Ritenuto in fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2022, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge della Provincia autonoma di Trento 4 agosto 2022, n. 10 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2022-2024) in riferimento agli artt. 81, 97, 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), 119 e 120 della Costituzione, nonché agli artt. 4, 8 e 105 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all’art. 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
1.1.– Ad avviso del rimettente l’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022 violerebbe innanzitutto gli artt. 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), Cost. e l’art. 105 del d.P.R. n. 670 del 1972, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Sostiene il ricorrente che la disposizione impugnata, la quale ha inserito l’art. 60-bis nella legge della Provincia di Trento 3 aprile 1997, n. 7 (Revisione dell’ordinamento del personale della Provincia autonoma di Trento), attribuendo a un organismo interno, quale il collegio dei revisori dei conti della Provincia, la competenza a controllare la compatibilità economico-finanziaria dei contratti collettivi provinciali, si porrebbe in contrasto con l’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001, indicato quale norma interposta che, in assenza di una disposizione di attuazione statutaria, troverebbe applicazione anche nei confronti degli enti regionali e provinciali autonomi.
Il contrasto con la norma interposta determinerebbe la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nelle materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», «organi dello Stato» e «giurisdizione e norme processuali» con riguardo alle attribuzioni della Corte dei conti e in particolare alla funzione di certificazione dell’attendibilità dei costi dei contratti collettivi e di verifica della compatibilità degli stessi con gli strumenti di programmazione e di bilancio.
1.2.– L’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022 sarebbe costituzionalmente illegittimo anche in riferimento agli artt. 81, 97, 100, 117, secondo comma, lettera l), 119 e 120 Cost.
Secondo la difesa statale, la necessità di coordinamento della finanza pubblica riguarda anche le regioni e le province ad autonomia differenziata, non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte della finanza pubblica allargata (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 425 del 2004).
Con specifico riguardo alle attribuzioni della Corte dei conti negli ordinamenti ad autonomia speciale, il ricorrente sottolinea come i controlli attribuiti alla magistratura contabile siano finalizzati ad assicurare la sana gestione finanziaria degli enti territoriali, a prevenire squilibri di bilancio e a garantire il rispetto del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento, posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost., anche in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 39 del 2014).
I controlli di natura preventiva attribuiti alla competenza della Corte dei conti (categoria cui si ascriverebbe anche la certificazione dei contratti collettivi) sarebbero, dunque, finalizzati a evitare danni all’equilibrio di bilancio del comparto pubblico, collocandosi su un piano distinto rispetto al controllo sulla gestione amministrativa operato dalle amministrazioni territoriali. Ciò in forza del diverso interesse alla legalità costituzionale-finanziaria e alla tutela dell’unità economica della Repubblica perseguito dai suddetti controlli della Corte dei conti (non soltanto in riferimento all’art. 100 Cost., ma anche agli artt. 81, 119 e 120 Cost.), rispetto a quelli interni spettanti alle autonomie speciali.
L’intestazione al collegio dei revisori dei conti provinciali di prerogative della Corte dei conti determinerebbe la violazione degli artt. 81 e 97 Cost., in particolare con riguardo al principio dell’equilibrio di bilancio delle amministrazioni pubbliche, anche «in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea»; dell’art. 100 Cost., che assegna alla Corte dei conti il «controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria»; degli artt. 117, secondo comma, lettera l), 119 e 120, Cost., allorché prevedono l’esclusiva competenza legislativa statale in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» e di «ordinamento civile», e il rispetto dell’equilibrio dei bilanci degli enti territoriali.
1.3.– Sotto ulteriore concorrente profilo, l’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022 sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione dei principi di tutela dell’equilibrio e della sana gestione del bilancio di cui agli artt. 81, 97 e 117 Cost. e degli artt. 4 e 8 statuto speciale, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001.
La disposizione provinciale impugnata contrasterebbe, infatti, con la riserva di controlli riconosciuta da norme costituzionali e leggi statali interposte alla Corte dei conti allorché attribuisce esclusivamente a un organismo interno la competenza a controllare la compatibilità economico-finanziaria dei contratti collettivi, precludendo alla predetta Corte l’esercizio delle proprie prerogative al riguardo.
Del resto, ad avviso dell’Avvocatura generale, l’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001 espanderebbe direttamente la propria efficacia anche nei confronti dell’ordinamento provinciale senza necessità di norme di attuazione, in quanto riconducibile ai principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica che l’ordinamento provinciale sarebbe tenuto a rispettare ai sensi dell’art. 117 Cost. e degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale.
2.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque non fondato.
2.1.– La difesa della Provincia autonoma di Trento eccepisce innanzitutto l’inammissibilità del ricorso per assenza di motivazioni proprie e dirette del Governo che esplicitino le ragioni per cui l’organo politico abbia ravvisato le questioni di legittimità costituzionale prospettate.
Il Governo si sarebbe difatti limitato ad allegare alla delibera di impugnazione le doglianze espresse dalla sezione di controllo della Corte dei conti senza esprimere la “valutazione politica” al riguardo e senza indicare i parametri costituzionali asseritamente violati. I motivi del ricorso sarebbero difatti espressi in una relazione della sezione di controllo della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige – a cui l’atto del Governo rinvia – e non in una previa e conforme delibera del Consiglio dei ministri, come prescritto dall’art. 2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Tale evenienza determinerebbe l’inammissibilità del ricorso.
Sostiene la difesa provinciale che la regola della corrispondenza tra il contenuto delle doglianze espresso nella delibera del Consiglio dei ministri che decide sull’impugnazione e i motivi di ricorso troverebbe la sua ratio nella necessità di mantenere il contenzioso, che riguarda gli organi dello Stato, all’interno della dinamica istituzionale tra soggetti costituzionali, trattandosi di contenzioso di “natura politica”.
La Provincia autonoma eccepisce, altresì, l’inammissibilità del ricorso per insufficiente motivazione delle censure, eterogenee e non circostanziate, nelle quali all’evocazione di numerosi parametri costituzionali non farebbero riscontro altrettante argomentazioni tese a chiarire in modo adeguato, o comunque sufficiente, i differenti profili di violazione.
Il ricorso sarebbe inammissibile, infine, perché, a parere della Provincia autonoma, il ricorrente non avrebbe correttamente ricostruito il quadro normativo.
Sostiene la Provincia che l’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001 si riferirebbe esclusivamente alla contrattazione collettiva nazionale, che include organismi non presenti a livello provinciale (quali i comitati di settore), e che, fra le amministrazioni elencate dall’art. 41 del medesimo decreto legislativo, cui l’art. 47 si riferisce, non rientrerebbero le province autonome.
Tale errata ricostruzione della fattispecie normativa minerebbe l’intero impianto argomentativo delle censure determinandone l’inammissibilità (sono citate le sentenze di questa Corte n. 2 del 2018, n. 69 del 2016 e n. 153 del 2015).
2.2.– Il ricorso sarebbe comunque non fondato nel merito.
Quanto all’asserita violazione degli artt. 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), Cost., dell’art. 105 statuto speciale, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001, quale disposizione statale interposta, la difesa provinciale precisa che se, da un lato, la disposizione impugnata non inciderebbe affatto sulle funzioni della Corte dei conti, ma, anzi, ne presupporrebbe le prerogative legali, integrandone l’azione con riferimento alla contrattazione collettiva provinciale, dall’altro, le norme di attuazione statutaria sarebbero comunque idonee a introdurre speciali misure organizzative, come previsto dall’art. 8, numero 1), dello statuto speciale, il quale attribuisce alla competenza legislativa primaria delle Provincia autonoma la materia «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto», all’interno della quale rientrerebbe la contrattazione collettiva provinciale.
Non sarebbero quindi violati, ad avviso della Provincia, gli artt. 100, con riguardo alle attribuzioni della Corte dei conti, e 117, secondo comma, lettere f) ed l), Cost., con riguardo alla competenza legislativa esclusiva statale, rispettivamente, nelle materie «organi dello Stato» e «giurisdizione e norme processuali», perché tali materie non sarebbero oggetto dell’intervento legislativo provinciale, né da quest’ultimo sarebbero state incise.
Non sarebbero violati neppure l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con riguardo alla competenza legislativa esclusiva statale nella materia «armonizzazione dei bilanci pubblici», né gli artt. 119 e 120 Cost. – rispetto ai quali, come già detto, il ricorrente non avrebbe argomentato le censure – in quanto la determinazione degli stanziamenti per la contrattazione collettiva provinciale sarebbe effettuata dalla Provincia autonoma di Trento nel rispetto di quanto previsto nei documenti di programmazione e di bilancio statali e della particolare autonomia finanziaria riconosciuta alla Provincia stessa ai sensi degli artt. 119 Cost. e 79 dello statuto speciale.
La violazione dell’art. 105 dello statuto di autonomia lamentata dal ricorrente, inoltre, sarebbe basata sulla presunta diretta applicabilità alla Provincia autonoma dell’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001 e sull’assenza di una regolamentazione provinciale specificamente applicabile ai controlli sulla contrattazione collettiva provinciale. Ad avviso della difesa provinciale, vi sarebbe invece un sistema consolidato di regole, idoneo a garantire il controllo affidato al collegio dei revisori dei conti sui contratti collettivi provinciali, il quale opererebbe in raccordo con il sindacato della Corte dei conti.
Quanto all’asserita violazione degli artt. 81, 97 e 117 Cost., con riguardo ai principi di tutela dell’equilibrio e della sana gestione del bilancio e del coordinamento della finanza pubblica, osserva la Provincia autonoma che la disciplina transitoria non metterebbe a rischio il principio di equilibrio di bilancio e neppure la sostenibilità del debito pubblico, dato che le spese inerenti alla contrattazione collettiva provinciale sarebbero state adottate nel rispetto dei parametri macroeconomici dello Stato.
Peraltro, il ricorso sarebbe basato su una erronea interpretazione dell’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001 e ciò porrebbe la prospettazione dell’Avvocatura generale in palese contrasto con quanto stabilito dalla giurisprudenza costituzionale (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 171 del 2005), che ha affermato che i procedimenti di controllo contabile devono essere svolti in modo compatibile con l’ordinamento provinciale senza che possano essere invocati eventuali vincoli derivanti da norme fondamentali di riforma economico-sociale.
2.3.– Con memoria depositata in data 17 ottobre 2023 la Provincia autonoma di Trento ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso per mutamento del quadro normativo vigente.
Evidenzia la difesa provinciale che, nelle more del presente giudizio, sono stati adottati il decreto legislativo 31 luglio 2023, n. 113 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino–Alto Adige/Südtirol recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305, in materia di controlli della Corte dei conti) e l’art. 11, comma 16, della legge della Provincia autonoma di Trento 8 agosto 2023, n. 9 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2023-2025), il quale ha inserito all’art. 60-bis della legge prov. Trento n. 7 del 1997 il comma 1-bis, secondo cui: «1-bis. Questo articolo è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore della norma di attuazione di cui al comma 1».
Dunque, la normativa impugnata avrebbe perso la sua attualità ed efficacia e il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di interesse.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2022, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022, in riferimento agli artt. 81, 97, 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), 119 e 120 Cost., nonché agli artt. 4, 8 e 105 del d.P.R. n. 670 del 1972, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001.
La disposizione impugnata prevede: «1. Dopo l’articolo 60 della legge sul personale della Provincia 1997 è inserito il seguente: “Art. 60-bis Disposizioni relative alla certificazione della contrattazione collettiva provinciale”. 1. La Provincia promuove l’approvazione di una specifica norma di attuazione statutaria al fine di introdurre in ambito provinciale una disciplina relativa alla verifica da parte della Corte dei conti dell’attendibilità della quantificazione dei costi della contrattazione collettiva provinciale e della relativa compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio prevista per lo Stato dall’articolo 47 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Fino all’entrata in vigore della norma di attuazione tale verifica è assicurata esclusivamente dalla Provincia nell’esercizio delle funzioni di coordinamento della finanza pubblica alla stessa attribuite dall’articolo 79 dello Statuto di autonomia, attraverso il collegio dei revisori dei conti della Provincia, previsto dall’articolo 6, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 305 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige per l’istituzione delle sezioni di controllo della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per il personale ad esse addetto), e istituito dall’articolo 78-bis 4 della legge provinciale di contabilità 1979; il collegio dei revisori dei conti effettua la verifica sulla base di una relazione tecnica circa la quantificazione degli oneri predisposta da APRAN.”».
1.1.– Sostiene il ricorrente che l’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022 violerebbe innanzitutto gli artt. 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), Cost. e l’art. 105 del d.P.R. n. 670 del 1972, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001. La disposizione impugnata, attribuendo a un organismo interno la competenza a controllare la compatibilità economico-finanziaria dei contratti collettivi provinciali, si porrebbe in contrasto con l’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001, indicato quale norma interposta.
Detto contrasto determinerebbe la violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nelle materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», «organi dello Stato» e «giurisdizione e norme processuali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), Cost., con riguardo alle attribuzioni della Corte dei conti e in particolare alla funzione di certificazione dell’attendibilità dei costi dei contratti collettivi e di verifica della compatibilità degli stessi con gli strumenti di programmazione e di bilancio.
1.2.– L’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022 sarebbe costituzionalmente illegittimo anche in riferimento agli artt. 81, 97, 100, 117, secondo comma, lettera l), 119 e 120 Cost.
Asserisce il ricorrente che l’intestazione al collegio dei revisori dei conti della Provincia autonoma di Trento di prerogative della Corte dei conti determinerebbe la violazione degli artt. 81 e 97 Cost., in particolare con riguardo al principio dell’equilibrio di bilancio delle amministrazioni pubbliche, anche «in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea»; dell’art. 100 Cost. che assegna alla Corte dei conti il «controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria», nonché degli artt. 117, secondo comma, lettere e) ed l), 119 e 120 Cost.
1.3.– Sotto ulteriore concorrente profilo la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dei principi di tutela dell’equilibrio e della sana gestione del bilancio di cui agli artt. 81, 97 e 117 Cost. e degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001.
L’impugnato art. 9, nell’attribuire esclusivamente a un organismo interno la competenza a controllare la compatibilità economico-finanziaria dei contratti collettivi, precludendo alla magistratura contabile l’esercizio delle proprie prerogative, si porrebbe in contrasto con la riserva in materia di controllo riconosciuta da norme costituzionali e leggi statali interposte alla Corte dei conti.
Sostiene il ricorrente che l’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001 sarebbe direttamente efficace anche nei confronti dell’ordinamento provinciale senza necessità di norme di attuazione, in quanto riconducibile ai principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, che l’ordinamento provinciale sarebbe tenuto a rispettare ai sensi degli artt. 4 e 8 dello statuto speciale.
2.– Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento eccependo l’inammissibilità del ricorso per plurimi motivi, lo scrutinio dei quali è preliminare rispetto all’esame del merito.
In via pregiudiziale occorre esaminare il primo e più radicale motivo di inammissibilità del ricorso, concernente l’assenza di una motivata deliberazione del Consiglio dei ministri.
La prima delibera del Consiglio dei ministri del 28 settembre 2022 non indica né l’articolo della legge provinciale oggetto di impugnativa, né i parametri costituzionali violati, né i motivi del ricorso. Neppure la successiva delibera integrativa del 5 ottobre 2022, indica i parametri costituzionali, né argomentazioni idonee a giustificare l’impugnazione dell’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022. Entrambe le delibere del Consiglio dei ministri si limitano difatti a rinviare, rispettivamente, alle note del 16 settembre e del 5 ottobre 2022 del Presidente della sezione di controllo della Corte dei conti per il Trentino-Alto Adige.
3.– L’eccezione è fondata.
Questa Corte ha affermato che, collocandosi in un quadro connotato dal carattere tassativo delle competenze di ordine costituzionale, la deliberazione del Consiglio dei ministri, da adottare in previsione del ricorso di legittimità costituzionale nei confronti di leggi regionali o provinciali, ha il suo fondamento in un’esigenza, non di natura formale, ma sostanziale, connessa all’importanza dell’atto di impugnativa della legge e alla gravità dei suoi possibili effetti di natura costituzionale (sentenza n. 15 del 2015).
Trattandosi di una decisione dell’organo costituzionale investito della direzione della politica nazionale, al quale spetta, in rappresentanza dell’unità dell’ordinamento statale, il potere di sollecitare la reintegrazione dell’ordine costituzionale che si assume leso da una legge regionale o provinciale, la deliberazione del Consiglio dei ministri comporta una scelta di politica istituzionale diretta a prefigurare, quantomeno nelle sue linee essenziali, la violazione ipotizzata, al fine di delimitare con sufficiente chiarezza l’oggetto della questione che si intende promuovere e che verrà definita nei suoi termini di legge nel successivo ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, attraverso l’indicazione delle disposizioni legislative sospettate di illegittimità costituzionale e delle disposizioni costituzionali che si assumono violate (in tal senso, sentenze n. 223 e n. 163 del 2023 e precedenti ivi richiamati).
Nei giudizi in via principale deve dunque sussistere una «piena e necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell’atto d’impugnazione» (sentenza n. 223 del 2023), e pertanto «l’omissione di qualsiasi accenno ad un parametro costituzionale nella delibera di autorizzazione all’impugnazione dell’organo politico, comporta l’esclusione della volontà del ricorrente di promuovere la questione al riguardo, con conseguente inammissibilità della questione che, sul medesimo parametro, sia stata proposta dalla difesa nel ricorso» (sentenze n. 163 del 2023, n. 128 del 2018 e n. 239 del 2016).
Nella fattispecie, la delibera del Consiglio dei ministri non contiene traccia dei parametri costituzionali e delle motivazioni a sostegno dell’asserita illegittimità costituzionale delle disposizioni della Provincia autonoma da proporre a questa Corte, limitandosi a un mero e acritico rinvio per relationem alle predette note della Corte dei conti e ciò, alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata, rende il ricorso inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge della Provincia autonoma di Trento 4 agosto 2022, n. 10 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2022-2024), promosse, in riferimento agli artt. 81, 97, 100, 117, secondo comma, lettera l), 119 e 120 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 81, 97 e 117 Cost. e agli artt. 4 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione all’art. 47 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge prov. Trento n. 10 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 100 e 117, secondo comma, lettere e), f) ed l), Cost., e all’art. 105 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2024.
F.to:
Augusto Antonio BARBERA, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Valeria EMMA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2024
Il Cancelliere
F.to: Valeria EMMA