ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 26, commi 2 e 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, promossi dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con una ordinanza del 3 agosto 2015, tre ordinanze del 28 dicembre 2015, due ordinanze del 14 gennaio 2016, una ordinanza del 28 dicembre 2015, una ordinanza del 25 novembre 2015, sette ordinanze del 28 dicembre 2015, tre ordinanze del 25 novembre 2015, quattro ordinanze del 28 dicembre 2015, una ordinanza del 14 gennaio 2016, tre ordinanze del 28 dicembre 2015 e una ordinanza del 25 febbraio 2016, rispettivamente, iscritte ai numeri da 182 a 187, da 198 a 203, da 213 a 215, da 222 a 226, 231, 232, 238, 239, 266, 267 e 269 del registro ordinanze del 2016 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 40, 41, 42, 43, 45, 46 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2016, 2 e 3, prima serie speciale, dell’anno 2017.
Visti gli atti di costituzione di 3B srl, di Officine Solari Kaggio srl e altra, di Società Agricola Pecollo Isidoro srl, di Sinergie Sardegna sas di Green Utility Italia & C srl, di CGE Palea Arsa srl, di Meet One-So sas di Zeng Junshu e C., di Energo srl, di Top Sun 2 srl e altra, di Gesuina Energy srl e altra e del GSE - Gestore dei Servizi Energetici spa, nonché quello fuori termine di Zetasolar srl e altre, e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto che, con le ventisette ordinanze in epigrafe, il Tribunale regionale amministrativo del Lazio, sezione terza ter, ha sollevato, con pressoché identica motivazione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione ed agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea, e per contrasto, altresì, con l’art. 77 Cost.;
che, in cinque di tali ordinanze (numeri 186, 187, 225, 238 e 267 del 2016), il rimettente denuncia il contrasto del suddetto comma 3 dell’art. 26 del d.l. n. 91 del 2014 anche con gli artt. 25, secondo comma, e 97 Cost.;
che, inoltre, con diciassette ordinanze (numeri 183, 185, 200, 201, 202, 203, 213, 214, 215, 222, 224, 226, 231, 232, 239, 266 e 269 del 2016), estende le censure di violazione degli artt. 3, 41 e 77 Cost. al precedente comma 2 dello stesso richiamato art. 26;
che, nella coincidente prospettazione delle ordinanze di rimessione, la disposizione di cui al comma 3 dell’art. 26 del d.l. n. 91 del 2014 – sulla rimodulazione (in senso, che si assume, riduttivo) degli incentivi concordati, con il Gestore dei servizi elettrici spa (GSE), dai titolari di impianti con potenza superiore ai 200 kw – è sospettata di contrasto, appunto, con gli artt. 3 e 41 Cost., in quanto lesiva del principio del legittimo affidamento, per la sua incidenza su posizioni di vantaggio consolidate acquisite dai suddetti imprenditori e perché ingiustificatamente penalizzante nei confronti dei soli titolari di impianti di maggiore dimensione; di violazione, altresì, degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della CEDU, e all’art. 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea, per la ragione che l’operata sottrazione di parte dei crediti spettanti ai produttori di energia da impianti fotovoltaici si risolverebbe in una interferenza statale non giustificata da un preminente interesse generale; e di elusione, infine, anche dei presupposti cui è subordinata l’adozione del decreto-legge, di cui all’art. 77 Cost.;
che, nelle sole ordinanze iscritte ai numeri 186, 187, 225, 238 e 267 del 2016, il rimettente censura la suddetta disposizione per violazione anche degli artt. 25, secondo comma, e 97 Cost., rispettivamente per l’assunta lesione del principio di irretroattività dei trattamenti sanzionatori e per l’asserita lesione del principio di buon andamento, imparzialità e proporzionalità dell’azione amministrativa;
che, a sua volta, la disposizione di cui al comma 2 del summenzionato art. 26 – che interviene sulle modalità di corresponsione delle tariffe incentivanti – è raggiunta da censure di violazione degli artt. 3, 41 e 77 Cost., con argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle riferite al successivo comma 3 della stessa norma, per il profilo del vulnus a tali parametri;
che, innanzi a questa Corte, si sono costituite numerose parti ricorrenti nei giudizi a quibus, aderendo, con diffuse argomentazioni, alla prospettazione e alle conclusioni delle rispettive ordinanze di rimessione: argomentazioni poi illustrate anche con memoria dalle società costituite nei giudizi relativi alle ordinanze numeri 198, 199, 200 e 223 del 2016;
che, in particolare, nel giudizio cui si riferisce l’ordinanza n. 200 del 2016, la Meet One-SO sas di Zeng Junshu e C., in persona del socio accomandatario, oltre ad insistere, anche con memoria, per l’accoglimento della questione così come sollevata, ha chiesto che – in ragione della inclusione, nella sua compagine sociale, di una partecipazione societaria di maggioranza di Hong Kong oltre ad una quota di minoranza della Repubblica Popolare Cinese – la Corte valuti la possibilità di esaminare la censura di violazione degli artt. 117 e 11 Cost. in relazione anche al parametro interposto costituito dagli accordi di protezione degli investimenti stipulati tra lo Stato italiano con Hong Kong e la Repubblica popolare cinese;
che, nei giudizi di cui alle ordinanze iscritte ai numeri 182, 201 e 213 del 2016, si è costituito anche il GSE, che ha concluso nel senso, invece, della non fondatezza di ogni censura in quelle ordinanze formulate e tale conclusione ha ribadito con altrettante successive memorie;
che, in tutti i giudizi, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, a sua volta eccependo – e argomentando anche con memoria – l’inammissibilità e, in subordine, la non fondatezza delle questioni sollevate.
Considerato che, per l’identità e connessione delle riferite questioni, i correlativi giudizi vanno riuniti per essere contestualmente decisi;
che vanno preliminarmente respinte le eccezioni di inammissibilità, formulate dall’Avvocatura generale dello Stato, per asseriti difetto di incidentalità delle questioni sollevate e carattere additivo, non a rima obbligata, dell’intervento auspicato;
che, infatti, contrariamente a quanto eccepito, per un verso, il petitum proposto a questa Corte non assorbe quello rivolto al rimettente, in quanto l’eventuale caducazione delle norme censurate costituisce solo la pregiudiziale logico-giuridica per l’accoglimento della duplice domanda proposta dai ricorrenti nel giudizio principale, volta all’annullamento dei provvedimenti impugnati ed all’accertamento del conseguente loro diritto alla corresponsione degli incentivi al fotovoltaico nella misura indicata nelle convenzioni stipulate con il GSE (sentenze n. 16 del 2017, n. 151 del 2009 e n. 303 del 2007). E, per altro verso, quello che il giudice a quo auspica è non già un intervento “additivo”, che affermi il diritto dei titolari degli impianti fotovoltaici alla conservazione degli incentivi rimodulati in peius dalla normativa censurata, bensì un intervento “demolitorio” di tale normativa, ossia un provvedimento che proprio (e solo) a questa Corte compete di adottare;
che, sempre in limine, deve escludersi che possa accogliersi la richiesta, avanzata dalla difesa della Meet One-SO sas di Zeng Junshu e C., di «riformulazione della questione di costituzionalità formulata dal giudice a quo», nel senso auspicato di estendere la censura di violazione degli artt. 11 e 117 Cost. «anche al parametro interposto costituito dagli Accordi bilaterali di Protezione degli Investimenti stipulati tra lo Stato Italiano con […] Hong Kong e la Repubblica Popolare Cinese». E ciò perché − secondo la costante giurisprudenza di questa Corte – l’oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato alle norme e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione, non potendo essere prese in considerazione, oltre i limiti in queste fissati, ulteriori questioni o censure di costituzionalità dedotte dalle parti, sia che siano eccepite ma non fatte proprie dal giudice a quo, sia che siano dirette ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze (sentenza n. 327 del 2010 e ordinanza n. 469 del 1992);
che – in riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 41 e 77 ed agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla CEDU e all’art. 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea – questioni di legittimità costituzionale del suddetto art. 26, comma 3, del d.l. n. 91 del 2014, del tutto identiche a quelle odierne, sono già state dichiarate non fondate con la recente sentenza n. 16 del 2017; e, in riferimento agli artt. 3, 41 e 77 Cost., del pari non fondate sono state dichiarate, con la stessa sentenza, anche le connesse questioni relative all’art. 26, comma 2, del medesimo decreto-legge;
che, pertanto, nel merito – in ragione dell’assoluta (anche testuale) identità di contenuto tra le questioni decise con la richiamata sentenza n. 16 del 2017 e quelle qui riproposte, dal medesimo TAR Lazio, senza alcun argomento nuovo che possa condurre ad una diversa soluzione – dette odierne questioni vanno dichiarate manifestamente infondate (ex plurimis, ordinanze n. 72 del 2016, n. 275 del 2015 e n. 67 del 2004);
che, ancorché nuova, è, a sua volta, manifestamente infondata anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, del d.l. n. 91 del 2014 per contrasto con l’art. 25, secondo comma, Cost. E ciò per l’evidente erroneità del presupposto interpretativo – l’asserita natura sanzionatoria della rimodulazione dell’incentivo recata dalla disposizione denunciata – da cui muove il sospetto di violazione del citato parametro costituzionale;
che, infine, l’ulteriore nuova violazione prospettata con riguardo al parametro di cui all’art. 97 Cost. è da dichiararsi manifestamente inammissibile per mancanza di adeguata motivazione sulla lesione asserita.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 41 e 77 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza ter, con le ordinanze iscritte ai numeri 183, 185, 200, 201, 202, 203, 213, 214, 215, 222, 224, 226, 231, 232, 239, 266 e 269 del 2016;
2) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, del d.l. n. 91 del 2014, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza ter − in riferimento agli artt. 3, 41, 77, nonché 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 e all’art. 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea – con tutte le ordinanze indicate in epigrafe; e, in riferimento anche all’art. 25, secondo comma, Cost., con le sole ordinanze iscritte ai numeri 186, 187, 225, 238 e 267 del 2016.
3) dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 3, del d.l. n. 91 del 2014, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione terza ter – in riferimento all’art. 97 Cost. – con le ordinanze iscritte ai numeri 186, 187, 225, 238 e 267 del 2016;
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2017.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA