Reg. Ric. n. 13 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 26/03/2025 n. 13
Ricorrente:Regione Campania
Resistenti: Presidente del Consiglio dei ministri
Oggetto:
Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica – Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente – Meccanismi di riparto tra le regioni – Modalità di contribuzione mediante iscrizione nella missione 20, Fondi e accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli esercizi del rispettivo bilancio di previsione, di un fondo con una dotazione pari al contributo annuale alla finanza pubblica – Previsione che, per gli enti in disavanzo, alla fine dell'esercizio precedente, il fondo costituisce un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione – Ricorso della Regione Campania – Denunciata introduzione di limiti all’autonomia finanziaria non corrispondenti dalla funzione di esplicazione di principi di coordinamento della finanza pubblica – Irragionevolezza – Violazione del principio di leale collaborazione – Ritenuta assenza di margini di discrezionalità nella determinazione dei riparto da parte delle regioni in sede di autocoordinamento - Violazione del principio di eguaglianza sostanziale – Lesione del principio della capacità contributiva – Violazione dell’autonomia finanziaria regionale.
- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, commi 784, 786 e 789.
- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120.
Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica – Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente – Meccanismi di riparto tra le regioni – Modalità di contribuzione mediante iscrizione nella missione 20, Fondi e accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli esercizi del rispettivo bilancio di previsione, di un fondo con una dotazione pari al contributo annuale alla finanza pubblica – Previsione che, per gli enti in disavanzo, alla fine dell'esercizio precedente, il fondo costituisce un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione – Regione Campania – Denunciata illogica disparità di trattamento tra regioni con effetto di aggravamento delle diseguaglianze tra cittadini – Violazione dei principi di eguaglianza sostanziale e di solidarietà - Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione – Irragionevolezza della previsione che impedisce di effettuare investimenti utilizzando l’accantonamento – Violazione del principio di leale collaborazione anche sotto il profilo dell’omessa previsione di un’istruttoria da parte della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, istituita nell’ambito della Conferenza unificata – Incidenza sulle competenze regionali – Disparità di trattamento nella ripartizione della copertura per spese di investimento riconosciuta ai soli enti che non presentino disavanzi – Ritenuta irragionevolezza e arbitrarietà della previsione che il disavanzo di amministrazione è considerato al netto della quota derivante da debito autorizzato e non contratto – Incidenza sulle attribuzioni regionali – Denunciato effetto di contrazione del PIL regionale con effetti negativi sulle condizioni economiche e sociali dei cittadini.
- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, comma 790.
- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, in particolare terzo comma, 119, in particolare quinto comma, e 120.
Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica – Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente – Meccanismi di riparto tra le regioni – Modalità di contribuzione – Regime sanzionatorio – Ricorso della Regione Campania – Denunciato aggravio dell’importo del contributo a carico della regione come conseguenza diretta e automatica del mancato rispetto dei termini sanciti – Denunciato mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni nella quantificazione – Denunciata omessa istruttoria con riguardo all’importo del contributo aggiuntivo - Lesione del principio di leale collaborazione – Incidenza sulle attribuzioni regionali – Lesione dell’autonomia finanziaria.
- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, commi 792 e 793.
- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, 119, in particolare quarto comma, e 120.
Bilancio e contabilità pubblica – Legge di bilancio 2025 – Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica –Rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di cui all’art. 1, commi 134 e 139, della legge n. 145 del 2018, concernenti, rispettivamente, l’assegnazione alle regioni a statuto ordinario di contributi per investimenti per la progettazione e per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per interventi di viabilità e per la messa in sicurezza e lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico anche con la finalità di ridurre l'inquinamento ambientale, per la rigenerazione urbana e la riconversione energetica verso fonti rinnovabili, per le infrastrutture sociali e le bonifiche ambientali dei siti inquinati e contributi ai comuni per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio – Ricorso della Regione Campania – Irragionevolezza e arbitrarietà per carenza di istruttoria da parte della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, istituita nell’ambito della Conferenza unificata – Ridondanza sulle attribuzioni regionali con particolare aggravamento delle condizioni dei cittadini delle regioni più svantaggiate.
- Legge 30 dicembre 2024, n. 207, art. 1, comma 796, modificativo dell’art. 1, comma 139, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e comma 797, lettere a) e d), rispettivamente la prima modificativa del comma 134 dell’art. 1 e la seconda sostitutiva della tabella 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, anche in combinato disposto tra loro e con il comma 790.
- Costituzione, artt. 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120.
Norme impugnate:
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 784
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 786
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 789
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 790
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 792
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 793
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 796
legge del 30/12/2018 Num. 145 Art. 1 Co. 139
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 797
legge del 30/12/2018 Num. 145 Art. 1 Co. 134
legge del 30/12/2024 Num. 207 Art. 1 Co. 797
legge del 30/12/2018 Num. 145
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Costituzione Art. 81 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 3
Costituzione Art. 119 Co.
Costituzione Art. 119 Co. 4
Costituzione Art. 119 Co. 5
Costituzione Art. 120 Co.
Udienza Pubblica del 23/09/2025 rel. ANTONINI
Testo dell'ricorso
N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 05 marzo 2025 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2025 (della Regione Campania). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di bilancio 2025 - Contributo degli enti territoriali alla finanza pubblica - Contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente - Meccanismi di riparto tra le regioni - Modalita' di contribuzione mediante iscrizione nella missione 20, Fondi e accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli esercizi del rispettivo bilancio di previsione, di un fondo con una dotazione pari al contributo annuale alla finanza pubblica - Previsione che, per gli enti in disavanzo, alla fine dell'esercizio precedente, il fondo costituisce un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione - Regime sanzionatorio - Rideterminazione delle autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1, commi 134 e 139, della legge n. 145 del 2018, concernenti, rispettivamente, l'assegnazione alle regioni a statuto ordinario di contributi per investimenti per la progettazione e per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per interventi di viabilita' e per la messa in sicurezza e lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico anche con la finalita' di ridurre l'inquinamento ambientale, per la rigenerazione urbana e la riconversione energetica verso fonti rinnovabili, per le infrastrutture sociali e le bonifiche ambientali dei siti inquinati e contributi ai comuni per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio. - Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027), art. 1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797, lettere a) e d). (GU n. 13 del 26-03-2025) Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per la Regione Campania (c.f. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale, dott. Vincenzo De Luca, quale legale rapp.te pro-tempore, rapp.ta e difesa dagli avv.ti Almerina Bove (c.f. BVOLRN70C46I262Z) e Tiziana Monti (c.f. MNTTZN69B51F839V) dell'Avvocatura regionale (PEC: almerinabove@pec.regione.campania.it - tizianamonti@pec.regione.campania.it - fax 0817963684 presso cui desiderano ricevere ogni comunicazione ex art. 136 c.p.c.) domiciliati in Roma, alla via Poli n. 29, in virtu' di procura speciale e provvedimento autorizzativo di cui alla Deliberazione di Giunta regionale n. 95 del 28 febbraio 2025; contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797, lettera a) e d) della legge 30 dicembre 2024, n. 207, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025- 2027», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 305 del 31 dicembre 2024, per violazione degli articoli 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120 della Costituzione. I. La legge 30 dicembre 2024, n. 207, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 305 del 31 dicembre 2024, all'art. 1, commi da 784 e ss., prevede e disciplina una misura di concorso alla finanza pubblica degli enti territoriali, in termini di equilibrio di bilancio e di contributi aggiuntivi alla finanza pubblica, cosi disponendo: «784. Ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le citta' metropolitane, le province e i comuni partecipano al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dalle nuove regole della governance economica europea secondo le modalita' previste dai commi da 785 a 794, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione. Sono esclusi dal versamento del contributo di cui al comma 788 gli enti in dissesto finanziario, ai sensi dell'art. 244 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o sottoposti a procedura di riequilibrio finanziario, ai sensi dell'art. 243-bis del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla data del 1° gennaio 2025 o che abbiano sottoscritto gli accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e di cui all'art. 43, comma 2, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91. Le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano partecipano al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dalle nuove regole della governance economica europea secondo quanto previsto dai commi da 710 a 724. (Omissis). 786. Le regioni a statuto ordinario assicurano un contributo alla finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente, pari a 280 milioni di euro per l'anno 2025, a 840 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2026 al 2028 e a 1.310 milioni di euro per l'anno 2029. Il riparto del concorso alla finanza pubblica di cui al primo periodo e' effettuato, entro il 28 febbraio 2025, in sede di autocoordinamento tra le regioni, formalizzato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. In assenza di accordo in sede di autocoordinamento, il riparto e' effettuato, entro il 20 marzo 2025, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in proporzione, con riferimento al perimetro non sanitario, agli impegni di spesa corrente al netto degli impegni per gli interessi, per i trasferimenti al bilancio dello Stato per concorso alla finanza pubblica e per le spese della missione 12, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, come risultanti dall'ultimo rendiconto approvato, anche soltanto da parte della Giunta di ciascuna regione. (Omissis). 789. Per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029 le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le citta' metropolitane, le province e i comuni iscrivono nella missione 20, Fondi e 3 accantonamenti, della parte corrente di ciascuno degli esercizi del bilancio di previsione un fondo, con una dotazione pari al contributo annuale alla finanza pubblica di cui ai commi da 786 a 788, fermo restando il rispetto dell'equilibrio di bilancio di parte corrente di cui all'art. 40 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e di cui all'art. 162, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Con riferimento al bilancio di previsione 2025-2027, il fondo di cui al primo periodo del presente comma e' iscritto entro trenta giorni dal riparto dei contributi alla finanza pubblica con variazione di bilancio approvata con atto del consiglio, per gli enti locali, e con legge regionale, per le regioni a statuto ordinario. Le autonomie speciali iscrivono il fondo nel bilancio di previsione 2025-2027, entro il 31 gennaio 2025, con legge regionale o provinciale. La costituzione del fondo, sul quale non e' possibile disporre impegni, e' finanziata attraverso le risorse di parte corrente. 790. Alla fine di ciascun esercizio, il fondo di cui al comma 789, per gli enti in situazione di disavanzo di amministrazione alla fine dell'esercizio precedente, costituisce un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione, in misura aggiuntiva rispetto a quanto previsto nel bilancio di previsione. Per gli enti con un risultato di amministrazione pari a zero o positivo alla fine dell'esercizio precedente, il fondo confluisce nella parte accantonata del risultato di amministrazione destinata al finanziamento di investimenti, anche indiretti, nell'esercizio successivo, prioritariamente rispetto alla formazione di nuovo debito. Ai fini del presente comma, le regioni e le province autonome considerano il disavanzo di amministrazione al netto della quota derivante da debito autorizzato e non contratto. (Omissis). 796. L'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 139, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e' ridotta di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2028 al 2030. 797. All'art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 134, le parole: «per il periodo 2021-2034» sono sostituite dalle seguenti: «per il periodo 2021-2026» e le parole: «, di 304,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2032, di 349,5 milioni di euro per l'anno 2033 e di 200 milioni di euro per l'anno 2034» sono soppresse; (Omissis). d) la tabella 1 e' sostituita dalla tabella 1 di cui all'allegato II annesso alla presente legge». I.1. In sede di parere in ordine al disegno di legge di bilancio 2025, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha evidenziato che le disposizioni corrispondenti a quelle sopra riportate introducono misure insostenibili per le Regioni, poiche' aggiuntive rispetto ai contributi gia' previsti dalle precedenti manovre, nonche' in ragione: «a) dell'impossibilita' per gli enti territoriali di contrarre debito per spesa corrente (oltre l'obbligo del pareggio di bilancio) che determina una riduzione di spesa sulle funzioni proprie regionali o dei LEP/LEA ovvero un aumento della pressione fiscale lasciata alla responsabilita' regionale; b) dell'inattuabilita' per la maggioranza degli enti della norma che prevede l'utilizzo degli accantonamenti in bilancio di spesa corrente per il finanziamento di investimenti nell'anno successivo incidendo ulteriormente sui rispettivi bilanci; c) della cancellazione delle risorse per investimenti della legge n. 145 del 2018, art. 1, comma 134, per tutte le Regioni». Successivamente, in data 30 gennaio 2025, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, con nota prot. n. 0621/C2FIN, ha rilevato che «(...) la legge di Bilancio 2025 - legge 207/2024 - ha previsto, al comma 786 dell'art. 1, un contributo alla finanza pubblica per le Regioni a statuto ordinario per gli anni 2025 - 2029, aggiuntivo a quello a legislazione vigente, da ripartirsi in sede di autocoordinamento fra le Regioni entro il 28 febbraio 2025. Il riparto e' formalizzato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie in Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Al riguardo, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con grande spirito di responsabilita' e collaborazione istituzionale ha approvato all'unanimita', nella seduta odierna, il riparto allegato esclusivamente per l'annualita' 2025, che si trasmette. Si richiede, altresi', che il riparto per gli anni 2026 e seguenti sia oggetto di discussione del Tavolo tecnico presso il Ministero dell'economia e delle finanze - previsto dal comma 3-bis, dell'art. 9, del decreto legge 19 ottobre 2024 n. 155 convertito con modificazioni dalla legge 9 dicembre 2024, n. 189 - che dovra' concludere i suoi lavori in tempo utile, ai fini del nuovo riparto, pervenendo ad una posizione condivisa. Si evidenziano, inoltre, nelle more dell'insediamento del suddetto Tavolo, le osservazioni gia' espresse in sede di parere al «Disegno di legge di Bilancio 2025» dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome riguardo l'importanza, la significativita' e la progressione pluriennale del contributo alla finanza pubblica previsto, che appare insostenibile, in considerazione: del contributo gia' previsto dalle precedenti manovre; dell'impossibilita' per gli enti territoriali di contrarre debito per spesa corrente (oltre l'obbligo del pareggio di bilancio) che determina una riduzione di spesa sulle funzioni proprie regionali o dei LEP/LEA ovvero un aumento della pressione fiscale lasciata alla responsabilita' regionale, fermo restando che alcune Regioni hanno esaurito i margini di manovrabilita' delle imposte; dell'inattuabilita' per la maggioranza degli Enti della norma che prevede l'utilizzo degli accantonamenti in bilancio di spesa corrente per il finanziamento di investimenti nell'anno successivo incidendo ulteriormente sui rispettivi bilanci; - della cancellazione delle risorse per gli investimenti della legge 145/2018, art. 1, c.134 per tutte le Regioni. Certo che questi temi dovranno essere affrontati dal Tavolo tecnico, si confida, inoltre, nella convocazione in tempi rapidi della Conferenza permanente per la finanza pubblica, sede politica nella quale condividere le migliori soluzioni riguardanti la finanza pubblica per gli Enti territoriali, come peraltro evidenziato dalla recente giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 195/2024)» (enfasi aggiunta, n. d.rr.). II. Le riportate disposizioni di cui all'art. 1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797, lettera a) e d) della legge 30 dicembre 2024, n. 207, vengono in questa sede impugnate dalla ricorrente Regione Campania, in quanto costituzionalmente illegittime e lesive delle prerogative ed attribuzioni della Regione, nei termini di seguito puntualizzati. II.1. Si premette che, fin dall'esercizio 2015, la Regione Campania e' impegnata nel recupero di un consistente disavanzo di amministrazione, inizialmente pari a euro 5.792.045.622,18, articolato come segue: a) una componente attinente agli accantonamenti per le anticipazioni di liquidita'. Il riferimento e' alle anticipazioni di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64 e all'anticipazione di cui all'art. 116 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che va ripianata secondo le modalita' sancite dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Si tratta, quindi, di un disavanzo di carattere tecnico, con un percorso di restituzione in un arco trentennale di anticipazioni di cassa ricevute dallo Stato per estinguere debiti pregressi; b) una componente, da ripianare con le modalita' previste dall'ordinamento contabile, che si articola, a sua volta, in: 1. disavanzo scaturente dal riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, da ripianare con le modalita' previste dall'art. 3, comma 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Anche questa quota di disavanzo presenta una particolare accezione, in quanto derivante da un'operazione straordinaria che tutti gli enti territoriali e locali hanno effettuato, propedeutica all'entrata in vigore, a decorrere dal 1° gennaio 2015, del nuovo sistema di contabilita' armonizzata; 2. maggior disavanzo scaturente dall'esercizio 2014, da ripianare con le modalita' previste dall'art. 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, come integrato dall'art. 1, comma 779, della legge 27 dicembre 2017, n. 205; 3. maggior disavanzo scaturente dall'esercizio 2015, da ripianare con le modalita' previste dall'art. 1, commi 779 e 782, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Al fine del recupero dei disavanzi sopra menzionati, l'amministrazione regionale iscrive nel proprio bilancio di previsione, ogni anno, per tutta la durata dei piani di rientro, un importo pari a euro 128.365.175,41; e in sede di rendiconto della gestione la Regione Campania deve dimostrare una riduzione del complessivo disavanzo di una quota almeno pari a quella iscritta nel bilancio di previsione. Inoltre, avendo la Regione Campania, come sopra rilevato, fatto ricorso alle anticipazioni di liquidita' di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, nonche' all'art. 116 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, risulta un'ulteriore quota di disavanzo da ripianare annualmente in base al piano di restituzione delle anticipazioni, secondo le modalita' previste dall'art. 1, commi da 692 a 700, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Al 31 dicembre 2023 la Regione Campania ha recuperato complessivamente l'importo di euro 2.452.947.101,89 (pari al 42,35% del disavanzo al 31 dicembre 2015), rispetto ad un obiettivo di recupero, in base ai piani di rientro, di euro 1.687.062.881,27, con un maggior recupero del disavanzo di euro 765.884.220,62 (equivalente ad una migliore performance di recupero del 45,40% rispetto al target). Contemporaneamente, la Regione e' stata chiamata, negli anni, ed e' tenuta a tutt'oggi anche a fornire il proprio contributo alla finanza pubblica. In particolare: a) l'art. 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al comma 2, secondo periodo, ha disposto che: «Le risorse statali a qualunque titolo spettanti alle regioni a statuto ordinario sono ridotte in misura pari a 4.000 milioni di euro per l'anno 2011 e a 4.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012». Per la Regione Campania, tale disposizione ha comportato una riduzione stabile di risorse complessivamente disponibili pari a circa 400 milioni di euro all'anno, a partire dal 2012; b) l'art. 16 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, al comma 2, ha disposto che «Gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle regioni a statuto ordinario sono rideterminati in modo tale da assicurare l'importo di 700 milioni di euro per l'anno 2012 e di 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 2.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015». Per la Regione Campania, tale disposizione ha comportato una riduzione di risorse pari a euro 117.810.000,00 per l'anno 2015; c) l'art. 46 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, al comma 6 dispone che «Le regioni a statuto ordinario (...) assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020 (...). Per gli anni 2015-2020 il contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, e' incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. (...)». Per la Regione Campania, tale disposizione ha comportato minori risorse per gli anni dal 2015 al 2020 per oltre 200 milioni di euro all'anno; d) l'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al comma 680, dispone che: «Le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano (...) assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 (...)». Per la Regione Campania, tale disposizione ha comportato minori risorse, con riferimento all'anno 2016, per circa 240 milioni di euro e, con riferimento agli anni dal 2017 al 2020, per oltre 260 milioni di euro all'anno; e) l'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 170, al comma 850, prevede che «Ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica, nelle more della definizione delle nuove regole della governance economica europea, le regioni e le province autonome assicurano, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, un contributo alla finanza pubblica pari a 196 milioni di euro (...)». Per la Regione Campania, tale disposizione ha comportato minori risorse, in termini di competenza e di cassa, pari a euro 18.440.033,45, per gli anni dal 2023 al 2025. Tenendo conto degli effetti finanziari delle sole norme appena richiamate e tralasciando gli altri tagli di risorse disposti da altre disposizioni - tra le quali, quelle di cui all'art. 1, commi 527 e 557, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, oggetto di scrutinio da parte di Codesta Corte con sentenza n. 195 del C2024- l'Amministrazione regionale della Campania ha contribuito alla finanza pubblica secondo quanto risulta dalla tabella di seguito riportata: Parte di provvedimento in formato grafico Pertanto, nel periodo 2015-2023 la Regione Campania ha contributo alla finanza pubblica per un importo complessivo pari a poco meno di 9 miliardi di euro (circa 8,854 miliardi di euro, pari alla somma del totale del recupero del disavanzo e del totale dei contributi di finanza pubblica). Come sopra rilevato, ai sensi dell'art. 1, comma 784, della legge n. 207 del 2024 - oggetto della presente impugnativa- risultano esclusi dal contributo i singoli Comuni, le Province e le Citta' metropolitane delle Regioni a statuto ordinario, della Regione Sicilia e della Regione Sardegna che versino anche in una sola delle tre seguenti condizioni: a) enti in dissesto al 1° gennaio 2025; b) enti in procedura di riequilibrio finanziario al 1° gennaio 2025; c) enti che hanno sottoscritto accordi per il «riequilibrio finanziario» di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 oppure ai sensi dell'art. 43, comma 2 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50. La relazione illustrativa alla legge evidenzia che «Le criticita' finanziarie sono concentrate in particolar modo nei comuni delle regioni Sicilia, Calabria e Campania.(omissis)». Come sopra rilevato, anche la Regione Campania rientra tra gli enti che hanno avviato un percorso di risanamento articolato su piu' annualita', anche per il ripiano dei maggiori disavanzi scaturenti dagli 9 esercizi 2014 e 2015, da ripianare con le modalita' previste dall'art. 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, come integrato dall'art. 1, comma 779, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Ebbene, la procedura di rientro ventennale dai disavanzi pregressi prevista dall'art. 9, comma 5, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, come integrato dall'art. 1, comma 779, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, presenta marcate analogie sia con la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'art. 243-bis e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sia con gli accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234. Infatti, come la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, il piano di rientro puo' avere durata ventennale; come per gli accordi di cui all'art. 1, comma 572, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e' necessario che la Regione dia dimostrazione di incrementare i pagamenti complessivi per investimenti in misura non inferiore ad un determinato ammontare, con la previsione dell'applicazione di pesanti sanzioni in caso di mancata o parziale realizzazione degli investimenti (su tale aspetto si tornera', peraltro, infra). II.2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1 commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797, per violazione degli articoli 3, 53, 81, 97, 117, 119, 120 della Costituzione. Le disposizioni oggetto del presente giudizio afferiscono alla materia del «coordinamento della finanza pubblica», oggetto di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La stessa legge n. 207 del 2024, all'art. 1, comma 784, sancisce espressamente che le disposizioni di cui ai successivi commi da 785 a 794 «costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione». D'altra parte, nel definire il perimetro della materia in questione, Codesta Ecc.ma Corte ha affermato che la materia del coordinamento della finanza pubblica «non puo' essere limitata alle norme aventi lo scopo di limitare la spesa, ma comprende anche quelle aventi la funzione di «riorientare» la spesa pubblica (omissis), per una complessiva maggiore efficienza del sistema» (sentenza n. 272 del 2015). Le disposizioni qui gravate appartengono, in misura diversa, all'una e all'altra categoria, introducendo sia limitazioni di spesa che modalita' di riorientamento della stessa. Cio' posto, se, come ampiamente noto, l'art. 117, terzo comma, della Costituzione statuisce che «Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato», nel caso di specie il legislatore statale - laddove impone agli enti in disavanzo di utilizzare il fondo accantonato, secondo il meccanismo che infra sara' piu' dettagliatamente analizzato, allo specifico fine del «ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione, in misura aggiuntiva rispetto a quanto previsto nel bilancio di previsione» - si e' spinto ben oltre la fissazione di principi generali, invadendo la sfera di competenza regionale relativa all'emanazione di una disciplina di dettaglio, con conseguente, patente illegittimita' costituzionale delle disposizioni in epigrafe. Ed invero il legislatore statale impone una specifica modalita' di contribuzione alla finanza pubblica, consistente in un accantonamento di risorse con conseguente uso vincolato delle stesse, che sottrae del tutto alle Regioni, soprattutto quelle - come la Campania - in disavanzo, la facolta' di utilizzare autonomamente, per l'appunto, le ingenti risorse finanziarie indicate. Per costante orientamento di Codesta Ecc.ma Corte costituzionale, con riferimento alla materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica, «norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 193 del 2012). Le disposizioni impugnate introducono limiti precisi e stringenti all'autonomia finanziaria e di organizzazione delle Regioni e degli enti locali e sono, pertanto, ben lontani dall'assolvere alla funzione di esplicazione di principi di coordinamento della finanza pubblica. La legge n. 207 del 2024 non si limita, peraltro, a dettagliare le modalita' di contribuzione alla finanza pubblica, ma introduce addirittura sanzioni specifiche ed automatiche, oltre che arbitrarie (secondo quanto si rilevera' in prosieguo) all'art. 1, commi 792 e 793 - sopra testualmente riportati sanzioni disponendo tra l'altro che, per gli enti che non trasmettano entro il 31 maggio di ciascun esercizio alla banca dati delle amministrazioni pubbliche i dati di consuntivo o preconsuntivo relativi all'esercizio precedente, «il contributo alla finanza pubblica e' incrementato del 10 per cento con le modalita' previste dal comma 792». Codesta Ecc.ma Corte ha ribadito, in piu' occasioni, il principio per cui «le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost.(...) il legislatore statale puo' legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma solo, con «disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004). (...) la legge statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004)» (sentenza n. 417 del 2005). Al riguardo, preme rilevare che la ricorrente Regione Campania ben conosce i piu' recenti orientamenti di Codesta Corte, da ultimo compendiati nella sentenza n. 195 del 2024, secondo cui, in riferimento alla materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, possono ritenersi legittime norme statali puntuali quando le stesse siano adottate dal legislatore per realizzare in concreto la «finalita'» del coordinamento finanziario (sentenza n. 78 del 2020), in quanto «il finalismo» (sentenza n. 38 del 2016) insito in tale genere di disposizioni porta ad escludere che possa invocarsi il ricorrere di una norma di dettaglio, qualora queste risultino legate da un evidente rapporto di coessenzialita' e di necessaria integrazione ai medesimi principi di coordinamento (ex plurimis, sentenza n. 137 del 2018). Neppure si ignora che, nella descritta prospettiva, finanche il meccanismo della legge statale che richieda alla Regione di versare l'importo dovuto a titolo di contribuzione al bilancio statale e' stato ritenuto legittimo, in quanto funzionale a conseguire con certezza, nello stesso anno in cui il contributo e' contabilizzato, l'obiettivo di contenimento della spesa pubblica ai fini dei saldi di finanza pubblica, ove la norma in questione lasci, allo stesso tempo, all'autonomia regionale una adeguata facolta' di individuare su quali ambiti gestionali e specifici interventi ridurre gli stanziamenti di spesa. Ed e' del pari noto che Codesta Corte ha ritenuto legittima la diversificazione della disciplina rivolta alle Regioni in rientro dal disavanzo sia rispetto alle altre Regioni - anche richiamando il principio di responsabilita' finanziaria- sia rispetto agli enti locali in dissesto o predissesto. Cio' stante, l'importo, le modalita' e i termini di contribuzione delle Regioni alla finanza pubblica previsti dalle norme oggetto del presente giudizio e le conseguenze connesse alla relativa attuazione risultano in palese contrasto non soltanto con il sistema di riparto in materia, anche come ricostruito con le recenti pronunce sopra richiamate, ma anche con ulteriori fondamentali principi e norme costituzionali, in guisa di risultare gravemente lesivi della sfera di attribuzioni e di interessi della Regione ricorrente sotto plurimi e significativi profili. Nel caso di specie, infatti, le disposizioni statali: impongono una specifica modalita' di contribuzione alla finanza pubblica, consistente nell'accantonamento di ingenti risorse con conseguente uso vincolato delle stesse, che si aggiunge a tutte quelle gia' in corso, parimenti ingenti senza prevedere alcuna verifica istruttoria sulla congruita' rispetto agli obiettivi e sulla sostenibilita' della misura imposta; sottrae alle Regioni in disavanzo la facolta' di utilizzare dette risorse finanziarie indicate, senza prescrivere o comunque prevedere alcuna verifica della sostenibilita' della misura imposta; irragionevolmente ed in dispregio dei principi di eguaglianza sostanziale e di capacita' contributiva, non distinguono tra le Regioni gia' impegnate nel rientro dal disavanzo e quelle non in disavanzo, imponendo solo e paradossalmente solo alle prime un'ulteriore sottrazione di risorse, a discapito delle comunita' amministrate, gia' sottoposte a prelievi a titolo di imposta non destinati alla erogazione di servizi ai cittadini; prevedono gravose sanzioni per l'ipotesi di mancato rispetto del termine previsto, sub specie di aggravio dell'importo dovuto, senza prevedere alcun coinvolgimento della Regione interessata e del sistema delle Conferenze e senza prevedere alcuna concreta istruttoria relativa alla congruita' risetto agli obiettivi di finanzia pubblica e alla sostenibilita' della misura; sopprimono risorse destinate ad investimenti, in contraddizione con il vincolo ad effettuare una data percentuale di investimenti per le Regioni - come la ricorrente- impegnate nel rientro dal disavanzo peraltro finalizzati al perseguimento di finalita' connesse a diritti essenziali della comunita' (mobilita', sicurezza pubblica, tutela dell'ambiente) . II.2.1. Le disposizioni di cui ai commi 784, 786 e 789 istituiscono e quantificano il contributo alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario, aggiuntivo rispetto a quello previsto a legislazione vigente, nella misura di 280 milioni per l'anno 2025, 840 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2028 e a 1.310 milioni per l'anno 2029 (comma 786) e disciplinano i meccanismi di riparto del contributo tra le Regioni (comma 786) e le modalita' di contribuzione (comma 789). Dette disposizioni contrastano con i principi e le norme costituzionali indicati in epigrafe, sulla base dei quali Codesta Corte ha individuato le modalita' di doveroso contemperamento e conformazione della competenza statale esplicantesi nell'adozione di norme di dettaglio nella materia del coordinamento della finanza pubblica, da rispettare vieppiu' nel caso in cui le stesse risultino aggiuntive rispetto a norme gia' vigenti adottate nell'ambito di precedenti manovre. Ed invero, proprio nella recente sentenza n. 195 del 2024, sopra richiamata, Codesta Corte ha espressamente evidenziato la necessita' di incanalare l'esercizio della competenza legislativa statale innanzitutto nel rispetto dei principi di leale collaborazione e onde assicurare il buon andamento ed efficienza dell'azione amministrativa, dell'uguaglianza sostanziale e nel rispetto dell'autonomia finanziaria delle Regioni, ribadendo la necessita', da parte dello Stato- che e' «custode della finanza pubblica allargata» (ex plurimis, sentenza n. 103 del 2017) anche in relazione alla corretta applicazione dei vincoli euro unitari dei quali e' responsabile - di acquisire adeguati elementi istruttori sulla sostenibilita' dell'importo del contributo da parte degli enti ai quali viene imposto. La pronuncia citata evidenzia che tale valutazione e' doverosa in quanto « funzionale a scongiurare l'adozione di «tagli al buio», i quali oltre a poter risultare non sostenibili dalle autonomie territoriali, con imprevedibili ricadute sui servizi offerti alla popolazione, non consentirebbero nemmeno una trasparente ponderazione in sede parlamentare». Con la medesima pronuncia, Codesta Corte ha espressamente sollecitato «il legislatore a non trascurare il coinvolgimento delle sedi gia' appositamente contemplate e presenti, a tale fine, nell'ordinamento, come la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, di cui l'art. 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione) ha previsto la istituzione nell'ambito della Conferenza unificata, per concorrere, soprattutto con funzioni istruttorie, «alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto» (comma 1, lettera a), e anche per mettere «a disposizione del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, dei Consigli regionali e di quelli delle province autonome tutti gli elementi informativi raccolti» (comma 1, lettera f).», rilevando altresi' che «Tale Conferenza, istituita dall'art. 33 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), che la definisce «quale organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica fra comuni, province, citta' metropolitane, regioni e Stato» e' stata strutturata, del resto, sul modello del Consiglio di pianificazione finanziaria tedesco (Finanzplanungsrat), che assume, in quell'ordinamento, una fondamentale importanza al fine della corretta e trasparente gestione delle relazioni finanziarie tra Federazione e Länder». La medesima pronuncia, inoltre, proprio con riferimento al disegno di legge sfociato nelle disposizioni oggetto del presente ricorso, espressamente rileva che «Tale forma di coinvolgimento, peraltro, e' stata espressamente auspicata nell'audizione della delegazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome, del 5 novembre 2024, sul disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027» (A.C. 2112) presso le Commissioni bilancio, riunite, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.» Anche a fronte di tale autorevole monito, il legislatore statale ha omesso del tutto di imporre il doveroso approfondimento istruttorio, con la conseguenza che la misura di contribuzione introdotta risulta, nel contenuto, del tutto arbitraria e irragionevole ed illegittima alla stregua di tutti i parametri sopra citati, sia nella parte in cui quantifica il contributo alla finanza pubblica aggiuntivo che grava sul complesso delle Regioni a statuto ordinario, sia nella parte in cui disciplina il procedimento e le modalita' di riparto tra le Regioni. Si e' sopra rilevato come la Conferenza delle Regioni abbia esplicitato al Governo che la misura «appare insostenibile, in considerazione: del contributo gia' previsto dalle precedenti manovre; dell'impossibilita' per gli enti territoriali di contrarre debito per spesa corrente (oltre l'obbligo del pareggio di bilancio) che determina una riduzione di spesa sulle funzioni proprie regionali o dei LEP/LEA ovvero un aumento della pressione fiscale lasciata alla responsabilita' regionale, fermo restando che alcune Regioni hanno esaurito i margini di manovrabilita' delle imposte; dell'inattuabilita' per la maggioranza degli Enti della norma che prevede l'utilizzo degli accantonamenti in bilancio di spesa corrente per il finanziamento di investimenti nell'anno successivo incidendo ulteriormente sui rispettivi bilanci; - della cancellazione delle risorse per gli investimenti della L.145/2018, art. 1, c.134 per tutte le Regioni.» Con riferimento al riparto, poi, risulta invero evidente che la previsione di un accordo tra le Regioni «in sede di autocoordinamento» risulta un ossequio meramente formale, inidoneo a consentire, sul piano sostanziale, l'esplicarsi del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione. Secondo il costante insegnamento di Codesta Corte, tale principio «deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni: la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti», con la precisazione che «una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione e' attualmente il sistema delle Conferenze Stato-Regioni e autonomie locali. Al suo interno si sviluppa il confronto tra i due sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito ai quali si individuano soluzioni concordate di questioni controverse» (sentenza n. 31 del 2006). E, tuttavia, in considerazione della precisa individuazione degli importi del contributo alla finanza pubblica che le Regioni devono assicurare per ogni annualita' presa a riferimento, residua solo un formale margine di discrezionalita' in capo alle Regioni stesse, le quali non potranno far altro che attenersi a criteri di riparto che discendono giocoforza da condizioni di mero fatto. Emblematico, da questo punto di vista, e' che nel 2024, le Regioni, proprio in auto-coordinamento, in sede di Conferenza, con riferimento al contributo alla finanza pubblica per gli anni 2025-2028, previsto dalla legge di bilancio 2024, abbiano confermato, all'unanimita', le percentuali di riparto del contributo alla finanza pubblica decise dalla stessa Conferenza per il 2024; e che le stesse percentuali di riparto siano state ulteriormente e meramente confermate, dalla stessa Conferenza delle Regioni, anche per l'anno 2025, proprio secondo quanto previsto dalle disposizioni della legge di bilancio 2025 qui impugnate, peraltro segnalando criticita' tecniche e politiche connesse al regime previsto. Quanto, poi, al criterio residuale individuato nel riparto «in proporzione, con riferimento al perimetro non sanitario, agli impegni di spesa corrente al netto degli impegni per gli interessi, per i trasferimenti al bilancio dello Stato per concorso alla finanza pubblica e per le spese della missione 12, Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, come risultanti dall'ultimo rendiconto approvato, anche soltanto da parte della Giunta di ciascuna regione», si osserva che commisurare asetticamente l'ammontare del contributo di finanza pubblica ad una grandezza finanziaria quale e' la spesa corrente, senza tenere conto di cio' che effettivamente possa essere chiesto alle singole comunita' in ragione dell'effettiva capacita' contributiva, determina un irrimediabile vulnus delle norme costituzionali richiamate in epigrafe. La relazione della Direzione Generale per le Risorse Finanziarie della Regione Campania che si versa in atti attesta, sotto tale profilo, che «Il meccanismo dei contributi alla finanza pubblica sta mettendo seriamente a rischio la possibilita' per la regione Campania di svolgere le proprie finalita' istituzionali. Al fine di assolvere alle proprie funzioni e procedere al recupero dei disavanzi nel rispetto del principio di equita' intergenerazionale, la Campania e' stata costretta ad attivare la leva fiscale per recuperare le risorse necessarie per l'erogazione dei servizi essenziali. Nelle tabelle che seguono sono riportati, rispettivamente, i gettiti delle manovre fiscali attivate nel periodo di osservazione (2015-2022) per addizionale regionale all'IRPEF e per IRAP, nonche' il confronto tra gettiti delle manovre e contributi complessivi alla finanza pubblica. Parte di provvedimento in formato grafico Dalle tabelle che precedono, emerge con chiarezza che negli anni presi in considerazione il totale delle risorse aggiuntive che la Campania ha acquisito in virtu' dell'azionamento della leva fiscale non e' stato sufficiente a compensare il peso dei contributi alla finanza pubblica che si e' scaricato sui bilanci degli anni del periodo di osservazione. In altre parole, gli incrementi delle addizionali IRPEF e delle aliquote IRAP non sono stati utilizzati per erogare maggiori servizi ai cittadini, ma per finanziare il concorso della Campania agli obiettivi di finanza pubblica, senza che si sia mai tenuto conto dell'effettiva possibilita', da parte della comunita' regionale, di contribuire a tali obiettivi, secondo il principio di capacita' contributiva di cui si e' detto all'inizio». La constatazione tecnica che precede e' tanto piu' preoccupante, in vista dell'attuazione del federalismo fiscale, che costituisce una Milestone del PNRR, in relazione al quale e' lo Stato a dover farsi carico delle differenti «posizioni di partenza» che caratterizzano le diverse regioni, attraverso la previsione di interventi compensativi in favore di quelle regioni che abbiano gia' fatto ricorso alla leva fiscale. La disposizione del comma 786 e' dunque illegittima perche' concreta una chiara violazione anche del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 e dell'art. 53, oltre che dell'art. 119 della Costituzione, sotto il profilo della mancata considerazione della capacita' di contribuzione alla spesa pubblica in ragione dell'effettiva capacita' contributiva, non sussistendo alcun legame diretto tra la capacita' contributiva e l'importo della spesa corrente. II.2.2. Il comma 790 - il cui contenuto testuale e' stato sopra richiamato- differenzia significativamente l'utilizzo dell'accantonamento disposto dal comma 789, perpetrando una illogica quanto evidente disparita' di trattamento tra Regioni, favorendo ed aggravando, in tal guisa, le disuguaglianze tra Regioni piu' ricche e meno ricche. Si prevede, in particolare, che - mentre per gli enti che abbiano registrato «un risultato di amministrazione pari a zero o positivo alla fine dell'esercizio precedente», il fondo «confluisce nella parte accantonata del risultato di amministrazione destinata al finanziamento di investimenti, anche indiretti, nell'esercizio successivo, prioritariamente rispetto alla formazione di nuovo debito»- per gli enti «in situazione di disavanzo di amministrazione alla fine dell'esercizio precedente», il fondo accantonato ai sensi del comma 789 costituisca un'economia che concorre al ripiano anticipato del disavanzo di amministrazione, aggiuntivo rispetto a quello gia' previsto nel bilancio di previsione. La disposizione presenta plurimi profili di illegittimita' costituzionale, tutti ridondanti negativamente sulla sfera di competenze ed attribuzioni della Regione ricorrente. Emerge con nitore, in primo luogo, come tale disposizione produca una serie di rilevanti effetti sulle collettivita' amministrate, delineando un'ingiustificata e irragionevole disparita' di trattamento tra Regioni «in situazione di disavanzo di amministrazione» e Regioni che non lo sono, ponendo le condizioni per un ulteriore (e, per certi versi, irrimediabile) ampliamento delle disuguaglianze tra cittadini, a seguito dell'incremento della sperequazione infrastrutturale e dei conseguenti effetti sui livelli di PIL delle singole Regioni, svantaggiando, in aperto contrasto con i parametri costituzionali, i territori che dispongono di minore capacita' contributiva. Si produce, infatti, il duplice paradosso per cui le Regioni che contribuiscono di piu' al miglioramento dei saldi di finanza pubblica, attraverso una maggiore contrazione della spesa corrente, vengono penalizzate con il divieto di utilizzare il risparmio di spesa corrente (benche' nell'anno successivo) per finanziare spesa in conto capitale, e per cui le Regioni gia' in disavanzo possono disporre di minori risorse per rilanciare il PIL regionale e, con esso, le casse regionali. Il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione - che «e' principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obbiettiva struttura: esso vieta, cioe', che la legge ponga in essere una disciplina che direttamente o indirettamente dia vita ad una non giustificata disparita' di trattamento delle situazioni giuridiche, indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai quali queste vengano imputate» (Corte costituzionale, sentenza n. 25 del 1966) -impone la necessita' di prevedere misure legislative volte al riequilibrio delle singole posizioni sostanziali, in funzione compensativa o correttiva delle diseguaglianze originarie. Cio' posto, deve osservarsi che le disposizioni in rubrica, in palese violazione delle istanze solidaristiche ed egalitarie espresse dalla richiamata norma costituzionale, contribuiscono piuttosto ad aggravare le diseguaglianze gia' presenti (e scaturenti da condizioni ataviche). Il meccanismo di contribuzione alla finanza pubblica introdotto dalla disposizione in parola presenta, poi, gravissimi profili di irragionevolezza anche a fronte dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione, sanciti dall'art. 97 della Costituzione. Al riguardo, va osservato che «la legittimita' di una disposizione legislativa, rispetto al parametro dell'art. 97 della Costituzione, deve essere valutata tenendo conto dei suoi effetti sul buon andamento della pubblica amministrazione complessivamente intesa, non gia' di singole sue componenti, isolatamente considerate» (Corte costituzionale, sentenza n. 183 del 2008). Ebbene, come sopra rilevato, le Regioni che - come la Campania - siano in piano di rientro dai disavanzi pregressi ai sensi della legge n. 205/2017, sono obbligate ad incrementare i pagamenti annui a titolo di investimenti del 4% rispetto al dato del 2017. La previsione dell'impossibilita' di effettuare investimenti utilizzando l'accantonamento, prevista dal comma 790, risulta, pertanto, arbitraria, illogica e gravemente penalizzante. Per tutto quanto riferito, emerge chiaramente il contrasto dell'art. 1, comma 790, della legge n. 207 del 2024 con i principi di uguaglianza sostanziale, di buon andamento, di ragionevolezza e di solidarieta' di cui agli articoli 3, 97 della Costituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120, essendo anche sotto tale profilo del tutto omessa la previsione della necessaria istruttoria da parte della Conferenza istituita dall'art. 33 del decreto legislativo n. 68 del 2011. Siffatta violazione dei parametri costituzionali indicati presenta chiari riverberi nella sfera di attribuzioni regionali costituzionalmente garantita, per la patente menomazione delle autonomie e prerogative regionali riconosciute dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione e dall'art. 119 della Costituzione. Le menzionate disposizioni, anzi, non soltanto impediscono alla Regione di esercitare la propria autonomia di programmazione e di spesa, ma le impediscono addirittura di assolvere gli obblighi di investimento connessi al regime di rientro dal disavanzo. Vi e' di piu'. Come emerge dalla relazione alla legge, la misura prevista dal menzionato comma 790 dell'art. 1, relativamente alle Regioni non in disavanzo ha un costo per l'erario, puntualmente specificato nella medesima relazione, ove si rileva (pp. 134-135) che: «(...) con riferimento agli enti di cui alla lettera b) [enti in avanzo, n. d.rr.] la disposizione comporta maggiori oneri a carico della finanza pubblica in misura pari a 30 milioni di euro per l'anno 2026, 150 milioni di euro per l'anno 2027, 340 milioni di euro per l'anno 2028, 600 milioni di euro per l'anno 2029, 760 milioni di euro per l'anno 2030, 930 milioni di euro per l'anno 2031, 760 milioni di euro per l'anno 2032, 380 milioni di euro per l'anno 2033, 90 milioni di euro per l'anno 2034 e 10 milioni di euro per l'anno 2035. La stima degli effetti di cui al comma 7 e' stata effettuata tenendo conto, per ciascun ente, delle informazioni relative ai rendiconti anno 2023, ovvero ultimo rendiconto disponibile, trasmesse alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP-Bilanci Armonizzati). In particolare, per gli enti in avanzo si e' ipotizzato l'utilizzo delle risorse vincolate per investimenti di medie dimensioni con un orizzonte temporale di spesa di cinque anni, sulla base dei SAL. Per le regioni e province autonome, si e' tenuto conto del rilevante peso degli investimenti indiretti (trasferimenti ad enti del territorio) e, di conseguenza, dei tempi di assegnazione delle risorse (...)» (enfasi aggiunta, n. d.rr.). Emerge, sotto tale aspetto, un ulteriore profilo di disparita' di trattamento, nella parte in cui non si consente anche alle Regioni in disavanzo di accedere al riparto delle risorse destinate agli investimenti, ovviamente nei limiti delle capacita' del bilancio dello Stato. L'art. 119, quinto comma, della Costituzione dispone che «Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarieta' sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni». Quindi, in maniera del tutto illegittima, mentre l'onere relativo al contributo di finanza pubblica e' ripartito, in base all'art. 1, comma 786, tra tutti gli enti, sia in avanzo che in disavanzo, il beneficio correlato alla copertura a carico del bilancio dello Stato per spese di investimento e' ripartito, in base all'art. 1, comma 790, fra i soli enti che presentano un avanzo. Oltretutto, si evidenzia che, con particolare riferimento alle Regioni, ai fini dell'individuazione degli enti che possono destinare l'accantonamento ad investimenti, secondo quanto dispone il comma 790 il disavanzo di amministrazione va considerato «al netto della quota derivante da debito autorizzato e non contratto». Tale ulteriore specificazione determina ulteriori ed autonomi profili di illegittimita' della disposizione. Partendo dalla considerazione che il PIL di una Regione costituisce parte del PIL nazionale, la formulazione del comma 790 risulta destinata a contrarre il PIL delle Regioni in disavanzo e a porre tutte le condizioni, invece, per un incremento del PIL nelle Regioni non in disavanzo o in disavanzo solo da debito autorizzato e non contratto (cd.DANC). Infatti, per le prime si determinera' un effetto sicuramente negativo per il PIL, a causa dell'impossibilita' dell'utilizzo delle risorse destinate ad essere accantonate ai fini del contributo di finanza pubblica, mentre, per le seconde, si generera' un ampliamento della capacita' di spesa, sia dal lato della spesa corrente che dal lato della spesa di investimento. La previsione per la quale tale disavanzo, ai fini dell'applicazione del comma 790, non viene considerato tale (in contrasto con quanto affermato da Codesta Ecc.ma Corte costituzionale con sentenza n. 274 del 2017) non e' ragionevole ed e' arbitraria. Al riguardo, e' appena il caso di richiamare la massima n. 41125, estrapolata dalla menzionata pronuncia n. 274 del 2017, con la quale e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost. - l'art. 6 della legge regionale della Liguria n. 26 del 2016, «basato su un errato rimaneggiamento di grandezze negative, diverse dalle componenti previste dall'art. 42 del decreto legislativo n. 118 del 2011 per il calcolo del risultato di amministrazione, nel quale vengono erroneamente considerati quali componenti attive il fondo di anticipazione di liquidita' e il complesso dei mutui autorizzati e non contratti per investimenti, ossia due voci che, invece, ineriscono a profili debitori o addirittura si concretano in cespiti inesistenti (a quest'ultima categoria appartenendo i mutui autorizzati e non stipulati, mentre le anticipazioni di liquidita' costituiscono elemento influente sulla sola cassa e non un cespite utilizzabile nella parte attiva del bilancio). La contabilizzazione in entrata di tali voci amplia artificiosamente le risorse disponibili consentendo spese oltre il limite del naturale equilibrio ed esonera, per di piu', la Regione dal porre doveroso rimedio al disavanzo effettivo; ne deriva, tra l'altro, la mancata copertura delle spese per l'insussistenza dei cespiti in entrata e il conseguente squilibrio del bilancio di competenza, con aggravio per i risultati di amministrazione negativi provenienti dai precedenti esercizi. Secondo la giurisprudenza costituzionale, copertura economica delle spese ed equilibrio del bilancio sono due facce della stessa medaglia, dal momento che l'equilibrio presuppone che ogni intervento programmato sia sorretto dalla previa individuazione delle pertinenti risorse; nel sindacato di costituzionalita', essi integrano una clausola generale in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile. (Precedenti citati: sentenze n. 184 del 2016 e n. 192 del 2012). Il principio dell'equilibrio tendenziale del bilancio consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalita' pubbliche. (Precedenti citati: sentenze n. 266 del 2013 e n. 250 del 2013, n. 213 del 2008, n. 384 del 1991 e n. 1 del 1966)». Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato, quindi, in maniera chiara, che l'istituto del debito autorizzato e non contratto, se determina disavanzo, deve essere trattato come tale. Peraltro, lo stesso principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria (allegato 4-2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118), individua al punto 5.3.4-bis una precisa modalita' di recupero della quota di disavanzo derivante da debito autorizzato e non contratto, che non si forma «in presenza di maggiori accertamenti di entrate rispetto alle previsioni di bilancio registrati nel corso dell'esercizio in cui e' impegnata la spesa di investimento», che possono essere destinati alla copertura dell'investimento con apposita variazione del bilancio di previsione. Dunque, tanto il legislatore, quanto Codesta Corte costituzionale (Sentenza n. 274/2017), considerano tali disavanzi sullo stesso piano. Nella valutazione del disavanzo e alla sua inclusione o meno nell'ambito del disavanzo di amministrazione, il comma 527-ter all'art. 1 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, introdotto dall'art. 19 del decreto-Legge 9 agosto 2024, n. 113, ha disposto che «Al fine di assolvere in termini di indebitamento netto e fabbisogno al contributo alla finanza pubblica previsto dal comma 527, le Regioni a statuto ordinario che sono in disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2023, compreso il disavanzo da debito autorizzato e non contratto, con legge regionale autorizzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'iscrizione di un fondo nella parte corrente del primo esercizio del bilancio di previsione 2024-2026, di importo pari a quelli indicati nell'allegato VI-bis alla presente legge, fermo restando il rispetto dell'equilibrio di bilancio di parte corrente di cui all'art. 40 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.(...)». In altri termini, si considerano in disavanzo anche le Regioni il cui disavanzo e' meramente «contabile», ovvero derivante da Debito Autorizzato e Non Contratto. Non si comprendono, dunque, le motivazioni per le quali la legge di Bilancio, per la medesima fattispecie (disciplina del contributo alla finanza pubblica da parte delle Regioni), abbia ora previsto un trattamento differenziato per le sole Regioni il cui disavanzo provenga da Debito Autorizzato e non contratto. Quanto rilevato trova conferma nelle disposizioni del decreto-legge n. 113 del 2024, che, nell'esonerare le Regioni in 23 disavanzo dal materiale versamento di cassa al bilancio dello stato della quota del contributo di finanza pubblica, ha ricompreso tra tali Regini quelle con disavanzo da DANC. Per tutto quanto appena rappresentato, emerge un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 790, della legge 30 dicembre 2024, n. 207, per contrasto con gli articoli 3, 81, 97 e 119 della Costituzione. In particolare, proprio quest'ultimo, la cui violazione e' intimamente connessa con quelle degli altri parametri indicati, da' conto della ridondanza della lesione di norme extra-competenziali nella sfera di attribuzioni costituzionali della Regione Campania. Si e' sopra anche rilevato come le Regioni, quali la Campania, in piano di recupero del disavanzo gia' attuino da tempo rigide politiche di contenimento della spesa corrente e dovranno continuare a farlo per periodi ultradecennali, con la conseguenza di sottoporre i territori dalle stesse amministrati a una evidente dinamica deflattiva, con significativi riflessi negativi sul PIL regionale. L'ulteriore contributo introdotto, peraltro in assenza di alcuna verifica istruttoria, spinge in modo significativo questa dinamica di contrazione del PIL regionale, senza peraltro intervenire sul debito finanziario di tali amministrazioni, peggiorando, conseguentemente, il rapporto tra debito e PIL dei territori e con effetti negativi sulle condizioni economiche e sociali dei cittadini delle relative realta' territoriali. II.2.3. Le disposizioni di cui all'art. 1, commi 792 e 793, come sopra rilevato, prevedono gravose sanzioni, in termini di incremento del contributo alla finanza pubblica, per l'ipotesi di mancato rispetto del termine previsto dal comma 789 per gli accantonamenti e di quello di trasmissione alla banca dati delle amministrazioni pubbliche dei dati di consuntivo o preconsuntivo relativi all'esercizio precedente. Anche tali disposizioni sono palesemente illegittime per patente contrasto con gli articoli 3, 53, 81, 97, 117, 119, 120 della costituzione, laddove aggravano l'importo del contributo in mancanza di un'effettiva necessita' sul piano economico-finanziario, ma in conseguenza diretta ed automatica del mancato rispetto dei termini sanciti; omettono di prevedere che la Conferenza Stato-Regioni determini la quantificazione o vi concorra; e viene violata altresi' la ratio del contributo alla finanza pubblica, quantificando l'importo dell'accantonamento aggiuntivo senza alcuna attivita' istruttoria in ordine alla concreta sostenibilita' dell'importo da parte degli enti ai quali viene imposto e senza prevedere alcun coinvolgimento della Regione interessata nel procedimento - procedimento che si omette di delineare, configurando la sanzione in termini di mera automaticita', senza alcun collegamento con il conseguimento di obiettivi di finanza pubblica . E' evidente, altresi', la lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 della Costituzione in ossequio del quale l'applicazione e la misura della sanzione sarebbero dovute discendere da un procedimento ispirato ad una « fisiologica dialettica» tra le parti coinvolte (sentenza n. 175 del 2024, che richiama sentenza n. 217 del 2020 e sentenza n. 87 del 2024). Le indicate violazioni dei parametri costituzionali in epigrafe presentano chiari riverberi nella sfera delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantita, sottraendo risorse alla autonomia finanziaria della Regione; d'altronde e' appena il caso di osservare che Codesta Ecc.ma Corte ha in piu' occasioni ritenuto che, se l'ambito materiale di incidenza delle norme gravate afferisce a materie di «competenza legislativa concorrente», ne consegue che «la violazione denunciata risulta potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni» (sentenza n. 22 del 2012, che richiama sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). La disciplina impugnata, infatti, privando illegittimamente le Regioni di ingentissime risorse finanziarie, ne lede gravemente la capacita' di perseguire i propri obiettivi, tenuto peraltro conto che lo stesso art. 119 della Costituzione, al quarto comma, prevede che le Regioni siano dotate delle risorse necessarie a consentire «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite». II.2.4 I commi 796 e 797, lett.a) e lettera d) dell'art. 1 della legge n. 207 del 2024 apportano, rispettivamente, modifiche ai commi 139 e 134 della legge 30 dicembre 2018, n. 145. Nello specifico, anteriormente alle modifiche introdotte: a) il comma 134 dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018 prevedeva che «Al fine di favorire gli investimenti, per il periodo 2021-2034, sono assegnati alle regioni a statuto ordinario contributi per investimenti per la progettazione e per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, per interventi di viabilita' e per la messa in sicurezza e lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico anche con la finalita' di ridurre l'inquinamento ambientale, per la rigenerazione urbana e la riconversione energetica verso fonti rinnovabili, per le infrastrutture sociali e le bonifiche ambientali dei siti inquinati, nonche' per investimenti di cui all'art. 3, comma 18, lettera c), della legge 24 dicembre 2003, n. 350, nel limite complessivo di 135 milioni di euro per l'anno 2021, di 435 milioni di euro per l'anno 2022, di 424,5 milioni di euro per l'anno 2023, di 524,5 milioni di euro per l'anno 2024, di 124,5 milioni di euro per l'anno 2025, di 259,5 milioni di euro per l'anno 2026, di 304,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2032, di 349,5 milioni di euro per l'anno 2033 e di 200 milioni di euro per l'anno 2034»; b) il comma 139 prevedeva che «Al fine di favorire gli investimenti sono assegnati ai comuni contributi per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 350 milioni di euro per l'anno 2021, di 450 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, di 700 milioni di euro per l'anno 2026 e, di 750 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2027 al 2030. I contributi non sono assegnati per la realizzazione di opere integralmente finanziate da altri soggetti. A decorrere dall'anno 2022, in sede di definizione delle procedure di assegnazione dei contributi, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili e' destinato agli enti locali del Mezzogiorno». Si tratta(va), evidentemente, di risorse messe a disposizione di Regioni e Comuni, a prescindere dalla condizione finanziaria degli stessi, per una serie di finalita' concernenti diritti essenziali dei cittadini, quali la sicurezza, la mobilita' e la riduzione dell'inquinamento, con priorita' di assegnazione- per quanto riguarda le risorse a disposizione dei Comuni- per gli enti locali situati nelle regioni del Sud Italia. Nel bilancio di previsione 2025/2027, la Regione Campania ha gia' stanziato, per l'annualita' 2027, euro 32.094.300 a valere sulle risorse di cui all'indicato comma 134 dell'art. 1 legge n. 145 del 2018. Ebbene, con le disposizioni di cui ai richiamati commi 796 e 797 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2024, n. 207, si dispone la soppressione del finanziamento statale destinato alle Regioni a partire dall'anno 2027 (comma 797, lettera a) e lettera d), che adegua la tabella relativa ai finanziamenti statali) e la consistente riduzione per i Comuni di risorse gia' stanziate per gli anni a venire (comma 796). Tali disposizioni, oltre a porsi esse stesse in contrasto con tutti i parametri costituzionali sopra evocati, per le medesime ragioni svolte con riferimento ai precedenti commi - che qui espressamente si richiamano- rendono evidente la fondatezza delle censure innanzi svolte avverso le disposizioni dei precedenti commi 784, 786, 789, 790, 792 e 793, con particolare riferimento alla loro irragionevolezza ed arbitrarieta' per carenza della previsione di alcuna istruttoria, da parte dell'organismo deputato - individuato da Codesta Corte nella Conferenza permanente per la finanza pubblica - in merito alla necessita' e congruita' rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, alla sostenibilita' da parte delle Regioni e alla compatibilita' con il regime di rientro dal disavanzo nel quale versano numerose Regioni, che comporta l'obbligo di incremento degli investimenti. Nella tabella che segue - tratta dalla relazione tecnica della competente Direzione Generale regionale per le Risorse finanziarie- sono posti a confronto gli importi risultanti dalla relazione illustrativa circa la distribuzione negli anni del contributo a carico dello Stato per l'utilizzo, da parte degli enti in avanzo, del fondo derivante dall'accantonamento per il contributo di finanza pubblica di cui all'art. 1, comma 786, della legge n. 207 del 2024 e il definanziamento disposto dal successivo comma 797, per anno di riferimento: Parte di provvedimento in formato grafico Nella medesima relazione si rileva che «la spesa prevista per lo Stato, correlata al finanziamento degli spazi finanziari necessari per consentire agli enti in «avanzo» di utilizzare il fondo derivante dall'accantonamento per il contributo di finanza pubblica, e' finanziato per circa il 75% dalla riduzione delle risorse che una precedente legge di bilancio aveva destinato alle Regioni e ai Comuni per il finanziamento degli investimenti. Oltretutto, nel 2027 e nel 2028 il margine e' positivo per lo Stato, per cui, sostanzialmente, risorse che in precedenza erano state destinate ad investimenti secondo le specifiche indicazioni contenute nei commi saranno utilizzate per altre finalita'. Tale problematica era stata anche evidenziata dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio. Nella memoria per la «Audizione della Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio nell'ambito delle audizioni preliminari all'esame del disegno di legge di bilancio per il 2025 (C. 2112-bis) del 5 novembre 2024», infatti, lo stesso ha rappresentato quanto segue: «Poiche' il contributo alla finanza pubblica degli Enti territoriali nel periodo 2025-29 si traduce per gli Enti in avanzo in una contrazione della spesa corrente in favore della spesa in conto capitale da realizzare in futuro, il DDLB definanzia una serie di programmi di investimento previsti per gli anni dal 2025 al 2034 (periodo che si estende oltre l'orizzonte di sette anni del PSB). La riduzione dei trasferimenti in conto capitale supera la misura stimata dell'aumento degli investimenti locali derivanti dalla rimodulazione della spesa (...) Gli effetti netti sulla spesa in conto capitale degli Enti territoriali derivanti, da un lato, dai tagli ai trasferimenti e, dall'altro, dall'aumento atteso dall'utilizzo degli accantonamenti della spesa corrente per effetto del contributo alla finanza pubblica, sono complessivamente negativi». Peraltro la disamina effettuata da parte dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio coglie la dimensione del fenomeno in termini complessivi, riferiti cioe' all'intero comparto delle Regioni, ma non coglie l'effetto forse piu' deleterio del meccanismo, che consiste in una redistribuzione «al contrario» delle risorse per investimenti, dovuto alla circostanza che lo stesso toglie risorse a tutti gli enti e le restituisce (in parte) solo agli enti che, come detto in precedenza, presentano condizioni di partenza migliori rispetto alla media. In aggiunta, occorre sottolineare che gli enti in piano di rientro ai sensi della legge n. 205 del 2017 sono sottoposti ad una misura di incremento della spesa per investimenti, con conseguente riallocazione delle risorse correnti ai fini della destinazione a spese di investimento. In proposito, il comma 780 dell'art. 1 della legge n. 205 del 2017 prevede un graduale aumento della spesa per investimento per gli enti sottoposti a piano di rientro, che, per l'anno 2025, si attesta al 4% rispetto all'anno base 2017. E' evidente che l'impossibilita' di utilizzare l'accantonamento di cui all'art. 1, comma 789, della legge n. 207 del 2024 nell'anno successivo per gli investimenti, rende piu' difficile la realizzazione dell'obiettivo. Inoltre, la Regione Campania, come emerge dalla legge regionale di approvazione del bilancio 2025/2027, ha dovuto autorizzare il ricorso all'indebitamento, ad oltre un decennio dall'ultima accensione di prestiti, al fine di consentire il raggiungimento del target di cofinanziamento regionale al FESR.Il ricorso all'indebitamento, al fine di garantire la realizzazione dei programmi FESR, atti, come noto, a ridurre il ritardo nello sviluppo rispetto al resto delle Regioni italiane ed europee, comporta il sostenimento di nuovi costi correlati al servizio del debito e al rimborso delle quote capitale. In tal senso, quindi, l'impossibilita' di utilizzare l'accantonamento di cui all'art. 1, comma 789, della legge di bilancio 2025 costituisce un ulteriore motivo di disparita' di trattamento, in quanto non consente alle Regioni svantaggiate di disporre di una fonte di finanziamento, oltretutto senza oneri aggiuntivi, che favorirebbe il raggiungimento dei target imposti da altre fonti normative». Da quanto precede, emerge chiaramente l'illegittimita' delle norme in esame (commi 790, 796 e 797 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2024, n. 207, anche in combinato disposto tra loro ) per contrasto con gli articoli 3, 97 e 119 nonche' con gli articoli 81 e 120 della Costituzione. Anche in questo caso, la ridondanza della rappresentata lesione nella sfera di attribuzioni regionali e' oggettiva ed evidente, oltre che per motivi in tutto sovrapponibili a quelli gia' sopra esposti, anche perche', con specifico riferimento alla doglianza qui espressa, l'irrazionale e discriminatoria mancata previsione di strumenti perequativi - e, anzi, la realizzazione di un meccanismo proteso ad acuire le disparita' tra territori - contribuisce in maniera determinante alla perpetrazione e cristallizzazione di condizioni di fatto che limitano gravemente la possibilita', per le Regioni piu' svantaggiate (tra cui proprio la Campania), di esercitare le proprie rilevantissime prerogative costituzionali in tutte le materie assegnate alla propria competenza concorrente e residuale. P.Q.M. Voglia Codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 784, 786, 789, 790, 792, 793, 796 e 797, lett. a) e d) della legge 30 dicembre 2024, n. 207, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025- 2027» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 305 del 31 dicembre 2024, per violazione degli articoli 3, 53, 81, 97, 117, 119 e 120 della Costituzione. Napoli-Roma, 1° marzo 2025 Avv. Monti - Bove