ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da Pietroletti Glauco, Pallicca Davide e
Calderisi Giuseppe in nome e per conto del Comitato promotore del
referendum abrogativo della legge 22 maggio 1975, n. 152, quale
rappresentante dei firmatari della relativa richiesta, pervenuto in
cancelleria il 7 gennaio 1978 ed iscritto al n. 9 del registro 1978,
per conflitto di attribuzione sorto a seguito della ordinanza
dell'Ufficio centrale per il referendum depositata nella cancelleria
della Corte di cassazione il 6 dicembre 1977, con la quale è stata
dichiarata legittima la richiesta di referendum popolare sul quesito
così modificato: "volete voi che sia abrogata la legge 22 maggio 1975,
n. 152, recante disposizioni a tutela dell'ordine pubblico, ad
eccezione dell'art. 5 (sostituito dall'art. 2 della legge 8 agosto
1977, n. 533)?".
Vista l'ordinanza emessa da questa Corte il 2 marzo 1978, n. 17
sulla ammissibilità del conflitto di cui in epigrafe.
Vista la regolarità delle notificazioni e del successivo deposito
del ricorso in cancelleria;
udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 1978 il Giudice relatore
Guido Astuti;
udito l'avv. Franco Casamassima per Pietroletti Glauco, Pallicca
Davide e Calderisi Giuseppe.
Ritenuto che, secondo l'assunto dei ricorrenti, l'Ufficio centrale
per il referendum della Corte di cassazione dichiarando legittima, con
ordinanza 6 dicembre 1977, la richiesta di referendum per l'abrogazione
della legge 22 maggio 1975, n. 152, con espressa eccettuazione
dell'art. 5, in quanto abrogato perché integralmente sostituito
dall'art. 2 della successiva legge 8 agosto 1977, n. 533, avrebbe
illegittimamente leso la competenza attribuita ai firmatari della
richiesta di referendum in ordine alla formulazione definitiva del
quesito da proporre al corpo elettorale;
che conseguentemente si chiede a questa Corte di dichiarare che
"all'Ufficio centrale per il referendum non è attribuito dall'art. 39
della legge 25 maggio 1970, n. 352, il potere di disporre la cessazione
delle operazioni del referendum relative alle norme comuni contenute
prima nella disposizione di cui all'art. 5 della legge n. 152 del 1975,
ed ora formalmente inserite nella disposizione di cui all'art. 2 della
legge n. 533 del 1977".
Considerato che l'art. 39 della legge n. 352 del 1970, disponendo:
"se la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni
di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l'Ufficio
centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non
hanno più corso", non distingue ai fini della pronuncia di detto
Ufficio tra le diverse ipotesi di abrogazione previste dall'art. 15
delle disposizioni sulla legge in generale; e con ciò stesso può dar
luogo ad applicazioni lesive delle attribuzioni costituzionalmente
riconosciute ai firmatari delle richieste di referendum, i quali
debbono essere adeguatamente tutelati dalla legge che determina le
modalità di attuazione di questo istituto di democrazia diretta.
Che conseguentemente non appare manifestamente infondata, in
riferimento all'art. 75 della Costituzione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 39 della legge n. 352 del 1970,
nella parte in cui prevede che il blocco delle operazioni referendarie
si produca anche quando la sopravvenuta norma abrogativa sia
accompagnata dalla emanazione di altra normativa che regoli la stessa
materia apportando solo innovazioni formali o di dettaglio, senza
modificare né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti,
né i principi ispiratori della complessiva disciplina sottoposta a
referendum.
Che non sussiste dubbio sulla rilevanza di detta questione ai fini
della decisione di questa Corte sul sollevato conflitto, dovendosi
stabilire se nel caso di specie l'Ufficio centrale per il referendum,
dichiarando cessate, in applicazione appunto dell'art. 39 della legge
n. 352 del 1970, le operazioni del referendum relative alla
disposizione dell'art. 5 della legge n. 152 del 1975, sostituita da
quella dell'art. 2 della successiva legge n. 533 del 1977, abbia leso
le attribuzioni costituzionalmente garantite agli elettori, in numero
non inferiore a 500.000, firmatari della richiesta di referendum per
l'abrogazione della legge 22 maggio 1975, n. 152.
Che pertanto la Corte deve sollevare di ufficio la questione di
legittimità costituzionale sopra formulata, sospendendo il presente
giudizio e rinviando ogni sua definitiva pronuncia.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata ogni definitiva decisione in merito al ricorso per
conflitto di attribuzione;
visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non
manifestamente infondata, in riferimento all'art. 75 Cost., la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 della legge 25
maggio 1970, n. 352, nei termini di cui in motivazione;
sospende il giudizio, e dispone che, a cura della cancelleria, la
presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei
ministri, ai ricorrenti e all'Ufficio centrale per il referendum presso
la Corte di cassazione e comunicata ai Presidenti delle due Camere;
ordina che gli atti del giudizio siano restituiti alla cancelleria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 aprile 1978.
F.to: PAOLO ROSSI - LUIGI OGGIONI -
LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA -
EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI -
MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO
- LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN
- ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO
PALADIN - ARNALDO MACCARONE.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere