Reg. Ric. n. 13 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 26/03/2025 n. 13

Ricorrente:Regione Campania

Resistenti: Presidente del Consiglio dei ministri



Oggetto:

Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica – Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente – Meccanismi di riparto tra le regioni – Modalità di contribuzione mediante iscrizione nella missione 20, Fondi e accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli esercizi del rispettivo bilancio di previsione, di un fondo con una dotazione pari al contributo annuale alla finanza pubblica – Previsione che, per gli enti in disavanzo, alla fine dell'esercizio precedente, il fondo costituisce un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione – Ricorso della Regione Campania – Denunciata introduzione di limiti all’autonomia finanziaria non corrispondenti dalla funzione di esplicazione di principi di coordinamento della finanza pubblica – Irragionevolezza – Violazione del principio di leale collaborazione – Ritenuta assenza di margini di discrezionalità nella determinazione dei riparto da parte delle regioni in sede di autocoordinamento - Violazione del principio di eguaglianza sostanziale – Lesione del principio della capacità contributiva – Violazione dell’autonomia finanziaria regionale.

- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, commi 784, 786 e 789.

- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120.

 

Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica – Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente – Meccanismi di riparto tra le regioni – Modalità di contribuzione mediante iscrizione nella missione 20, Fondi e accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli esercizi del rispettivo bilancio di previsione, di un fondo con una dotazione pari al contributo annuale alla finanza pubblica – Previsione che, per gli enti in disavanzo, alla fine dell'esercizio precedente, il fondo costituisce un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione – Regione Campania – Denunciata illogica disparità di trattamento tra regioni con effetto di aggravamento delle diseguaglianze tra cittadini – Violazione dei principi di eguaglianza sostanziale e di solidarietà - Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione – Irragionevolezza della previsione che impedisce di effettuare investimenti utilizzando l’accantonamento – Violazione del principio di leale collaborazione anche sotto il profilo dell’omessa previsione di un’istruttoria da parte della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, istituita nell’ambito della Conferenza unificata – Incidenza sulle competenze regionali – Disparità di trattamento nella ripartizione della copertura per spese di investimento riconosciuta ai soli enti che non presentino disavanzi – Ritenuta irragionevolezza e arbitrarietà della previsione che il disavanzo di amministrazione è considerato al netto della quota derivante da debito autorizzato e non contratto – Incidenza sulle attribuzioni regionali – Denunciato effetto di contrazione del PIL regionale con effetti negativi sulle condizioni economiche e sociali dei cittadini.

- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, comma 790.

- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, in particolare terzo comma, 119, in particolare quinto comma, e 120.

 

Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica – Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente – Meccanismi di riparto tra le regioni – Modalità di contribuzione – Regime sanzionatorio – Ricorso della Regione Campania – Denunciato aggravio dell’importo del contributo a carico della regione come conseguenza diretta e automatica del mancato rispetto dei termini sanciti – Denunciato mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni nella quantificazione – Denunciata omessa istruttoria con riguardo all’importo del contributo aggiuntivo - Lesione del principio di leale collaborazione – Incidenza sulle attribuzioni regionali – Lesione dell’autonomia finanziaria.

- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, commi 792 e 793.

- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, 119, in particolare quarto comma, e 120.

 

Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica –Rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di cui all’art. 1, commi 134 e 139, della legge n. 145 del 2018, concernenti, rispettivamente, l’assegnazione alle regioni a statuto ordinario di contributi per investimenti per la progettazione e per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per interventi di viabilità e per la messa in sicurezza e lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico anche con la finalità di ridurre l'inquinamento ambientale, per la rigenerazione urbana e la riconversione energetica verso fonti rinnovabili, per le infrastrutture sociali e le bonifiche ambientali dei siti inquinati e contributi ai comuni per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio – Ricorso della Regione Campania – Irragionevolezza e arbitrarietà per carenza di istruttoria da parte della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, istituita nell’ambito della Conferenza unificata – Ridondanza sulle attribuzioni regionali con particolare aggravamento delle condizioni dei cittadini delle regioni più svantaggiate.

- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, comma 796, modificativo dell’art. 1, comma 139, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e comma 797, lettere a) e d), rispettivamente la prima modificativa del comma 134 dell’art. 1 e la seconda sostitutiva della tabella 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, anche in combinato disposto tra loro e con il comma 790.

- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120.


Norme impugnate:

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 784

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 786

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 789

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 790

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 792

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 793

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 796

legge  del 30/12/2018  Num. 145  Art. 1  Co. 139

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 797

legge  del 30/12/2018  Num. 145  Art. 1  Co. 134

legge  del 30/12/2024  Num. 207  Art. 1  Co. 797

legge  del 30/12/2018  Num. 145



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 53   Co.  

Costituzione  Art. 81   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 119   Co.  

Costituzione  Art. 119   Co.

Costituzione  Art. 119   Co.

Costituzione  Art. 120   Co.  



Udienza Pubblica del 23/09/2025 rel. ANTONINI


Testo dell'ricorso

                        N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 05 marzo 2025

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 marzo 2025 (della Regione Campania). 
 
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  bilancio  2025   -
  Contributo  degli  enti  territoriali  alla  finanza   pubblica   -
  Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica,
  aggiuntivo rispetto a quello  previsto  a  legislazione  vigente  -
  Meccanismi di riparto tra le regioni - Modalita'  di  contribuzione
  mediante iscrizione nella  missione  20,  Fondi  e  accantonamenti,
  della parte corrente di  ciascuno  degli  esercizi  del  rispettivo
  bilancio di previsione, di un  fondo  con  una  dotazione  pari  al
  contributo annuale alla finanza pubblica - Previsione che, per  gli
  enti in disavanzo, alla fine dell'esercizio  precedente,  il  fondo
  costituisce un'economia che  concorre  al  ripiano  anticipato  del
  disavanzo   di   amministrazione   -   Regime    sanzionatorio    -
  Rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di cui  all'art.  1,
  commi 134  e  139,  della  legge  n.  145  del  2018,  concernenti,
  rispettivamente, l'assegnazione alle regioni a statuto ordinario di
  contributi  per  investimenti  per  la  progettazione  e   per   la
  realizzazione di opere pubbliche per la messa  in  sicurezza  degli
  edifici e del territorio, per interventi di  viabilita'  e  per  la
  messa in sicurezza e lo sviluppo di sistemi di  trasporto  pubblico
  anche con la finalita' di ridurre l'inquinamento ambientale, per la
  rigenerazione urbana e  la  riconversione  energetica  verso  fonti
  rinnovabili,  per  le  infrastrutture  sociali   e   le   bonifiche
  ambientali  dei  siti  inquinati  e  contributi   ai   comuni   per
  investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli
  edifici e del territorio. 
- Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Bilancio di previsione dello  Stato
  per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il  triennio
  2025-2027), art. 1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e  797,
  lettere a) e d). 


(GU n. 13 del 26-03-2025)

    Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per la  Regione
Campania (c.f. 80011990636), in persona del Presidente  della  Giunta
regionale, dott. Vincenzo De Luca, quale legale rapp.te  pro-tempore,
rapp.ta e difesa dagli avv.ti Almerina Bove (c.f. BVOLRN70C46I262Z) e
Tiziana Monti (c.f. MNTTZN69B51F839V) dell'Avvocatura regionale (PEC:
almerinabove@pec.regione.campania.it
- tizianamonti@pec.regione.campania.it - fax  0817963684  presso  cui
desiderano  ricevere  ogni  comunicazione   ex   art.   136   c.p.c.)
domiciliati in Roma, alla via  Poli  n.  29,  in  virtu'  di  procura
speciale e provvedimento autorizzativo di cui alla  Deliberazione  di
Giunta regionale n. 95 del 28 febbraio 2025; 
      contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore; 
      per la declaratoria di illegittimita' costituzionale  dell'art.
1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797,  lettera  a)  e  d)
della legge 30 dicembre 2024, n. 207, recante «Bilancio di previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il
triennio 2025-  2027»,  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica italiana n. 305 del 31 dicembre 2024, per violazione degli
articoli 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120 della Costituzione. 
    I. La legge 30  dicembre  2024,  n.  207,  recante  «Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2025  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2025-2027»,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana n.  305  del  31  dicembre  2024,
all'art. 1, commi da 784 e ss., prevede e disciplina  una  misura  di
concorso alla finanza pubblica degli enti territoriali, in termini di
equilibrio di  bilancio  e  di  contributi  aggiuntivi  alla  finanza
pubblica, cosi disponendo: 
      «784.  Ai  fini  della  tutela  dell'unita'   economica   della
Repubblica, le regioni, le Province autonome di Trento e di  Bolzano,
le citta' metropolitane,  le  province  e  i  comuni  partecipano  al
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica  e  all'osservanza
dei vincoli economici e finanziari derivanti dalle nuove regole della
governance economica europea secondo le modalita' previste dai  commi
da  785  a  794,   che   costituiscono   principi   fondamentali   di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  degli  articoli  117,
terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.  Sono  esclusi
dal versamento del contributo  di  cui  al  comma  788  gli  enti  in
dissesto finanziario, ai sensi dell'art. 244 del  testo  unico  delle
leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali,  di  cui   al   decreto
legislativo 18 agosto 2000, n.  267,  o  sottoposti  a  procedura  di
riequilibrio finanziario, ai sensi  dell'art.  243-bis  del  medesimo
testo unico di cui al decreto legislativo 18  agosto  2000,  n.  267,
alla data del 1° gennaio 2025 o che abbiano sottoscritto gli  accordi
di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e
di cui all'art. 43, comma 2, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91.  Le
regioni a statuto speciale e le Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano partecipano al  raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica  e  all'osservanza  dei  vincoli  economici   e   finanziari
derivanti dalle  nuove  regole  della  governance  economica  europea
secondo quanto previsto dai commi da 710 a 724. 
(Omissis). 
      786. Le regioni a statuto ordinario  assicurano  un  contributo
alla finanza  pubblica,  aggiuntivo  rispetto  a  quello  previsto  a
legislazione vigente, pari a 280 milioni di euro per l'anno  2025,  a
840 milioni di euro per ciascuno degli anni dal  2026  al  2028  e  a
1.310 milioni di euro per l'anno 2029. 
    Il riparto del concorso alla finanza pubblica  di  cui  al  primo
periodo e'  effettuato,  entro  il  28  febbraio  2025,  in  sede  di
autocoordinamento  tra  le  regioni,  formalizzato  con  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con  il  Ministro
per gli affari  regionali  e  le  autonomie,  sentita  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano. In assenza di  accordo  in  sede  di
autocoordinamento, il riparto e' effettuato, entro il 20 marzo  2025,
con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,  di  concerto
con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie,  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  in  proporzione,  con
riferimento  al  perimetro  non  sanitario,  agli  impegni  di  spesa
corrente  al  netto  degli  impegni  per   gli   interessi,   per   i
trasferimenti al bilancio  dello  Stato  per  concorso  alla  finanza
pubblica e per le spese della missione 12, Diritti sociali, politiche
sociali e famiglia, come risultanti dall'ultimo rendiconto approvato,
anche soltanto da parte della Giunta di ciascuna regione. 
(Omissis). 
      789. Per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029 le regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano, le citta' metropolitane, le
province  e  i  comuni  iscrivono  nella  missione  20,  Fondi  e   3
accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli  esercizi  del
bilancio di previsione un fondo, con una dotazione pari al contributo
annuale alla finanza pubblica di cui ai commi da  786  a  788,  fermo
restando il rispetto dell'equilibrio di bilancio di parte corrente di
cui all'art. 40 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e  di
cui  all'art.  162,  comma   6,   del   testo   unico   delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo  18
agosto 2000, n.  267.  Con  riferimento  al  bilancio  di  previsione
2025-2027, il fondo di cui al primo periodo  del  presente  comma  e'
iscritto entro trenta giorni dal riparto dei contributi alla  finanza
pubblica con variazione di bilancio approvata con atto del consiglio,
per gli enti locali, e con legge regionale, per le regioni a  statuto
ordinario. Le autonomie speciali iscrivono il fondo nel  bilancio  di
previsione 2025-2027, entro il 31 gennaio 2025, con legge regionale o
provinciale. La costituzione del fondo, sul quale  non  e'  possibile
disporre impegni,  e'  finanziata  attraverso  le  risorse  di  parte
corrente. 
      790. Alla fine di ciascun esercizio, il fondo di cui  al  comma
789, per gli enti in situazione di disavanzo di amministrazione  alla
fine dell'esercizio precedente, costituisce un'economia che  concorre
al ripiano anticipato del disavanzo  di  amministrazione,  in  misura
aggiuntiva rispetto a quanto previsto nel bilancio di previsione. Per
gli enti con un risultato di amministrazione pari a zero  o  positivo
alla fine dell'esercizio precedente, il fondo confluisce nella  parte
accantonata   del   risultato   di   amministrazione   destinata   al
finanziamento  di  investimenti,  anche   indiretti,   nell'esercizio
successivo,  prioritariamente  rispetto  alla  formazione  di   nuovo
debito. Ai fini del presente comma, le regioni e le province autonome
considerano il disavanzo di  amministrazione  al  netto  della  quota
derivante da debito autorizzato e non contratto. 
(Omissis). 
      796. L'autorizzazione di spesa di cui all'art.  1,  comma  139,
della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e' ridotta di  200  milioni  di
euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2030. 
      797. All'art. 1 della legge 30  dicembre  2018,  n.  145,  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
        a) al comma 134, le parole: «per il periodo  2021-2034»  sono
sostituite dalle seguenti: «per il periodo 2021-2026» e le parole: «,
di 304,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2032, di
349,5 milioni di euro per l'anno 2033 e di 200 milioni  di  euro  per
l'anno 2034» sono soppresse; 
(Omissis). 
        d) la  tabella  1  e'  sostituita  dalla  tabella  1  di  cui
all'allegato II annesso alla presente legge». 
    I.1. In sede di parere in ordine al disegno di legge di  bilancio
2025, la Conferenza  delle  Regioni  e  delle  Province  Autonome  ha
evidenziato  che  le  disposizioni  corrispondenti  a  quelle   sopra
riportate introducono misure insostenibili per  le  Regioni,  poiche'
aggiuntive rispetto ai  contributi  gia'  previsti  dalle  precedenti
manovre, nonche' in ragione: 
      «a) dell'impossibilita' per gli enti territoriali di  contrarre
debito per spesa corrente (oltre l'obbligo del pareggio di  bilancio)
che determina una riduzione di spesa sulle funzioni proprie regionali
o dei LEP/LEA ovvero un aumento della pressione fiscale lasciata alla
responsabilita' regionale; 
      b) dell'inattuabilita' per  la  maggioranza  degli  enti  della
norma che prevede l'utilizzo  degli  accantonamenti  in  bilancio  di
spesa  corrente  per  il  finanziamento  di  investimenti   nell'anno
successivo incidendo ulteriormente sui rispettivi bilanci; 
      c) della cancellazione delle  risorse  per  investimenti  della
legge n. 145 del 2018, art. 1, comma 134, per tutte le Regioni». 
    Successivamente, in data 30 gennaio  2025,  la  Conferenza  delle
Regioni e delle Province Autonome, con nota prot. n.  0621/C2FIN,  ha
rilevato che «(...) la legge di Bilancio 2025 - legge 207/2024  -  ha
previsto, al comma  786  dell'art.  1,  un  contributo  alla  finanza
pubblica per le Regioni a statuto ordinario per gli anni 2025 - 2029,
aggiuntivo a quello a legislazione vigente, da ripartirsi in sede  di
autocoordinamento fra le  Regioni  entro  il  28  febbraio  2025.  Il
riparto e' formalizzato con  decreto  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze di concerto con il Ministro per gli Affari regionali  e
le Autonomie in Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Al  riguardo,  la
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con grande spirito
di  responsabilita'  e  collaborazione  istituzionale  ha   approvato
all'unanimita',   nella   seduta   odierna,   il   riparto   allegato
esclusivamente per l'annualita' 2025, che si trasmette. Si  richiede,
altresi', che il riparto per gli anni 2026 e seguenti sia oggetto  di
discussione del Tavolo tecnico presso il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze - previsto dal comma 3-bis,  dell'art.  9,  del decreto
legge 19 ottobre 2024 n. 155 convertito con modificazioni dalla legge
9 dicembre 2024, n. 189 - che dovra'  concludere  i  suoi  lavori  in
tempo utile, ai fini del nuovo riparto, pervenendo ad  una  posizione
condivisa. Si evidenziano, inoltre, nelle more dell'insediamento  del
suddetto Tavolo, le osservazioni gia' espresse in sede di  parere  al
«Disegno di legge di Bilancio 2025» dalla Conferenza delle Regioni  e
delle Province autonome riguardo l'importanza, la significativita'  e
la progressione pluriennale  del  contributo  alla  finanza  pubblica
previsto, che appare insostenibile, in considerazione: del contributo
gia' previsto dalle precedenti manovre; dell'impossibilita'  per  gli
enti territoriali di  contrarre  debito  per  spesa  corrente  (oltre
l'obbligo del pareggio di bilancio) che determina  una  riduzione  di
spesa sulle funzioni  proprie  regionali  o  dei  LEP/LEA  ovvero  un
aumento  della  pressione  fiscale  lasciata   alla   responsabilita'
regionale, fermo restando che alcune Regioni hanno esaurito i margini
di  manovrabilita'  delle   imposte;   dell'inattuabilita'   per   la
maggioranza degli Enti  della  norma  che  prevede  l'utilizzo  degli
accantonamenti in bilancio di spesa corrente per il finanziamento  di
investimenti  nell'anno  successivo   incidendo   ulteriormente   sui
rispettivi bilanci; -  della  cancellazione  delle  risorse  per  gli
investimenti della  legge  145/2018,  art.  1,  c.134  per  tutte  le
Regioni. Certo che questi temi dovranno essere affrontati dal  Tavolo
tecnico, si confida, inoltre,  nella  convocazione  in  tempi  rapidi
della Conferenza permanente per la finanza  pubblica,  sede  politica
nella quale condividere le migliori soluzioni riguardanti la  finanza
pubblica per gli Enti territoriali, come peraltro  evidenziato  dalla
recente giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 195/2024)» (enfasi
aggiunta, n. d.rr.). 
    II. Le riportate disposizioni di cui all'art. 1, commi 784,  786,
789, 790, 792, 793, 796 e  797,  lettera  a)  e  d)  della  legge  30
dicembre 2024,  n.  207,  vengono  in  questa  sede  impugnate  dalla
ricorrente Regione Campania, in quanto costituzionalmente illegittime
e lesive delle prerogative ed attribuzioni della Regione, nei termini
di seguito puntualizzati. 
    II.1. Si  premette  che,  fin  dall'esercizio  2015,  la  Regione
Campania e' impegnata nel recupero di  un  consistente  disavanzo  di
amministrazione,   inizialmente   pari   a   euro   5.792.045.622,18,
articolato come segue: 
      a)  una  componente  attinente  agli  accantonamenti   per   le
anticipazioni di liquidita'. Il riferimento e' alle anticipazioni  di
cui agli articoli 2 e 3 del  decreto-legge  8  aprile  2013,  n.  35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno  2013,  n.  64  e
all'anticipazione di cui all'art. 116  del  decreto-legge  19  maggio
2020, n. 34, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  17  luglio
2020, n. 77, che va ripianata secondo le modalita' sancite  dall'art.
1, commi da 692 a 700, della legge  28  dicembre  2015,  n.  208.  Si
tratta, quindi, di un disavanzo di carattere tecnico, con un percorso
di restituzione in un arco  trentennale  di  anticipazioni  di  cassa
ricevute dallo Stato per estinguere debiti pregressi; 
      b) una componente,  da  ripianare  con  le  modalita'  previste
dall'ordinamento contabile, che si articola, a sua volta, in: 
        1. disavanzo scaturente dal riaccertamento straordinario  dei
residui attivi e passivi, da  ripianare  con  le  modalita'  previste
dall'art. 3, comma 16, del decreto legislativo  23  giugno  2011,  n.
118.  Anche  questa  quota  di  disavanzo  presenta  una  particolare
accezione, in quanto derivante  da  un'operazione  straordinaria  che
tutti gli enti territoriali e locali hanno  effettuato,  propedeutica
all'entrata in vigore, a decorrere dal 1°  gennaio  2015,  del  nuovo
sistema di contabilita' armonizzata; 
        2.  maggior  disavanzo  scaturente  dall'esercizio  2014,  da
ripianare con  le  modalita'  previste  dall'art.  9,  comma  5,  del
decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78,  come  integrato  dall'art.  1,
comma 779, della legge 27 dicembre 2017, n. 205; 
        3.  maggior  disavanzo  scaturente  dall'esercizio  2015,  da
ripianare con le modalita' previste dall'art. 1,  commi  779  e  782,
della legge 27 dicembre 2017, n. 205. 
    Al  fine   del   recupero   dei   disavanzi   sopra   menzionati,
l'amministrazione  regionale  iscrive   nel   proprio   bilancio   di
previsione, ogni anno, per tutta la durata dei piani di  rientro,  un
importo pari a euro 128.365.175,41; e in  sede  di  rendiconto  della
gestione la  Regione  Campania  deve  dimostrare  una  riduzione  del
complessivo disavanzo di una quota almeno pari a quella iscritta  nel
bilancio di previsione. 
    Inoltre, avendo la Regione Campania, come sopra  rilevato,  fatto
ricorso alle anticipazioni di liquidita' di cui agli articoli 2  e  3
del decreto-legge 8 aprile 2013, n.  35,  nonche'  all'art.  116  del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, risulta  un'ulteriore  quota  di
disavanzo da ripianare annualmente in base al piano  di  restituzione
delle anticipazioni, secondo le modalita' previste dall'art. 1, commi
da 692 a 700, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. 
    Al  31  dicembre  2023  la   Regione   Campania   ha   recuperato
complessivamente l'importo di euro 2.452.947.101,89 (pari  al  42,35%
del disavanzo al 31 dicembre  2015),  rispetto  ad  un  obiettivo  di
recupero, in base ai piani di rientro, di euro 1.687.062.881,27,  con
un maggior recupero del disavanzo di euro 765.884.220,62 (equivalente
ad una migliore  performance  di  recupero  del  45,40%  rispetto  al
target). 
    Contemporaneamente, la Regione e' stata chiamata, negli anni,  ed
e' tenuta a tutt'oggi anche a  fornire  il  proprio  contributo  alla
finanza pubblica. In particolare: 
      a)  l'art.  14  del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.   78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al
comma 2, secondo periodo, ha disposto  che:  «Le  risorse  statali  a
qualunque titolo spettanti alle  regioni  a  statuto  ordinario  sono
ridotte in misura pari a 4.000 milioni di euro per l'anno  2011  e  a
4.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012». 
    Per la Regione Campania,  tale  disposizione  ha  comportato  una
riduzione stabile di  risorse  complessivamente  disponibili  pari  a
circa 400 milioni di euro all'anno, a partire dal 2012; 
      b)  l'art.  16  del  decreto-legge  6  luglio  2012,   n.   95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,  al
comma 2, ha disposto che  «Gli  obiettivi  del  patto  di  stabilita'
interno delle regioni a statuto ordinario sono rideterminati in  modo
tale da assicurare l'importo di 700 milioni di euro per l'anno 2012 e
di 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e  2.050
milioni di euro a decorrere dall'anno 2015». Per la Regione Campania,
tale disposizione ha comportato una riduzione di risorse pari a  euro
117.810.000,00 per l'anno 2015; 
      c)  l'art.  46  del  decreto-legge  24  aprile  2014,  n.   66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89,  al
comma 6 dispone che «Le regioni a statuto ordinario (...)  assicurano
un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni  di  euro  per
l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015
al 2020 (...). Per gli anni 2015-2020 il contributo delle  regioni  a
statuto ordinario, di cui al primo periodo, e' incrementato di  3.452
milioni  di  euro  annui  in  ambiti   di   spesa   e   per   importi
complessivamente proposti, nel rispetto  dei  livelli  essenziali  di
assistenza, in sede di autocoordinamento dalle  regioni  da  recepire
con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
Stato, le regioni e le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
entro il 31 gennaio 2015.  (...)».  Per  la  Regione  Campania,  tale
disposizione ha comportato minori risorse per gli anni  dal  2015  al
2020 per oltre 200 milioni di euro all'anno; 
      d) l'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al comma 680,
dispone che: «Le regioni e  le  Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano (...) assicurano un contributo alla finanza pubblica  pari  a
3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di  euro  per
ciascuno degli  anni  2018,  2019  e  2020  (...)».  Per  la  Regione
Campania,  tale  disposizione  ha  comportato  minori  risorse,   con
riferimento all'anno 2016, per circa  240  milioni  di  euro  e,  con
riferimento agli anni dal 2017 al 2020, per oltre 260 milioni di euro
all'anno; 
      e) l'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 170, al comma 850,
prevede  che  «Ai  fini  della  tutela  dell'unita'  economica  della
Repubblica, in considerazione delle esigenze  di  contenimento  della
spesa pubblica e nel rispetto dei  principi  di  coordinamento  della
finanza pubblica, nelle more della  definizione  delle  nuove  regole
della governance economica europea, le regioni e le province autonome
assicurano, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025,  un  contributo
alla finanza pubblica pari a 196  milioni  di  euro  (...)».  Per  la
Regione Campania, tale disposizione ha comportato minori risorse,  in
termini di competenza e di cassa, pari a euro 18.440.033,45, per  gli
anni dal 2023 al 2025. 
    Tenendo conto degli effetti finanziari delle  sole  norme  appena
richiamate e tralasciando gli altri  tagli  di  risorse  disposti  da
altre disposizioni - tra le quali, quelle di cui  all'art.  1,  commi
527 e 557, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, oggetto di scrutinio
da  parte  di  Codesta  Corte  con  sentenza  n.   195   del   C2024-
l'Amministrazione  regionale  della  Campania  ha  contribuito   alla
finanza pubblica secondo quanto  risulta  dalla  tabella  di  seguito
riportata: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Pertanto, nel periodo 2015-2023 la Regione Campania ha contributo
alla finanza pubblica per un importo complessivo pari a poco meno  di
9 miliardi di euro (circa 8,854 miliardi di euro, pari alla somma del
totale del recupero del disavanzo e  del  totale  dei  contributi  di
finanza pubblica). 
    Come sopra rilevato, ai sensi dell'art. 1, comma 784, della legge
n. 207 del 2024  -  oggetto  della  presente  impugnativa-  risultano
esclusi dal contributo i singoli Comuni,  le  Province  e  le  Citta'
metropolitane  delle  Regioni  a  statuto  ordinario,  della  Regione
Sicilia e della Regione Sardegna che versino anche in una sola  delle
tre seguenti condizioni: 
      a) enti in dissesto al 1° gennaio 2025; 
      b) enti in procedura di riequilibrio finanziario al 1°  gennaio
2025; 
      c) enti che hanno sottoscritto  accordi  per  il  «riequilibrio
finanziario» di cui all'art. 1, comma 572, della  legge  30  dicembre
2021, n. 234 oppure ai sensi dell'art. 43, comma 2 del  decreto-legge
17 maggio 2022, n. 50. 
    La relazione illustrativa alla legge evidenzia che «Le criticita'
finanziarie sono concentrate in  particolar  modo  nei  comuni  delle
regioni Sicilia, Calabria e Campania.(omissis)». 
    Come sopra rilevato, anche la Regione Campania  rientra  tra  gli
enti che hanno avviato un percorso di risanamento articolato su  piu'
annualita', anche per il ripiano dei  maggiori  disavanzi  scaturenti
dagli 9 esercizi 2014 e 2015, da ripianare con le modalita'  previste
dall'art. 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno 2015, n.  78,  come
integrato dall'art. 1, comma 779, della legge 27  dicembre  2017,  n.
205.  Ebbene,  la  procedura  di  rientro  ventennale  dai  disavanzi
pregressi prevista dall'art. 9, comma 5, del decreto-legge 19  giugno
2015, n. 78, come integrato dall'art. 1, comma 779,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205, presenta marcate analogie sia con la procedura
di riequilibrio finanziario pluriennale di  cui  all'art.  243-bis  e
seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sia con  gli
accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30  dicembre  2021,
n. 234.  Infatti,  come  la  procedura  di  riequilibrio  finanziario
pluriennale, il piano di rientro puo' avere durata  ventennale;  come
per gli accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre
2021, n. 234, e' necessario  che  la  Regione  dia  dimostrazione  di
incrementare i pagamenti complessivi per investimenti in  misura  non
inferiore  ad   un   determinato   ammontare,   con   la   previsione
dell'applicazione di pesanti sanzioni in caso di mancata  o  parziale
realizzazione  degli  investimenti  (su  tale  aspetto  si  tornera',
peraltro, infra). 
    II.2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1 commi  784,  786,
789, 790, 792, 793, 796 e 797, per violazione degli articoli  3,  53,
81, 97, 117, 119, 120 della Costituzione. 
    Le disposizioni oggetto del presente  giudizio  afferiscono  alla
materia  del  «coordinamento  della  finanza  pubblica»,  oggetto  di
competenza concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi  dell'art.  117,
terzo comma, della Costituzione. La stessa legge  n.  207  del  2024,
all'art. 1, comma 784, sancisce espressamente che le disposizioni  di
cui  ai  successivi  commi  da  785  a  794  «costituiscono  principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi  degli
articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione». 
    D'altra  parte,  nel  definire  il  perimetro  della  materia  in
questione, Codesta Ecc.ma Corte  ha  affermato  che  la  materia  del
coordinamento della finanza pubblica «non puo' essere  limitata  alle
norme aventi lo scopo di limitare la spesa, ma comprende anche quelle
aventi la funzione di «riorientare» la spesa pubblica (omissis),  per
una complessiva maggiore efficienza del sistema» (sentenza n. 272 del
2015). 
    Le disposizioni qui  gravate  appartengono,  in  misura  diversa,
all'una e all'altra categoria, introducendo sia limitazioni di  spesa
che modalita' di riorientamento della stessa. Cio'  posto,  se,  come
ampiamente  noto,  l'art.  117,  terzo  comma,   della   Costituzione
statuisce che «Nelle materie di legislazione concorrente spetta  alle
Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione  dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato»,  nel
caso di specie il legislatore statale - laddove impone agli  enti  in
disavanzo di utilizzare il fondo accantonato, secondo  il  meccanismo
che infra sara' piu' dettagliatamente analizzato, allo specifico fine
del «ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione,  in  misura
aggiuntiva rispetto a quanto previsto nel bilancio di  previsione»  -
si e' spinto ben oltre la fissazione di principi generali,  invadendo
la sfera di  competenza  regionale  relativa  all'emanazione  di  una
disciplina di  dettaglio,  con  conseguente,  patente  illegittimita'
costituzionale delle disposizioni in epigrafe. 
    Ed invero il legislatore statale impone una  specifica  modalita'
di  contribuzione  alla   finanza   pubblica,   consistente   in   un
accantonamento di risorse con conseguente uso vincolato delle stesse,
che sottrae del tutto alle Regioni,  soprattutto  quelle  -  come  la
Campania - in disavanzo, la facolta' di utilizzare autonomamente, per
l'appunto, le ingenti risorse finanziarie indicate. 
    Per costante orientamento di Codesta Ecc.ma Corte costituzionale,
con  riferimento  alla  materia  di  legislazione   concorrente   del
coordinamento della finanza  pubblica,  «norme  statali  che  fissano
limiti  alla  spesa  delle  Regioni  e  degli  enti  locali   possono
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica alla seguente duplice condizione: in  primo  luogo,  che  si
limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel
senso di  un  transitorio  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che  non  prevedano
in modo esaustivo strumenti o  modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi» (sentenza n. 193 del 2012). 
    Le disposizioni impugnate introducono limiti precisi e stringenti
all'autonomia finanziaria e di organizzazione delle Regioni  e  degli
enti  locali  e  sono,  pertanto,  ben  lontani  dall'assolvere  alla
funzione di esplicazione di principi di coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    La legge n. 207 del 2024 non si limita, peraltro,  a  dettagliare
le modalita' di contribuzione alla  finanza  pubblica,  ma  introduce
addirittura sanzioni specifiche ed automatiche, oltre che  arbitrarie
(secondo quanto si rilevera' in prosieguo) all'art. 1,  commi  792  e
793 - sopra testualmente riportati sanzioni  disponendo  tra  l'altro
che, per gli enti che non trasmettano entro il 31 maggio  di  ciascun
esercizio alla banca dati delle amministrazioni pubbliche i  dati  di
consuntivo o preconsuntivo  relativi  all'esercizio  precedente,  «il
contributo alla finanza pubblica e' incrementato del 10 per cento con
le modalita' previste dal comma 792». 
    Codesta Ecc.ma Corte ha ribadito, in piu' occasioni, il principio
per cui «le norme che fissano vincoli  puntuali  relativi  a  singole
voci di spesa dei bilanci delle  regioni  e  degli  enti  locali  non
costituiscono principi fondamentali di  coordinamento  della  finanza
pubblica, ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  e  ledono
pertanto l'autonomia finanziaria di  spesa  garantita  dall'art.  119
Cost.(...) il legislatore statale puo'  legittimamente  imporre  agli
enti autonomi  vincoli  alle  politiche  di  bilancio  (ancorche'  si
traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di
spesa degli enti), ma  solo,  con  «disciplina  di  principio»,  «per
ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali,
condizionati anche dagli obblighi comunitari»  (sentenza  n.  36  del
2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390  del  2004).
(...) la legge statale puo' stabilire solo  un  «limite  complessivo,
che lascia agli enti  stessi  ampia  liberta'  di  allocazione  delle
risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa»  (sentenza  n.  36
del 2004)» (sentenza n. 417 del 2005). 
    Al riguardo, preme rilevare che la  ricorrente  Regione  Campania
ben conosce i piu' recenti orientamenti di Codesta Corte,  da  ultimo
compendiati  nella  sentenza  n.  195  del  2024,  secondo  cui,   in
riferimento alla materia concorrente del coordinamento della  finanza
pubblica, possono ritenersi legittime norme statali  puntuali  quando
le stesse siano adottate dal legislatore per realizzare  in  concreto
la «finalita'» del coordinamento  finanziario  (sentenza  n.  78  del
2020), in quanto «il finalismo» (sentenza n. 38 del 2016)  insito  in
tale genere di disposizioni porta ad escludere che possa invocarsi il
ricorrere di una norma di dettaglio, qualora queste risultino  legate
da  un  evidente  rapporto  di  coessenzialita'   e   di   necessaria
integrazione ai medesimi  principi  di  coordinamento  (ex  plurimis,
sentenza n. 137 del 2018). Neppure si  ignora  che,  nella  descritta
prospettiva, finanche il meccanismo della legge statale che  richieda
alla Regione di versare l'importo dovuto a titolo di contribuzione al
bilancio statale e' stato ritenuto legittimo, in quanto funzionale  a
conseguire con certezza, nello stesso anno in cui  il  contributo  e'
contabilizzato, l'obiettivo di contenimento della spesa  pubblica  ai
fini dei saldi di finanza pubblica, ove la norma in questione  lasci,
allo stesso tempo, all'autonomia regionale una adeguata  facolta'  di
individuare su quali ambiti gestionali e specifici interventi ridurre
gli stanziamenti di spesa. Ed e' del pari noto che Codesta  Corte  ha
ritenuto legittima la diversificazione della disciplina rivolta  alle
Regioni in rientro dal disavanzo sia rispetto alle  altre  Regioni  -
anche richiamando il principio di  responsabilita'  finanziaria-  sia
rispetto agli enti locali in dissesto o predissesto. 
    Cio' stante, l'importo, le modalita' e i termini di contribuzione
delle Regioni alla finanza pubblica previsti dalle norme oggetto  del
presente giudizio e le conseguenze connesse alla relativa  attuazione
risultano in palese contrasto non soltanto con il sistema di  riparto
in materia, anche come ricostruito  con  le  recenti  pronunce  sopra
richiamate, ma anche con  ulteriori  fondamentali  principi  e  norme
costituzionali, in guisa di risultare gravemente lesivi  della  sfera
di attribuzioni e di interessi della Regione ricorrente sotto plurimi
e significativi profili. Nel caso di specie, infatti, le disposizioni
statali: 
      impongono una specifica modalita' di contribuzione alla finanza
pubblica, consistente  nell'accantonamento  di  ingenti  risorse  con
conseguente uso vincolato delle  stesse,  che  si  aggiunge  a  tutte
quelle gia'  in  corso,  parimenti  ingenti  senza  prevedere  alcuna
verifica istruttoria sulla congruita' rispetto agli obiettivi e sulla
sostenibilita' della misura imposta; 
      sottrae alle Regioni in disavanzo  la  facolta'  di  utilizzare
dette risorse finanziarie  indicate,  senza  prescrivere  o  comunque
prevedere alcuna verifica della sostenibilita' della misura imposta; 
      irragionevolmente ed in dispregio dei principi  di  eguaglianza
sostanziale e di  capacita'  contributiva,  non  distinguono  tra  le
Regioni gia' impegnate nel rientro dal  disavanzo  e  quelle  non  in
disavanzo,  imponendo  solo  e  paradossalmente   solo   alle   prime
un'ulteriore sottrazione di  risorse,  a  discapito  delle  comunita'
amministrate, gia' sottoposte a prelievi  a  titolo  di  imposta  non
destinati alla erogazione di servizi ai cittadini; 
      prevedono gravose sanzioni per l'ipotesi  di  mancato  rispetto
del termine previsto, sub specie  di  aggravio  dell'importo  dovuto,
senza prevedere alcun coinvolgimento della Regione interessata e  del
sistema  delle  Conferenze  e   senza   prevedere   alcuna   concreta
istruttoria  relativa  alla  congruita'  risetto  agli  obiettivi  di
finanzia pubblica e alla sostenibilita' della misura; 
      sopprimono risorse destinate ad investimenti, in contraddizione
con il vincolo ad effettuare una data percentuale di investimenti per
le Regioni - come la ricorrente- impegnate nel rientro dal  disavanzo
peraltro finalizzati al perseguimento di finalita' connesse a diritti
essenziali della comunita'  (mobilita',  sicurezza  pubblica,  tutela
dell'ambiente) . 
    II.2.1.  Le  disposizioni  di  cui  ai  commi  784,  786  e   789
istituiscono e quantificano il contributo alla finanza pubblica delle
Regioni a statuto ordinario, aggiuntivo rispetto a quello previsto  a
legislazione vigente, nella misura di 280 milioni  per  l'anno  2025,
840 milioni per ciascuno degli anni  dal  2026  al  2028  e  a  1.310
milioni per l'anno 2029 (comma 786) e disciplinano  i  meccanismi  di
riparto del contributo tra le Regioni (comma 786) e le  modalita'  di
contribuzione (comma 789). 
    Dette  disposizioni  contrastano  con  i  principi  e  le   norme
costituzionali indicati in epigrafe, sulla  base  dei  quali  Codesta
Corte ha individuato  le  modalita'  di  doveroso  contemperamento  e
conformazione della competenza statale esplicantesi nell'adozione  di
norme di dettaglio nella  materia  del  coordinamento  della  finanza
pubblica, da rispettare vieppiu' nel caso in cui le stesse  risultino
aggiuntive rispetto a norme  gia'  vigenti  adottate  nell'ambito  di
precedenti manovre. Ed invero, proprio nella recente sentenza n.  195
del  2024,  sopra  richiamata,   Codesta   Corte   ha   espressamente
evidenziato la necessita' di incanalare l'esercizio della  competenza
legislativa statale innanzitutto nel rispetto dei principi  di  leale
collaborazione e onde assicurare  il  buon  andamento  ed  efficienza
dell'azione  amministrativa,  dell'uguaglianza  sostanziale   e   nel
rispetto  dell'autonomia  finanziaria  delle  Regioni,  ribadendo  la
necessita', da parte dello  Stato-  che  e'  «custode  della  finanza
pubblica allargata» (ex plurimis, sentenza n. 103 del 2017) anche  in
relazione alla corretta applicazione dei  vincoli  euro  unitari  dei
quali e' responsabile - di  acquisire  adeguati  elementi  istruttori
sulla sostenibilita' dell'importo del contributo da parte degli  enti
ai quali viene imposto. 
    La pronuncia citata evidenzia che tale valutazione e' doverosa in
quanto « funzionale a scongiurare l'adozione di «tagli  al  buio»,  i
quali  oltre  a  poter  risultare  non  sostenibili  dalle  autonomie
territoriali, con imprevedibili ricadute  sui  servizi  offerti  alla
popolazione, non consentirebbero nemmeno una trasparente ponderazione
in sede parlamentare». 
    Con  la  medesima  pronuncia,  Codesta  Corte  ha   espressamente
sollecitato «il legislatore a non trascurare il coinvolgimento  delle
sedi  gia'  appositamente  contemplate  e  presenti,  a  tale   fine,
nell'ordinamento, come la Conferenza permanente per il  coordinamento
della finanza pubblica, di cui l'art. 5 della legge 5 maggio 2009, n.
42  (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo  fiscale,   in
attuazione  dell'art.  119  della  Costituzione)   ha   previsto   la
istituzione nell'ambito della 
    Conferenza unificata, per concorrere,  soprattutto  con  funzioni
istruttorie, «alla definizione degli obiettivi  di  finanza  pubblica
per  comparto»  (comma  1,  lettera  a),  e  anche  per  mettere   «a
disposizione del Senato della Repubblica, della Camera dei  deputati,
dei Consigli regionali e di quelli delle province autonome tutti  gli
elementi informativi raccolti»  (comma  1,  lettera  f).»,  rilevando
altresi' che «Tale Conferenza, istituita  dall'art.  33  del  decreto
legislativo  6  maggio  2011,  n.  68  (Disposizioni  in  materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario), che la  definisce  «quale  organismo
stabile di coordinamento della finanza pubblica fra comuni, province,
citta' metropolitane, regioni e  Stato»  e'  stata  strutturata,  del
resto,  sul  modello  del  Consiglio  di  pianificazione  finanziaria
tedesco (Finanzplanungsrat), che assume,  in  quell'ordinamento,  una
fondamentale importanza al fine della corretta e trasparente gestione
delle relazioni finanziarie tra Federazione e  Länder».  La  medesima
pronuncia, inoltre, proprio  con  riferimento  al  disegno  di  legge
sfociato   nelle   disposizioni   oggetto   del   presente   ricorso,
espressamente rileva che «Tale forma di coinvolgimento, peraltro,  e'
stata espressamente auspicata nell'audizione della delegazione  della
Conferenza delle regioni e delle province autonome,  del  5  novembre
2024, sul disegno di legge  recante  «Bilancio  di  previsione  dello
Stato per l'anno finanziario  2025  e  bilancio  pluriennale  per  il
triennio 2025-2027»  (A.C.  2112)  presso  le  Commissioni  bilancio,
riunite, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.» 
    Anche a fronte di tale autorevole monito, il legislatore  statale
ha  omesso  del  tutto  di  imporre   il   doveroso   approfondimento
istruttorio, con  la  conseguenza  che  la  misura  di  contribuzione
introdotta  risulta,  nel   contenuto,   del   tutto   arbitraria   e
irragionevole ed illegittima alla stregua di tutti i parametri  sopra
citati, sia nella parte in cui quantifica il contributo alla  finanza
pubblica aggiuntivo che grava sul complesso delle Regioni  a  statuto
ordinario, sia nella parte in cui disciplina  il  procedimento  e  le
modalita' di riparto tra le Regioni. Si e'  sopra  rilevato  come  la
Conferenza delle Regioni abbia esplicitato al Governo che  la  misura
«appare  insostenibile,  in  considerazione:  del   contributo   gia'
previsto dalle precedenti manovre; dell'impossibilita' per  gli  enti
territoriali di contrarre debito per spesa corrente (oltre  l'obbligo
del pareggio di bilancio) che determina una riduzione di spesa  sulle
funzioni proprie regionali o dei  LEP/LEA  ovvero  un  aumento  della
pressione fiscale  lasciata  alla  responsabilita'  regionale,  fermo
restando  che  alcune   Regioni   hanno   esaurito   i   margini   di
manovrabilita' delle imposte; dell'inattuabilita' per la  maggioranza
degli Enti della norma che prevede l'utilizzo degli accantonamenti in
bilancio di spesa  corrente  per  il  finanziamento  di  investimenti
nell'anno successivo incidendo ulteriormente sui rispettivi  bilanci;
- della  cancellazione  delle  risorse  per  gli  investimenti  della
L.145/2018, art. 1, c.134 per tutte le Regioni.» 
    Con riferimento al riparto, poi, risulta invero evidente  che  la
previsione   di   un   accordo   tra   le   Regioni   «in   sede   di
autocoordinamento» risulta un ossequio meramente formale, inidoneo  a
consentire, sul piano  sostanziale,  l'esplicarsi  del  principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione.  Secondo
il costante insegnamento  di  Codesta  Corte,  tale  principio  «deve
presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato  e  Regioni:
la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono  particolarmente
idoneo  a  regolare  in  modo  dinamico  i  rapporti  in   questione,
attenuando i dualismi ed evitando eccessivi  irrigidimenti»,  con  la
precisazione che «una delle sedi piu' qualificate per  l'elaborazione
di  regole  destinate  ad  integrare   il   parametro   della   leale
collaborazione   e'   attualmente   il   sistema   delle   Conferenze
Stato-Regioni e autonomie locali.  Al  suo  interno  si  sviluppa  il
confronto tra i due sistemi ordinamentali della Repubblica, in  esito
ai  quali  si   individuano   soluzioni   concordate   di   questioni
controverse»  (sentenza  n.   31   del   2006).   E,   tuttavia,   in
considerazione  della  precisa  individuazione  degli   importi   del
contributo alla finanza pubblica che le Regioni devono assicurare per
ogni annualita' presa a riferimento, residua solo un formale  margine
di discrezionalita'  in  capo  alle  Regioni  stesse,  le  quali  non
potranno far altro che attenersi a criteri di riparto che  discendono
giocoforza da condizioni di mero fatto. Emblematico, da questo  punto
di vista, e' che nel 2024, le Regioni, proprio in auto-coordinamento,
in sede di Conferenza, con riferimento  al  contributo  alla  finanza
pubblica per gli anni 2025-2028, previsto  dalla  legge  di  bilancio
2024, abbiano confermato, all'unanimita', le percentuali  di  riparto
del contributo alla finanza pubblica decise dalla  stessa  Conferenza
per il 2024; e che le  stesse  percentuali  di  riparto  siano  state
ulteriormente e meramente confermate, dalla stessa  Conferenza  delle
Regioni, anche per l'anno 2025, proprio secondo quanto previsto dalle
disposizioni della legge di bilancio  2025  qui  impugnate,  peraltro
segnalando  criticita'  tecniche  e  politiche  connesse  al   regime
previsto. 
    Quanto, poi, al criterio residuale individuato  nel  riparto  «in
proporzione, con riferimento al perimetro non sanitario, agli impegni
di spesa corrente al netto degli impegni per  gli  interessi,  per  i
trasferimenti al bilancio  dello  Stato  per  concorso  alla  finanza
pubblica e per le spese della missione 12, Diritti sociali, politiche
sociali e famiglia, come risultanti dall'ultimo rendiconto approvato,
anche soltanto da parte della Giunta di ciascuna regione», si osserva
che commisurare asetticamente l'ammontare del contributo  di  finanza
pubblica ad una grandezza finanziaria quale  e'  la  spesa  corrente,
senza tenere conto di cio' che effettivamente  possa  essere  chiesto
alle  singole   comunita'   in   ragione   dell'effettiva   capacita'
contributiva,  determina  un   irrimediabile   vulnus   delle   norme
costituzionali richiamate in epigrafe. La relazione  della  Direzione
Generale per le Risorse Finanziarie della  Regione  Campania  che  si
versa in atti attesta, sotto tale profilo,  che  «Il  meccanismo  dei
contributi alla finanza pubblica sta mettendo seriamente a rischio la
possibilita' per la regione Campania di svolgere le proprie finalita'
istituzionali. Al fine di assolvere alle proprie funzioni e procedere
al recupero dei disavanzi  nel  rispetto  del  principio  di  equita'
intergenerazionale, la Campania e' stata  costretta  ad  attivare  la
leva fiscale per recuperare le risorse  necessarie  per  l'erogazione
dei servizi essenziali. 
    Nelle tabelle che  seguono  sono  riportati,  rispettivamente,  i
gettiti delle manovre fiscali attivate nel  periodo  di  osservazione
(2015-2022) per addizionale regionale all'IRPEF e per  IRAP,  nonche'
il confronto tra gettiti delle manovre e contributi complessivi  alla
finanza pubblica. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Dalle tabelle che precedono, emerge con chiarezza che negli  anni
presi in considerazione il totale delle  risorse  aggiuntive  che  la
Campania ha acquisito in virtu' dell'azionamento della  leva  fiscale
non e' stato sufficiente a compensare il  peso  dei  contributi  alla
finanza pubblica che si e'  scaricato  sui  bilanci  degli  anni  del
periodo di  osservazione.  In  altre  parole,  gli  incrementi  delle
addizionali IRPEF e delle aliquote IRAP non sono stati utilizzati per
erogare maggiori servizi ai cittadini, ma per finanziare il  concorso
della Campania agli obiettivi di finanza pubblica, senza che  si  sia
mai  tenuto  conto  dell'effettiva  possibilita',  da   parte   della
comunita' regionale, di contribuire  a  tali  obiettivi,  secondo  il
principio di capacita' contributiva di cui si e' detto all'inizio». 
    La constatazione tecnica che precede e' tanto piu'  preoccupante,
in vista dell'attuazione del federalismo fiscale, che costituisce una
Milestone del PNRR, in relazione al quale e' lo Stato a  dover  farsi
carico delle differenti «posizioni di partenza» che caratterizzano le
diverse regioni, attraverso la previsione di interventi  compensativi
in favore di quelle regioni che abbiano gia' fatto ricorso alla  leva
fiscale. 
    La disposizione del  comma  786  e'  dunque  illegittima  perche'
concreta una chiara violazione anche  del  principio  di  uguaglianza
sostanziale di cui all'art. 3 e dell'art. 53, oltre che dell'art. 119
della Costituzione, sotto il  profilo  della  mancata  considerazione
della capacita' di  contribuzione  alla  spesa  pubblica  in  ragione
dell'effettiva capacita' contributiva, non sussistendo  alcun  legame
diretto  tra  la  capacita'  contributiva  e  l'importo  della  spesa
corrente. 
    II.2.2. Il comma 790 - il cui contenuto testuale e'  stato  sopra
richiamato-      differenzia      significativamente       l'utilizzo
dell'accantonamento disposto dal comma 789, perpetrando una  illogica
quanto evidente disparita' di trattamento tra Regioni,  favorendo  ed
aggravando, in tal guisa, le disuguaglianze tra Regioni piu' ricche e
meno ricche. 
    Si prevede, in particolare, che - mentre per gli enti che abbiano
registrato «un risultato di amministrazione pari a  zero  o  positivo
alla fine dell'esercizio  precedente»,  il  fondo  «confluisce  nella
parte accantonata  del  risultato  di  amministrazione  destinata  al
finanziamento  di  investimenti,  anche   indiretti,   nell'esercizio
successivo,  prioritariamente  rispetto  alla  formazione  di   nuovo
debito»- per gli enti «in situazione di disavanzo di  amministrazione
alla fine dell'esercizio precedente», il fondo accantonato  ai  sensi
del  comma  789  costituisca  un'economia  che  concorre  al  ripiano
anticipato del disavanzo di amministrazione,  aggiuntivo  rispetto  a
quello gia' previsto nel bilancio di previsione. 
    La  disposizione  presenta  plurimi  profili  di   illegittimita'
costituzionale,  tutti  ridondanti  negativamente  sulla   sfera   di
competenze ed attribuzioni della Regione ricorrente. 
    Emerge con nitore, in primo luogo, come tale disposizione produca
una serie di  rilevanti  effetti  sulle  collettivita'  amministrate,
delineando   un'ingiustificata   e   irragionevole   disparita'    di
trattamento   tra   Regioni   «in   situazione   di   disavanzo    di
amministrazione» e Regioni che non lo sono, ponendo le condizioni per
un ulteriore (e, per certi versi,  irrimediabile)  ampliamento  delle
disuguaglianze  tra  cittadini,  a  seguito   dell'incremento   della
sperequazione infrastrutturale e dei conseguenti effetti sui  livelli
di PIL delle singole Regioni, svantaggiando, in aperto contrasto  con
i parametri costituzionali, i  territori  che  dispongono  di  minore
capacita' contributiva. Si produce, infatti, il duplice paradosso per
cui le Regioni che contribuiscono di piu' al miglioramento dei  saldi
di finanza pubblica, attraverso una maggiore contrazione della  spesa
corrente,  vengono  penalizzate  con  il  divieto  di  utilizzare  il
risparmio  di  spesa  corrente  (benche'  nell'anno  successivo)  per
finanziare spesa in conto capitale, e per  cui  le  Regioni  gia'  in
disavanzo possono disporre di minori risorse per  rilanciare  il  PIL
regionale  e,  con  esso,  le  casse  regionali.  Il   principio   di
eguaglianza  sancito  dall'art.  3  della  Costituzione  -  che   «e'
principio generale  che  condiziona  tutto  l'ordinamento  nella  sua
obbiettiva struttura: esso vieta, cioe', che la legge ponga in essere
una disciplina che direttamente o indirettamente dia vita ad una  non
giustificata disparita' di trattamento delle  situazioni  giuridiche,
indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai
quali queste vengano imputate» (Corte costituzionale, sentenza n.  25
del 1966) -impone la necessita' di prevedere misure legislative volte
al riequilibrio delle  singole  posizioni  sostanziali,  in  funzione
compensativa  o  correttiva  delle  diseguaglianze  originarie.  Cio'
posto, deve osservarsi che le  disposizioni  in  rubrica,  in  palese
violazione delle istanze solidaristiche ed egalitarie espresse  dalla
richiamata  norma   costituzionale,   contribuiscono   piuttosto   ad
aggravare le diseguaglianze gia' presenti (e scaturenti da condizioni
ataviche). 
    Il meccanismo di contribuzione alla finanza  pubblica  introdotto
dalla disposizione in parola presenta,  poi,  gravissimi  profili  di
irragionevolezza anche a fronte dei principi di imparzialita' e  buon
andamento della pubblica amministrazione, sanciti dall'art. 97  della
Costituzione. Al riguardo, va osservato che «la legittimita'  di  una
disposizione legislativa, rispetto al parametro  dell'art.  97  della
Costituzione, deve essere valutata tenendo conto dei suoi effetti sul
buon  andamento  della  pubblica   amministrazione   complessivamente
intesa, non gia' di singole sue componenti, isolatamente considerate»
(Corte costituzionale, sentenza n. 183 del 2008). Ebbene, come  sopra
rilevato, le Regioni che - come la  Campania  -  siano  in  piano  di
rientro dai disavanzi pregressi ai sensi  della  legge  n.  205/2017,
sono  obbligate  ad  incrementare  i  pagamenti  annui  a  titolo  di
investimenti  del  4%  rispetto  al  dato  del  2017.  La  previsione
dell'impossibilita'   di    effettuare    investimenti    utilizzando
l'accantonamento,  prevista  dal  comma   790,   risulta,   pertanto,
arbitraria, illogica e  gravemente  penalizzante.  Per  tutto  quanto
riferito, emerge chiaramente il contrasto  dell'art.  1,  comma  790,
della  legge  n.  207  del  2024  con  i  principi   di   uguaglianza
sostanziale, di buon andamento, di ragionevolezza e  di  solidarieta'
di cui agli articoli 3, 97 della  Costituzione  e  del  principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 120, essendo  anche  sotto  tale
profilo del tutto omessa la previsione della  necessaria  istruttoria
da  parte  della  Conferenza  istituita  dall'art.  33  del   decreto
legislativo  n.  68  del  2011.  Siffatta  violazione  dei  parametri
costituzionali indicati presenta  chiari  riverberi  nella  sfera  di
attribuzioni regionali costituzionalmente garantita, per  la  patente
menomazione delle  autonomie  e  prerogative  regionali  riconosciute
dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione e dall'art. 119  della
Costituzione.  Le  menzionate  disposizioni,   anzi,   non   soltanto
impediscono alla  Regione  di  esercitare  la  propria  autonomia  di
programmazione e di spesa, ma le impediscono addirittura di assolvere
gli obblighi di  investimento  connessi  al  regime  di  rientro  dal
disavanzo. 
    Vi e' di piu'. 
    Come emerge dalla relazione alla legge, la  misura  prevista  dal
menzionato comma 790 dell'art. 1, relativamente alle Regioni  non  in
disavanzo ha un costo per l'erario,  puntualmente  specificato  nella
medesima relazione, ove si  rileva  (pp.  134-135)  che:  «(...)  con
riferimento agli enti di cui alla lettera  b)  [enti  in  avanzo,  n.
d.rr.] la disposizione comporta maggiori oneri a carico della finanza
pubblica in misura pari a 30 milioni di euro  per  l'anno  2026,  150
milioni di euro per l'anno 2027, 340 milioni di euro per l'anno 2028,
600 milioni di euro per l'anno 2029, 760 milioni di euro  per  l'anno
2030, 930 milioni di euro per l'anno 2031, 760 milioni  di  euro  per
l'anno 2032, 380 milioni di euro per l'anno 2033, 90 milioni di  euro
per l'anno 2034 e 10 milioni di euro per l'anno 2035. La stima  degli
effetti di cui al comma 7 e'  stata  effettuata  tenendo  conto,  per
ciascun ente, delle informazioni relative ai  rendiconti  anno  2023,
ovvero ultimo rendiconto disponibile, trasmesse alla Banca dati delle
amministrazioni pubbliche (BDAP-Bilanci Armonizzati). In particolare,
per gli enti in avanzo si  e'  ipotizzato  l'utilizzo  delle  risorse
vincolate per investimenti  di  medie  dimensioni  con  un  orizzonte
temporale di spesa di cinque anni, sulla base dei SAL. Per le regioni
e province autonome, si e' tenuto  conto  del  rilevante  peso  degli
investimenti indiretti (trasferimenti ad enti del territorio)  e,  di
conseguenza, dei tempi di assegnazione delle risorse  (...)»  (enfasi
aggiunta, n. d.rr.). 
    Emerge, sotto tale aspetto, un ulteriore profilo di disparita' di
trattamento, nella parte in cui non si consente anche alle Regioni in
disavanzo  di  accedere  al  riparto  delle  risorse  destinate  agli
investimenti, ovviamente nei  limiti  delle  capacita'  del  bilancio
dello Stato. L'art. 119, quinto comma, della Costituzione dispone che
«Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la  solidarieta'
sociale,  per  rimuovere  gli  squilibri  economici  e  sociali,  per
favorire l'effettivo esercizio  dei  diritti  della  persona,  o  per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni,
lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua  interventi  speciali
in favore di determinati Comuni,  Province,  Citta'  metropolitane  e
Regioni». 
    Quindi, in maniera del tutto illegittima, mentre l'onere relativo
al contributo di finanza pubblica e' ripartito, in base  all'art.  1,
comma 786, tra tutti gli enti, sia in avanzo  che  in  disavanzo,  il
beneficio correlato alla copertura a carico del bilancio dello  Stato
per spese di investimento e' ripartito, in  base  all'art.  1,  comma
790, fra i soli enti che presentano un avanzo. 
    Oltretutto, si evidenzia che, con  particolare  riferimento  alle
Regioni, ai fini dell'individuazione degli enti che possono destinare
l'accantonamento ad investimenti, secondo quanto dispone il comma 790
il disavanzo di amministrazione va considerato «al netto della  quota
derivante da debito autorizzato  e  non  contratto».  Tale  ulteriore
specificazione   determina   ulteriori   ed   autonomi   profili   di
illegittimita' della disposizione. Partendo dalla considerazione  che
il PIL di  una  Regione  costituisce  parte  del  PIL  nazionale,  la
formulazione del comma 790 risulta destinata a contrarre il PIL delle
Regioni in disavanzo e a porre tutte le condizioni,  invece,  per  un
incremento del PIL nelle Regioni non in disavanzo o in disavanzo solo
da debito autorizzato e non  contratto  (cd.DANC).  Infatti,  per  le
prime si determinera' un effetto sicuramente negativo per il  PIL,  a
causa dell'impossibilita' dell'utilizzo delle  risorse  destinate  ad
essere accantonate  ai  fini  del  contributo  di  finanza  pubblica,
mentre, per le seconde, si generera' un ampliamento  della  capacita'
di spesa, sia dal lato della spesa corrente che dal lato della  spesa
di investimento. 
    La  previsione   per   la   quale   tale   disavanzo,   ai   fini
dell'applicazione del comma  790,  non  viene  considerato  tale  (in
contrasto con quanto affermato da Codesta Ecc.ma Corte costituzionale
con sentenza n. 274 del 2017) non e' ragionevole ed e' arbitraria. 
    Al riguardo, e' appena il caso di richiamare la massima n. 41125,
estrapolata dalla menzionata pronuncia n. 274 del 2017, con la  quale
e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo -  per  violazione
dell'art. 81, terzo comma, Cost. - l'art.  6  della  legge  regionale
della Liguria n. 26 del 2016, «basato su un errato rimaneggiamento di
grandezze negative, diverse dalle componenti  previste  dall'art.  42
del decreto legislativo n. 118 del 2011 per il calcolo del  risultato
di amministrazione, nel quale vengono erroneamente considerati  quali
componenti attive il  fondo  di  anticipazione  di  liquidita'  e  il
complesso dei mutui autorizzati e  non  contratti  per  investimenti,
ossia  due  voci  che,  invece,  ineriscono  a  profili  debitori   o
addirittura si concretano  in  cespiti  inesistenti  (a  quest'ultima
categoria appartenendo i mutui autorizzati e non stipulati, mentre le
anticipazioni di liquidita' costituiscono  elemento  influente  sulla
sola cassa e non un  cespite  utilizzabile  nella  parte  attiva  del
bilancio). La  contabilizzazione  in  entrata  di  tali  voci  amplia
artificiosamente le risorse disponibili consentendo  spese  oltre  il
limite del naturale equilibrio ed esonera, per di  piu',  la  Regione
dal porre doveroso rimedio al disavanzo  effettivo;  ne  deriva,  tra
l'altro, la mancata copertura delle  spese  per  l'insussistenza  dei
cespiti in entrata  e  il  conseguente  squilibrio  del  bilancio  di
competenza, con aggravio per i risultati di amministrazione  negativi
provenienti  dai  precedenti  esercizi.  Secondo  la   giurisprudenza
costituzionale, copertura economica delle  spese  ed  equilibrio  del
bilancio sono due  facce  della  stessa  medaglia,  dal  momento  che
l'equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia  sorretto
dalla previa individuazione delle pertinenti risorse;  nel  sindacato
di costituzionalita', essi integrano una clausola generale  in  grado
di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti
la  sana  gestione  finanziaria  e  contabile.  (Precedenti   citati:
sentenze  n.  184  del  2016  e  n.  192  del  2012).  Il   principio
dell'equilibrio tendenziale  del  bilancio  consiste  nella  continua
ricerca  di  un  armonico  e  simmetrico  bilanciamento  tra  risorse
disponibili e spese necessarie per il perseguimento  delle  finalita'
pubbliche. (Precedenti citati: sentenze n. 266 del 2013 e n. 250  del
2013, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n.  1  del  1966)».  Codesta
Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato, quindi, in maniera  chiara,
che l'istituto del debito autorizzato e non contratto,  se  determina
disavanzo, deve  essere  trattato  come  tale.  Peraltro,  lo  stesso
principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria
(allegato 4-2  al  decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118),
individua al punto 5.3.4-bis una precisa modalita' di recupero  della
quota di disavanzo derivante da debito autorizzato e  non  contratto,
che non si forma «in presenza di  maggiori  accertamenti  di  entrate
rispetto  alle  previsioni   di   bilancio   registrati   nel   corso
dell'esercizio in cui e' impegnata la  spesa  di  investimento»,  che
possono  essere  destinati  alla  copertura   dell'investimento   con
apposita variazione del bilancio di previsione. 
    Dunque, tanto il legislatore, quanto Codesta Corte costituzionale
(Sentenza n.  274/2017),  considerano  tali  disavanzi  sullo  stesso
piano. Nella valutazione del disavanzo e alla sua inclusione  o  meno
nell'ambito  del  disavanzo  di  amministrazione,  il  comma  527-ter
all'art. 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, introdotto dall'art.
19 del decreto-Legge 9 agosto 2024, n. 113, ha disposto che «Al  fine
di assolvere in  termini  di  indebitamento  netto  e  fabbisogno  al
contributo alla finanza pubblica previsto dal comma 527, le Regioni a
statuto ordinario che sono in  disavanzo  di  amministrazione  al  31
dicembre 2023, compreso il disavanzo  da  debito  autorizzato  e  non
contratto, con legge  regionale  autorizzano,  entro  novanta  giorni
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente   disposizione,
l'iscrizione di un fondo nella parte corrente del primo esercizio del
bilancio di previsione 2024-2026, di importo pari a  quelli  indicati
nell'allegato VI-bis alla presente legge, fermo restando il  rispetto
dell'equilibrio di bilancio di parte corrente di cui all'art. 40  del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.(...)». 
    In altri termini, si considerano in disavanzo anche le Regioni il
cui disavanzo e' meramente «contabile», ovvero  derivante  da  Debito
Autorizzato  e  Non  Contratto.  Non  si  comprendono,   dunque,   le
motivazioni per le quali  la  legge  di  Bilancio,  per  la  medesima
fattispecie (disciplina del contributo alla finanza pubblica da parte
delle Regioni), abbia ora previsto un trattamento  differenziato  per
le sole Regioni il cui disavanzo provenga da Debito Autorizzato e non
contratto. Quanto rilevato  trova  conferma  nelle  disposizioni  del
decreto-legge n. 113 del 2024, che, nell'esonerare le Regioni  in  23
disavanzo dal materiale versamento di cassa al bilancio  dello  stato
della quota del contributo di finanza  pubblica,  ha  ricompreso  tra
tali Regini quelle con disavanzo da DANC. 
    Per  tutto  quanto  appena  rappresentato,  emerge  un  ulteriore
profilo di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  790,
della legge 30 dicembre 2024, n. 207, per contrasto con gli  articoli
3,  81,  97  e  119  della  Costituzione.  In  particolare,   proprio
quest'ultimo, la cui violazione e' intimamente  connessa  con  quelle
degli altri parametri indicati,  da'  conto  della  ridondanza  della
lesione di norme  extra-competenziali  nella  sfera  di  attribuzioni
costituzionali della Regione Campania. 
    Si e' sopra anche rilevato come le Regioni, quali la Campania, in
piano  di  recupero  del  disavanzo  gia'  attuino  da  tempo  rigide
politiche di contenimento della spesa corrente e dovranno  continuare
a farlo per periodi ultradecennali, con la conseguenza di  sottoporre
i  territori  dalle  stesse  amministrati  a  una  evidente  dinamica
deflattiva, con significativi riflessi negativi  sul  PIL  regionale.
L'ulteriore contributo introdotto,  peraltro  in  assenza  di  alcuna
verifica istruttoria, spinge in modo significativo questa dinamica di
contrazione del PIL regionale, senza peraltro intervenire sul  debito
finanziario di tali amministrazioni,  peggiorando,  conseguentemente,
il rapporto tra debito e PIL dei territori  e  con  effetti  negativi
sulle condizioni economiche e sociali dei  cittadini  delle  relative
realta' territoriali. 
    II.2.3. Le disposizioni di cui all'art. 1, commi 792 e 793,  come
sopra rilevato, prevedono gravose sanzioni, in termini di  incremento
del contributo  alla  finanza  pubblica,  per  l'ipotesi  di  mancato
rispetto del termine previsto dal comma 789 per gli accantonamenti  e
di quello di  trasmissione  alla  banca  dati  delle  amministrazioni
pubbliche  dei  dati   di   consuntivo   o   preconsuntivo   relativi
all'esercizio precedente. 
    Anche tali disposizioni sono palesemente illegittime per  patente
contrasto con gli articoli  3,  53,  81,  97,  117,  119,  120  della
costituzione, laddove aggravano l'importo del contributo in  mancanza
di un'effettiva necessita' sul  piano  economico-finanziario,  ma  in
conseguenza diretta ed automatica del mancato  rispetto  dei  termini
sanciti;  omettono  di  prevedere  che  la  Conferenza  Stato-Regioni
determini la quantificazione o vi concorra; e viene violata  altresi'
la  ratio  del  contributo  alla  finanza   pubblica,   quantificando
l'importo  dell'accantonamento  aggiuntivo  senza  alcuna   attivita'
istruttoria in ordine alla concreta  sostenibilita'  dell'importo  da
parte degli enti ai quali  viene  imposto  e  senza  prevedere  alcun
coinvolgimento  della  Regione   interessata   nel   procedimento   -
procedimento che si omette di delineare, configurando la sanzione  in
termini di  mera  automaticita',  senza  alcun  collegamento  con  il
conseguimento  di  obiettivi  di  finanza  pubblica  .  E'  evidente,
altresi', la lesione del principio di  leale  collaborazione  di  cui
all'art. 120 della Costituzione in ossequio del quale  l'applicazione
e  la  misura  della  sanzione  sarebbero  dovute  discendere  da  un
procedimento ispirato ad una « fisiologica dialettica» tra  le  parti
coinvolte (sentenza n. 175 del 2024, che richiama sentenza n. 217 del
2020 e sentenza n. 87 del 2024). Le indicate violazioni dei parametri
costituzionali in epigrafe presentano chiari  riverberi  nella  sfera
delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantita, sottraendo
risorse alla  autonomia  finanziaria  della  Regione;  d'altronde  e'
appena il caso di osservare che  Codesta  Ecc.ma  Corte  ha  in  piu'
occasioni ritenuto che, se  l'ambito  materiale  di  incidenza  delle
norme  gravate  afferisce  a  materie  di   «competenza   legislativa
concorrente», ne  consegue  che  «la  violazione  denunciata  risulta
potenzialmente idonea a determinare una  lesione  delle  attribuzioni
costituzionali delle Regioni» (sentenza n. 22 del 2012, che  richiama
sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). 
    La disciplina impugnata, infatti,  privando  illegittimamente  le
Regioni di ingentissime risorse finanziarie, ne  lede  gravemente  la
capacita' di perseguire i propri obiettivi, tenuto peraltro conto che
lo stesso art. 119 della Costituzione, al quarto comma,  prevede  che
le Regioni siano dotate delle risorse  necessarie  a  consentire  «di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». 
    II.2.4 I commi 796 e 797, lett.a) e lettera d) dell'art. 1  della
legge n. 207 del 2024 apportano, rispettivamente, modifiche ai  commi
139 e 134 della legge 30 dicembre 2018, n. 145. 
    Nello specifico, anteriormente alle modifiche introdotte: 
      a) il comma 134  dell'art.  1  della  legge  n.  145  del  2018
prevedeva che «Al fine di favorire gli investimenti, per  il  periodo
2021-2034, sono assegnati alle regioni a statuto ordinario contributi
per investimenti per la progettazione e per la realizzazione di opere
pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e  del  territorio,
per interventi di viabilita'  e  per  la  messa  in  sicurezza  e  lo
sviluppo di sistemi di trasporto pubblico anche con la  finalita'  di
ridurre l'inquinamento ambientale, per la rigenerazione urbana  e  la
riconversione   energetica   verso   fonti   rinnovabili,   per    le
infrastrutture sociali e le bonifiche ambientali dei siti  inquinati,
nonche' per investimenti di cui all'art. 3,  comma  18,  lettera  c),
della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nel limite complessivo  di  135
milioni di euro per l'anno 2021, di 435 milioni di  euro  per  l'anno
2022, di 424,5 milioni di euro per l'anno 2023, di 524,5  milioni  di
euro per l'anno 2024, di 124,5 milioni di euro per  l'anno  2025,  di
259,5 milioni di euro per l'anno 2026, di 304,5 milioni di  euro  per
ciascuno degli anni dal 2027 al 2032, di 349,5 milioni  di  euro  per
l'anno 2033 e di 200 milioni di euro per l'anno 2034»; 
      b) il  comma  139  prevedeva  che  «Al  fine  di  favorire  gli
investimenti sono assegnati ai  comuni  contributi  per  investimenti
relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e  del
territorio, nel limite complessivo di 350 milioni di euro per  l'anno
2021, di 450 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di  euro
annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025,  di  700  milioni  di
euro per l'anno 2026 e, di 750 milioni di  euro  annui  per  ciascuno
degli anni dal 2027 al 2030. I contributi non sono assegnati  per  la
realizzazione di opere integralmente finanziate da altri soggetti.  A
decorrere dall'anno 2022, in sede di definizione delle  procedure  di
assegnazione dei contributi, almeno il 40  per  cento  delle  risorse
allocabili e' destinato agli enti locali del Mezzogiorno». 
    Si tratta(va), evidentemente, di risorse messe a disposizione  di
Regioni e Comuni, a prescindere dalla  condizione  finanziaria  degli
stessi, per una serie di finalita' concernenti diritti essenziali dei
cittadini,  quali  la  sicurezza,  la  mobilita'   e   la   riduzione
dell'inquinamento, con priorita' di assegnazione- per quanto riguarda
le risorse a disposizione dei Comuni- per  gli  enti  locali  situati
nelle regioni del Sud Italia. Nel bilancio di  previsione  2025/2027,
la Regione Campania ha gia' stanziato, per  l'annualita'  2027,  euro
32.094.300 a valere sulle  risorse  di  cui  all'indicato  comma  134
dell'art. 1 legge n. 145 del 2018. 
    Ebbene, con le disposizioni di cui ai richiamati commi 796 e  797
dell'art. 1 della legge 30 dicembre  2024,  n.  207,  si  dispone  la
soppressione del  finanziamento  statale  destinato  alle  Regioni  a
partire dall'anno 2027 (comma 797,  lettera  a)  e  lettera  d),  che
adegua la tabella relativa ai finanziamenti statali) e la consistente
riduzione per i Comuni di risorse  gia'  stanziate  per  gli  anni  a
venire (comma 796). 
    Tali disposizioni, oltre a porsi esse  stesse  in  contrasto  con
tutti i parametri  costituzionali  sopra  evocati,  per  le  medesime
ragioni  svolte  con  riferimento  ai  precedenti  commi  -  che  qui
espressamente si richiamano- rendono  evidente  la  fondatezza  delle
censure innanzi svolte avverso le disposizioni dei  precedenti  commi
784, 786, 789, 790, 792 e 793, con particolare riferimento alla  loro
irragionevolezza ed arbitrarieta' per  carenza  della  previsione  di
alcuna istruttoria, da parte dell'organismo deputato - individuato da
Codesta Corte nella Conferenza permanente per la finanza  pubblica  -
in merito alla necessita' e congruita'  rispetto  agli  obiettivi  di
finanza pubblica, alla sostenibilita' da parte delle Regioni  e  alla
compatibilita' con il regime  di  rientro  dal  disavanzo  nel  quale
versano numerose Regioni, che comporta l'obbligo di incremento  degli
investimenti. 
    Nella tabella che segue - tratta dalla  relazione  tecnica  della
competente Direzione Generale regionale per le  Risorse  finanziarie-
sono  posti  a  confronto  gli  importi  risultanti  dalla  relazione
illustrativa circa la  distribuzione  negli  anni  del  contributo  a
carico dello Stato per l'utilizzo, da parte degli enti in avanzo, del
fondo derivante dall'accantonamento  per  il  contributo  di  finanza
pubblica di cui all'art. 1, comma 786, della legge n. 207 del 2024  e
il definanziamento disposto dal successivo comma  797,  per  anno  di
riferimento: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Nella medesima relazione si rileva che «la spesa prevista per  lo
Stato, correlata al finanziamento degli  spazi  finanziari  necessari
per consentire agli enti in «avanzo» di utilizzare il fondo derivante
dall'accantonamento  per  il  contributo  di  finanza  pubblica,   e'
finanziato per circa il 75% dalla riduzione  delle  risorse  che  una
precedente legge di bilancio aveva destinato alle Regioni e ai Comuni
per il finanziamento degli investimenti. Oltretutto, nel 2027  e  nel
2028 il margine e' positivo per lo Stato, per  cui,  sostanzialmente,
risorse che in  precedenza  erano  state  destinate  ad  investimenti
secondo  le  specifiche  indicazioni  contenute  nei  commi   saranno
utilizzate per altre finalita'. Tale  problematica  era  stata  anche
evidenziata dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio. Nella memoria  per
la «Audizione della Presidente dell'Ufficio parlamentare di  bilancio
nell'ambito delle audizioni  preliminari  all'esame  del  disegno  di
legge di bilancio per il 2025 (C. 2112-bis)  del  5  novembre  2024»,
infatti,  lo  stesso  ha  rappresentato  quanto  segue:  «Poiche'  il
contributo alla finanza pubblica degli Enti territoriali nel  periodo
2025-29 si traduce per gli Enti in avanzo in  una  contrazione  della
spesa corrente in favore della spesa in conto capitale da  realizzare
in futuro, il DDLB definanzia una serie di programmi di  investimento
previsti per gli anni dal 2025 al 2034 (periodo che si estende  oltre
l'orizzonte di sette anni del PSB). La riduzione dei trasferimenti in
conto  capitale  supera  la   misura   stimata   dell'aumento   degli
investimenti locali derivanti dalla rimodulazione della  spesa  (...)
Gli  effetti  netti  sulla  spesa  in  conto  capitale   degli   Enti
territoriali derivanti, da un lato, dai  tagli  ai  trasferimenti  e,
dall'altro, dall'aumento atteso  dall'utilizzo  degli  accantonamenti
della  spesa  corrente  per  effetto  del  contributo  alla   finanza
pubblica, sono complessivamente negativi». 
    Peraltro   la   disamina   effettuata   da   parte   dell'Ufficio
Parlamentare di Bilancio coglie la dimensione del fenomeno in termini
complessivi, riferiti cioe' all'intero comparto delle Regioni, ma non
coglie l'effetto forse piu' deleterio del meccanismo, che consiste in
una redistribuzione «al contrario» delle  risorse  per  investimenti,
dovuto alla circostanza che lo stesso toglie risorse a tutti gli enti
e le restituisce (in  parte)  solo  agli  enti  che,  come  detto  in
precedenza, presentano condizioni di partenza migliori rispetto  alla
media. 
    In aggiunta, occorre  sottolineare  che  gli  enti  in  piano  di
rientro ai sensi della legge n. 205 del 2017 sono sottoposti  ad  una
misura di incremento della spesa per  investimenti,  con  conseguente
riallocazione delle risorse correnti ai  fini  della  destinazione  a
spese di investimento. In proposito, il comma 780 dell'art.  1  della
legge n. 205 del 2017 prevede un graduale  aumento  della  spesa  per
investimento per gli enti sottoposti a piano  di  rientro,  che,  per
l'anno 2025, si  attesta  al  4%  rispetto  all'anno  base  2017.  E'
evidente che l'impossibilita' di utilizzare l'accantonamento  di  cui
all'art. 1,  comma  789,  della  legge  n.  207  del  2024  nell'anno
successivo  per   gli   investimenti,   rende   piu'   difficile   la
realizzazione dell'obiettivo. 
    Inoltre, la Regione Campania, come emerge dalla  legge  regionale
di approvazione del bilancio  2025/2027,  ha  dovuto  autorizzare  il
ricorso  all'indebitamento,  ad   oltre   un   decennio   dall'ultima
accensione di prestiti, al fine di consentire il  raggiungimento  del
target   di   cofinanziamento   regionale    al    FESR.Il    ricorso
all'indebitamento,  al  fine  di  garantire  la   realizzazione   dei
programmi FESR, atti, come noto, a ridurre il ritardo nello  sviluppo
rispetto al resto delle Regioni  italiane  ed  europee,  comporta  il
sostenimento di nuovi costi correlati al servizio  del  debito  e  al
rimborso delle quote capitale. In tal senso, quindi, l'impossibilita'
di utilizzare l'accantonamento di cui all'art. 1,  comma  789,  della
legge di bilancio 2025 costituisce un ulteriore motivo di  disparita'
di trattamento, in quanto non consente alle Regioni  svantaggiate  di
disporre di  una  fonte  di  finanziamento,  oltretutto  senza  oneri
aggiuntivi, che favorirebbe il raggiungimento dei target  imposti  da
altre fonti normative». 
    Da quanto  precede,  emerge  chiaramente  l'illegittimita'  delle
norme in esame (commi 790, 796 e  797  dell'art.  1  della  legge  30
dicembre 2024, n. 207, anche in combinato disposto  tra  loro  )  per
contrasto con gli articoli 3, 97 e 119 nonche' con gli articoli 81  e
120 della Costituzione. Anche in questo  caso,  la  ridondanza  della
rappresentata  lesione  nella  sfera  di  attribuzioni  regionali  e'
oggettiva ed evidente, oltre che per motivi in tutto sovrapponibili a
quelli gia' sopra esposti, anche perche', con  specifico  riferimento
alla doglianza qui espressa, l'irrazionale e discriminatoria  mancata
previsione di strumenti perequativi - e, anzi, la realizzazione di un
meccanismo  proteso  ad  acuire  le  disparita'   tra   territori   -
contribuisce   in   maniera   determinante   alla   perpetrazione   e
cristallizzazione di condizioni di fatto che limitano  gravemente  la
possibilita', per le Regioni piu' svantaggiate (tra  cui  proprio  la
Campania),  di  esercitare  le  proprie  rilevantissime   prerogative
costituzionali in tutte le materie assegnate alla propria  competenza
concorrente e residuale.  

 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia Codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in  accoglimento  del
presente   ricorso,   dichiarare   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797, lett.  a)
e d) della legge 30 dicembre  2024,  n.  207,  recante  «Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2025  e  bilancio
pluriennale per il triennio 2025-  2027»  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana n. 305 del 31 dicembre 2024,  per
violazione degli articoli 3,  53,  81,  97,  117,  119  e  120  della
Costituzione. 
      Napoli-Roma, 1° marzo 2025 
 
                          Avv. Monti - Bove