Reg. Ric. n. 22 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 04/06/2025 n. 23
Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri
Resistenti: Regione autonoma Valle d'Aosta
Oggetto:
Enti locali – Organi di governo – Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta – Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 – Durata del mandato del sindaco, del vicesindaco e del Consiglio comunale e limitazione dei mandati – Previsione che chi ha ricoperto per quattro mandati consecutivi la carica di sindaco o quella di vicesindaco nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non è, allo scadere del quarto mandato, immediatamente ricandidabile alla medesima carica – Previsione che è consentito un quinto mandato consecutivo se uno dei quattro mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che indebitamente limita l’elettorato passivo e il diritto dei cittadini a scegliere la persona del sindaco, prevedendo la sola possibilità di quattro mandati nei comuni sino a 5.000 abitanti, in spregio a quanto stabilito dalla normativa statale interposta – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane – Assenza di una giustificazione riconducibile a una situazione speciale della Regione autonoma Valle d’Aosta – Lesione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza – Disparità di trattamento rispetto al restante territorio nazionale in difetto di situazioni obiettivamente differenziate – Violazione del principio di democraticità della Repubblica, fondata sulle autonomie locali – Eccedenza dalle competenze statutarie.
- Legge della Regione Valle d’Aosta 3 marzo 2025, n. 4, art. 3, comma 4, che ha inserito, nella legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54, all’art. 30-bis, dopo il comma 2-bis, il comma 2-ter.
- Costituzione, artt. 1, 3, 51, 114, primo comma, e 117, secondo comma, lettera p); legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), art. 2, lettera b); decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 51.
Enti locali – Organi di governo – Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta - Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 - Composizione e modalità di nomina della Giunta comunale – Previsione che la Giunta è composta dal sindaco, che la presiede, dal vicesindaco e da un numero di assessori, scelti tra i consiglieri comunali, stabilito sulla base dei valori percentuali definiti dalla Giunta regionale – Previsione che non è, in ogni caso, ammessa la nomina di cittadini non facenti parte del Consiglio comunale alla carica di assessore - Ricorso del Governo – Disciplina che, introducendo il divieto assoluto di scegliere gli assessori al di fuori dei consiglieri comunali, indebitamente comprime l’autonomia decisionale dei sindaci nei comuni maggiori e l’autonomia statutaria dei comuni minori – Introduzione di una limitazione che integra un ostacolo al buon andamento dell’organizzazione amministrativa – Contrasto con le norme statali che presentano una portata di principio generale – Violazione dello statuto – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane – Compressione del diritto di qualsiasi cittadino di concorrere alla cosa pubblica in qualità di assessore comunale – Introduzione di regime differenziato di scelta degli assessori comunali differenziato rispetto all’equilibrato regime vigente nel resto del territorio nazionale, in assenza di ragioni per trattare diversamente i comuni della Valle d’Aosta da tutti gli altri comuni italiani – Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza.
- Legge della Regione Valle d’Aosta 3 marzo 2025 n. 4, art. 3, comma 1, che ha sostituito l’art. 22, commi 1 e 7, della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54.
- Costituzione, artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera p); legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), artt. 1 e 2, lettera b); decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, artt. 47, commi 3 e 4, e 64, comma 4.
Enti locali – Organi di governo – Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta – Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 - Composizione e modalità di nomina della Giunta comunale – Previsione che non possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del sindaco e del vicesindaco – Ricorso del Governo – Denunciata scelta del legislatore regionale di estendere anche ai familiari del vicesindaco, sia pure nei previsti limiti, l’incompatibilità alla carica di assessore, che confligge per eccesso rispetto all’equilibrato bilanciamento delineato dal legislatore statale tra valori costituzionalmente rilevanti – Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, non sussistendo ragioni per trattare diversamente i comuni della Valle d’Aosta da tutti gli altri comuni italiani – Violazione delle norme statutarie, atteso il contrasto con norme statali che esprimono un principio generale – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane – Contrasto con il principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, visto il potenziale conflitto di interessi nella gestione del comune e in relazione al vicesindaco, poiché ravvisa a priori un pericolo di conflitto dove questo non sussiste – Compressione del diritto di qualsiasi cittadino di concorrere alla cosa pubblica in qualità di assessore comunale.
- Legge della Regione Valle d’Aosta 3 marzo 2025 n. 4, art. 3, comma 1, che ha sostituito l’art. 22, comma 6, della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54.
- Costituzione, artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera p); legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), artt. 1 e 2, lettera b); decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 64, comma 4.
Norme impugnate:
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta del 03/03/2025 Num. 4 Art. 3 Co. 1
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta del 03/03/2025 Num. 4 Art. 3 Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 1 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 51 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 114 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
Statuto speciale per la Valle d’Aosta Art. 1 Co.
Statuto speciale per la Valle d’Aosta Art. 2 Co.
decreto legislativo Art. 47 Co. 3
decreto legislativo Art. 47 Co. 4
decreto legislativo Art. 51 Co.
decreto legislativo Art. 64 Co. 4
Udienza Pubblica del 02/12/2025 rel. LUCIANI
Testo dell'ricorso
N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 maggio 2025 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 maggio 2025 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Enti locali - Organi di governo - Norme della Regione autonoma Valle d'Aosta - Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 - Durata del mandato del sindaco, del vicesindaco e del Consiglio comunale e limitazione dei mandati - Previsione che chi ha ricoperto per quattro mandati consecutivi la carica di sindaco o quella di vicesindaco nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non e', allo scadere del quarto mandato, immediatamente ricandidabile alla medesima carica - Previsione che e' consentito un quinto mandato consecutivo se uno dei quattro mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie - Composizione e modalita' di nomina della Giunta comunale - Previsione che la Giunta e' composta dal sindaco, che la presiede, dal vicesindaco e da un numero di assessori, scelti tra i consiglieri comunali, stabilito sulla base dei valori percentuali definiti dalla Giunta regionale - Previsione che non e', in ogni caso, ammessa la nomina di cittadini non facenti parte del Consiglio comunale alla carica di assessore - Previsione che non possono far parte della Giunta comunale il coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del sindaco e del vicesindaco. - Legge della Regione Valle d'Aosta 7 dicembre 1998, n. 54 (Sistema delle autonomie in Valle d'Aosta), artt. 22, commi 1, 6 e 7; e 30-bis, comma 2-ter, come, rispettivamente, modificati dai commi 1 e 4 dell'art. 3 della legge regionale 3 marzo 2025 n. 4 (Disposizioni urgenti per lo svolgimento contestuale, nell'anno 2025, delle elezioni regionali e generali comunali. Modificazioni di leggi regionali in materia di enti locali); nonche' art. 3, commi 1 e 4, della legge regionale n. 4 del 2025, nella parte in cui ha modificato gli artt. 30-bis e 22 della legge regionale n. 54 del 1998. (GU n. 23 del 04-06-2025) Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587) presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000); Contro la Regione autonoma della Valle d'Aosta in persona del Presidente pro tempore; Per la dichiarazione, giusta delibera del Consiglio dei ministri del 19 maggio 2025 di illegittimita' costituzionale dell'art. 30-bis, comma 2-ter, della legge Regione Valle d'Aosta n. 54/1998 come modificato dall'art. 3, comma 4 della legge regionale del 3 marzo 2025, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 15 del 18 marzo 2025; e dell'art. 22, commi 1, 6 e 7 della legge Regione Valle d'Aosta n. 54/1998 come modificato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale del 3 marzo 2025, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 15 del 18 marzo 2025; nonche' in ogni caso per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 4 della legge regionale n. 4/2025 nella parte in cui ha modificato gli articoli 30-bis e 22 legge regionale n. 54/1998. Fatto L'art. 3, comma 4, della legge regionale della Valle d'Aosta n. 4/2025 ha disposto: «4. Dopo il comma 2-bis dell'art. 30-bis della legge regionale n. 54/1998, come inserito dal comma 3, e' inserito il seguente: "Chi ha ricoperto per quattro mandati consecutivi la carica di sindaco o quella di vicesindaco nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non e', allo scadere del quarto mandato, immediatamente ricandidabile alla medesima carica. E' consentito un quinto mandato consecutivo se uno dei quattro mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie".» Sempre l'art. 3 della legge regionale n. 4/2025 ha disposto, per quanto qui interessa (enfasi aggiunte), che «L'art. 22 della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54 (sistema delle autonomie in Valle d'Aosta), e' sostituito dal seguente: "Art. 22 (composizione e modalita' di nomina della Giunta comunale) 1. La Giunta e' composta dal sindaco, che la presiede, dal vicesindaco e da un numero di assessori, scelti tra i consiglieri comunali, stabilito sulla base dei valori percentuali definiti dalla Giunta regionale ... 6. Non possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del sindaco e del vicesindaco. 7. Non e' in ogni caso ammessa la nomina di cittadini non facenti parte del consiglio comunale alla carica di assessore"». All'esame delle censure di illegittimita' costituzionale che seguono, va premesso il quadro di principio ormai definitivamente delineato da codesta Corte costituzionale a proposito del rapporto tra la competenza legislativa statale in materia di ordinamento e di organi di Governo degli enti locali e la competenza legislativa primaria spettante nella stessa materia alle regioni a statuto speciale. Tale quadro risulta dalla sentenza n. 60/2023 di codesta Corte, in cui sinteticamente (si citano le massime ufficiali) si e' stabilito quanto segue: «Il diritto fondamentale di elettorato passivo, intangibile nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. A tale esigenza di uniformita' di disciplina, le regioni a statuto speciale possono derogare solo in presenza di particolari situazioni ambientali, condizioni peculiari locali o eccezionali ovvero di situazioni concernenti categorie di soggetti esclusive o diverse da quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale. (Precedenti: S. 283/2010 - mass. 34931; S. 143/2010 - mass. 34595; S. 288/2007 - mass. 31579; S. 276/1997 - mass. 23430; S. 539/1990 - mass. 16699; S. 235/1988 - mass. 10490; S.127/1987 - mass. 4199; S. 189/1971 - mass. 5788; S. 108/1969 - mass. 3331). Nelle regioni ad autonomia speciale la disciplina che regola le elezioni degli enti locali e le relative ineleggibilita' e incompatibilita' e le disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi alla carica di assessore vanno ricondotte alla competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni. Detta potesta' legislativa primaria deve svolgersi in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche' delle altre disposizioni dello statuto, di modo che l'esercizio del potere legislativo nelle citate materie incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito, quanto al diritto di elettorato passivo, dall'art. 51, primo comma, della Costituzione (Precedenti: S. 168/2018 - mass. 40129; S. 277/2011; S. 283/2010 - mass. 34931; S. 143/2010; S. 288/2007 - mass. 31579; S. 48/2003 - mass. 27575, S. 230/2001 - mass. 26399; S. 133/1997 - mass. 23241; S. 84/1997; S. 189/1971 - mass. 5788; S. 108/1969 - mass. 3331; S. 96/1968; S. 105/1957 - mass. 460). Cio' premesso, in relazione alle modifiche all'art. 30-bis, legge regionale n. 54/1998 introdotte dall'art. 3, comma 4 della legge regionale n. 4/2025, si deducono i seguenti Motivi 1. Violazione degli articoli 1 e 2, lettera b) legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (statuto della Valle d'Aosta); e degli articoli 3, 51, 117, comma 2, lettera p) della Costituzione; 51, comma 2, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). Le disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi dei sindaci devono essere conformi ai principi della legislazione statale, in ragione dell'esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale giacche' il principio di cui all'art. 51 della Costituzione svolge il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilita'. L'art. 51 Testo unico enti locali, che introduce una limitazione al diritto di elettorato passivo, e' giustificato dal concorrere di ulteriori interessi, tutti parimenti meritevoli di considerazione, destinati ad operare in armonia con l'art. 51 della Costituzione, in base ad uno specifico punto di equilibrio la cui individuazione deve essere lasciata nelle mani del legislatore statale». L'art. 3, comma 4, regionale n. 4/2025 viola l'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione nonche' l'art. 3 della Costituzione in quanto crea disparita' di trattamento rispetto al restante territorio nazionale, ed eccede le competenze statutarie della Regione Valle D'Aosta. Per le medesime ragioni viola l'art. 2, lettera b) dello statuto, che attribuisce alla Regione la competenza in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», ma «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica». L'art. 3, comma 4 cit. si pone, appunto, in contrasto con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico, come si passa ad illustrare. Va in primo luogo ricordato che la recente normativa statale dettata dall'art 51 del TUEL decreto legislativo n. 267/2000 dispone come di seguito (enfasi aggiunta): «1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque anni. 2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non e', allo scadere del secondo mandato, immediatamente ricandidabile alle medesime cariche. Per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del terzo mandato. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non si applicano ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.» L'art. 51 del TUEL stabilisce quindi, a seguito della modifica in vigore dal 30 gennaio 2024, che per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti non vi e' alcun limite per i mandati consecutivi del sindaco. La ratio di tale disposizione si riscontra nella necessita' di assicurare la candidatura e l'elezione del sindaco nei comuni in cui per l'esiguo numero di abitanti cio' puo' essere molto difficile, con conseguente rischio della nomina di un commissario in mancanza di candidati. L'art. 30-bis della legge regionale Valle d'Aosta come modificato dall'art. 3, comma 4 della legge n. 4/2025 in esame si pone in contrasto con l'art 51 del TUOEL in quanto prevede in difformita' con la legge statale che, dopo quattro mandati consecutivi, nei comuni fino a cinquemila abitanti non si puo' essere candidati sindaco. Considerata l'entrata in vigore dal 30 gennaio 2024 della ricordata riforma dell'art. 51 del TOUEL, che per i comuni fino a 5000 abitanti non pone limiti alla candidabilita', e' palese quindi l'illegittimita' della previsione dell'art 30-bis della legge regionale n. 54/1998 introdotta dall'art. 3, comma 4 della legge regionale in esame, in quanto pone un limite alla candidabilita' a sindaco dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, fissando un numero limitato di quattro mandati anziche', come previsto dalla legge statale, un numero non limitato di mandati. E' evidente come la disposizione impugnata limiti indebitamente l'elettorato passivo con il prevedere la sola possibilita' di quattro mandati nei comuni con popolazione fino a 5000 abitanti. Va subito osservato che la citata disposizione del TUEL introduce norme fondamentali di riforma economica sociale e comunque di principi generali dell'ordinamento costituzionale, che costituiscono un limite inderogabile anche per la potesta' legislativa prevista dallo statuto della Regione Valle d'Aosta, in quanto poste a presidio; a) della uniformita' della disciplina degli organi di Governo degli enti locali sull'intero territorio nazionale; b) della democraticita' dell'ordinamento degli enti locali. La norma statale di cui all'art. 51, comma 2, ultima parte, decreto legislativo n. 267/2000 esprime un principio fondamentale in quanto, come detto, muove dalla indiscutibile considerazione che nei piccoli comuni puo' essere spesso impossibile, reperire candidati a sindaco. In tal modo, tali comuni vengono messi nella condizione di subire commissariamenti che possono protrarsi per anni. Questa obiettiva situazione determina la prevalenza del principio di elettivita' e democraticita' di cui all'art. 51 della Costituzione nel senso di non porre limiti alla candidabilita', rispetto all'opposta declinazione del principio volta a porre limiti alla candidabilita' in vista dell'obiettivo di assicurare il ricambio della classe politica locale. Orbene, l'art. 2, lettera b) dello statuto di autonomia della Regione attribuisce a questa la competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», che, pero', va esercitata «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica»; mentre l'art. 1 dello statuto prevede che la Regione «e' costituita in Regione autonoma, fornita di personalita' giuridica, entro l'unita' politica della Repubblica italiana, una e indivisibile, sulla base dei principi della Costituzione e secondo il presente statuto.» Cio' implica che la Regione, allorche' disciplina l'ammissione alle cariche amministrative negli enti locali, come quella di assessore, deve attenersi al quadro di principio che emerge in materia dalla Costituzione e dalla legislazione statale. Ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera p), la legislazione in materia di «legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane» compete, infatti, in via esclusiva allo Stato. La legislazione primaria concessa in materia alle regioni a statuto speciale non puo' quindi porti in contrasto con i principi fondanti della legislazione statale. L'ordinamento degli enti locali, in particolare per quanto riguarda gli organi di Governo, attiene ad un oggetto che per sua natura deve essere conformato dal legislatore di qualsiasi livello in modo unitario per tutto il territorio nazionale, dato che il ruolo costitutivo degli enti locali, e in particolare dei comuni, rispetto all'ordinamento generale della Repubblica e' il medesimo, indivisibilmente, in ogni parte di questa (articoli 1, statuto Valle d'Aosta e 114, comma 1, della Costituzione); sicche' identiche o sostanzialmente analoghe sono in ogni parte del territorio nazionale le funzioni degli enti locali. All'unitarieta' funzionale dei comuni su tutto il territorio nazionale deve, quindi, corrispondere l'unitarieta' organizzativa, che costituisce il riflesso di quelle funzioni e ne garantisce il buon andamento ai sensi dell'art. 97 della Costituzione. Lo spazio di autonomia del legislatore regionale e', di conseguenza, in materia circoscritto ad aspetti di carattere specifico, che evidenzino eventuali peculiarita' locali, mentre non puo' contraddire quanto previsto in materia dal legislatore statale a proposito degli aspetti generali, o comunque non legati alle particolarita' locali. Per verificare la coerenza della legislazione regionale, anche delle regioni a statuto speciale, con la legislazione statale in materia di organi di Governo degli enti locali, e' quindi necessario verificare se gli aspetti toccati dal legislatore regionale siano gia' disciplinati dalla legge statale, e in tal caso, in qual modo siano disciplinati. In questa prospettiva, la legislazione statale sull'ordinamento diviene una fonte interposta, che va ad integrare i parametri costituzionali costituiti, da un lato, dalle norme statutarie (come nel presente caso dall'art. 2, lettera b) statuto Valle d'Aosta) e, dall'altro, dalle norme costituzionali, in particolare gli articoli 117, comma 2, lettera p), 114, comma 1 e 51 della Costituzione. Si e' visto che la legislazione statale disciplina il punto, prevedendo che non vi sia limite ai mandati a sindaco dei comuni con popolazione fino a 5000 abitanti. La disposizione regionale si pone, cosi', in palese contrasto con la norma interposta. Sotto quest'ultimo profilo, la norma impugnata viola pertanto anche gli articoli 1 e 114 della Costituzione (principio di democraticita' della Repubblica fondata sulle autonomie locali), sempre in combinazione con l'art. 2, lettera b), statuto. La disposizione regionale si pone quindi in contrasto con il novellato art. 51 del TUEL, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione in materia di legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane. La disposizione dell'art. 3 in esame, inoltre, eccede dalle competenze statutarie della Regione Valle d'Aosta in quanto, pur riconoscendo alla medesima - al pari delle altre regioni a statuto speciale - ai sensi dell'articolo del proprio statuto (legge costituzionale n. 4/1948) la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, e' pacifico che tale competenza legislativa deve essere esercitata in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. In proposito, codesta ecc.ma Corte costituzionale, con riferimento alla materia elettorale regionale e locale, ha piu' volte affermato che «il disegno costituzionale presuppone livelli di Governo che abbiano una disciplina uniforme, almeno con riferimento agli aspetti essenziali» (ex plurimis, sentenza n. 50 del 2015). In particolare, nella sentenza n. 143 del 2010, la Corte ha chiarito che: «Questa Corte, attraverso una costante giurisprudenza, non di rado relativa a leggi della stessa Regione Siciliana, ha affermato che l'esercizio del potere legislativo da parte delle regioni in ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano la ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito in materia dall'art. 51 della Costituzione. In quest'ambito, di recente, la sentenza n. 288 del 2007 ha affermato che "questa Corte in specifico riferimento alla potesta' legislativa esclusiva della Regione Siciliana in tema di ineleggibilita' ed incompatibilita' dei consiglieri degli enti locali (di cui agli articoli 14, lettera o, e 15, terzo comma, dello statuto) ha in molte occasioni affermato che "la disciplina regionale d'accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale discendente dall'identita' di interessi che comuni e province rappresentano riguardo alle rispettive comunita' locali, quale che sia la Regione di appartenenza". Codesta Corte costituzionale ha altresi' affermato che "discipline differenziate sono legittime sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee a giustificare il trattamento privilegiato riconosciuto dalle disposizioni censurate" (ex multis, Corte costituzionale, sentenza n. 143 del 2010) o quando vi sia la "necessita' di adattare la disciplina normativa alle particolari esigenze locali" (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 82 del 1982). Inoltre, la Corte, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge regionale siciliana approvata il 14 ottobre 1993, recante "Norme integrative delle disposizioni di cui all'art. 2 della legge regionale 10 settembre 1993, n. 26", ha statuito che "discipline differenziate in tema di elettorato passivo adottate dalla Regione Siciliana possano essere non costituzionalmente illegittime in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale" (cfr sentenza n. 84 del 1994; e anche sentenze nn. 108 del 1969 e 171 del 1984, nonche' nn. 127 e 130 del 1987, 235 del 1988, 571 del 1989, 539 del 1990, 463 del 1992). Orbene, nella fattispecie in esame la disciplina prevista dalla legge regionale opera una restrizione dell'elettorato passivo a sindaco rispetto alla disciplina vigente nel territorio nazionale in base alla normativa statale. Tale diversita' non trova alcuna ragionevole giustificazione in una specialita' di situazione della Regione Valle d'Aosta; non si puo' certo sostenere che in questa sussistono minori difficolta' nella competizione elettorale per i comuni fino a 5000 abitanti, rispetto al restante territorio nazionale o, piu' in generale, che il principio di democraticita' della Repubblica e dei suoi enti locali debba in Valle d'Aosta essere applicato limitando l'elettorato passivo nei piccoli comuni. Da quanto esposto consegue che le previsioni dell'art. 30-bis della legge regionale n. 54/1998 come introdotte dall'art. 3, comma 4 della legge regionale in esame, si pongono in contrasto con la normativa statale di cui all'art 51 TUEL, e per questo violano l'art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, nonche' l'art. 3 della Costituzione e l'art. 2, lettera b) statuto speciale, in quanto la norma regionale crea disparita' di trattamento rispetto al restante territorio nazionale in difetto di situazioni obiettivamente differenziate, contrasta con il principio di democraticita' della Repubblica e dei suoi enti locali limitando l'elettorato passivo e, con esso, il diritto dei cittadini a scegliere la persona del sindaco, ed eccede quindi le competenze statutarie della Regione stessa. 2. Violazione degli articoli 1 e 2, lettera b) legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (statuto della Valle d'Aosta); e degli articoli 3, 97, 117, comma 2, lettera p) della Costituzione; 47, commi 3 e 4, 64, comma 4, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). 2.1. L'art. 3 della legge regionale n. 4/2025 ha disposto, per quanto qui interessa (enfasi aggiunte), che «L'art. 22 della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54 (sistema delle autonomie in Valle d'Aosta), e' sostituito dal seguente: "Art. 22 (composizione e modalita' di nomina della Giunta comunale) 1. La Giunta e' composta dal sindaco, che la presiede, dal vicesindaco e da un numero di assessori, scelti tra i consiglieri comunali, stabilito sulla base dei valori percentuali definiti dalla Giunta regionale ....6. Non possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del sindaco e del vicesindaco. 7. Non e' in ogni caso ammessa la nomina di cittadini non facenti parte del consiglio comunale alla carica di assessore"». All'esame delle censure di illegittimita' costituzionale che seguono, va premessa il quadro di principio ormai definitivamente delineato da codesta Corte costituzionale a proposito del rapporto tra la competenza legislativa statale in materia di ordinamento e di organi di Governo degli enti locali e la competenza legislativa primaria spettante nella stessa materia alle regioni a statuto speciale. Tale quadro risulta dalla sentenza n. 60/2023 di codesta Corte, in cui sinteticamente (si citano le massime ufficiali) si e' stabilito quanto segue: «Il diritto fondamentale di elettorato passivo, intangibile nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. A tale esigenza di uniformita' di disciplina, le regioni a statuto speciale possono derogare solo in presenza di particolari situazioni ambientali, condizioni peculiari locali o eccezionali ovvero di situazioni concernenti categorie di soggetti esclusive o diverse da quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale. (Precedenti: S. 283/2010 - mass. 34931; S. 143/2010 - mass. 34595; S. 288/2007 - mass. 31579; S. 276/1997 - mass. 23430; S. 539/1990 - mass. 16699; S. 235/1988 - mass. 10490; S.127/1987 - mass. 4199; S. 189/1971 - mass. 5788; S. 108/1969 - mass. 3331). Nelle regioni ad autonomia speciale la disciplina che regola le elezioni degli enti locali e le relative ineleggibilita' e incompatibilita' e le disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi alla carica di assessore vanno ricondotte alla competenza statutaria in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni. Detta potesta' legislativa primaria deve svolgersi in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche' delle altre disposizioni dello statuto, di modo che l'esercizio del potere legislativo nelle citate materie incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito, quanto al diritto di elettorato passivo, dall'art. 51, primo comma, della Costituzione (Precedenti: S. 168/2018 - mass. 40129; S. 277/2011; S. 283/2010 - mass. 34931; S. 143/2010; S. 288/2007 - mass. 31579; S. 48/2003 - mass. 27575, S. 230/2001 - mass. 26399; S. 133/1997 - mass. 23241; S. 84/1997; S. 189/1971 - mass. 5788; S. 108/1969 - mass. 3331; S. 96/1968; S. 105/1957 - mass. 460). Le disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi dei sindaci devono essere conformi ai principi della legislazione statale, in ragione dell'esigenza di uniformita' in tutto il territorio nazionale giacche' il principio di cui all'art. 51 della Costituzione svolge il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell'inviolabilita'. L'art. 51 Testo unico enti locali, che introduce una limitazione al diritto di elettorato passivo, e' giustificato dal concorrere di ulteriori interessi, tutti parimenti meritevoli di considerazione, destinati ad operare in armonia con l'art. 51 della Costituzione, in base ad uno specifico punto di equilibrio la cui individuazione deve essere lasciata nelle mani del legislatore statale. (Precedenti: S. 277/2011; S. 25/2008; S. 288/2007; S. 539/1990 - mass. 16699).» 2.2. Come si vede, con la formulazione ora introdotta dei commi 1 e, soprattutto, 7 dell'art. 22, legge regionale n. 54/1998 la Regione ha inteso vietare in modo assoluto che gli assessori comunali siano scelti al di fuori dei consiglieri comunali. Questa previsione viola le norme costituzionali in rubrica. L'art. 2, lettera b) dello statuto di autonomia della Regione attribuisce, infatti, a questa la competenza legislativa primaria in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», che, pero', va esercitata «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica»; mentre l'art. 1 dello statuto prevede che la Regione «e' costituita in Regione autonoma, fornita di personalita' giuridica, entro l'unita' politica della Repubblica italiana, una e indivisibile, sulla base dei principi della Costituzione e secondo il presente Statuto.» Cio' implica che la Regione, allorche' disciplina l'ammissione alle cariche amministrative negli enti locali, come quella di assessore, deve attenersi al quadro di principio che emerge in materia dalla Costituzione e dalla legislazione statale. Ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera p), la legislazione in materia di «legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane» compete, infatti, in via esclusiva allo Stato. La legislazione primaria concessa in materia alle regioni a statuto speciale non puo' quindi porti in contrasto con i principi fondanti della legislazione statale. L'ordinamento degli enti locali, in particolare per quanto riguarda gli organi di Governo, attiene ad un oggetto che per sua natura deve essere conformato dal legislatore di qualsiasi livello in modo unitario per tutto il territorio nazionale, dato che il ruolo costitutivo degli enti locali, e in particolare dei comuni, rispetto all'ordinamento generale della Repubblica e' il medesimo, indivisibilmente, in ogni parte di questa (articoli 1, statuto Valle d'Aosta e 114, comma 1, della Costituzione); sicche' identiche o sostanzialmente analoghe sono in ogni parte del territorio nazionale le funzioni degli enti locali. All'unitarieta' funzionale dei comuni su tutto il territorio nazionale deve, quindi, corrispondere l'unitarieta' organizzativa, che costituisce il riflesso di quelle funzioni e ne garantisce il buon andamento ai sensi dell'art. 97 della Costituzione. Lo spazio di autonomia del legislatore regionale e', di conseguenza, in materia circoscritto ad aspetti di carattere specifico, che evidenzino eventuali peculiarita' locali, mentre non puo' contraddire quanto previsto in materia dal legislatore statale a proposito degli aspetti generali, o comunque non legati alle particolarita' locali. Per verificare la coerenza della legislazione regionale, anche delle regioni a statuto speciale, con la legislazione statale in materia di organi di governo degli enti locali, e' quindi necessario verificare se gli aspetti toccati dal legislatore regionale siano gia' disciplinati dalla legge statale, e in tal caso, in qual modo siano disciplinati. In questa prospettiva, la legislazione statale sull'ordinamento diviene una fonte interposta, che va ad integrare i parametri costituzionali costituiti, da un lato, dalle norme statutarie (come nel presente caso dall'art. 2, lettera b) statuto Valle d'Aosta) e, dall'altro, dalle norme costituzionali, in particolare gli articoli 117, comma 2, lettera p), 114, comma 1 e 97 della Costituzione. Orbene, a proposito della legittimazione alla nomina ad assessore comunale, la legge statale, nell'art. 47, commi 3 e 4 decreto legislativo n. 267/2000, prevede che «3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilita', eleggibilita' e compatibilita' alla carica di consigliere. 4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto puo' prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilita', eleggibilita' e compatibilita' alla carica di consigliere.» Come si vede, costituisce principio fondamentale della legislazione statale in materia garantire la possibilita' che gli assessori possano essere scelti anche al di fuori dei componenti del consiglio comunale. Tale possibilita' e' espressamente e inderogabilmente prevista dalla legge per quanto riguarda i comuni con popolazione superiore a 15000 abitanti, mentre e' rimessa allo statuto del comune stesso (e non certo della Regione in cui il comune si trova) per quanto riguarda i comuni con popolazione inferiore. Questo principio generale non puo' essere contraddetto dalla legislazione regionale, che e' quanto invece avviene con l'art. 22, commi 1 e, soprattutto, 7, dell'art. 22 legge regionale n. 54/1998, come sostituito dall'art. 3 della legge regionale n. 4/2025 qui impugnata. Si e' infatti visto che queste disposizioni pretendono di introdurre un divieto assoluto di scegliere gli assessori al di fuori dei consiglieri comunali. In tal modo sono violati sia il principio generale secondo cui deve essere garantita tale possibilita', senza limitare le facolta' del sindaco di scegliere gli assessori tra le persone che riscuotano la sua fiducia; sia il principio, parimenti generale, secondo cui nei comuni con popolazione pari o inferiore a 15000 abitanti spetta soltanto all'autonomia del comune stesso, mediante il proprio statuto, stabilire se accordare o escludere tale facolta' in capo al sindaco. In sostanza, con la disposizione impugnata la Regione ha indebitamente compresso l'autonomia decisionale dei sindaci nei comuni maggiori, e l'autonomia (statutaria) dei comuni minori, in merito alla scelta degli assessori. Evidente e' la violazione delle norme costituzionali e di legislazione ordinaria interposta sopra commentate. Non puo', infatti, dimostrarsi in alcun modo che l'obbligo di scegliere gli assessori tra i consiglieri comunali risponda ad una qualche particolarita' del territorio della Valle d'Aosta rispetto al restante territorio nazionale. Non vi e' alcun motivo di ritenere che in Valle d'Aosta non sia possibile o non sia opportuno attribuire ai cittadini le funzioni di assessore comunale scegliendo anche al di fuori dei consigli comunali. La limitazione cosi' introdotta dalla legge regionale integra, in realta', soltanto un indebito ostacolo al buon andamento dell'organizzazione amministrativa, principio ex art. 97 della Costituzione che, ex art. 1 statuto, vincola ovviamente anche la Regione Valle d'Aosta. La possibilita' di scegliere gli assessori anche al di fuori del consiglio comunale vuole infatti assicurare che il sindaco e la giunta possano, se lo ritengano opportuno, giovarsi anche delle competenze, segnatamente tecniche, di persone che siano rimaste estranee alla competizione politica che ha condotto alla formazione del consiglio comunale. Laddove il vincolo a scegliere gli assessori tra i consiglieri mira, in sostanza, a rafforzare oltre quanto richiesto dalla «forma di Governo» comunale delineata dal legislatore statale, il vincolo tra la giunta e il consiglio. Si tenga infatti presente che, ai sensi dell'art. 64, comma 3, decreto legislativo n. 267/2000, nei comuni con popolazione fino a 15000 abitanti, non vi e' incompatibilita' tra la carica di assessore comunale e quella di consigliere. L'art. 3 della legge regionale n. 4/2025 va quindi dichiarato illegittimo nella parte in cui, modificando l'art. 22 della legge regionale n. 54/1998, ha stabilito in via generale e assoluta che gli assessori comunali della Valle d'Aosta vanno obbligatoriamente scelti tra i consiglieri comunali. La norma regionale in esame viola, quindi, gli articoli 1 e 2, lettera b) statuto Valle d'Aosta perche' contrasta con norme statali che, come illustrato, presentano una indubbia portata di principio generale. Di conseguenza, viola l'art. 117, comma 2, lettera p) della Costituzione, perche' invade la competenza esclusiva dello Stato a legiferare riguardo ai principi dell'ordinamento degli enti locali e dei loro organi di Governo. Viola l'art. 97 della Costituzione, perche' indebitamente limita la possibilita' del sindaco di avvalersi delle competenze di persone idonee solo perche' estranee al consiglio comunale. Sotto quest'ultimo aspetto, viola anche l'art. 51 della Costituzione, perche' indebitamente comprime il diritto di qualsiasi cittadino di concorrere alla cosa pubblica in qualita' di assessore comunale. Viola, infine, l'art. 3 della Costituzione, perche' per i soli comuni della Valle d'Aosta introduce un regime di scelta degli assessori comunali differenziato rispetto all'equilibrato regime vigente nel resto del territorio nazionale, senza che, ovviamente, vi siano ragioni per trattare i comuni della Valle d'Aosta diversamente da tutti gli altri comuni italiani. 2.3. L'art. 3 della legge regionale in epigrafe ha poi previsto, sostituendo anche a questo proposito l'art. 22, comma 6, della legge regionale n. 54/1998, che «6. Non possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del sindaco e del vicesindaco». Questa previsione contrasta con la previsione dell'art. 64, comma 4, decreto legislativo n. 267/2000, giusta la quale «4. Il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini entro il terzo grado, del sindaco o del presidente della giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta ne' essere nominati rappresentanti del comune e della provincia». Rispetto alla norma statale, la disposizione regionale, da un lato, esclude totalmente dall'incompatibilita' ad essere membri della giunta gli ascendenti e i discendenti, e riduce l'incompatibilita' dei parenti e degli affini a quelli entro il primo grado; dall'altro, amplia le figure incompatibili includendovi anche i parenti e gli affini del vicesindaco. Ne conseguono le illegittimita' costituzionali qui denunciate, analoghe a quelle di cui al motivo che precede, relativo al nuovo comma 7 dell'art. 22 della legge regionale n. 54/1998. La norma statale di cui all'art. 64, comma 4, decreto legislativo n. 267/2000 costituisce una norma di principio generale, in quanto vuole dare attuazione al principio di trasparenza della pubblica amministrazione desumibile dall'art. 97 della Costituzione. Il sindaco, come e' noto, e' il capo politico dell'ente locale, la figura esponenziale nella quale si accentra tutta la responsabilita' politica e amministrativa dell'andamento dell'ente. Tanto che le dimissioni del sindaco comportano automaticamente lo scioglimento dell'amministrazione comunale e l'indizione di nuove elezioni (art. 53, decreto legislativo n. 267/2000). Si spiega, quindi, come la legge statale intenda circondare una figura di tale importanza nell'organizzazione dell'ente locale con le piu' accurate garanzie che prevengano interessenze personali nella titolarita' della carica. E' palese come la necessita' imposta dall'art. 97 della Costituzione di evitare i conflitti di interesse e gli abusi delle funzioni aumenti al crescere dell'importanza delle cariche cui quegli interessi e quelle funzioni si connettono. Di conseguenza, costituisce un principio generale la scelta del legislatore statale di configurare una cerchia particolarmente ampia di soggetti legati al sindaco da vincoli familiari, che non possono entrare a far parte della giunta. E', ancora una volta, del tutto palese che inserire uno o piu' congiunti nel ristretto novero degli assessori, rischierebbe di creare una inammissibile commistione tra interessi familiari e funzione istituzionale della giunta e dei singoli assessori, quali collaboratori chiamati ad attuare l'indirizzo politico elaborato dal sindaco, e in relazione al quale questi e' stato eletto. Il legislatore statale ha congruamente bilanciato il diritto politico di ciascun cittadino a partecipare alla cosa pubblica, anche come assessore comunale (art. 51 della Costituzione), con la necessita' ora illustrata di prevenire commistioni e conflitti di interessi a base familiare (art. 97 della Costituzione), ed ha incluso tra i soggetti incompatibili il coniuge, gli ascendenti e i discendenti, e i parenti e affini entro il terzo grado. In sostanza, i «congiunti», intesi come persone legate, secondo l'id quod plerumque accidit, dai piu' stretti vincoli familiari. La scelta del legislatore regionale e' costituzionalmente illegittima, in primo luogo, perche' si pone in contrasto con la norma statale senza che emergano, come e' ovvio, ragioni peculiari alla Regione Valle d'Aosta atte a far ritenere che in tale regione i vincoli familiari siano potenzialmente meno compromettenti che nelle altre parti del territorio nazionale. In secondo luogo, la scelta legislativa regionale crea il rischio di forti conflitti e commistioni di interessi nei sensi sopra illustrati allorche' esclude dagli incompatibili gli ascendenti e i discendenti di qualsiasi grado, e limita ai parenti e affini solo entro il primo grado i soggetti incompatibili oltre al coniuge. La famiglia come possibile luogo di interessi economici e politici collegati va, infatti, ben oltre la mera «famiglia nucleare» a cui sembra essersi ispirato il legislatore regionale. Sotto altro aspetto, inverso a quello fin qui illustrato, la legge regionale impugnata ha, poi, indebitamente alterato l'equilibrato bilanciamento tra diritti politici e prevenzione dei conflitti di interesse realizzato dal legislatore statale. La legge statale, infatti, come visto, ha correttamente limitato la sfera dei soggetti incompatibili per ragioni familiari alle persone legate da vincoli familiari al sindaco, considerato il ruolo unico e determinante che questi svolge nell'organizzazione e nell'azione dell'ente locale. Tali ragioni non sussistono, invece, per il vicesindaco. Ex art. 46, comma 2, decreto legislativo n. 267/2000 il vicesindaco e' figura necessaria; ma e' altresi' vero che, ex art. 53, commi 1 e 2, decreto legislativo n. 267/2000, le funzioni del vicesindaco sono limitate alle ipotesi di sostituzione straordinaria e temporanea del sindaco, senza che neppure in tali ristretti casi e periodi il vicesindaco assuma la posizione determinante per la stessa sussistenza dell'amministrazione comunale che rimane, invece, propria esclusivamente del sindaco. Rispetto ad una figura come il vicesindaco, quindi, il rischio di commistioni di interessi familiari con l'esercizio della funzione appare molto piu' limitato che nel caso del sindaco. Non si sarebbe, quindi, giustificata una previsione generale e astratta di prevenzione dei conflitti, tesa ad escludere a priori tutta la cerchia familiare del vicesindaco dalla possibilita' di concorrere alla cosa pubblica in qualita' di assessore. Eventuali situazioni conflittuali andranno, in tal caso, accertate e represse caso per caso. La scelta del legislatore regionale di estendere, invece, anche i familiari del vicesindaco, sia pure nei limiti del coniuge e dei parenti e affini entro il primo grado, l'incompatibilita' alla carica di assessore, contrasta, quindi, per eccesso rispetto al bilanciamento delineato dal legislatore statale che, si ripete, non e' casuale ma esprime il componimento del conflitto tra i valori costituzionali egualmente rilevanti attestati, da un lato, dall'art. 51 della Costituzione, e dall'altro dall'art. 97 della Costituzione. La norma regionale in esame viola, quindi, gli articoli 1 e 2, lettera b) statuto Valle d'Aosta perche' contrasta con norme statali che, come illustrato, presentano una indubbia portata di principio generale. Di conseguenza, viola l'art. 117, comma 2, lettera p) della Costituzione, perche' invade la competenza esclusiva dello Stato a legiferare riguardo ai principi dell'ordinamento degli enti locali e dei loro organi di Governo. Viola l'art. 97 della Costituzione, perche' da un lato crea un chiaro pericolo di conflitto di interessi nella gestione del comune e, dall'altro, a proposito del vicesindaco, ravvisa a priori un pericolo di conflitto dove questo non sussiste. Sotto quest'ultimo aspetto, viola anche l'art. 51 della Costituzione, perche' indebitamente comprime il diritto dei familiari del vicesindaco di concorrere alla cosa pubblica in qualita' di assessori. Viola, infine, l'art. 3 della Costituzione, perche' per i soli comuni della Valle d'Aosta introduce un regime delle incompatibilita' familiari degli assessori comunali differenziato, sia in melius che in peius, rispetto all'equilibrato regime vigente nel resto del territorio nazionale, senza che, ovviamente, vi siano ragioni per trattare i comuni della Valle d'Aosta diversamente da tutti gli altri comuni italiani. P.Q.M. Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, ricorre a codesta Corte costituzionale affinche' voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30-bis, comma 2-ter, della legge Regione Valle d'Aosta n. 54/1998 come modificato dall'art. 3, comma 4 della legge regionale del 3 marzo 2025, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 15 del 18 marzo 2025; e dell'art. 22, commi 1, 6 e 7 della legge Regione Valle d'Aosta n. 54/1998 come modificato dall'art. 3, comma 1 della legge regionale del 3 marzo 2025, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 15 del 18 marzo 2025; nonche' in ogni caso l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 4 della legge regionale n. 4/2025 nella parte in cui ha modificato gli articoli 30-bis e 22, legge regionale n. 54/1998. Si produce la delibera del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2025. Roma, 25 maggio 2025 L'Avvocato dello Stato: Aiello