezza da parte del  condannato  risponde  all'id  quod  plenanque
accidit. Rispetto ad un reato - quale quello ex art. 73, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  -  normalmente
connotato da una redditivita' modesta e  in  relazione  al  quale  e'
dunque agevole formulare ipotesi in cui la presunzione di  legge  non
si   giustifichi,   l'obbligatorieta'    della    confisca    risulta
irragionevole. Si ritiene  viceversa  piu'  ragionevole  affidare  al
prudente apprezzamento del giudice, sulla base di tutte le  evenienze
del caso concreto, la disposizione o meno della confisca. 
3. La prima questione subordinata 
    3.1 Si dubita della legittimita'  della  norma  di  cui  all'art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990,  in
combinato disposto con gli articoli 200, comma 1,  236,  comma  2,  e
240-bis del codice penale, nella parte in cui prevede che  la  misura
di sicurezza della confisca allargata dalla  stessa  disciplinata  si
applichi ai reati di cui  all'art.  73,  comma  5,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n.  309/1990  retroattivamente,  entro  i
limiti dettati dall'art. 200, comma primo, del codice penale:  si  e'
gia'  rilevato   che,   secondo   costante   la   giurisprudenza   di
legittimita',  in  ragione  della  natura  di  misura  di   sicurezza
patrimoniale a carattere non punitivo della confisca in questione, la
nuova  disciplina  introdotta   dall'art.   4,   comma   3-bis,   del
decreto-legge n. 123/2023 (come  convertito)  -  che  ha  incluso  il
delitto di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990 nel novero di quelli  costituenti  presupposto
della confisca per sproporzione ex art. 240-bis del codice  penale  -
si applica retroattivamente entro i limiti  previsti  dall'art.  200,
comma 1, del  codice  penale,  dovendo  aversi  riguardo  alla  legge
vigente al momento in cui  e'  emessa  la  sentenza  di  primo  grado
(Cassazione Sezione 4, sentenza n. 14095 del 20 marzo 2024 Rv. 286103
- 01, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 213 del 22 novembre 2023  Rv.
285602 -  01,  Cassazione  Sezione  6,  sentenza  n.  317  del  2025,
Cassazione Sezione 6, sentenza n. 299 del 2025, Cassazione Sezione 4,
sentenza n. 29 del 2025, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 44535  del
2024, Cassazione Sezione 6, sentenza n. 40617 del 2024). 
    3.2 In effetti, il  principio  di  irretroattivita'  delle  norme
sfavorevoli e' fissato dall'art.  25,  comma  2,  della  Costituzione
unicamente con riguardo alla pena (ma la recente giurisprudenza ne ha
riconosciuto la validita' anche per le sanzioni amministrative aventi
natura punitiva), laddove - in relazione alle misure di  sicurezza  -
l'art. 25, comma 3, della Costituzione  si  limita  a  prevedere  che
«Nessuno puo' essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi
previsti dalla legge», cosi declinando il principio di legalita'  «in
modo differenziato rispetto a quanto previsto  nel  secondo  comma  a
proposito delle pene, non prevedendo - in particolare -  la  garanzia
della  loro  irretroattivita'  in  peius»   (sentenza   della   Corte
costituzionale n. 22 del 2022). 
    3.3 D'altro canto, l'art. 25 della Costituzione, se con  riguardo
alle   misure   di   sicurezza   non   prevede   il   principio    di
irretroattivita', neppure impone l'applicazione delle norme in vigore
al momento della sentenza di primo grado, risultando in proposito  al
piu' neutro. 
    3.4 Recenti pronunce sia della  Corte  costituzionale  sia  della
Corte europea dei diritti dell'uomo hanno pero' sottolineato  che  le
misure a carattere non punitivo, se non devono rispettare i  principi
propri  della  materia  sostanzialmente  penale,  sottostanno   pero'
comunque alle garanzie proprie dei beni giuridici su cui incidono. 
    In particolare, la Corte costituzionale nella sentenza n. 24  del
2019 - avendo riguardo alla confisca di prevenzione, di cui  peraltro
ha ampiamente sottolineato le analogie con la confisca allargata - ha
affermato: «Pur non avendo natura penale,  sequestro  e  confisca  di
prevenzione restano peraltro misure  che  incidono  pesantemente  sui
diritti di proprieta' e di iniziativa economica, tutelati  a  livello
costituzionale (articoli 41 e 42 della Costituzione) e  convenzionale
(art. 1, prot. addiz. CEDU). Esse dovranno, pertanto,  soggiacere  al
combinato disposto delle garanzie cui la  Costituzione  e  la  stessa
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali  subordinano  la  legittimita'  di   qualsiasi
restrizione ai diritti in questione, tra cui - segnatamente -: a)  la
sua  previsione  attraverso  una  legge  (articoli  41  e  42   della
Costituzione)  che  possa  consentire  ai  propri   destinatari,   in
conformita' alla costante  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo sui requisiti di qualita' della "base legale" della
restrizione, di prevedere la futura possibile  applicazione  di  tali
misure (art. 1 prot. addiz. CEDU) [...]». 
     3.5 Anche la confisca allargata, esattamente come la confisca di
prevenzione, incide pesantemente sul diritto di proprieta',  tutelato
dall'art.  42  della  Costituzione  e  dall'art.  1  del   Protocollo
addizionale CEDU. 
    Perche'  la  normativa  relativa  alla  confisca  allargata   sia
costituzionalmente legittima - rispetto all'art. 42  e  all'art.  117
della Costituzione  (quest'ultimo  in  relazione  all'art.  1,  prot.
addiz. CEDU) - e' allora necessario  che  la  «base  legale»  sia  di
adeguata qualita'. 
    A tale scopo, e' in primo  luogo  essenziale  che  la  disciplina
normativa - proprio perche' possa «consentire ai  propri  destinatari
[...] di prevedere la futura possibile applicazione di tali misure» -
sia   preesistente   rispetto   alle   condotte   che    giustificano
l'applicazione delle misure privative/limitative della proprieta'. 
    In particolare, e' necessario che -  in  caso  di  previsione  di
nuove misure ablative o di estensione di misure ablative preesistenti
a casi prima non previsti (come nell'ipotesi in  esame)  -  la  nuova
disciplina si applichi solo ai fatti successivi. 
    3.6 A tale proposito e' anche significativa la circostanza che  -
in sede di conversione del decreto-legge n. 124/2019, che all'art. 39
aveva esteso l'istituto  della  confisca  allargata  a  taluni  reati
tributari di cui al  decreto  legislativo  n.  74/2000  -  lo  stesso
legislatore  abbia  previsto  espressamente   che   le   disposizioni
concernenti la confisca allargata si applicassero esclusivamente alle
condotte poste in essere successivamente  alla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del decreto-legge (art.  39,  comma
1-bis, del decreto-legge n. 124/2019, come convertito dalla legge  n.
157/2019). 
    Cosi' il relativo dossier del Servizio  studi  del  Senato  della
Repubblica: «A completamento  dell'introduzione  dell'istituto  della
confisca allargata per i reati tributari, la  Camera  ha  specificato
(comma 1-bis) che tale  istituto  potra'  essere  applicato  solo  in
relazione a fatti commessi dopo l'entrata in vigore della riforma. Il
legislatore  riconduce  dunque  questo  istituto  al  diritto  penale
sostanziale, escludendo una applicazione retroattiva, sfavorevole  al
reo». 
4. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata ai citati parametri costituzionali. 
    Piu'  precisamente,  quanto  alla  questione  sollevata  in   via
principale e alla prima  subordinata,  il  dato  letterale  dell'art.
85-bis del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990
risulta chiaro e univoco  nel  prevedere  l'applicabilita'  dell'art.
240-bis del codice penale - e  quindi  dell'istituto  della  confisca
allargata - in tutti i casi di condanna o applicazione pena  per  uno
dei delitti di cui all'art.  73  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990, quindi anche per i delitti ex art. 73,  comma
5, del decreto del Presidente della Repubblica n.  309/1990  e  anche
per i delitti ex art. 73, comma 5, del decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 309/1990 commessi prima della modifica dell'art. 85-bis
del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990  operata
dall'art.  4,  comma  3-bis,  del  decreto-legge  n.  123/2023,  come
convertito dalla legge n. 159/2023 (in ogni caso la giurisprudenza di
legittimita', ormai  assurta  a  diritto  vivente,  ha  stabilito  la
retroattivita'  della  nuova  disciplina  entro  i   limiti   dettati
dall'art. 200, comma 1, del codice penale). 
    Rispetto  alla   questione   sollevata   in   via   ulteriormente
subordinata, la Corte costituzionale nella  citata  sentenza  33  del
2018 ha gia'  riconosciuto  al  giudice  un  certo  margine  in  sede
interpretativa,  affinche'   verifichi   «se,   in   relazione   alle
circostanze del caso concreto e  alla  personalita'  del  suo  autore
[...] il  fatto  per  cui  e'  intervenuta  condanna  esuli  in  modo
manifesto dal "modello" che vale a fondare la presunzione di illecita
accumulazione  di  ricchezza   da   parte   del   condannato».   Tale
interpretazione adeguatrice postula pero' una palese estraneita'  del
fatto concreto rispetto al modello, laddove nella  soluzione  che  si
ritiene di  dover  suggerire  l'applicazione  sarebbe  facoltativa  e
presupporrebbe cioe' la constatazione in  positivo  di  elementi  che
giustifichino la presunzione di un accumulo illecito di ricchezza,  e
non semplicemente che non sia evidente il contrario. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23  e  seguenti  della
legge  n.  87/1953,   ritenuta   la   questione   rilevante   e   non
manifestamente infondata; 
    Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale -  per
violazione degli articoli 3 e 42 della Costituzione - della norma  di
cui all'art. 85-bis del decreto del Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990  nella  parte  in  cui  non  esclude  dal   proprio   ambito
applicativo le ipotesi di condanna o di applicazione  della  pena  su
richiesta delle parti per il reato di cui all'art. 73, comma  5,  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990; 
    In subordine, questione  di  legittimita'  costituzionale  -  per
violazione degli articoli 42 e 117 della  Costituzione  (quest'ultimo
in relazione all'art. 1 prot.  addiz  CEDU)  -  della  norma  di  cui
all'art. 85-bis  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
309/1990, in combinato disposto con gli articoli 200, comma  1,  236,
comma 2, e 240-bis del codice penale, nella parte in cui prevede  che
la misura di sicurezza della confisca dalla  stessa  disciplinata  si
applichi ai reati di cui  all'art.  73,  comma  5,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  309/1990  retroattivamente  entro  i
limiti dettati dall'art. 200, comma 1, del  codice  penale,  anziche'
prevedere che non si applichi reati di cui all'art. 73, comma 5,  del
decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990  precedenti  la
modifica dell'art. 85-bis del decreto del Presidente della Repubblica
n. 309/1990 ad opera dell'art. 4, comma 3-bis, del  decreto-legge  n.
123/2023 (come convertito dalla legge n. 159/2023); 
    In via ulteriormente subordinata, della  norma  di  cui  all'art.
85-bis del decreto del Presidente della Repubblica  n.  309/1990,  in
combinato disposto con l'art. 240-bis del codice penale  nella  parte
in cui, con riguardo all'ipotesi di condanna o di  applicazione  pena
per il delitto all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 309/1990, prevede che e' sempre  disposta  la  confisca
del denaro, dei beni o delle altre utilita' di cui il condannato  non
puo' giustificare la provenienza  e  di  cui,  anche  per  interposta
persona fisica o  giuridica,  risulta  essere  titolare  o  avere  la
disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria
attivita' economica, anziche' prevedere che il giudice possa disporre
la confisca in questione; 
    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale; 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  Cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23, comma 4, della  legge
n. 87/1953, che la presente ordinanza e' stata  letta  in  udienza  e
che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro  che  sono  o
devono considerarsi presenti, ex art. 148, comma  5,  del  codice  di
procedura penale. 
      Firenze, 14 aprile 2025 
 
                         Il Giudice: Attina'