Reg. Ric. n. 20 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 28/05/2025 n. 22
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione Toscana
Oggetto:
Sanità pubblica – Norme della Regione Toscana – Modalità organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 – Previsione che la Regione Toscana, nell'esercizio delle proprie competenze, disciplina le modalità organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle suindicate sentenze relative al suicidio medicalmente assistito – Ricorso del Governo – Denunciata disciplina, con legge regionale, dell’accesso della persona ad una morte volontaria rientrante nella materia “ordinamento civile e penale” riservata alla legislazione esclusiva statale in quanto incidente su diritti personalissimi, tra i quali quello alla vita e all’integrità – Creazione di un istituto giuridico, che innova il diritto civile e che trova applicazione diretta nell’ambito del diritto penale, che esula dalle competenze del legislatore regionale, intervenendo in una materia riguardante la responsabilità penale (artt. 579 e 580 cod. pen.), la tutela della vita umana, i principi di autodeterminazione, tutela del consenso e rifiuto dei trattamenti sanitari desumibili dagli artt. 2, 13 e 32 Cost. e dall’art. 5 cod. civ. – Disparità di trattamento rispetto al restante territorio nazionale – Violazione, in via principale, della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale e, in via subordinata, della competenza statale nella materia concorrente della tutela della salute in relazione alla quale è necessaria la preventiva determinazione dei principi fondamentali.
-Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16, intero testo, e in particolare art. 1.
-Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo.
Sanità pubblica – Norme della Regione Toscana – Modalità organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 – Previsione che fino all'entrata in vigore della disciplina statale, possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle suddette sentenze, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – Previsione che le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla legge regionale costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore rispetto ai livelli essenziali di assistenza – Ricorso del Governo – Denunciata non spettanza alle regioni di modificare, limitare o condizionare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla vita previsti dalla legislazione statale e segnatamente di regolare casi e procedure in cui si dispone del diritto alla vita – Erroneità del presupposto da cui muove il legislatore regionale di prevedere l’erogazione di prestazioni superiori rispetto ai livelli essenziali previsti dal legislatore statale e, anche considerando tale prospettiva, denunciata insussistenza, nella specie, di tale presupposto, non avendo il legislatore statale fissato alcun livello minimo di prestazione da garantire in tale ambito – Violazione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – Contrasto con la indispensabile omogeneità a livello nazionale della disciplina in materia di fine vita.
- Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16, intero testo, e in particolare artt. 2 e 7, comma 2.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera m), e terzo.
In via subordinata: Sanità pubblica – Norme della Regione Toscana – Modalità organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 – Previsione che le aziende unità sanitarie locali istituiscono una commissione multidisciplinare permanente per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito, nonché per la verifica o definizione delle relative modalità di attuazione – Modalità di accesso al suicidio medicalmente assistito – Previsione che l'azienda unità sanitaria locale trasmette tempestivamente l'istanza della persona interessata e la relativa documentazione alla predetta commissione e al comitato per l'etica nella clinica operante presso l'azienda ai sensi dell'art. 99 della legge regionale n. 40 del 2005 – Procedura per la verifica dei requisiti – Previsione che, in caso di esito positivo della verifica dei requisiti, la commissione procede ai fini dell'approvazione o definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito – Ricorso del Governo – Denunciata sovrapposizione con le competenze riservate dal legislatore statale ai comitati etici territoriali individuati con decreti del Ministro della salute del 23 e 30 gennaio 2023 – Violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile e penale e in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
-Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16, artt. 3, 4, 5 e 6.
-Costituzione, art. 117, commi secondo, lettere l) e m); legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi 556, 557 e 558; legge 11 gennaio 2018, n. 3, art. 2.
Norme impugnate:
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 1
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 2
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 3
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 4
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 5
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 6
legge della Regione Toscana del 14/03/2025 Num. 16 Art. 7
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 3
legge Art. 1 Co. 556
legge Art. 1 Co. 557
legge Art. 1 Co. 558
legge Art. 2 Co.
Udienza Pubblica del 04/11/2025 rel. VIGANÒ - ANTONINI
Testo dell'ricorso
N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 maggio 2025 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 maggio 2025 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Sanita' pubblica - Norme della Regione Toscana - Modalita' organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024 - Previsione che la Regione Toscana, nell'esercizio delle proprie competenze, disciplina le modalita' organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle suindicate sentenze relative al suicidio medicalmente assistito - Previsione che, fino all'entrata in vigore della disciplina statale, possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle suddette sentenze, con le modalita' previste dagli artt. 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) - Previsione che le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla legge regionale costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore rispetto ai livelli essenziali di assistenza - Previsione che le aziende unita' sanitarie locali istituiscono una commissione multidisciplinare permanente per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito, nonche' per la verifica o definizione delle relative modalita' di attuazione - Modalita' di accesso al suicidio medicalmente assistito - Previsione che l'azienda unita' sanitaria locale trasmette tempestivamente l'istanza della persona interessata e la relativa documentazione alla commissione e al comitato per l'etica nella clinica operante presso l'azienda, ai sensi dell'art. 99 della legge regionale n. 40 del 2005 - Procedura per la verifica dei requisiti - Previsione che, in caso di esito positivo della verifica dei requisiti, la commissione procede ai fini dell'approvazione o definizione delle modalita' di attuazione del suicidio medicalmente assistito. - Legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16 (Modalita' organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024), intero testo, e in particolare artt. 1, 2 e 7, comma 2, nonche' artt. 3, 4, 5 e 6. (GU n. 22 del 28-05-2025) Ricorso ex art. 127 della Costituzione nell'interesse del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587), presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato (fax 06.96.51.40.00; indirizzo PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it); nei confronti della Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore; per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della intera legge regionale 14 marzo 2025, n. 16, recante «Modalita' organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024», pubblicata nel B.U.R. Toscana n. 18 del 17 marzo 2025, nonche' dei suoi articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7; in virtu' della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 9 maggio 2025. Premessa 1. La Regione Toscana ha emanato la legge regionale in epigrafe indicata, la quale definisce i presupposti, i ruoli, le modalita' esecutive, i tempi e le condizioni per l'accesso di un individuo ad una morte volontaria. Le norme sono precedute da un preambolo nel quale, oltre a richiamare il solo terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, nonche' la legge statale n. 219/2017, recante «Norme in materia di consenso informato e di disposi ioni anticipate di trattamento» - sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale alle quali si riferisce il titolo stesso della legge regionale, concernenti la fattispecie disciplinata dall'intervento normativo regionale: la sentenza n. 242/2019, che ha individuato una circoscritta area in cui l'incriminazione per l'aiuto al suicidio, ex art. 580 del codice penale, non e' conforme alla Costituzione, richiamando le condizioni nelle quali deve trovarsi l'aspirante suicida; e poi la sentenza n. 135/2024, che ha evidenziato che non puo' esservi distinzione tra la situazione del paziente gia' sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui lo stesso puo' pretendere l'interruzione, e quella del paziente che, per sopravvivere, necessiti, dietro valutazione medica, dell'attivazione di simili trattamenti, che il medesimo puo' rifiutare. Il medesimo preambolo precisa che, nella citata sentenza costituzionale n. 242/2019, e' stato ritenuto che la verifica delle condizioni che legittimano l'aiuto al suicidio debbano essere affidate, in attesa dell'intervento legislativo, a strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, e che a tal fine debba essere acquisito il parere del comitato etico territorialmente competente (considerato n. 5 della legge Regionale). Con la legge in esame, inoltre, la Regione detta norme a carattere organizzativo e procedurale per disciplinare l'esercizio non solo delle funzioni affidate dalla Corte medesima alle aziende sanitarie, ma anche di prestazioni ulteriori, definendo tempi e modalita' inerenti alla procedura in questione (considerato n. 7), assumendo che si tratti di una disciplina cedevole rispetto ad una successiva legge statale che intervenga a regolare la materia fissandone i principi fondamentali (considerato n. 8). 2. Nel dettaglio, la normativa regionale ha il seguente contenuto: - L'art. 1, recante le finalita' della legge, dispone che la Regione Toscana stabilisce l'organizzazione necessaria per l'applicazione delle statuizioni rese dalla Corte costituzionale sul tema del suicidio medicalmente assistito. - L'art. 2 individua i requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito, mediante generale rinvio alle sentenze n. 242/2019 e n. 135/2014 della Corte costituzionale; - L'art. 3 prevede la istituzione, presso ogni ASL toscana, di una «Commissione multidisciplinare permanente» (composta dalle seguenti figure professionali: medico palliativista, medico psichiatra, medico anestesista, psicologo, medico legale, infermiere e un medico specialista per la patologia del richiedente, di seguito anche «Commissione») per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito dei richiedenti e la definizione delle modalita' di attuazione, prevedendo altresi' che l'attivita' dei componenti di tale commissione venga svolta su base volontaria e in orario di lavoro e non comporti la corresponsione di alcuna indennita' di carica o di presenza; - L'art. 4 disciplina le modalita' di «accesso al suicidio medicalmente assistito», prevedendo che la persona interessata (o un suo delegato) presenti un'istanza alla ASL di riferimento, corredata da documentazione sanitaria, per l'accertamento dei requisiti per l'accesso alla pratica in questione, nonche' per l'approvazione o la definizione delle relative modalita' di attuazione. E' ivi previsto che l'istanza venga trasmessa alla Commissione e al «Comitato per l'etica clinica» operante presso la stessa ASL ai sensi dell'art. 99 della L.R. Toscana n. 40/2005, anch'esso non disciplinato da norme quadro nazionali; - L'art. 5 disciplina il procedimento di verifica dei requisiti, che prevede in sintesi che: la procedura debba concludersi entro venti giorni dal ricevimento dell'istanza, salvo sospensione per non piu' di cinque giorni per l'esecuzione di accertamenti clinico-diagnostici; il richiedente debba essere informato riguardo al percorso di cure palliative cui puo' accedere, e riguardo al diritto a rifiutare trattamenti sanitari e ad accedere alla sedazione profonda continua; ove il medesimo richiedente confermi la volonta' di accedere al suicidio; medicalmente assistito, la Commissione proceda alla verifica dei requisiti, anche tramite accertamenti e ascolto personale; debba essere acquisito il parere del Comitato per l'etica clinica sugli aspetti etici del caso, da rendere entro sette giorni dal ricevimento della documentazione; la Commissione rediga una relazione finale attestante gli esiti dell'accertamento dei requisiti, i quali vengono comunicati dall'ASL al richiedente; - L'art. 6 concerne l'introduzione di un atipico obbligo sanitario, e le concrete modalita' di attuazione del suicidio medicalmente assistito, prevedendo che il richiedente possa proporre un protocollo, gia' elaborato con il proprio medico di fiducia, o concordarne uno con la Commissione, e che il protocollo debba garantire la presenza del medico, la dignita' del paziente e l'assenza di sofferenze. Anche per questi aspetti, viene previsto che debba essere acquisito il parere del Comitato per l'etica clinica sugli aspetti etici del caso, da rendere entro cinque giorni dal ricevimento della documentazione, e che la Commissione rediga una relazione finale sugli esiti dell'approvazione del protocollo, i quali vengono parimenti comunicati dall'ASL al richiedente; - L'art. 7 disciplina il supporto tecnico e farmacologico che deve essere assicurato dall'ASL, e l'assistenza all'autosomministrazione del farmaco, da rendersi con personale volontario. Viene previsto che le prestazioni e i trattamenti siano garantite come livelli assistenziali superiori rispetto ai livelli essenziali di assistenza, cui far fronte con risorse proprie della Regione, che il richiedente possa sospendere o annullare l'erogazione del trattamento in qualsiasi momento, e che i procedimenti disciplinati dalla legge regionale siano conformati dalle ASL alla disciplina statale; - L'art. 8 prevede la gratuita' del percorso assistenziale per il suicidio medicalmente assistito; - L'art. 9 stanzia euro 10.000,00 annui, per gli anni 2025, 2026 e 2027, a carico del programma regionale per la disabilita', e prevede che, per gli anni successivi, si provveda con legge di bilancio. La illustrata L.R. Toscana n. 16/2025 presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale, nel suo complesso, ed in relazione ai singoli articoli precisati in epigrafe: il Consiglio dei ministri ha pertanto ritenuto di doverla impugnare, ed a tanto in effetti si provvede mediante il presente ricorso, sulla base dei seguenti motivi. 1. Illegittimita' costituzionale dell'intera L.R. Toscana n. 16/2025 e del suo art. 1, per violazione degli articoli 117, secondo comma, lett. l), e 117, terzo comma, della Costituzione. La legge in esame, nella sua interezza e con il suo art. 1, (1) pretende di dare «attuazione» alle sentenze costituzionali nn. 242/2019 e 135/2024. Occorre, pertanto, preliminarmente soffermarsi sul contenuto delle sentenze di cui la Regione asserisce di dettare le modalita' organizzative per l'attuazione. 1.1 Con la sentenza n. 242 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilita' di chi, con le modalita' previste dagli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalita' di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». La sentenza n. 242/2019 non ha solo tracciato un circoscritto ed eccezionale perimetro entro il quale puo' non essere sanzionabile penalmente l'aiuto al suicidio [il quale rimane, in generale, sempre illecito, sia sotto il versante penalistico (ai sensi degli articoli 579 e 580 del codice penale) che civilistico (ai sensi dell'art. 5 del codice civile)], ma ha anche espressamente precisato che «la declaratoria di illegittimita' costituzionale si limita a escludere la punibilita' dell'aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici» (cfr. S 6). Con la sentenza n. 135 del 2024, inoltre, la Corte costituzionale ha ribadito «la necessita' del puntuale rispetto delle condizioni procedurali stabilite dalla sentenza n. 242 del 2019», segnatamente specificando che «non puo' (...) ritenersi irragionevole la limitazione della liceita' dell'aiuto al suicidio ai soli pazienti che abbiano gia' la possibilita', in forza del diritto costituzionale, di porre fine alla loro esistenza rifiutando i trattamenti di sostegno vitale». Parimenti, la Corte ha ritenuto di confermare «lo stringente appello, gia' contenuto nella sentenza n. 242 del 2019 (punto 2.4. del Considerato in diritto), affinche', sull'intero territorio nazionale, sia garantito a tutti i pazienti, inclusi quelli che si trovano nelle condizioni per essere ammessi alla procedura di suicidio assistito, una effettiva possibilita' di accesso alle cure palliative appropriate per controllare la loro sofferenza, secondo quanto previsto dalla legge n. 38 del 2010». La Regione Toscana, con la legge in esame, titolata «Modalita' organizzative per l'attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024», ha ritenuto di dettare, per come si legge nel preambolo, le «norme a carattere organizzativo e procedurale per disciplinare in modo uniforme sul proprio territorio l'esercizio delle funzioni che la giurisprudenza costituzionale attribuisce alle aziende sanitarie nella materia di cui trattasi», e dunque di disciplinare «le modalita' organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle sentenze della Corte costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135, relative al suicido medicalmente assistito». 1.2 Come e' noto, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, tra le materie di competenza regionale concorrente vi sono la «tutela della salute» e la «ricerca scientifica e tecnologica». Tale competenza legislativa e' esercitabile nel quadro dei principi fondamentali che spetta allo Stato determinare. Al contempo, tra le materie di esclusiva competenza dello Stato vi e' l'«ordinamento civile e penale» [art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione]. In questo contesto, occorre valutare se una disciplina del «suicidio medicalmente assistito», per come e' espressamente qualificato l'intervento nella legge regionale in esame, sia effettivamente riconducibile ad una materia di legislazione concorrente. Ad avviso del Presidente del Consiglio, la disciplina del «suicidio medicalmente assistito», o, se si vuole utilizzare un'altra terminologia, dell'accesso di un individuo ad una morte volontaria, rientra nella materia «ordinamento civile e penale» riservata alla legislazione esclusiva dello Stato in quanto, evidentemente, incide su diritti personalissimi, tra i quali quello alla vita, precondizione di tutti i diritti, e all'integrita'. Si tratta di diritti ai quali l'ordinamento riconosce massima tutela, anche contro la volonta' del titolare, tanto da prevedere un reato per chi provoca la morte di un soggetto consenziente (art. 579 del codice penale), ma anche per chi si limita a rafforzare l'altrui intenzione suicidaria o ad agevolare l'esecuzione dell'atto (art. 580 del codice penale). La disciplina dei presupposti e delle modalita' esecutive in presenza delle quali viene scriminato l'aiuto al suicidio, viene a creare un istituto giuridico che, per un verso, innova il diritto civile e, per altro verso, trova applicazione diretta nell'ambito del diritto penale. La disciplina dell'istituto giudico in questione, quindi, non puo' che essere dettata da una legge statale. In ragione del riparto di competenze delineato a livello costituzionale, e' inibito, dunque, al legislatore regionale intervenire in una materia che tocca aspetti di estrema delicatezza quali la responsabilita' penale (articoli 579 e 580 del codice penale), il dovere di tutela della vita umana, i principi di autodeterminazione, tutela del consenso e rifiuto dei trattamenti sanitari, desumibili dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e 5 del codice civile. Tutti gli argomenti incisi e i principi sottesi alla tematica de qua sono, pertanto, riconducibili alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di «ordinamento civile e penale» ex art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. E', quindi, evidente l'esigenza di uniformita' e omogeneita' di disciplina sull'intero territorio nazionale che solo l'intervento del legislatore statale puo' assicurare. Solo a quest'ultimo e' dato bilanciare interessi costituzionalmente rilevanti, ma contrapposti, quali, da un lato, la possibilita' di rifiuto di trattamenti sanitari e, dall'altro, il fondamentale dovere costituzionale di tutela della vita umana, muovendosi nel perimetro tracciato dalla giurisprudenza costituzionale in materia. 1.3 Anche nella sentenza n. 50 del 2022, codesta Corte ha significativamente rilevato che le norme dettate con la finalita' di «tutela della vita» non sono norme «a contenuto costituzionalmente vincolato», ed e' dunque necessariamente rimessa alla valutazione del legislatore statale la determinazione del «livello minimo di tutela richiesto dai referenti costituzionali ai quali esse si saldano». A cio' si aggiunga, con riferimento all'intera legge e, comunque, all'art. 1 della stessa, che la dichiarata «finalita'» dell'intervento, ovvero disciplinare «le modalita' organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle sentenze della Corte costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135, relative al suicidio medicalmente assistito», finisce, in concreto, per prevedere e approntare gli strumenti operativi affinche' possa operare una causa di non punibilita' penale, in quanto quello, e solo quello, hanno disciplinato le sentenze citate. Cio' evidenzia, anche, la diretta incidenza della regolamentazione sull'ordinamento penale, pacificamente sottratto alla competenza delle regioni e spettante in via esclusiva alla Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. Si aggiunge, poi, che la previsione di condizioni che consentono il concreto operare di una causa di giustificazione penale solo su una parte del territorio danno vita ad una disparita' di trattamento che l'ordinamento penale (materia come gia' detto di esclusiva competenza del legislatore statale) non puo' tollerare. 1.4 Ne' potrebbero essere addotti, in senso contrario, argomenti che assegnino alle Regioni un ruolo «supplente» rispetto al legislatore statale, nelle more delle decisioni da esso assunte. Al riguardo, appare utile richiamare quanto codesta Corte ha statuito con la sentenza n. 262 del 2016, nella parte in cui ha dichiarato illegittima una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia che, per «rimediare» all'asserita inerzia del legislatore statale, aveva introdotto una disciplina regionale in tema di disposizioni anticipate di trattamento sanitario. In particolare, codesta Corte ha ricordato che, data la sua incidenza su aspetti essenziali della identita' e della integrita' della persona, una normativa in tema di disposizioni di volonta' relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita - al pari di quella che regola la donazione di organi e tessuti - necessita di uniformita' di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza, ratio ultima della riserva allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile». In quell'occasione, si e' affermato che l'assenza di una specifica legislazione nazionale «non vale a giustificare in alcun modo l'interferenza della legislazione regionale in una materia affidata in via esclusiva alla competenza dello Stato». Principi identici non possono non valere anche nel caso di specie. Con la sentenza n. 5 del 2018, codesta Corte ha, inoltre, rilevato «che il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica, e di essere rispettata nella propria integrita' fisica e psichica (sentenze n. 169 del 2017, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002) deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il Paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunita' scientifica nazionale e internazionale». In ordine alla possibile riconducibilita' dell'intervento alla materia della «tutela della salute», che risulterebbe derivare dalla menzione, nel preambolo della legge regionale, del solo terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, va considerato: che l'ordinamento (in sede sia civile, sia penale) si e' fatto carico, con pronunce giurisprudenziali, anche della Corte costituzionale, di mandare esenti da responsabilita' penale i terzi che supportano una persona nel darsi una morte volontaria esclusivamente in relazione a soggetti che siano affetti da gravi patologie irreversibili e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche assolutamente intollerabili; che le stesse pronunce giurisprudenziali (e segnatamente quelle della Corte costituzionale, peraltro volte esclusivamente ad individuare una causa di giustificazione penale) hanno previsto che l'aiuto al suicidio «lecito», non sanzionabile penalmente, sia sempre «medicalmente» accertato. Alla luce di cio', non puo' ammettersi che la regolamentazione dei casi in cui l'ausilio al suicidio risulti scriminato dall'ordinamento possa attenere propriamente alla materia «tutela della salute», come declinata dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto la grave compromissione della salute e' solo un antefatto concreto che scrimina (per come l'ordinamento si e' ad oggi stabilizzato in sede di giurisprudenza e di pronunce della Corte costituzionale) comportamenti altrimenti penalmente sanzionati; e la verificazione medica dei presupposti per l'accesso al suicido assistito e' solo la modalita' accertativa dei presupposti ritenuta imprescindibile. Di conseguenza, nell'ambito della materia «tutela della salute» non potrebbe in alcun modo rientrare la disciplina delle condizioni sostanziali e procedurali che scriminano l'aiuto al suicidio di un terzo, ne', a ben vedere, potrebbe rientrarvi la disciplina delle modalita' di verifica della sussistenza dei presupposti che legittimano l'atto, anche ove quei presupposti fossero di carattere medico/sanitario. In ogni caso, anche qualora, per mera ipotesi, si ritenesse che alcuni aspetti relativi all'esimente da responsabilita' penale per aiuto al suicidio di terzi attengano alla «tutela della salute», di certo resterebbe il fatto che, in questo caso, la previsione per cui la Costituzione vuole che la «determinazione dei principi fondamentali» sia «riservata alla legislazione dello Stato» avrebbe un peso vincolante assai piu' pregnante. Deve, quindi, ribadirsi l'esistenza di una riserva di competenza dello Stato che sarebbe tale da precludere la possibilita' per la Regione di intervenire prescindendo dalla preventiva previsione di quei principi fondamentali, sia perche' i principi fondamentali sarebbero conseguenti all'assetto che nell'«ordinamento civile e penale» si e' ritenuto di dare all'istituto, ma anche perche' altrimenti l'esito, in relazione all'operare concreto dell'istituto, sarebbe di un istituto giuridico riconosciuto in maniera difforme sul territorio nazionale: soluzione, si rimarca, non tollerabile rispetto all'attuazione di diritti fondamentali, come affermato della Corte costituzionale (sentenza n. 262 del 2016). 1.5 In sostanza, la giurisprudenza costituzionale esclude ogni attivita' legislativa regionale «suppletiva» o «sostitutiva» in assenza di principi fondamentali posti a livello statale: con la conseguenza che la legge regionale che intervenga in tale situazione e' illegittima perche' invasiva di una riserva statale relativa alla fissazione dei principi fondamentali (Corte costituzionale, sentenza n. 438 del 2008). Invero, per quanto codesta Corte abbia auspicato che la materia del «fine vita» sia oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, appare evidente che essa non possa che riferirsi al legislatore statale, perche' l'incidenza della normativa sollecitata «su aspetti essenziali della identita' e della integrita' della persona, (...) necessita di uniformita' di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza». Ecco, quindi, che la prospettiva di regolamentare il fine vita, nel silenzio del legislatore statale, attraverso l'esercizio della iniziativa legislativa regionale in materia di «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e', per le ragioni esposte, passibile di censure sotto il profilo della legittimita' costituzionale. In definitiva, l'introduzione di qualsiasi normativa regionale in materia di procedure di suicidio assistito, in assenza di una cornice normativa statale di riferimento deputata a delineare quantomeno i principi fondamentali di un settore particolarmente sensibile come e' quello in esame, incide sulle prerogative regolatorie dello Stato e si presta a compromettere il complesso equilibrio tra i principi di diritto ricostruiti dalla giurisprudenza costituzionale. 1.6 Conferma della contrarieta' della legge regionale impugnata rispetto alla competenza statale esclusiva in materia di «ordinamento civile», e' anche la previsione per cui l'attivazione del procedimento puo' essere rimessa ad un «delegato» non meglio specificato nelle sue caratteristiche di legittimazione (art. 4, comma 1), mentre si tratta con certezza di un atto che deve essere personalissimo. Altrettanto vale per la previsione per cui l'istanza da presentare non e' disciplinata nel contenuto e nella forma (sempre l'art. 4, comma 1), sicche' per questo aspetto resta incerto anche il rapporto con le forme, assai piu' precise, che la legge n. 219/2017 detta per l'acquisizione del consenso ad un trattamento sanitario e che sono indicate espressamente come applicabili dalla Corte costituzionale. Ma e' dubbio anche il fatto che non sia in alcun modo disciplinata nel suo contenuto e nella sua forma neppure la rilevantissima facolta' (meramente enunciata come tale) dell'interessato di «sospendere o annullare l'erogazione del trattamento» (art. 7, comma 3). Rispetto ad essa, ad esempio, ben piu' coerentemente con la natura dell'intervento, si sarebbe dovuto prevedere che, prima di procedere alla sua esecuzione «definitiva», debba essere positivamente accertato che l'interessato non intende sospenderlo o annullarlo. Tutti questi aspetti valgono a ribadire come si sia in presenza di scelte normative molto piu' ampie e significative di quello che l'impostazione della legge in esame intende prospettare, e che non trovano soluzione neppure nella legge n. 219/2017. 1.7 Per gli evidenziati profili, la legge regionale in argomento si pone, anzitutto nel suo complesso e nella sua interezza, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, e al contempo dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto impingente: anzitutto, ed in via assorbente, su titolo competenziale legislativo di esclusiva pertinenza dello Stato; in via subordinata, su titolo competenziale concorrente, in relazione al quale e' necessaria la preventiva determinazione dei principi fondamentali della materia, riservata alla legislazione dello Stato. 2. Illegittimita' costituzionale dell'intera L.R. n. 16/2025, e dei suoi articoli 2 e 7, comma 2, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, e dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 2.1 La legge regionale n. 16/2025, nella sua interezza e con riferimento ai suoi articoli 2 (2) e 7, comma 2, (3) altresi', impatta sulla competenza esclusiva in tema di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali [art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione]. La esclusivita' della competenza legislativa statale non puo' essere elusa dal fatto che, nella legge in esame (art. 7, comma 2), la Regione abbia affermato che le prestazioni disciplinate costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore, perche' la questione e' che, si ribadisce, trattandosi di istituti giuridici che per definizione incidono sul primo dei diritti civili garantito dalla nostra Costituzione all'art. 2, ossia il diritto alla vita, essi non possono che trovare disciplina in una legge dello Stato. E' appena il caso di ricordare, al riguardo, che codesta Corte non ha affermato l'esistenza di un «diritto» al suicidio, come prestazione garantita dalla legislazione statale, ma ha fissato casi in cui l'aiuto al suicidio debba ritenersi scriminato. Chiarissima, in tal senso, e' la sentenza costituzionale n. 242/2019, in termini confermata anche dalla menzionata sentenza n. 50/2022: «dall'art. 2 della Costituzione, non diversamente che dall'art. 2 CEDU - discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello - diametralmente opposto - di riconoscere all'individuo la possibilita' di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire. Che dal diritto alla vita, garantito dall'art. 2 CEDU, non possa derivare il diritto di rinunciare a vivere, e dunque un vero e proprio diritto a morire, e' stato, del resto, da tempo affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, proprio in relazione alla tematica dell'aiuto al suicidio». Cio' posto, secondo la giurisprudenza costante di codesta Corte, «il legislatore nazionale deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle» (cfr., ex plurimis, sentenze nn. 282/2002, 353/2003, 338/2003, 134/2006, 115/2012, 231 /2017, 72/2020, 91/2020). Peraltro, anche nella recentissima sentenza n. 135/2024, codesta Corte, ogni qualvolta considera un intervento legislativo, in questa delicata materia, si rivolge solo e soltanto al legislatore nazionale. Ad esempio: al § 7.2 della motivazione si ritiene essere «compito del legislatore» la individuazione «del» (al singolare) «punto di equilibrio» fra autodeterminazione e tutela della vita e ancora, richiamando la giurisprudenza della Corte EDU, si ricorda come tale possibilita' «spetta agli Stati» (non alle regioni); al § 9, si rimane in attesa di un «organico intervento del legislatore», che non puo' che intervenire con norma nazionale; al § 10 si auspica una sola «disciplina» di attuazione dei principi di cui alle sentenze nn. 242/2019 e 135/2024; e al § 6.1 ci si riferisce direttamente al «legislatore penale» che e', ovviamente, sempre e solo nazionale. Pertanto, non e' dato alle Regioni modificare, limitare o condizionare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto alla vita previsti dalla legislazione statale e, segnatamente, regolare casi e procedure in cui del diritto alla vita si dispone. 2.2 Non puo' quindi condividersi lo stesso presupposto di fondo della legge regionale toscana, ovvero quello di presentarsi come erogazione di prestazioni superiori rispetto ai livelli essenziali previsti da legge statale. Ma anche a voler per ipotesi ragionare nella (erronea) prospettiva della legge regionale toscana, va ricordato che, quand'anche per ipotesi volesse considerarsi il suicidio medicalmente assistito come «prestazione» concernente i diritti civili, non sussisterebbe nella specie il presupposto per emettere una normativa regionale superiore rispetto ai livelli fissati da legge statale. Cio' semplicemente perche' il legislatore statale non ha fissato alcun livello minimo di prestazione da garantire in questo ambito, e cio' preclude alla Regione di disporlo autonomamente. In altri termini, un intervento del legislatore regionale, senza che sia previsto un livello minimo di prestazione dal legislatore statale, si pone inevitabilmente in contrasto con la indispensabile omogeneita' a livello nazionale della disciplina in materia di fine vita. Ne' «i livelli minimi di prestazione» possono ricavarsi dalle sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024. Le citate pronunce, come gia' rilevato, hanno riguardato la legittimita' costituzionale di una norma penale che punisce l'agevolazione del suicidio e hanno esclusivamente inciso sulle cause di non punibilita' rispetto a quel reato. Un ambito preciso e circoscritto dell'ordinamento giuridico, diverso dalla fissazione di una legislazione in materia di livelli essenziali di prestazioni attinenti ai diritti civili e sociali. A quelle decisioni, quindi, non dovrebbe essere attribuita una portata che non e' loro propria e che esse hanno anzi espressamente escluso e tale, addirittura, da poter sostituire una «legislazione dello Stato» che disciplini positivamente l'istituto del «suicidio» o, anche solo, che stabilisca i «principi fondamentali» rispetto alla gestione di quell'istituto nell'ambito della «tutela della salute». Tanto e' vero che nella sentenza n. 242 del 2019, codesta Corte riteneva di «ribadire con vigore l'auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi precedentemente enunciati». In altri termini, le pronunce di codesta Corte non hanno introdotto nell'ordinamento l'istituto giuridico del «diritto al suicidio assistito», disciplinandone tutti gli aspetti che sono connessi alla sua introduzione nell'ordinamento «civile e penale», anche perche' non era quella la questione che doveva essere esaminata. Codesta Corte ha solo escluso la punibilita' di un soggetto che abbia prestato assistenza o aiuto ad un altro individuo, quando questi, in determinate condizioni, avesse deciso di porre fine alla sua vita. In questo quadro si pone, dunque, il quesito relativo alla possibilita' che quegli interventi strutturali e organizzativi (necessari affinche' il servizio sanitario possa svolgere le attivita' accertative, le sole che sono state individuate dalla Corte costituzionale) possano essere effettuati con legge regionale. Al quesito deve essere data risposta negativa, perche' tutte le determinazioni assunte implicano scelte tutt'altro che meramente organizzative, bensi' tali da incidere direttamente sul diritto alla vita: per questo, non possono che rientrare nella competenza esclusiva del legislatore statale. 2.3 E' opportuno rilevare, infine, che non sarebbe invocabile - a favore di una disciplina regionale del fine vita, l'applicazione del principio di «cedevolezza invertita» (Corte costituzionale, sentenza n. 398 del 2006), a fronte dell'inerzia del legislatore statale. Cio' in quanto, com'e' noto, la cedevolezza normativa puo' essere prevista dalla Regione in materie di propria competenza legislativa, «senza pero' che la previsione della clausola consenta alle Regioni di intervenire in ordine a profili che attengano alla competenza esclusiva del legislatore statale» (Corte costituzionale, sentenza n. 1 del 2019): profili che nella materia in esame - come rilevato in precedenza - certamente sussistono. Ne' il carattere asseritamente temporaneo della normativa regionale si presta in alcun modo a incidere sulle considerazioni sopra svolte. D'altro canto, la non necessarieta' di una legge regionale per rendere immediatamente operativi i precetti fissati dalle decisioni della Corte costituzionale e' inequivocabilmente confermata dal fatto che, gia' in alcuni casi, tali precetti hanno ricevuto applicazione, valendo a scriminare casi di aiuto al suicido realizzati dopo il 2019 nella ricorrenza dei presupposti indicati dalle sentenze stesse, garantendosi cosi' piena applicazione dei loro principi. Appare quindi evidente la finalita' della legge regionale di andare oltre a quanto richiesto dalla Corte costituzionale, invadendo un campo che, per le ragioni esposte, rientra nell'esclusiva competenza dello Stato. Per gli evidenziati profili, la legge regionale in argomento si pone, anzitutto nel suo complesso e nella sua interezza, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, in quanto impingente su titolo competenziale legislativo di esclusiva pertinenza dello Stato. Entro questa ottica, devono dirsi affetti dal medesimo vizio di incostituzionalita', anche singolarmente considerati, sia l'art. 2 della L.R. Toscana n. 16/2025, allorche' istituisce le «procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 242/2019 e 135/2024», sia l'art. 7, comma 2, allorche' precisa che «le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla presente legge costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore rispetto ai livelli essenziali di assistenza». In estrema sintesi, puo' legittimamente parlarsi di livello di assistenza superiore solo se il legislatore statale abbia gia' definito i livelli essenziali di assistenza uniformi sul territorio nazionale. 3. Illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 4, 5 e 6 della L.R. Toscana n. 16/2025, con l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, nonche' con l'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, in relazione all'art. 1, commi 556, 557 e 558, della legge n. 208/2015, e in relazione all'art. 2 della legge n. 3/2018 (quali norme statali interposte). I precedenti motivi di ricorso, siccome in principalita' rivolti nei confronti dell'intera L.R. Toscana n. 16/2025, e comunque anche nei confronti degli articoli 1, 2 e 7 della stessa, intendono pervenire all'integrale annullamento del provvedimento legislativo regionale di che trattasi. E' dunque in via subordinata che si formula anche il presente motivo di ricorso, rivolto specificamente nei confronti degli articoli 3, 4, 5 e 6 della medesima legge regionale. 3.1 Come evidenziato in premessa, l'art. 3 della legge regionale ha previsto la istituzione di cc.dd. «commissioni multidisciplinari permanenti» presso le ASL del territorio toscano, nei seguenti testuali termini: «1. Entro quindici giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le aziende unita' sanitarie locali istituiscono una Commissione multidisciplinare permanente (di seguito denominata Commissione) per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito nonche' per la verifica o definizione delle relative modalita' di attuazione. 2. La Commissione e' composta dai seguenti membri: a) un medico palliativista con competenze ed esperienze assistenziali; b) un medico psichiatra; c) un medico anestesista; d) uno psicologo; e) un medico legale; f) un infermiere. 3. La Commissione e' integrata di volta in volta da un medico specialista nella patologia da cui e' affetta la persona che richiede l'accesso al suicidio medicalmente assistito. 4. I componenti sono individuati, su base volontaria, nell'ambito del personale dipendente dell'azienda unita' sanitaria locale. In caso di indisponibilita' di personale interno, i componenti possono essere individuati fra i dipendenti di altre aziende od enti del servizio sanitario regionale. 5. La partecipazione alla Commissione non comporta la corresponsione di alcuna indennita' di carica o di presenza. E' fatto salvo il rimborso delle spese sostenute, nei limiti previsti per il personale dipendente, che e' posto a carico dell'azienda unita' sanitaria locale presso cui e' istituita la Commissione. La partecipazione alla Commissione e' considerata come attivita' istituzionale da svolgersi in orario di lavoro. E' a tale «Commissione» (di seguito cosi' denominata, anche al plurale), ciascuna nell'ambito territoriale di riferimento, che va trasmessa «tempestivamente» l'istanza della persona interessata e la relativa documentazione (art. 4, comma 3), e ad essa spetta la verifica circa la sussistenza dei requisiti per l'accesso al suicidio medicalmente assistito (art. 5), nonche' l'approvazione del protocollo da seguire per l'attuazione della procedura di suicidio medicalmente assistito (art. 6). 3.2 Tali compiti e funzioni sono destinati a sovrapporsi con le competenze indiscutibilmente riservate dalla legge statale ai diversi «comitati etici territoriali» di cui, da ultimo, ai decreti ministeriali Salute del 26 e 30 gennaio 2023. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 242/2019, ha infatti individuato proprio nei comitati etici territorialmente competenti sopra indicati «l'organo collegiale terzo, munito delle adeguate competenze, il quale possa garantire la tutela delle situazioni di particolare vulnerabilita'». Ha rilevato la Corte che «tali comitati - quali organismi di consultazione e di riferimento per i problemi di natura etica che possano presentarsi nella pratica sanitaria - sono, infatti, investiti di funzioni consultive intese a garantire la tutela dei diritti e dei valori della persona in confronto alle sperimentazioni cliniche di medicinali o, amplius, all'uso di questi ultimi e dei dispositivi medici (art. 12, comma 10, lettera c, del decreto-legge n. 158 del 2012; art. 1 del decreto ministeriale della salute 8 febbraio 2013, recante «Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici»: funzioni che involgono specificamente la salvaguardia di soggetti vulnerabili e che si estendono anche al cosiddetto uso compassionevole di medicinali nei confronti di pazienti affetti da patologie per le quali non siano disponibili valide alternative terapeutiche (articoli 1 e 4 del decreto del Ministro della salute 7 settembre 2017, recante «Disciplina dell'uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica»). Nella richiamata sentenza del 2019, codesta Corte, sempre ribadendo che l'intervento del legislatore statale risulta non surrogabile a livello regionale, ha chiaramente individuato quali siano gli organismi (di costituzione statale) che, nelle more di un intervento del Parlamento, sono idoneamente legittimati ad esprimere il parere sulle condizioni di pazienti affetti da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche. I «comitati etici» ai quali la Corte ha fatto riferimento sono invero quelli previsti dall'art. 12, comma 10, del decreto-legge n. 158/2012 (convertito con legge n. 189/2012) che sono stati, in prima battuta disciplinati, nei requisiti minimi, per assicurare uniformita' di composizione e funzioni sul territorio nazionale, con il decreto ministeriale Salute dell'8 febbraio 2013, il cui art. 1, comma 2, stabiliva che «ove non gia' attribuita a specifici organismi, i comitati etici possono svolgere anche funzioni consultive in relazione a questioni etiche connesse con le attivita' scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i valori della persona. I comitati etici, inoltre, possono proporre iniziative di formazione di operatori sanitari relativamente a temi in materia di bioetica». Successivamente, e' intervenuto un nuovo provvedimento legislativo (la legge n. 3/2018, recante «Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonche' disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute»), con l'obiettivo, tra gli altri, di razionalizzare e ridurre i comitati etici. Con i summenzionati successivi decreti del Ministero della salute del gennaio 2023 e' stata data attuazione alla disposizione normativa del 2018. In particolare, con il decreto ministeriale del 26 gennaio 2023 sono stati individuati i quaranta comitati etici territoriali da mantenere in funzione, e con il decreto ministeriale 30 gennaio 2023 sono stati definiti i criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici territoriali. Questi comitati etici, ridisegnati sulla base, oltretutto, di un'intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni, sono dunque proprio quelli ai quali ha fatto riferimento la Corte costituzionale come unici organismi competenti a rendere le eventuali valutazioni dalla stessa Corte indicate. In altri termini, secondo la Corte costituzionale, solo i comitati tecnici territoriali - siccome regolati in maniera uniforme sul territorio nazionale da disposizioni statali, e competenti, in via esclusiva, alla valutazione off label per fini compassionevoli di farmaci - possono essere interpellati per rendere i pareri che saranno poi rilevanti al fine di considerare non punibile, a fini penali, la condotta di chi asseconda la scelta di un paziente versante nelle condizioni individuate dalla Corte medesima. La Commissione non e', all'evidenza, uno dei comitati etici individuati nell'elenco allegato al decreto ministeriale Salute del 30 gennaio 2023, e non e' neppure un comitato che possa ritenersi rientrante nella previsione di cui all'art. 1, comma 4, del decreto ministeriale Salute del 26 gennaio 2023. Essa e' infatti un organismo di esclusiva provenienza regionale. Non puo' dunque rimettersi la valutazione prevista dalla Corte ai fini della scriminante della responsabilita' penale a organismi di volta in volta creati, con regole autonome, da ciascuna regione. Basti qui considerare, onde avvedersi della inappropriatezza della previsione legislativa regionale, che la Commissione risulta essere dotata di una composizione particolarmente ampia (sette membri), senza tuttavia prevedere se essa si debba esprimere all'unanimita' o a maggioranza: profilo decisivo per connotare l'operare concreto dell'istituto perche', se prevalesse una deliberazione a maggioranza, potrebbero essere private di peso competenze, invece, essenziali; al contrario, se si pervenisse a richiederne una deliberazione unanime, verrebbero poste sullo stesso piano competenze differenti, di peso diverso. La scelta delle diverse professionalita' operata dalla legge regionale deriva probabilmente dall'improprio cumulo sul medesimo organo sia della competenza a valutare i presupposti di accesso al percorso, sia della competenza ad approvare, dal punto di vista medico, le modalita' di esecuzione della procedura di suicidio medicalmente assistito. Quello che e' certo e' che la concreta scelta delle professionalita' destinate a comporre la Commissione e' radicalmente diversa da quella fissata dalla normativa statale per i comitati etici richiamati dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale. 3.3 Ne deriva che anche le relative previsioni regionali sulla istituzione e sui compiti di tale Commissione si pongono, ex se considerate, in contrasto con la competenza legislativa statale esclusiva in materia di «ordinamento civile e penale» di cui all'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. Esse, d'altra parte, si pongono anche in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, in uno con i parametri legislativi statali interposti di cui all'art. 1, commi 556, 557 e 558, della legge n. 208/2015 (la quale disciplina, come noto, le modalita' necessariamente condivise tra Stato e Regioni di definizione e di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria) e di cui all'art. 2 della legge n. 3/2018, il cui comma 7 ha demandato ad apposito decreto del Ministro della salute la individuazione dei comitati etici territoriali poi considerati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 242/2019. Valga al riguardo considerare che la istituzione della Commissione (si rimarca, di derivazione esclusivamente regionale), con i compiti dettagliati nel corpo della L.R. Toscana n. 16/2025, sopravanza, in concreto, la imprescindibile esigenza che la determinazione di eventuali ulteriori livelli di assistenza sanitaria (come all'evidenza pretende di fare la legge regionale impugnata), e le modalita' con cui in concreto tali livelli possano o debbano essere assicurati, vada effettuata non in via autonoma dalle singole Regioni, ma con il necessario coinvolgimento dello Stato, anche al fine di assicurare omogeneita' di trattamento a livello nazionale. 3.4 Analoghe considerazioni, e correlative censure di incostituzionalita', vanno svolte per i «comitati per l'etica nella clinica» gia' operanti presso le ASL toscane in base all'art. 99 della L.R. Toscana n. 40/2005 (4) , ed ai quali la L.R. Toscana n. 16/2025 (la quale prevede all'art. 4, comma 3, che anche ad essi vada trasmessa l'istanza della persona interessata e la relativa documentazione) assegna compiti consultivi «sugli aspetti etici del caso», tanto con riguardo alla fase di verifica dei requisiti per l'accesso alla procedura (cfr. art. 5, comma 4), sia sull'adeguatezza del protocollo attuativo (cfr. art. 6, comma 5). Di tali pareri, la legge regionale non specifica se siano obbligatori o facoltativi, vincolanti o meno, o in caso idonei ad imporre alla Commissione, ove di segno contrario rispetto alla istanza della persona interessata, una valutazione rinforzata. Anche il ruolo di questi comitati verrebbe illegittimamente a sovrapporsi a quello dei «comitati etici territoriali» richiamati dalla Corte costituzionale nella piu' volte menzionata sentenza n. 242/2019. (1) L'art. 1 testualmente prevede che «la Regione Toscana, nell'esercizio delle proprie competenze, disciplina le modalita' organizzative per l'attuazione di quanto disposto dalle sentenze della Corte costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135, relative al suicidio medicalmente assistito». (2) L'art. 2 della legge regionale in discorso testualmente recita: «Fino all'entrata in vigore della disciplina statale, possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024, con le modalita' previste dagli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento)». (3) L'art. 7, comma 2, della legge in discorso testualmente recita: «Le prestazioni e i trattamenti disciplinati dalla presente legge costituiscono un livello di assistenza sanitaria superiore rispetto ai livelli essenziali di assistenza. La Regione fa fronte con risorse proprie agli effetti finanziari connessi a tali prestazioni e trattamenti, in conformita' a quanto statuito dall'art. 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421)». (4) Art. 99 della L.R. Toscana n. 40/2025: «1. I comitati per l'etica nella clinica sono organismi indipendenti e multidisciplinari di livello aziendale garanti dei diritti, della dignita' e della centralita' dei soggetti utenti delle strutture sanitarie e strumenti di diffusione della cultura bioetica. Sono finalizzati all'esame degli aspetti etici attinenti alla programmazione e all'erogazione delle prestazioni sanitarie, nonche' a sviluppare e supportare i relativi interventi educativi della popolazione e di formazione bioetica del personale; la Commissione regionale di bioetica supporta l'attivita' regionale di indirizzo e coordinamento dei comitati per l'etica nella clinica. 2. La Giunta regionale, con proprio provvedimento, definisce la costituzione, la composizione e il funzionamento dei comitati per l'etica nella clinica, in applicazione delle normative nazionali ed europee in materia. 3. La partecipazione ai comitati per l'etica nella clinica non comporta la corresponsione di alcuna indennita' di carica o di presenza. E' fatto salvo il rimborso delle spese sostenute, che e' posto a carico dell'azienda sanitaria presso cui e' istituito il comitato. Per i componenti dei comitati per l'etica nella clinica dipendenti del servizio sanitario regionale tale funzione e' considerata come attivita' istituzionale da svolgersi in orario di lavoro». P. Q. M. Per tutto quanto sopra dedotto e considerato, il Presidente del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato, ricorre alla Ecc.ma Corte costituzionale affinche' la stessa voglia dichiarare - in accoglimento delle suesposte censure, la illegittimita' costituzionale della L.R. Toscana 14 marzo 2025, n. 16, nonche' degli articoli in precedenza indicati, per le ragioni e nei termini dettagliati nel presente ricorso. Si deposita la seguente documentazione: 1) copia autentica dell'estratto del verbale relativo alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 9 maggio 2025, con allegata relazione; 2) copia della legge della Regione Toscana 14 marzo 2025, n. 16. Roma, 14 maggio 2025 Gli Avvocati dello Stato: Fiorentino - Galluzzo - Caselli