Reg. Ric. n. 21 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 04/06/2025 n. 23
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Provincia autonoma di Trento
Oggetto:
Elezioni – Norme della Provincia autonoma di Trento – Modifiche all’art. 14 della legge provinciale n. 2 del 2003 (Norme per l'elezione diretta del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia) – Eleggibilità alla carica di Presidente della Provincia – Limite al numero dei mandati consecutivi alla carica di Presidente della Provincia – Previsione della non immediata rieleggibilità per chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno settantadue mesi anche non continuativi – Ricorso del Governo – Denunciata introduzione di una previsione in contrasto con il limite di due mandati consecutivi per le cariche di presidente di organo eletto a suffragio universale – Contrasto con un principio dell’ordinamento giuridico della Repubblica in materia elettorale – Contrasto con il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive – Incidenza sul diritto di voto e sulla democraticità del sistema di governo – Denunciata differenziazione su base territoriale in contrasto con l’esigenza di garantire l’uniforme esercizio di diritti politici fondamentali di elettorato attivo e passivo – Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza.
Norme impugnate:
Testo di legge della Provincia autonoma di Trento, approvata a norma dell'art. 47 dello Statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige del 18/04/2025 Num. Art. 1 Co. 1
Testo di legge della Provincia autonoma di Trento, approvata a norma dell'art. 47 dello Statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige del 18/04/2025 Num. Art. 1 Co. 2
legge della Provincia autonoma di Trento del 05/03/2003 Num. 2 Art. 14 Co. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 48 Co.
Costituzione Art. 51 Co.
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige Art. 47 Co. 2
legge Art. 2 Co. 1
Udienza Pubblica del 05/11/2025 rel. PITRUZZELLA
Testo dell'ricorso
N. 21 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 maggio 2025 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 maggio 2025 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Elezioni - Incompatibilita' e ineleggibilita' (cause di) - Norme della Provincia autonoma di Trento - Modifiche all'art. 14 della legge provinciale n. 2 del 2003 (Norme per l'elezione diretta del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia) - Eleggibilita' alla carica di Presidente della Provincia - Limite al numero dei mandati consecutivi alla carica di Presidente della Provincia - Previsione della non immediata rieleggibilita' per chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno settantadue mesi anche non continuativi. - Testo di legge della Provincia di Trento approvata a norma dell'art. 47 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Südtirol del 18 aprile 2025, art. 1, commi 1 e 2. (GU n. 23 del 04-06-2025) Ricorso ai sensi dell'art. 47, quarto comma, dello statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol per IL Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 (pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, Presidente della Giunta provinciale, con sede legale in Trento, Piazza Dante n. 15 (pec: presidente_attigiudiziari@pec.provincia.tn.it), intimata. Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma di Trento, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 16 del 18 aprile 2025, numero straordinario n. 1, recante «Testo di legge della Provincia di Trento approvata a norma dell'art. 47 dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol - Modificazioni dell'art. 14 della legge elettorale provinciale 2003», come da delibera del Consiglio dei ministri in data 19 maggio 2025. Il testo di legge provinciale di approvazione del disegno di legge n. 52 del 2025 della Provincia autonoma di Trento ha ad oggetto la modifica in due punti, l'art. 14 della legge elettorale provinciale (legge provinciale 5 marzo 2003, n. 2), come si evince dall'art. 1 qui di seguito trascritto: Art. 1. - Modificazioni dell'art. 14 della legge provinciale 5 marzo 2003, n. 2 (legge elettorale provinciale 2003). 1. Nel comma 2 dell'art. 14 della legge provinciale 2003 le parole: «nelle due precedenti consultazioni elettorali» sono sostituite dalle seguenti: «nelle tre precedenti consultazioni elettorali». 2. Nel comma 2 dell'art. 14 della legge provinciale 2003 le parole: «per almeno quarantotto mesi anche non continuativi» sono sostituite dalle seguenti: «per almeno settantadue mesi non continuativi». L'art. 14 della legge elettorale provinciale 2003 - e cioe' della legge provinciale 5 marzo 2003, n. 2 (Norme per l'elezione diretta del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia) - come modificato dal riportato articolo qui impugnato, dispone: «Art. 14 - Eleggibilita' alla carica di Presidente della Provincia e di consigliere provinciale. 1. Sono eleggibili a Presidente della Provincia e a consigliere provinciale i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, compilate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967, che abbiano compiuto o compiano il diciottesimo anno di eta' entro il giorno dell'elezione e che risiedano, alla data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali, nel territorio della regione. 2. Non e' immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Provincia chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno settantadue mesi anche non continuativi. Questa disposizione si applica ai soli presidenti eletti a suffragio universale diretto.». Il Governo ritiene censurabile la disposizione sopra indicata e propone pertanto questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 47, quarto comma, dello statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol per il seguente Motivo 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Provincia Autonoma di Trento per contrasto con l'art. 47 dello statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, come modificato dall'art. 4, comma 1, lettera v), della legge costituzionale n. 2/2001 e con gli articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione. Il testo legge della Provincia di Trento del 18 aprile 2025, approvato a norma dell'art. 47 dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige/Sudtirol - Modificazioni dell'art. 14 della legge provinciale del 2003 (legge statutaria), e' costituito, come sopra descritto, da un unico articolo, che modifica l'art. 14 della legge elettorale provinciale 5 marzo 2003, n. 2, rubricato Eleggibilita' alla carica di Presidente della Provincia e di consigliere provinciale. Tale disposizione eccede le competenze legislative attribuite alla Provincia autonoma e presenta profili di illegittimita' costituzionale. La novella legislativa incide, infatti, sui requisiti per la rieleggibilita' alla carica di Presidente della Provincia, prevedendo, da un lato, l'estensione del limite dei mandati consecutivi, stabilendo che non e' rieleggibile chi sia stato eletto nelle tre precedenti consultazioni elettorali (anziche' due, come in precedenza) e, dall'altro, aumentando la durata minima di esercizio della carica, prevedendo che il limite si applichi a chi abbia esercitato le funzioni presidenziali per almeno settantadue mesi, anche non continuativi (in luogo dei precedenti quarantotto). Per effetto di tale modifica l'art. 14, qualora approvato, disporrebbe che: 1. sono eleggibili a Presidente della Provincia e a consigliere provinciale i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, compilate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967, che abbiano compiuto o compiano il diciottesimo anno di eta' entro il giorno dell'elezione e che risiedano, alla data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali, nel territorio della Regione; 2. non e' immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Provincia chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno settantadue mesi anche non continuativi precisandosi che questa ulteriore limitazione si applica ai soli presidenti eletti a suffragio universale diretto. Tale modifica legislativa si pone in contrasto con l'art. 47, secondo comma, dello statuto del Trentino-Alto Adige, (1) per mancato rispetto di uno dei limiti che quest'ultima disposizione, di rango costituzionale, pone a carico della fonte legislativa statutaria di cui la Provincia autonoma di Trento fa ora uso; collide, altresi', con gli articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione, nei termini oltre argomentati. Il limite in questione e' costituito da uno dei «principi dell'ordinamento della Repubblica» stabiliti in materia di requisiti soggettivi per l'elettorato attivo e passivo per le cariche elettive delle regioni e delle province autonome, in particolare introdotto dalla legge 2 luglio 2004, n. 165, adottata in attuazione di altra disposizione costituzionale, l'art. 122, primo comma, Cost., relativo alle regioni a statuto ordinario. Il sistema elettorale regionale, ivi inclusi i requisiti soggettivi per l'elettorato attivo e passivo, nonche' la disciplina dei mandati, e' inquadrato dall'art. 122 della Costituzione, che al primo comma dispone che «Il sistema di elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta e' disciplinato con legge della Regione nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica». Da tale disposizione si ricava che le regioni (a statuto ordinario) hanno si' una competenza legislativa in materia elettorale, ma che questa e' vincolata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, che rappresentano limiti invalicabili per l'autonomia regionale. L'art. 2 della citata legge n. 165 del 2004, appunto attuativa dell'art. 122, primo comma, Cost., rubricato «Disposizioni di principio, in attuazione dell'art. 122, primo comma della Costituzione, in materia di ineleggibilita'», al comma 1 stabilisce che la competenza legislativa regionale nella disciplina dei casi di ineleggibilita' va esercitata nel rispetto di una serie di principii fondamentali, tra cui rileva qui quello di cui alla lettera f): occorre, da parte di ciascuna legge regionale, la «previsione della non immediata rieleggibilita' allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia». Il limite dei due mandati e' cosi' individuato come una disposizione di principio in materia di ineleggibilita' alle cariche di presidente di organo eletto a suffragio universale e diretto. L'osservanza di simile limite, a titolo di principio dell'ordinamento, da parte delle Autonomie speciali e' imposta oggi e da tempo a norma dei rispettivi statuti speciali, che la legge costituzionale n. 2 del 2001 ha novellato nel senso che, oltre alle Regioni speciali e alla Provincia autonoma di Bolzano, anche la Provincia autonoma di Trento ha potesta' legislativa in tema di forma di Governo «e, specificatamente, [...]» sui «casi di ineleggibilita'», tra l'altro, alla carica di «Presidente della Provincia» (art. 47, Stat. TAA, come in tal senso modificato dall'art. 4, comma 1, lettera v), della legge costituzionale. n. 2 del 2001). Questa potesta' e' sottoposta a un regime del tutto peculiare di limiti, di ordine procedurale (possibilita' di impugnazione governativa entro trenta giorni dalla pubblicazione della legge statutaria ed eventuale sottoposizione a referendum regionale confermativo) oltre che di ordine sostanziale (e' proprio il caso dell'insieme di limiti e vincoli con cui la citata disposizione statutaria esordisce, l'«armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica» e «il rispetto degli obblighi internazionali», oltre naturalmente all'osservanza delle pertinenti disposizioni dello statuto medesimo). In merito alla riconduzione del divieto del terzo (intero) mandato consecutivo alla carica di Presidente della Regione o della Provincia autonoma alla natura di principio dell'ordinamento della Repubblica in materia elettorale, si evidenzia come, in presenza di un sistema di elezione a suffragio universale e diretto delle cariche monocratiche di governo, il suddetto divieto e' positivamente formalizzato anche in altri testi normativi, relativi ad altri livelli di governo (quali il gia' ricordato art. 51, comma 2, del testo unico dell'ordinamento degli enti locali-TUEL, per quanto attiene ai Sindaci dei Comuni con piu' di 15.000 abitanti). Al riguardo, e' rilevante soffermarsi su almeno due aspetti: 1. in primo luogo, che tale divieto e' indubbiamente e decisivamente funzionale alla tutela del diritto di voto, alla par condicio fra i candidati e alla democraticita' complessiva del sistema di governo, integrando un punto di equilibrio tra i diversi valori costituzionali coinvolti; 2. in secondo luogo, che, conseguentemente, tale principio non puo' trovare applicazione differenziata sul piano territoriale, a nulla rilevando a tale fine la differenza (per altri profili sensibile) fra Regioni ordinarie e regioni speciali. In relazione al primo aspetto, premesso che, in generale, il limite dei due mandati consecutivi in relazione a cariche monocratiche di governo, in presenza di elezione a suffragio universale e diretto, deve essere considerato un principio generale di organizzazione in ogni democrazia matura (significativo e', in proposito, che la Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, nel suo report «On democracy, limitation of mandates and incompatibility of political functions» del 2013, si e' pronunciata a favore di tetti ai mandati a vari livelli, e in particolare per le cariche monocratiche elettive, prospettandolo come standard della materia), rileva che in tal senso si e' gia' espressa la giurisprudenza della Corte costituzionale in precedenti occasioni, anche recenti. Chiamata a pronunciarsi in relazione al divieto del terzo mandato consecutivo per i sindaci dei comuni con popolazione non inferiore a 5.000 abitanti, la Consulta ha affermato che tale limite e' funzionale a «inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l'effettiva par condicio tra i candidati, la liberta' di voto dei singoli elettori e la genuinita' complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticita' degli enti locali» (C. cost., sentenza n. 60/2023). Si tratta di un orientamento ampiamente condiviso anche dalla giurisprudenza di legittimita', che ha individuato la ratio del limite: nello scopo di tutelare «il diritto di voto dei cittadini, che viene in questo modo garantito nella sua liberta', e l'imparzialita' dell'amministrazione, impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi nell'esercizio del potere di gestione degli enti locali, che possono dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 marzo 2015, n. 6128; in termini, Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 6 dicembre 2007, n. 25497); nel «favorire il ricambio ai vertici dell'amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell'uso del potere dell'amministratore locale» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenze 12 febbraio 2008, n. 3383, e 20 maggio 2006, n. 11895); nell'«evitare fenomeni di sclerotizzazione della situazione politico amministrativa locale» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 9 ottobre 2007, n. 21100). Anche la giurisprudenza amministrativa, fin dal 2008, ha statuito che la previsione di un limite al numero di mandati consecutivi si presenta quale «punto di equilibrio tra il modello dell'elezione diretta dell'esecutivo e la concentrazione del potere in capo a una sola persona che ne deriva», giacche' la permanenza della medesima persona in una carica politica direttiva puo' produrre «effetti negativi anche sulla par condicio delle elezioni successive, suscettibili di essere alterate da rendite di posizione» (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 9 giugno 2008, n. 2765). E' acquisito alla giurisprudenza costituzionale che il principio dell'accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza enunciato nell'art. 51 Cost. svolge «il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto a ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilita' (ex art. 2 della Costituzione)» (sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990). Questo diritto, «essendo intangibile nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la Regione o il luogo di appartenenza» (cfr. ex plurimis Corte costituzionale, sentenza n. 235 del 1988); considerazioni analoghe valgono per il piu' comprensivo diritto di voto sancito nell'art. 48 Cost., del pari coinvolto in quanto l'assetto dell'elettorato attivo e' necessariamente inciso anche da vicende che pure direttamente limitano l'elettorato passivo. Da ultimo, si richiama la recentissima pronuncia della Corte costituzionale n. 64 del 2025, resa sulla legge regionale della Campania 11 novembre 2024, n. 16, recante «Disposizioni in materia di ineleggibilita' alla carica di Presidente della Giunta regionale, in recepimento dell'art. 2, comma 1, lettera f), della legge 2 luglio 2004, n. 165». La Corte ha dichiarato incostituzionale le disposizioni per cui non era immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha gia' ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha tuttavia stabilito che, «ai fini dell'applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge». Con tale ultimo inciso, il legislatore campano aveva reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo posto dal legislatore statale con la legge n. 165 del 2004, cosi' violando l'art. 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l'altro, le ipotesi di ineleggibilita' del Presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. In relazione al secondo aspetto si osserva che il limite dei due mandati consecutivi risponde all'esigenza di garantire l'uniforme esercizio di diritti politici fondamentali di elettorato attivo e passivo, sanciti dagli articoli 2, 48 e 51 Cost., di tal che risulta preclusa anche per tale ragione ogni differenziazione di trattamento su base territoriale. Tale conclusione, proprio per le cause di ineleggibilita', e' stata piu' volte adottata da codesta Corte; particolare rilievo assume, a riguardo, la citata sentenza n. 60/2023, con cui e' stata dichiarata incostituzionale la legge 11 aprile 2022, n. 9 della Regione autonoma della Sardegna concernente il numero massimo di mandati consecutivi dei sindaci, ivi fissato in misura superiore a quella individuata dalla normativa statale. La Corte, pur riconoscendo che alle Regioni a statuto speciale compete legiferare in materia di ordinamento degli enti locali, ha ricordato che questa competenza deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione e dei principi dell'ordinamento della Repubblica. In particolare, la Corte ha non soltanto affermato che «la previsione del numero massimo dei mandati consecutivi - in stretta connessione con l'elezione diretta dell'organo di vertice dell'ente locale, a cui fa da ponderato contraltare - riflette infatti una scelta normativa idonea a inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l'effettiva par condicio tra i candidati, la liberta' di voto dei singoli elettori e la genuinita' complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticita' degli enti locali»; ma ha anche sottolineato l'importanza di una disciplina uniforme sul territorio nazionale per quanto riguarda l'accesso alle cariche elettive, al fine di garantire l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini e la democraticita' degli enti locali. Ne consegue che soltanto leggi generali della Repubblica possono limitare diritti politici fondamentali, individuando il punto di equilibrio indefettibile e inderogabile fra il diritto di elettorato e il principio democratico. (2) Una disciplina derogatoria - sia essa riferibile a regioni ordinarie o autonomie speciali - non puo' alterare questo punto di equilibrio, se non violando gli articoli 2, 3, 48 e 51 Cost. Nell'esprimersi nei medesimi termini con la sentenza n. 143 del 2010, in specifico riferimento alla potesta' legislativa esclusiva della Regione Siciliana in tema di ineleggibilita' e incompatibilita' dei consiglieri degli enti locali (prevista dallo Statuto), la Corte costituzionale gia' aveva sancito che «la disciplina regionale di accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa dell'esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale discendente dall'identita' di interessi che Comuni e Province rappresentano riguardo alle rispettive comunita' locali, quale che sia la regione di appartenenza». In tale occasione, la Corte costituzionale aveva precisato che «discipline differenziate sono legittime sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee a giustificare il trattamento privilegiato riconosciuto dalla disposizione censurate», tornando a ribadire la gia' in precedenza evocata possibilita' che emerga la «necessita' di adattare la disciplina normativa alle particolari esigenze locali» (Corte cost. sentenza n. 82 del 1982); allo stesso modo, anche nella citata, piu' recente sentenza n. 60/2023, ha ribadito ancora che uno scostamento dalla disciplina statale e' possibile «in presenza di "particolari situazioni ambientali" (sentenza n. 283 del 2010) o "condizioni peculiari locali" (sentenze n. 143 del 2010 e n. 276 del 1997), o "condizioni locali del tutto peculiari o eccezionali" (sentenza n. 539 del 1990), ossia "in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive" per la regione ad autonomia speciale, "ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale" (sentenza n. 288 del 2007; in termini identici, sentenza n. 108 del 1969), o, ancora, "solo per particolari categorie di soggetti che siano esclusive della Regione" (sentenza n. 189 del 1971)». Tuttavia, con ogni evidenza, nessuna di queste peculiarita' locali, del tutto eccezionalmente legittimanti interventi derogatori rispetto al punto di equilibrio fissato unitariamente dalla normativa statale, e' rinvenibile nel caso in esame: non dimensioni demografiche singolarmente contenute, non peculiarita' geografiche specificamente proprie della sola Provincia autonoma di Trento, non condizioni lato sensu ambientali che richiedano particolari discipline ai fini della selezione di eccentrici requisiti di elettorato (attivo e) passivo per l'accesso alla carica presidenziale in questione. Pertanto, tenuto conto che la materia dell'ineleggibilita' e' affidata alla competenza legislativa «statutaria» della Provincia autonoma, che deve esercitarla nel rispetto della Costituzione e dei principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica (oltre che degli obblighi internazionali e delle disposizioni statutarie), deve concludersi che la legge della Provincia autonoma di Trento non rispetta il prefato principio dell'ordinamento della Repubblica, in violazione dell'art. 47, comma 2 dello Statuto. La legge provinciale impugnata viola anche il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, cui da' "compiuta attuazione" (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 60/2023) l'art. 51 della Costituzione in tema di accesso alle cariche pubbliche elettive. Infatti, avendo la legge n. 165 del 2004 stabilito la durata dei mandati dei Presidenti di Giunta regionale nel limite di due mandati, con coerente corrispondenza peraltro nel testo unico degli enti locali (art. 51), che del pari fissa in due mandati anche il limite di eleggibilita' per i Presidenti di provincia (fintantoche' erano eletti direttamente, dunque nell'assetto previgente alla sopraggiunta riforma operata dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, c.d. legge Delrio) e i Sindaci (sia pure con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, con graduazione del limite per quelli con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000), l'attuale previsione del superamento di tale limite per il Presidente della Provincia autonoma di Trento configura una palese violazione del principio di uguaglianza tra tutti i cittadini che si candidano a rivestire corrispondenti cariche sul medesimo territorio italiano. Tanto cio' e' vero che l'art. 14 della legge elettorale provinciale del 2003 - e cioe' della legge provinciale 5 marzo 2003, n. 2 (Norme per l'elezione diretta del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia) nella sua originaria formulazione, aveva coerentemente con il sistema stabilito «Non e' immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Provincia chi sia stato eletto alla carica nelle due precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno quarantotto mesi anche non continuativi. Questa disposizione si applica ai soli presidenti eletti a suffragio universale diretto.». La previsione della Provincia autonoma del limite dei due mandati consecutivi, nell'originaria versione della legge provinciale del 2003 era dunque la sola legittima perche' in linea: con il limite vigente per i Sindaci e Presidenti di Provincia; con limite previsto per il Presidente della Regione Siciliana per effetto del richiamato art. 1 della legge costituzionale 31 gennaio 2001; con il limite previsto dall'art. 2, comma 1, lettera f) della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante, come visto, il principio del divieto di terzo mandato per i Presidenti delle Regioni eletti a suffragio universale e diretto. In tale situazione, la legge provinciale impugnata, nell'ampliare il limite dei mandati consecutivi a tre, per un organo monocratico eletto a suffragio universale diretto, dotato di ampi poteri e nell'ambito di un vasto ambito territoriale, appare ictu oculi incoerente ed irragionevole rispetto al limite che, invece, opera per tutte le altre cariche monocratiche di Governo parimenti elette a suffragio universale (quali i Presidenti delle Regioni e i Sindaci dei comuni sopra i 15.000 abitanti). L'art. 14, comma 2, citato, nella sua nuova formulazione che scaturisce dalla legge provinciale impugnata, da' vita ad un assetto che in definitiva pregiudica i fondamentali diritti politici da assicurare a tutti i cittadini sull'intero territorio italiano per mezzo di una disciplina del numero dei mandati consecutivi di Presidente della Provincia autonoma ingiustificatamente eccentrico rispetto alle previsioni unitariamente fissate dalla normativa statale; esso, configura, dunque, una palese violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione, nella particolare declinazione in relazione all'accesso alle cariche pubbliche elettive di cui all'art. 51 della Costituzione, con i ripercorsi addentellati lesivi anche a carico dell'elettorato attivo radicato nell'art. 48 della Costituzione. Alla luce di quanto sopra esposto l'art. 14, comma 2, della legge elettorale della Provincia autonoma di Trento 5 marzo 2003, n. 2, come modificato dalla legge impugnata del 18 aprile 2025, risulta in contrasto con l'art. 47, secondo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, e con articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione. (1) Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e' stato approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, ricomposto nel decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 e, poi, modificato, da ultimo dalla legge costituzionale n. 2/2001. L'art 47, comma 2, dello statuto come introdotto dall'art. 4, comma 1, lettera v), della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, dispone: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con il rispetto degli obblighi internazionali e con l'osservanza di quanto disposto dal presente Capo, la legge provinciale, approvata dal Consiglio provinciale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, determina la forma di Governo della Provincia e, specificatamente, le modalita' di elezione del Consiglio provinciale, del Presidente della Provincia e degli assessori, i rapporti tra gli organi della Provincia, la presentazione e l'approvazione della mozione motivata di sfiducia nei confronti del Presidente della Provincia, i casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' con le predette cariche, nonche' l'esercizio del diritto di iniziativa popolare delle leggi provinciali e del referendum provinciale abrogativo, propositivo e consultivo. Al fine di conseguire l'equilibrio della rappresentanza dei sessi, la medesima legge promuove condizioni di parita' per l'accesso alle consultazioni elettorali. Le dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio provinciale comportano lo scioglimento del Consiglio stesso e l'elezione contestuale del nuovo Consiglio e del Presidente della Provincia, se eletto a suffragio universale e diretto. Nel caso in cui il Presidente della Provincia sia eletto dal Consiglio provinciale, il Consiglio e' sciolto quando non sia in grado di funzionare per l'impossibilita' di formare una maggioranza entro novanta giorni dalle elezioni o dalle dimissioni del Presidente stesso» (2) Significativi sono a riguardo i punti da 5 a 7 della sentenza della Corte 60/2023 che per comodita' di consultazione si riportano: «5. Nel merito, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Sardegna n. 9 del 2022 e' fondata, per violazione dell'art. 3, lettera b), dello statuto speciale e degli articoli 3 e 51 Cost. 6. La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ricondotto la disciplina che regola - nelle regioni ad autonomia speciale - le elezioni degli enti locali, e le relative ineleggibilita' e incompatibilita', alla competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni (quanto alla disciplina elettorale: sentenze n. 168 del 2018, n. 48 del 2003, n. 230 del 2001, n. 84 del 1997, n. 96 del 1968 e n. 105 del 1957; quanto a quella in tema di ineleggibilita' e incompatibilita': sentenze n. 283 del 2010, n. 288 del 2007, n. 189 del 1971 e n. 108 del 1969). Alla stessa materia sono state altresi' ascritte le disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi alla carica di assessore (sentenza n. 133 del 1997). Si tratta, in particolare per quanto riguarda la Regione autonoma Sardegna, di una competenza statutaria da esercitarsi «(i)n armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» (cosi', l'art. 3 dello statuto speciale). Intervenendo sui limiti che le regioni ad autonomia speciale incontrano nel disciplinare la materia elettorale e le cause di ineleggibilita' e incompatibilita' alle cariche elettive, sia locali sia regionali, questa Corte ha particolarmente insistito sul necessario rispetto del principio di eguaglianza sancito, quanto al diritto di elettorato passivo, dall'art. 51, primo comma, Cost., secondo cui «(t)utti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge». Si e' cosi' affermato che la potesta' legislativa primaria delle regioni ad autonomia speciale deve «svolgersi in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche' delle altre disposizioni dello statuto (da ultimo, sentenza n. 143 del 2010). Di modo che l'esercizio del potere legislativo anche da parte delle Regioni a statuto speciale in ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano la ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive, incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito in materia dall'art. 51 Cost.» (sentenza n. 277 del 2011). Si e' altresi' precisato che «il riconoscimento di tali limiti non vuol dire disconoscere la potesta' legislativa primaria di cui e' titolare la Regione, ma significa tutelare il fondamentale diritto di elettorato passivo, trattandosi "di un diritto che, essendo intangibile nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la Regione o il luogo di appartenenza" (cfr. ex plurimis sentenza n. 235 del 1988)» (sentenza n. 143 del 2010; in termini, sentenze n. 288 del 2007, n. 539 del 1990 e n. 189 del 1971). Si e' anche sottolineato, con specifico riferimento all'accesso alle cariche elettive locali, che questa uniformita' di disciplina e' intimamente connessa all'identita' di interessi che comuni e province rappresentano riguardo alle rispettive comunita' locali, qualunque sia la regione in cui gli enti locali si trovino (sentenze n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990). Su queste basi, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime sia la introduzione di «nuove o diverse cause di ineleggibilita' [...], sia la previsione come causa di ineleggibilita' di situazioni previste a livello nazionale come cause di incompatibilita' o di anomale discipline della incompatibilita' [...], sia la mancata previsione di cause di ineleggibilita' presenti nella legislazione statale» (sentenza n. 288 del 2007; in termini identici, sentenze n. 539 del 1990 e n. 189 del 1971). Questa Corte ha anche chiarito che alla specifica esigenza di uniformita', cosi' affermata, le regioni a statuto speciale possono derogare solo in presenza di «particolari situazioni ambientali» (sentenza n. 283 del 2010) o «condizioni peculiari locali» (sentenze n. 143 del 2010 e n. 276 del 1997), o «condizioni locali del tutto peculiari o eccezionali» (sentenza n. 539 del 1990), ossia «in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive» per la regione ad autonomia speciale, «ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale» (sentenza n. 288 del 2007; in termini identici, sentenza n. 108 del 1969), o, ancora, «solo per particolari categorie di soggetti che siano esclusive della Regione» (sentenza n. 189 del 1971). A tale stregua, sono state eccezionalmente ritenute costituzionalmente legittime discipline d'accesso alle cariche elettive locali della Regione Siciliana piu' restrittive di quella nazionale, in ragione delle «peculiari condizioni dell'amministrazione locale siciliana, caratterizzata da fenomeni particolarmente gravi di pressione della criminalita' organizzata sulle amministrazioni pubbliche» e del «numero e gravita' di episodi di illegalita' amministrativa riscontrati in tale ambito» (sentenza n. 288 del 2007); ovvero in ragione delle «rilevate connessioni fra criminalita' di tipo mafioso e ambiente politico», nello «specifico ambiente» del mercato del lavoro siciliano (sentenza n. 539 del 1990; in termini analoghi, con riferimento alle cariche elettive regionali, sentenza n. 127 del 1987). 7. Alla competenza fin qui considerata sono ovviamente riconducibili anche le disposizioni, quale quella impugnata, che pongono un limite ai mandati consecutivi dei sindaci: ma la questione centrale posta dal ricorso odierno e' se la normativa statale in materia, invocata dal ricorrente, sia idonea a riempire di contenuto il principio di cui all'art. 51 Cost., fungendo cosi' da limite alla menzionata competenza. La risposta deve essere positiva. Non solo non sono convincenti, come si dira', le motivazioni addotte dalla Regione resistente per sottrarre la disposizione impugnata allo specifico statuto costituzionale cui soggiace la generale disciplina regionale d'accesso alle cariche elettive locali; ma gli argomenti per ricondurla entro tale regime risultano particolarmente stringenti. Infatti, come emergera' anche all'esito della ricognizione dell'evoluzione normativa riferita al limite ai mandati consecutivi dei sindaci, alla luce della giurisprudenza comune che ne ha ricostruito le rationes, il limite in questione incide sulle condizioni di accesso alla carica apicale dell'ente locale, con rilevanti ricadute sull'assetto complessivo dell'ente medesimo, e individua un punto di equilibrio tra plurime esigenze di rilievo costituzionale. Per tali ragioni, anche le disposizioni come quella impugnata devono essere conformi «ai principi della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale (...) giacche' proprio il principio di cui all'art. 51 Cost. svolge il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilita' (ex art. 2 Cost.: sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990)» (sentenza n. 277 del 2011)» P. Q. M. Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo e conseguentemente annullare l'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma di Trento pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 16 del 18 aprile 2025 per i motivi illustrati nel presente ricorso. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. attestazione della delibera del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2025 con allegata relazione; 2. legge impugnata. Roma, 19 maggio 2025 l'Avvocato dello Stato: De Bonis Il vice Avvocato generale dello Stato: Di Martino