Reg. Ric. n. 22 del 2025 n° parte 1
pubbl. su G.U. del 04/06/2025 n. 23

Ricorrente:Presidente del Consiglio dei ministri

Resistenti: Regione autonoma Valle d'Aosta



Oggetto:

Enti locali – Organi di governo – Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta – Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 – Durata del mandato del sindaco, del vicesindaco e del Consiglio comunale e limitazione dei mandati – Previsione che chi ha ricoperto per quattro mandati consecutivi la carica di sindaco o quella di vicesindaco nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti non è, allo scadere del quarto mandato, immediatamente ricandidabile alla medesima carica – Previsione che è consentito un quinto mandato consecutivo se uno dei quattro mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie – Ricorso del Governo – Denunciata disposizione che indebitamente limita l’elettorato passivo e il diritto dei cittadini a scegliere la persona del sindaco, prevedendo la sola possibilità di quattro mandati nei comuni sino a 5.000 abitanti, in spregio a quanto stabilito dalla normativa statale interposta – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane – Assenza di una giustificazione riconducibile a una situazione speciale della Regione autonoma Valle d’Aosta – Lesione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza – Disparità di trattamento rispetto al restante territorio nazionale in difetto di situazioni obiettivamente differenziate – Violazione del principio di democraticità della Repubblica, fondata sulle autonomie locali – Eccedenza dalle competenze statutarie.

- Legge della Regione Valle d’Aosta 3 marzo 2025, n. 4, art. 3, comma 4, che ha inserito, nella legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54, all’art. 30-bis, dopo il comma 2-bis, il comma 2-ter.

- Costituzione, artt. 1, 3, 51, 114, primo comma, e 117, secondo comma, lettera p); legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), art. 2, lettera b); decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 51.


Enti locali – Organi di governo – Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta - Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 - Composizione e modalità di nomina della Giunta comunale – Previsione che la Giunta è composta dal sindaco, che la presiede, dal vicesindaco e da un numero di assessori, scelti tra i consiglieri comunali, stabilito sulla base dei valori percentuali definiti dalla Giunta regionale – Previsione che non è, in ogni caso, ammessa la nomina di cittadini non facenti parte del Consiglio comunale alla carica di assessore - Ricorso del Governo – Disciplina che, introducendo il divieto assoluto di scegliere gli assessori al di fuori dei consiglieri comunali, indebitamente comprime l’autonomia decisionale dei sindaci nei comuni maggiori e l’autonomia statutaria dei comuni minori – Introduzione di una limitazione che integra un ostacolo al buon andamento dell’organizzazione amministrativa – Contrasto con le norme statali che presentano una portata di principio generale – Violazione dello statuto – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane – Compressione del diritto di qualsiasi cittadino di concorrere alla cosa pubblica in qualità di assessore comunale – Introduzione di regime differenziato di scelta degli assessori comunali differenziato rispetto all’equilibrato regime vigente nel resto del territorio nazionale, in assenza di ragioni per trattare diversamente i comuni della Valle d’Aosta da tutti gli altri comuni italiani – Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza.

- Legge della Regione Valle d’Aosta 3 marzo 2025 n. 4, art. 3, comma 1, che ha sostituito l’art. 22, commi 1 e 7, della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54.

- Costituzione, artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera p); legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), artt. 1 e 2, lettera b); decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, artt. 47, commi 3 e 4, e 64, comma 4.


Enti locali – Organi di governo – Norme della Regione autonoma Valle d’Aosta – Modifiche alla legge regionale n. 54 del 1998 - Composizione e modalità di nomina della Giunta comunale – Previsione che non possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del sindaco e del vicesindaco – Ricorso del Governo – Denunciata scelta del legislatore regionale di estendere anche ai familiari del vicesindaco, sia pure nei previsti limiti, l’incompatibilità alla carica di assessore, che confligge per eccesso rispetto all’equilibrato bilanciamento delineato dal legislatore statale tra valori costituzionalmente rilevanti – Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, non sussistendo ragioni per trattare diversamente i comuni della Valle d’Aosta da tutti gli altri comuni italiani – Violazione delle norme statutarie, atteso il contrasto con norme statali che esprimono un principio generale – Lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane – Contrasto con il principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, visto il potenziale conflitto di interessi nella gestione del comune e in relazione al vicesindaco, poiché ravvisa a priori un pericolo di conflitto dove questo non sussiste – Compressione del diritto di qualsiasi cittadino di concorrere alla cosa pubblica in qualità di assessore comunale.

- Legge della Regione Valle d’Aosta 3 marzo 2025 n. 4, art. 3, comma 1, che ha sostituito l’art. 22, comma 6, della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54.

- Costituzione, artt. 3, 51, 97 e 117, secondo comma, lettera p); legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), artt. 1 e 2, lettera b); decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 64, comma 4.

Norme impugnate:

legge della Regione autonoma Valle d'Aosta  del 03/03/2025  Num. 4  Art. 3  Co. 1

legge della Regione autonoma Valle d'Aosta  del 03/03/2025  Num. 4  Art. 3  Co. 4



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 51   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 114   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Statuto speciale per la Valle d’Aosta  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Valle d’Aosta  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art. 47   Co.

decreto legislativo  Art. 47   Co.

decreto legislativo  Art. 51   Co.  

decreto legislativo  Art. 64   Co.



Udienza Pubblica del 02/12/2025 rel. LUCIANI


Testo dell'ricorso

                        N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 maggio 2025

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 21 maggio  2025  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Enti locali - Organi di governo - Norme della Regione autonoma  Valle
  d'Aosta - Modifiche alla legge regionale n. 54 del  1998  -  Durata
  del mandato del sindaco, del vicesindaco e del Consiglio comunale e
  limitazione dei mandati -  Previsione  che  chi  ha  ricoperto  per
  quattro mandati consecutivi  la  carica  di  sindaco  o  quella  di
  vicesindaco nei comuni con popolazione fino a  5.000  abitanti  non
  e', allo scadere del quarto mandato,  immediatamente  ricandidabile
  alla medesima carica -  Previsione  che  e'  consentito  un  quinto
  mandato consecutivo se uno dei quattro mandati precedenti ha  avuto
  durata inferiore a due anni,  sei  mesi  e  un  giorno,  per  causa
  diversa dalle dimissioni volontarie - Composizione e  modalita'  di
  nomina della Giunta comunale - Previsione che la Giunta e' composta
  dal sindaco, che la presiede, dal vicesindaco e  da  un  numero  di
  assessori, scelti tra i consiglieri comunali, stabilito sulla  base
  dei valori percentuali definiti dalla Giunta regionale - Previsione
  che non e', in ogni  caso,  ammessa  la  nomina  di  cittadini  non
  facenti parte del Consiglio comunale alla  carica  di  assessore  -
  Previsione che non possono  far  parte  della  Giunta  comunale  il
  coniuge, i parenti e gli affini di primo grado del  sindaco  e  del
  vicesindaco. 
- Legge della Regione Valle d'Aosta 7 dicembre 1998, n.  54  (Sistema
  delle autonomie in Valle d'Aosta), artt. 22, commi  1,  6  e  7;  e
  30-bis, comma 2-ter, come, rispettivamente, modificati dai commi  1
  e  4  dell'art.  3  della  legge  regionale  3  marzo  2025  n.   4
  (Disposizioni urgenti per  lo  svolgimento  contestuale,  nell'anno
  2025, delle elezioni regionali e generali  comunali.  Modificazioni
  di leggi regionali in materia di  enti  locali);  nonche'  art.  3,
  commi 1 e 4, della legge regionale n. 4 del 2025,  nella  parte  in
  cui ha modificato gli artt. 30-bis e 22 della legge regionale n. 54
  del 1998. 


(GU n. 23 del 04-06-2025)

     Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   (C.F.
80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato (C.F. 80224030587) presso cui e' domiciliato in Roma,  via  dei
Portoghesi   n.   12   (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it   -    fax
06/96514000); 
    Contro la Regione autonoma della Valle  d'Aosta  in  persona  del
Presidente pro tempore; 
    Per la dichiarazione, giusta delibera del Consiglio dei  ministri
del 19 maggio 2025 di illegittimita' costituzionale dell'art. 30-bis,
comma 2-ter, della  legge  Regione  Valle  d'Aosta  n.  54/1998  come
modificato dall'art. 3, comma 4 della legge  regionale  del  3  marzo
2025, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione  n.  15
del 18 marzo 2025; e dell'art. 22, commi 1, 6 e 7 della legge Regione
Valle d'Aosta n. 54/1998 come modificato dall'art. 3, comma  1  della
legge regionale del 3 marzo 2025, n.  4,  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione n. 15 del 18 marzo 2025; nonche' in ogni caso
per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,
commi 1 e 4 della legge regionale n. 4/2025 nella  parte  in  cui  ha
modificato gli articoli 30-bis e 22 legge regionale n. 54/1998. 
 
                                Fatto 
 
    L'art. 3, comma 4, della legge regionale della Valle  d'Aosta  n.
4/2025 ha disposto: «4. Dopo il comma 2-bis  dell'art.  30-bis  della
legge regionale n. 54/1998, come inserito dal comma 3, e' inserito il
seguente: "Chi ha ricoperto per quattro mandati consecutivi la carica
di sindaco o quella di vicesindaco nei comuni con popolazione fino  a
5.000  abitanti  non   e',   allo   scadere   del   quarto   mandato,
immediatamente ricandidabile alla medesima carica. E'  consentito  un
quinto mandato consecutivo se uno dei quattro mandati  precedenti  ha
avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un  giorno,  per  causa
diversa dalle dimissioni volontarie".» 
    Sempre l'art. 3 della legge regionale n. 4/2025 ha disposto,  per
quanto qui interessa (enfasi aggiunte), che «L'art.  22  della  legge
regionale 7 dicembre 1998, n. 54 (sistema delle  autonomie  in  Valle
d'Aosta), e'  sostituito  dal  seguente:  "Art.  22  (composizione  e
modalita' di nomina della Giunta comunale) 1. La Giunta  e'  composta
dal sindaco, che la presiede, dal  vicesindaco  e  da  un  numero  di
assessori, scelti tra i consiglieri comunali,  stabilito  sulla  base
dei valori percentuali definiti dalla Giunta  regionale  ...  6.  Non
possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini  di
primo grado del sindaco e del vicesindaco. 7. Non  e'  in  ogni  caso
ammessa la nomina  di  cittadini  non  facenti  parte  del  consiglio
comunale alla carica di assessore"». 
    All'esame delle  censure  di  illegittimita'  costituzionale  che
seguono, va premesso il quadro  di  principio  ormai  definitivamente
delineato da codesta Corte costituzionale a  proposito  del  rapporto
tra la competenza legislativa statale in materia di ordinamento e  di
organi di Governo degli  enti  locali  e  la  competenza  legislativa
primaria spettante  nella  stessa  materia  alle  regioni  a  statuto
speciale. 
    Tale quadro risulta dalla sentenza n. 60/2023 di  codesta  Corte,
in  cui  sinteticamente  (si  citano  le  massime  ufficiali)  si  e'
stabilito quanto segue: 
        «Il diritto fondamentale di elettorato  passivo,  intangibile
nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente  disciplinato  da
leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di  realizzare
altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali  e  generali,
senza porre discriminazioni sostanziali tra  cittadino  e  cittadino,
qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. A tale  esigenza
di uniformita' di disciplina, le regioni a statuto  speciale  possono
derogare solo  in  presenza  di  particolari  situazioni  ambientali,
condizioni  peculiari  locali  o  eccezionali  ovvero  di  situazioni
concernenti categorie di  soggetti  esclusive  o  diverse  da  quelle
proprie delle stesse categorie di soggetti  nel  restante  territorio
nazionale. (Precedenti: S. 283/2010 -  mass.  34931;  S.  143/2010  -
mass. 34595; S. 288/2007 - mass. 31579; S. 276/1997 - mass. 23430; S.
539/1990 - mass. 16699; S. 235/1988 - mass. 10490; S.127/1987 - mass.
4199; S. 189/1971 - mass. 5788; S. 108/1969 - mass. 3331). 
        Nelle regioni ad autonomia speciale la disciplina che  regola
le elezioni  degli  enti  locali  e  le  relative  ineleggibilita'  e
incompatibilita' e le disposizioni che pongono un limite  ai  mandati
consecutivi alla carica di assessore vanno ricondotte alla competenza
statutaria in materia  di  ordinamento  degli  enti  locali  e  delle
relative circoscrizioni. Detta  potesta'  legislativa  primaria  deve
svolgersi   in   armonia   con   la   Costituzione   e   i   principi
dell'ordinamento giuridico  della  Repubblica,  nonche'  delle  altre
disposizioni dello  statuto,  di  modo  che  l'esercizio  del  potere
legislativo nelle citate materie incontra necessariamente  il  limite
del rispetto del principio  di  eguaglianza  specificamente  sancito,
quanto al diritto di elettorato passivo, dall'art. 51,  primo  comma,
della  Costituzione  (Precedenti:  S.  168/2018  -  mass.  40129;  S.
277/2011; S. 283/2010 - mass. 34931; S. 143/2010; S. 288/2007 - mass.
31579; S. 48/2003 - mass.  27575,  S.  230/2001  -  mass.  26399;  S.
133/1997 - mass. 23241; S. 84/1997; S.  189/1971  -  mass.  5788;  S.
108/1969 - mass. 3331; S. 96/1968; S. 105/1957 - mass. 460). 
    Cio' premesso, in relazione alle modifiche all'art. 30-bis, legge
regionale n. 54/1998 introdotte dall'art.  3,  comma  4  della  legge
regionale n. 4/2025, si deducono i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Violazione degli articoli 1 e 2, lettera b)  legge  costituzionale
26 febbraio 1948,  n.  4  (statuto  della  Valle  d'Aosta);  e  degli
articoli 3, 51, 117, comma 2,  lettera  p)  della  Costituzione;  51,
comma 2, decreto legislativo 18 agosto  2000,  n.  267  (testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). 
    Le disposizioni che pongono un limite ai mandati consecutivi  dei
sindaci  devono  essere  conformi  ai  principi  della   legislazione
statale,  in  ragione  dell'esigenza  di  uniformita'  in  tutto   il
territorio nazionale giacche' il principio di cui all'art.  51  della
Costituzione svolge il ruolo  di  garanzia  generale  di  un  diritto
politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri
dell'inviolabilita'. 
    L'art. 51 Testo unico enti locali, che introduce una  limitazione
al diritto di elettorato passivo, e' giustificato dal  concorrere  di
ulteriori interessi, tutti parimenti  meritevoli  di  considerazione,
destinati ad operare in armonia con l'art. 51 della Costituzione,  in
base ad uno specifico punto di equilibrio la cui individuazione  deve
essere lasciata nelle mani del legislatore statale». 
    L'art. 3, comma 4, regionale n. 4/2025 viola l'art. 117,  secondo
comma,  lettera  p)  della  Costituzione  nonche'  l'art.   3   della
Costituzione in quanto crea disparita'  di  trattamento  rispetto  al
restante territorio nazionale, ed  eccede  le  competenze  statutarie
della Regione Valle D'Aosta. 
    Per le medesime ragioni viola l'art. 2, lettera b) dello statuto,
che attribuisce alla Regione la competenza in materia di «ordinamento
degli enti locali e delle relative circoscrizioni»,  ma  «in  armonia
con la Costituzione e i  principi  dell'ordinamento  giuridico  della
Repubblica». 
    L'art. 3, comma 4 cit. si pone,  appunto,  in  contrasto  con  la
Costituzione e con i principi  dell'ordinamento  giuridico,  come  si
passa ad illustrare. 
    Va in primo luogo ricordato  che  la  recente  normativa  statale
dettata dall'art 51 del TUEL decreto legislativo n. 267/2000  dispone
come di seguito (enfasi aggiunta): 
        «1. Il sindaco e il consiglio comunale, il  presidente  della
provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un  periodo
di cinque anni. 
        2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica  di
sindaco e di presidente della provincia  non  e',  allo  scadere  del
secondo mandato, immediatamente ricandidabile alle medesime  cariche.
Per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 15.000  abitanti,  il
limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere  del  terzo
mandato. 
        Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non si applicano
ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.» 
    L'art. 51 del TUEL stabilisce quindi, a seguito della modifica in
vigore dal  30  gennaio  2024,  che  per  i  comuni  con  popolazione
inferiore a 5.000 abitanti non vi  e'  alcun  limite  per  i  mandati
consecutivi del sindaco. 
    La ratio di tale disposizione si riscontra  nella  necessita'  di
assicurare la candidatura e l'elezione del sindaco nei comuni in  cui
per l'esiguo numero di abitanti cio' puo' essere molto difficile, con
conseguente rischio della nomina di un  commissario  in  mancanza  di
candidati. 
    L'art. 30-bis della legge regionale Valle d'Aosta come modificato
dall'art. 3, comma 4 della legge  n.  4/2025  in  esame  si  pone  in
contrasto con l'art 51 del TUOEL in quanto prevede in difformita' con
la legge statale che, dopo quattro mandati  consecutivi,  nei  comuni
fino a cinquemila abitanti non si puo' essere candidati sindaco. 
    Considerata  l'entrata  in  vigore  dal  30  gennaio  2024  della
ricordata riforma dell'art. 51 del TOUEL, che per  i  comuni  fino  a
5000 abitanti non pone limiti alla candidabilita', e'  palese  quindi
l'illegittimita'  della  previsione  dell'art  30-bis   della   legge
regionale n. 54/1998 introdotta dall'art.  3,  comma  4  della  legge
regionale in esame, in quanto pone un limite  alla  candidabilita'  a
sindaco dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, fissando un
numero limitato di quattro  mandati  anziche',  come  previsto  dalla
legge statale, un numero non limitato di mandati. 
    E' evidente come la disposizione impugnata  limiti  indebitamente
l'elettorato passivo con il prevedere la sola possibilita' di quattro
mandati nei comuni con popolazione fino a 5000 abitanti. 
    Va subito osservato che la citata disposizione del TUEL introduce
norme  fondamentali  di  riforma  economica  sociale  e  comunque  di
principi generali dell'ordinamento costituzionale, che  costituiscono
un limite inderogabile anche per  la  potesta'  legislativa  prevista
dallo  statuto  della  Regione  Valle  d'Aosta,  in  quanto  poste  a
presidio; a) della  uniformita'  della  disciplina  degli  organi  di
Governo degli enti locali sull'intero territorio nazionale; b)  della
democraticita' dell'ordinamento degli enti locali. 
    La norma statale di cui  all'art.  51,  comma  2,  ultima  parte,
decreto legislativo n. 267/2000 esprime un principio fondamentale  in
quanto, come detto, muove dalla indiscutibile considerazione che  nei
piccoli comuni puo' essere spesso impossibile, reperire  candidati  a
sindaco. In tal modo, tali comuni vengono messi nella  condizione  di
subire commissariamenti che possono protrarsi per anni. 
    Questa obiettiva situazione determina la prevalenza del principio
di elettivita' e democraticita' di cui all'art. 51 della Costituzione
nel  senso  di  non  porre  limiti  alla   candidabilita',   rispetto
all'opposta declinazione del principio  volta  a  porre  limiti  alla
candidabilita' in vista  dell'obiettivo  di  assicurare  il  ricambio
della classe politica locale. 
    Orbene, l'art. 2, lettera b) dello  statuto  di  autonomia  della
Regione attribuisce a questa la competenza  legislativa  primaria  in
materia  di  «ordinamento  degli  enti  locali   e   delle   relative
circoscrizioni»,  che,  pero',  va  esercitata  «In  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica»; mentre l'art.  1  dello  statuto
prevede che la Regione «e' costituita in Regione autonoma, fornita di
personalita' giuridica,  entro  l'unita'  politica  della  Repubblica
italiana,  una  e  indivisibile,  sulla  base  dei   principi   della
Costituzione e secondo il presente statuto.» 
    Cio' implica che la Regione,  allorche'  disciplina  l'ammissione
alle  cariche  amministrative  negli  enti  locali,  come  quella  di
assessore, deve attenersi  al  quadro  di  principio  che  emerge  in
materia dalla Costituzione e dalla legislazione statale. 
    Ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera p), la  legislazione  in
materia di «legislazione elettorale, organi  di  Governo  e  funzioni
fondamentali di comuni, province  e  citta'  metropolitane»  compete,
infatti, in via esclusiva allo Stato. 
    La legislazione primaria  concessa  in  materia  alle  regioni  a
statuto speciale non puo' quindi porti in contrasto  con  i  principi
fondanti della legislazione statale. 
    L'ordinamento  degli  enti  locali,  in  particolare  per  quanto
riguarda gli organi di Governo, attiene ad un  oggetto  che  per  sua
natura deve essere conformato dal legislatore di qualsiasi livello in
modo unitario per tutto il territorio nazionale, dato  che  il  ruolo
costitutivo degli enti locali, e in particolare dei comuni,  rispetto
all'ordinamento   generale   della   Repubblica   e'   il   medesimo,
indivisibilmente, in ogni parte di questa (articoli 1, statuto  Valle
d'Aosta e 114, comma 1,  della  Costituzione);  sicche'  identiche  o
sostanzialmente analoghe sono in ogni parte del territorio  nazionale
le funzioni degli enti locali. All'unitarieta' funzionale dei  comuni
su  tutto  il  territorio  nazionale  deve,   quindi,   corrispondere
l'unitarieta' organizzativa, che costituisce il  riflesso  di  quelle
funzioni e ne garantisce il buon  andamento  ai  sensi  dell'art.  97
della Costituzione. 
    Lo  spazio  di  autonomia  del  legislatore  regionale   e',   di
conseguenza,  in  materia  circoscritto  ad  aspetti   di   carattere
specifico, che evidenzino eventuali peculiarita' locali,  mentre  non
puo' contraddire quanto previsto in materia dal legislatore statale a
proposito  degli  aspetti  generali,  o  comunque  non  legati   alle
particolarita' locali. 
    Per verificare la coerenza della  legislazione  regionale,  anche
delle regioni a statuto speciale,  con  la  legislazione  statale  in
materia di organi di Governo degli enti locali, e' quindi  necessario
verificare se gli aspetti toccati  dal  legislatore  regionale  siano
gia' disciplinati dalla legge statale, e in tal caso,  in  qual  modo
siano disciplinati. In questa prospettiva,  la  legislazione  statale
sull'ordinamento diviene una fonte interposta, che va ad integrare  i
parametri  costituzionali  costituiti,  da  un  lato,   dalle   norme
statutarie (come nel presente caso dall'art. 2,  lettera  b)  statuto
Valle  d'Aosta)  e,  dall'altro,  dalle  norme   costituzionali,   in
particolare gli articoli 117, comma 2, lettera p), 114, comma 1 e  51
della Costituzione. 
    Si e' visto che la  legislazione  statale  disciplina  il  punto,
prevedendo che non vi sia limite ai mandati a sindaco dei comuni  con
popolazione fino a 5000 abitanti. La disposizione regionale si  pone,
cosi', in palese contrasto con la norma interposta. 
    Sotto quest'ultimo profilo, la  norma  impugnata  viola  pertanto
anche  gli  articoli  1  e  114  della  Costituzione  (principio   di
democraticita' della  Repubblica  fondata  sulle  autonomie  locali),
sempre in combinazione con l'art. 2, lettera b), statuto. 
    La disposizione regionale si pone  quindi  in  contrasto  con  il
novellato art. 51 del TUEL,  in  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera p)  della  Costituzione  in  materia  di  legislazione
elettorale, organi di Governo  e  funzioni  fondamentali  di  comuni,
province e citta' metropolitane. 
    La disposizione dell'art.  3  in  esame,  inoltre,  eccede  dalle
competenze statutarie della Regione  Valle  d'Aosta  in  quanto,  pur
riconoscendo alla medesima - al pari delle altre  regioni  a  statuto
speciale  -  ai  sensi  dell'articolo  del  proprio  statuto   (legge
costituzionale n. 4/1948)  la  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia di ordinamento  degli  enti  locali,  e'  pacifico  che  tale
competenza legislativa deve  essere  esercitata  in  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e con il rispetto degli obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica. 
    In  proposito,   codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale,   con
riferimento alla materia elettorale regionale e locale, ha piu' volte
affermato  che  «il  disegno  costituzionale  presuppone  livelli  di
Governo che abbiano una disciplina uniforme, almeno  con  riferimento
agli aspetti essenziali» (ex plurimis, sentenza n. 50 del 2015). 
    In particolare, nella sentenza n.  143  del  2010,  la  Corte  ha
chiarito che: 
        «Questa Corte, attraverso una costante giurisprudenza, non di
rado relativa a leggi della stessa Regione  Siciliana,  ha  affermato
che l'esercizio del potere legislativo  da  parte  delle  regioni  in
ambiti, pur ad esse affidati  in  via  primaria,  che  concernano  la
ineleggibilita' e la incompatibilita' alle cariche elettive  incontra
necessariamente il limite del rispetto del principio  di  eguaglianza
specificamente sancito in materia dall'art. 51 della Costituzione. In
quest'ambito, di recente, la sentenza n. 288 del  2007  ha  affermato
che "questa Corte in specifico riferimento alla potesta'  legislativa
esclusiva della Regione  Siciliana  in  tema  di  ineleggibilita'  ed
incompatibilita' dei consiglieri  degli  enti  locali  (di  cui  agli
articoli 14, lettera o, e 15, terzo comma, dello statuto) ha in molte
occasioni affermato  che  "la  disciplina  regionale  d'accesso  alle
cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi  della
legislazione statale, a causa della esigenza di uniformita' in  tutto
il territorio nazionale discendente dall'identita' di  interessi  che
comuni e province rappresentano riguardo  alle  rispettive  comunita'
locali, quale che sia la Regione di appartenenza". 
        Codesta  Corte  costituzionale  ha  altresi'  affermato   che
"discipline differenziate sono legittime  sul  piano  costituzionale,
solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee
a  giustificare  il  trattamento  privilegiato   riconosciuto   dalle
disposizioni censurate" (ex multis, Corte costituzionale, sentenza n.
143 del  2010)  o  quando  vi  sia  la  "necessita'  di  adattare  la
disciplina normativa alle particolari esigenze  locali"  (cfr.  Corte
costituzionale, sentenza n. 82 del 1982). 
        Inoltre,   la   Corte,   nel   dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale  della  legge  regionale  siciliana  approvata  il  14
ottobre 1993, recante "Norme integrative delle  disposizioni  di  cui
all'art. 2 della legge  regionale  10  settembre  1993,  n.  26",  ha
statuito che "discipline differenziate in tema di elettorato  passivo
adottate    dalla    Regione    Siciliana    possano    essere    non
costituzionalmente illegittime in presenza di situazioni  concernenti
categorie di soggetti, le quali siano esclusive per la Sicilia ovvero
si presentino diverse, messe a raffronto  con  quelle  proprie  delle
stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in
ogni caso per motivi  adeguati  e  ragionevoli,  e  finalizzati  alla
tutela di un interesse generale" (cfr sentenza  n.  84  del  1994;  e
anche sentenze nn. 108 del 1969 e 171 del 1984, nonche' nn. 127 e 130
del 1987, 235 del 1988, 571 del 1989, 539 del 1990, 463 del 1992). 
        Orbene, nella fattispecie in  esame  la  disciplina  prevista
dalla legge regionale opera una restrizione dell'elettorato passivo a
sindaco rispetto alla disciplina vigente nel territorio nazionale  in
base alla normativa statale. 
        Tale diversita' non trova alcuna ragionevole  giustificazione
in una specialita' di situazione della Regione Valle d'Aosta; non  si
puo' certo sostenere che  in  questa  sussistono  minori  difficolta'
nella competizione elettorale per i  comuni  fino  a  5000  abitanti,
rispetto al restante territorio nazionale o, piu' in generale, che il
principio di democraticita' della Repubblica e dei suoi  enti  locali
debba  in  Valle  d'Aosta  essere  applicato  limitando  l'elettorato
passivo nei piccoli comuni. 
        Da quanto esposto consegue che le previsioni dell'art. 30-bis
della legge regionale n. 54/1998 come introdotte dall'art. 3, comma 4
della legge regionale in  esame,  si  pongono  in  contrasto  con  la
normativa statale di cui all'art 51 TUEL, e per questo violano l'art.
117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, nonche' l'art.  3
della Costituzione e l'art. 2, lettera b) statuto speciale, in quanto
la  norma  regionale  crea  disparita'  di  trattamento  rispetto  al
restante territorio nazionale in difetto di situazioni obiettivamente
differenziate, contrasta con il  principio  di  democraticita'  della
Repubblica e dei suoi enti locali limitando l'elettorato  passivo  e,
con esso, il  diritto  dei  cittadini  a  scegliere  la  persona  del
sindaco, ed eccede quindi  le  competenze  statutarie  della  Regione
stessa. 
2. Violazione degli articoli 1 e 2, lettera b)  legge  costituzionale
26 febbraio 1948,  n.  4  (statuto  della  Valle  d'Aosta);  e  degli
articoli 3, 97, 117, comma 2,  lettera  p)  della  Costituzione;  47,
commi 3 e 4, 64, comma 4, decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267
(testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). 
    2.1. L'art. 3 della legge regionale n. 4/2025  ha  disposto,  per
quanto qui interessa (enfasi aggiunte), che «L'art.  22  della  legge
regionale 7 dicembre 1998, n. 54 (sistema delle  autonomie  in  Valle
d'Aosta), e'  sostituito  dal  seguente:  "Art.  22  (composizione  e
modalita' di nomina della Giunta comunale) 1. La Giunta  e'  composta
dal sindaco, che la presiede, dal  vicesindaco  e  da  un  numero  di
assessori, scelti tra i consiglieri comunali,  stabilito  sulla  base
dei valori percentuali definiti dalla  Giunta  regionale  ....6.  Non
possono far parte della Giunta il coniuge, i parenti e gli affini  di
primo grado del sindaco e del vicesindaco. 7. Non  e'  in  ogni  caso
ammessa la nomina  di  cittadini  non  facenti  parte  del  consiglio
comunale alla carica di assessore"». 
    All'esame delle  censure  di  illegittimita'  costituzionale  che
seguono, va premessa il quadro  di  principio  ormai  definitivamente
delineato da codesta Corte costituzionale a  proposito  del  rapporto
tra la competenza legislativa statale in materia di ordinamento e  di
organi di Governo degli  enti  locali  e  la  competenza  legislativa
primaria spettante  nella  stessa  materia  alle  regioni  a  statuto
speciale. 
    Tale quadro risulta dalla sentenza n. 60/2023 di  codesta  Corte,
in  cui  sinteticamente  (si  citano  le  massime  ufficiali)  si  e'
stabilito quanto segue: 
        «Il diritto fondamentale di elettorato  passivo,  intangibile
nel suo contenuto di valore, puo' essere unicamente  disciplinato  da
leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di  realizzare
altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali  e  generali,
senza porre discriminazioni sostanziali tra  cittadino  e  cittadino,
qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. A tale  esigenza
di uniformita' di disciplina, le regioni a statuto  speciale  possono
derogare solo  in  presenza  di  particolari  situazioni  ambientali,
condizioni  peculiari  locali  o  eccezionali  ovvero  di  situazioni
concernenti categorie di  soggetti  esclusive  o  diverse  da  quelle
proprie delle stesse categorie di soggetti  nel  restante  territorio
nazionale. (Precedenti: S. 283/2010 -  mass.  34931;  S.  143/2010  -
mass. 34595; S. 288/2007 - mass. 31579; S. 276/1997 - mass. 23430; S.
539/1990 - mass. 16699; S. 235/1988 - mass. 10490; S.127/1987 - mass.
4199; S. 189/1971 - mass. 5788; S. 108/1969 - mass. 3331). 
        Nelle regioni ad autonomia speciale la disciplina che  regola
le elezioni  degli  enti  locali  e  le  relative  ineleggibilita'  e
incompatibilita' e le disposizioni che pongono un limite  ai  mandati
consecutivi alla carica di assessore vanno ricondotte alla competenza
statutaria in materia  di  ordinamento  degli  enti  locali  e  delle
relative circoscrizioni. Detta  potesta'  legislativa  primaria  deve
svolgersi   in   armonia   con   la   Costituzione   e   i   principi
dell'ordinamento giuridico  della  Repubblica,  nonche'  delle  altre
disposizioni dello  statuto,  di  modo  che  l'esercizio  del  potere
legislativo nelle citate materie incontra necessariamente  il  limite
del rispetto del principio  di  eguaglianza  specificamente  sancito,
quanto al diritto di elettorato passivo, dall'art. 51,  primo  comma,
della  Costituzione  (Precedenti:  S.  168/2018  -  mass.  40129;  S.
277/2011; S. 283/2010 - mass. 34931; S. 143/2010; S. 288/2007 - mass.
31579; S. 48/2003 - mass.  27575,  S.  230/2001  -  mass.  26399;  S.
133/1997 - mass. 23241; S. 84/1997; S.  189/1971  -  mass.  5788;  S.
108/1969 - mass. 3331; S. 96/1968; S. 105/1957 - mass. 460). 
        Le disposizioni che pongono un limite ai mandati  consecutivi
dei sindaci devono essere conformi  ai  principi  della  legislazione
statale,  in  ragione  dell'esigenza  di  uniformita'  in  tutto   il
territorio nazionale giacche' il principio di cui all'art.  51  della
Costituzione svolge il ruolo  di  garanzia  generale  di  un  diritto
politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri
dell'inviolabilita'. 
        L'art.  51  Testo  unico  enti  locali,  che  introduce   una
limitazione al diritto di elettorato  passivo,  e'  giustificato  dal
concorrere di ulteriori  interessi,  tutti  parimenti  meritevoli  di
considerazione, destinati ad operare in armonia con l'art.  51  della
Costituzione, in base ad uno specifico punto  di  equilibrio  la  cui
individuazione  deve  essere  lasciata  nelle  mani  del  legislatore
statale. (Precedenti:  S.  277/2011;  S.  25/2008;  S.  288/2007;  S.
539/1990 - mass. 16699).» 
    2.2. Come si vede, con la formulazione ora introdotta dei commi 1
e, soprattutto, 7 dell'art. 22, legge regionale n. 54/1998 la Regione
ha inteso vietare in modo assoluto che gli assessori  comunali  siano
scelti al di fuori dei consiglieri comunali. 
    Questa previsione  viola  le  norme  costituzionali  in  rubrica.
L'art. 2,  lettera  b)  dello  statuto  di  autonomia  della  Regione
attribuisce, infatti, a questa la competenza legislativa primaria  in
materia  di  «ordinamento  degli  enti  locali   e   delle   relative
circoscrizioni»,  che,  pero',  va  esercitata  «In  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica»; mentre l'art.  1  dello  statuto
prevede che la Regione «e' costituita in Regione autonoma, fornita di
personalita' giuridica,  entro  l'unita'  politica  della  Repubblica
italiana,  una  e  indivisibile,  sulla  base  dei   principi   della
Costituzione e secondo il presente Statuto.» 
    Cio' implica che la Regione,  allorche'  disciplina  l'ammissione
alle  cariche  amministrative  negli  enti  locali,  come  quella  di
assessore, deve attenersi  al  quadro  di  principio  che  emerge  in
materia dalla Costituzione e dalla legislazione statale. 
    Ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera p), la  legislazione  in
materia di «legislazione elettorale, organi  di  Governo  e  funzioni
fondamentali di comuni, province  e  citta'  metropolitane»  compete,
infatti, in  via  esclusiva  allo  Stato.  La  legislazione  primaria
concessa in materia alle regioni a statuto speciale non  puo'  quindi
porti  in  contrasto  con  i  principi  fondanti  della  legislazione
statale. 
    L'ordinamento  degli  enti  locali,  in  particolare  per  quanto
riguarda gli organi di Governo, attiene ad un  oggetto  che  per  sua
natura deve essere conformato dal legislatore di qualsiasi livello in
modo unitario per tutto il territorio nazionale, dato  che  il  ruolo
costitutivo degli enti locali, e in particolare dei comuni,  rispetto
all'ordinamento   generale   della   Repubblica   e'   il   medesimo,
indivisibilmente, in ogni parte di questa (articoli 1, statuto  Valle
d'Aosta e 114, comma 1,  della  Costituzione);  sicche'  identiche  o
sostanzialmente analoghe sono in ogni parte del territorio  nazionale
le funzioni degli enti locali. All'unitarieta' funzionale dei  comuni
su  tutto  il  territorio  nazionale  deve,   quindi,   corrispondere
l'unitarieta' organizzativa, che costituisce il  riflesso  di  quelle
funzioni e ne garantisce il buon  andamento  ai  sensi  dell'art.  97
della Costituzione. 
    Lo  spazio  di  autonomia  del  legislatore  regionale   e',   di
conseguenza,  in  materia  circoscritto  ad  aspetti   di   carattere
specifico, che evidenzino eventuali peculiarita' locali,  mentre  non
puo' contraddire quanto previsto in materia dal legislatore statale a
proposito  degli  aspetti  generali,  o  comunque  non  legati   alle
particolarita' locali. 
    Per verificare la coerenza della  legislazione  regionale,  anche
delle regioni a statuto speciale,  con  la  legislazione  statale  in
materia di organi di governo degli enti locali, e' quindi  necessario
verificare se gli aspetti toccati  dal  legislatore  regionale  siano
gia' disciplinati dalla legge statale, e in tal caso,  in  qual  modo
siano disciplinati. In questa prospettiva,  la  legislazione  statale
sull'ordinamento diviene una fonte interposta, che va ad integrare  i
parametri  costituzionali  costituiti,  da  un  lato,   dalle   norme
statutarie (come nel presente caso dall'art. 2,  lettera  b)  statuto
Valle  d'Aosta)  e,  dall'altro,  dalle  norme   costituzionali,   in
particolare gli articoli 117, comma 2, lettera p), 114, comma 1 e  97
della Costituzione. 
    Orbene, a proposito della legittimazione alla nomina ad assessore
comunale, la legge  statale,  nell'art.  47,  commi  3  e  4  decreto
legislativo n. 267/2000, prevede che «3. Nei comuni  con  popolazione
superiore a 15.000 abitanti  e  nelle  province  gli  assessori  sono
nominati dal sindaco o dal presidente della provincia,  anche  al  di
fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in  possesso  dei
requisiti di  candidabilita',  eleggibilita'  e  compatibilita'  alla
carica di consigliere. 
    4. Nei comuni con popolazione  inferiore  a  15.000  abitanti  lo
statuto puo' prevedere  la  nomina  ad  assessore  di  cittadini  non
facenti  parte  del  consiglio  ed  in  possesso  dei  requisiti   di
candidabilita',  eleggibilita'  e  compatibilita'  alla   carica   di
consigliere.» 
    Come  si   vede,   costituisce   principio   fondamentale   della
legislazione statale in materia garantire  la  possibilita'  che  gli
assessori possano essere scelti anche al di fuori dei componenti  del
consiglio comunale. 
    Tale possibilita' e' espressamente  e  inderogabilmente  prevista
dalla legge per quanto riguarda i comuni con popolazione superiore  a
15000 abitanti, mentre e' rimessa allo statuto del comune  stesso  (e
non certo della Regione  in  cui  il  comune  si  trova)  per  quanto
riguarda i comuni con popolazione inferiore. 
    Questo principio generale  non  puo'  essere  contraddetto  dalla
legislazione regionale, che e' quanto invece avviene con  l'art.  22,
commi 1 e, soprattutto, 7, dell'art. 22 legge regionale  n.  54/1998,
come sostituito dall'art. 3  della  legge  regionale  n.  4/2025  qui
impugnata. Si e' infatti visto che queste disposizioni pretendono  di
introdurre un divieto assoluto di scegliere gli assessori al di fuori
dei consiglieri comunali. 
    In tal modo sono violati sia il principio  generale  secondo  cui
deve essere garantita tale possibilita', senza limitare  le  facolta'
del sindaco di scegliere gli assessori tra le persone che  riscuotano
la sua fiducia; sia il principio, parimenti generale, secondo cui nei
comuni con popolazione pari  o  inferiore  a  15000  abitanti  spetta
soltanto  all'autonomia  del  comune  stesso,  mediante  il   proprio
statuto, stabilire se accordare o escludere tale facolta' in capo  al
sindaco. 
    In  sostanza,  con  la  disposizione  impugnata  la  Regione   ha
indebitamente  compresso  l'autonomia  decisionale  dei  sindaci  nei
comuni maggiori, e l'autonomia (statutaria)  dei  comuni  minori,  in
merito alla scelta degli assessori. 
    Evidente  e'  la  violazione  delle  norme  costituzionali  e  di
legislazione ordinaria interposta sopra commentate. 
    Non puo', infatti, dimostrarsi in alcun  modo  che  l'obbligo  di
scegliere gli assessori tra i consiglieri comunali  risponda  ad  una
qualche particolarita' del territorio della Valle d'Aosta rispetto al
restante territorio nazionale. Non vi e' alcun motivo di ritenere che
in Valle d'Aosta non sia possibile o non sia opportuno attribuire  ai
cittadini le funzioni di assessore comunale scegliendo  anche  al  di
fuori dei consigli comunali. 
    La limitazione cosi' introdotta dalla legge regionale integra, in
realta',  soltanto   un   indebito   ostacolo   al   buon   andamento
dell'organizzazione  amministrativa,  principio  ex  art.  97   della
Costituzione che, ex art. 1  statuto,  vincola  ovviamente  anche  la
Regione Valle d'Aosta. La possibilita'  di  scegliere  gli  assessori
anche al di fuori del consiglio comunale vuole infatti assicurare che
il sindaco e la giunta possano, se lo ritengano  opportuno,  giovarsi
anche delle competenze, segnatamente tecniche, di persone  che  siano
rimaste estranee alla competizione  politica  che  ha  condotto  alla
formazione del consiglio comunale. 
    Laddove il vincolo a scegliere gli assessori  tra  i  consiglieri
mira, in sostanza, a rafforzare oltre quanto richiesto  dalla  «forma
di Governo» comunale delineata dal legislatore  statale,  il  vincolo
tra la giunta e il consiglio. Si tenga infatti presente che, ai sensi
dell'art. 64, comma 3, decreto legislativo n.  267/2000,  nei  comuni
con popolazione fino a 15000 abitanti, non vi e' incompatibilita' tra
la carica di assessore comunale e quella di consigliere. 
    L'art. 3 della legge regionale n.  4/2025  va  quindi  dichiarato
illegittimo nella parte in cui, modificando  l'art.  22  della  legge
regionale n. 54/1998, ha stabilito in via generale e assoluta che gli
assessori comunali della Valle d'Aosta vanno obbligatoriamente scelti
tra i consiglieri comunali. 
    La norma regionale in esame viola, quindi, gli articoli  1  e  2,
lettera b) statuto Valle d'Aosta perche' contrasta con norme  statali
che, come illustrato, presentano una indubbia  portata  di  principio
generale. Di conseguenza, viola l'art. 117, comma 2, lettera p) della
Costituzione, perche' invade la competenza esclusiva  dello  Stato  a
legiferare riguardo ai principi dell'ordinamento degli enti locali  e
dei loro organi di  Governo.  Viola  l'art.  97  della  Costituzione,
perche' indebitamente limita la possibilita' del sindaco di avvalersi
delle competenze di persone idonee solo perche' estranee al consiglio
comunale. Sotto quest'ultimo aspetto, viola  anche  l'art.  51  della
Costituzione, perche' indebitamente comprime il diritto di  qualsiasi
cittadino di concorrere alla cosa pubblica in qualita'  di  assessore
comunale. Viola, infine, l'art. 3 della Costituzione, perche'  per  i
soli comuni della Valle d'Aosta introduce un regime di  scelta  degli
assessori  comunali  differenziato  rispetto  all'equilibrato  regime
vigente nel resto del territorio nazionale, senza che, ovviamente, vi
siano ragioni per trattare i comuni della Valle d'Aosta  diversamente
da tutti gli altri comuni italiani. 
    2.3. L'art. 3 della legge regionale in epigrafe ha poi  previsto,
sostituendo anche a questo proposito l'art. 22, comma 6, della  legge
regionale n. 54/1998, che «6. Non possono far parte della  Giunta  il
coniuge, i parenti e gli affini di primo  grado  del  sindaco  e  del
vicesindaco». 
    Questa previsione contrasta con la previsione dell'art. 64, comma
4, decreto legislativo n. 267/2000, giusta la quale «4.  Il  coniuge,
gli ascendenti, i discendenti, i parenti  e  affini  entro  il  terzo
grado, del sindaco o del presidente  della  giunta  provinciale,  non
possono  far  parte  della  rispettiva  giunta  ne'  essere  nominati
rappresentanti del comune e della provincia». 
    Rispetto alla norma statale, la  disposizione  regionale,  da  un
lato, esclude totalmente dall'incompatibilita' ad essere membri della
giunta gli ascendenti e i discendenti,  e  riduce  l'incompatibilita'
dei parenti e degli affini a quelli entro il primo grado; dall'altro,
amplia le figure incompatibili includendovi anche  i  parenti  e  gli
affini del vicesindaco. 
    Ne conseguono le illegittimita'  costituzionali  qui  denunciate,
analoghe a quelle di cui al motivo che  precede,  relativo  al  nuovo
comma 7 dell'art. 22 della legge regionale n. 54/1998. 
    La norma statale di cui all'art. 64, comma 4, decreto legislativo
n. 267/2000 costituisce una norma di principio  generale,  in  quanto
vuole dare attuazione al  principio  di  trasparenza  della  pubblica
amministrazione  desumibile  dall'art.  97  della  Costituzione.   Il
sindaco, come e' noto, e'  il  capo  politico  dell'ente  locale,  la
figura esponenziale nella quale si accentra tutta la  responsabilita'
politica e amministrativa  dell'andamento  dell'ente.  Tanto  che  le
dimissioni del sindaco  comportano  automaticamente  lo  scioglimento
dell'amministrazione comunale e l'indizione di nuove  elezioni  (art.
53, decreto legislativo n. 267/2000). 
    Si spiega, quindi, come la legge statale intenda  circondare  una
figura di tale importanza nell'organizzazione dell'ente locale con le
piu' accurate garanzie che prevengano  interessenze  personali  nella
titolarita' della  carica.  E'  palese  come  la  necessita'  imposta
dall'art. 97 della Costituzione di evitare i conflitti di interesse e
gli abusi delle funzioni aumenti al  crescere  dell'importanza  delle
cariche cui quegli interessi e quelle funzioni si connettono. 
    Di conseguenza, costituisce un principio generale la  scelta  del
legislatore statale di configurare una cerchia particolarmente  ampia
di soggetti legati al sindaco da vincoli familiari, che  non  possono
entrare a far parte della giunta. E', ancora  una  volta,  del  tutto
palese che inserire uno o piu' congiunti nel ristretto  novero  degli
assessori, rischierebbe di creare una inammissibile  commistione  tra
interessi familiari e  funzione  istituzionale  della  giunta  e  dei
singoli  assessori,   quali   collaboratori   chiamati   ad   attuare
l'indirizzo politico elaborato dal sindaco, e in relazione  al  quale
questi e' stato eletto. 
    Il legislatore statale  ha  congruamente  bilanciato  il  diritto
politico di ciascun cittadino a partecipare alla cosa pubblica, anche
come  assessore  comunale  (art.  51  della  Costituzione),  con   la
necessita' ora illustrata di prevenire  commistioni  e  conflitti  di
interessi a base  familiare  (art.  97  della  Costituzione),  ed  ha
incluso tra i soggetti incompatibili il coniuge, gli ascendenti  e  i
discendenti, e i parenti e affini entro il terzo grado. In  sostanza,
i  «congiunti»,  intesi  come  persone  legate,  secondo  l'id   quod
plerumque accidit, dai piu' stretti vincoli familiari. 
    La  scelta  del  legislatore  regionale   e'   costituzionalmente
illegittima, in primo luogo, perche' si  pone  in  contrasto  con  la
norma statale senza che emergano, come e'  ovvio,  ragioni  peculiari
alla Regione Valle d'Aosta atte a far ritenere che in tale regione  i
vincoli familiari siano potenzialmente meno compromettenti che  nelle
altre parti del territorio nazionale. 
    In secondo luogo, la scelta legislativa regionale crea il rischio
di forti  conflitti  e  commistioni  di  interessi  nei  sensi  sopra
illustrati allorche' esclude dagli incompatibili gli ascendenti  e  i
discendenti di qualsiasi grado, e limita ai  parenti  e  affini  solo
entro il primo grado i soggetti incompatibili oltre al coniuge. 
    La  famiglia  come  possibile  luogo  di  interessi  economici  e
politici collegati va, infatti, ben oltre la mera «famiglia nucleare»
a cui sembra essersi ispirato il legislatore regionale. 
    Sotto altro aspetto, inverso a  quello  fin  qui  illustrato,  la
legge   regionale   impugnata   ha,   poi,   indebitamente   alterato
l'equilibrato bilanciamento tra diritti politici  e  prevenzione  dei
conflitti di interesse realizzato dal legislatore statale.  La  legge
statale, infatti, come visto, ha correttamente limitato la sfera  dei
soggetti incompatibili per ragioni familiari alle persone  legate  da
vincoli  familiari  al  sindaco,  considerato  il   ruolo   unico   e
determinante che  questi  svolge  nell'organizzazione  e  nell'azione
dell'ente locale. 
    Tali ragioni non sussistono, invece, per il vicesindaco. 
    Ex  art.  46,  comma  2,  decreto  legislativo  n.  267/2000   il
vicesindaco e' figura necessaria; ma e' altresi' vero  che,  ex  art.
53, commi 1 e 2, decreto legislativo n.  267/2000,  le  funzioni  del
vicesindaco sono limitate alle ipotesi di sostituzione  straordinaria
e temporanea del sindaco, senza che neppure in tali ristretti casi  e
periodi il vicesindaco assuma la posizione determinante per la stessa
sussistenza dell'amministrazione comunale che rimane, invece, propria
esclusivamente del sindaco. 
    Rispetto ad una figura come il vicesindaco, quindi, il rischio di
commistioni di interessi familiari  con  l'esercizio  della  funzione
appare molto piu' limitato che nel caso del sindaco. Non si  sarebbe,
quindi,  giustificata  una  previsione   generale   e   astratta   di
prevenzione dei conflitti,  tesa  ad  escludere  a  priori  tutta  la
cerchia familiare del vicesindaco dalla  possibilita'  di  concorrere
alla cosa pubblica in qualita'  di  assessore.  Eventuali  situazioni
conflittuali andranno, in tal caso, accertate  e  represse  caso  per
caso. 
    La scelta del legislatore regionale di estendere, invece, anche i
familiari del vicesindaco, sia pure nei  limiti  del  coniuge  e  dei
parenti e affini entro il primo grado, l'incompatibilita' alla carica
di  assessore,   contrasta,   quindi,   per   eccesso   rispetto   al
bilanciamento delineato dal legislatore statale che, si  ripete,  non
e' casuale ma esprime il componimento  del  conflitto  tra  i  valori
costituzionali egualmente rilevanti attestati, da un lato,  dall'art.
51 della Costituzione, e dall'altro dall'art. 97 della Costituzione. 
    La norma regionale in esame viola, quindi, gli articoli  1  e  2,
lettera b) statuto Valle d'Aosta perche' contrasta con norme  statali
che, come illustrato, presentano una indubbia  portata  di  principio
generale. Di conseguenza, viola l'art. 117, comma 2, lettera p) della
Costituzione, perche' invade la competenza esclusiva  dello  Stato  a
legiferare riguardo ai principi dell'ordinamento degli enti locali  e
dei loro organi di  Governo.  Viola  l'art.  97  della  Costituzione,
perche' da un lato crea un chiaro pericolo di conflitto di  interessi
nella gestione del comune e, dall'altro, a proposito del vicesindaco,
ravvisa a priori un pericolo di conflitto dove questo  non  sussiste.
Sotto quest'ultimo aspetto, viola anche l'art. 51 della Costituzione,
perche'  indebitamente  comprime  il  diritto   dei   familiari   del
vicesindaco  di  concorrere  alla  cosa  pubblica  in   qualita'   di
assessori. Viola, infine, l'art. 3 della Costituzione, perche' per  i
soli  comuni  della  Valle  d'Aosta   introduce   un   regime   delle
incompatibilita' familiari degli  assessori  comunali  differenziato,
sia in melius che in peius, rispetto all'equilibrato  regime  vigente
nel resto del territorio nazionale, senza che, ovviamente,  vi  siano
ragioni per trattare i comuni della  Valle  d'Aosta  diversamente  da
tutti gli altri comuni italiani. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   come   sopra
rappresentato  e  difeso,  ricorre  a  codesta  Corte  costituzionale
affinche' voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art.
30-bis, comma 2-ter, della legge Regione  Valle  d'Aosta  n.  54/1998
come modificato dall'art. 3, comma 4  della  legge  regionale  del  3
marzo 2025, n. 4, pubblicata nel Bollettino Ufficiale  della  Regione
n. 15 del 18 marzo 2025; e dell'art. 22, commi 1, 6 e 7  della  legge
Regione Valle d'Aosta n. 54/1998 come modificato dall'art. 3, comma 1
della legge  regionale  del  3  marzo  2025,  n.  4,  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione n. 15 del 18 marzo  2025;  nonche'
in ogni caso l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 4
della legge regionale n. 4/2025 nella parte in cui ha modificato  gli
articoli 30-bis e 22, legge regionale n. 54/1998. 
        Si produce la delibera del  Consiglio  dei  ministri  del  18
maggio 2025. 
          Roma, 25 maggio 2025 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Aiello