Reg. Ric. n. 21 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 04/06/2025 n. 23

Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri

Resistenti: Provincia autonoma di Trento



Oggetto:

Elezioni – Norme della Provincia autonoma di Trento – Modifiche all’art. 14 della legge provinciale n. 2 del 2003 (Norme per l'elezione diretta del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia) – Eleggibilità alla carica di Presidente della Provincia – Limite al numero dei mandati consecutivi alla carica di Presidente della Provincia – Previsione della non immediata rieleggibilità per chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno settantadue mesi anche non continuativi – Ricorso del Governo – Denunciata introduzione di una previsione in contrasto con il limite di due mandati consecutivi per le cariche di presidente di organo eletto a suffragio universale – Contrasto con un principio dell’ordinamento giuridico della Repubblica in materia elettorale – Contrasto con il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive – Incidenza sul diritto di voto e sulla democraticità del sistema di governo – Denunciata differenziazione su base territoriale in contrasto con l’esigenza di garantire l’uniforme esercizio di diritti politici fondamentali di elettorato attivo e passivo – Violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza.


Norme impugnate:



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 48   Co.  

Costituzione  Art. 51   Co.  

Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige  Art. 47   Co.

legge  Art.  Co.



Udienza Pubblica del 05/11/2025 rel. PITRUZZELLA


Testo dell'ricorso

                        N. 21 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 maggio 2025

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 21 maggio  2025  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Elezioni - Incompatibilita' e  ineleggibilita'  (cause  di)  -  Norme
  della Provincia autonoma di Trento - Modifiche  all'art.  14  della
  legge provinciale n. 2 del 2003 (Norme per l'elezione  diretta  del
  Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia) -
  Eleggibilita' alla carica di Presidente della Provincia - Limite al
  numero dei mandati consecutivi  alla  carica  di  Presidente  della
  Provincia - Previsione della non immediata rieleggibilita' per  chi
  sia stato eletto alla carica  nelle  tre  precedenti  consultazioni
  elettorali e abbia esercitato le funzioni  per  almeno  settantadue
  mesi anche non continuativi. 
- Testo  di  legge  della  Provincia  di  Trento  approvata  a  norma
  dell'art. 47 della legge costituzionale  26  febbraio  1948,  n.  5
  (Statuto speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige),  pubblicata  nel
  Bollettino  ufficiale  della  Regione  autonoma  del  Trentino-Alto
  Adige/Südtirol del 18 aprile 2025, art. 1, commi 1 e 2. 


(GU n. 23 del 04-06-2025)

     Ricorso ai sensi dell'art. 47, quarto comma, dello statuto della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol per IL  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato   in   Roma   alla   via   dei   Portoghesi,   12   (pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente
pro tempore, Presidente della Giunta provinciale, con sede legale  in
Trento,        Piazza        Dante        n.         15         (pec:
presidente_attigiudiziari@pec.provincia.tn.it), intimata. 
    Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
commi 1  e  2,  della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento,
pubblicata  nel   Bollettino   Ufficiale   della   Regione   autonoma
Trentino-Alto  Adige/Südtirol  n.  16  del  18  aprile  2025,  numero
straordinario n. 1, recante «Testo di legge della Provincia di Trento
approvata a norma dell'art. 47 dello statuto  speciale  di  autonomia
del Trentino-Alto Adige/Südtirol - Modificazioni dell'art.  14  della
legge elettorale provinciale 2003», come da  delibera  del  Consiglio
dei ministri in data 19 maggio 2025. 
    Il testo di legge provinciale  di  approvazione  del  disegno  di
legge n. 52 del 2025 della Provincia autonoma di Trento ha ad oggetto
la  modifica  in  due  punti,  l'art.  14  della   legge   elettorale
provinciale (legge provinciale 5 marzo 2003, n. 2),  come  si  evince
dall'art. 1 qui di seguito trascritto: 
    Art. 1. - Modificazioni dell'art. 14 della  legge  provinciale  5
marzo 2003, n. 2 (legge elettorale provinciale 2003). 
    1. Nel comma 2 dell'art.  14  della  legge  provinciale  2003  le
parole:  «nelle  due  precedenti   consultazioni   elettorali»   sono
sostituite  dalle  seguenti:  «nelle  tre  precedenti   consultazioni
elettorali». 
    2. Nel comma 2 dell'art.  14  della  legge  provinciale  2003  le
parole: «per almeno quarantotto mesi  anche  non  continuativi»  sono
sostituite  dalle  seguenti:  «per  almeno   settantadue   mesi   non
continuativi». 
    L'art. 14 della legge elettorale provinciale 2003 - e cioe' della
legge provinciale 5 marzo 2003, n. 2 (Norme  per  l'elezione  diretta
del Consiglio provinciale di Trento e del Presidente della Provincia)
- come modificato dal riportato articolo qui impugnato, dispone: 
    «Art.  14  -  Eleggibilita'  alla  carica  di  Presidente   della
Provincia e di consigliere provinciale. 
    1. Sono eleggibili a Presidente della Provincia e  a  consigliere
provinciale i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un  comune
della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, compilate  ai  sensi  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967, che  abbiano
compiuto o compiano il diciottesimo anno  di  eta'  entro  il  giorno
dell'elezione  e  che  risiedano,  alla  data  di  pubblicazione  del
manifesto di convocazione dei comizi elettorali, nel territorio della
regione. 
    2. Non e' immediatamente rieleggibile alla carica  di  Presidente
della Provincia chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti
consultazioni elettorali e abbia esercitato le  funzioni  per  almeno
settantadue mesi  anche  non  continuativi.  Questa  disposizione  si
applica ai soli presidenti eletti a suffragio universale diretto.». 
    Il Governo ritiene censurabile la disposizione sopra  indicata  e
propone pertanto questione di legittimita'  costituzionale  ai  sensi
dell'art. 47, quarto comma,  dello  statuto  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Sudtirol per il seguente 
 
                               Motivo 
 
    1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2,  della
legge della Provincia Autonoma di Trento per contrasto con l'art.  47
dello statuto della Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
come modificato  dall'art.  4,  comma  1,  lettera  v),  della  legge
costituzionale n. 2/2001 e con gli articoli  2,  3,  48  e  51  della
Costituzione. 
    Il testo legge della Provincia di  Trento  del  18  aprile  2025,
approvato a norma dell'art. 47 dello statuto  speciale  di  autonomia
del Trentino-Alto Adige/Sudtirol - Modificazioni dell'art.  14  della
legge provinciale del 2003 (legge statutaria),  e'  costituito,  come
sopra descritto, da un unico articolo, che modifica l'art.  14  della
legge  elettorale  provinciale  5  marzo  2003,   n.   2,   rubricato
Eleggibilita'  alla  carica  di  Presidente  della  Provincia  e   di
consigliere provinciale. 
    Tale disposizione eccede  le  competenze  legislative  attribuite
alla  Provincia  autonoma  e  presenta  profili   di   illegittimita'
costituzionale. 
    La novella legislativa incide,  infatti,  sui  requisiti  per  la
rieleggibilita'  alla   carica   di   Presidente   della   Provincia,
prevedendo,  da  un  lato,  l'estensione  del  limite   dei   mandati
consecutivi, stabilendo che non e' rieleggibile chi sia stato  eletto
nelle tre precedenti consultazioni elettorali (anziche' due, come  in
precedenza) e, dall'altro, aumentando la durata minima  di  esercizio
della carica, prevedendo che  il  limite  si  applichi  a  chi  abbia
esercitato le funzioni presidenziali  per  almeno  settantadue  mesi,
anche non continuativi (in luogo dei precedenti quarantotto). 
    Per effetto  di  tale  modifica  l'art.  14,  qualora  approvato,
disporrebbe che: 
        1.  sono  eleggibili  a  Presidente  della  Provincia   e   a
consigliere provinciale i cittadini iscritti nelle  liste  elettorali
di un comune della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, compilate ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica n.  223  del  1967,
che abbiano compiuto o compiano il diciottesimo anno di eta' entro il
giorno dell'elezione e che risiedano, alla data di pubblicazione  del
manifesto di convocazione dei comizi elettorali, nel territorio della
Regione; 
        2.  non  e'  immediatamente  rieleggibile  alla   carica   di
Presidente della Provincia chi sia stato eletto alla carica nelle tre
precedenti consultazioni elettorali e abbia  esercitato  le  funzioni
per almeno settantadue mesi anche non continuativi  precisandosi  che
questa ulteriore limitazione si applica ai soli presidenti  eletti  a
suffragio universale diretto. 
    Tale modifica legislativa si pone in  contrasto  con  l'art.  47,
secondo comma, dello statuto del Trentino-Alto Adige, (1) per mancato
rispetto di uno dei limiti che quest'ultima  disposizione,  di  rango
costituzionale, pone a carico della fonte legislativa  statutaria  di
cui la Provincia autonoma di Trento fa ora  uso;  collide,  altresi',
con gli articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione, nei termini  oltre
argomentati. 
    Il limite  in  questione  e'  costituito  da  uno  dei  «principi
dell'ordinamento della Repubblica» stabiliti in materia di  requisiti
soggettivi per l'elettorato attivo e passivo per le cariche  elettive
delle regioni e delle province autonome,  in  particolare  introdotto
dalla legge 2 luglio 2004, n. 165, adottata in  attuazione  di  altra
disposizione costituzionale, l'art. 122, primo comma, Cost., relativo
alle regioni a statuto ordinario. Il  sistema  elettorale  regionale,
ivi inclusi i requisiti soggettivi per l'elettorato attivo e passivo,
nonche' la disciplina dei mandati, e' inquadrato dall'art. 122  della
Costituzione, che al primo comma dispone che «Il sistema di  elezione
del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta e' disciplinato
con legge  della  Regione  nel  rispetto  dei  principi  fondamentali
stabiliti con legge della Repubblica». Da tale disposizione si ricava
che le  regioni  (a  statuto  ordinario)  hanno  si'  una  competenza
legislativa in materia elettorale, ma  che  questa  e'  vincolata  al
rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, che
rappresentano limiti invalicabili per l'autonomia regionale. L'art. 2
della citata legge n. 165 del 2004, appunto attuativa dell'art.  122,
primo  comma,  Cost.,  rubricato  «Disposizioni  di   principio,   in
attuazione dell'art. 122, primo comma della Costituzione, in  materia
di  ineleggibilita'»,  al  comma  1  stabilisce  che  la   competenza
legislativa regionale nella disciplina dei casi di ineleggibilita' va
esercitata nel rispetto di una serie di principii  fondamentali,  tra
cui rileva qui quello di cui alla lettera f): occorre,  da  parte  di
ciascuna  legge  regionale,  la  «previsione  della   non   immediata
rieleggibilita' allo scadere  del  secondo  mandato  consecutivo  del
Presidente della Giunta regionale eletto  a  suffragio  universale  e
diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia». 
    Il  limite  dei  due  mandati  e'  cosi'  individuato  come   una
disposizione di principio in materia di ineleggibilita' alle  cariche
di presidente di organo eletto a suffragio universale e diretto. 
    L'osservanza  di   simile   limite,   a   titolo   di   principio
dell'ordinamento, da parte delle Autonomie speciali e' imposta oggi e
da tempo a norma  dei  rispettivi  statuti  speciali,  che  la  legge
costituzionale n. 2 del 2001 ha novellato nel senso che,  oltre  alle
Regioni speciali e alla  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  anche  la
Provincia autonoma di Trento ha potesta' legislativa in tema di forma
di   Governo   «e,   specificatamente,   [...]»    sui    «casi    di
ineleggibilita'», tra  l'altro,  alla  carica  di  «Presidente  della
Provincia»  (art.  47,  Stat.  TAA,  come  in  tal  senso  modificato
dall'art. 4, comma 1, lettera v), della legge  costituzionale.  n.  2
del 2001). 
    Questa potesta' e' sottoposta a un regime del tutto peculiare  di
limiti,  di  ordine   procedurale   (possibilita'   di   impugnazione
governativa entro  trenta  giorni  dalla  pubblicazione  della  legge
statutaria  ed  eventuale  sottoposizione  a   referendum   regionale
confermativo) oltre che di ordine sostanziale  (e'  proprio  il  caso
dell'insieme di limiti e  vincoli  con  cui  la  citata  disposizione
statutaria esordisce, l'«armonia con la  Costituzione  e  i  principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica»  e  «il  rispetto  degli
obblighi internazionali»,  oltre  naturalmente  all'osservanza  delle
pertinenti disposizioni dello statuto medesimo). 
    In merito  alla  riconduzione  del  divieto  del  terzo  (intero)
mandato consecutivo alla carica di Presidente della Regione  o  della
Provincia autonoma alla natura di  principio  dell'ordinamento  della
Repubblica in materia elettorale, si evidenzia come, in  presenza  di
un sistema di elezione a suffragio universale e diretto delle cariche
monocratiche  di  governo,  il  suddetto  divieto  e'   positivamente
formalizzato anche  in  altri  testi  normativi,  relativi  ad  altri
livelli di governo (quali il gia' ricordato art.  51,  comma  2,  del
testo unico  dell'ordinamento  degli  enti  locali-TUEL,  per  quanto
attiene ai Sindaci dei Comuni con piu' di 15.000 abitanti). 
    Al riguardo, e' rilevante soffermarsi su almeno due aspetti: 
        1. in primo  luogo,  che  tale  divieto  e'  indubbiamente  e
decisivamente funzionale alla tutela del diritto di  voto,  alla  par
condicio fra  i  candidati  e  alla  democraticita'  complessiva  del
sistema di governo, integrando un punto di equilibrio tra  i  diversi
valori costituzionali coinvolti; 
        2. in secondo luogo, che,  conseguentemente,  tale  principio
non puo' trovare applicazione differenziata sul piano territoriale, a
nulla  rilevando  a  tale  fine  la  differenza  (per  altri  profili
sensibile) fra Regioni ordinarie e regioni speciali. 
    In relazione al primo aspetto,  premesso  che,  in  generale,  il
limite  dei  due  mandati  consecutivi   in   relazione   a   cariche
monocratiche  di  governo,  in  presenza  di  elezione  a   suffragio
universale e diretto, deve essere considerato un  principio  generale
di organizzazione in ogni democrazia  matura  (significativo  e',  in
proposito, che la Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa,  nel
suo report «On democracy, limitation of mandates and  incompatibility
of political functions» del 2013, si e' pronunciata a favore di tetti
ai  mandati  a  vari  livelli,  e  in  particolare  per  le   cariche
monocratiche elettive, prospettandolo come standard  della  materia),
rileva che in tal senso si e' gia' espressa la  giurisprudenza  della
Corte costituzionale in precedenti occasioni, anche recenti. 
    Chiamata a pronunciarsi in relazione al divieto del terzo mandato
consecutivo per i sindaci dei comuni con popolazione non inferiore  a
5.000  abitanti,  la  Consulta  ha  affermato  che  tale  limite   e'
funzionale a «inverare e garantire ulteriori fondamentali  diritti  e
principi costituzionali: l'effettiva par condicio tra i candidati, la
liberta' di voto dei singoli elettori  e  la  genuinita'  complessiva
della  competizione  elettorale,  il   fisiologico   ricambio   della
rappresentanza politica e, in definitiva,  la  stessa  democraticita'
degli enti locali» (C. cost., sentenza n. 60/2023). Si tratta  di  un
orientamento  ampiamente  condiviso  anche  dalla  giurisprudenza  di
legittimita', che ha individuato la ratio del limite: 
        nello scopo di tutelare «il diritto di  voto  dei  cittadini,
che  viene  in  questo  modo  garantito   nella   sua   liberta',   e
l'imparzialita' dell'amministrazione,  impedendo  la  permanenza  per
periodi troppo lunghi nell'esercizio del  potere  di  gestione  degli
enti  locali,  che  possono  dar  luogo  ad  anomale  espressioni  di
clientelismo» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 26
marzo 2015, n. 6128; in termini, Corte di cassazione,  sezione  prima
civile, sentenza 6 dicembre 2007, n. 25497); 
        nel «favorire il  ricambio  ai  vertici  dell'amministrazione
locale  ed  evitare  la  soggettivizzazione   dell'uso   del   potere
dell'amministratore  locale»  (Corte  di  cassazione,  sezione  prima
civile, sentenze 12 febbraio 2008, n. 3383,  e  20  maggio  2006,  n.
11895); 
        nell'«evitare fenomeni di sclerotizzazione  della  situazione
politico amministrativa locale» (Corte di cassazione,  sezione  prima
civile, sentenza 9 ottobre 2007, n. 21100). 
    Anche la giurisprudenza amministrativa, fin dal 2008, ha statuito
che la previsione di un limite al numero di  mandati  consecutivi  si
presenta quale «punto di  equilibrio  tra  il  modello  dell'elezione
diretta dell'esecutivo e la concentrazione del potere in capo  a  una
sola persona che ne deriva», giacche' la  permanenza  della  medesima
persona in una  carica  politica  direttiva  puo'  produrre  «effetti
negativi  anche  sulla  par  condicio  delle   elezioni   successive,
suscettibili di essere alterate da rendite di  posizione»  (Consiglio
di Stato, sezione sesta, sentenza 9 giugno 2008, n. 2765). 
    E' acquisito alla giurisprudenza costituzionale che il  principio
dell'accesso alle  cariche  elettive  in  condizioni  di  eguaglianza
enunciato nell'art. 51 Cost. svolge «il ruolo di garanzia generale di
un diritto politico fondamentale, riconosciuto a ogni cittadino con i
caratteri  dell'inviolabilita'  (ex  art.  2   della   Costituzione)»
(sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990).  Questo
diritto, «essendo intangibile  nel  suo  contenuto  di  valore,  puo'
essere  unicamente  disciplinato  da  leggi  generali,  che   possono
limitarlo  soltanto   al   fine   di   realizzare   altri   interessi
costituzionali  altrettanto  fondamentali  e  generali,  senza  porre
discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque  sia
la Regione o il  luogo  di  appartenenza»  (cfr.  ex  plurimis  Corte
costituzionale, sentenza n. 235 del  1988);  considerazioni  analoghe
valgono per il piu' comprensivo diritto di voto sancito nell'art.  48
Cost., del pari coinvolto in quanto l'assetto dell'elettorato  attivo
e' necessariamente inciso anche  da  vicende  che  pure  direttamente
limitano l'elettorato passivo. 
    Da ultimo, si richiama  la  recentissima  pronuncia  della  Corte
costituzionale n. 64 del  2025,  resa  sulla  legge  regionale  della
Campania 11 novembre 2024, n. 16, recante «Disposizioni in materia di
ineleggibilita' alla carica di Presidente della Giunta regionale,  in
recepimento dell'art. 2, comma 1, lettera f), della  legge  2  luglio
2004, n. 165». 
    La Corte ha dichiarato incostituzionale le disposizioni  per  cui
non era immediatamente rieleggibile alla carica di  Presidente  della
Giunta regionale chi, allo  scadere  del  secondo  mandato,  ha  gia'
ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati  consecutivi,
ha tuttavia stabilito che, «ai fini dell'applicazione della  presente
disposizione, il computo dei mandati decorre da quello  in  corso  di
espletamento alla data di entrata in vigore  della  presente  legge».
Con  tale  ultimo  inciso,  il   legislatore   campano   aveva   reso
inapplicabile, per  la  prossima  tornata  elettorale,  il  principio
fondamentale del divieto del  terzo  mandato  consecutivo  posto  dal
legislatore statale con la legge n.  165  del  2004,  cosi'  violando
l'art. 122, primo  comma,  della  Costituzione,  che  attribuisce  al
legislatore regionale il compito di  disciplinare,  tra  l'altro,  le
ipotesi di ineleggibilita' del Presidente della Giunta regionale  nel
rispetto  dei  principi  fondamentali  stabiliti  con   legge   della
Repubblica. 
    In relazione al secondo aspetto si osserva che il limite dei  due
mandati consecutivi risponde  all'esigenza  di  garantire  l'uniforme
esercizio di diritti politici fondamentali  di  elettorato  attivo  e
passivo, sanciti dagli articoli 2, 48 e 51 Cost., di tal che  risulta
preclusa anche per tale ragione ogni differenziazione di  trattamento
su base territoriale. 
    Tale conclusione, proprio per le  cause  di  ineleggibilita',  e'
stata piu' volte  adottata  da  codesta  Corte;  particolare  rilievo
assume, a riguardo, la citata sentenza n. 60/2023, con cui  e'  stata
dichiarata incostituzionale la legge  11  aprile  2022,  n.  9  della
Regione autonoma della Sardegna  concernente  il  numero  massimo  di
mandati consecutivi dei sindaci, ivi fissato in  misura  superiore  a
quella individuata dalla normativa statale. 
    La Corte, pur riconoscendo che alle Regioni  a  statuto  speciale
compete legiferare in materia di ordinamento degli  enti  locali,  ha
ricordato che questa competenza deve essere esercitata  nel  rispetto
della Costituzione e dei principi dell'ordinamento della Repubblica. 
    In particolare, la  Corte  ha  non  soltanto  affermato  che  «la
previsione del numero massimo dei mandati consecutivi  -  in  stretta
connessione con l'elezione diretta dell'organo di  vertice  dell'ente
locale, a cui fa da ponderato  contraltare  -  riflette  infatti  una
scelta normativa idonea a inverare e garantire ulteriori fondamentali
diritti e principi costituzionali: l'effettiva  par  condicio  tra  i
candidati, la liberta' di voto dei singoli elettori e  la  genuinita'
complessiva della competizione elettorale,  il  fisiologico  ricambio
della  rappresentanza  politica   e,   in   definitiva,   la   stessa
democraticita'  degli  enti  locali»;  ma   ha   anche   sottolineato
l'importanza di una disciplina uniforme sul territorio nazionale  per
quanto riguarda l'accesso alle cariche elettive, al fine di garantire
l'uguaglianza sostanziale tra i cittadini e la  democraticita'  degli
enti locali. 
    Ne consegue che soltanto leggi generali della Repubblica  possono
limitare diritti politici  fondamentali,  individuando  il  punto  di
equilibrio indefettibile e inderogabile fra il diritto di  elettorato
e il principio democratico. (2) Una disciplina derogatoria - sia essa
riferibile a regioni  ordinarie  o  autonomie  speciali  -  non  puo'
alterare questo punto di equilibrio, se non violando gli articoli  2,
3, 48 e 51 Cost. 
    Nell'esprimersi nei medesimi termini con la sentenza n.  143  del
2010, in specifico riferimento alla  potesta'  legislativa  esclusiva
della Regione Siciliana in tema di ineleggibilita' e incompatibilita'
dei consiglieri degli enti locali (prevista dallo Statuto), la  Corte
costituzionale gia' aveva sancito che  «la  disciplina  regionale  di
accesso alle cariche elettive deve essere  strettamente  conforme  ai
principi  della  legislazione  statale,  a  causa  dell'esigenza   di
uniformita'   in   tutto   il   territorio   nazionale    discendente
dall'identita' di  interessi  che  Comuni  e  Province  rappresentano
riguardo alle rispettive comunita' locali, quale che sia  la  regione
di appartenenza». 
    In tale occasione, la Corte costituzionale  aveva  precisato  che
«discipline differenziate sono legittime  sul  piano  costituzionale,
solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee
a  giustificare  il  trattamento  privilegiato   riconosciuto   dalla
disposizione censurate», tornando a ribadire la  gia'  in  precedenza
evocata  possibilita'  che  emerga  la  «necessita'  di  adattare  la
disciplina normativa alle particolari esigenze locali»  (Corte  cost.
sentenza n. 82 del 1982); allo stesso modo, anche nella citata,  piu'
recente sentenza n. 60/2023, ha ribadito ancora che  uno  scostamento
dalla disciplina statale e' possibile «in  presenza  di  "particolari
situazioni ambientali" (sentenza  n.  283  del  2010)  o  "condizioni
peculiari locali" (sentenze n. 143 del 2010 e n.  276  del  1997),  o
"condizioni locali del tutto peculiari o  eccezionali"  (sentenza  n.
539 del 1990), ossia "in presenza di situazioni concernenti categorie
di soggetti, le quali siano esclusive" per la  regione  ad  autonomia
speciale, "ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle
proprie delle stesse categorie di soggetti  nel  restante  territorio
nazionale" (sentenza n. 288 del 2007; in termini  identici,  sentenza
n. 108 del 1969), o,  ancora,  "solo  per  particolari  categorie  di
soggetti che siano esclusive della  Regione"  (sentenza  n.  189  del
1971)». 
    Tuttavia, con  ogni  evidenza,  nessuna  di  queste  peculiarita'
locali, del tutto eccezionalmente legittimanti interventi  derogatori
rispetto al punto di equilibrio fissato unitariamente dalla normativa
statale,  e'  rinvenibile  nel  caso   in   esame:   non   dimensioni
demografiche singolarmente contenute,  non  peculiarita'  geografiche
specificamente proprie della sola Provincia autonoma di  Trento,  non
condizioni  lato  sensu   ambientali   che   richiedano   particolari
discipline  ai  fini  della  selezione  di  eccentrici  requisiti  di
elettorato (attivo e) passivo per l'accesso alla carica presidenziale
in questione. 
    Pertanto, tenuto conto che  la  materia  dell'ineleggibilita'  e'
affidata alla competenza  legislativa  «statutaria»  della  Provincia
autonoma, che deve esercitarla nel rispetto della Costituzione e  dei
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica (oltre che degli
obblighi  internazionali  e  delle  disposizioni  statutarie),   deve
concludersi che la legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento  non
rispetta il prefato principio dell'ordinamento della  Repubblica,  in
violazione dell'art. 47, comma 2 dello Statuto. 
    La legge  provinciale  impugnata  viola  anche  il  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, cui  da'  "compiuta
attuazione" (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 60/2023) l'art. 51
della  Costituzione  in  tema  di  accesso  alle  cariche   pubbliche
elettive. 
    Infatti, avendo la legge n. 165 del 2004 stabilito la durata  dei
mandati dei Presidenti di Giunta regionale nel limite di due mandati,
con coerente corrispondenza  peraltro  nel  testo  unico  degli  enti
locali (art. 51), che del pari fissa in due mandati anche  il  limite
di eleggibilita' per i Presidenti di  provincia  (fintantoche'  erano
eletti direttamente, dunque nell'assetto previgente alla sopraggiunta
riforma operata dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, c.d. legge  Delrio)
e i Sindaci (sia pure con popolazione superiore ai  15.000  abitanti,
con graduazione del limite per quelli con  popolazione  compresa  tra
5.000 e 15.000), l'attuale previsione del superamento di tale  limite
per il Presidente della Provincia autonoma di  Trento  configura  una
palese violazione del principio di uguaglianza tra tutti i  cittadini
che si candidano a  rivestire  corrispondenti  cariche  sul  medesimo
territorio italiano. 
    Tanto  cio'  e'  vero  che  l'art.  14  della  legge   elettorale
provinciale del 2003 - e cioe' della legge provinciale 5 marzo  2003,
n. 2 (Norme per  l'elezione  diretta  del  Consiglio  provinciale  di
Trento  e  del  Presidente  della  Provincia)  nella  sua  originaria
formulazione, aveva coerentemente con il sistema  stabilito  «Non  e'
immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Provincia
chi sia stato eletto alla carica nelle due  precedenti  consultazioni
elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno quarantotto mesi
anche non  continuativi.  Questa  disposizione  si  applica  ai  soli
presidenti eletti a suffragio universale diretto.». 
    La previsione della Provincia autonoma del limite dei due mandati
consecutivi, nell'originaria versione  della  legge  provinciale  del
2003 era dunque la sola legittima perche' in linea: 
        con  il  limite  vigente  per  i  Sindaci  e  Presidenti   di
Provincia; 
        con limite previsto per il Presidente della Regione Siciliana
per effetto del richiamato  art.  1  della  legge  costituzionale  31
gennaio 2001; 
        con il limite previsto dall'art. 2, comma 1, lettera f) della
legge 2 luglio 2004, n. 165, recante, come visto,  il  principio  del
divieto di terzo mandato per i  Presidenti  delle  Regioni  eletti  a
suffragio universale e diretto. 
    In tale situazione, la legge provinciale impugnata, nell'ampliare
il limite dei mandati consecutivi a tre, per  un  organo  monocratico
eletto a suffragio  universale  diretto,  dotato  di  ampi  poteri  e
nell'ambito di  un  vasto  ambito  territoriale,  appare  ictu  oculi
incoerente ed irragionevole rispetto al limite che, invece, opera per
tutte le altre cariche monocratiche di  Governo  parimenti  elette  a
suffragio universale (quali i Presidenti delle Regioni  e  i  Sindaci
dei comuni sopra i 15.000 abitanti). 
    L'art. 14, comma 2, citato,  nella  sua  nuova  formulazione  che
scaturisce dalla legge provinciale impugnata, da' vita ad un  assetto
che in definitiva  pregiudica  i  fondamentali  diritti  politici  da
assicurare a tutti i cittadini sull'intero  territorio  italiano  per
mezzo di  una  disciplina  del  numero  dei  mandati  consecutivi  di
Presidente della Provincia  autonoma  ingiustificatamente  eccentrico
rispetto  alle  previsioni  unitariamente  fissate  dalla   normativa
statale; esso, configura, dunque, una palese violazione del principio
di uguaglianza  ex  art.  3  della  Costituzione,  nella  particolare
declinazione in relazione all'accesso alle cariche pubbliche elettive
di cui all'art. 51 della Costituzione, con i ripercorsi  addentellati
lesivi anche a carico dell'elettorato attivo  radicato  nell'art.  48
della Costituzione. 
    Alla luce di quanto sopra esposto l'art. 14, comma 2, della legge
elettorale della Provincia autonoma di Trento 5  marzo  2003,  n.  2,
come modificato dalla legge impugnata del 18 aprile 2025, risulta  in
contrasto  con  l'art.  47,  secondo   comma,   dello   Statuto   del
Trentino-Alto Adige, e con articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione. 

(1) Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e' stato approvato
    con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5,  ricomposto  nel
    decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 e,
    poi, modificato, da ultimo dalla legge costituzionale n.  2/2001.
    L'art 47, comma 2, dello statuto  come  introdotto  dall'art.  4,
    comma 1, lettera v), della legge costituzionale 31 gennaio  2001,
    n. 2, dispone: «In armonia  con  la  Costituzione  e  i  principi
    dell'ordinamento giuridico  della  Repubblica,  con  il  rispetto
    degli  obblighi  internazionali  e  con  l'osservanza  di  quanto
    disposto dal presente Capo, la legge provinciale,  approvata  dal
    Consiglio  provinciale  con  la  maggioranza  assoluta  dei  suoi
    componenti, determina la forma  di  Governo  della  Provincia  e,
    specificatamente,  le  modalita'  di   elezione   del   Consiglio
    provinciale, del Presidente della Provincia e degli assessori,  i
    rapporti tra gli  organi  della  Provincia,  la  presentazione  e
    l'approvazione della mozione motivata di sfiducia  nei  confronti
    del Presidente della Provincia, i casi di  ineleggibilita'  e  di
    incompatibilita' con le predette cariche, nonche' l'esercizio del
    diritto di iniziativa popolare  delle  leggi  provinciali  e  del
    referendum provinciale abrogativo, propositivo e  consultivo.  Al
    fine di conseguire l'equilibrio della rappresentanza  dei  sessi,
    la medesima legge promuove condizioni di  parita'  per  l'accesso
    alle consultazioni elettorali. Le  dimissioni  contestuali  della
    maggioranza dei componenti il Consiglio provinciale comportano lo
    scioglimento del Consiglio stesso e  l'elezione  contestuale  del
    nuovo Consiglio e del Presidente della  Provincia,  se  eletto  a
    suffragio universale e diretto. Nel caso  in  cui  il  Presidente
    della  Provincia  sia  eletto  dal  Consiglio   provinciale,   il
    Consiglio e' sciolto quando non sia in grado  di  funzionare  per
    l'impossibilita' di formare una maggioranza entro novanta  giorni
    dalle elezioni o dalle dimissioni del Presidente stesso» 

(2) Significativi sono a riguardo i punti da 5  a  7  della  sentenza
    della  Corte  60/2023  che  per  comodita'  di  consultazione  si
    riportano:  «5.  Nel  merito,  la   questione   di   legittimita'
    costituzionale dell'art. 1 della legge reg.  Sardegna  n.  9  del
    2022 e' fondata, per violazione dell'art. 3,  lettera  b),  dello
    statuto  speciale  e  degli  articoli  3  e  51   Cost.   6.   La
    giurisprudenza di questa Corte  ha  costantemente  ricondotto  la
    disciplina che regola - nelle regioni ad autonomia speciale -  le
    elezioni degli enti  locali,  e  le  relative  ineleggibilita'  e
    incompatibilita',  alla  competenza  statutaria  in  materia   di
    ordinamento degli enti locali  e  delle  relative  circoscrizioni
    (quanto alla disciplina elettorale: sentenze n. 168 del 2018,  n.
    48 del 2003, n. 230 del 2001, n. 84 del 1997, n. 96 del 1968 e n.
    105 del 1957; quanto  a  quella  in  tema  di  ineleggibilita'  e
    incompatibilita': sentenze n. 283 del 2010, n. 288 del  2007,  n.
    189 del 1971 e n. 108 del 1969). Alla stessa materia  sono  state
    altresi' ascritte  le  disposizioni  che  pongono  un  limite  ai
    mandati consecutivi alla carica di assessore (sentenza n. 133 del
    1997). Si tratta, in particolare per quanto riguarda  la  Regione
    autonoma Sardegna, di una competenza  statutaria  da  esercitarsi
    «(i)n armonia con la Costituzione e i  principi  dell'ordinamento
    giuridico  della  Repubblica  e  col  rispetto   degli   obblighi
    internazionali e degli interessi nazionali, nonche'  delle  norme
    fondamentali delle riforme  economico-sociali  della  Repubblica»
    (cosi', l'art. 3 dello statuto speciale). Intervenendo sui limiti
    che le regioni ad autonomia speciale incontrano nel  disciplinare
    la  materia  elettorale  e  le   cause   di   ineleggibilita'   e
    incompatibilita' alle cariche elettive, sia locali sia regionali,
    questa Corte ha particolarmente insistito sul necessario rispetto
    del principio  di  eguaglianza  sancito,  quanto  al  diritto  di
    elettorato passivo, dall'art. 51, primo comma, Cost., secondo cui
    «(t)utti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere
    agli uffici pubblici e alle cariche  elettive  in  condizioni  di
    eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla  legge».  Si  e'
    cosi'  affermato  che  la  potesta'  legislativa  primaria  delle
    regioni ad autonomia speciale deve «svolgersi in armonia  con  la
    Costituzione  e  i  principi  dell'ordinamento  giuridico   della
    Repubblica, nonche' delle altre disposizioni  dello  statuto  (da
    ultimo, sentenza n. 143 del 2010). Di modo  che  l'esercizio  del
    potere  legislativo  anche  da  parte  delle  Regioni  a  statuto
    speciale in ambiti, pur ad esse affidati  in  via  primaria,  che
    concernano la ineleggibilita' e la incompatibilita' alle  cariche
    elettive, incontra necessariamente il  limite  del  rispetto  del
    principio  di  eguaglianza  specificamente  sancito  in   materia
    dall'art. 51 Cost.» (sentenza n. 277 del 2011).  Si  e'  altresi'
    precisato che «il riconoscimento di tali  limiti  non  vuol  dire
    disconoscere la potesta' legislativa primaria di cui e'  titolare
    la Regione, ma significa  tutelare  il  fondamentale  diritto  di
    elettorato passivo,  trattandosi  "di  un  diritto  che,  essendo
    intangibile nel suo contenuto di valore, puo'  essere  unicamente
    disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al
    fine di realizzare  altri  interessi  costituzionali  altrettanto
    fondamentali e generali, senza porre discriminazioni  sostanziali
    tra cittadino e cittadino, qualunque sia la Regione o il luogo di
    appartenenza" (cfr.  ex  plurimis  sentenza  n.  235  del  1988)»
    (sentenza n. 143 del 2010; in termini, sentenze n. 288 del  2007,
    n. 539 del 1990 e n. 189 del 1971). Si e' anche sottolineato, con
    specifico riferimento all'accesso alle cariche  elettive  locali,
    che questa uniformita'  di  disciplina  e'  intimamente  connessa
    all'identita' di interessi che comuni  e  province  rappresentano
    riguardo alle  rispettive  comunita'  locali,  qualunque  sia  la
    regione in cui gli enti locali si trovino (sentenze  n.  288  del
    2007 e n. 539 del 1990). Su queste basi,  sono  state  dichiarate
    costituzionalmente illegittime sia la introduzione  di  «nuove  o
    diverse cause di ineleggibilita' [...], sia  la  previsione  come
    causa  di  ineleggibilita'  di  situazioni  previste  a   livello
    nazionale come cause di incompatibilita' o di anomale  discipline
    della incompatibilita' [...], sia la mancata previsione di  cause
    di ineleggibilita' presenti nella legislazione statale» (sentenza
    n. 288 del 2007; in termini identici, sentenze n. 539 del 1990  e
    n. 189 del  1971).  Questa  Corte  ha  anche  chiarito  che  alla
    specifica esigenza di uniformita', cosi' affermata, le regioni  a
    statuto  speciale  possono   derogare   solo   in   presenza   di
    «particolari situazioni ambientali» (sentenza n. 283 del 2010)  o
    «condizioni peculiari locali» (sentenze n. 143 del 2010 e n.  276
    del  1997),  o  «condizioni  locali   del   tutto   peculiari   o
    eccezionali» (sentenza n. 539 del 1990), ossia  «in  presenza  di
    situazioni concernenti categorie  di  soggetti,  le  quali  siano
    esclusive» per la  regione  ad  autonomia  speciale,  «ovvero  si
    presentino diverse, messe a raffronto con  quelle  proprie  delle
    stesse categorie di soggetti nel restante  territorio  nazionale»
    (sentenza n. 288 del 2007; in termini identici, sentenza  n.  108
    del 1969), o, ancora, «solo per particolari categorie di soggetti
    che siano esclusive della Regione» (sentenza n. 189 del 1971).  A
    tale    stregua,    sono    state    eccezionalmente     ritenute
    costituzionalmente legittime discipline  d'accesso  alle  cariche
    elettive locali  della  Regione  Siciliana  piu'  restrittive  di
    quella  nazionale,  in  ragione   delle   «peculiari   condizioni
    dell'amministrazione locale siciliana, caratterizzata da fenomeni
    particolarmente gravi di pressione della criminalita' organizzata
    sulle amministrazioni pubbliche» e  del  «numero  e  gravita'  di
    episodi di illegalita' amministrativa riscontrati in tale ambito»
    (sentenza n. 288 del 2007); ovvero  in  ragione  delle  «rilevate
    connessioni  fra  criminalita'  di  tipo   mafioso   e   ambiente
    politico», nello «specifico  ambiente»  del  mercato  del  lavoro
    siciliano (sentenza n. 539 del 1990;  in  termini  analoghi,  con
    riferimento alle cariche elettive regionali, sentenza n. 127  del
    1987). 7. Alla competenza fin  qui  considerata  sono  ovviamente
    riconducibili anche le disposizioni, quale quella impugnata,  che
    pongono un limite ai  mandati  consecutivi  dei  sindaci:  ma  la
    questione centrale posta dal ricorso odierno e' se  la  normativa
    statale  in  materia,  invocata  dal  ricorrente,  sia  idonea  a
    riempire di contenuto il principio  di  cui  all'art.  51  Cost.,
    fungendo cosi' da limite alla menzionata competenza. La  risposta
    deve essere positiva. Non solo  non  sono  convincenti,  come  si
    dira',  le  motivazioni  addotte  dalla  Regione  resistente  per
    sottrarre  la  disposizione  impugnata  allo  specifico   statuto
    costituzionale cui  soggiace  la  generale  disciplina  regionale
    d'accesso alle cariche elettive  locali;  ma  gli  argomenti  per
    ricondurla   entro   tale   regime   risultano    particolarmente
    stringenti.  Infatti,  come  emergera'  anche   all'esito   della
    ricognizione dell'evoluzione  normativa  riferita  al  limite  ai
    mandati consecutivi dei sindaci, alla luce  della  giurisprudenza
    comune che ne ha ricostruito le rationes, il limite in  questione
    incide sulle condizioni di accesso alla carica apicale  dell'ente
    locale, con rilevanti ricadute sull'assetto complessivo dell'ente
    medesimo, e individua un punto di equilibrio tra plurime esigenze
    di  rilievo  costituzionale.   Per   tali   ragioni,   anche   le
    disposizioni come quella impugnata  devono  essere  conformi  «ai
    principi della legislazione statale, a causa  della  esigenza  di
    uniformita' in  tutto  il  territorio  nazionale  (...)  giacche'
    proprio il principio di cui all'art. 51 Cost. svolge il ruolo  di
    garanzia  generale   di   un   diritto   politico   fondamentale,
    riconosciuto    ad    ogni    cittadino    con    i     caratteri
    dell'inviolabilita' (ex art. 2 Cost.: sentenze n. 25 del 2008, n.
    288 del 2007 e n. 539 del 1990)» (sentenza n. 277 del 2011)» 

 
                              P. Q. M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimo   e    conseguentemente
annullare l'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma
di Trento pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione  autonoma
del Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 16  del  18  aprile  2025  per  i
motivi illustrati nel presente ricorso. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
        1. attestazione della delibera del Consiglio dei ministri del
19 maggio 2025 con allegata relazione; 
        2. legge impugnata. 
          Roma, 19 maggio 2025 
 
                  l'Avvocato dello Stato: De Bonis 
 
          Il vice Avvocato generale dello Stato: Di Martino